2. Cipolle al forno
4 grosse cipolle bianche
100g di gherigli di noci
2 cucchiaini di miele
200ml di acqua
un cucchiaino di limone grattugiato
1 cucchiaio di burro
1 cucchiaio di olio
sale
PREPARAZIONE:
sbollentare le cipolle intere per 10 minuti in acqua bollente
leggermente salata. Dopo averle scolate, privarle degli
strati esterni più coriacei e tagliare a metà
orizzontalmente. Disporre in una pirofila unita con un filo
d’olio avendo cura di lasciarle in un pentolino a far bollire
l’acqua con il miele,la buccia di limone, il burro e il sale.
Irrorare le cipolle con la salsa ottenuta, coprire la teglia
con un coperchio e con un foglio e cuocere nel forno a 180
gradi fino a che le cipolle diventano morbide (circa un'ora).
Scoperchiare, cospargere le cipolle con le noci tritate e
infornare per altri 10 minuti.
In NM 11 ,1 -6 si trova la più famosa lamentazione del
popolo di Israele che, nel deserto, ricorda il cibo
abbondante mangiato durante la schiavitù egiziana.
Tra i vari alimenti sono citate le famose “cipolle d’Egitto”
diventate simbolo, nella cultura popolare, del rimpianto
lamentoso.
3. Focaccia di fichi secchi
400 grammi di farina 00
220 ml di acqua tiepida
20 grammi di lievito di birra
una dozzina di fichi secchi
20 mandorle dolci spellate
1 cucchiaino di sale
4 cucchiaini di miele
il succo dimezzo limone
PREPARAZIONE:
sciogliere il lievito in poca acqua tiepida. Impastare la
farina con il lievito sciolto, l’olio, due cucchiai di miele, il
resto dell’ acqua. A metà lavorazione aggiungere il sale e
continuare a lavorare l’ impasto fino a farlo diventare
omogeneo ed elastico. Riporlo a lievitare in luogo caldo per
circa un’ ora, coperto con un panno. Nel frattempo lavare i
fichi privati del picciolo, asciugarli e tagliarli a metà. In un
pentolino sciogliere a fuoco basso il miele nel succo di
limone. Riprendere la pasta e stenderla fino a uno spessore
di circa un centimetro e mezzo.
Decorarla con i fichi e le mandorle e cospargerla con il
succo di limone addolcito. Cuocere la focaccia per 30
minuti a 200°
Servire tiepida o fredda
4. Il pane del deserto
“Quando Abram fu di ritorno, dopo la sconfitta di Cherdolaòmer e dei re che erano con lui,
il re di Sòdoma gli uscì incontro nella valle di Save, cioè la valle del re.
Intanto nel Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e
benedisse Abram con queste parole: ”Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del
cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici”.
Ed egli diede a lui la decima di tutto”.
(Gen. 14,17-20)
500 g di farina 00
200 ml di acqua tiepida
3 cucchiai di latte
mezzo cucchiaino di sale fino
mezzo cucchiaino di semi di cumino macinato
una noce di burro
PREPARAZIONE
1. Mescolare la farina, il sale e il cumino;
2. Aggiungere poco per volta l’acqua e il latte;
3. Impastare fino a ottenere una pasta morbida, elastica e
omogenea;
4. Coprire con un telo umido;
5. Lasciare riposare in un luogo caldo per circa 30 minuti;
6. Riprendere l’impasto e dividerlo in 8-10 pezzi tondeggianti;
7. Dopo averli infarinati leggermente e schiacciati con il palmo della
mano, stenderli con il matterello in sfoglie sottili;
8. Scaldare, senza arroventarla,una teglia e cuocere le
sfoglie,girandole appena prendono colore e cominciano a formarsi
delle bolle;
9. A fine cottura si possono fiammeggiare per qualche secondo
direttamente sul fuoco i pani ottenuti (tenendoli con un
forchettone)per aumentare il gonfiore;
10. Per rendere più gradevole il pane è possibile
aggiungere all’impasto un cucchiaino di olio o una noce di
burro fuso.
