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Laboratori sulla sicurezza per la
formazione dei dirigenti
Avv. Giovanni Catellani
CULTURA DELLA SICUREZZA
Uno spettro si aggira per le aziende
e le fabbriche: la tentazione di
sottrarsi alla normativa
antinfortunistica e di trascurare le
misure per prevenire gli infortuni
Il pragmatismo giuridico
Cass. Pen. Sez. Unite n. 26654/2008
Il D.Lgs. 231/01 è
“l’epilogo di un lungo cammino volto a contrastare il
fenomeno della criminalità d’impresa, attraverso il
superamento del principio, insito nella tradizione
giuridica nazionale, societas delinquere non
potest e nella prospettiva di omogeneizzare la
normativa interna a quella internazionale di matrice
prevalentemente anglosassone, ispirata al c.d.
pragmatismo giuridico”.
Il Pragmatismo
Il pragmatismo può essere descritto come
la dottrina secondo cui tutti i problemi
sono in fondo problemi di condotta che
non prevedono nessuna valida
distinzione tra il teoretico e il pratico.
D.Lgs. 231/01 e TU 81/08
Il TU 81/08 è un sistema normativo giuridico e
tecnico completo che disciplina la tutela della
salute e della sicurezza del lavoro; è un preciso
obbligo di legge che prevede sanzioni per
l’inosservanza da parte dei soggetti persone
fisiche specificatamente individuati dalla
normativa come soggetti obbligati alla sua
applicazione;
Il Modello organizzativo ex D.Lgs. 231/01 è uno
strumento organizzativo aggiuntivo e integrativo
rispetto a quanto previsto dal TU 81/08 al fine di
prevenire un’eventuale responsabilità a carico
delle persone giuridiche.
D.Lgs. 231/01 e TU 81/08
Tribunale di Trani, sez. distaccata Molfetta, 26
ottobre 2009:
“il sistema introdotto dal D.Lgs. n. 231/2001
impone alle imprese di adottare un modello
organizzativo diverso e ulteriore rispetto a
quello previsto dalla normativa
antinfortunistica, onde evitare in tal modo la
responsabilità amministrativa”;
D.Lgs. 231/01 e TU 81/08
Tribunale di Trani, sez. distaccata Molfetta, 26
ottobre 2009:
Il DVR di cui all’art. 28 del TU ed il Modello Organizzativo ex
D.Lgs. 231/01 sono del tutto distinti e autonomi.
Il DVR mira a tutelare la salute dei lavoratori esposti al
pericolo degli infortuni durante l’attività lavorativa e ad essi
“è rivolto […] per informarli dei pericoli incombenti in
determinate situazioni all’interno del processo produttivo”;
Il Modello Organizzativo 231 per la sua finalità organizzativa,
di controllo e di prevenzione dei rischi di commissione dei
reati presupposto, si rivolge a coloro che “sono esposti al
rischio di commettere reati colposi […]sollecitandoli ad
adottare standard operativi e decisionali predeterminati”.
Scelte aziendali di fondo e
responsabilità del CdA
Cass. Pen. Sez. IV n. 47507 del
21/12/2011
“Le modalità della lavorazione in corso erano dettate
dalla scelta aziendale di risparmiare compiendo in
proprio un’attività di ripristino rischiosa ed
estranea alle mansioni dei dipendenti.[..]
Si è dunque in presenza di una scelta strutturale e
non contingente che coinvolge,
conseguentemente, la responsabilità di tutti gli
imputati”.
Responsabilità del CdA quale
posizione di garanzia
Cass. Pen. Sez. IV n. 43786 del
13/12/2010

“ I componenti del CdA hanno la gestione e
l’organizzazione dell’attività di impresa e rivestono
quindi la qualifica di datore di lavoro. Essi
assumono, quindi, la connessa posizione di garanzia.
Il datore di lavoro, anche nel caso di delega di poteri,
resta titolare di obblighi essenziali […].
Non vi è dubbio […]che l’obbligo di indagare il ventaglio
dei rischi connessi all’attività coinvolga sia i
componenti del CdA che il dirigente tecnico.”
Responsabilità del CdA e delega
Cass. Pen. Sez. IV n. 38991 del
04/11/2010
“Anche di fronte alla presenza di un’eventuale
delega di gestione conferita ad uno o più
amministratori, specifica e comprensiva dei poteri
di deliberazione e spesa, tale situazione può
ridurre la portata della posizione di garanzia
attribuita agli ulteriori componenti del Consiglio,
ma non escluderla interamente poiché non
possono comunque essere trasferite i doveri di
controllo sul generale andamento della gestione e
di intervento sostitutivo nel caso di mancato
esercizio della delega”.
Responsabilità del CdA e vigilanza sul
delegato
Cass. Pen. Sez. IV n. 10702 del
19/03/2012
“Va dunque ribadito che la delega di cui si discute
non fa venir meno l’obbligo di vigilanza.
Tuttavia, come il richiamato art. 16 chiarisce, si
parla qui di una vigilanza “alta” che riguarda il
corretto svolgimento delle proprie funzioni da
parte del soggetto delegato; e che si attua anche
attraverso si sistemi di verifica e controllo previsti
dall’art. 30 comma IV, che a sua volta disciplina il
modello di organizzazione e gestione idoneo ad
avere efficacia esimente dalla responsabilità
amministrativa delle persone giuridiche.”
Responsabilità del CdA e vigilanza sul
delegato
Cass. Pen. Sez. IV n. 10702 del
19/03/2012
“Ciò che maggiormente interessa è che la vigilanza,
quale che ne sia l’esatta estensione, di certo non
può identificarsi con un’azione di vigilanza sulla
concreta, minuta conformazione delle singole
lavorazioni che la legge affida, appunto, al garante.
Se così non fosse, l’istituto della delega si svuoterebbe
di qualsiasi significato […].
Ne consegue che l’obbligo di vigilanza del delegante è
distinto da quello del delegato. Esso riguarda
precipuamente la correttezza della complessiva
gestione del rischio da parte del delegato medesimo
e non impone il controllo, momento per momento,
delle modalità di svolgimento delle lavorazioni”.
Le specifiche competenze del Datore di
Lavoro e del dirigente: art. 18 TU 81/08
Cass. Pen. Sez. IV n. 37083 del
30/09/2008
“Con l’espressione “competenze” il legislatore ha
inteso riferirsi alle posizioni occupate dai vari
soggetti nell’ambito dell’impresa in base
all’effettuata e completa ripartizione di incarichi
tra: i datori di lavoro (sui quali grava l’onere
dell’apprestamento e dell’attuazione di tutti i
necessari accorgimenti antinfortunistici), dirigenti,
cui spettano poteri di coordinamento e di
organizzazione in uno specifico settore operativo
o in tutte le branche dell’attività aziendale, e
preposti, cui competono poteri di controllo e di
vigilanza, in modo da consentire l’individuazione
delle rispettive responsabilità […]”.
