SlideShare ist ein Scribd-Unternehmen logo
1 von 28
Downloaden Sie, um offline zu lesen
KIA TREND
Project work “KiA – Knowledge in Action”
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
A cura di:
Laura Bucceri
Francesco Casalini
Pier Francesco Evangelista
Filippo Fabbri
Francesca Gramigna
Francesco Ranalli
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
1
INDICE
Introduzione…………………………………………………………………………………………………2
Capitolo 1 Il Diversity Management
1.1 Diversity Management: origini storiche e sociali………………………………………………….. 3
1.2 Diversità come valore aggiunto…………………………………………………………………….. 3
1.3 La logica win-win……………………………………………………………………………………… 4
1.4 Gli strumenti del Diversity Management…………………………………………………………… 6
1.5 Breve indagine esplorativa sul Diversity Management…………………………………………… 7
1.6 Come cambia il mercato del lavoro italiano considerando le urgenze migratorie degli ultimi anni,
il ruolo chiave del Diversity Manager: Focus sui rifugiati……………………………………...……….8
Capitolo 2 Refugees
2.1 I processi di migrazione umanitaria negli ultimi anni…………………………………………... 10
2.2 Integrazione e Unione Europea…………………………………………………………………….. 12
2.3 Lo status di rifugiato in Italia…………………………………………………………………………. 13
2.4 Iniziative per l’inclusione lavorativa dei rifugiati in Italia………………………………………….. 14
2.5 Pratiche di valorizzazione dei rifugiati……………………………………………………………… 15
Capitolo 3 Diversity with refugees: dalla teoria alla pratica
3.1 L’app Mygrants……………………………………………………………………………………….. 17
3.2 Adecco e il Diversity Refugees……………………………………………………………………… 18
3.3 Intervista alla Dott.ssa Monia Dardi………………………………………………………………… 19
3.4 Case History: il caso Khaled………………………………………………………………………… 21
3.5 Seconda parte dell’indagine sui rifugiati……………………………………………………………. 21
Conclusioni………………………………………………………………………………………………… 23
Bibliografia e sitografia…………………………………………………………………………………….25
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
2
INTRODUZIONE
Esaminando il tema della diversità in relazione alla realtà aziendale ci siamo posti alcuni quesiti: che
cos’è il Diversity Management e come renderlo, trattandosi di una tematica astratta, concretamente
applicabile nella realtà lavorativa. La diversità è una parola che dà un’etichetta e toglie valore
diversamente dal concetto di inclusività interpretato come modus indispensabile di coinvolgimento
e partecipazione attiva di tutti i soggetti coinvolti. Ad oggi, il tema della diversità è di fondamentale
importanza in quanto il mondo è in continua evoluzione a causa di vari avvenimenti quali
globalizzazione, flussi migratori e internazionalizzazione dei mercati. Anche il contesto lavorativo sta
andando in tale direzione ed è proprio in questo ambito che si inserisce il tema del Diversity
Management. Un ambiente di lavoro inclusivo è tale quando ognuno riconosce la presenza di
diversità degli individui e del loro valore, ha rispetto della sensibilità e dei diritti altrui e sente di potersi
esprimere liberamente perché accettato e valorizzato. L’applicazione del Diversity Management ha
un vasto raggio di azione nel quale rientrano a pieno titolo tematiche quali parità dei sessi, differenze
etniche e religiose, disabilità e rifugiati. In particolare il tema dei rifugiati, oggetto di questo elaborato,
è estremamente attuale nella realtà aziendale mondiale. In un mondo ancora oggetto di guerre e
migrazioni di massa, i paesi in via di sviluppo stanno avendo un incremento di persone provenienti
da paesi caratterizzati da forte diseguaglianze economiche e con situazioni di guerra ed instabilità.
Tutto ciò è collegato con un filo diretto ad un insieme di politiche attuate dai governi nazionali e
dall’Unione Europea per far fronte, nella maniera più efficace possibile, alle problematiche legate
alla situazione attuale. Il Diversity Management si pone l’obiettivo di promuovere la valorizzazione e
l’inclusione di persone provenienti da paesi terzi, con storie ed usi differenti all’interno del luogo di
lavoro. L’elaborato si pone come obiettivo quello di spiegare cos’è il Diversity Management
attraverso un percorso storico e sociale, individuando i benefici che l’azienda può trarre
dall’introduzione dei rifugiati nel proprio organigramma. È stata effettuata una breve analisi della
logica win-win intesa come creazione di benefici sia per le diversità che per l’azienda e degli
strumenti utili per poter gestire le diversità all’interno dell’azienda. In seguito, ci siamo concentrati
sul tema dei flussi migratori e, in particolare, sulla figura del rifugiato inquadrandolo da un punto di
vista giuridico e com’è possibile, per l’Unione Europea, giungere ad una integrazione lavorativa di
questi soggetti. L’ultima parte del report si articola in tre interviste: la prima a Christian Richmond
Nzi, creatore dell’applicazione MyGrants con cui tenta di promuovere l’inserimento di migranti e dei
rifugiati nel mondo del lavoro; la seconda a Monica Magri, HR group Adecco, la quale ha fornito una
serie di informazioni riguardanti le modalità di inserimento, assunzione e integrazione di rifugiati. Per
concludere, l’intervista a Monia Dardi, Project Manager di Fondazione Adecco per le pari opportunità
la quale ci ha fornito un case history sul valore che un rifugiato può rappresentare per l’azienda.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
3
CAPITOLO 1: IL DIVERSITY MANAGEMENT
1.1 Diversity Management: origini storiche e sociali
Diversity Management è un termine esistente da qualche decennio, indica l’insieme di pratiche e
politiche che tendono a valorizzare le varie diversità (di genere, di etnia, di orientamento sessuale,
di abilità fisiche) in ambito lavorativo, supportando vari stili di vita e occupandosi delle diverse
esigenze1
. I cambiamenti demografici subiti dalla società, i cambiamenti dati alla forza lavoro,
l’aumento della differenziazione dei clienti e dei vari mercati, il nuovo modo di lavorare all’interno del
mondo aziendale, fanno in modo che esista una valorizzazione sempre più importante delle diversità
culturali espresse dalle Risorse Umane. La diversità è data dal modo di lavorare e dalle esigenze
differenti delle varie persone. Accogliere seguendo la visione del Diversity Management significa
identificare queste differenze per poterle poi coordinare in modo attivo, utilizzarle per aumentare la
competitività aziendale e di conseguenza le possibilità di avere successo. Il Diversity Management
è una progettazione di varie politiche di inclusione che presuppone un concetto diffuso di cultura; le
suddette si possono manifestare in vari modi ad esempio attraverso iniziative per l’assunzione di
soggetti disabili, l’adozione di forme di lavoro flessibile, corsi di formazione o ancora, attraverso
borse di studio per persone con alti potenziali di sviluppo. Il Diversity Management è considerato
come un cambiamento culturale e organizzativo che porta a creare un ambiente “inclusivo” nel quale
le diversità degli individui, e di conseguenza dei gruppi, non siano pretesto di discriminazione ma
punto di partenza per una maggiore attenzione e ascolto. L’organizzazione deve, quindi, entrare in
una visione culturale di cui poter trarre beneficio dalla valorizzazione di tutte le persone che possono
offrire un aiuto “unico”. Il Diversity Management si inserisce all’interno di un ambito più ampio, ovvero
quello che riguarda la responsabilità sociale delle Imprese. La gestione delle Risorse Umane è
l’implementazione di un contesto lavorativo e culturale organizzati in modo tale da poter valorizzare
le differenze2
. Il Diversity Management nasce alla fine degli anni ‘80 nelle grandi aziende americane,
le quali, trovandosi in un contesto con una popolazione multietnica, pensarono di poter valorizzare
il talento del loro personale, percependo per primi che un’azienda “multiculturale” possiede una
ricchezza potenziale, in termini di capitale umano, più elevata di una “monoculturale”. Il Diversity
Management si pone l’obiettivo di valorizzare le risorse umane presenti in azienda in modo che tutti
abbiano non solo le stesse opportunità, ma anche che i risultati ottenibili da queste siano maggiori
della somma delle singole parti. Investire sulle diversità, sia personali che culturali, porta benefici
anche sulla motivazione del singolo individuo, sul clima organizzativo aziendale e sulle possibilità di
successo dell’intera organizzazione.
1.2 Diversità come valore aggiunto
“Le persone sono diverse una dall’altra in molti modi: età, genere, scolarità, valori, aspetto fisico,
intelligenza, personalità, abilità, forza fisica, e il modo di approcciare il lavoro “ cit. Jamieson.
La diversità è un valore, sia la natura che la società ne sono ricche. Le differenze, soprattutto per la
società, sono intrinseche nel concetto di diversità, un importante punto di forza. Ogni ambiente,
anche in natura, estrae la sua energia dal mescolamento di percezioni, idee, punti di vista, pensieri
1
https://www.randstad.it/knowledge360/employer-branding/diversity-management-il-talento-non-ha-barriere/.
2
www.risorseumanehr.com.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
4
e differenti modi di lavorare. Fino a qualche decennio fa prevaleva l’idea indirizzata all’annullamento
delle diversità e delle differenze tra i lavoratori secondo un prototipo in cui il lavoratore coincideva
ad una persona sana, di pelle bianca e di sesso maschile. Di seguito i cambiamenti culturali, avvenuti
anche a causa della globalizzazione, dei flussi migratori, dell’inclusione delle donne e delle persone
con disabilità, dello sviluppo di nuove tecnologie, hanno indirizzato il mercato del lavoro
all’eterogeneità. Il rispetto nei confronti delle diversità e l’integrazione costituiscono fondamentali
punti di forza anche per quanto riguarda l’Employer Branding e di business: un ambiente nel quale
tutti si sentono a proprio agio e si possono sentire liberi di esternare la propria diversità. L’inclusione
delle diversità, inoltre, porta all’innovazione e al cambiamento dal momento che dà la possibilità di
poter conoscere diversi punti di vista3
. Le stesse strutture delle città sempre più multiculturali in cui
viviamo sono favorevoli alla vicinanza tra le differenti appartenenze di tipo territoriale, etnico,
culturale o religioso e vari sistemi di simboli e valori. Il Diversity Management si mostra come
un’azione articolata e trasversale che porta a realizzare ambienti di lavoro di maggiore confronto,
flessibilità, condivisione e cambiamento con il fine di realizzare l’empowerment di ogni individuo che
entra a fare parte del sistema aziendale. Praticare iniziative orientate al Diversity Management
significa avviare dei processi organizzativi e comunicativi che danno la possibilità di fare emergere
il potenziale cognitivo, relazionale e creativo intrinseco nel concetto di diversità riferita al genere,
all’origine etnica, all’età, alle abilità fisiche, all’orientamento sessuale e alle identità di genere. Il
concetto di Diversity Management si lega alle diverse strategie che le aziende muovono
volontariamente per modificare le caratteristiche dell’ambiente di lavoro attraverso il reclutamento,
l’inclusione e la promozione dei lavoratori che rispecchiano le tante diversità presenti nella società
e attraverso diretti interventi nell’organizzazione del lavoro. Il Diversity Management mette al centro
delle politiche aziendali le diversità in modo tale che sia possibile creare un ambiente di lavoro
redditizio in cui chiunque possa sentirsi avvantaggiato, un ambiente in cui tutti gli individui con i
propri talenti si sentano pienamente realizzati e in cui si possano perseguire obiettivi organizzativi.
Per questo motivo, un numero sempre maggiore di aziende promuove politiche di diversity; tante
aziende si sono trovate ad adottare politiche riguardanti la composizione della forza lavoro
fondamentalmente per tre motivi: motivi etici, hanno spinto a scegliere determinate politiche che
rendessero esplicita la responsabilità sociale dell’azienda e che mostrassero come le imprese
facciano proprie le convinzioni etiche presenti nella società; motivi normativi, hanno portato ad
adeguare le forme del proprio management e i comportamenti aziendali a quanto richiesto da un
insieme di norme in cambiamento sui temi dell’equità, delle uguali opportunità e della sostenibilità;
motivi economici, perché legati all’attesa di benefici che derivano dalla composizione della forza
lavoro 4
.
1.3 La logica win-win
Il Diversity Management presuppone che il successo dell’azienda non dipenda solo da fattori
tecnologici e dal capitale finanziario, ma anche dalla valorizzazione del capitale umano. In questo
modo il Diversity Management vede la risorsa umana non più come un numero o un costo per
l’azienda, ma come uno strumento strategico fondamentale per l’agire dell’impresa. La gestione della
diversità in azienda quindi porta, oltre che verso finalità competitive, a pensare a quella che viene
chiamata logica win-win (io vinco – tu vinci). Ma cosa significa esattamente win-win? Da dove nasce
3
https://www.exportiamo.it/settori/1088/diversity-management-come-valorizzare-le-differenze-in-azienda/.
4
a cura di M. Buemi, G. Guazzo, M. Conte, “Il diversity management per una crescita inclusiva. Strategie e
strumenti.”, FrancoAngeli Editore,2015.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
5
tale espressione? Il termine win-win indica una situazione in cui ci sono solo vincitori oppure una
qualsiasi cosa che non reca danno a nessuno dei coinvolti. Secondo l’economista Stephen Covey
la logica win-win, richiamando in particolar modo alla teoria dei giochi di John Nash, si applica non
solo nel contesto lavorativo ma anche nella vita quotidiana. Gli individui, infatti, ogni giorno si trovano
all’interno di un gioco dove ciascuno ha degli obiettivi da perseguire per raggiungere il proprio
benessere. L’interazione con gli altri, però, è come essere su una bilancia: se da una parte uno sale
dall’altra qualcun altro scende. Questo permette di raggiungere il massimo obiettivo ma non è la
soluzione migliore; il miglior risultato è far sì che la bilancia rimanga in equilibrio5
. Per Colley, invece,
si possono raggiungere molti più obiettivi se si impara a collaborare con gli altri mentre in caso di
conflitti bisogna raggiungere una soluzione che deve essere “la più equa per tutti”. In presenza di
conflitti di idee e di valori tra due o più persone siamo abituati a pensare che se uno vince l’altro
perde. Thomas Gordon, psicologo e scrittore americano, parlando proprio di logica win-win fa notare
come la gestione dei conflitti può portare non ad una logica win-lose, come detto prima, bensì ad
una soluzione efficace per tutti e due basandosi su rispetto, parità ed equilibrio. In particolare Gordon
delinea 6 fasi:
1) Identificazione e definizione del conflitto;
2) Emersione delle possibili soluzioni;
3) Valutazione delle soluzioni emerse;
4) Scelta della soluzione più conveniente;
5) Attuazione della decisione stabilendo ruoli, mansioni e tempi;
6) Revisione e rivalutazione della decisione anche cambiandola6
.
Sembra che questa logica sia la miglior soluzione per risolvere i conflitti ma, a dir la verità, non tutti
la pensano in questo modo. Molti vedono l’applicazione di questa logica come una partita a carte
scoperte dove si sa già, fin dall’inizio, di dover accettare un compromesso. Proprio per questo essere
disponibili ad essere cooperativi può generare una soluzione che sarà tutt’altro che cooperativa.
Pensare in termini di vantaggio competitivo è l’obiettivo della logica win-win cercando accordi
vantaggiosi per le parti, incoraggiare le relazioni e cercare insieme soluzioni per apportare maggiori
benefici per tutti. All’interno di un contesto aziendale la logica win-win prevede, oltre alla possibilità
di creare vantaggi in termini economici, anche una liberazione del potenziale e delle aspirazioni dei
singoli individui generando un coordinamento tra il perseguimento degli obiettivi da parte
dell’organizzazione e i bisogni dei singoli lavoratori. Quali sono i vantaggi che si possono riscontrare
nell’attuazione del Diversity Management? Il primo vantaggio va a favore del personale dell’azienda
che attua il Diversity Management e, in particolare, la logica win-win in quanto si registrano benefici
sia dal punto di vista dell’inserimento aziendale che in termini di risoluzione di tematiche sensibili.
Per quel che concerne il primo punto, vi è, infatti, la possibilità di ottenere avanzamenti di carriera
anche se si ricoprono posizioni poco qualificanti mentre il secondo riguarda la presenza di diversità
che, nello stesso contesto lavorativo, crea un valore aggiunto per tutte le persone coinvolte.
Attraverso semplicemente delle cene aziendali o eventi, i lavoratori si incontrano, si conoscono
meglio e danno vita a relazioni interpersonali sia dentro che fuori l’azienda. Anche gli stakeholders,
persone che hanno interesse affinché l’azienda possa essere competitiva, favoriscono l’interazione
con le diversità. Altro vantaggio riguarda la possibilità di veder riconosciute le proprie abilità ed i
propri meriti e, quindi, opportunità di sviluppo professionale. Molto più significativi sono i benefici che
ne trae l’azienda stessa dalla presenza di diversità al proprio interno il quale, attraverso un alto grado
5
https://www.a1life.it/2014/07/pensare-win-win/.
6
https://www.niederdorfitalia.info/gestione-dei-conflitti-2/.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
6
di coinvolgimento, avrà una più ampia partecipazione all’interno dell’organizzazione aziendale. Un
ruolo molto importante, nell’ambito organizzativo, viene svolto dai manager di alto livello che vedono
le diversità come una vera e propria risorsa all’interno dell’azienda stessa. La presenza di diversità
all’interno dell’azienda può portare anche vantaggi dal punto di vista del business. L’avere diversità
all’interno dell’organizzazione aziendale permette anche di avere stili di pensiero diversi che
possono generare innovazioni. Inoltre, come dimostrato da alcuni studi7
, l’azienda, tramite
l’attuazione del Diversity Management, può ottenere enormi vantaggi dal punto di vista della sua
reputazione. Ultimo ma non meno importante vantaggio è dato dall’attuazione della logica win-win
che può generare canali di riproduzione quali l’apertura di start-up da parte di ex personale di
aziende coinvolte nel Diversity Management, possibile apertura da parte degli ex fornitori e degli ex
clienti in una logica Business to Business con queste nuove start-up, forti stimoli e maggiore
coesione con le comunità locali e, infine, una buona relazione con i policy maker (attori pubblici
locali, e nazionali) per quel che riguarda l’attuazione di nuove normative sul tema del lavoro. Sono
quindi molti i possibili vantaggi che l’organizzazione, il territorio e gli stessi dipendenti possono
ottenere dall’attuazione del Diversity Management e dalla logica win-win. Non tutti i paesi, però,
hanno applicato tale logica e la strada sembra ancora molto lunga e piena di ostacoli.
1.4 Gli strumenti del Diversity Management
La gestione delle diversità pone le aziende davanti a delle scelte volte a favorire la libera espressione
del lavoratore8
. Le iniziative promosse dall’azienda per perseguire l’obiettivo del Diversity
Management sono di vari tipi, primo tra tutti il reclutamento. Sicuramente è molto più semplice
riprodurre una omogeneità della forza lavoro rispetto alla promozione dell’eterogeneità ma, non per
questo, i processi di recruiting sono molto semplici in quanto non si tiene conto della diversità ai fini
della selezione. Le ragioni dell’impiego di personale straniero, come si vedrà meglio
successivamente, sono varie: ad esempio il soddisfare offerte di lavoro dove vi è mancanza di
manodopera nazionale, mentre per la selezione di manager professionisti, si valuta la loro
esperienza internazionale. La fase di selezione è uno dei problemi principali per le persone straniere
e disabili. Qui la variabile etnica può assumere un valore molto forte ma, sostanzialmente, all’interno
delle aziende la selezione può avvenire ricorrendo a vari modi come, per esempio, le
raccomandazioni di altri dipendenti stranieri9
. Questo è un meccanismo poco formale che si tende
ad evitare per passare, quindi, a pratiche più tradizionali attingendo dai profili presenti nei database
aziendali. Terminata la selezione i lavoratori sono coinvolti in programmi di formazione atti ad
aumentare le competenze necessarie per creare un ambiente di lavoro inclusivo e basato sulla
valorizzazione delle diversità ma anche per aumentare le opportunità di sviluppo e le capacità di
contributo dei soggetti stessi. In particolare tali procedure si concretizzano in periodi di affiancamento
ad altri lavoratori oppure attraverso corsi base di formazione aventi oggetto vari temi (sicurezza sul
lavoro, lingua italiana, cultura aziendale ecc.). Altro strumento fondamentale del Diversity
Management concerne l’utilizzo di tecniche di valutazione in modo da perseguire obiettivi riguardanti
7
Una ricerca condotta da Focus Management ha mostrato come 3 italiani su 4 preferiscono acquistare
prodotti di aziende che portano avanti il tema del Diversity e Inclusion.
http://www.vita.it/it/article/2019/10/09/puntare-su-diversity-e-inclusion-fa-bene-anche-ai-conti-
aziendali/152904/.
8
A cura di M. Buemi, M. Conte, G. Guazzo, “Il Diversity Management per una crescita inclusiva – Strategie e
strumenti”, FrancoAngeli editore, 2015.
9
L.M. Visconti, “Diversity management e lavoratori migranti, linee guida per il caso Italia”, Egea, 2007.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
7
la gestione delle risorse umane. In questo ambito, molto importanti sono sia il management ma
anche la figura del coordinatore il quale, essendo un tramite tra la direzione e i lavoratori, compila
report riguardanti l’attività svolta dal lavoratore. Strumenti considerati critici ai fini del perseguimento
degli obiettivi sono i meccanismi motivazionali come incoraggiamenti, incentivi economici e il clima
interno. Tramite questi strumenti il Diversity Management cerca di creare un clima di
consapevolezza. Gli stessi mezzi di mentoring (percorsi di accompagnamento degli stranieri
all’interno dell’azienda in modo da porli in una situazione stabile sia individualmente che in gruppo)
e di networking (network aziendali basati su relazioni di conoscenza personale e fiducia) permettono
ai lavoratori contraddistinti da una diversità di poter partecipare e condividere esperienze con gli altri
individui all’interno dell’azienda. Un altro strumento utile alla gestione delle disuguaglianze riguarda
l’adozione di strumenti di comunicazione, interna ed esterna, in modo che l’azienda si faccia
conoscere e promuova all’esterno i temi connessi alla gestione delle diversità. Infine, i manager
aziendali possono porre in essere iniziative di welfare aziendale, uno strumento di forte crescita e
competitività. Con questo termine si vuole indicare una serie di iniziative poste dall’azienda dove a
beneficiarne sono i dipendenti i quali entrano in condizione di lavorare al massimo delle loro
potenzialità. Grazie a questi interventi le aziende posso avere numerosi vantaggi in termini di clima
interno, maggiore motivazione dei dipendenti e un maggior senso di appartenenza all’azienda da
parte dei lavoratori, aumento della qualità della vita dei dipendenti (grazie all’introduzione di buoni
pasto, creazione di asili nido aziendali, campus estivi per i figli, salute e tempo libero)10
. La logica
qui è di passare dal vecchio welfare state, dove era solo lo stato ad erogare servizi per il benessere
dei cittadini, ad un welfare mix, dove anche le aziende erogano tali servizi per il bene dei propri
lavoratori11
.
1.5 Breve indagine esplorativa sul Diversity Management
Per capire la situazione attuale, abbiamo deciso di compiere una breve indagine tramite il nostro
Network di amicizie e conoscenze che comprendono studenti e professionisti che lavorano in
organizzazioni di vario genere. L’indagine è stata caricata online sui canali social come Linkedin e
Facebook, ricevendo 187 risposte. Prima di entrare nello specifico della materia in questione, si è
deciso di indagare il background degli intervistati, chiedendo sesso, età e professione. Per quanto
riguarda il sesso, le donne che hanno partecipato sono 86 (45,3%) mentre i restanti 104 (54,7%)
sono uomini. La fascia d’età che ha maggiormente partecipato va dai 18 ai 29 anni (53,7%). Riguardo
alla professione 92 persone (48,4%) erano lavoratori e lavoratrici, 75 erano studenti (39,5%), i
restanti erano in cerca di occupazione e pensionati. Per addentrarci nel tema, abbiamo posto la
domanda “Hai mai sentito parlare di Diversity Management?”; le risposte hanno delineato che il
64,4% non ha mai sentito parlare di questa tematica. Questo evidenzia una scarsa conoscenza di
questo tema.
10
https://www.idealavoro.it/project/benefici-del-welfare-aziendale/.
11
L.M. Visconti, “Diversity management e lavoratori migranti, linee guida per il caso Italia”, Egea, 2007.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
8
1.6 Come cambia il mercato del lavoro italiano considerando le urgenze migratorie degli
ultimi anni, il ruolo chiave del Diversity Manager: Focus sui rifugiati
Il tema del cambiamento del mercato del lavoro è delicato e oggetto di dibattiti politici da anni. Un
ruolo rilevante lo potrebbe giocare Il Diversity Management e le politiche inclusive aziendali. Queste
sono rivolte alla gestione delle risorse umane, e finalizzate alla valorizzazione e inclusione delle
differenze cui ciascun individuo promuove come portatore di valore all’interno dell’organizzazione.
Prima di concentrarci sullo status di rifugiato parliamo, innanzitutto, delle urgenze migratorie in Italia
portando qualche numero per avere una visione di insieme. Dalle fonti statistiche Istat12
agli inizi del
2019 la popolazione di origine straniera, regolarmente residente sul territorio italiano, ha superato i
5 milioni di persone (5.255.503). L'immigrazione contemporanea che coinvolge l'Italia è
caratterizzata da una popolazione di uomini e donne in larga parte di giovane età con differenti origini
nazionali, comunitarie e non. Sul totale dei 5 milioni di residenti con origini straniere quasi 3,5 milioni
sono contribuenti, con una stima di sostegno al PIL italiano di circa 125 miliardi di euro. Nel confronto
tra spesa pubblica in entrata e in uscita, in tema di immigrazione il saldo risulta positivo: 16,5 miliardi
di contributi e di gettito fiscale contro i 12,6 miliardi del costo dei servizi e delle spese ministeriali a
loro destinate. Tutto questo dimostra oggettivamente quanto l'immigrazione costituisca una risorsa
per la crescita economica del Paese, soprattutto se si tiene in conto anche l'attuale progressivo
processo di invecchiamento demografico nazionale e le conseguenti future ripercussioni sul mercato
del lavoro. In gran parte i lavoratori immigrati ricoprono ruoli generalmente di basso livello e
tendenzialmente dequalificati, talvolta anche rispetto alla loro alta formazione. Secondo i risultati
degli studi relativi al tema, emerge però che i casi di attivazione di politiche di Diversity Management
appaiono orientate quasi esclusivamente verso due destinatari: donne e disabili. Riprendendo i dati
dell'indagine svolta nel 2014 per volere della Commissione Europea13
, in riferimento alla realtà
italiana il dato che più risalta sugli altri dimostra che l'obiettivo delle attività rivolte alla valorizzazione
delle diversità riguarda per il 65% la questione della parità tra generi. Al secondo posto, a distanza
dal primo, immaginando una classifica dei temi di maggiore interesse nell'ambito delle diversità,
compare il 24% relativo alla disabilità. Fanalini di coda sono la discriminazione in base alle origini
culturali (10%), all'orientamento sessuale (7%) e al credo religioso e alle opinioni personali (2%). I
dati segnano un evidente direzione delle politiche di Diversity Management che sembrano non tener
conto delle urgenze migratorie, specialmente per quel che riguarda i rifugiati. Questo succede anche
12
Fonte ISTAT 2019.
13
Note: I dati relativi al contributo economico della forza lavoro straniera derivano dagli atti del convegno di
presentazione a Roma, il 22 ottobre 2015, del Rapporto annuale sull'economia dell'immigrazione. Stranieri in
Italia attori dello sviluppo (Edizione 2015), prodotto della Fondazione Leone Moressa.
http://www.fondazioneleonemoressa.org/newsite/wp-content/uploads/2015/11/Atti- convegno_Rapporto-
20151.pdf. Agg. 07.2016.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
9
perché è necessario garantire ai datori di lavoro sufficienti certezze in ambito legale al momento
dell’assunzione di un rifugiato all’interno dell’azienda. Non esiste solo la difficoltà derivante dal
condizionamento che i differenti status legali possono determinare in relazione all’accesso al lavoro,
ma anche quella legata alla durata del soggiorno nel Paese di accoglienza dei richiedenti asilo,
rifugiati e altri beneficiari di protezione internazionale, che può determinare ulteriori incertezze in
relazione alla possibilità di assumerli. Se da un lato, di norma, i rifugiati sono titolari di uno status
legale certo, dall’altro tale status, in alcuni paesi, può essere soggetto a rinnovo dopo alcuni anni.
Inoltre, beneficiari di altro tipo di protezione internazionale potrebbero avere uno status più precario
che potrebbe porre maggiori incertezze sulla rinnovabilità del permesso ed essere limitato ad un
anno. Inoltre, un cambiamento delle politiche in vigore nel Paese di accoglienza, eventualità fuori
dal controllo dei datori di lavoro, potrebbe alterare le condizioni in base alle quali i rifugiati possono
soggiornare e, di conseguenza, lavorare. Tale incertezza potrebbe scoraggiare i datori di lavoro
nell’assumere persone con un permesso temporaneo e ad investire nel miglioramento delle loro
competenze e nella formazione. In pratica, uno status giuridico che non garantisce certezze può
condizionare fortemente le possibilità di accedere al mercato del lavoro dei rifugiati e di altri
beneficiari di protezione internazionale14
. Lo stesso vale per l’istruzione e la formazione
professionale previste dal contratto di apprendistato, che in molti paesi rappresenta un valido canale