5. Minestra di lenticchie
250 g di lenticchie rosse secche
2 l di acqua
1 cipolla
1 spicchio di aglio
125 g di zucca
½ cucchiaino di cumino (o un rametto di aneto fresco)
4 cucchiai di olio extravergine di oliva, sale
Preparazione
Dopo averle lavate, mettere le lenticchie in abbondante acqua fredda in una
pentola e portarle all’ ebollizione. Togliere l’ eventuale schiuma formatasi e
aggiungere l’ aglio e la cipolla tritate, la zucca a pezzi e le spezie. Salare e
bollire per circa 30 minuti, mescolando di tanto in tanto. Se si preferisce una
zucca più densa, schiacciare i pezzetti di zucca con una forchetta. Prima di
servire aggiungere l’ olio a crudo.
CHI E’ GIACOBBE?
“Una volta Giacobbe aveva cotto una minestra; Esaù arrivò dalla campagna ed
era sfinito. Disse a Giacobbe: «lasciami mangiare un po’ di questa minestra
rossa, perché io sono sfinito». Per questo fu chiamato Edom. Giacobbe disse:
«vendimi subito la tua primogenitura» rispose Esaù:«Ecco, sto morendo: a che
mi serve allora la primogenitura?. Giacobbe allora disse: «giuramelo subito».
Quegli lo giurò e vendette la primogenitura a Giacobbe. Giacobbe diede a Esaù
il pane e la minestra di lenticchie; questi mangiò e bevve, poi si alzò e se ne
andò. A tal punto Esaù aveva disprezzato la primogenitura.”
Ci voleva un tipo astuto come Giacobbe per approfittare della fatica di Esaù e
fargli apparire una semplice minestra di lenticchie come un piatto prelibato. I
due gemelli erano figli di Isacco, a sua volta figlio di Abramo. Di Giacobbe la
Bibbia, oltre alla furbizia, sottolinea il forte legame con il Dio della promessa.
Dalle sue 2 mogli, Rachele e Lia, Giacobbe ha 12 figli maschi, che saranno i
capostipiti delle 12 tribù dell’ antico Israele. Che lui abbia radice il popolo, lo si
vede anche dal nuovo nome che viene dato a Giacobbe dopo una lotta corpo a
corpo con dio presso il fiume Yabbok. In questo racconto molto antico si dice
che Giacobbe sembra in un primo momento vincere; poi però , riconoscendo
che l’ avversario è un personaggio sovrannaturale, punta a ottenere la
benedizione. E Dio gli dice:<<non ti chiamerai tu Giacobbe ,ma Israele, perché
hai combattuto con Dio e con gli uomini hai vinto! >>
Gli eventi principali della storia in questo interessante patriarca biblico sono
raccontati in Gen 25,35.
6. Pane d'orzo
200 g di farina di orzo
50 ml di olio extravergine di oliva
acqua
sale
PREPARAZIONE:
impastare la farina con l’olio e un paio di cucchiai di acqua
tiepida. Se l’operazione risulta faticosa aumentare la
quantità d’olio (La pasta deve risultare alla fine abbastanza
oleosa). Stendere l’impasto con il matterello su una
superficie infarinata e ricavarne alcuni dischi dal diametro
di 20 cm. Cuocere in forno su una piastra leggermente
unta a 200° fino a quando i bordi dei pani non diventano
scuri.
“Gesù, alzati gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a
Filippo:”Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da
mangiare?”.
Diceva così per mettere alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per
compiere.
Gli rispose Filippo:”Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure
perché ognuno possa riceverne un pezzo”. Gli disse a loro uno dei suoi
discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro:”C’è qui un ragazzo che ha cinque
pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?”.
Rispose Gesù:”Fateli sedere”. C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque
a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e , dopo
aver reso grazie, li diede quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci,
quanto ne volevano.
E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: ”Raccogliete i pezzi avanzati,
perché nulla vada perduto”.
Li raccolsero e riempirono 12 canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo,
avanzati a coloro che avevano mangiato”
IL PANE… Gesù
Il Nuovo Testamento presenta Gesù come il pane vero (GV 6,32), il pane della
vita (GV 6, 35-48), il pane del cielo (GV 6,32;49-50).
È Lui che riesce a soddisfare davvero le attese e i bisogni degli uomini e delle
donne. È singolare che Gesù sia nato a Betlemme, in ebraico Beth lehem, cioè
“casa del pan
7. Che cosa nutre l'uomo
Il punto di partenza è la constatazione del valore altamente
simbolico del cibo nel contesto dell’esperienza del nutrire.