Competenza del Datore di Lavoro
Cass. Pen. Sez. IV n. 16311 del
26/04/2011
“Per affermare la responsabilità del datore
di lavoro non basta l’attribuzione formale
di una carica o di una funzione se a
questa attribuzione non si accompagni
l’effettiva possibilità di operare
sintetizzata nella possibilità di adottare le
decisioni necessarie per la sicurezza e di
avere la disponibilità di spesa per porle in
atto”.
Competenza del Dirigente
Cass. Pen. Sez. IV n. 22334 del
06/06/2011
“Il sistema prevenzionistico nell’ambito della sicurezza del
lavoro si fonda da sempre su tre figure cardine: il
datore di lavoro, il dirigente, il preposto […] figure
tenute ad adottare, nell’ambito dei rispettivi ruoli, le
iniziative necessarie ai fini dell’attuazione delle misure
di sicurezza appropriate; nonché ad assicurarsi che
esse siano costantemente applicate […].
Un livello di responsabilità intermedio è incarnato nella
figura del dirigente. […]
Il direttore di una struttura ricettiva è tenuto a garantire
l’incolumità fisica degli utenti mediante idonea
organizzazione dell’attività di vigilanza rispettando così
oltre alle regole legali, anche quelle imposte dalla
comune prudenza”.
Competenza del Dirigente-Preposto
Cass. Pen. Sez. IV n. 22564 del 11/06/2010
Nel duplice ruolo di preposto ed RSPP “l’imputato dispose la
lavorazione a seguito della quale scaturì l’infortunio letale,
diede istruzioni sul lavoro da compiere ed interloquì al
riguardo anche con il lavoratore deceduto cui fornì
specifiche spiegazioni sul da farsi […].
L’imputato esercitò in concreto il ruolo di cui si parla, giacchè
programmò ed organizzò la lavorazione e diede puntuali
istruzioni ai dipendenti e dunque sia sul piano contrattuale
che su quello dell’effettuale svolgimento del ruolo
demandatogli, l’imputato era titolare di una posizione di
garanzia che cumulava i ruoli di preposto e dirigente.
L’imputato non si preoccupò minimamente di fornire
istruzioni sulle cautele da adottare, né esercitò alcuna
azione di controllo e vigilanza così ponendo in essere una
condotta con configurazione della colpa”.
Competenza del Presidente della
Cooperativa
Cass. Pen. Sez. IV n. 31385 del
06/08/2010
“nelle Società Cooperative vige il principio di
identificazione del datore di lavoro nel
Presidente dell'impresa cooperativa, che, in
quanto rappresentante legale della stessa,
assume il ruolo di datore di lavoro e dunque la
posizione di garanzia allo stesso attribuita dalla
legge, mentre i soci della cooperativa sono
equiparati ai lavoratori subordinati”.
Responsabilità del datore di lavoro
(e dei dirigenti)
Cass. Pen. Sez. IV n. 23542 del
11/06/2008
“In tema di prevenzione infortuni, il datore di lavoro
deve controllare in ogni caso che il preposto,
nell’esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si
attenga alle disposizioni di legge e a quelle,
eventualmente in aggiunta, impartitegli […].
E’ infatti il datore di lavoro che, quale responsabile
della sicurezza del lavoro, deve operare un
controllo continuo e pressante per imporre che i
lavoratori rispettino la normativa e sfuggano alla
tentazione, sempre presente, di sottrarvisi anche
instaurando prassi di lavoro non corrette”.
Responsabilità del Datore di Lavoro :
il datore di lavoro deve avere la cultura e la
forma mentis del garante del bene
costituzionalmente rilevante costituito
dall’integrità del lavoratore, e non deve
limitarsi ad informare i lavoratori sulle norme
antinfortunistiche previste, ma deve
attivarsi e controllare sino alla
pedanteria, che tali norme siano assimilate
dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro.
La vigilanza del datore di lavoro e del
dirigente
Cass. Pen. Sez. IV n. 6838 del 21/02/2012
“La condotta diligente del titolare della posizione di
garanzia non può esaurirsi con l’adempimento
materiale della predisposizione delle cautele
antinfortunistiche richieste dalla norma
specifica.[…]”
Detto titolare “ deve anche preoccuparsi delle
prevedibili irregolarità di comportamento di altri,
che possano determinare situazioni di pericolo ed
adeguarvi conseguentemente la propria
condotta”.
La vigilanza del datore di lavoro e del
dirigente
Cass. Pen. Sez. IV n. 6838 del 21/02/2012
“Il compito del datore di lavoro, o del dirigente cui
spetta la sicurezza del lavoro, è molteplice e
articolato, e va dalla istruzione dei lavoratori sui
rischi di determinati lavori e dalla necessità di
adottare certe misure di sicurezza, alla
predisposizione di queste misure e quindi, ove le
stesse consistano in particolari cose o strumenti, nel
mettere queste cose, questi strumenti, a portata di
mano del lavoratore e, soprattutto, al controllo
continuo, pressante, per imporre che il lavoratore, o
comunque tutti coloro che possano trovarsi sul luogo
di lavoro, anche estranei, rispettino quelle norme, si
adeguino alle misure in esse previste e sfuggano alla
superficiale tentazione di trascurarle.”
La vigilanza del datore di lavoro e del
dirigente
Cass. Pen. Sez. IV n. 6838 del 21/02/2012
“Il responsabile della sicurezza […] deve avere la cultura del
garante del bene costituzionalmente rilevante, costituito
dall’integrità del lavoratore e di chiunque altro si trovi
nello spazio destinato all’attività lavorativa, ed ha per ciò
il preciso obbligo di attivarsi per controllare che chiunque
rispetti le regole antinfortunistiche.
Inoltre, lo specifico obbligo di informazione e di assiduo
controllo, se necessario nei confronti dei dipendenti
dell’impresa, si impone a maggior ragione nei confronti di
coloro che prestino lavoro alle dipendenze di altri o che,
per qualsiasi altra ragione, vengano per la prima volta a
contatto con un ambiente e con strutture a loro non
familiari e che perciò possono riservare insidie non note”.
La vigilanza del datore di lavoro e del
dirigente
Cass. Pen. Sez. IV n. 34373 del
20/09/2011
“L’art. 18 comma 3 bis D.Lgs. 81/2008 afferma che il
datore di lavoro ed il dirigente, oltre ad assolvere agli
obblighi propri dettagliati nei precedenti commi dello
stesso articolo, in più sono tenuti a vigilare
sull’adempimento degli obblighi propri dei preposti (art.
19), dei lavoratori (art. 20), dei progettisti (art. 22),
dei fabbricanti e dei fornitori (art. 23), degli installatori
(art. 24) e del medico competente (art. 25), restando
peraltro ferma l’esclusiva responsabilità dei soggetti
obbligati in proprio dalle norme citate, allorchè la
mancata attuazione dei relativi obblighi sia addebitabile
unicamente agli stessi, non essendo riscontrabile un
difetto di vigilanza da parte del datore di lavoro e del
dirigente”.