per conseguire un impiego duraturo per i rifugiati e altri beneficiari di protezione internazionale.
Tuttavia, considerato che la formazione durante l’apprendistato può richiedere fino a tre anni,
ammettere richiedenti asilo, rifugiati o altri beneficiari di protezione internazionale con uno status
giuridico precario pone seri rischi per i datori di lavoro. Alla luce di ciò, i beneficiari stessi di
protezione internazionale potrebbero essere meno inclini ad impegnarsi appieno nell’apprendimento
della lingua del paese di accoglienza, frequentare un corso di formazione di lunga durata, o acquisire
altre competenze utili per un determinato paese, se non vi sono certezze rispetto alle prospettive di
poter trattenersi. È necessario garantire il soggiorno regolare durante il periodo di istruzione e
formazione professionale. Questo è il principale motivo per cui le politiche di Diversity Management
hanno difficoltà a investire nel rifugiato. Le azioni proposte per ovviare al problema si distinguono in
base ai soggetti di riferimento.
Per le autorità pubbliche e i servizi per l’impiego:
• Considerare l’impatto potenzialmente negativo sul mercato del lavoro del rilascio di permessi
di soggiorno rinnovabili per i rifugiati e di permessi di minore durata per i beneficiari di altri
tipi di protezione internazionale;
• Mitigare il rischio che le imprese corrono investendo nella formazione professionale di
richiedenti asilo e beneficiari di protezione internazionale con uno status giuridico precario o
di durata limitata, prevedendo meccanismi che possano garantire la certezza della legalità
del soggiorno durante il periodo di formazione.
Per le associazioni datoriali:
• Informare i datori di lavoro sui diritti di cui godono i richiedenti asilo e i beneficiari di protezione
internazionale;
• Informare e sensibilizzare i governi su come l’incertezza giuridica rappresenti uno dei
principali ostacoli all’assunzione e agli investimenti per la formazione dei beneficiari di
protezione internazionale da parte delle aziende.
14
https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2019/09/OECD-UNHCR-Action-Plans.pdf
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
10
Per le organizzazioni della società civile:
• Assistere rifugiati e imprese fornendo loro informazioni sui diritti del lavoro.
CAPITOLO 2: REFUGEES
2.1 I processi di migrazione umanitaria negli ultimi anni
Fin dall’antichità, la storia umana è stata caratterizzata da picchi di grande migrazione di massa. Il
XXI secolo ha segnato l’inizio di un’altra grande ondata di migrazioni forzate con milioni di persone
che si muovono15
. Inoltre negli ultimi anni, alla luce dei recenti flussi migratori via via caratterizzati
da una quota sempre maggiore di ingressi relativi al canale umanitario, è emersa una letteratura
empirica che guarda alla distinzione tra i migranti economici, cioè quelli arrivati per motivi di lavoro,
famiglia o studio, e quelli entrati per motivi umanitari, ovvero i rifugiati e i richiedenti asilo16
. La causa
principale delle migrazioni forzate è costituita da situazioni di guerra e di instabilità oltre che all’acuirsi
e cronicizzarsi di alcune di queste situazioni. Tali situazioni, se inizialmente possono provocare
migrazioni interne al paese per la ricerca di zone più sicure, col permanere della situazione generano
migrazioni verso l’esterno. Se la causa principale delle migrazioni forzate è costituita da situazioni
di guerra e di instabilità, vi sono però altri fattori che agiscono spesso in concomitanza con tale
motivazione, quali:
• disuguaglianze economiche (nel 2017, l’1,75% della popolazione usufruisce del 56% del reddito
mondiale, mentre il 37% della popolazione vive in condizioni di povertà);
• disuguaglianze nell’accesso al cibo (secondo i dati della FAO, ogni anno si sprecano nel mondo
1,3 miliardi di tonnellate di prodotti alimentari mentre si stima che 795 milioni di persone soffrono
la fame);
• disuguaglianze nell’accesso all’acqua; nonostante l’Assemblea generale dell’ONU abbia
riconosciuto l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico sanitari un diritto umano
fondamentale, la mappa della distribuzione dell’acqua potabile nel mondo mostra una evidente
disuguaglianza e una mancanza di accesso all’acqua potabile che colpisce più che altro le
popolazioni delle aree rurali più povere del mondo sono quelle più colpite15
.
Le migrazioni dovute ai cambiamenti climatici sono già in atto da ormai qualche anno, ma hanno
avuto poco spazio nel dibattito pubblico, strette e sovrapposte come spesso sono ad altre migrazioni.
Secondo la Banca Mondiale, entro il 2050, fino a 143 milioni di persone che attualmente vivono nei
paesi dell’Africa subsahariana, dell’Asia meridionale e dell’America Latina, potrebbero infatti essere
costrette a muoversi all’interno dei propri paesi, fuggendo dalle aree meno vitali con minore
disponibilità idrica e produttività delle colture o da zone che saranno colpite dall’innalzamento del
livello del mare e dalle mareggiate17
. Si fugge dal fenomeno del “Land Grabbing”. Tanti Paesi,
direttamente o attraverso fondi di investimento privati, comprano (o affittano a lungo termine) terre
15
https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2017/10/Rapporto_2017_web.pdf.
16
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2017-.
17
https://openmigration.org/analisi/migranti-e-cambiamenti-climatici-chi-migra-perche-e-come-intervenire-per-
porvi-rimedio/.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
11
assolate e produttive più che altro in Africa (dove si stima ci sia circa il 70% delle terre interessate
dal fenomeno) per garantirsi il cibo ma così facendo cambiano il territorio convertendo le produzioni
in monoculture utili per la vendita nei loro Paesi di origine ma che non servono a nutrire il Paese in
cui si trovano. Si fugge anche dalla instabilità creata dagli attentati terroristici. Secondo il rapporto
Global Terrorism Index 2016, la geografia del terrore si concentra maggiormente in 5 Paesi, che da
soli arrivano al 72% delle vittime totali: Iraq, Afghanistan, Nigeria, Siria e Yemen. Il complesso delle
cause sopra esposte ha generato un numero molto elevato e crescente nel tempo di spostamenti
forzati delle popolazioni colpite da simili tensioni e disuguaglianze: nel 2016, nel mondo, 65,6 milioni
di persone sono migrate dai loro luoghi di residenza, di questi 22,5 milioni erano rifugiati e 2,8 milioni
richiedenti asilo15
mentre a fine 2018 erano 70,8 milioni le persone migrate forzatamente di cui 25,9
rifugiati e 3,5 milioni di richiedenti asilo. Complessivamente, oltre i due terzi di tutti i rifugiati nel
mondo provengono da soli cinque paesi: Siria, Afghanistan, Sudan, Myanmar e Somalia18
mentre
sono le regioni in via di sviluppo quelle che continuano a sostenere la responsabilità maggiore in
termini di accoglienza di persone rifugiate in modo sproporzionato rispetto ad altre regioni. Secondo
la classificazione della Divisione Statistica delle Nazioni Unite, nove dei primi 10 Paesi d’asilo al
mondo si trovano in regioni in via di sviluppo. Tre di questi (Repubblica Democratica del Congo,
Etiopia e Uganda) rientrano nella categoria dei Paesi meno sviluppati e soffrono pertanto di problemi
strutturali che impediscono loro uno sviluppo sostenibile, a cui si aggiungono le difficolta di gestire
un flusso significativo di rifugiati19
. Al di là delle direzioni e dei numeri, un dato è chiaro e consistente:
le migrazioni forzate di massa sono un fatto che riguarda soprattutto il Sud del mondo, sia come
paese di origine che come destinazione (l’85% dei migranti trova rifugio in un paese del Sud limitrofo
a quello di partenza). È anche vero che i flussi, le rotte e gli andamenti delle migrazioni dipendono
molto dalle decisioni politiche, dalle leggi di riferimento applicate a livello internazionale e nei paesi
di destinazione e da accordi stipulati tra i paesi20
. Spostando l’attenzione sulle rotte che portano i
migranti dall’Asia e dall’Africa in Europa, nel 2018 il numero di arrivi irregolari in Europa - per via
terrestre e marittima - è diminuito del 95% rispetto all'estate del 2015, dato nettamente in
controtendenza rispetto ai dati a livello mondiale. Gli andamenti dei flussi di viaggi attraverso il
Mediterraneo, in particolare sulla rotta del Mediterraneo centrale e orientale, hanno risentito molto
anche dagli accordi presi con i governi di Turchia e Libia, entrambe nazioni cui è stato attribuito il
ruolo del gatekeeper, e cioè del guardiano al di fuori dei territori europei. Nel primo caso, a seguito
dell’accordo con la Turchia siglato dall’UE nel marzo 2016, in cambio di aiuti economici pari a oltre
3 miliardi di euro la rotta attraverso la Grecia è stata quasi del tutto chiusa (riduzione del 94% del
flusso). Un andamento simile è risultato dall’accordo tra Italia e Libia, stipulato dal governo italiano
nei primi mesi del 2017, che ha portato a una netta diminuzione dei viaggi verso la Sicilia e il Sud
Italia, andamento confermato anche dai flussi dell’estate 2018 e 201921
.
2.2 Integrazione e Unione Europea
Negli ultimi anni gli Stati membri dell'Unione Europea hanno vissuto un aumento dei flussi migratori
senza precedenti. Migliaia di persone, provenienti in gran parte dal continente africano, hanno
cercato rifugio e protezione in Europa per via delle guerre e della povertà presenti nei loro paesi
18
https://www.unhcr.org/globaltrends2018/.
19
https://www.unhcr.org/europe-emergency.html.
20
https://www.focus.it/comportamento/economia/la-geografia-delle-migrazioni.
21
http://www.vita.it/it/article/2019/02/14/dal-2015-al-2018-ecco-come-sono-cambiate-le-migrazioni-verso-
leuropa/150681/.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
12
d'origine. Tale problematica ha posto la necessità urgente di una politica comune europea per
effettuare una efficace integrazione e inclusione dei rifugiati arrivati in Europa, in particolare in ambito
lavorativo22
. Difatti il lavoro, nel suo aspetto simbolico e materiale, è uno degli ambiti decisivi su cui
puntare per favorire l’integrazione. Oltre al valore meramente economico, legato alla sussistenza, il
lavoro innesca dinamiche positive sia a livello individuale che di comunità. Essere inseriti in un
contesto lavorativo permette alle persone di apprendere più velocemente la lingua, le abitudini e le
regole sia implicite che esplicite del luogo in cui si trovano23
. È possibile però raggiungere un’efficace
integrazione dei rifugiati nel mercato del lavoro solo tramite gli sforzi congiunti di tutte le parti
interessate: vale a dire i datori di lavoro e le relative associazioni, i sindacati, le organizzazioni
rilevanti della società civile e i rifugiati stessi. I datori di lavoro possono infatti offrire opportunità ai
rifugiati proponendo tirocini, formazione sul lavoro e, infine, un contratto di lavoro; le camere di
commercio e le associazioni datoriali possono aiutare le parti interessate a orientarsi all’interno del
quadro giuridico; i sindacati, insieme alle imprese, possono impegnarsi per creare un ambiente di
lavoro accogliente per i rifugiati e garantire che i loro diritti e doveri di dipendenti siano rispettati; la
società civile può, infine, facilitare la migliore corrispondenza fra domanda e offerta di lavoro e la
formazione di tutte le parti coinvolte24
. Per favorire tale processo l'Unione Europea negli ultimi anni
ha vagliato diverse misure ad hoc che coinvolgono le istituzioni dell'UE, gli stati membri, le autorità
locali e le parti sociali e organizzative della società civile. Per quanto riguarda il mercato del lavoro
e la formazione professionale l'UE si è fatta promotrice di quattro azioni concrete:
• Promuovere l'inserimento dei rifugiati nel mercato del lavoro e la formazione professionale
dei rifugiati;
• Promuovere la condivisione di pratiche sull'integrazione nel mercato del lavoro attraverso
programmi e fondi esistenti;
• Rafforzare le capacità dei comuni e degli enti locali sulle pratiche dell'integrazione e
accoglienza dei rifugiati, con particolare attenzione al mercato del lavoro;
• Individuazione delle migliori pratiche per promuovere e sostenere l'imprenditorialità dei
migranti e finanziare progetti per la loro diffusione25
.
In relazione all’intervento UE su tema in questione, è di particolare importanza il "Partenariato
europeo per l'integrazione", tale documento fu sottoscritto il 20 Dicembre 2017 tra la Commissione
europea e le parti economiche e sociali dell'UE (CES, BusinessEurope, UAPME, CEEP e
Eurochambers). L'obiettivo del Partenariato è quello di fissare i principi fondamentali e gli impegni,
volti a rafforzare le opportunità di integrazione nel mercato del lavoro dei rifugiati che soggiornano
legalmente nell'UE. In particolare, tra gli impegni assunti dalle parti economiche e sociali, si annovera
l'organizzazione di programmi di tutoraggio per integrare i rifugiati nei luoghi di lavoro, la valutazione
e la documentazione delle competenze e delle qualifiche, la promozione della collaborazione tra i
propri membri e le autorità pubbliche a tutti gli opportuni livelli. La Commissione Europea si impegna
22
http://migrempower.eu/resources/transnational-report/italy/Transnational_Report(Italian).pdf.
23
https://www.refworld.org/cgi-bin/texis/vtx/rwmain/opendocpdf.pdf?reldoc=y&docid=5513d0e14.
24
https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2019/09/OECD-UNHCR-Action-Plans.pdf .
25
http://migrempower.eu/resources/transnational-report/italy/Transnational_Report(Italian).pdf.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
13
invece a promuovere sinergie grazie ai fondi UE e assicurare il coordinamento con altre iniziative
analoghe a livello europeo26
.
2.3 Lo status di rifugiato in Italia
Lo straniero, perseguitato nel suo paese di origine, può avere asilo e protezione sul nostro territorio
con il riconoscimento dello status di rifugiato. Tale diritto è garantito dall’art.10 comma 3 della
Costituzione: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà
democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica,
secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Nello specifico, il rifugiato è un cittadino straniero il quale,
per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza
ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha
la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese.
Può trattarsi anche di un apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la
dimora abituale e, per le stesse ragioni, non può o non vuole farvi ritorno27
. Il cittadino straniero può
entrare in Italia se è in grado di documentare il motivo e le condizioni del soggiorno, oltre alla
disponibilità di mezzi sia per mantenersi durante il soggiorno che per rientrare nel Paese di
provenienza tranne i casi di ingresso per motivi di lavoro. Non è ammesso in Italia chi non soddisfa
questi requisiti, o è considerato una minaccia per la sicurezza nazionale o di uno dei Paesi con cui
l'Italia ha siglato accordi per la libera circolazione delle persone tra le frontiere interne. Per entrare
in modo regolare in Italia è necessario il passaporto o altro documento di viaggio e il visto di ingresso
(per visita e/o turismo, per lavoro, per studio e/o ricerca, per famiglia, ecc.), che va richiesto
all'ambasciata o ai consolati italiani nel Paese d'origine o di residenza stabile del cittadino straniero
extracomunitario. L'ingresso in Italia è consentito con visti per soggiorni di breve durata, validi fino a
3 mesi, e per soggiorni di lunga durata che comportano la concessione di un permesso di soggiorno
(di lunga durata) con motivazione identica a quella del visto28
. Una volta che le Commissioni
Territoriali hanno riconosciuto la sussistenza dello status di rifugiato il cittadino straniero può godere
di un importante pacchetto di diritti previsti dalla Convenzione di Ginevra (1951):
• accesso al lavoro;
• diritto al ricongiungimento familiare;
• diritto all’assistenza sociale;
• diritto all’assistenza sanitaria;
• diritto a richiedere un documento di viaggio equipollente al passaporto;
• diritto all’istruzione pubblica;
• diritto di circolare liberamente all’interno del territorio dell’Unione Europea (esclusi
Danimarca e Gran Bretagna) senza alcun visto, per un periodo non superiore a 3 mesi;
• diritto a chiedere la cittadinanza italiana dopo 5 anni di residenza in Italia;
• diritto al matrimonio;
• diritto a partecipare all’assegnazione degli alloggi pubblici;
25
https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_17_5352.
26
https://www.interno.gov.it/it/temi/immigrazione-e-asilo/protezione-internazionale.
28
interno.gov.it/it/temi/immigrazione-e-asilo/modalita-dingresso.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
14
• diritto al rilascio della patente di guida29
.
Il 27 Novembre 2018 con l'approvazione del ddl 840/2018, il cosiddetto decreto sicurezza e
immigrazione, la legislazione su tale tema ha subito varie modifiche: il punto principale del decreto
è la cancellazione dei permessi di soggiorno umanitari, una delle tre forme di protezione che
potevano essere accordate ai richiedenti asilo (insieme all’asilo politico vero e proprio e alla
protezione sussidiaria). La protezione umanitaria durava per due anni e dava accesso al lavoro e
alle prestazioni sociali. Al suo posto il decreto introduce una serie di permessi speciali (per
protezione sociale, per ragioni di salute, per calamità naturale nel paese d’origine) della durata
massima di un anno. Altro punto importante è l’ampliamento della lista dei reati che comportano il
ritiro della protezione internazionale (come ad esempio omicidio o gravi reati di droga) che,
dall’approvazione del decreto, è passata a includere anche minaccia o violenza a pubblico ufficiale,
lesioni personali gravi e gravissime, pratiche di mutilazione dei genitali femminili, furto aggravato,
furto in abitazione e furto con strappo. Inoltre, lo status di protezione internazionale, riferito a tutte le
forme di protezione, viene ritirato se il rifugiato ritorna, anche temporaneamente, nel suo paese
d’origine.
2.4 Iniziative per l’inclusione lavorativa dei rifugiati in Italia
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha deciso di assegnare, a partire
dal 2017, un riconoscimento alle aziende, cooperative e organizzazioni che in Italia si impegnano
per favorire i processi d’integrazione lavorativa dei beneficiari di protezione internazionale attraverso
il conferimento, ogni anno, di un logo, denominato “Welcome. Working for refugee integration”, che
le aziende possono utilizzare nella loro comunicazione. La seconda edizione del premio Welcome.
Working for refugee integration è stata caratterizzata da una partecipazione in crescita, entusiasta
e prestigiosa, a riprova del forte impegno del settore privato nel promuovere l’inclusione sociale dei
rifugiati; a questa edizione hanno partecipato 75 aziende di ogni dimensione operanti nei settori più
vari. In particolare le grandi aziende hanno favorito un impiego più qualificato, dimostrando inoltre di
perseguire percorsi di inserimento lavorativo che vadano oltre il processo di assunzione. Il progetto,
sostenuto dal Ministero del Lavoro, Ministero degli Interni e Confindustria, prevede che il logo venga
assegnato alle imprese che, in base alle proprie possibilità, si siano distinte per aver effettuato nuove
assunzioni di beneficiari di protezione internazionale, o comunque abbiano favorito il loro concreto
inserimento sociale e lavorativo, anche attraverso efficaci programmi di tirocinio e/o programmi
innovativi e qualificati di formazione ed alle imprese che abbiano incoraggiato la nascita di attività di
autoimpiego. A partire dalla edizione 2019, l’UNHCR intende valorizzare anche il ruolo di tutte quelle
realtà che, a diverso titolo, sono impegnate nel favorire l’inclusione nel mercato del lavoro dei
richiedenti e beneficiari di protezione internazionale conferendo, su base annuale, il logo “We
Welcome” a cooperative, associazioni ed altri enti pubblici e privati che promuovono l’inserimento
lavorativo dei beneficiari di protezione internazionale. Sia il logo “Welcome. Working for refugee
integration” che il logo “We Welcome” vengono assegnati sulla base dell’insindacabile valutazione
di un Comitato di Valutazione appositamente creato, costituito, tra gli altri, da rappresentanti del
Ministero del Lavoro, Confindustria, Global Compact Network Italia e Sole 24 ore.
Complessivamente, dal 2017, 120 aziende sono state premiate per aver favorito l’inserimento
29
https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2017/01/Convenzione-di-Ginevra-del-1951_.pdf.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
15
lavorativo di 1.200 rifugiati, ampliando l’orizzonte della loro responsabilità sociale30
. Un’altra iniziativa
è quella avviata nel 2015, quando alla luce del numero senza precedenti di rifugiati e richiedenti
asilo che arrivano nell'UE, i ministri della cultura nazionali hanno concordato di creare un nuovo
gruppo di coordinamento politico sul dialogo interculturale31
, concentrandosi sull'integrazione di
migranti e rifugiati nelle società attraverso l'arte e la cultura. Diversi progetti di integrazione sono
stati sostenuti, come riportato nel European Web Site on Integration, oltre a 400 good practices32
relative al dialogo interculturale, alle attività culturali e alla diversità33
. Tra i progetti in Italia, partiti
nel 2019 ed ancora ongoing, ci sono il progetto HUMUS, Modello innovativo per l'impiego etico dei
richiedenti asilo in Piemonte34
e il progetto Integrating in Val Camonica35
, mentre tra i progetti meno
recenti, c’è il progetto ANABASI – Labour market integration in the industrial sector che, partito nel
2016 in Piemonte, dopo un anno aveva permesso a 43 candidati su 80 di avere una formazione
professionale certificata e di entrare nel mondo del lavoro. Questo progetto ha ricevuto nel 2017 il
logo Welcome. Working for refugee integration36
. A favorire l’inclusione lavorativa dei rifugiati in
Italia, in particolare ai livelli di alto impego, è anche l’iniziativa avviata per l’A.A. 2016/2017 in
attuazione della risoluzione del Parlamento europeo del 26 novembre 2015. Il Ministero dell’Interno
e la Conferenza dei rettori delle Università Italiane hanno sottoscritto Protocolli d’Intesa per
sostenere il diritto allo studio di studenti meritevoli, titolari di protezione internazionale. Più di venti
sono state le Università Italiane coinvolte e distribuite in tutta Italia. Nel primo primo anno sono state
presentate 236 domande con un ampio ventaglio dei paesi di provenienza (Afghanistan, Camerun,
Eritrea, Etiopia, Gambia, Iran, Iraq, Mali, Nigeria, Pakistan, Palestina, Siria, Somalia, Togo, Turchia
e Yemen del Sud) ma solo il 15% di coloro che hanno aderito al bando erano donne. Anche per gli
anni accademici successivi sono state messe a disposizione 100 borse di studio per rifugiati37
.
2.5 Pratiche di valorizzazione dei rifugiati
Quando si analizzano i risvolti occupazionali è importante operare una separazione tra migranti
economici e richiedenti asilo. Infatti, queste due tipologie di stranieri possono avere caratteristiche
latenti diverse, sentieri occupazionali differenti e un diverso impatto sui mercati del lavoro nazionali.
Sono almeno due le ragioni per cui le performance nel mercato del lavoro possono risultare differenti:
la prima è che mentre i migranti per motivi economici, per definizione, scelgono il paese di
destinazione massimizzando le possibilità occupazionali, la funzione obiettivo dei richiedenti asilo è
invece quella di mettere in sicurezza la propria vita e quella dei familiari; le considerazioni di tipo
economico, per questa tipologia di stranieri, risultano quindi secondarie. La seconda riguarda il
contesto istituzionale: a differenza dei migranti per motivi economici, per i quali generalmente non
esistono barriere dopo l’ingresso nel paese ospitante, la performance occupazionale dei rifugiati e
dei richiedenti asilo può essere penalizzata da limitazioni normative che ne ostacolano la
partecipazione al mercato del lavoro. Questi vincoli possono diminuire nel breve periodo il contributo
30
https://www.unhcr.it/progetto-welcome.
31
http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-13646-2015-REV-1/it/pdf.
32
https://ec.europa.eu/culture/policy/strategic-framework/intercultural-dialogue_en.
33
https://ec.europa.eu/migrant-integration.
34
https://ec.europa.eu/migrant-integration/intpract/humus-innovative-model-for-the-ethical-employment-of-
asylum-seekers.
35
https://ec.europa.eu/migrant-integration/intpract/integrating-in-val-camonica-italy.
36
https://ec.europa.eu/migrant-integration/intpract/anabasi-labour-market-integration-in-the-industrial-sector.
37
https://www.interno.gov.it/it/notizie/100-borse-studio-studenti-protezione-internazionale.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
16
dei richiedenti asilo all’economia dei paesi ospitanti rispetto a quello apportato dalle altre tipologie di
stranieri con conseguente ritardo nel processo di inclusione e valorizzazione16
. Da anni l’UE sostiene
le politiche in materia di integrazione degli Stati membri attraverso le sue direttive per garantire parità
di accesso al mercato del lavoro e facilitare l'accesso all'occupazione una volta concesso lo status
di beneficiario della protezione; attraverso la definizione di veri e propri Piani di Azione per
l’integrazione dei cittadini di paesi terzi, finanziando iniziative a sostegno dell’inclusione nel mercato
del lavoro (attraverso il Fondo Sociale Europeo-FSE) e misure preparatorie all’accesso nel mercato
del lavoro (attraverso il Fondo Asilo – AMIF), numerosi Stati membri hanno elaborato, a seconda del
contesto nazionale, politiche proprie in materia di integrazione. Per il periodo 2014-2020 l'UE ha
aumentato del 70% i finanziamenti disponibili nel quadro del Fondo Asilo, migrazione e integrazione
(AMIF) e del Fondo Sicurezza interna (ISF), e quelli destinati alle agenzie dell'UE competenti a
sostenere gli Stati membri nei loro sforzi riguardo a gestione di frontiere e migrazione. Per il periodo
2014-2016 questo ha contribuito a fornire assistenza a 814 000 richiedenti asilo nell'Unione europea,
sostenendo l'integrazione di 1 915 000 cittadini di paesi terzi e facilitando il rimpatrio di 83 500
persone38
. Tuttavia, nella maggior parte degli Stati membri, i tassi di occupazione dei cittadini di
paesi terzi restano inferiori alla media registrata nel paese ospitante. Molti cittadini di paesi stranieri
possiedono competenze superiori rispetto l'impiego trovato: oltre il 40% dei lavoratori provenienti da
questi paesi in possesso di un titolo di studio superiore svolge occupazioni di livello medio o basso,
a differenza del 20% dei cittadini del paese di accoglienza. I tassi di occupazione e di attività registrati
per le donne tendono ad essere particolarmente bassi: nel 2014 meno della metà della popolazione
femminile proveniente da paesi terzi era attiva, oltre il 16% in meno rispetto al tasso di occupazione
delle donne cittadine dell'UE. È, quindi, indispensabile porre un'attenzione particolare alla loro
integrazione nel mercato del lavoro. Inoltre, la convalida delle competenze e il riconoscimento delle
qualifiche è fondamentale per garantire che le competenze individuali siano sfruttate al massimo del
loro potenziale e che competenze indispensabili (es. linguistica) all’inserimento nel contesto sociale
e lavorativo siano fornite da subito39
. La Commissione UE assicura anche il monitoraggio e la
valutazione dei risultati raggiunti in materia di integrazione attraverso gli indicatori UE degli immigrati
(i cosiddetti "indicatori di Saragozza"), contenuti nel rapporto “Settling In 2018. Indicators of
Immigrant Integration”, pubblicato dalla Commissione europea e dall'OCSE. Questa seconda
edizione (dopo la prima nel 2015) fornisce uno studio internazionale comparato sul livello di
integrazione degli immigrati e dei loro figli nei paesi di accoglienza40 41
.
38
https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2017/IT/COM-2017-558-F1-IT-MAIN-PART-1.PDF
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale
europeo e al Comitato delle regioni sull'attuazione dell'agenda europea sulla migrazione.
39
https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2016/IT/1-2016-377-IT-F1-1.PDF
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale
europeo e al Comitato delle regioni - Piano d'azione sull'integrazione dei cittadini di paesi terzi.
40
http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-15312-2016-INIT/it/pdf
Conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri sull'integrazione dei cittadini
di paesi terzi soggiornanti legalmente nell'Unione europea - Conclusioni del Consiglio (9 dicembre 2016).
41
http://www.integrazionemigranti.gov.it/Attualita/Notizie/Pagine/Indici-di-integrazione-dei-migranti.aspx.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
17
CAPITOLO 3: DIVERSITY WITH REFUGEES: DALLA TEORIA ALLA
PRATICA
3.1 L’app MyGrants
Abbiamo intervistato Christian Richmond Nzi originario della Costa d’Avorio. Ha lavorato nella
Commissione Europea, in particolar modo, nel programma FRONTEX, agenzia europea della
guardia di frontiera e costiera. A seguito di questa esperienza ha deciso di mettere la sua qualifica
e la sua competenza a disposizione di tutti, attraverso l’app MyGrants. L’idea dell’app MyGrants
nasce con lo scopo di dare una risposta a un problema concreto, poiché non erano presenti sul
mercato soluzioni digitali adeguate per soddisfare le richieste sia dei migranti per far esprimere il
loro potenziale, sia degli stakeholders. L’app risulta ad oggi di fondamentale importanza per
generare consapevolezza su diritti e doveri, sulla funzione del sistema di asilo e sulla formazione,
per mappare le competenze pregresse e raggrupparle secondo il fabbisogno occupazionale. Alla
fine del 2016, gli ideatori, tra cui il nostro intervistato Christian Richmond Nzi, attraverso una ricerca
di mercato hanno identificato delle criticità e nello specifico ne identificano 4 ovvero: informazione,
formazione, inserimento lavorativo e accesso al credito. Durante le fasi iniziali della sua creazione,
non sono stati pochi i momenti critici a causa di difficoltà tecniche dovute ad una sovrapposizione
multilingue necessaria per la traduzione e, quindi, comprensione del testo da parte di soggetti terzi.