Tale dimensione simbolica è rilevabile nei grandi miti delle tradizioni
religiose, con differenze significative (ad es. il banchetto degli dei
dell’olimpo e il Dio biblico che non ha bisogno dei sacrifici
dell’uomo, ma nutre ogni creatura).
Le domande fondamentali legate al nutrire:
Cosa si può mangiare? Cosa fa bene e cosa fa male? Chi mi
può nutrire? Chi vuole il mio bene? Questa domanda a livello
religioso pone la questione del puro e dell'impuro, dei cibi
proibiti e leciti.
Come si deve mangiare? Seguendo una serie di regole:
quando mangiare, quanto mangiare, come mangiare, con chi
mangiare; ogni tradizione religiosa ha a questo livello norme
alimentari e anche culturali (sacrifici, digiuni, feste) di alto
valore simbolico.
Cosa nutre (veramente) l’uomo? Non mangiare troppi pasticci
ma cose buone, genuine, nutrienti; ciò che nutre è qualcosa
che rende presente l’oggetto amato, in tal senso la manna e
l’Eucaristia... ma anche i pasti sacrificali di comunione.
Cibo e cultura: le trasformazioni che nutrono. Le
trasformazioni positive: cucinare il cotto e il crudo; le
trasformazioni negative: organismi geneticamente modificati;
l’inquinamento e le ricadute sulla salute; allergie e
intolleranze alimentari
8. Tempi grami, tempi del digiuno
Gli ebrei di ieri e di oggi apprezzano la tavola
imbandita, la compagnia degli amici, il piacere dato
dall’intimità coniugale. Quella ebraica non è una
religione ascetica. Proprio per questo l’astinenza o il
digiuno hanno un rilievo speciale e segnano
momenti particolari dell’anno o della storia. Mosé
digiuna quaranta giorni e quaranta notti prima di
ricevere le tavole della legge; Gioele profetizza
l’assenza dei frutti della terra nell’imminenza del
giudizio.
In passato come al presente, il digiuno caratterizza il
giorno dell’espiazione, una ricorrenza annuale alla
quale sono legati anche gli ebrei in genere poco
osservanti. Il digiuno in questo caso dura dal
mattino alla sera, ed è accompagnato dall’assenza di
lavoro e di spostamenti e dall’invocazione del
perdono divino. Tutto Israele (e i quartieri ebraici
nelle città della diaspora) si ferma fino al tramonto.
Oggi in Israele si digiuna anche in occasione della
festa di Tisha b’Av, cioè il 9 del mese di Av (luglio-
agosto) quando si commemora la distruzione del
tempio di Gerusalemme a opera dei Babilonesi. Pure
in questo giorno di lutto nazionale i ristoranti e le
discoteche restano chiusi; nelle sinagoghe si dà
lettura del rotolo delle Lamentazioni.
9. Il mangiare degli ebrei
Contrariamente a quanto talvolta si crede, il termine ebraico kasher non si
identifica direttamente con “puro”, termine che la Bibbia riferisce all’ambito
rituale. Kasher vuol dire invece “idoneo”, “conforme” e concerne soprattutto
regole relative agli alimenti destinati al consumo. Molte norme riguardano per
esempio la macellazione degli animali da attuare in modo che nella carne non
resti sangue. La carne idonea appartiene agli animali con l’unghia fessa e ai
pesci con pinna e squama.
Restano esclusi perciò i conigli, i cavalli, i crostacei e soprattutto i maiali
animali non idonei per eccellenza. Per reazione a certe pratiche pagane, ben
tre volte il pentateuco vieta di cuocere il capretto nel latte della madre, la
conseguenza è che l’uso di terminare la cena con un pezzetto di formaggio non
è contemplato alla tavola delle famiglie ebree osservanti; a meno che nelle
portate precedenti si siano succeduti solo cibi vegetariani.