La vigilanza del datore di lavoro e del
dirigente
Il caso:
In un cantiere dell’alta velocità muore un operaio
caposquadra di un’impresa subappaltatrice dei lavori
diretti alla realizzazione delle pareti laterali di una
galleria.
Il Tribunale di Firenze condanna, la Corte di Appello di
Firenze assolve il responsabile del cantiere ritenendo che
“tenuto conto dell’estensione del cantiere e del rilevante
numero di operai non era esigibile il controllo da parte
degli imputati di ogni singolo dipendente in ogni momento
della giornata lavorativa”.
La Corte di Cassazione annulla la sentenza assolutoria
ricordando che ..
La vigilanza del datore di lavoro e del
dirigente
Cass. Pen. Sez. IV n. 26661 del 30/06/2009
“In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore
di lavoro […] ha l’obbligo, in caso di assenza
temporanea, di predisporre tutte le cautele idonee a
svolgere funzione antinfortunistica per tutte quelle
lavorazioni che, pur potendo svolgersi in sua assenza,
sono da lui conosciute, e le cui potenzialità di rischio
infortunistico devono, pertanto, essere preventivamente
valutate, e che gli stessi doveri che incombono al datore
di lavoro spettano alle persone dallo stesso delegate alla
sicurezza”.
La responsabilità del datore di lavoro,
del dirigente e le informazione al SPP
Cass. Pen. Sez. IV n. 4917 del 04/02/2010
“L’omessa previsione, da parte dell’ingegnere, dei rischi
correlati alle operazioni di pulizia […] è pienamente
riconducibile al datore di lavoro il quale era perfettamente a
conoscenza delle caratteristiche del luogo, del tempo e
delle più rilevanti circostanze concernenti lo svolgimento del
lavoro di pulizia […].
Il datore di lavoro avrebbe dovuto controllare la relazione
predisposta dall’ingegnere, onde poter segnalare al
professionista quelle attività del ciclo produttivo
eventualmente ignorate nelle valutazione dell’attività
aziendale ai fini della pianificazione dei rischi […].
L’omissione di tale controllo vale a concretizzare un evidente
profilo di colpa.”
Il RSPP
Cass. pen., 19 luglio 2011, n. 28779
“anche il RSPP, infatti, che pure è privo dei poteri
decisionali e di spesa (e quindi non può direttamente
intervenire per rimuovere le situazioni di rischio), può
essere ritenuto (cor)responsabile del verificarsi di un
infortunio, ogni qualvolta questo sia oggettivamente
riconducibile ad una situazione pericolosa che egli
avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare,
dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe
fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro,
delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta
situazione”.
Il RSPP
Cass. Pen. n. 2814 del 27 gennaio 2011:
“Non è pertanto dubitabile, la posizione di garanzia in cui
si trovava il (...), nella qualità di responsabile della
sicurezza, in ragione dei propri compiti all'interno
dell'azienda, che gli imponevano di attivarsi
positivamente per organizzare le attività lavorative in
modo sicuro, provvedendo alla individuazione e
valutazione dei fattori di rischio, all'obbligo di formazione
e di vigilanza dei lavoratori finalizzato proprio ad evitare
incidenti come quello verificatosi”.
Il principio di effettività:
D.Lgs. 231/01 e TU 81/08
Art. 299, D.Lgs. n. 81/2008 - Esercizio di fatto
di poteri direttivi
Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di
cui all’art. 2, c. 1, lett. b) (datore di lavoro), d)
(dirigente) e e) (preposto), gravano altresì su
colui il quale, pur sprovvisto di regolare
investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici
riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.
Art. 5 del D.Lgs. n. 231/2001 individua
responsabilità nell’esercizio di fatto della
gestione aziendale
Il principio di effettività
Cass. Pen. n. 468/1993

“per l’identificazione dei responsabili in materia di prevenzione
degli infortuni sul lavoro, soprattutto nelle società ad
organizzazione complessa, occorre far riferimento alla
ripartizione interna delle singole competenze ed alla
effettività delle funzioni esercitate. Ne deriva che la
responsabilità non può essere accollata in maniera
automatica agli amministratori o ai titolari dell’impresa,
ma deve essere riferita alle persone concretamente
preposte alla direzione dello specifico settore”.
La sicurezza e i contratti di appalto
Cass. Pen. n. 15081/2010
“in presenza di un contratto di appalto, non
potendo esigersi dal committente un controllo
pressante, continuo e capillare
sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori
dell’appaltatore, occorre un attento esame
della situazione fattuale ai fini
dell'individuazione delle responsabilità penali in
caso di infortunio”.
La sicurezza e i contratti di appalto
Il committente dei lavori dati in appalto deve scegliere
l’appaltatore e più in generale il soggetto al quale
affidare l’incarico accertandosi che la persona alla
quale si rivolge sia munita non solo dei titoli di idoneità
necessari prescritti dalla legge, ma anche della
capacità tecnica e professionale proporzionata al tipo
ed alle modalità di espletamento dell’attività
commissionata.
In caso di omissioni da parte dell’appaltatore di misure
di sicurezza prescritte, quando tale omissione sia
immediatamente percepibile, il committente che è in
grado di accorgersene, senza particolari indagini,
risponde anch’egli delle conseguenze dell’infortunio
eventualmente verificatosi.
LA RESPONSABILITA’ EX D. Lgs. 231/01:
1. Commissione di un reato previsto dal decreto 231;
2. Commissione del reato da parte di un soggetto in
posizione “apicale” o “subordinata”;
3. Interesse o vantaggio dell’ente derivante dalla
commissione del reato.
Interesse e vantaggio nei reati colposi
in materia di sicurezza
Trib. Cagliari 4 luglio 2011
“se è ben difficilmente ipotizzabile che l’evento
possa rappresentare un interesse dell’ente o
portare ad esso un vantaggio economico (e tanto
meno non patrimoniale), è invece facilmente
prevedibile che la persona giuridica possa
adottare condotte tese a risparmiare sui costi,
talora notevoli, connessi alla sicurezza sul lavoro”.
Interesse e vantaggio nei reati colposi
in materia di sicurezza
Corte Assise, Trib. Torino, 15 aprile 2011 (Caso
ThyssenKrupp)
“[…]Occorre, invece, che l’autore del reato abbia violato le
norme di sicurezza, e, in tal guisa, cagionato la morte o
la lesione, in quanto mosso, ad esempio, dalla necessità
di contenere i costi produttivi, o risparmiare sulle misure
di sicurezza, o accelerare i tempi o i ritmi di lavoro, o
aumentare la produttività, o ancora spinto da una politica
aziendale che omette investimenti in tema di sicurezza
nell’ambito di uno stabilimento destinato ad essere
dismesso e ciò malgrado non rinuncia a farvi lavorare gli
operai”.
