29. L’abstract
Nei giorni scorsi è stato pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana l’Aggiornamen-
to delle “Norme tecniche per le costruzioni” di cui
al Decreto 17 gennaio 2018 del Ministero delle In-
frastrutture e dei Trasporti, ovvero, in gergo, le
NTC 2018.
Dopo un periodo di circa dieci anni, si aggiornano
quindi le precedenti NTC 2008, pubblicate il 14
gennaio del 2008, che a loro volta sostituivano le
NTC 2005, il cosiddetto Testo Unico delle Costru-
zioni.
È opportuno aggiornare le normative in seguito
all’accadimento di nuovi eventi che mettono in lu-
ce dubbi sulle modalità di concezione, progetto,
verifica e realizzazione delle costruzioni, ma non
sempre le nuove norme offrono una reale soluzione
alle problematiche emerse.
N
el 2005 il cosiddetto Testo Unico
delle Costruzioni era, in effetti, ai
suoi tempi rivoluzionario: era il
primo documento normativo uni-
tario che presentava contemporaneamente,
e con una certa coerenza, a) i principi base
della progettazione strutturale e delle verifi-
che prestazionali e di sicurezza, b) le varie
azioni (erano introdotte per la prima volte
quelle accidentali, quali incendio - esplosio-
ni - urti), c) le varie tipologie strutturali (ce-
mento armato, acciaio, muratura, legno, pre-
vedendo percorsi procedurali per utilizzarne
altri) e le opere legate alla geotecnica, d) gli
antincendio
12 maggio 2018
Il rispetto delle norme
e le responsabilità.
Quale utilità hanno
le norme tecniche?
■ Franco Bontempi
30. norme
tecniche
e
responsabilità
antincendio 13
maggio 2018
aspetti peculiari delle costruzioni esistenti,
della redazione del progetto, del collaudo, e,
infine e) le caratteristiche che devono posse-
dere materiali e componenti ad uso struttu-
rale. L’azione sismica era inserita tra le altre
azioni naturali e le indicazioni progettuali e i
relativi principi di verifica erano distribuiti
nelle parti relative alle differenti tipologie
strutturali.
Le NTC 2008, uscite tre anni dopo e con un
lungo periodo di proroga nella entrata in vi-
gore, erano, invece, fortemente allargate, an-
che appesantite, sulla parte sismica: inten-
devano recepire e proporre le indicazioni
delle varie ordinanze che si erano succedute
a seguito del sisma del 2002 e, nello specifi-
co, del crollo della Scuola Jovine di San Giu-
liano di Puglia; del resto, anche l’entrata in co-
genza delle norme del 2008 era stata accele-
rata a seguito del sisma del 2009 a L’Aquila.
In generale, è tipico dei processi normativi, e
in particolare purtroppo di quelli del nostro
Paese, il florilegio di apparati regolamentari a
seguito di un qualche evento negativo che
abbia attratto l’attenzione della opinione pub-
blica. Se è vero che è doveroso aggiornare le
normative a seguito di eventi nuovi, che pon-
gano seri dubbi sulle modalità di concezione,
progetto, verifica e realizzazione di costruzio-
ni, è anche vero che non sempre le nuove nor-
me offrono un effettivo rimedio alle problema-
tiche emerse, risultando spesso nella sostan-
za solamente un appagamento mediatico,
con un aggravio di regole su aspetti non es-
senziali del problema della sicurezza e delle
prestazioni delle opere.
Sul pericolo della proliferazione delle norma-
tive, non è possibile non citare l’ultima lezio-
ne ufficiale del corso di Tecnica delle Costru-
zioni tenuta il 3 giugno 1992 dal Prof. Piero
Pozzati nell'A.A. 1991-'92, presso la Facoltà
di Ingegneria dell'Università di Bologna:
«Ma un numero di regole eccessivo compor-
ta vari degli inconvenienti dianzi citati e in
particolare: l'impoverimento dell'autonomia
e della creatività, in quanto l'opera del pro-
gettista è irretita dalle norme; la difficoltà di
discernere ciò che veramente conta; la sen-
sazione di avere, al riparo delle norme, re-
sponsabilità assai alleviate; la difficoltà non
infrequente di rendersi conto dei ragiona-
menti che giustificano certe regole, rischian-
do di considerare queste alla stregua di algo-
ritmi, ossia di schemi operativi che, una vol-
ta appresi, il pensiero non è più chiamato a
giustificare.»