Inoltre, essendo essa una start-up, è stato dato accesso anche ad investitori privati, ma trovandosi
in un settore complesso è stato particolarmente difficile selezionare degli investitori che fossero in
sintonia con i loro ideali. In merito ai benefici riguardanti il paese, afferma Richmond Nzi, si è cercato
di ottimizzare il periodo di attesa per il percorso di asilo e ciò ha avuto come effetto la riduzione della
spesa pubblica, in particolar modo l’Italia ha la possibilità di poter trattenere sul territorio nazionale
tutte quelle competenze di cui ha più bisogno. Attraverso quest’app non solo i migranti vengono a
conoscenza dei loro diritti e doveri e informati sul cambiamento del sistema italiano, ma dà loro
anche la possibilità di far emergere le loro competenze tecniche, massimizzare le competenze di cui
sono in possesso trovando un posto di lavoro congruo al loro profilo. Un problema significativo per
le aziende che ricercano figure professionali riguarda il lungo periodo che le agenzie interinali
impiegano nella ricerca della figura da inserire e che spesso non risulta idonea. Con MyGrants hanno
cercato di ovviare a ciò, riducendo le tempistiche a sole 24 ore, dando modo alle aziende di
collaborare parallelamente sia con MyGrants che con le agenzie interinali, accorgendosi in tal modo
della velocità con cui agisce l’applicazione e della presenza di un bacino di utenti che non era stato
preso in considerazione. L’obiettivo che si sono posti con l’app è quello di smaterializzare i processi
ed essere sempre più digitale, facendo in modo che l’azienda possa selezionare profili in base alle
competenze ed alla qualità e non per il nome, il sesso, la nazionalità o la religione. In questo
momento MyGrants è presente solo sul mercato italiano, che risulta essere il più difficile in tale
ambito, ma l’intenzione degli ideatori è quella di creare un modello che possa essere adattabile a
tutti i paesi, facendo in modo di poter condividere le informazioni anche con paesi terzi e ciò
comporta la necessità di creare un modello che sia omogeneo. In Europa vige un sistema comune
di asilo ma, per competenze esclusive, ogni stato può gestire alcuni processi autonomamente. Ad
oggi la Commissione Europea cerca di trovare una soluzione condivisa da tutti gli stati e attraverso
l’app si cerca di offrire un sevizio innovativo e più smart. Nel corso del 2020 l’evoluzione dell’app
sarà incentrata su un modello di business indirizzato alle aziende, ponendo il focus non più sul
passato ma sul potenziale creditizio42
, facendo in modo che mensilmente l’utente possa impostare
42
L’utente imposterà degli obiettivi che dovrà raggiungere a fine mese. A questi, verrà assegnato un
punteggio convertito, successivamente, in cash che andrà in un salvadanaio digitale.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
18
degli obiettivi che sono collegati ad un percorso di formazione e qualora quest’ultimo sia in grado di
raggiungere gli obiettivi fissati, saranno in possesso di dati utili per comprendere il suo grado di
affidabilità. L’applicazione si è rivelata funzionale in quanto un’alta percentuale di utenti hanno
ottenuto l’inserimento aziendale ed è stata riconosciuta in molte occasioni a livello nazionale.
3.2 Adecco e il Diversity Refugees
La dott.ssa Magri si occupa di Diversity Management in Adecco Group, società che costituisce la
più importante piattaforma multibrand di consulenza e soluzioni HR per il mondo del lavoro che
comprende servizi di ricerca e selezione, formazione, somministrazione di lavoro alle aziende.
L’intervista ha avuto come oggetto il tema della diversità quale leva competitiva in azienda, facendo
poi un approfondimento sul Refugee Diversity. La dott.ssa Magri, ha voluto innanzitutto sottolineare
che il Gruppo Adecco si è sempre distinto nel promuovere la cultura della diversità, considerando la
diversity come un elemento strategico. Di ciò molte aziende ne hanno già preso consapevolezza,
ritenendo tale tema una leva importante capace di creare un vantaggio competitivo. Quando in
passato si parlava di diversità nel mondo del lavoro, si pensava a quella di genere oppure al
cosiddetto Aging, vale a dire la copresenza di diverse generazioni all’interno della stessa azienda,
senza dimenticare le persone affette da handicap. Oggi, invece, la diversity assume un valore
sempre più strategico e trasversale, più legata ad una cultura in cui essa rappresenta un elemento
fondante nella creazione di un ambiente lavorativo aperto ed inclusivo, che produce un valore
aggiunto. La dott.ssa Magri si è successivamente soffermata sul tema del Refugee Diversity su cui
l’Adecco è particolarmente impegnata nella valorizzazione dei rifugiati facilitando il loro ingresso in
azienda. A questo proposito la medesima ha voluto evidenziare l’importanza di avere la presenza di
una rete di filiali Adecco sparse su tutto il territorio nazionale in quanto, tramite loro, il Gruppo riesce
ad intercettare le aree dove è più facile l’inserimento lavorativo, questo è fondamentale per poter
individuare le professionalità più richieste in quei mercati. Ciò permette di poter organizzare
formazioni mirate per specializzare le persone nelle aree di cui c’è richiesta. Questa formazione
viene effettuata all’interno della Fondazione Adecco, società all’interno del Gruppo. Al riguardo la
dott.ssa ha citato come esempio esplicativo il caso della Società Carrefour di Milano, cliente di
Adecco, la quale aveva necessità di personale che sapesse fare pianificazione, ma aveva incontrato
difficoltà a reperirlo sul mercato. Adecco in collaborazione con Umanitaria, associazione a scopo
umanitario, ha provveduto tramite la sua Fondazione ad organizzare specifici corsi di formazione,
utilizzando appunto rifugiati, i quali sono riusciti ad ottenere uno sbocco lavorativo anche qualificato.
Vi sono stati tanti altri casi come questi, dove Adecco si è attivata nel facilitare l’inserimento nel
mondo del lavoro dei rifugiati. Questo è stato possibile grazie alla sua organizzazione interna, come
già detto, composta da una rete di filiali che intercettano le richieste lavorative del mercato, alla
Fondazione che organizza corsi di formazione mirata, ma anche grazie alla collaborazione con varie
associazioni umanitarie come HNRC, che collaborano nel facilitare l’inserimento e l’integrazione
degli immigrati. A questo riguardo, la dottoressa ha tenuto a sottolineare il ruolo importante di questi
organismi umanitari nell’aiutare i rifugiati a portare a termine le pratiche per ottenere il permesso di
soggiorno, indispensabile per entrare nel mondo del lavoro. Per quanto riguarda la formazione dei
rifugiati, la medesima ha precisato che Adecco crea dei percorsi differenziati in base alla conoscenza
della lingua italiana oppure in base al possesso di eventuali titoli di studio o conoscenze specifiche
della persona. Adecco, in relazione alle competenze specifiche dei singoli, si occupa altresì di
distribuire alle varie aziende sue clienti, i CV delle persone, operando da filtro in base alle loro
specifiche esigenze. Adecco cerca sempre di valorizzare al massimo le competenze che i rifugiati
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
19
posseggono, perché questa valorizzazione facilita il processo di inserimento nel mondo del lavoro.
A questo proposito la dott.ssa Magri ha sottolineato che l’inserimento degli immigrati nelle aziende
sta diventando una necessità, considerato il basso tasso di natalità in Italia, per poter soddisfare le
richieste lavorative. Basti pensare, a conferma di ciò, che già adesso ci sono aree industriali del
Nord che si reggono principalmente sull’apporto lavorativo di queste persone. Nonostante ciò è
ancora lunga la strada da percorrere in Italia sotto l’aspetto dell’integrazione, diversamente dai paesi
nordici dove vi è una maggiore sensibilità. Qualcosa si sta muovendo nell’ambito delle multinazionali
che costituiscono il traino per un cambiamento culturale. Adecco, a tale proposito è ormai diventata
uno dei trainer più importanti per tutte queste aziende. La dottoressa ha anche aggiunto che un
contributo importante arriva dal territorio laddove prolificano le iniziative di volontariato, come
parrocchie e associazioni locali, le quali facilitano l’ingresso dei rifugiati in azienda grazie al rapporto
di fiducia che esiste con le aziende locali. Quando la cooperazione tra diversi enti funziona si
riescono ad ottenere risultati importanti.
3.3 Intervista alla Dott.ssa Monia Dardi
Abbiamo intervistato la dott.ssa Monia Dardi, Project Manager per Fondazione Adecco per le pari
opportunità; si occupa di progetti di inclusione lavorativa con la partnership pubblico-privato e
sensibilizzazioni nelle aziende sui temi della Diversity&Inclusion. Fondazione Adecco per le pari
opportunità sviluppa, da circa 20 anni sul territorio nazionale, progetti di inclusione lavorativa in
un’ottica di sistema, implementando, da un lato percorsi di vocational, formazione e inserimento
lavorativo per persone con svantaggio (donne vittime di violenza o con carichi di famiglia, nuove
povertà, rifugiati e persone con disabilità) in partnership con gli enti pubblici, dall’altro attraverso
sensibilizzazioni mirate sulle tematiche di Diversity&Inclusion per le aziende. Dal 2001 hanno preso
in carico circa 9.087 persone e avviate al lavoro circa 4749. Di seguito due dei principali progetti per
l’inclusione lavorativa attuata da Fondazione Adecco per le pari opportunità: JPMorgan Chase
Foundation e Fondazione Adecco insieme per “SAFE IN”.
Il 4.1% della popolazione europea è rappresentata da persone provenienti da paesi terzi, ovvero
pari a 20.7 milioni di persone, secondo i sondaggi dell’Eurostat relativi al primo gennaio 2016. Solo
una minoranza tra le persone straniere è altamente qualificata mentre quasi la metà tra coloro che
hanno trovato occupazione è iperqualificata per il lavoro che sta svolgendo. Questi dati, dunque,
evidenziano significative barriere e problematiche all’ingresso nel mondo del lavoro per migranti.
Tali fattori possono essere attribuiti in parte alle difficoltà di riconoscimento dei loro titoli di studio ed
esperienze lavorative pregresse, unite alle problematiche legate alla lingua e all’inclusione
sociale all’interno del paese che li accoglie. Fondazione Adecco per le Pari Opportunità e JPMorgan
Chase Foundation hanno realizzato il progetto “Safe In” con l’obiettivo di inclusione lavorativa di
rifugiati. Il progetto avrà la durata di 2 anni e il compito di coinvolgere 225 persone titolari di
protezione internazionale e richiedenti asilo. Il percorso sarà oggetto di una ricerca da parte
del CESEN (Centro per gli studi sulle Entità ecclesiastiche) dell’Università Cattolica del Sacro
Cuore che valuterà l’impatto sulle persone e le aziende coinvolte. L’obiettivo specifico del progetto
è quello di includere nel mondo del lavoro almeno 110 rifugiati in due anni. Gli altri partecipanti non
inclusi saranno re-indirizzati alle associazioni di origine, con progetti individuali utili a potenziare la
loro condizione di employability. Questo sarà possibile fornendo maggiori contenuti ai beneficiari
finali in modo che possano essere pronti per il mondo del lavoro e autonomi nella ricerca attiva. Le
attività del progetto consistono nell’identificazione dei beneficiari (persone titolari di protezione
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
20
internazionale), nell’avvio di percorsi di educazione al lavoro e formazione professionale fino
all’inclusione in contesti lavorativi. Il MEP (Modelling Employability Process for Refugees) è un
progetto multistakeholders e multilivello che consolida una metodologia di sviluppo per il processo
di inclusione lavorativa di persone titolari di protezione internazionale, sperimentata sul campo da
tre anni grazie alla partnership di Fondazione Adecco e UNHCR (Agenzia delle Nazioni Unite per i
rifugiati). Il progetto MEP nasce infatti come continuazione del progetto DOMUS. Questo offrirà
nuovi strumenti per gli operatori dell’accoglienza dei rifugiati al fine di facilitare e consolidare il
processo di inclusione lavorativa dei beneficiari. Gli obiettivi condivisi sono:
• Recuperare e individuare le conoscenze/competenze ed esperienze pregresse di
valore, che possano rispondere ad opportunità coerenti con il profilo posseduto e il
ruolo esercitato nel paese di provenienza;
• Prevenire il dumping retributivo, le tensioni sociali e il livellamento della
professionalità dei rifugiati verso tipologie lavorative con basso contenuto
professionale;
• Abbattere stereotipi di tipo professionale e culturale riferibili alle persone titolari di
protezione internazionale (etnicizzazione delle professionalità);
• Recuperare la capacità lavorativa, intesa come riacquisizione di skills e di
conoscenze tali da rendere, per i beneficiari coinvolti, il mondo del lavoro meno
estraneo e più accessibile ma anche di ridurre il livello di distonia, tipico di chi si sente
escluso ed emarginato dal mondo del lavoro, dal quale non è infrequente che si sia
stati espulsi, agendo sul recupero della dimensione professionale qualificata;
• Ridurre l’instabilità professionale, il rischio di irregolarità contrattuale, la
disoccupazione/inoccupazione e il relativo disagio sociale derivante.
Il progetto, inoltre, mira a diversi obiettivi specifici per i singoli beneficiari come rifugiati con alto
profilo professionale. Le azioni, previste dal progetto, sono da una parte la modellizzazione del
processo di mobilità territoriale e housing per dieci rifugiati con alta employability sul territorio
nazionale, e dall’altra la formazione mirata teorica e pratica agli operatori dell’accoglienza attraverso
la co-conduzione di un gruppo di orientamento con approccio narrativo di donne rifugiate in
condizione di vulnerabilità. Per la prima azione è stato, ed è fondamentale, il coinvolgimento e
l’expertise delle operatrici del Servizio Centrale (SPRAR) che hanno partecipato al focus group per
l’identificazione di uno strumento di rilevazione (ancora in fase pilota) che possa identificare
caratteristiche soft e hard dei profili professionali dei rifugiati e della loro employability. Molto spesso,
infatti, le competenze pregresse e i percorsi di studi, non solo non vengono riconosciuti, ma sono di
difficile interpretazione nel contesto formativo e professionale italiano. Per la seconda azione sono
stati coinvolti ventuno operatori e ventisette donne rifugiate. La metodologia specifica concordata
prevede formazione di gruppo di 30 ore finalizzata al trasferimento della metodologia di
accompagnamento all’inclusione lavorativa attraverso moduli dedicati alla conduzione
dell’orientamento di gruppo narrativo, al bilancio di competenze, alla corporate partnership e allo
skill audit.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
21
3.4 Case History: il caso Khaled
Khaled ha 46 anni, viene dalla Libia, è sposato e ha 4 figli. È ricercatore biologo. Nel 2011 scoppia
la prima guerra civile in Libia, durante la quale perde il fratello. Nello stesso anno vince una borsa di
studio che gli permette di specializzarsi all’estero. Khaled arriva, dunque, da solo in Italia pronto a
cominciare il suo percorso di studi presso l’Università degli Studi di Firenze, costretto così a lasciare
la sua famiglia a Bengazi. Dopo due anni di sofferta lontananza e difficoltà a comunicare con i suoi
figli, riesce a portare in salvo anche la sua famiglia in Italia. Terminato il dottorato a Roma, Khaled
comincia a cercare lavoro, iscrivendosi ai centri per l’impiego della città.
“Passava il tempo ma non trovavo lavoro, ho cercato di tutto per sostenere la mia famiglia ma
comunque non riuscivo a trovare niente”.
Data la difficoltà di quel periodo, Khaled si rivolge ai servizi sociali che gli suggeriscono come
soluzione temporanea di andare in un centro di accoglienza, unica buona alternativa rispetto a stare
per strada. Dopo numerose difficoltà, finalmente, tramite il C.O.L. Centro di Orientamento al Lavoro
San Lorenzo, conosce Fondazione Adecco per le Pari Opportunità. Grazie a Fondazione Adecco e
il suo supporto nella revisione del CV e nel sostenere un colloquio, Khaled riesce a trovare una prima
occupazione presso il Cirque du Soleil a Roma. In questa realtà Khaled vive una prima esperienza
per mettersi alla prova ed entrare in contatto con un’azienda in Italia. Quest’esperienza lo stimola
molto ma non è ciò a cui aspira realmente. Solo qualche tempo dopo cambia lavoro e riesce
finalmente a realizzare il suo sogno: un lavoro come biologo all’interno di un’azienda.
“Prima cercavo tutti i tipi di lavoro senza condizioni, invece questa opportunità rappresenta il sogno
che diventa realtà. Questa è stata l’opportunità più importante della mia vita. Ho ripreso fiducia,
autostima e la speranza di trovare un lavoro che sia la mia passione”.
Ora Khaled è felice: lavora nel settore che lo appassiona di più e che produce il farmaco che ha
permesso di curare la sua patologia. Ora finalmente può mantenere la sua famiglia e vivere con loro
in Italia, facendo un lavoro che lo appaga e lo valorizza43
.
3.5 Seconda parte dell’indagine sui rifugiati
Nella seconda parte del sondaggio, citato nella parte iniziale del testo, abbiamo domandato agli
intervistati cosa pensassero delle politiche aziendali che promuovono l'inclusività nel mondo del
lavoro, se reputassero essere un valore aggiunto nel raggiungimento degli obbiettivi strategici. La
risposta che abbiamo riscontrato è stata molto positiva arrivando ad un 80,4% di pareri positivi.
Interessante è anche il responso alla domanda: “Credi che, nel contesto italiano, gli immigrati, di
cui i rifugiati fanno parte, abbiano l'opportunità, grazie al Diversity Management, di essere inseriti
in azienda?", infatti solo il 31,4% ha risposto “Si”, mentre il restante delle persone intervistate ha
dichiarato di non sapere o “No”. Alla domanda: “Credi che i rifugiati assunti in azienda sarebbero
bene accolti dai colleghi?” solo il 27,3% ha risposto positivamente; questo crediamo essere un
dato importante da considerare, perché mostra ancora oggi diffidenza e pregiudizio per quanto
riguarda l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati e dei rifugiati in Italia. Per concludere
43
https://fondazioneadecco.org/i-nostri-progetti/storie-di-opportunita/.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
22
l’indagine esplorativa, abbiamo chiesto ai partecipanti, se ritenessero che eventuali investimenti
in formazione del rifugiato risulterebbero ricompensanti per le aziende in termini di valore aggiunto.
Il 68,9% degli intervistati ha risposto “Si”. Perciò, emerge dai dati raccolti nell’indagine, che
nonostante gli intervistati siano orientati a pensare che le politiche di inclusione dei rifugiati siano
di difficile attuazione nel contesto aziendale italiano, queste porterebbero in futuro un vantaggio
competitivo e strategico per il raggiungimento degli obiettivi e meriterebbero quindi da parte delle
aziende maggiori investimenti per promuovere la loro inclusione nel mercato del lavoro.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
23
CONCLUSIONI
Sulla base di quanto emerso del nostro lavoro, riteniamo che sia necessario definire ed attuare delle
linee guida che creino un collegamento tra il pubblico ed il privato in modo da definire più
chiaramente le situazioni che possano, oggi, rientrare nel termine diversity e per le quali ancora non
vi è una chiara definizione. La domanda da porsi è come mai si parla di Diversity Management;
l’utilizzo della parola diversità ha un’accezione intrinseca che presuppone la distinzione delle
persone per genere, razza, etnia, religione, status ecc. La sensazione che traspare è che le politiche
di diversity siano rimaste indietro rispetto alla mission che le aziende si impongono di perseguire,
ovvero una reale inclusione lavorativa. L’inclusione in azienda è un concetto molto più ampio che
presuppone di intraprendere un percorso che riconosca non più politiche di diversity, bensì politiche
di uguaglianza intesa come opportunità di vedere riconosciuto e utilizzato il proprio potenziale. tutti
devono avere questa possibilità.
Ma prima ancora di arrivare al contatto e all’inserimento nel mondo del lavoro è emerso che una
delle maggiori difficoltà che i rifugiati debbono affrontare sta nel riconoscimento e nel processo di
conversione ed equiparazione dei titoli di studio conseguiti nel loro paese, considerando la necessità
per quest’ultimi di mantenere le qualifiche e le competenze conseguite nel loro paese di
provenienza. È risultato infatti che non esiste una procedura formalizzata e che le persone che
hanno conseguito formazione e qualifiche nel proprio paese di origine devono mantenerle e
valorizzarle anche nel contesto italiano, attraverso una progettazione individualizzata tailor made,
mappatura dei ruoli professionali prossimi al proprio obiettivo professionale, mobilità territoriale,
housing e co-progettazione con l’azienda disponibile ad investire sulla riqualificazione professionale
del rifugiato attraverso forme di learning by doing.
Considerando le difficoltà per il datore di lavoro di investire in un rifugiato, per i motivi sopracitati,
quali l’incerta permanenza di quest’ultimo dipesa dalla proroga del riconoscimento dello status
giuridico, e quindi il rischio di investimento a perdere, dall’incertezza del riconoscimento delle
qualifiche pregresse e conseguentemente lo scetticismo sulle competenze acquisite, la soluzione
suggerita risulterebbe poter essere un periodo di tirocinio, come opportunità per dimostrare le
capacità. In un mondo sempre più competitivo ed orientato al risultato è necessario creare valore ed
essere produttivo. Questo vale per tutti, indistintamente da etnia e status. Obiettivo principale del
Diversity Management perciò dovrebbe essere creare opportunità lavorative per soggetti che
partono da situazioni di svantaggio, che dimostrando il loro valore possano realizzarsi
professionalmente all’interno di un contesto aziendale, e non come ambasciatori di diversità
strumentalizzata per risvolti etici utili alla brand reputation dell’azienda in questione. Un problema
che si riscontra al momento dell’assunzione del rifugiato riguarda il rapporto costi/benefici. Le
interviste hanno fatto luce su tale tematica affermando che l’investimento da parte delle aziende da
concretezza agli impegni di responsabilità sociale d’impresa e ai valori dell’Agenda ONU 2030. La
Diversity & Inclusion è una leva strategica con tutti i benefici già ampiamente confermati dalle
ricerche di McKinsey Institute e Boston Consulting.
La nostra esperienza al Master ci ha, inoltre, posti nella condizione di toccare con mano il concetto
di inclusione in tutte le sue sfaccettature. La presenza di Anton, immigrato proveniente dalla
Palestina e Amin, rifugiato proveniente dalla Siria, ci ha dato l’opportunità di capire e approfondire il
senso del tema e le difficoltà che hanno dovuto affrontare per essere qui oggi, cercando di costruirsi
un futuro migliore. Il loro vissuto è diverso e ciò caratterizza il loro percorso presente e futuro. I
rifugiati, come Amin, si ritrovano coinvolti in situazioni di notevole disagio; attraverso un programma
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
24
di aiuto per i rifugiati ha avuto la possibilità di recarsi in ambasciata per richiedere asilo politico,
congiuntamente a ciò, nell’ambasciata Italiana è stata riconosciuta e convalidata la sua laurea. Ci è
stato spiegato che anche in Italia avrebbe potuto richiedere la convalida del piano di studi, ma il
processo risulta essere lungo e macchinoso. Diversa è la situazione che riguarda Anton, recatosi in
Italia attraverso un gemellaggio tra il suo paese e Roma, intrattenuto dalla comunità dei Francescani.
Una volta arrivato qui, dopo varie problematiche per il riconoscimento della sua laurea che è riuscito
ad ottenere attraverso il sito CIMIA e congiuntamente all’ambasciata Italiana, attraverso
un’associazione universitaria che lo ha aiutato nella ricerca della borsa di studio, è venuto a
conoscenza dell’opportunità offerta da Assicurazioni Generali, che ha creduto in lui e che, attraverso
l’Università Cattolica del Sacro Cuore, gli ha fornito la possibilità di essere formato e, alla fine di
questo percorso, far sì che le sue competenze maturate in passato e quelle acquisite
successivamente, vengano trattenute e messe a profitto sul nostro territorio.
And so what? Stimolati dalle ricerche teoriche fatte, dalle interviste con gli esperti del settore ed il
confronto con i nostri colleghi in Istud Anton e Amin che ci hanno fatto mettere le mani in pasta nella
concretezza delle tematiche affrontate, ci è risultato importante aggiungere alle conclusioni
precedentemente fatte anche delle nostre considerazioni. Si è figli della società in cui si cresce e ad
oggi risulta irrealistico non considerare le tematiche riguardanti la diversità, di qualunque genere, ed
il fenomeno dei flussi migratori come concetti facenti parte del nostro quotidiano. Questi temi
continuano ad evolversi in maniera esponenziale soprattutto per quel che riguarda il “quanto” se ne
parla il che ha fatto sì che siano colmi di una sempre maggiore valenza socio-culturale. Tutto ciò,
però, a nostro parere comporta il rischio di essere un’arma a doppio taglio perdendo la finalità ultima
che si potrebbe riassumere in una frase: “che se ne parli per poi non parlarne più”. È infatti pacifica
l’ambiguità che può celarsi nel non agire nel concreto su temi che fin troppo si prestano ad essere
considerati solo dal punto di vista sociale senza davvero credere in queste persone, credere nell’
importanza strategica in ambito aziendale. Contestualizzando il tutto in un mondo sempre più
globalizzato ma che purtroppo, ancora ad oggi, è fortemente condizionato da discriminazioni, forse
parlare di inclusività potrebbe risultare meno rischioso come termine tenendo sempre a mente che
l’obiettivo finale deve essere il non porsi più il problema delle diversità ma viverle come risorse
portatrici di valore per l’azienda e non solo.
Nella vita, quando si commette un errore, la consapevolezza delle “cose” e del “perché” si è
sbagliato, risulta una parte fondamentale del processo di cambiamento che serve a non compiere
lo stesso errore in futuro; così allo stesso modo la consapevolezza delle tematiche da noi trattate
deve essere solo il primo passo di un percorso che porti concretamente all’ottimizzazione ed al
potenziamento del capitale umano in tutte le sue diversità.
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
25
BIBLIOGRAFIA
1. L.M. Visconti, “Diversity management e lavoratori migranti, linee guida per il caso Italia”,
Egea, 2007
2. M. Buemi, M. Conte, G. Guazzo, “Il Diversity Management per una crescita inclusiva –
Strategie e strumenti”, Franco Angeli editore, 2015
SITOGRAFIA
1. http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-13646-2015-REV-1/it/pdf; 03/01/20
2. http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-15312-2016-INIT/it/pdf; 04/01/20
3. http://migrempower.eu/resources/transnational-
report/italy/Transnational_Report(Italian).pdf; 28/12/19
4. http://www.fondazioneleonemoressa.org/newsite/wp-content/uploads/2015/11/Atti-
convegno_Rapporto-20151.pdf.; 28/12/19
5. http://www.integrazionemigranti.gov.it/Attualita/Notizie/Pagine/Indici-di-integrazione-dei-
migranti.aspx; 04/01/20
6. http://www.vita.it/it/article/2019/02/14/dal-2015-al-2018-ecco-come-sono-cambiate-le-
migrazioni-verso-leuropa/150681/; 27/12/19
7. http://www.vita.it/it/article/2019/10/09/puntare-su-diversity-e-inclusion-fa-bene-anche-ai-
conti-aziendali/152904/; 24/12/19
8. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_17_5352; 29/12/19
9. https://ec.europa.eu/culture/policy/strategic-framework/intercultural-dialogue_en; 03/01/20
10. https://ec.europa.eu/migrant-integration/; 03/01/20
11. https://ec.europa.eu/migrant-integration/intpract/anabasi-labour-market-integration-in-the-
industrial-sector; 03/01/20
12. https://ec.europa.eu/migrant-integration/intpract/humus-innovative-model-for-the-ethical-
employment-of-asylum-seekers; 03/01/20
13. https://ec.europa.eu/migrant-integration/intpract/integrating-in-val-camonica-italy; 03/01/20
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
26
14. https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2016/IT/1-2016-377-IT-F1-1.PDF; 04/01/20
15. https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2017/IT/COM-2017-558-F1-IT-MAIN-PART-
1.PDF; 04/01/20
16. https://fondazioneadecco.org/i-nostri-progetti/storie-di-opportunita/; 21/01/20
17. https://openmigration.org/analisi/migranti-e-cambiamenti-climatici-chi-migra-perche-e-
come-intervenire-per-porvi-rimedio/; 27/12/19
18. https://www.a1life.it/2014/07/pensare-win-win/; 23/12/19
19. https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2017; 27/12/19
20. https://www.exportiamo.it/settori/1088/diversity-management-come-valorizzare-le-
differenze-in-azienda/; 06/01/20
21. https://www.focus.it/comportamento/economia/la-geografia-delle-migrazioni; 27/12/19
22. https://www.idealavoro.it/project/benefici-del-welfare-aziendale/; 28/12/19
23. https://www.interno.gov.it/it/notizie/100-borse-studio-studenti-protezione-internazionale;
03/01/20
24. https://www.interno.gov.it/it/temi/immigrazione-e-asilo/modalita-dingresso; 29/12/19
25. https://www.interno.gov.it/it/temi/immigrazione-e-asilo/protezione-internazionale; 03/01/20
26. https://www.niederdorfitalia.info/gestione-dei-conflitti-2/; 23/12/19
27. https://www.randstad.it/knowledge360/employer-branding/diversity-management-il-talento-
non-ha-barriere/; 06/01/20
28. https://www.refworld.org/cgi-
bin/texis/vtx/rwmain/opendocpdf.pdf?reldoc=y&docid=5513d0e14; 28/12/19
29. https://www.risorseumanehr.com; 06/01/20
30. https://www.unhcr.it/progetto-welcome; 03/01/20
31. https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2017/01/Convenzione-di-Ginevra-del-1951_.pdf;
03/01/20
32. https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2017/10/Rapporto_2017_web.pdf; 27/12/19
33. https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2019/09/OECD-UNHCR-Action-Plans.pdf;
28/12/19
34. https://www.unhcr.org/europe-emergency.html; 27/12/19
Diversity with Refugees
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
27
35. https://www.unhcr.org/globaltrends2018/; 27/12/19