Interesse e vantaggio nei reati
colposi in materia di sicurezza
Corte Assise, Trib. Torino, 15 aprile 2011 (Caso
TyssenKrupp)
“le gravissime violazioni della normativa antinfortunistica
ed antincendio (v. i vari capitoli precedenti), le colpevoli
omissioni, sono caratterizzate da un contenuto
economico rispetto al quale l'azienda non solo aveva
interesse, ma se ne è anche sicuramente avvantaggiata,
sotto il profilo del considerevole risparmio economico che
ha tratto omettendo qualsiasi intervento nello
stabilimento di Torino; oltre che dell'utile
contemporaneamente ritratto dalla continuità della
produzione”.
La Giurisprudenza ex D.Lgs.
231/01 in materia di sicurezza:
Trib. di Trani, sez. distaccata Molfetta, 26
ottobre 2009 (Omessa elaborazione del DVR su
rischi specifici
ed inadeguata scelta della ditta appaltatrice o
sub appaltatrice;
Trib. di Novara 1°ottobre 2010 (rischio da
interferenze);
Trib. di Pinerolo 23 settembre 2010 (sicurezza
dei macchinari)
Tribunale di Trani, sez. distaccata
Molfetta, 26 ottobre 2009: il caso
La società X aveva commissionato alla società Y il trasporto di zolfo.
In un secondo momento la società X aveva commissionato sempre
alla società Y l’attività di lavaggio dei tank container utilizzati per
convertirli al trasporto di un’altra sostanza pericolosa, l’acido solforico.
A sua volta la società Y aveva subappaltato alla società W la attività di
bonifica dei tank container.
Il giorno 3 marzo 2008 un operaio della società W si introduceva, privo
della prescritta imbracatura e dell’autorespiratore, in un tank container
per le operazioni di bonifica. Purtroppo, le esalazioni di acido solforico
gli facevano perdere la vita. Due colleghi cercavano di portargli
soccorso, ma anche loro perdevano la vita. Stessa tragica sorte
capitava al trasportatore del tank container, che a sua volta cercava di
prestare i soccorsi. Infine moriva il titolare della ditta W anche lui
accorso per aiutare i suoi collaboratori. Un ultimo operaio si affacciava
al boccaporto del tank container e a causa delle esalazioni riportava
lesioni gravi.
Tribunale di Trani, sez. distaccata
Molfetta, 26 ottobre 2009:
Ha riconosciuto una responsabilità ex
D.Lgs. 231/01 in capo a tutte le società
coinvolte: committente, appaltatrice e
subappaltatrice, precisando che in caso di
appalto o subappalto l’intento di
minimizzare il rischio in materia di
sicurezza si traduce nella necessità di
prendere in considerazione anche i rischi
derivanti dai contatti che la società può
avere con soggetti terzi.
A tal fine il committente o l’appaltatore
devono …
Tribunale di Trani, sez. distaccata
Molfetta, 26 ottobre 2009:
Individuare i soggetti terzi specializzati a cui
affidare i lavori garantendo la verifica del
possesso dei necessari requisiti tecnicoprofessionali al fine di evitare pregiudizi anche ai
dipendenti di terzi;
Controllare preventivamente l’esistenza dei
presidi antinfortunistici ed il loro corretto uso
anche negli impianti di terzi dove vengono svolte
le attività appaltate;
Inserire clausole contrattuali che prevedano
sanzioni a carico dei terzi inadempienti rispetto
agli obblighi in materia di sicurezza.
Tribunale di Trani, sez. distaccata
Molfetta, 26 ottobre 2009:
l’impostazione del Modello Organizzativo non
deve esaurirsi nella prevenzione degli infortuni
dei propri dipendenti o di soggetti presenti nel
proprio ambiente e quindi solo nell’ambito della
propria struttura organizzativa ed aziendale, ma
deve estendersi anche ai dipendenti di altre
società che, direttamente o indirettamente,
entrano in contatto con la società stessa,
svolgendo servizi nell’interesse della
medesima.
Trib. Novara 1 ottobre 2010 (Il rischio
da interferenze): il caso
la società X (s.r.l.) effettua la manutenzione ordinaria degli immobili e
delle infrastrutture del C.I.M. di Novara e si occupa del carico e dello
scarico dei container dei treni;
la società Y(S.p.A.), su incarico della società X, effettua le manovre di
introduzione o estrazione dei treni dal C.I.M. di Novara;
la società W (società cooperativa esercente attività di servizi alle
aziende pubbliche e private), sempre per conto della società X,
effettua la spunta dei treni e il controllo del loro carico.
In data 26 ottobre 2007 alle ore 6.15 circa un dipendente della
cooperativa W usciva dagli uffici per andare a controllare un treno su
un binario del C.I.M. Effettuata, come previsto, la spunta al treno,
entrava nell’ufficio di un collega, il RSPP della società X.
Successivamente alle ore 7,10 circa decideva di recarsi presso gli
uffici della cooperativa W e mentre attraversava i binari, in
corrispondenza del passaggio pedonale previsto dalla viabilità interna,
veniva investito da un locomotore e rimaneva ucciso.
Trib. Novara 1 ottobre 2010 (Il
rischio da interferenze)
interesse o vantaggio:
“non adottando le indispensabili iniziative volte a prevenire
il rischio di investimento ferroviario,
riducevano ed evitavano i costi degli interventi strumentali
necessari (ad esempio installazione di un articolato
sistema di segnali acustici e visivi, manutenzione dei
presidi esistenti),
velocizzavano i tempi e i ritmi del ciclo produttivo,
evitavano i disagi organizzativi e l’utilizzo del tempo per lo
svolgimento dell’attività di coordinamento e cooperazione,
riducevano i costi per la formazione e l’informazione del
personale”.
Uso del DPI e sicurezza dei macchinari
Cass. Pen. n. 7294/2010
“non vi è un automatismo tra la presenza di una
dichiarazione di conformità CE del macchinario e
l’esenzione di responsabilità del datore di lavoro,
allorquando il vizio da cui deriva l’infortunio è tutt’altro che
occulto o invisibile”.
Uso del DPI e sicurezza dei macchinari
Tribunale di Pinerolo (sentenza del 23 settembre
2010)
Il caso:
un dipendente, nell’utilizzare una macchina
deputata allo schiacciamento di polpe da
barbabietole esauste per la riduzione in farina, al
fine di rimuovere dai rulli pietre che inceppavano il
funzionamento, senza spegnere la macchina,
rimuoveva lo sportello a protezione dei cilindri
laminatoi e vi infilava la mano, venendo poi
afferrato con conseguente trascinamento e
schiacciamento dell’arto fra i cilindri.