Si può parlare, quindi, di non ergonomia del-
le norme tecniche.
È importante ritornare all’evento dell’ottobre
2002 a San Giuliano di Puglia: da quell’even-
to sono nate le ordinanze madri di tutte le
13
31. norme sismiche successive che hanno pro-
pugnato un cambiamento del modo di pro-
gettazione antisismica. In effetti, come ac-
certato dalle sentenze di appello e di cassa-
zione, quel crollo non è avvenuto a causa del
sisma ma in occasione del sisma: pochissi-
mi tecnici hanno evidenziato questa mistifi-
cazione (ad esempio articolo del 17 aprile
2009 apparso sulla Repubblica, Figura 1).
Sul sito del Codice del Territorio della Regio-
ne Emilia-Romagna (Figura 2), è presente il
Dossier Sentenze della causa penale conse-
guente al crollo dell’edificio scolastico “Jovi-
ne” di San Giuliano di Puglia, che è suppo-
sto essere utile ai tecnici impegnati nella
progettazione antisismica.
Figura 1 - Terremoti, il monito di San Giuliano
Figura 2 - Sito del Codice
del governo del territorio
della Regione Emilia Romagna
(nel riquadro in basso il link completo)
http://territorio.regione.emilia-romagna.it/codice-territorio/sismica/dossier-sentenze
-della-causa-penale-conseguente-al-crollo-delledificio-scolastico-jovine-di-san-giuliano-di-puglia
norme
tecniche
e
responsabilità
antincendio
14 maggio 2018
32. La lettura di queste sentenze rivela chiara-
mente che il crollo di San Giuliano di Puglia
è dovuto a errore umano, o anche ignoranza
e superficialità. Inoltre, un esame attento
delle stesse sentenze, rivela anche la con-
traddittorietà e la fallacia delle argomenta-
zioni presentate in sede processuale da co-
siddetti esperti di ingegneria sismica, gli
stessi che propugnano indefessamente nuo-
ve norme tecniche.
Questo quadro è senz’altro amaro e sconfor-
tante: usando una metafora, sono state in-
trodotte medicine inutili, perfino dannose,
che non curano la malattia dei crolli.
Una visione critica del ruolo delle normative
all’evolversi nel tempo delle conoscenze
scientifiche e tecniche si ha nella Figura 3,
dove in orizzontale è riportato il tempo e in
verticale la percentuale di crisi strutturali
(failure).
Come si può vedere in questa analisi storica,
all’inizio la totalità, ovvero, la gran parte de-
gli insuccessi è dovuta a non conoscenza di
aspetti scientifici e tecnici. Col passare del
tempo, crescendo il livello di ricerca delle
conoscenze scientifiche e tecniche (research
level), i fenomeni non noti si riducono. Con
un po’ di ritardo, anche le normative (design
code level) coprono sempre più differenti fe-
nomeni, riducendo così i casi di fenomeni
conosciuti e non normati.
Si vede, infatti, che un fenomeno B può es-
sere inizialmente non noto, successivamen-
te conosciuto a livello di ricerca, e, infine,
normato. Viceversa, in un certo momento
storico, ci sono fenomeni come A, sia noti a
livello di ricerca sia contemplati dalle norme,
fenomeni B, noti solamente a livello di ricer-
ca e non normati, ed eventi C, non noti ne-
anche a livello di ricerca.
Ora, con l’evoluzione delle conoscenze
scientifiche e tecniche, la maggioranza degli
insuccessi risulta essere dovuta a errore
umano: la Figura 4 illustra una possibile, ca-
nonica, classificazione dell’errore umano
con le relative caratteristiche dovuta a Rea-
son. Le categorie di errore sono, quindi:
A. Errori di abilità - skill-based error, ovvero
quelle situazioni in cui non si compie cor-
rettamente un’operazione per mancanza
di abilità; possono essere tipicamente
banali errori di calcolo.
Figura 3 - Evoluzione temporale delle conoscenze scientifiche e tecniche e del quadro normativo
norme
tecniche
e
responsabilità
antincendio 15
maggio 2018
33. B. Errori di scelta della regola - rule-based
error, ovvero situazioni in cui si sceglie
una regola non adeguata alla risoluzione
di un problema; possono essere situazio-
ni in cui si sceglie uno schema di calcolo
non adeguato.