Weitere ähnliche Inhalte

Was ist angesagt?

Culture organizzative e sviluppo delle persone
Culture organizzative e sviluppo delle personeCulture organizzative e sviluppo delle persone
Culture organizzative e sviluppo delle persone
Alessandro Renna
 
L' ecosistema della formazione. Allargare i confini per ridisegnare lo svilup...
L' ecosistema della formazione. Allargare i confini per ridisegnare lo svilup...L' ecosistema della formazione. Allargare i confini per ridisegnare lo svilup...
L' ecosistema della formazione. Allargare i confini per ridisegnare lo svilup...
Skilla - Amicucci Formazione
 
Brochure Istituzionale Italian Way
Brochure Istituzionale Italian WayBrochure Istituzionale Italian Way
Brochure Istituzionale Italian Way
Italian Way
 

Was ist angesagt? (15)

Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennialsVerso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
Verso una nuova strategia di employer branding, l’impatto dei millennials
 
ABI FORUM HR 2014 Articolo MGDA
ABI FORUM HR  2014 Articolo MGDAABI FORUM HR  2014 Articolo MGDA
ABI FORUM HR 2014 Articolo MGDA
 
Comunità professionali (network formali e non formali) dei professionisti HR
Comunità professionali (network formali e non formali) dei professionisti HRComunità professionali (network formali e non formali) dei professionisti HR
Comunità professionali (network formali e non formali) dei professionisti HR
 
Culture organizzative e sviluppo delle persone
Culture organizzative e sviluppo delle personeCulture organizzative e sviluppo delle persone
Culture organizzative e sviluppo delle persone
 
Diversity Management: cos'è e qual è la situazione in Italia
Diversity Management: cos'è e qual è la situazione in ItaliaDiversity Management: cos'è e qual è la situazione in Italia
Diversity Management: cos'è e qual è la situazione in Italia
 
L' ecosistema della formazione. Allargare i confini per ridisegnare lo svilup...
L' ecosistema della formazione. Allargare i confini per ridisegnare lo svilup...L' ecosistema della formazione. Allargare i confini per ridisegnare lo svilup...
L' ecosistema della formazione. Allargare i confini per ridisegnare lo svilup...
 
L’impatto della digitalizzazione nelle funzioni HR: e-Leader(ship)
L’impatto della digitalizzazione nelle funzioni HR: e-Leader(ship)L’impatto della digitalizzazione nelle funzioni HR: e-Leader(ship)
L’impatto della digitalizzazione nelle funzioni HR: e-Leader(ship)
 
Food delivery e condizioni lavorative dei riders: cambiare prospettiva per eq...
Food delivery e condizioni lavorative dei riders: cambiare prospettiva per eq...Food delivery e condizioni lavorative dei riders: cambiare prospettiva per eq...
Food delivery e condizioni lavorative dei riders: cambiare prospettiva per eq...
 
Formazione come fattore di sviluppo del sistemamoda: il punto di vista dei la...
Formazione come fattore di sviluppo del sistemamoda: il punto di vista dei la...Formazione come fattore di sviluppo del sistemamoda: il punto di vista dei la...
Formazione come fattore di sviluppo del sistemamoda: il punto di vista dei la...
 
Tesi i valori aziendali come opportunità  di business cristina felice civitillo
Tesi i valori aziendali come opportunità  di business  cristina felice civitilloTesi i valori aziendali come opportunità  di business  cristina felice civitillo
Tesi i valori aziendali come opportunità  di business cristina felice civitillo
 
L’Outsourcing delle risorse umane: il talent management
L’Outsourcing delle risorse umane: il talent managementL’Outsourcing delle risorse umane: il talent management
L’Outsourcing delle risorse umane: il talent management
 
HR&Blockchain, un binomio evolutivo
HR&Blockchain, un binomio evolutivoHR&Blockchain, un binomio evolutivo
HR&Blockchain, un binomio evolutivo
 
HR digital trasformation: recruitment - Project Work Master ISTUD
HR digital trasformation: recruitment - Project Work Master ISTUDHR digital trasformation: recruitment - Project Work Master ISTUD
HR digital trasformation: recruitment - Project Work Master ISTUD
 
Organizzazioni e persone
Organizzazioni e personeOrganizzazioni e persone
Organizzazioni e persone
 
Brochure Istituzionale Italian Way
Brochure Istituzionale Italian WayBrochure Istituzionale Italian Way
Brochure Istituzionale Italian Way
 

Ähnlich wie Diversity with refugees

Cooperative management and international coaching for integral formation
Cooperative management and international coaching for integral formationCooperative management and international coaching for integral formation
Cooperative management and international coaching for integral formation
Javier Fiz Pérez Ph.D.
 