Tribunale di Pinerolo (sentenza del
23 settembre 2010)
È stato accertato un omesso controllo e
un’indifferenza rispetto allo stato della
sicurezza del macchinario ed alle
problematiche che erano state segnalate
proprio dal dipendente infortunato, tali da
integrare gli estremi di “una inaccettabile
negligenza”.
L’assenza di un Modello Organizzativo:
Il Caso ThyssenKrupp: sentenza Corte di Assise
Trib. Torino 15 aprile 2011
“La mancata adozione di tali modelli, in presenza dei
presupposti oggettivi e soggettivi sopra indicati (reato
commesso nell'interesse o vantaggio della società e
posizione apicale dell'autore del reato) è sufficiente a
costituire quella 'rimproverabilità' di cui alla relazione
ministeriale al decreto legislativo e ad integrare la
fattispecie sanzionatoria, costituita dall'omissione delle
previste doverose cautele organizzative e gestionali
idonee a prevenire talune tipologie criminose”.

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Relazioni, ruoli, responsabilità del sistema della sicurezza parte seconda - giovanni catellani

  • 1. Laboratori sulla sicurezza per la formazione dei dirigenti Avv. Giovanni Catellani
  • 2. CULTURA DELLA SICUREZZA Uno spettro si aggira per le aziende e le fabbriche: la tentazione di sottrarsi alla normativa antinfortunistica e di trascurare le misure per prevenire gli infortuni
  • 3. Il pragmatismo giuridico Cass. Pen. Sez. Unite n. 26654/2008 Il D.Lgs. 231/01 è “l’epilogo di un lungo cammino volto a contrastare il fenomeno della criminalità d’impresa, attraverso il superamento del principio, insito nella tradizione giuridica nazionale, societas delinquere non potest e nella prospettiva di omogeneizzare la normativa interna a quella internazionale di matrice prevalentemente anglosassone, ispirata al c.d. pragmatismo giuridico”.
  • 4. Il Pragmatismo Il pragmatismo può essere descritto come la dottrina secondo cui tutti i problemi sono in fondo problemi di condotta che non prevedono nessuna valida distinzione tra il teoretico e il pratico.
  • 5. D.Lgs. 231/01 e TU 81/08 Il TU 81/08 è un sistema normativo giuridico e tecnico completo che disciplina la tutela della salute e della sicurezza del lavoro; è un preciso obbligo di legge che prevede sanzioni per l’inosservanza da parte dei soggetti persone fisiche specificatamente individuati dalla normativa come soggetti obbligati alla sua applicazione; Il Modello organizzativo ex D.Lgs. 231/01 è uno strumento organizzativo aggiuntivo e integrativo rispetto a quanto previsto dal TU 81/08 al fine di prevenire un’eventuale responsabilità a carico delle persone giuridiche.
  • 6. D.Lgs. 231/01 e TU 81/08 Tribunale di Trani, sez. distaccata Molfetta, 26 ottobre 2009: “il sistema introdotto dal D.Lgs. n. 231/2001 impone alle imprese di adottare un modello organizzativo diverso e ulteriore rispetto a quello previsto dalla normativa antinfortunistica, onde evitare in tal modo la responsabilità amministrativa”;
  • 7. D.Lgs. 231/01 e TU 81/08 Tribunale di Trani, sez. distaccata Molfetta, 26 ottobre 2009: Il DVR di cui all’art. 28 del TU ed il Modello Organizzativo ex D.Lgs. 231/01 sono del tutto distinti e autonomi. Il DVR mira a tutelare la salute dei lavoratori esposti al pericolo degli infortuni durante l’attività lavorativa e ad essi “è rivolto […] per informarli dei pericoli incombenti in determinate situazioni all’interno del processo produttivo”; Il Modello Organizzativo 231 per la sua finalità organizzativa, di controllo e di prevenzione dei rischi di commissione dei reati presupposto, si rivolge a coloro che “sono esposti al rischio di commettere reati colposi […]sollecitandoli ad adottare standard operativi e decisionali predeterminati”.
  • 8. Scelte aziendali di fondo e responsabilità del CdA Cass. Pen. Sez. IV n. 47507 del 21/12/2011 “Le modalità della lavorazione in corso erano dettate dalla scelta aziendale di risparmiare compiendo in proprio un’attività di ripristino rischiosa ed estranea alle mansioni dei dipendenti.[..] Si è dunque in presenza di una scelta strutturale e non contingente che coinvolge, conseguentemente, la responsabilità di tutti gli imputati”.
  • 9. Responsabilità del CdA quale posizione di garanzia Cass. Pen. Sez. IV n. 43786 del 13/12/2010 “ I componenti del CdA hanno la gestione e l’organizzazione dell’attività di impresa e rivestono quindi la qualifica di datore di lavoro. Essi assumono, quindi, la connessa posizione di garanzia. Il datore di lavoro, anche nel caso di delega di poteri, resta titolare di obblighi essenziali […]. Non vi è dubbio […]che l’obbligo di indagare il ventaglio dei rischi connessi all’attività coinvolga sia i componenti del CdA che il dirigente tecnico.”
  • 10. Responsabilità del CdA e delega Cass. Pen. Sez. IV n. 38991 del 04/11/2010 “Anche di fronte alla presenza di un’eventuale delega di gestione conferita ad uno o più amministratori, specifica e comprensiva dei poteri di deliberazione e spesa, tale situazione può ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del Consiglio, ma non escluderla interamente poiché non possono comunque essere trasferite i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega”.
  • 11. Responsabilità del CdA e vigilanza sul delegato Cass. Pen. Sez. IV n. 10702 del 19/03/2012 “Va dunque ribadito che la delega di cui si discute non fa venir meno l’obbligo di vigilanza. Tuttavia, come il richiamato art. 16 chiarisce, si parla qui di una vigilanza “alta” che riguarda il corretto svolgimento delle proprie funzioni da parte del soggetto delegato; e che si attua anche attraverso si sistemi di verifica e controllo previsti dall’art. 30 comma IV, che a sua volta disciplina il modello di organizzazione e gestione idoneo ad avere efficacia esimente dalla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.”
  • 12. Responsabilità del CdA e vigilanza sul delegato Cass. Pen. Sez. IV n. 10702 del 19/03/2012 “Ciò che maggiormente interessa è che la vigilanza, quale che ne sia l’esatta estensione, di certo non può identificarsi con un’azione di vigilanza sulla concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni che la legge affida, appunto, al garante. Se così non fosse, l’istituto della delega si svuoterebbe di qualsiasi significato […]. Ne consegue che l’obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato. Esso riguarda precipuamente la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato medesimo e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle lavorazioni”.