Non solo una dieta vegetariana
La religione ebraica non è vegetariana. Come afferma il libro della Genesi:
quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le
verdi erbe. Quanto al cristianesimo, possiamo ricordare la consuetudine di
mangiare l’agnello a Pasqua, come pure le carni in genere alternate al pesce, al
formaggio, ai vegetali, al pane e alla pasta. Gli unici divieti riguardano
l’astinenza dalle carni in alcuni tempi dell’anno (quaresima) o in alcuni giorni
della settimana (venerdì).
La cucina del sabato
Fu dopo l’esilio e durante il cosiddetto “giudaismo” che il sabato divenne una
delle osservanze più importanti per gli ebrei. Anche perché poteva essere
ripetuto da tutti: ebrei di Palestina ed ebrei dispersi nel mondo. Tra i
trentanove tipi di lavoro che erano proibiti di sabato, i rabbini includevano
anche l’accendere il fuoco, il che rendeva difficile cucinare; inoltre la
preparazione di cibo era proibita. Nasce in questo modo nel giudaismo della
diaspora fino ad oggi, una serie di tradizioni alimentari e di ricette che si
comprendono solo con la necessità di preparare e cucinare in anticipo, per
consumare poi dalla sera del venerdì alla sera del sabato
10. Le spezie della Bibbia
Diverse sono le spezie citate nella Bibbia, anche se
vi sono alcune assenze significative.
Sono nominati l’alloro, l’aneto, il galbano o
assafetida, la cannella, il coriandolo, il cumino,
l’issopo (forse nome antico per chiamare la
maggiorana), la ruta e la senape.
Gli studiosi sono concordi nell’affermare che erano
comunemente utilizzati anche l’anice, il cardamomo,
la curcuma, il finocchio selvatico, il fieno greco, la
lavanda, la melissa, la menta, l’origano, il
prezzemolo, la salvia, la santoreggia, il sesamo, il
timo e lo zafferano.
Purtroppo non ci sono spezie orientali quali il pepe
(arrivato nel Mediterraneo solo dopo il secolo d.C.) e
lo zenzero
11. Un po’ di storia
L’essere umano ha bisogno di nutrirsi per potersi mantenere in vita
e sopravvivere. Una dieta sana aiuta nel prevenire le malattie, nello
sviluppo dell’intelligenza e nella creazione di una vita migliore.
L’esistenza di un legame tra ciò che si mangia e lo stato di salute
dell’individuo è qualcosa di riconosciuto sin dall’antichità. Oggi la
scienza della nutrizione umana studia il rapporto tra l’alimentazione
e lo stato di salute o di malattia. Fino all’inizio del XIX secolo
l’alimentazione non venne considerata come una scienza vera e
propria. Ma pian piano, il fenomeno di urbanizzazione e la
formazione delle società complesse cambiò maggiormente le
abitudini alimentari delle nazioni. Le prime città-stato che la storia
ricordi sono le città-stato della Mesopotamia, dell’Asia occidentale,
dell’Egitto e della Grecia. I primi abitanti delle città conoscevano e
praticavano ancora le tecniche principali dell’agricoltura. E uno degli
elementi che favorì il sorgere dei centri urbani fu la presenza di
un’organizzazione agricola che soddisfacesse le esigenze alimentari
degli abitanti in città. Gli archeologi, scavando per tanti anni a
Susa, Persepoli e nelle collinette di Sialk a Kashan, hanno trovato
le prove di coltivazioni risalenti a oltre 6000 anni fa. Anche
nell’antica Grecia si dava molta importanza all’alimentazione. I
Greci si nutrivano maggiormente di vegetali mentre solo alcuni ceti
sociali si potevano permettere il consumo di carne ovina, pollame,
pesce, latticini e zucchero. Loro inoltre consideravano l’olio d’oliva
come un dono divino e nella loro cucina lo usavano molto
frequentemente. Per gli antichi Romani invece gli alimenti più
comunemente utilizzati erano cereali cotti, legumi, verdure di vario
tipo, pane e dolci. Durante l’età di Augusto, con la conquista
dell’Oriente e gli intensi rapporti commerciali con l’Asia, nuove
pietanze giunsero a Roma e l’alimentazione romana si raffinò: al
cibo inteso come puro sostentamento venne aggiunta, in epoca
imperiale, la cultura del cibo, grazie all’uso di SPEZIE e profumi,
passando dalla pura alimentazione allo studio dei sapori.