Piemonte 2010 generativa tondolo
Piemonte 2010 generativa tondoloPiemonte 2010 generativa tondolo
Piemonte 2010 generativa tondolo
AIF Piemonte
 

Ähnlich wie Diversity with refugees (20)

Empowering Intercultural Teams
Empowering Intercultural TeamsEmpowering Intercultural Teams
Empowering Intercultural Teams
 
GENERATIONAL DIVERSITY @ WORK: i Valori che Uniscono
GENERATIONAL DIVERSITY @ WORK: i Valori che UnisconoGENERATIONAL DIVERSITY @ WORK: i Valori che Uniscono
GENERATIONAL DIVERSITY @ WORK: i Valori che Uniscono
 
I Parte
I ParteI Parte
I Parte
 
Cultural Competence: il valore aggiunto per organizzare un evento interculturale
Cultural Competence: il valore aggiunto per organizzare un evento interculturaleCultural Competence: il valore aggiunto per organizzare un evento interculturale
Cultural Competence: il valore aggiunto per organizzare un evento interculturale
 
VERSO UNA NUOVA CULTURA ORGANIZZATIVA_word.pdf
VERSO UNA NUOVA CULTURA ORGANIZZATIVA_word.pdfVERSO UNA NUOVA CULTURA ORGANIZZATIVA_word.pdf
VERSO UNA NUOVA CULTURA ORGANIZZATIVA_word.pdf
 
Multicultural Diversity Management
Multicultural Diversity ManagementMulticultural Diversity Management
Multicultural Diversity Management
 
Multicultural Diversity Management
Multicultural Diversity ManagementMulticultural Diversity Management
Multicultural Diversity Management
 
Come gestire 5 generazioni in azienda
Come gestire 5 generazioni in aziendaCome gestire 5 generazioni in azienda
Come gestire 5 generazioni in azienda
 
Cooperative management & coaching
Cooperative management & coachingCooperative management & coaching
Cooperative management & coaching
 
Cooperative management and international coaching for integral formation
Cooperative management and international coaching for integral formationCooperative management and international coaching for integral formation
Cooperative management and international coaching for integral formation
 
Homo Talent
Homo TalentHomo Talent
Homo Talent
 
Competenza interculturale secondo
Competenza interculturale secondo Competenza interculturale secondo
Competenza interculturale secondo
 
Homo Talent Istituzionale
Homo Talent IstituzionaleHomo Talent Istituzionale
Homo Talent Istituzionale
 
Module 5 il ruolo fondamentale della comunita
Module 5  il ruolo fondamentale della comunitaModule 5  il ruolo fondamentale della comunita
Module 5 il ruolo fondamentale della comunita
 
Piemonte 2010 generativa tondolo
Piemonte 2010 generativa tondoloPiemonte 2010 generativa tondolo
Piemonte 2010 generativa tondolo
 
PROSPER - Module 3 - Unit 1_IT.pptx
PROSPER - Module 3 - Unit 1_IT.pptxPROSPER - Module 3 - Unit 1_IT.pptx
PROSPER - Module 3 - Unit 1_IT.pptx
 
Competenze per ... competere
Competenze per ... competereCompetenze per ... competere
Competenze per ... competere
 
Cross Culture and Diversity Management: le nuove frontiere della globalizzazi...
Cross Culture and Diversity Management: le nuove frontiere della globalizzazi...Cross Culture and Diversity Management: le nuove frontiere della globalizzazi...
Cross Culture and Diversity Management: le nuove frontiere della globalizzazi...
 
Cross Culture and Diversity Management: le nuove frontiere della globalizzazi...
Cross Culture and Diversity Management: le nuove frontiere della globalizzazi...Cross Culture and Diversity Management: le nuove frontiere della globalizzazi...
Cross Culture and Diversity Management: le nuove frontiere della globalizzazi...
 
Condurre Nell Incertezza
Condurre Nell IncertezzaCondurre Nell Incertezza
Condurre Nell Incertezza
 

Mehr von Free Your Talent

Mehr von Free Your Talent (18)

Poste Italiane e i cybercrime: rischi, minacce e strategie per la lotta al cr...
Poste Italiane e i cybercrime: rischi, minacce e strategie per la lotta al cr...Poste Italiane e i cybercrime: rischi, minacce e strategie per la lotta al cr...
Poste Italiane e i cybercrime: rischi, minacce e strategie per la lotta al cr...
 
Il caso TIM: il complesso rapporto tra il telemarketing e la tutela della pri...
Il caso TIM: il complesso rapporto tra il telemarketing e la tutela della pri...Il caso TIM: il complesso rapporto tra il telemarketing e la tutela della pri...
Il caso TIM: il complesso rapporto tra il telemarketing e la tutela della pri...
 
Le Risorse Umane tra demografia e tecnologia: connessioni e prospettive
Le Risorse Umane tra demografia e tecnologia: connessioni e prospettiveLe Risorse Umane tra demografia e tecnologia: connessioni e prospettive
Le Risorse Umane tra demografia e tecnologia: connessioni e prospettive
 
Agile working
Agile workingAgile working
Agile working
 
Sales e retail
Sales e retailSales e retail
Sales e retail
 
Digital Transformation - Competenze per il management
Digital Transformation - Competenze per il managementDigital Transformation - Competenze per il management
Digital Transformation - Competenze per il management
 
Social media marketing nelle aziende. Stato dell’arte ed evoluzioni.
Social media marketing nelle aziende. Stato dell’arte ed evoluzioni.Social media marketing nelle aziende. Stato dell’arte ed evoluzioni.
Social media marketing nelle aziende. Stato dell’arte ed evoluzioni.
 
Cibo sostenibile e healthy come nuova forma di approccio ad ambiente e beness...
Cibo sostenibile e healthy come nuova forma di approccio ad ambiente e beness...Cibo sostenibile e healthy come nuova forma di approccio ad ambiente e beness...
Cibo sostenibile e healthy come nuova forma di approccio ad ambiente e beness...
 
Globalizzazione e contaminazione tra gli stili alimentari
Globalizzazione e contaminazione tra gli stili alimentariGlobalizzazione e contaminazione tra gli stili alimentari
Globalizzazione e contaminazione tra gli stili alimentari
 
Rapporto tra GDO e industria alimentare
Rapporto tra GDO e industria alimentareRapporto tra GDO e industria alimentare
Rapporto tra GDO e industria alimentare
 
Internship 360
Internship 360Internship 360
Internship 360
 
Smart work e place
Smart work e placeSmart work e place
Smart work e place
 
Blockchain in HR
Blockchain in HRBlockchain in HR
Blockchain in HR
 
Sales and Retail: evoluzione e nuovi profili professionali
Sales and Retail: evoluzione e nuovi profili professionaliSales and Retail: evoluzione e nuovi profili professionali
Sales and Retail: evoluzione e nuovi profili professionali
 
Procurement: Evoluzioni e Nuove Figure Professionali - Project Work Master in...
Procurement:	Evoluzioni e Nuove Figure Professionali - Project Work Master in...Procurement:	Evoluzioni e Nuove Figure Professionali - Project Work Master in...
Procurement: Evoluzioni e Nuove Figure Professionali - Project Work Master in...
 
Digital marketing: evoluzioni e nuove figure professionali. Speciale Food Mar...
Digital marketing: evoluzioni e nuove figure professionali. Speciale Food Mar...Digital marketing: evoluzioni e nuove figure professionali. Speciale Food Mar...
Digital marketing: evoluzioni e nuove figure professionali. Speciale Food Mar...
 
Welfare aziendale - Project Work Master in Risorse Umane
Welfare aziendale - Project Work Master in Risorse UmaneWelfare aziendale - Project Work Master in Risorse Umane
Welfare aziendale - Project Work Master in Risorse Umane
 
Employer branding, Millennials e classifiche: cosa c’è realmente dietro – Pro...
Employer branding, Millennials e classifiche: cosa c’è realmente dietro – Pro...Employer branding, Millennials e classifiche: cosa c’è realmente dietro – Pro...
Employer branding, Millennials e classifiche: cosa c’è realmente dietro – Pro...
 