  • 13. Le specifiche competenze del Datore di Lavoro e del dirigente: art. 18 TU 81/08 Cass. Pen. Sez. IV n. 37083 del 30/09/2008 “Con l’espressione “competenze” il legislatore ha inteso riferirsi alle posizioni occupate dai vari soggetti nell’ambito dell’impresa in base all’effettuata e completa ripartizione di incarichi tra: i datori di lavoro (sui quali grava l’onere dell’apprestamento e dell’attuazione di tutti i necessari accorgimenti antinfortunistici), dirigenti, cui spettano poteri di coordinamento e di organizzazione in uno specifico settore operativo o in tutte le branche dell’attività aziendale, e preposti, cui competono poteri di controllo e di vigilanza, in modo da consentire l’individuazione delle rispettive responsabilità […]”.
  • 14. Competenza del Datore di Lavoro Cass. Pen. Sez. IV n. 16311 del 26/04/2011 “Per affermare la responsabilità del datore di lavoro non basta l’attribuzione formale di una carica o di una funzione se a questa attribuzione non si accompagni l’effettiva possibilità di operare sintetizzata nella possibilità di adottare le decisioni necessarie per la sicurezza e di avere la disponibilità di spesa per porle in atto”.
  • 15. Competenza del Dirigente Cass. Pen. Sez. IV n. 22334 del 06/06/2011 “Il sistema prevenzionistico nell’ambito della sicurezza del lavoro si fonda da sempre su tre figure cardine: il datore di lavoro, il dirigente, il preposto […] figure tenute ad adottare, nell’ambito dei rispettivi ruoli, le iniziative necessarie ai fini dell’attuazione delle misure di sicurezza appropriate; nonché ad assicurarsi che esse siano costantemente applicate […]. Un livello di responsabilità intermedio è incarnato nella figura del dirigente. […] Il direttore di una struttura ricettiva è tenuto a garantire l’incolumità fisica degli utenti mediante idonea organizzazione dell’attività di vigilanza rispettando così oltre alle regole legali, anche quelle imposte dalla comune prudenza”.
  • 16. Competenza del Dirigente-Preposto Cass. Pen. Sez. IV n. 22564 del 11/06/2010 Nel duplice ruolo di preposto ed RSPP “l’imputato dispose la lavorazione a seguito della quale scaturì l’infortunio letale, diede istruzioni sul lavoro da compiere ed interloquì al riguardo anche con il lavoratore deceduto cui fornì specifiche spiegazioni sul da farsi […]. L’imputato esercitò in concreto il ruolo di cui si parla, giacchè programmò ed organizzò la lavorazione e diede puntuali istruzioni ai dipendenti e dunque sia sul piano contrattuale che su quello dell’effettuale svolgimento del ruolo demandatogli, l’imputato era titolare di una posizione di garanzia che cumulava i ruoli di preposto e dirigente. L’imputato non si preoccupò minimamente di fornire istruzioni sulle cautele da adottare, né esercitò alcuna azione di controllo e vigilanza così ponendo in essere una condotta con configurazione della colpa”.
  • 17. Competenza del Presidente della Cooperativa Cass. Pen. Sez. IV n. 31385 del 06/08/2010 “nelle Società Cooperative vige il principio di identificazione del datore di lavoro nel Presidente dell'impresa cooperativa, che, in quanto rappresentante legale della stessa, assume il ruolo di datore di lavoro e dunque la posizione di garanzia allo stesso attribuita dalla legge, mentre i soci della cooperativa sono equiparati ai lavoratori subordinati”.
  • 18. Responsabilità del datore di lavoro (e dei dirigenti) Cass. Pen. Sez. IV n. 23542 del 11/06/2008 “In tema di prevenzione infortuni, il datore di lavoro deve controllare in ogni caso che il preposto, nell’esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli […]. E’ infatti il datore di lavoro che, quale responsabile della sicurezza del lavoro, deve operare un controllo continuo e pressante per imporre che i lavoratori rispettino la normativa e sfuggano alla tentazione, sempre presente, di sottrarvisi anche instaurando prassi di lavoro non corrette”.
  • 19. Responsabilità del Datore di Lavoro : il datore di lavoro deve avere la cultura e la forma mentis del garante del bene costituzionalmente rilevante costituito dall’integrità del lavoratore, e non deve limitarsi ad informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma deve attivarsi e controllare sino alla pedanteria, che tali norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro.
  • 20. La vigilanza del datore di lavoro e del dirigente Cass. Pen. Sez. IV n. 6838 del 21/02/2012 “La condotta diligente del titolare della posizione di garanzia non può esaurirsi con l’adempimento materiale della predisposizione delle cautele antinfortunistiche richieste dalla norma specifica.[…]” Detto titolare “ deve anche preoccuparsi delle prevedibili irregolarità di comportamento di altri, che possano determinare situazioni di pericolo ed adeguarvi conseguentemente la propria condotta”.
  • 21. La vigilanza del datore di lavoro e del dirigente Cass. Pen. Sez. IV n. 6838 del 21/02/2012 “Il compito del datore di lavoro, o del dirigente cui spetta la sicurezza del lavoro, è molteplice e articolato, e va dalla istruzione dei lavoratori sui rischi di determinati lavori e dalla necessità di adottare certe misure di sicurezza, alla predisposizione di queste misure e quindi, ove le stesse consistano in particolari cose o strumenti, nel mettere queste cose, questi strumenti, a portata di mano del lavoratore e, soprattutto, al controllo continuo, pressante, per imporre che il lavoratore, o comunque tutti coloro che possano trovarsi sul luogo di lavoro, anche estranei, rispettino quelle norme, si adeguino alle misure in esse previste e sfuggano alla superficiale tentazione di trascurarle.”
  • 22. La vigilanza del datore di lavoro e del dirigente Cass. Pen. Sez. IV n. 6838 del 21/02/2012 “Il responsabile della sicurezza […] deve avere la cultura del garante del bene costituzionalmente rilevante, costituito dall’integrità del lavoratore e di chiunque altro si trovi nello spazio destinato all’attività lavorativa, ed ha per ciò il preciso obbligo di attivarsi per controllare che chiunque rispetti le regole antinfortunistiche. Inoltre, lo specifico obbligo di informazione e di assiduo controllo, se necessario nei confronti dei dipendenti dell’impresa, si impone a maggior ragione nei confronti di coloro che prestino lavoro alle dipendenze di altri o che, per qualsiasi altra ragione, vengano per la prima volta a contatto con un ambiente e con strutture a loro non familiari e che perciò possono riservare insidie non note”.
  • 23. La vigilanza del datore di lavoro e del dirigente Cass. Pen. Sez. IV n. 34373 del 20/09/2011 “L’art. 18 comma 3 bis D.Lgs. 81/2008 afferma che il datore di lavoro ed il dirigente, oltre ad assolvere agli obblighi propri dettagliati nei precedenti commi dello stesso articolo, in più sono tenuti a vigilare sull’adempimento degli obblighi propri dei preposti (art. 19), dei lavoratori (art. 20), dei progettisti (art. 22), dei fabbricanti e dei fornitori (art. 23), degli installatori (art. 24) e del medico competente (art. 25), restando peraltro ferma l’esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati in proprio dalle norme citate, allorchè la mancata attuazione dei relativi obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi, non essendo riscontrabile un difetto di vigilanza da parte del datore di lavoro e del dirigente”.
