3. IL PESSIMISMO DI LEOPARDI
Il pessimismo filosofico di Leopardi ha le
sue origini nel materialismo del Settecento
Il pessimismo storico. Leopardi con gli
anni allarga la sua riflessione, tendendo
a valutare che la felicità degli altri è solo
apparente, che la vita umana non ha
uno scopo per il quale valga la pena di
lottare, e che tutti gli uomini sono
condannati all'infelicità terrena. La
ragione fece evolvere l'uomo e rivelò la
vanità delle pie illusioni, scoprì il male, il
dolore e l'angoscia.
Esso presenta alcune analogie con il contemporaneo pensiero di Schopenhauer e con
l'esistenzialismo successivo, anche per la ricerca di un senso nascosto dell'esistenza,
che pure è avvertito come inesistente, la sfida al Fato in nome della propria nobiltà
intellettuale e d'animo, e la sensibilità acuta per la precarietà e la fragilità dell'essere
umano.
4. IL PESSIMISMO INDIVIDUALE
Il pessimismo individuale prende forma quando Leopardi, fin da
piccolo, si sente privo della gioia di vivere che vede negli altri.
Questa contrapposizione emerge, ad
esempio, nel canto La sera del dì di festa
Le esperienze dell'adolescenza e della
prima giovinezza lo conducono a pensare
che la vita sia stata spietata con lui, ma
che altri possono essere felici
(pessimismo personale o soggettivo,
detto anche pessimismo psicologico).
5. La natura in Leopardi
Il nichilismo leopardiano
«Amaro e noia / La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.» (A se stesso, vv. 9-10)
«La natura non ci ha solamente dato il desiderio della felicità, ma il bisogno; vero bisogno,
come quel di cibarsi. Perché chi non possiede la felicità, è infelice, come chi non ha di che
cibarsi, patisce di fame. Or questo bisogno ella ci ha dato senza la possibilità di
soddisfarlo, senza nemmeno aver posto la felicità nel mondo. Gli animali non han più di
noi, se non il patir meno; così i selvaggi: ma la felicità nessuno.» (Zibaldone)
Il pessimismo è "cosmico" perché il dolore colpisce ogni essere vivente, comprese piante
e animali.
Il pessimismo cosmico
6. I CANTI PISANO-RECANATESI O GRANDI IDILLI (1828-1830)
Nel 1828, inizia una nuova fase
creativa, dando vita ad alcune delle
liriche più profonde e significative di
Leopardi.
La poetica espressa in queste poesie
è ancora idillica, e la forma usata è la
canzone libera, composta da un
numero vario di strofe di diversa
lunghezza(settenari ed endecasillabi
si alternano senza seguire uno
schema predeterminato, come pure
le rime e le assonanze).
7. La teoria del
piacere
La teoria del piacere, derivata dal
sensismo degli illuministi francesi,
nonché proveniente da Lucrezio ed
Epicuro, sostiene che l'uomo nella
sua vita tenda sempre a ricercare un
piacere infinito come soddisfazione
di un desiderio illimitato. Esso viene
cercato soprattutto grazie alla
facoltà immaginativa dell'uomo che
può concepire le cose che non sono
reali.
Questo pensiero trova massima
espressione ne «L’infinito».
L’infinito
8. Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma, sedendo e mirando, interminati
spazi di lá da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Cosí tra questa
immensitá s’annega il pensier mio;
e il naufragar m’è dolce in questo mare.
L’infinito