Diversity with refugees

  • 1. KIA TREND Project work “KiA – Knowledge in Action” Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 A cura di: Laura Bucceri Francesco Casalini Pier Francesco Evangelista Filippo Fabbri Francesca Gramigna Francesco Ranalli
  • 2. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 1 INDICE Introduzione…………………………………………………………………………………………………2 Capitolo 1 Il Diversity Management 1.1 Diversity Management: origini storiche e sociali………………………………………………….. 3 1.2 Diversità come valore aggiunto…………………………………………………………………….. 3 1.3 La logica win-win……………………………………………………………………………………… 4 1.4 Gli strumenti del Diversity Management…………………………………………………………… 6 1.5 Breve indagine esplorativa sul Diversity Management…………………………………………… 7 1.6 Come cambia il mercato del lavoro italiano considerando le urgenze migratorie degli ultimi anni, il ruolo chiave del Diversity Manager: Focus sui rifugiati……………………………………...……….8 Capitolo 2 Refugees 2.1 I processi di migrazione umanitaria negli ultimi anni…………………………………………... 10 2.2 Integrazione e Unione Europea…………………………………………………………………….. 12 2.3 Lo status di rifugiato in Italia…………………………………………………………………………. 13 2.4 Iniziative per l’inclusione lavorativa dei rifugiati in Italia………………………………………….. 14 2.5 Pratiche di valorizzazione dei rifugiati……………………………………………………………… 15 Capitolo 3 Diversity with refugees: dalla teoria alla pratica 3.1 L’app Mygrants……………………………………………………………………………………….. 17 3.2 Adecco e il Diversity Refugees……………………………………………………………………… 18 3.3 Intervista alla Dott.ssa Monia Dardi………………………………………………………………… 19 3.4 Case History: il caso Khaled………………………………………………………………………… 21 3.5 Seconda parte dell’indagine sui rifugiati……………………………………………………………. 21 Conclusioni………………………………………………………………………………………………… 23 Bibliografia e sitografia…………………………………………………………………………………….25
  • 3. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 2 INTRODUZIONE Esaminando il tema della diversità in relazione alla realtà aziendale ci siamo posti alcuni quesiti: che cos’è il Diversity Management e come renderlo, trattandosi di una tematica astratta, concretamente applicabile nella realtà lavorativa. La diversità è una parola che dà un’etichetta e toglie valore diversamente dal concetto di inclusività interpretato come modus indispensabile di coinvolgimento e partecipazione attiva di tutti i soggetti coinvolti. Ad oggi, il tema della diversità è di fondamentale importanza in quanto il mondo è in continua evoluzione a causa di vari avvenimenti quali globalizzazione, flussi migratori e internazionalizzazione dei mercati. Anche il contesto lavorativo sta andando in tale direzione ed è proprio in questo ambito che si inserisce il tema del Diversity Management. Un ambiente di lavoro inclusivo è tale quando ognuno riconosce la presenza di diversità degli individui e del loro valore, ha rispetto della sensibilità e dei diritti altrui e sente di potersi esprimere liberamente perché accettato e valorizzato. L’applicazione del Diversity Management ha un vasto raggio di azione nel quale rientrano a pieno titolo tematiche quali parità dei sessi, differenze etniche e religiose, disabilità e rifugiati. In particolare il tema dei rifugiati, oggetto di questo elaborato, è estremamente attuale nella realtà aziendale mondiale. In un mondo ancora oggetto di guerre e migrazioni di massa, i paesi in via di sviluppo stanno avendo un incremento di persone provenienti da paesi caratterizzati da forte diseguaglianze economiche e con situazioni di guerra ed instabilità. Tutto ciò è collegato con un filo diretto ad un insieme di politiche attuate dai governi nazionali e dall’Unione Europea per far fronte, nella maniera più efficace possibile, alle problematiche legate alla situazione attuale. Il Diversity Management si pone l’obiettivo di promuovere la valorizzazione e l’inclusione di persone provenienti da paesi terzi, con storie ed usi differenti all’interno del luogo di lavoro. L’elaborato si pone come obiettivo quello di spiegare cos’è il Diversity Management attraverso un percorso storico e sociale, individuando i benefici che l’azienda può trarre dall’introduzione dei rifugiati nel proprio organigramma. È stata effettuata una breve analisi della logica win-win intesa come creazione di benefici sia per le diversità che per l’azienda e degli strumenti utili per poter gestire le diversità all’interno dell’azienda. In seguito, ci siamo concentrati sul tema dei flussi migratori e, in particolare, sulla figura del rifugiato inquadrandolo da un punto di vista giuridico e com’è possibile, per l’Unione Europea, giungere ad una integrazione lavorativa di questi soggetti. L’ultima parte del report si articola in tre interviste: la prima a Christian Richmond Nzi, creatore dell’applicazione MyGrants con cui tenta di promuovere l’inserimento di migranti e dei rifugiati nel mondo del lavoro; la seconda a Monica Magri, HR group Adecco, la quale ha fornito una serie di informazioni riguardanti le modalità di inserimento, assunzione e integrazione di rifugiati. Per concludere, l’intervista a Monia Dardi, Project Manager di Fondazione Adecco per le pari opportunità la quale ci ha fornito un case history sul valore che un rifugiato può rappresentare per l’azienda.
  • 4. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 3 CAPITOLO 1: IL DIVERSITY MANAGEMENT 1.1 Diversity Management: origini storiche e sociali Diversity Management è un termine esistente da qualche decennio, indica l’insieme di pratiche e politiche che tendono a valorizzare le varie diversità (di genere, di etnia, di orientamento sessuale, di abilità fisiche) in ambito lavorativo, supportando vari stili di vita e occupandosi delle diverse esigenze1 . I cambiamenti demografici subiti dalla società, i cambiamenti dati alla forza lavoro, l’aumento della differenziazione dei clienti e dei vari mercati, il nuovo modo di lavorare all’interno del mondo aziendale, fanno in modo che esista una valorizzazione sempre più importante delle diversità culturali espresse dalle Risorse Umane. La diversità è data dal modo di lavorare e dalle esigenze differenti delle varie persone. Accogliere seguendo la visione del Diversity Management significa identificare queste differenze per poterle poi coordinare in modo attivo, utilizzarle per aumentare la competitività aziendale e di conseguenza le possibilità di avere successo. Il Diversity Management è una progettazione di varie politiche di inclusione che presuppone un concetto diffuso di cultura; le suddette si possono manifestare in vari modi ad esempio attraverso iniziative per l’assunzione di soggetti disabili, l’adozione di forme di lavoro flessibile, corsi di formazione o ancora, attraverso borse di studio per persone con alti potenziali di sviluppo. Il Diversity Management è considerato come un cambiamento culturale e organizzativo che porta a creare un ambiente “inclusivo” nel quale le diversità degli individui, e di conseguenza dei gruppi, non siano pretesto di discriminazione ma punto di partenza per una maggiore attenzione e ascolto. L’organizzazione deve, quindi, entrare in una visione culturale di cui poter trarre beneficio dalla valorizzazione di tutte le persone che possono offrire un aiuto “unico”. Il Diversity Management si inserisce all’interno di un ambito più ampio, ovvero quello che riguarda la responsabilità sociale delle Imprese. La gestione delle Risorse Umane è l’implementazione di un contesto lavorativo e culturale organizzati in modo tale da poter valorizzare le differenze2 . Il Diversity Management nasce alla fine degli anni ‘80 nelle grandi aziende americane, le quali, trovandosi in un contesto con una popolazione multietnica, pensarono di poter valorizzare il talento del loro personale, percependo per primi che un’azienda “multiculturale” possiede una ricchezza potenziale, in termini di capitale umano, più elevata di una “monoculturale”. Il Diversity Management si pone l’obiettivo di valorizzare le risorse umane presenti in azienda in modo che tutti abbiano non solo le stesse opportunità, ma anche che i risultati ottenibili da queste siano maggiori della somma delle singole parti. Investire sulle diversità, sia personali che culturali, porta benefici anche sulla motivazione del singolo individuo, sul clima organizzativo aziendale e sulle possibilità di successo dell’intera organizzazione. 1.2 Diversità come valore aggiunto “Le persone sono diverse una dall’altra in molti modi: età, genere, scolarità, valori, aspetto fisico, intelligenza, personalità, abilità, forza fisica, e il modo di approcciare il lavoro “ cit. Jamieson. La diversità è un valore, sia la natura che la società ne sono ricche. Le differenze, soprattutto per la società, sono intrinseche nel concetto di diversità, un importante punto di forza. Ogni ambiente, anche in natura, estrae la sua energia dal mescolamento di percezioni, idee, punti di vista, pensieri 1 https://www.randstad.it/knowledge360/employer-branding/diversity-management-il-talento-non-ha-barriere/. 2 www.risorseumanehr.com.
  • 5. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 4 e differenti modi di lavorare. Fino a qualche decennio fa prevaleva l’idea indirizzata all’annullamento delle diversità e delle differenze tra i lavoratori secondo un prototipo in cui il lavoratore coincideva ad una persona sana, di pelle bianca e di sesso maschile. Di seguito i cambiamenti culturali, avvenuti anche a causa della globalizzazione, dei flussi migratori, dell’inclusione delle donne e delle persone con disabilità, dello sviluppo di nuove tecnologie, hanno indirizzato il mercato del lavoro all’eterogeneità. Il rispetto nei confronti delle diversità e l’integrazione costituiscono fondamentali punti di forza anche per quanto riguarda l’Employer Branding e di business: un ambiente nel quale tutti si sentono a proprio agio e si possono sentire liberi di esternare la propria diversità. L’inclusione delle diversità, inoltre, porta all’innovazione e al cambiamento dal momento che dà la possibilità di poter conoscere diversi punti di vista3 . Le stesse strutture delle città sempre più multiculturali in cui viviamo sono favorevoli alla vicinanza tra le differenti appartenenze di tipo territoriale, etnico, culturale o religioso e vari sistemi di simboli e valori. Il Diversity Management si mostra come un’azione articolata e trasversale che porta a realizzare ambienti di lavoro di maggiore confronto, flessibilità, condivisione e cambiamento con il fine di realizzare l’empowerment di ogni individuo che entra a fare parte del sistema aziendale. Praticare iniziative orientate al Diversity Management significa avviare dei processi organizzativi e comunicativi che danno la possibilità di fare emergere il potenziale cognitivo, relazionale e creativo intrinseco nel concetto di diversità riferita al genere, all’origine etnica, all’età, alle abilità fisiche, all’orientamento sessuale e alle identità di genere. Il concetto di Diversity Management si lega alle diverse strategie che le aziende muovono volontariamente per modificare le caratteristiche dell’ambiente di lavoro attraverso il reclutamento, l’inclusione e la promozione dei lavoratori che rispecchiano le tante diversità presenti nella società e attraverso diretti interventi nell’organizzazione del lavoro. Il Diversity Management mette al centro delle politiche aziendali le diversità in modo tale che sia possibile creare un ambiente di lavoro redditizio in cui chiunque possa sentirsi avvantaggiato, un ambiente in cui tutti gli individui con i propri talenti si sentano pienamente realizzati e in cui si possano perseguire obiettivi organizzativi. Per questo motivo, un numero sempre maggiore di aziende promuove politiche di diversity; tante aziende si sono trovate ad adottare politiche riguardanti la composizione della forza lavoro fondamentalmente per tre motivi: motivi etici, hanno spinto a scegliere determinate politiche che rendessero esplicita la responsabilità sociale dell’azienda e che mostrassero come le imprese facciano proprie le convinzioni etiche presenti nella società; motivi normativi, hanno portato ad adeguare le forme del proprio management e i comportamenti aziendali a quanto richiesto da un insieme di norme in cambiamento sui temi dell’equità, delle uguali opportunità e della sostenibilità; motivi economici, perché legati all’attesa di benefici che derivano dalla composizione della forza lavoro 4 . 1.3 La logica win-win Il Diversity Management presuppone che il successo dell’azienda non dipenda solo da fattori tecnologici e dal capitale finanziario, ma anche dalla valorizzazione del capitale umano. In questo modo il Diversity Management vede la risorsa umana non più come un numero o un costo per l’azienda, ma come uno strumento strategico fondamentale per l’agire dell’impresa. La gestione della diversità in azienda quindi porta, oltre che verso finalità competitive, a pensare a quella che viene chiamata logica win-win (io vinco – tu vinci). Ma cosa significa esattamente win-win? Da dove nasce 3 https://www.exportiamo.it/settori/1088/diversity-management-come-valorizzare-le-differenze-in-azienda/. 4 a cura di M. Buemi, G. Guazzo, M. Conte, “Il diversity management per una crescita inclusiva. Strategie e strumenti.”, FrancoAngeli Editore,2015.
  • 6. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 5 tale espressione? Il termine win-win indica una situazione in cui ci sono solo vincitori oppure una qualsiasi cosa che non reca danno a nessuno dei coinvolti. Secondo l’economista Stephen Covey la logica win-win, richiamando in particolar modo alla teoria dei giochi di John Nash, si applica non solo nel contesto lavorativo ma anche nella vita quotidiana. Gli individui, infatti, ogni giorno si trovano all’interno di un gioco dove ciascuno ha degli obiettivi da perseguire per raggiungere il proprio benessere. L’interazione con gli altri, però, è come essere su una bilancia: se da una parte uno sale dall’altra qualcun altro scende. Questo permette di raggiungere il massimo obiettivo ma non è la soluzione migliore; il miglior risultato è far sì che la bilancia rimanga in equilibrio5 . Per Colley, invece, si possono raggiungere molti più obiettivi se si impara a collaborare con gli altri mentre in caso di conflitti bisogna raggiungere una soluzione che deve essere “la più equa per tutti”. In presenza di conflitti di idee e di valori tra due o più persone siamo abituati a pensare che se uno vince l’altro perde. Thomas Gordon, psicologo e scrittore americano, parlando proprio di logica win-win fa notare come la gestione dei conflitti può portare non ad una logica win-lose, come detto prima, bensì ad una soluzione efficace per tutti e due basandosi su rispetto, parità ed equilibrio. In particolare Gordon delinea 6 fasi: 1) Identificazione e definizione del conflitto; 2) Emersione delle possibili soluzioni; 3) Valutazione delle soluzioni emerse; 4) Scelta della soluzione più conveniente; 5) Attuazione della decisione stabilendo ruoli, mansioni e tempi; 6) Revisione e rivalutazione della decisione anche cambiandola6 . Sembra che questa logica sia la miglior soluzione per risolvere i conflitti ma, a dir la verità, non tutti la pensano in questo modo. Molti vedono l’applicazione di questa logica come una partita a carte scoperte dove si sa già, fin dall’inizio, di dover accettare un compromesso. Proprio per questo essere disponibili ad essere cooperativi può generare una soluzione che sarà tutt’altro che cooperativa. Pensare in termini di vantaggio competitivo è l’obiettivo della logica win-win cercando accordi vantaggiosi per le parti, incoraggiare le relazioni e cercare insieme soluzioni per apportare maggiori benefici per tutti. All’interno di un contesto aziendale la logica win-win prevede, oltre alla possibilità di creare vantaggi in termini economici, anche una liberazione del potenziale e delle aspirazioni dei singoli individui generando un coordinamento tra il perseguimento degli obiettivi da parte dell’organizzazione e i bisogni dei singoli lavoratori. Quali sono i vantaggi che si possono riscontrare nell’attuazione del Diversity Management? Il primo vantaggio va a favore del personale dell’azienda che attua il Diversity Management e, in particolare, la logica win-win in quanto si registrano benefici sia dal punto di vista dell’inserimento aziendale che in termini di risoluzione di tematiche sensibili. Per quel che concerne il primo punto, vi è, infatti, la possibilità di ottenere avanzamenti di carriera anche se si ricoprono posizioni poco qualificanti mentre il secondo riguarda la presenza di diversità che, nello stesso contesto lavorativo, crea un valore aggiunto per tutte le persone coinvolte. Attraverso semplicemente delle cene aziendali o eventi, i lavoratori si incontrano, si conoscono meglio e danno vita a relazioni interpersonali sia dentro che fuori l’azienda. Anche gli stakeholders, persone che hanno interesse affinché l’azienda possa essere competitiva, favoriscono l’interazione con le diversità. Altro vantaggio riguarda la possibilità di veder riconosciute le proprie abilità ed i propri meriti e, quindi, opportunità di sviluppo professionale. Molto più significativi sono i benefici che ne trae l’azienda stessa dalla presenza di diversità al proprio interno il quale, attraverso un alto grado 5 https://www.a1life.it/2014/07/pensare-win-win/. 6 https://www.niederdorfitalia.info/gestione-dei-conflitti-2/.
  • 7. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 6 di coinvolgimento, avrà una più ampia partecipazione all’interno dell’organizzazione aziendale. Un ruolo molto importante, nell’ambito organizzativo, viene svolto dai manager di alto livello che vedono le diversità come una vera e propria risorsa all’interno dell’azienda stessa. La presenza di diversità all’interno dell’azienda può portare anche vantaggi dal punto di vista del business. L’avere diversità all’interno dell’organizzazione aziendale permette anche di avere stili di pensiero diversi che possono generare innovazioni. Inoltre, come dimostrato da alcuni studi7 , l’azienda, tramite l’attuazione del Diversity Management, può ottenere enormi vantaggi dal punto di vista della sua reputazione. Ultimo ma non meno importante vantaggio è dato dall’attuazione della logica win-win che può generare canali di riproduzione quali l’apertura di start-up da parte di ex personale di aziende coinvolte nel Diversity Management, possibile apertura da parte degli ex fornitori e degli ex clienti in una logica Business to Business con queste nuove start-up, forti stimoli e maggiore coesione con le comunità locali e, infine, una buona relazione con i policy maker (attori pubblici locali, e nazionali) per quel che riguarda l’attuazione di nuove normative sul tema del lavoro. Sono quindi molti i possibili vantaggi che l’organizzazione, il territorio e gli stessi dipendenti possono ottenere dall’attuazione del Diversity Management e dalla logica win-win. Non tutti i paesi, però, hanno applicato tale logica e la strada sembra ancora molto lunga e piena di ostacoli. 1.4 Gli strumenti del Diversity Management La gestione delle diversità pone le aziende davanti a delle scelte volte a favorire la libera espressione del lavoratore8 . Le iniziative promosse dall’azienda per perseguire l’obiettivo del Diversity Management sono di vari tipi, primo tra tutti il reclutamento. Sicuramente è molto più semplice riprodurre una omogeneità della forza lavoro rispetto alla promozione dell’eterogeneità ma, non per questo, i processi di recruiting sono molto semplici in quanto non si tiene conto della diversità ai fini della selezione. Le ragioni dell’impiego di personale straniero, come si vedrà meglio successivamente, sono varie: ad esempio il soddisfare offerte di lavoro dove vi è mancanza di manodopera nazionale, mentre per la selezione di manager professionisti, si valuta la loro esperienza internazionale. La fase di selezione è uno dei problemi principali per le persone straniere e disabili. Qui la variabile etnica può assumere un valore molto forte ma, sostanzialmente, all’interno delle aziende la selezione può avvenire ricorrendo a vari modi come, per esempio, le raccomandazioni di altri dipendenti stranieri9 . Questo è un meccanismo poco formale che si tende ad evitare per passare, quindi, a pratiche più tradizionali attingendo dai profili presenti nei database aziendali. Terminata la selezione i lavoratori sono coinvolti in programmi di formazione atti ad aumentare le competenze necessarie per creare un ambiente di lavoro inclusivo e basato sulla valorizzazione delle diversità ma anche per aumentare le opportunità di sviluppo e le capacità di contributo dei soggetti stessi. In particolare tali procedure si concretizzano in periodi di affiancamento ad altri lavoratori oppure attraverso corsi base di formazione aventi oggetto vari temi (sicurezza sul lavoro, lingua italiana, cultura aziendale ecc.). Altro strumento fondamentale del Diversity Management concerne l’utilizzo di tecniche di valutazione in modo da perseguire obiettivi riguardanti 7 Una ricerca condotta da Focus Management ha mostrato come 3 italiani su 4 preferiscono acquistare prodotti di aziende che portano avanti il tema del Diversity e Inclusion. http://www.vita.it/it/article/2019/10/09/puntare-su-diversity-e-inclusion-fa-bene-anche-ai-conti- aziendali/152904/. 8 A cura di M. Buemi, M. Conte, G. Guazzo, “Il Diversity Management per una crescita inclusiva – Strategie e strumenti”, FrancoAngeli editore, 2015. 9 L.M. Visconti, “Diversity management e lavoratori migranti, linee guida per il caso Italia”, Egea, 2007.
  • 8. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 7 la gestione delle risorse umane. In questo ambito, molto importanti sono sia il management ma anche la figura del coordinatore il quale, essendo un tramite tra la direzione e i lavoratori, compila report riguardanti l’attività svolta dal lavoratore. Strumenti considerati critici ai fini del perseguimento degli obiettivi sono i meccanismi motivazionali come incoraggiamenti, incentivi economici e il clima interno. Tramite questi strumenti il Diversity Management cerca di creare un clima di consapevolezza. Gli stessi mezzi di mentoring (percorsi di accompagnamento degli stranieri all’interno dell’azienda in modo da porli in una situazione stabile sia individualmente che in gruppo) e di networking (network aziendali basati su relazioni di conoscenza personale e fiducia) permettono ai lavoratori contraddistinti da una diversità di poter partecipare e condividere esperienze con gli altri individui all’interno dell’azienda. Un altro strumento utile alla gestione delle disuguaglianze riguarda l’adozione di strumenti di comunicazione, interna ed esterna, in modo che l’azienda si faccia conoscere e promuova all’esterno i temi connessi alla gestione delle diversità. Infine, i manager aziendali possono porre in essere iniziative di welfare aziendale, uno strumento di forte crescita e competitività. Con questo termine si vuole indicare una serie di iniziative poste dall’azienda dove a beneficiarne sono i dipendenti i quali entrano in condizione di lavorare al massimo delle loro potenzialità. Grazie a questi interventi le aziende posso avere numerosi vantaggi in termini di clima interno, maggiore motivazione dei dipendenti e un maggior senso di appartenenza all’azienda da parte dei lavoratori, aumento della qualità della vita dei dipendenti (grazie all’introduzione di buoni pasto, creazione di asili nido aziendali, campus estivi per i figli, salute e tempo libero)10 . La logica qui è di passare dal vecchio welfare state, dove era solo lo stato ad erogare servizi per il benessere dei cittadini, ad un welfare mix, dove anche le aziende erogano tali servizi per il bene dei propri lavoratori11 . 1.5 Breve indagine esplorativa sul Diversity Management Per capire la situazione attuale, abbiamo deciso di compiere una breve indagine tramite il nostro Network di amicizie e conoscenze che comprendono studenti e professionisti che lavorano in organizzazioni di vario genere. L’indagine è stata caricata online sui canali social come Linkedin e Facebook, ricevendo 187 risposte. Prima di entrare nello specifico della materia in questione, si è deciso di indagare il background degli intervistati, chiedendo sesso, età e professione. Per quanto riguarda il sesso, le donne che hanno partecipato sono 86 (45,3%) mentre i restanti 104 (54,7%) sono uomini. La fascia d’età che ha maggiormente partecipato va dai 18 ai 29 anni (53,7%). Riguardo alla professione 92 persone (48,4%) erano lavoratori e lavoratrici, 75 erano studenti (39,5%), i restanti erano in cerca di occupazione e pensionati. Per addentrarci nel tema, abbiamo posto la domanda “Hai mai sentito parlare di Diversity Management?”; le risposte hanno delineato che il 64,4% non ha mai sentito parlare di questa tematica. Questo evidenzia una scarsa conoscenza di questo tema. 10 https://www.idealavoro.it/project/benefici-del-welfare-aziendale/. 11 L.M. Visconti, “Diversity management e lavoratori migranti, linee guida per il caso Italia”, Egea, 2007.
  • 9. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 8 1.6 Come cambia il mercato del lavoro italiano considerando le urgenze migratorie degli ultimi anni, il ruolo chiave del Diversity Manager: Focus sui rifugiati Il tema del cambiamento del mercato del lavoro è delicato e oggetto di dibattiti politici da anni. Un ruolo rilevante lo potrebbe giocare Il Diversity Management e le politiche inclusive aziendali. Queste sono rivolte alla gestione delle risorse umane, e finalizzate alla valorizzazione e inclusione delle differenze cui ciascun individuo promuove come portatore di valore all’interno dell’organizzazione. Prima di concentrarci sullo status di rifugiato parliamo, innanzitutto, delle urgenze migratorie in Italia portando qualche numero per avere una visione di insieme. Dalle fonti statistiche Istat12 agli inizi del 2019 la popolazione di origine straniera, regolarmente residente sul territorio italiano, ha superato i 5 milioni di persone (5.255.503). L'immigrazione contemporanea che coinvolge l'Italia è caratterizzata da una popolazione di uomini e donne in larga parte di giovane età con differenti origini nazionali, comunitarie e non. Sul totale dei 5 milioni di residenti con origini straniere quasi 3,5 milioni sono contribuenti, con una stima di sostegno al PIL italiano di circa 125 miliardi di euro. Nel confronto tra spesa pubblica in entrata e in uscita, in tema di immigrazione il saldo risulta positivo: 16,5 miliardi di contributi e di gettito fiscale contro i 12,6 miliardi del costo dei servizi e delle spese ministeriali a loro destinate. Tutto questo dimostra oggettivamente quanto l'immigrazione costituisca una risorsa per la crescita economica del Paese, soprattutto se si tiene in conto anche l'attuale progressivo processo di invecchiamento demografico nazionale e le conseguenti future ripercussioni sul mercato del lavoro. In gran parte i lavoratori immigrati ricoprono ruoli generalmente di basso livello e tendenzialmente dequalificati, talvolta anche rispetto alla loro alta formazione. Secondo i risultati degli studi relativi al tema, emerge però che i casi di attivazione di politiche di Diversity Management appaiono orientate quasi esclusivamente verso due destinatari: donne e disabili. Riprendendo i dati dell'indagine svolta nel 2014 per volere della Commissione Europea13 , in riferimento alla realtà italiana il dato che più risalta sugli altri dimostra che l'obiettivo delle attività rivolte alla valorizzazione delle diversità riguarda per il 65% la questione della parità tra generi. Al secondo posto, a distanza dal primo, immaginando una classifica dei temi di maggiore interesse nell'ambito delle diversità, compare il 24% relativo alla disabilità. Fanalini di coda sono la discriminazione in base alle origini culturali (10%), all'orientamento sessuale (7%) e al credo religioso e alle opinioni personali (2%). I dati segnano un evidente direzione delle politiche di Diversity Management che sembrano non tener conto delle urgenze migratorie, specialmente per quel che riguarda i rifugiati. Questo succede anche 12 Fonte ISTAT 2019. 13 Note: I dati relativi al contributo economico della forza lavoro straniera derivano dagli atti del convegno di presentazione a Roma, il 22 ottobre 2015, del Rapporto annuale sull'economia dell'immigrazione. Stranieri in Italia attori dello sviluppo (Edizione 2015), prodotto della Fondazione Leone Moressa. http://www.fondazioneleonemoressa.org/newsite/wp-content/uploads/2015/11/Atti- convegno_Rapporto- 20151.pdf. Agg. 07.2016.