  • 24. La vigilanza del datore di lavoro e del dirigente Il caso: In un cantiere dell’alta velocità muore un operaio caposquadra di un’impresa subappaltatrice dei lavori diretti alla realizzazione delle pareti laterali di una galleria. Il Tribunale di Firenze condanna, la Corte di Appello di Firenze assolve il responsabile del cantiere ritenendo che “tenuto conto dell’estensione del cantiere e del rilevante numero di operai non era esigibile il controllo da parte degli imputati di ogni singolo dipendente in ogni momento della giornata lavorativa”. La Corte di Cassazione annulla la sentenza assolutoria ricordando che ..
  • 25. La vigilanza del datore di lavoro e del dirigente Cass. Pen. Sez. IV n. 26661 del 30/06/2009 “In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro […] ha l’obbligo, in caso di assenza temporanea, di predisporre tutte le cautele idonee a svolgere funzione antinfortunistica per tutte quelle lavorazioni che, pur potendo svolgersi in sua assenza, sono da lui conosciute, e le cui potenzialità di rischio infortunistico devono, pertanto, essere preventivamente valutate, e che gli stessi doveri che incombono al datore di lavoro spettano alle persone dallo stesso delegate alla sicurezza”.
  • 26. La responsabilità del datore di lavoro, del dirigente e le informazione al SPP Cass. Pen. Sez. IV n. 4917 del 04/02/2010 “L’omessa previsione, da parte dell’ingegnere, dei rischi correlati alle operazioni di pulizia […] è pienamente riconducibile al datore di lavoro il quale era perfettamente a conoscenza delle caratteristiche del luogo, del tempo e delle più rilevanti circostanze concernenti lo svolgimento del lavoro di pulizia […]. Il datore di lavoro avrebbe dovuto controllare la relazione predisposta dall’ingegnere, onde poter segnalare al professionista quelle attività del ciclo produttivo eventualmente ignorate nelle valutazione dell’attività aziendale ai fini della pianificazione dei rischi […]. L’omissione di tale controllo vale a concretizzare un evidente profilo di colpa.”
  • 27. Il RSPP Cass. pen., 19 luglio 2011, n. 28779 “anche il RSPP, infatti, che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa (e quindi non può direttamente intervenire per rimuovere le situazioni di rischio), può essere ritenuto (cor)responsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione”.
  • 28. Il RSPP Cass. Pen. n. 2814 del 27 gennaio 2011: “Non è pertanto dubitabile, la posizione di garanzia in cui si trovava il (...), nella qualità di responsabile della sicurezza, in ragione dei propri compiti all'interno dell'azienda, che gli imponevano di attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, provvedendo alla individuazione e valutazione dei fattori di rischio, all'obbligo di formazione e di vigilanza dei lavoratori finalizzato proprio ad evitare incidenti come quello verificatosi”.
  • 29. Il principio di effettività: D.Lgs. 231/01 e TU 81/08 Art. 299, D.Lgs. n. 81/2008 - Esercizio di fatto di poteri direttivi Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all’art. 2, c. 1, lett. b) (datore di lavoro), d) (dirigente) e e) (preposto), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti. Art. 5 del D.Lgs. n. 231/2001 individua responsabilità nell’esercizio di fatto della gestione aziendale
  • 30. Il principio di effettività Cass. Pen. n. 468/1993 “per l’identificazione dei responsabili in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, soprattutto nelle società ad organizzazione complessa, occorre far riferimento alla ripartizione interna delle singole competenze ed alla effettività delle funzioni esercitate. Ne deriva che la responsabilità non può essere accollata in maniera automatica agli amministratori o ai titolari dell’impresa, ma deve essere riferita alle persone concretamente preposte alla direzione dello specifico settore”.
  • 31. La sicurezza e i contratti di appalto Cass. Pen. n. 15081/2010 “in presenza di un contratto di appalto, non potendo esigersi dal committente un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori dell’appaltatore, occorre un attento esame della situazione fattuale ai fini dell'individuazione delle responsabilità penali in caso di infortunio”.
  • 32. La sicurezza e i contratti di appalto Il committente dei lavori dati in appalto deve scegliere l’appaltatore e più in generale il soggetto al quale affidare l’incarico accertandosi che la persona alla quale si rivolge sia munita non solo dei titoli di idoneità necessari prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale proporzionata al tipo ed alle modalità di espletamento dell’attività commissionata. In caso di omissioni da parte dell’appaltatore di misure di sicurezza prescritte, quando tale omissione sia immediatamente percepibile, il committente che è in grado di accorgersene, senza particolari indagini, risponde anch’egli delle conseguenze dell’infortunio eventualmente verificatosi.
  • 33. LA RESPONSABILITA’ EX D. Lgs. 231/01: 1. Commissione di un reato previsto dal decreto 231; 2. Commissione del reato da parte di un soggetto in posizione “apicale” o “subordinata”; 3. Interesse o vantaggio dell’ente derivante dalla commissione del reato.
  • 34. Interesse e vantaggio nei reati colposi in materia di sicurezza Trib. Cagliari 4 luglio 2011 “se è ben difficilmente ipotizzabile che l’evento possa rappresentare un interesse dell’ente o portare ad esso un vantaggio economico (e tanto meno non patrimoniale), è invece facilmente prevedibile che la persona giuridica possa adottare condotte tese a risparmiare sui costi, talora notevoli, connessi alla sicurezza sul lavoro”.
  • 35. Interesse e vantaggio nei reati colposi in materia di sicurezza Corte Assise, Trib. Torino, 15 aprile 2011 (Caso ThyssenKrupp) “[…]Occorre, invece, che l’autore del reato abbia violato le norme di sicurezza, e, in tal guisa, cagionato la morte o la lesione, in quanto mosso, ad esempio, dalla necessità di contenere i costi produttivi, o risparmiare sulle misure di sicurezza, o accelerare i tempi o i ritmi di lavoro, o aumentare la produttività, o ancora spinto da una politica aziendale che omette investimenti in tema di sicurezza nell’ambito di uno stabilimento destinato ad essere dismesso e ciò malgrado non rinuncia a farvi lavorare gli operai”.
  • 36. Interesse e vantaggio nei reati colposi in materia di sicurezza Corte Assise, Trib. Torino, 15 aprile 2011 (Caso TyssenKrupp) “le gravissime violazioni della normativa antinfortunistica ed antincendio (v. i vari capitoli precedenti), le colpevoli omissioni, sono caratterizzate da un contenuto economico rispetto al quale l'azienda non solo aveva interesse, ma se ne è anche sicuramente avvantaggiata, sotto il profilo del considerevole risparmio economico che ha tratto omettendo qualsiasi intervento nello stabilimento di Torino; oltre che dell'utile contemporaneamente ritratto dalla continuità della produzione”.