C. Errori per non conoscenza - knowledge-
based error, ovvero situazioni in cui non si
possiede una sufficiente competenza sul
problema da risolvere.
L’errore umano può essere contrastato solo
con attività di controllo e verifica indipen-
denti: è questa la logica presente nella Leg-
ge n. 1086/71 con l’istituzione del ruolo del
collaudatore. Un altro punto analogo, riguar-
da il ruolo del direttore dei lavori: è superfluo
ricordare la deontologia associata a questi
ruoli, che dovrebbero essere assunti da tec-
nici con adeguata competenza e consape-
volezza.
Invece, l’incremento quantitativo del corpus
normativo da questo punto di vista risulta
inefficiente, peggiorando anzi nei fatti le co-
se, con conseguente aumento di possibilità
di errore: questo è il risultato finale della non
ergonomia normativa.
Un ulteriore, grande, possibilità di generazio-
ne di errori umani risulta legata alle modella-
zioni numeriche.
In particolare, la attuale acclarata impossibi-
lità di sviluppare calcolazioni di verifica in
forma manuale, senza l’uso di codici di cal-
colo o fogli di calcolo, aumenta la distanza
fra consapevolezza fisica dell’oggetto e sua
valutazione razionale.
maggio 2018
16 antincendio
norme
tecniche
e
responsabilità
Figura 4 - Classificazione dell’errore umano
Dimensione Errori Skill based Errori Rull-based Errori Knowledge-Based
Tipo di attività Attività di routine Attività di soluzione di problemi
Fuoco Su qualcos’altro
della attenzione dal compito Diretto su questioni connesse al problema
che si sta eseguendo
Modalità Principalmente per mezzo di processori Processi coscienti, limitati
di controllo automatici (schemi) (regole immagazzinate)
Predicibilità Tipi di errori sbagliati ma robusti Variabile
dei tipi d’errore largamente prevedibili (azioni) (regole)
Rapporto tra errori Sebbene il numero possa essere alto, Basso numero assoluto
ed opportunità costituiscono una piccola proporzione ma rapporto elevato rispetto
per gli errori del numero totale di opportunità alle opportunità
per l’errore
Influenza Minima o moderata; più probabile Più probabile che siano
dei fattori che ad esercitare l’influenza dominante dominanti i fattori estrinseci
situazionali siano i fattori intrinseci
(frequenza d’uso precedente)
Facilità Rilevazione Difficile, e spesso raggiunta
di rilevazione di solito abbastanza solo tramite un intervento
rapida ed efficace esterno
Relazione con Non vi è accesso Non si sa quando Non si è preparati
il cambiamento alla conoscenza avverrà al cambiamento
del cambiamento il cambiamento nè questi
al momento previsto sono previsti
giusto
34. Anche su questo punto, non è possibile non
citare le parole del Prof. Pozzati tratte dal
suo contributo Il convenzionalismo nel cal-
colo strutturale sismico del 5 marzo 2004:
«Ma, oltre a queste osservazioni, mi sem-
bra opportuno concludere osservando in
via generale che, relativamente ai metodi
di calcolo e alle normative, si debba evita-
re di dar loro importanza eccessiva, per
non mettere in ombra la progettazione ve-
ra e propria.
La quale ha nel calcolo soltanto una delle
sue fasi, seppure fondamentale, mentre
trova in altre questioni aspetti altrettanto
qualificanti: intendo soprattutto la conce-
zione generale delle strutture; l’armonica
distribuzione delle masse; i particolari co-
struttivi; l’analisi dei problemi esecutivi e
dei costi; l’esame critico del comporta-
mento generale della costruzione com-
prendente anche, e non secondariamente,
la presenza di elementi non strutturali e
della parte del terreno coinvolta dalla
struttura.
Fatti, questi, che debbono entrare nel vivo
del processo progettuale, divenendo una
forza unica e ogni volta diversa. Fatti che
non possono essere unitariamente colti da
elaborazioni numeriche e computer come
invece può riuscire a fare la mente umana
con gli insostituibili ausili, peculiari soltan-
to ad essa, dell’intuizione, dell’inventiva,
della fantasia, della creatività.»