  • 10. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 9 perché è necessario garantire ai datori di lavoro sufficienti certezze in ambito legale al momento dell’assunzione di un rifugiato all’interno dell’azienda. Non esiste solo la difficoltà derivante dal condizionamento che i differenti status legali possono determinare in relazione all’accesso al lavoro, ma anche quella legata alla durata del soggiorno nel Paese di accoglienza dei richiedenti asilo, rifugiati e altri beneficiari di protezione internazionale, che può determinare ulteriori incertezze in relazione alla possibilità di assumerli. Se da un lato, di norma, i rifugiati sono titolari di uno status legale certo, dall’altro tale status, in alcuni paesi, può essere soggetto a rinnovo dopo alcuni anni. Inoltre, beneficiari di altro tipo di protezione internazionale potrebbero avere uno status più precario che potrebbe porre maggiori incertezze sulla rinnovabilità del permesso ed essere limitato ad un anno. Inoltre, un cambiamento delle politiche in vigore nel Paese di accoglienza, eventualità fuori dal controllo dei datori di lavoro, potrebbe alterare le condizioni in base alle quali i rifugiati possono soggiornare e, di conseguenza, lavorare. Tale incertezza potrebbe scoraggiare i datori di lavoro nell’assumere persone con un permesso temporaneo e ad investire nel miglioramento delle loro competenze e nella formazione. In pratica, uno status giuridico che non garantisce certezze può condizionare fortemente le possibilità di accedere al mercato del lavoro dei rifugiati e di altri beneficiari di protezione internazionale14 . Lo stesso vale per l’istruzione e la formazione professionale previste dal contratto di apprendistato, che in molti paesi rappresenta un valido canale per conseguire un impiego duraturo per i rifugiati e altri beneficiari di protezione internazionale. Tuttavia, considerato che la formazione durante l’apprendistato può richiedere fino a tre anni, ammettere richiedenti asilo, rifugiati o altri beneficiari di protezione internazionale con uno status giuridico precario pone seri rischi per i datori di lavoro. Alla luce di ciò, i beneficiari stessi di protezione internazionale potrebbero essere meno inclini ad impegnarsi appieno nell’apprendimento della lingua del paese di accoglienza, frequentare un corso di formazione di lunga durata, o acquisire altre competenze utili per un determinato paese, se non vi sono certezze rispetto alle prospettive di poter trattenersi. È necessario garantire il soggiorno regolare durante il periodo di istruzione e formazione professionale. Questo è il principale motivo per cui le politiche di Diversity Management hanno difficoltà a investire nel rifugiato. Le azioni proposte per ovviare al problema si distinguono in base ai soggetti di riferimento. Per le autorità pubbliche e i servizi per l’impiego: • Considerare l’impatto potenzialmente negativo sul mercato del lavoro del rilascio di permessi di soggiorno rinnovabili per i rifugiati e di permessi di minore durata per i beneficiari di altri tipi di protezione internazionale; • Mitigare il rischio che le imprese corrono investendo nella formazione professionale di richiedenti asilo e beneficiari di protezione internazionale con uno status giuridico precario o di durata limitata, prevedendo meccanismi che possano garantire la certezza della legalità del soggiorno durante il periodo di formazione. Per le associazioni datoriali: • Informare i datori di lavoro sui diritti di cui godono i richiedenti asilo e i beneficiari di protezione internazionale; • Informare e sensibilizzare i governi su come l’incertezza giuridica rappresenti uno dei principali ostacoli all’assunzione e agli investimenti per la formazione dei beneficiari di protezione internazionale da parte delle aziende. 14 https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2019/09/OECD-UNHCR-Action-Plans.pdf
  • 11. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 10 Per le organizzazioni della società civile: • Assistere rifugiati e imprese fornendo loro informazioni sui diritti del lavoro. CAPITOLO 2: REFUGEES 2.1 I processi di migrazione umanitaria negli ultimi anni Fin dall’antichità, la storia umana è stata caratterizzata da picchi di grande migrazione di massa. Il XXI secolo ha segnato l’inizio di un’altra grande ondata di migrazioni forzate con milioni di persone che si muovono15 . Inoltre negli ultimi anni, alla luce dei recenti flussi migratori via via caratterizzati da una quota sempre maggiore di ingressi relativi al canale umanitario, è emersa una letteratura empirica che guarda alla distinzione tra i migranti economici, cioè quelli arrivati per motivi di lavoro, famiglia o studio, e quelli entrati per motivi umanitari, ovvero i rifugiati e i richiedenti asilo16 . La causa principale delle migrazioni forzate è costituita da situazioni di guerra e di instabilità oltre che all’acuirsi e cronicizzarsi di alcune di queste situazioni. Tali situazioni, se inizialmente possono provocare migrazioni interne al paese per la ricerca di zone più sicure, col permanere della situazione generano migrazioni verso l’esterno. Se la causa principale delle migrazioni forzate è costituita da situazioni di guerra e di instabilità, vi sono però altri fattori che agiscono spesso in concomitanza con tale motivazione, quali: • disuguaglianze economiche (nel 2017, l’1,75% della popolazione usufruisce del 56% del reddito mondiale, mentre il 37% della popolazione vive in condizioni di povertà); • disuguaglianze nell’accesso al cibo (secondo i dati della FAO, ogni anno si sprecano nel mondo 1,3 miliardi di tonnellate di prodotti alimentari mentre si stima che 795 milioni di persone soffrono la fame); • disuguaglianze nell’accesso all’acqua; nonostante l’Assemblea generale dell’ONU abbia riconosciuto l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico sanitari un diritto umano fondamentale, la mappa della distribuzione dell’acqua potabile nel mondo mostra una evidente disuguaglianza e una mancanza di accesso all’acqua potabile che colpisce più che altro le popolazioni delle aree rurali più povere del mondo sono quelle più colpite15 . Le migrazioni dovute ai cambiamenti climatici sono già in atto da ormai qualche anno, ma hanno avuto poco spazio nel dibattito pubblico, strette e sovrapposte come spesso sono ad altre migrazioni. Secondo la Banca Mondiale, entro il 2050, fino a 143 milioni di persone che attualmente vivono nei paesi dell’Africa subsahariana, dell’Asia meridionale e dell’America Latina, potrebbero infatti essere costrette a muoversi all’interno dei propri paesi, fuggendo dalle aree meno vitali con minore disponibilità idrica e produttività delle colture o da zone che saranno colpite dall’innalzamento del livello del mare e dalle mareggiate17 . Si fugge dal fenomeno del “Land Grabbing”. Tanti Paesi, direttamente o attraverso fondi di investimento privati, comprano (o affittano a lungo termine) terre 15 https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2017/10/Rapporto_2017_web.pdf. 16 https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2017-. 17 https://openmigration.org/analisi/migranti-e-cambiamenti-climatici-chi-migra-perche-e-come-intervenire-per- porvi-rimedio/.
  • 12. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 11 assolate e produttive più che altro in Africa (dove si stima ci sia circa il 70% delle terre interessate dal fenomeno) per garantirsi il cibo ma così facendo cambiano il territorio convertendo le produzioni in monoculture utili per la vendita nei loro Paesi di origine ma che non servono a nutrire il Paese in cui si trovano. Si fugge anche dalla instabilità creata dagli attentati terroristici. Secondo il rapporto Global Terrorism Index 2016, la geografia del terrore si concentra maggiormente in 5 Paesi, che da soli arrivano al 72% delle vittime totali: Iraq, Afghanistan, Nigeria, Siria e Yemen. Il complesso delle cause sopra esposte ha generato un numero molto elevato e crescente nel tempo di spostamenti forzati delle popolazioni colpite da simili tensioni e disuguaglianze: nel 2016, nel mondo, 65,6 milioni di persone sono migrate dai loro luoghi di residenza, di questi 22,5 milioni erano rifugiati e 2,8 milioni richiedenti asilo15 mentre a fine 2018 erano 70,8 milioni le persone migrate forzatamente di cui 25,9 rifugiati e 3,5 milioni di richiedenti asilo. Complessivamente, oltre i due terzi di tutti i rifugiati nel mondo provengono da soli cinque paesi: Siria, Afghanistan, Sudan, Myanmar e Somalia18 mentre sono le regioni in via di sviluppo quelle che continuano a sostenere la responsabilità maggiore in termini di accoglienza di persone rifugiate in modo sproporzionato rispetto ad altre regioni. Secondo la classificazione della Divisione Statistica delle Nazioni Unite, nove dei primi 10 Paesi d’asilo al mondo si trovano in regioni in via di sviluppo. Tre di questi (Repubblica Democratica del Congo, Etiopia e Uganda) rientrano nella categoria dei Paesi meno sviluppati e soffrono pertanto di problemi strutturali che impediscono loro uno sviluppo sostenibile, a cui si aggiungono le difficolta di gestire un flusso significativo di rifugiati19 . Al di là delle direzioni e dei numeri, un dato è chiaro e consistente: le migrazioni forzate di massa sono un fatto che riguarda soprattutto il Sud del mondo, sia come paese di origine che come destinazione (l’85% dei migranti trova rifugio in un paese del Sud limitrofo a quello di partenza). È anche vero che i flussi, le rotte e gli andamenti delle migrazioni dipendono molto dalle decisioni politiche, dalle leggi di riferimento applicate a livello internazionale e nei paesi di destinazione e da accordi stipulati tra i paesi20 . Spostando l’attenzione sulle rotte che portano i migranti dall’Asia e dall’Africa in Europa, nel 2018 il numero di arrivi irregolari in Europa - per via terrestre e marittima - è diminuito del 95% rispetto all'estate del 2015, dato nettamente in controtendenza rispetto ai dati a livello mondiale. Gli andamenti dei flussi di viaggi attraverso il Mediterraneo, in particolare sulla rotta del Mediterraneo centrale e orientale, hanno risentito molto anche dagli accordi presi con i governi di Turchia e Libia, entrambe nazioni cui è stato attribuito il ruolo del gatekeeper, e cioè del guardiano al di fuori dei territori europei. Nel primo caso, a seguito dell’accordo con la Turchia siglato dall’UE nel marzo 2016, in cambio di aiuti economici pari a oltre 3 miliardi di euro la rotta attraverso la Grecia è stata quasi del tutto chiusa (riduzione del 94% del flusso). Un andamento simile è risultato dall’accordo tra Italia e Libia, stipulato dal governo italiano nei primi mesi del 2017, che ha portato a una netta diminuzione dei viaggi verso la Sicilia e il Sud Italia, andamento confermato anche dai flussi dell’estate 2018 e 201921 . 2.2 Integrazione e Unione Europea Negli ultimi anni gli Stati membri dell'Unione Europea hanno vissuto un aumento dei flussi migratori senza precedenti. Migliaia di persone, provenienti in gran parte dal continente africano, hanno cercato rifugio e protezione in Europa per via delle guerre e della povertà presenti nei loro paesi 18 https://www.unhcr.org/globaltrends2018/. 19 https://www.unhcr.org/europe-emergency.html. 20 https://www.focus.it/comportamento/economia/la-geografia-delle-migrazioni. 21 http://www.vita.it/it/article/2019/02/14/dal-2015-al-2018-ecco-come-sono-cambiate-le-migrazioni-verso- leuropa/150681/.
  • 13. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 12 d'origine. Tale problematica ha posto la necessità urgente di una politica comune europea per effettuare una efficace integrazione e inclusione dei rifugiati arrivati in Europa, in particolare in ambito lavorativo22 . Difatti il lavoro, nel suo aspetto simbolico e materiale, è uno degli ambiti decisivi su cui puntare per favorire l’integrazione. Oltre al valore meramente economico, legato alla sussistenza, il lavoro innesca dinamiche positive sia a livello individuale che di comunità. Essere inseriti in un contesto lavorativo permette alle persone di apprendere più velocemente la lingua, le abitudini e le regole sia implicite che esplicite del luogo in cui si trovano23 . È possibile però raggiungere un’efficace integrazione dei rifugiati nel mercato del lavoro solo tramite gli sforzi congiunti di tutte le parti interessate: vale a dire i datori di lavoro e le relative associazioni, i sindacati, le organizzazioni rilevanti della società civile e i rifugiati stessi. I datori di lavoro possono infatti offrire opportunità ai rifugiati proponendo tirocini, formazione sul lavoro e, infine, un contratto di lavoro; le camere di commercio e le associazioni datoriali possono aiutare le parti interessate a orientarsi all’interno del quadro giuridico; i sindacati, insieme alle imprese, possono impegnarsi per creare un ambiente di lavoro accogliente per i rifugiati e garantire che i loro diritti e doveri di dipendenti siano rispettati; la società civile può, infine, facilitare la migliore corrispondenza fra domanda e offerta di lavoro e la formazione di tutte le parti coinvolte24 . Per favorire tale processo l'Unione Europea negli ultimi anni ha vagliato diverse misure ad hoc che coinvolgono le istituzioni dell'UE, gli stati membri, le autorità locali e le parti sociali e organizzative della società civile. Per quanto riguarda il mercato del lavoro e la formazione professionale l'UE si è fatta promotrice di quattro azioni concrete: • Promuovere l'inserimento dei rifugiati nel mercato del lavoro e la formazione professionale dei rifugiati; • Promuovere la condivisione di pratiche sull'integrazione nel mercato del lavoro attraverso programmi e fondi esistenti; • Rafforzare le capacità dei comuni e degli enti locali sulle pratiche dell'integrazione e accoglienza dei rifugiati, con particolare attenzione al mercato del lavoro; • Individuazione delle migliori pratiche per promuovere e sostenere l'imprenditorialità dei migranti e finanziare progetti per la loro diffusione25 . In relazione all’intervento UE su tema in questione, è di particolare importanza il "Partenariato europeo per l'integrazione", tale documento fu sottoscritto il 20 Dicembre 2017 tra la Commissione europea e le parti economiche e sociali dell'UE (CES, BusinessEurope, UAPME, CEEP e Eurochambers). L'obiettivo del Partenariato è quello di fissare i principi fondamentali e gli impegni, volti a rafforzare le opportunità di integrazione nel mercato del lavoro dei rifugiati che soggiornano legalmente nell'UE. In particolare, tra gli impegni assunti dalle parti economiche e sociali, si annovera l'organizzazione di programmi di tutoraggio per integrare i rifugiati nei luoghi di lavoro, la valutazione e la documentazione delle competenze e delle qualifiche, la promozione della collaborazione tra i propri membri e le autorità pubbliche a tutti gli opportuni livelli. La Commissione Europea si impegna 22 http://migrempower.eu/resources/transnational-report/italy/Transnational_Report(Italian).pdf. 23 https://www.refworld.org/cgi-bin/texis/vtx/rwmain/opendocpdf.pdf?reldoc=y&docid=5513d0e14. 24 https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2019/09/OECD-UNHCR-Action-Plans.pdf . 25 http://migrempower.eu/resources/transnational-report/italy/Transnational_Report(Italian).pdf.
  • 14. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 13 invece a promuovere sinergie grazie ai fondi UE e assicurare il coordinamento con altre iniziative analoghe a livello europeo26 . 2.3 Lo status di rifugiato in Italia Lo straniero, perseguitato nel suo paese di origine, può avere asilo e protezione sul nostro territorio con il riconoscimento dello status di rifugiato. Tale diritto è garantito dall’art.10 comma 3 della Costituzione: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Nello specifico, il rifugiato è un cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese. Può trattarsi anche di un apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale e, per le stesse ragioni, non può o non vuole farvi ritorno27 . Il cittadino straniero può entrare in Italia se è in grado di documentare il motivo e le condizioni del soggiorno, oltre alla disponibilità di mezzi sia per mantenersi durante il soggiorno che per rientrare nel Paese di provenienza tranne i casi di ingresso per motivi di lavoro. Non è ammesso in Italia chi non soddisfa questi requisiti, o è considerato una minaccia per la sicurezza nazionale o di uno dei Paesi con cui l'Italia ha siglato accordi per la libera circolazione delle persone tra le frontiere interne. Per entrare in modo regolare in Italia è necessario il passaporto o altro documento di viaggio e il visto di ingresso (per visita e/o turismo, per lavoro, per studio e/o ricerca, per famiglia, ecc.), che va richiesto all'ambasciata o ai consolati italiani nel Paese d'origine o di residenza stabile del cittadino straniero extracomunitario. L'ingresso in Italia è consentito con visti per soggiorni di breve durata, validi fino a 3 mesi, e per soggiorni di lunga durata che comportano la concessione di un permesso di soggiorno (di lunga durata) con motivazione identica a quella del visto28 . Una volta che le Commissioni Territoriali hanno riconosciuto la sussistenza dello status di rifugiato il cittadino straniero può godere di un importante pacchetto di diritti previsti dalla Convenzione di Ginevra (1951): • accesso al lavoro; • diritto al ricongiungimento familiare; • diritto all’assistenza sociale; • diritto all’assistenza sanitaria; • diritto a richiedere un documento di viaggio equipollente al passaporto; • diritto all’istruzione pubblica; • diritto di circolare liberamente all’interno del territorio dell’Unione Europea (esclusi Danimarca e Gran Bretagna) senza alcun visto, per un periodo non superiore a 3 mesi; • diritto a chiedere la cittadinanza italiana dopo 5 anni di residenza in Italia; • diritto al matrimonio; • diritto a partecipare all’assegnazione degli alloggi pubblici; 25 https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_17_5352. 26 https://www.interno.gov.it/it/temi/immigrazione-e-asilo/protezione-internazionale. 28 interno.gov.it/it/temi/immigrazione-e-asilo/modalita-dingresso.
  • 15. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 14 • diritto al rilascio della patente di guida29 . Il 27 Novembre 2018 con l'approvazione del ddl 840/2018, il cosiddetto decreto sicurezza e immigrazione, la legislazione su tale tema ha subito varie modifiche: il punto principale del decreto è la cancellazione dei permessi di soggiorno umanitari, una delle tre forme di protezione che potevano essere accordate ai richiedenti asilo (insieme all’asilo politico vero e proprio e alla protezione sussidiaria). La protezione umanitaria durava per due anni e dava accesso al lavoro e alle prestazioni sociali. Al suo posto il decreto introduce una serie di permessi speciali (per protezione sociale, per ragioni di salute, per calamità naturale nel paese d’origine) della durata massima di un anno. Altro punto importante è l’ampliamento della lista dei reati che comportano il ritiro della protezione internazionale (come ad esempio omicidio o gravi reati di droga) che, dall’approvazione del decreto, è passata a includere anche minaccia o violenza a pubblico ufficiale, lesioni personali gravi e gravissime, pratiche di mutilazione dei genitali femminili, furto aggravato, furto in abitazione e furto con strappo. Inoltre, lo status di protezione internazionale, riferito a tutte le forme di protezione, viene ritirato se il rifugiato ritorna, anche temporaneamente, nel suo paese d’origine. 2.4 Iniziative per l’inclusione lavorativa dei rifugiati in Italia L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha deciso di assegnare, a partire dal 2017, un riconoscimento alle aziende, cooperative e organizzazioni che in Italia si impegnano per favorire i processi d’integrazione lavorativa dei beneficiari di protezione internazionale attraverso il conferimento, ogni anno, di un logo, denominato “Welcome. Working for refugee integration”, che le aziende possono utilizzare nella loro comunicazione. La seconda edizione del premio Welcome. Working for refugee integration è stata caratterizzata da una partecipazione in crescita, entusiasta e prestigiosa, a riprova del forte impegno del settore privato nel promuovere l’inclusione sociale dei rifugiati; a questa edizione hanno partecipato 75 aziende di ogni dimensione operanti nei settori più vari. In particolare le grandi aziende hanno favorito un impiego più qualificato, dimostrando inoltre di perseguire percorsi di inserimento lavorativo che vadano oltre il processo di assunzione. Il progetto, sostenuto dal Ministero del Lavoro, Ministero degli Interni e Confindustria, prevede che il logo venga assegnato alle imprese che, in base alle proprie possibilità, si siano distinte per aver effettuato nuove assunzioni di beneficiari di protezione internazionale, o comunque abbiano favorito il loro concreto inserimento sociale e lavorativo, anche attraverso efficaci programmi di tirocinio e/o programmi innovativi e qualificati di formazione ed alle imprese che abbiano incoraggiato la nascita di attività di autoimpiego. A partire dalla edizione 2019, l’UNHCR intende valorizzare anche il ruolo di tutte quelle realtà che, a diverso titolo, sono impegnate nel favorire l’inclusione nel mercato del lavoro dei richiedenti e beneficiari di protezione internazionale conferendo, su base annuale, il logo “We Welcome” a cooperative, associazioni ed altri enti pubblici e privati che promuovono l’inserimento lavorativo dei beneficiari di protezione internazionale. Sia il logo “Welcome. Working for refugee integration” che il logo “We Welcome” vengono assegnati sulla base dell’insindacabile valutazione di un Comitato di Valutazione appositamente creato, costituito, tra gli altri, da rappresentanti del Ministero del Lavoro, Confindustria, Global Compact Network Italia e Sole 24 ore. Complessivamente, dal 2017, 120 aziende sono state premiate per aver favorito l’inserimento 29 https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2017/01/Convenzione-di-Ginevra-del-1951_.pdf.
  • 16. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 15 lavorativo di 1.200 rifugiati, ampliando l’orizzonte della loro responsabilità sociale30 . Un’altra iniziativa è quella avviata nel 2015, quando alla luce del numero senza precedenti di rifugiati e richiedenti asilo che arrivano nell'UE, i ministri della cultura nazionali hanno concordato di creare un nuovo gruppo di coordinamento politico sul dialogo interculturale31 , concentrandosi sull'integrazione di migranti e rifugiati nelle società attraverso l'arte e la cultura. Diversi progetti di integrazione sono stati sostenuti, come riportato nel European Web Site on Integration, oltre a 400 good practices32 relative al dialogo interculturale, alle attività culturali e alla diversità33 . Tra i progetti in Italia, partiti nel 2019 ed ancora ongoing, ci sono il progetto HUMUS, Modello innovativo per l'impiego etico dei richiedenti asilo in Piemonte34 e il progetto Integrating in Val Camonica35 , mentre tra i progetti meno recenti, c’è il progetto ANABASI – Labour market integration in the industrial sector che, partito nel 2016 in Piemonte, dopo un anno aveva permesso a 43 candidati su 80 di avere una formazione professionale certificata e di entrare nel mondo del lavoro. Questo progetto ha ricevuto nel 2017 il logo Welcome. Working for refugee integration36 . A favorire l’inclusione lavorativa dei rifugiati in Italia, in particolare ai livelli di alto impego, è anche l’iniziativa avviata per l’A.A. 2016/2017 in attuazione della risoluzione del Parlamento europeo del 26 novembre 2015. Il Ministero dell’Interno e la Conferenza dei rettori delle Università Italiane hanno sottoscritto Protocolli d’Intesa per sostenere il diritto allo studio di studenti meritevoli, titolari di protezione internazionale. Più di venti sono state le Università Italiane coinvolte e distribuite in tutta Italia. Nel primo primo anno sono state presentate 236 domande con un ampio ventaglio dei paesi di provenienza (Afghanistan, Camerun, Eritrea, Etiopia, Gambia, Iran, Iraq, Mali, Nigeria, Pakistan, Palestina, Siria, Somalia, Togo, Turchia e Yemen del Sud) ma solo il 15% di coloro che hanno aderito al bando erano donne. Anche per gli anni accademici successivi sono state messe a disposizione 100 borse di studio per rifugiati37 . 2.5 Pratiche di valorizzazione dei rifugiati Quando si analizzano i risvolti occupazionali è importante operare una separazione tra migranti economici e richiedenti asilo. Infatti, queste due tipologie di stranieri possono avere caratteristiche latenti diverse, sentieri occupazionali differenti e un diverso impatto sui mercati del lavoro nazionali. Sono almeno due le ragioni per cui le performance nel mercato del lavoro possono risultare differenti: la prima è che mentre i migranti per motivi economici, per definizione, scelgono il paese di destinazione massimizzando le possibilità occupazionali, la funzione obiettivo dei richiedenti asilo è invece quella di mettere in sicurezza la propria vita e quella dei familiari; le considerazioni di tipo economico, per questa tipologia di stranieri, risultano quindi secondarie. La seconda riguarda il contesto istituzionale: a differenza dei migranti per motivi economici, per i quali generalmente non esistono barriere dopo l’ingresso nel paese ospitante, la performance occupazionale dei rifugiati e dei richiedenti asilo può essere penalizzata da limitazioni normative che ne ostacolano la partecipazione al mercato del lavoro. Questi vincoli possono diminuire nel breve periodo il contributo 30 https://www.unhcr.it/progetto-welcome. 31 http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-13646-2015-REV-1/it/pdf. 32 https://ec.europa.eu/culture/policy/strategic-framework/intercultural-dialogue_en. 33 https://ec.europa.eu/migrant-integration. 34 https://ec.europa.eu/migrant-integration/intpract/humus-innovative-model-for-the-ethical-employment-of- asylum-seekers. 35 https://ec.europa.eu/migrant-integration/intpract/integrating-in-val-camonica-italy. 36 https://ec.europa.eu/migrant-integration/intpract/anabasi-labour-market-integration-in-the-industrial-sector. 37 https://www.interno.gov.it/it/notizie/100-borse-studio-studenti-protezione-internazionale.
  • 17. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 16 dei richiedenti asilo all’economia dei paesi ospitanti rispetto a quello apportato dalle altre tipologie di stranieri con conseguente ritardo nel processo di inclusione e valorizzazione16 . Da anni l’UE sostiene le politiche in materia di integrazione degli Stati membri attraverso le sue direttive per garantire parità di accesso al mercato del lavoro e facilitare l'accesso all'occupazione una volta concesso lo status di beneficiario della protezione; attraverso la definizione di veri e propri Piani di Azione per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi, finanziando iniziative a sostegno dell’inclusione nel mercato del lavoro (attraverso il Fondo Sociale Europeo-FSE) e misure preparatorie all’accesso nel mercato del lavoro (attraverso il Fondo Asilo – AMIF), numerosi Stati membri hanno elaborato, a seconda del contesto nazionale, politiche proprie in materia di integrazione. Per il periodo 2014-2020 l'UE ha aumentato del 70% i finanziamenti disponibili nel quadro del Fondo Asilo, migrazione e integrazione (AMIF) e del Fondo Sicurezza interna (ISF), e quelli destinati alle agenzie dell'UE competenti a sostenere gli Stati membri nei loro sforzi riguardo a gestione di frontiere e migrazione. Per il periodo 2014-2016 questo ha contribuito a fornire assistenza a 814 000 richiedenti asilo nell'Unione europea, sostenendo l'integrazione di 1 915 000 cittadini di paesi terzi e facilitando il rimpatrio di 83 500 persone38 . Tuttavia, nella maggior parte degli Stati membri, i tassi di occupazione dei cittadini di paesi terzi restano inferiori alla media registrata nel paese ospitante. Molti cittadini di paesi stranieri possiedono competenze superiori rispetto l'impiego trovato: oltre il 40% dei lavoratori provenienti da questi paesi in possesso di un titolo di studio superiore svolge occupazioni di livello medio o basso, a differenza del 20% dei cittadini del paese di accoglienza. I tassi di occupazione e di attività registrati per le donne tendono ad essere particolarmente bassi: nel 2014 meno della metà della popolazione femminile proveniente da paesi terzi era attiva, oltre il 16% in meno rispetto al tasso di occupazione delle donne cittadine dell'UE. È, quindi, indispensabile porre un'attenzione particolare alla loro integrazione nel mercato del lavoro. Inoltre, la convalida delle competenze e il riconoscimento delle qualifiche è fondamentale per garantire che le competenze individuali siano sfruttate al massimo del loro potenziale e che competenze indispensabili (es. linguistica) all’inserimento nel contesto sociale e lavorativo siano fornite da subito39 . La Commissione UE assicura anche il monitoraggio e la valutazione dei risultati raggiunti in materia di integrazione attraverso gli indicatori UE degli immigrati (i cosiddetti "indicatori di Saragozza"), contenuti nel rapporto “Settling In 2018. Indicators of Immigrant Integration”, pubblicato dalla Commissione europea e dall'OCSE. Questa seconda edizione (dopo la prima nel 2015) fornisce uno studio internazionale comparato sul livello di integrazione degli immigrati e dei loro figli nei paesi di accoglienza40 41 . 38 https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2017/IT/COM-2017-558-F1-IT-MAIN-PART-1.PDF Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'attuazione dell'agenda europea sulla migrazione. 39 https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2016/IT/1-2016-377-IT-F1-1.PDF Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Piano d'azione sull'integrazione dei cittadini di paesi terzi. 40 http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-15312-2016-INIT/it/pdf Conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri sull'integrazione dei cittadini di paesi terzi soggiornanti legalmente nell'Unione europea - Conclusioni del Consiglio (9 dicembre 2016). 41 http://www.integrazionemigranti.gov.it/Attualita/Notizie/Pagine/Indici-di-integrazione-dei-migranti.aspx.