  • 37. La Giurisprudenza ex D.Lgs. 231/01 in materia di sicurezza: Trib. di Trani, sez. distaccata Molfetta, 26 ottobre 2009 (Omessa elaborazione del DVR su rischi specifici ed inadeguata scelta della ditta appaltatrice o sub appaltatrice; Trib. di Novara 1°ottobre 2010 (rischio da interferenze); Trib. di Pinerolo 23 settembre 2010 (sicurezza dei macchinari)
  • 38. Tribunale di Trani, sez. distaccata Molfetta, 26 ottobre 2009: il caso La società X aveva commissionato alla società Y il trasporto di zolfo. In un secondo momento la società X aveva commissionato sempre alla società Y l’attività di lavaggio dei tank container utilizzati per convertirli al trasporto di un’altra sostanza pericolosa, l’acido solforico. A sua volta la società Y aveva subappaltato alla società W la attività di bonifica dei tank container. Il giorno 3 marzo 2008 un operaio della società W si introduceva, privo della prescritta imbracatura e dell’autorespiratore, in un tank container per le operazioni di bonifica. Purtroppo, le esalazioni di acido solforico gli facevano perdere la vita. Due colleghi cercavano di portargli soccorso, ma anche loro perdevano la vita. Stessa tragica sorte capitava al trasportatore del tank container, che a sua volta cercava di prestare i soccorsi. Infine moriva il titolare della ditta W anche lui accorso per aiutare i suoi collaboratori. Un ultimo operaio si affacciava al boccaporto del tank container e a causa delle esalazioni riportava lesioni gravi.
  • 39. Tribunale di Trani, sez. distaccata Molfetta, 26 ottobre 2009: Ha riconosciuto una responsabilità ex D.Lgs. 231/01 in capo a tutte le società coinvolte: committente, appaltatrice e subappaltatrice, precisando che in caso di appalto o subappalto l’intento di minimizzare il rischio in materia di sicurezza si traduce nella necessità di prendere in considerazione anche i rischi derivanti dai contatti che la società può avere con soggetti terzi. A tal fine il committente o l’appaltatore devono …
  • 40. Tribunale di Trani, sez. distaccata Molfetta, 26 ottobre 2009: Individuare i soggetti terzi specializzati a cui affidare i lavori garantendo la verifica del possesso dei necessari requisiti tecnicoprofessionali al fine di evitare pregiudizi anche ai dipendenti di terzi; Controllare preventivamente l’esistenza dei presidi antinfortunistici ed il loro corretto uso anche negli impianti di terzi dove vengono svolte le attività appaltate; Inserire clausole contrattuali che prevedano sanzioni a carico dei terzi inadempienti rispetto agli obblighi in materia di sicurezza.
  • 41. Tribunale di Trani, sez. distaccata Molfetta, 26 ottobre 2009: l’impostazione del Modello Organizzativo non deve esaurirsi nella prevenzione degli infortuni dei propri dipendenti o di soggetti presenti nel proprio ambiente e quindi solo nell’ambito della propria struttura organizzativa ed aziendale, ma deve estendersi anche ai dipendenti di altre società che, direttamente o indirettamente, entrano in contatto con la società stessa, svolgendo servizi nell’interesse della medesima.
  • 42. Trib. Novara 1 ottobre 2010 (Il rischio da interferenze): il caso la società X (s.r.l.) effettua la manutenzione ordinaria degli immobili e delle infrastrutture del C.I.M. di Novara e si occupa del carico e dello scarico dei container dei treni; la società Y(S.p.A.), su incarico della società X, effettua le manovre di introduzione o estrazione dei treni dal C.I.M. di Novara; la società W (società cooperativa esercente attività di servizi alle aziende pubbliche e private), sempre per conto della società X, effettua la spunta dei treni e il controllo del loro carico. In data 26 ottobre 2007 alle ore 6.15 circa un dipendente della cooperativa W usciva dagli uffici per andare a controllare un treno su un binario del C.I.M. Effettuata, come previsto, la spunta al treno, entrava nell’ufficio di un collega, il RSPP della società X. Successivamente alle ore 7,10 circa decideva di recarsi presso gli uffici della cooperativa W e mentre attraversava i binari, in corrispondenza del passaggio pedonale previsto dalla viabilità interna, veniva investito da un locomotore e rimaneva ucciso.
  • 43. Trib. Novara 1 ottobre 2010 (Il rischio da interferenze) interesse o vantaggio: “non adottando le indispensabili iniziative volte a prevenire il rischio di investimento ferroviario, riducevano ed evitavano i costi degli interventi strumentali necessari (ad esempio installazione di un articolato sistema di segnali acustici e visivi, manutenzione dei presidi esistenti), velocizzavano i tempi e i ritmi del ciclo produttivo, evitavano i disagi organizzativi e l’utilizzo del tempo per lo svolgimento dell’attività di coordinamento e cooperazione, riducevano i costi per la formazione e l’informazione del personale”.
  • 44. Uso del DPI e sicurezza dei macchinari Cass. Pen. n. 7294/2010 “non vi è un automatismo tra la presenza di una dichiarazione di conformità CE del macchinario e l’esenzione di responsabilità del datore di lavoro, allorquando il vizio da cui deriva l’infortunio è tutt’altro che occulto o invisibile”.
  • 45. Uso del DPI e sicurezza dei macchinari Tribunale di Pinerolo (sentenza del 23 settembre 2010) Il caso: un dipendente, nell’utilizzare una macchina deputata allo schiacciamento di polpe da barbabietole esauste per la riduzione in farina, al fine di rimuovere dai rulli pietre che inceppavano il funzionamento, senza spegnere la macchina, rimuoveva lo sportello a protezione dei cilindri laminatoi e vi infilava la mano, venendo poi afferrato con conseguente trascinamento e schiacciamento dell’arto fra i cilindri.
  • 46. Tribunale di Pinerolo (sentenza del 23 settembre 2010) È stato accertato un omesso controllo e un’indifferenza rispetto allo stato della sicurezza del macchinario ed alle problematiche che erano state segnalate proprio dal dipendente infortunato, tali da integrare gli estremi di “una inaccettabile negligenza”.
  • 47. L’assenza di un Modello Organizzativo: Il Caso ThyssenKrupp: sentenza Corte di Assise Trib. Torino 15 aprile 2011 “La mancata adozione di tali modelli, in presenza dei presupposti oggettivi e soggettivi sopra indicati (reato commesso nell'interesse o vantaggio della società e posizione apicale dell'autore del reato) è sufficiente a costituire quella 'rimproverabilità' di cui alla relazione ministeriale al decreto legislativo e ad integrare la fattispecie sanzionatoria, costituita dall'omissione delle previste doverose cautele organizzative e gestionali idonee a prevenire talune tipologie criminose”.