  • 18. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 17 CAPITOLO 3: DIVERSITY WITH REFUGEES: DALLA TEORIA ALLA PRATICA 3.1 L’app MyGrants Abbiamo intervistato Christian Richmond Nzi originario della Costa d’Avorio. Ha lavorato nella Commissione Europea, in particolar modo, nel programma FRONTEX, agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. A seguito di questa esperienza ha deciso di mettere la sua qualifica e la sua competenza a disposizione di tutti, attraverso l’app MyGrants. L’idea dell’app MyGrants nasce con lo scopo di dare una risposta a un problema concreto, poiché non erano presenti sul mercato soluzioni digitali adeguate per soddisfare le richieste sia dei migranti per far esprimere il loro potenziale, sia degli stakeholders. L’app risulta ad oggi di fondamentale importanza per generare consapevolezza su diritti e doveri, sulla funzione del sistema di asilo e sulla formazione, per mappare le competenze pregresse e raggrupparle secondo il fabbisogno occupazionale. Alla fine del 2016, gli ideatori, tra cui il nostro intervistato Christian Richmond Nzi, attraverso una ricerca di mercato hanno identificato delle criticità e nello specifico ne identificano 4 ovvero: informazione, formazione, inserimento lavorativo e accesso al credito. Durante le fasi iniziali della sua creazione, non sono stati pochi i momenti critici a causa di difficoltà tecniche dovute ad una sovrapposizione multilingue necessaria per la traduzione e, quindi, comprensione del testo da parte di soggetti terzi. Inoltre, essendo essa una start-up, è stato dato accesso anche ad investitori privati, ma trovandosi in un settore complesso è stato particolarmente difficile selezionare degli investitori che fossero in sintonia con i loro ideali. In merito ai benefici riguardanti il paese, afferma Richmond Nzi, si è cercato di ottimizzare il periodo di attesa per il percorso di asilo e ciò ha avuto come effetto la riduzione della spesa pubblica, in particolar modo l’Italia ha la possibilità di poter trattenere sul territorio nazionale tutte quelle competenze di cui ha più bisogno. Attraverso quest’app non solo i migranti vengono a conoscenza dei loro diritti e doveri e informati sul cambiamento del sistema italiano, ma dà loro anche la possibilità di far emergere le loro competenze tecniche, massimizzare le competenze di cui sono in possesso trovando un posto di lavoro congruo al loro profilo. Un problema significativo per le aziende che ricercano figure professionali riguarda il lungo periodo che le agenzie interinali impiegano nella ricerca della figura da inserire e che spesso non risulta idonea. Con MyGrants hanno cercato di ovviare a ciò, riducendo le tempistiche a sole 24 ore, dando modo alle aziende di collaborare parallelamente sia con MyGrants che con le agenzie interinali, accorgendosi in tal modo della velocità con cui agisce l’applicazione e della presenza di un bacino di utenti che non era stato preso in considerazione. L’obiettivo che si sono posti con l’app è quello di smaterializzare i processi ed essere sempre più digitale, facendo in modo che l’azienda possa selezionare profili in base alle competenze ed alla qualità e non per il nome, il sesso, la nazionalità o la religione. In questo momento MyGrants è presente solo sul mercato italiano, che risulta essere il più difficile in tale ambito, ma l’intenzione degli ideatori è quella di creare un modello che possa essere adattabile a tutti i paesi, facendo in modo di poter condividere le informazioni anche con paesi terzi e ciò comporta la necessità di creare un modello che sia omogeneo. In Europa vige un sistema comune di asilo ma, per competenze esclusive, ogni stato può gestire alcuni processi autonomamente. Ad oggi la Commissione Europea cerca di trovare una soluzione condivisa da tutti gli stati e attraverso l’app si cerca di offrire un sevizio innovativo e più smart. Nel corso del 2020 l’evoluzione dell’app sarà incentrata su un modello di business indirizzato alle aziende, ponendo il focus non più sul passato ma sul potenziale creditizio42 , facendo in modo che mensilmente l’utente possa impostare 42 L’utente imposterà degli obiettivi che dovrà raggiungere a fine mese. A questi, verrà assegnato un punteggio convertito, successivamente, in cash che andrà in un salvadanaio digitale.
  • 19. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 18 degli obiettivi che sono collegati ad un percorso di formazione e qualora quest’ultimo sia in grado di raggiungere gli obiettivi fissati, saranno in possesso di dati utili per comprendere il suo grado di affidabilità. L’applicazione si è rivelata funzionale in quanto un’alta percentuale di utenti hanno ottenuto l’inserimento aziendale ed è stata riconosciuta in molte occasioni a livello nazionale. 3.2 Adecco e il Diversity Refugees La dott.ssa Magri si occupa di Diversity Management in Adecco Group, società che costituisce la più importante piattaforma multibrand di consulenza e soluzioni HR per il mondo del lavoro che comprende servizi di ricerca e selezione, formazione, somministrazione di lavoro alle aziende. L’intervista ha avuto come oggetto il tema della diversità quale leva competitiva in azienda, facendo poi un approfondimento sul Refugee Diversity. La dott.ssa Magri, ha voluto innanzitutto sottolineare che il Gruppo Adecco si è sempre distinto nel promuovere la cultura della diversità, considerando la diversity come un elemento strategico. Di ciò molte aziende ne hanno già preso consapevolezza, ritenendo tale tema una leva importante capace di creare un vantaggio competitivo. Quando in passato si parlava di diversità nel mondo del lavoro, si pensava a quella di genere oppure al cosiddetto Aging, vale a dire la copresenza di diverse generazioni all’interno della stessa azienda, senza dimenticare le persone affette da handicap. Oggi, invece, la diversity assume un valore sempre più strategico e trasversale, più legata ad una cultura in cui essa rappresenta un elemento fondante nella creazione di un ambiente lavorativo aperto ed inclusivo, che produce un valore aggiunto. La dott.ssa Magri si è successivamente soffermata sul tema del Refugee Diversity su cui l’Adecco è particolarmente impegnata nella valorizzazione dei rifugiati facilitando il loro ingresso in azienda. A questo proposito la medesima ha voluto evidenziare l’importanza di avere la presenza di una rete di filiali Adecco sparse su tutto il territorio nazionale in quanto, tramite loro, il Gruppo riesce ad intercettare le aree dove è più facile l’inserimento lavorativo, questo è fondamentale per poter individuare le professionalità più richieste in quei mercati. Ciò permette di poter organizzare formazioni mirate per specializzare le persone nelle aree di cui c’è richiesta. Questa formazione viene effettuata all’interno della Fondazione Adecco, società all’interno del Gruppo. Al riguardo la dott.ssa ha citato come esempio esplicativo il caso della Società Carrefour di Milano, cliente di Adecco, la quale aveva necessità di personale che sapesse fare pianificazione, ma aveva incontrato difficoltà a reperirlo sul mercato. Adecco in collaborazione con Umanitaria, associazione a scopo umanitario, ha provveduto tramite la sua Fondazione ad organizzare specifici corsi di formazione, utilizzando appunto rifugiati, i quali sono riusciti ad ottenere uno sbocco lavorativo anche qualificato. Vi sono stati tanti altri casi come questi, dove Adecco si è attivata nel facilitare l’inserimento nel mondo del lavoro dei rifugiati. Questo è stato possibile grazie alla sua organizzazione interna, come già detto, composta da una rete di filiali che intercettano le richieste lavorative del mercato, alla Fondazione che organizza corsi di formazione mirata, ma anche grazie alla collaborazione con varie associazioni umanitarie come HNRC, che collaborano nel facilitare l’inserimento e l’integrazione degli immigrati. A questo riguardo, la dottoressa ha tenuto a sottolineare il ruolo importante di questi organismi umanitari nell’aiutare i rifugiati a portare a termine le pratiche per ottenere il permesso di soggiorno, indispensabile per entrare nel mondo del lavoro. Per quanto riguarda la formazione dei rifugiati, la medesima ha precisato che Adecco crea dei percorsi differenziati in base alla conoscenza della lingua italiana oppure in base al possesso di eventuali titoli di studio o conoscenze specifiche della persona. Adecco, in relazione alle competenze specifiche dei singoli, si occupa altresì di distribuire alle varie aziende sue clienti, i CV delle persone, operando da filtro in base alle loro specifiche esigenze. Adecco cerca sempre di valorizzare al massimo le competenze che i rifugiati
  • 20. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 19 posseggono, perché questa valorizzazione facilita il processo di inserimento nel mondo del lavoro. A questo proposito la dott.ssa Magri ha sottolineato che l’inserimento degli immigrati nelle aziende sta diventando una necessità, considerato il basso tasso di natalità in Italia, per poter soddisfare le richieste lavorative. Basti pensare, a conferma di ciò, che già adesso ci sono aree industriali del Nord che si reggono principalmente sull’apporto lavorativo di queste persone. Nonostante ciò è ancora lunga la strada da percorrere in Italia sotto l’aspetto dell’integrazione, diversamente dai paesi nordici dove vi è una maggiore sensibilità. Qualcosa si sta muovendo nell’ambito delle multinazionali che costituiscono il traino per un cambiamento culturale. Adecco, a tale proposito è ormai diventata uno dei trainer più importanti per tutte queste aziende. La dottoressa ha anche aggiunto che un contributo importante arriva dal territorio laddove prolificano le iniziative di volontariato, come parrocchie e associazioni locali, le quali facilitano l’ingresso dei rifugiati in azienda grazie al rapporto di fiducia che esiste con le aziende locali. Quando la cooperazione tra diversi enti funziona si riescono ad ottenere risultati importanti. 3.3 Intervista alla Dott.ssa Monia Dardi Abbiamo intervistato la dott.ssa Monia Dardi, Project Manager per Fondazione Adecco per le pari opportunità; si occupa di progetti di inclusione lavorativa con la partnership pubblico-privato e sensibilizzazioni nelle aziende sui temi della Diversity&Inclusion. Fondazione Adecco per le pari opportunità sviluppa, da circa 20 anni sul territorio nazionale, progetti di inclusione lavorativa in un’ottica di sistema, implementando, da un lato percorsi di vocational, formazione e inserimento lavorativo per persone con svantaggio (donne vittime di violenza o con carichi di famiglia, nuove povertà, rifugiati e persone con disabilità) in partnership con gli enti pubblici, dall’altro attraverso sensibilizzazioni mirate sulle tematiche di Diversity&Inclusion per le aziende. Dal 2001 hanno preso in carico circa 9.087 persone e avviate al lavoro circa 4749. Di seguito due dei principali progetti per l’inclusione lavorativa attuata da Fondazione Adecco per le pari opportunità: JPMorgan Chase Foundation e Fondazione Adecco insieme per “SAFE IN”. Il 4.1% della popolazione europea è rappresentata da persone provenienti da paesi terzi, ovvero pari a 20.7 milioni di persone, secondo i sondaggi dell’Eurostat relativi al primo gennaio 2016. Solo una minoranza tra le persone straniere è altamente qualificata mentre quasi la metà tra coloro che hanno trovato occupazione è iperqualificata per il lavoro che sta svolgendo. Questi dati, dunque, evidenziano significative barriere e problematiche all’ingresso nel mondo del lavoro per migranti. Tali fattori possono essere attribuiti in parte alle difficoltà di riconoscimento dei loro titoli di studio ed esperienze lavorative pregresse, unite alle problematiche legate alla lingua e all’inclusione sociale all’interno del paese che li accoglie. Fondazione Adecco per le Pari Opportunità e JPMorgan Chase Foundation hanno realizzato il progetto “Safe In” con l’obiettivo di inclusione lavorativa di rifugiati. Il progetto avrà la durata di 2 anni e il compito di coinvolgere 225 persone titolari di protezione internazionale e richiedenti asilo. Il percorso sarà oggetto di una ricerca da parte del CESEN (Centro per gli studi sulle Entità ecclesiastiche) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore che valuterà l’impatto sulle persone e le aziende coinvolte. L’obiettivo specifico del progetto è quello di includere nel mondo del lavoro almeno 110 rifugiati in due anni. Gli altri partecipanti non inclusi saranno re-indirizzati alle associazioni di origine, con progetti individuali utili a potenziare la loro condizione di employability. Questo sarà possibile fornendo maggiori contenuti ai beneficiari finali in modo che possano essere pronti per il mondo del lavoro e autonomi nella ricerca attiva. Le attività del progetto consistono nell’identificazione dei beneficiari (persone titolari di protezione
  • 21. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 20 internazionale), nell’avvio di percorsi di educazione al lavoro e formazione professionale fino all’inclusione in contesti lavorativi. Il MEP (Modelling Employability Process for Refugees) è un progetto multistakeholders e multilivello che consolida una metodologia di sviluppo per il processo di inclusione lavorativa di persone titolari di protezione internazionale, sperimentata sul campo da tre anni grazie alla partnership di Fondazione Adecco e UNHCR (Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati). Il progetto MEP nasce infatti come continuazione del progetto DOMUS. Questo offrirà nuovi strumenti per gli operatori dell’accoglienza dei rifugiati al fine di facilitare e consolidare il processo di inclusione lavorativa dei beneficiari. Gli obiettivi condivisi sono: • Recuperare e individuare le conoscenze/competenze ed esperienze pregresse di valore, che possano rispondere ad opportunità coerenti con il profilo posseduto e il ruolo esercitato nel paese di provenienza; • Prevenire il dumping retributivo, le tensioni sociali e il livellamento della professionalità dei rifugiati verso tipologie lavorative con basso contenuto professionale; • Abbattere stereotipi di tipo professionale e culturale riferibili alle persone titolari di protezione internazionale (etnicizzazione delle professionalità); • Recuperare la capacità lavorativa, intesa come riacquisizione di skills e di conoscenze tali da rendere, per i beneficiari coinvolti, il mondo del lavoro meno estraneo e più accessibile ma anche di ridurre il livello di distonia, tipico di chi si sente escluso ed emarginato dal mondo del lavoro, dal quale non è infrequente che si sia stati espulsi, agendo sul recupero della dimensione professionale qualificata; • Ridurre l’instabilità professionale, il rischio di irregolarità contrattuale, la disoccupazione/inoccupazione e il relativo disagio sociale derivante. Il progetto, inoltre, mira a diversi obiettivi specifici per i singoli beneficiari come rifugiati con alto profilo professionale. Le azioni, previste dal progetto, sono da una parte la modellizzazione del processo di mobilità territoriale e housing per dieci rifugiati con alta employability sul territorio nazionale, e dall’altra la formazione mirata teorica e pratica agli operatori dell’accoglienza attraverso la co-conduzione di un gruppo di orientamento con approccio narrativo di donne rifugiate in condizione di vulnerabilità. Per la prima azione è stato, ed è fondamentale, il coinvolgimento e l’expertise delle operatrici del Servizio Centrale (SPRAR) che hanno partecipato al focus group per l’identificazione di uno strumento di rilevazione (ancora in fase pilota) che possa identificare caratteristiche soft e hard dei profili professionali dei rifugiati e della loro employability. Molto spesso, infatti, le competenze pregresse e i percorsi di studi, non solo non vengono riconosciuti, ma sono di difficile interpretazione nel contesto formativo e professionale italiano. Per la seconda azione sono stati coinvolti ventuno operatori e ventisette donne rifugiate. La metodologia specifica concordata prevede formazione di gruppo di 30 ore finalizzata al trasferimento della metodologia di accompagnamento all’inclusione lavorativa attraverso moduli dedicati alla conduzione dell’orientamento di gruppo narrativo, al bilancio di competenze, alla corporate partnership e allo skill audit.
  • 22. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 21 3.4 Case History: il caso Khaled Khaled ha 46 anni, viene dalla Libia, è sposato e ha 4 figli. È ricercatore biologo. Nel 2011 scoppia la prima guerra civile in Libia, durante la quale perde il fratello. Nello stesso anno vince una borsa di studio che gli permette di specializzarsi all’estero. Khaled arriva, dunque, da solo in Italia pronto a cominciare il suo percorso di studi presso l’Università degli Studi di Firenze, costretto così a lasciare la sua famiglia a Bengazi. Dopo due anni di sofferta lontananza e difficoltà a comunicare con i suoi figli, riesce a portare in salvo anche la sua famiglia in Italia. Terminato il dottorato a Roma, Khaled comincia a cercare lavoro, iscrivendosi ai centri per l’impiego della città. “Passava il tempo ma non trovavo lavoro, ho cercato di tutto per sostenere la mia famiglia ma comunque non riuscivo a trovare niente”. Data la difficoltà di quel periodo, Khaled si rivolge ai servizi sociali che gli suggeriscono come soluzione temporanea di andare in un centro di accoglienza, unica buona alternativa rispetto a stare per strada. Dopo numerose difficoltà, finalmente, tramite il C.O.L. Centro di Orientamento al Lavoro San Lorenzo, conosce Fondazione Adecco per le Pari Opportunità. Grazie a Fondazione Adecco e il suo supporto nella revisione del CV e nel sostenere un colloquio, Khaled riesce a trovare una prima occupazione presso il Cirque du Soleil a Roma. In questa realtà Khaled vive una prima esperienza per mettersi alla prova ed entrare in contatto con un’azienda in Italia. Quest’esperienza lo stimola molto ma non è ciò a cui aspira realmente. Solo qualche tempo dopo cambia lavoro e riesce finalmente a realizzare il suo sogno: un lavoro come biologo all’interno di un’azienda. “Prima cercavo tutti i tipi di lavoro senza condizioni, invece questa opportunità rappresenta il sogno che diventa realtà. Questa è stata l’opportunità più importante della mia vita. Ho ripreso fiducia, autostima e la speranza di trovare un lavoro che sia la mia passione”. Ora Khaled è felice: lavora nel settore che lo appassiona di più e che produce il farmaco che ha permesso di curare la sua patologia. Ora finalmente può mantenere la sua famiglia e vivere con loro in Italia, facendo un lavoro che lo appaga e lo valorizza43 . 3.5 Seconda parte dell’indagine sui rifugiati Nella seconda parte del sondaggio, citato nella parte iniziale del testo, abbiamo domandato agli intervistati cosa pensassero delle politiche aziendali che promuovono l'inclusività nel mondo del lavoro, se reputassero essere un valore aggiunto nel raggiungimento degli obbiettivi strategici. La risposta che abbiamo riscontrato è stata molto positiva arrivando ad un 80,4% di pareri positivi. Interessante è anche il responso alla domanda: “Credi che, nel contesto italiano, gli immigrati, di cui i rifugiati fanno parte, abbiano l'opportunità, grazie al Diversity Management, di essere inseriti in azienda?", infatti solo il 31,4% ha risposto “Si”, mentre il restante delle persone intervistate ha dichiarato di non sapere o “No”. Alla domanda: “Credi che i rifugiati assunti in azienda sarebbero bene accolti dai colleghi?” solo il 27,3% ha risposto positivamente; questo crediamo essere un dato importante da considerare, perché mostra ancora oggi diffidenza e pregiudizio per quanto riguarda l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati e dei rifugiati in Italia. Per concludere 43 https://fondazioneadecco.org/i-nostri-progetti/storie-di-opportunita/.
  • 23. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 22 l’indagine esplorativa, abbiamo chiesto ai partecipanti, se ritenessero che eventuali investimenti in formazione del rifugiato risulterebbero ricompensanti per le aziende in termini di valore aggiunto. Il 68,9% degli intervistati ha risposto “Si”. Perciò, emerge dai dati raccolti nell’indagine, che nonostante gli intervistati siano orientati a pensare che le politiche di inclusione dei rifugiati siano di difficile attuazione nel contesto aziendale italiano, queste porterebbero in futuro un vantaggio competitivo e strategico per il raggiungimento degli obiettivi e meriterebbero quindi da parte delle aziende maggiori investimenti per promuovere la loro inclusione nel mercato del lavoro.
  • 24. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 23 CONCLUSIONI Sulla base di quanto emerso del nostro lavoro, riteniamo che sia necessario definire ed attuare delle linee guida che creino un collegamento tra il pubblico ed il privato in modo da definire più chiaramente le situazioni che possano, oggi, rientrare nel termine diversity e per le quali ancora non vi è una chiara definizione. La domanda da porsi è come mai si parla di Diversity Management; l’utilizzo della parola diversità ha un’accezione intrinseca che presuppone la distinzione delle persone per genere, razza, etnia, religione, status ecc. La sensazione che traspare è che le politiche di diversity siano rimaste indietro rispetto alla mission che le aziende si impongono di perseguire, ovvero una reale inclusione lavorativa. L’inclusione in azienda è un concetto molto più ampio che presuppone di intraprendere un percorso che riconosca non più politiche di diversity, bensì politiche di uguaglianza intesa come opportunità di vedere riconosciuto e utilizzato il proprio potenziale. tutti devono avere questa possibilità. Ma prima ancora di arrivare al contatto e all’inserimento nel mondo del lavoro è emerso che una delle maggiori difficoltà che i rifugiati debbono affrontare sta nel riconoscimento e nel processo di conversione ed equiparazione dei titoli di studio conseguiti nel loro paese, considerando la necessità per quest’ultimi di mantenere le qualifiche e le competenze conseguite nel loro paese di provenienza. È risultato infatti che non esiste una procedura formalizzata e che le persone che hanno conseguito formazione e qualifiche nel proprio paese di origine devono mantenerle e valorizzarle anche nel contesto italiano, attraverso una progettazione individualizzata tailor made, mappatura dei ruoli professionali prossimi al proprio obiettivo professionale, mobilità territoriale, housing e co-progettazione con l’azienda disponibile ad investire sulla riqualificazione professionale del rifugiato attraverso forme di learning by doing. Considerando le difficoltà per il datore di lavoro di investire in un rifugiato, per i motivi sopracitati, quali l’incerta permanenza di quest’ultimo dipesa dalla proroga del riconoscimento dello status giuridico, e quindi il rischio di investimento a perdere, dall’incertezza del riconoscimento delle qualifiche pregresse e conseguentemente lo scetticismo sulle competenze acquisite, la soluzione suggerita risulterebbe poter essere un periodo di tirocinio, come opportunità per dimostrare le capacità. In un mondo sempre più competitivo ed orientato al risultato è necessario creare valore ed essere produttivo. Questo vale per tutti, indistintamente da etnia e status. Obiettivo principale del Diversity Management perciò dovrebbe essere creare opportunità lavorative per soggetti che partono da situazioni di svantaggio, che dimostrando il loro valore possano realizzarsi professionalmente all’interno di un contesto aziendale, e non come ambasciatori di diversità strumentalizzata per risvolti etici utili alla brand reputation dell’azienda in questione. Un problema che si riscontra al momento dell’assunzione del rifugiato riguarda il rapporto costi/benefici. Le interviste hanno fatto luce su tale tematica affermando che l’investimento da parte delle aziende da concretezza agli impegni di responsabilità sociale d’impresa e ai valori dell’Agenda ONU 2030. La Diversity & Inclusion è una leva strategica con tutti i benefici già ampiamente confermati dalle ricerche di McKinsey Institute e Boston Consulting. La nostra esperienza al Master ci ha, inoltre, posti nella condizione di toccare con mano il concetto di inclusione in tutte le sue sfaccettature. La presenza di Anton, immigrato proveniente dalla Palestina e Amin, rifugiato proveniente dalla Siria, ci ha dato l’opportunità di capire e approfondire il senso del tema e le difficoltà che hanno dovuto affrontare per essere qui oggi, cercando di costruirsi un futuro migliore. Il loro vissuto è diverso e ciò caratterizza il loro percorso presente e futuro. I rifugiati, come Amin, si ritrovano coinvolti in situazioni di notevole disagio; attraverso un programma
  • 25. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 24 di aiuto per i rifugiati ha avuto la possibilità di recarsi in ambasciata per richiedere asilo politico, congiuntamente a ciò, nell’ambasciata Italiana è stata riconosciuta e convalidata la sua laurea. Ci è stato spiegato che anche in Italia avrebbe potuto richiedere la convalida del piano di studi, ma il processo risulta essere lungo e macchinoso. Diversa è la situazione che riguarda Anton, recatosi in Italia attraverso un gemellaggio tra il suo paese e Roma, intrattenuto dalla comunità dei Francescani. Una volta arrivato qui, dopo varie problematiche per il riconoscimento della sua laurea che è riuscito ad ottenere attraverso il sito CIMIA e congiuntamente all’ambasciata Italiana, attraverso un’associazione universitaria che lo ha aiutato nella ricerca della borsa di studio, è venuto a conoscenza dell’opportunità offerta da Assicurazioni Generali, che ha creduto in lui e che, attraverso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, gli ha fornito la possibilità di essere formato e, alla fine di questo percorso, far sì che le sue competenze maturate in passato e quelle acquisite successivamente, vengano trattenute e messe a profitto sul nostro territorio. And so what? Stimolati dalle ricerche teoriche fatte, dalle interviste con gli esperti del settore ed il confronto con i nostri colleghi in Istud Anton e Amin che ci hanno fatto mettere le mani in pasta nella concretezza delle tematiche affrontate, ci è risultato importante aggiungere alle conclusioni precedentemente fatte anche delle nostre considerazioni. Si è figli della società in cui si cresce e ad oggi risulta irrealistico non considerare le tematiche riguardanti la diversità, di qualunque genere, ed il fenomeno dei flussi migratori come concetti facenti parte del nostro quotidiano. Questi temi continuano ad evolversi in maniera esponenziale soprattutto per quel che riguarda il “quanto” se ne parla il che ha fatto sì che siano colmi di una sempre maggiore valenza socio-culturale. Tutto ciò, però, a nostro parere comporta il rischio di essere un’arma a doppio taglio perdendo la finalità ultima che si potrebbe riassumere in una frase: “che se ne parli per poi non parlarne più”. È infatti pacifica l’ambiguità che può celarsi nel non agire nel concreto su temi che fin troppo si prestano ad essere considerati solo dal punto di vista sociale senza davvero credere in queste persone, credere nell’ importanza strategica in ambito aziendale. Contestualizzando il tutto in un mondo sempre più globalizzato ma che purtroppo, ancora ad oggi, è fortemente condizionato da discriminazioni, forse parlare di inclusività potrebbe risultare meno rischioso come termine tenendo sempre a mente che l’obiettivo finale deve essere il non porsi più il problema delle diversità ma viverle come risorse portatrici di valore per l’azienda e non solo. Nella vita, quando si commette un errore, la consapevolezza delle “cose” e del “perché” si è sbagliato, risulta una parte fondamentale del processo di cambiamento che serve a non compiere lo stesso errore in futuro; così allo stesso modo la consapevolezza delle tematiche da noi trattate deve essere solo il primo passo di un percorso che porti concretamente all’ottimizzazione ed al potenziamento del capitale umano in tutte le sue diversità.
  • 26. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 25 BIBLIOGRAFIA 1. L.M. Visconti, “Diversity management e lavoratori migranti, linee guida per il caso Italia”, Egea, 2007 2. M. Buemi, M. Conte, G. Guazzo, “Il Diversity Management per una crescita inclusiva – Strategie e strumenti”, Franco Angeli editore, 2015 SITOGRAFIA 1. http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-13646-2015-REV-1/it/pdf; 03/01/20 2. http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-15312-2016-INIT/it/pdf; 04/01/20 3. http://migrempower.eu/resources/transnational- report/italy/Transnational_Report(Italian).pdf; 28/12/19 4. http://www.fondazioneleonemoressa.org/newsite/wp-content/uploads/2015/11/Atti- convegno_Rapporto-20151.pdf.; 28/12/19 5. http://www.integrazionemigranti.gov.it/Attualita/Notizie/Pagine/Indici-di-integrazione-dei- migranti.aspx; 04/01/20 6. http://www.vita.it/it/article/2019/02/14/dal-2015-al-2018-ecco-come-sono-cambiate-le- migrazioni-verso-leuropa/150681/; 27/12/19 7. http://www.vita.it/it/article/2019/10/09/puntare-su-diversity-e-inclusion-fa-bene-anche-ai- conti-aziendali/152904/; 24/12/19 8. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_17_5352; 29/12/19 9. https://ec.europa.eu/culture/policy/strategic-framework/intercultural-dialogue_en; 03/01/20 10. https://ec.europa.eu/migrant-integration/; 03/01/20 11. https://ec.europa.eu/migrant-integration/intpract/anabasi-labour-market-integration-in-the- industrial-sector; 03/01/20 12. https://ec.europa.eu/migrant-integration/intpract/humus-innovative-model-for-the-ethical- employment-of-asylum-seekers; 03/01/20 13. https://ec.europa.eu/migrant-integration/intpract/integrating-in-val-camonica-italy; 03/01/20
  • 27. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 26 14. https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2016/IT/1-2016-377-IT-F1-1.PDF; 04/01/20 15. https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2017/IT/COM-2017-558-F1-IT-MAIN-PART- 1.PDF; 04/01/20 16. https://fondazioneadecco.org/i-nostri-progetti/storie-di-opportunita/; 21/01/20 17. https://openmigration.org/analisi/migranti-e-cambiamenti-climatici-chi-migra-perche-e- come-intervenire-per-porvi-rimedio/; 27/12/19 18. https://www.a1life.it/2014/07/pensare-win-win/; 23/12/19 19. https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2017; 27/12/19 20. https://www.exportiamo.it/settori/1088/diversity-management-come-valorizzare-le- differenze-in-azienda/; 06/01/20 21. https://www.focus.it/comportamento/economia/la-geografia-delle-migrazioni; 27/12/19 22. https://www.idealavoro.it/project/benefici-del-welfare-aziendale/; 28/12/19 23. https://www.interno.gov.it/it/notizie/100-borse-studio-studenti-protezione-internazionale; 03/01/20 24. https://www.interno.gov.it/it/temi/immigrazione-e-asilo/modalita-dingresso; 29/12/19 25. https://www.interno.gov.it/it/temi/immigrazione-e-asilo/protezione-internazionale; 03/01/20 26. https://www.niederdorfitalia.info/gestione-dei-conflitti-2/; 23/12/19 27. https://www.randstad.it/knowledge360/employer-branding/diversity-management-il-talento- non-ha-barriere/; 06/01/20 28. https://www.refworld.org/cgi- bin/texis/vtx/rwmain/opendocpdf.pdf?reldoc=y&docid=5513d0e14; 28/12/19 29. https://www.risorseumanehr.com; 06/01/20 30. https://www.unhcr.it/progetto-welcome; 03/01/20 31. https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2017/01/Convenzione-di-Ginevra-del-1951_.pdf; 03/01/20 32. https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2017/10/Rapporto_2017_web.pdf; 27/12/19 33. https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2019/09/OECD-UNHCR-Action-Plans.pdf; 28/12/19 34. https://www.unhcr.org/europe-emergency.html; 27/12/19
  • 28. Diversity with Refugees Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020 27 35. https://www.unhcr.org/globaltrends2018/; 27/12/19