Paradossalmente, la situazione ad oggi
sembra ulteriormente peggiorata rispetto a
queste parole!
maggio 2018 17
antincendio
norme
tecniche
e
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Idranti sopra e sottosuolo
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36. La Figura 5 illustra qualche pagina delle mi-
gliaia che si trovano, purtroppo, nelle odier-
ne relazioni di calcolo: immersi tra milioni di
coordinate nodali e di incidenze di elementi
finiti, esistono dei numeri indici che eviden-
ziano crudamente l’incuria frequente nelle
calcolazioni.
Infatti, la Figura 5 fa riferimento in questo ca-
so ad un edificio di inizio Ottocento disposto
a scaloni sul Colle del Pincio a Roma in pros-
simità di Piazza di Spagna, che è stato, da
una parte, modellato come composto di so-
le pareti in cemento armato di spessore uni-
forme pari a 70 cm, dall’altra, considerato al
fine di valutare il noto fattore di struttura q,
come struttura intelaiata in cemento armato
regolare in pianta e in altezza!
A completare il quadro, occorre anche ripor-
tare quelle che sono le frasi in risposta a
chiarimenti su tali valutazioni (punteggiatura
e errori grammaticali originali, a dispetto di
una parcella professionale dell’ordine dei
centomila euro):
«Intervenendo sulla struttura (miglioramen-
to) di fatto il responso della struttura cioè il
coefficiente medio è il risultato finale è la
somma degli interventi il cui valore medio è
pari a quelli evidenziato dai calcolo.»
Se questa è la realtà, assolutamente non in-
frequente, appare fuori bersaglio un incre-
mento del corpus normativo.
Parlando di errore umano si considerano ov-
viamente situazioni non volute.
Un discorso a parte, ben più delicato e com-
plesso, deve riguardare il ruolo delle azioni
volontarie, ovvero delle violazioni: è, purtrop-
po, tradizione italiana cercare di correggere
queste situazioni (ancora) con un incremen-
to del corpus normativo, invece che con un
aumento della efficacia delle attività di con-
trollo.
Su queste attività di controllo, anche qui
spesso si aggiungono strati di operazioni,
agendo in maniera quantitativa invece che
qualitativa: è esperienza comune nei casi di
insuccesso delle costruzioni, rilevare l’ineffi-
cacia di chi doveva controllare.
Succede che chi doveva controllare non
c’era, e se c’era, poteva presentare grada-
zioni di connivenza. Sulle attività di controllo
e di verifica in particolare, non si possono ta-
cere le perplessità sui relativi costi come so-
no evidenziati pressoché quotidianamente
(http://bit.ly/2FDVvE4)
Proprio relativamente al controllo, una situa-
zione particolarmente delicata è quella delle
fasi realizzative/costruttive: in queste fasi, da
una parte esiste una molteplicità di agenti
con ruoli e responsabilità diverse, alle volte
accavallate e alle volte distaccate, e, dall’al-
tra, la costruzione risulta estremamente vul-
nerabile presentandosi con uno schema re-
sistente ancora incompleto. Nelle NTC 2018,
al punto 2.2.6. Verifiche, si trova solamente:
Laddove necessario, la struttura deve es-
sere verificata nelle fasi intermedie, tenuto
conto del processo costruttivo previsto; le
verifiche per queste situazioni transitorie
sono generalmente condotte nei confronti
dei soli stati limite ultimi.
Successivamente, si trova ripetuta la se-
guente indicazione:
4.1.3. VERIFICHE
PER SITUAZIONI TRANSITORIE
Per le situazioni costruttive transitorie, come
quelle che si hanno durante le fasi della co-
struzione, dovranno adottarsi tecnologie co-
struttive e programmi di lavoro che non possa-
no provocare danni permanenti alla struttura o
agli elementi strutturali e che comunque non
possano riverberarsi sulla sicurezza dell’opera.
Nelle cosiddette fasi transitorie, dovrebbero
comprendersi le fasi di demolizione (parziale
o totale), ovvero i processi di costruzio-
ne/decostruzione per fasi. Al punto 8.7.2. si
trova solamente la indicazione:
Nel caso di demolizioni o interventi su orga-
maggio 2018 19
antincendio
norme
tecniche
e
responsabilità
37. nismi in c.a. facenti parte di aggregati edilizi
è fatto obbligo al progettista di operare inda-
gini e/o verifiche atte ad accertare, prelimi-
narmente, l’assenza di interazioni con i corpi
adiacenti, al fine di poter escludere il produr-
si, su di essi, di modifiche in senso negativo
del comportamento strutturale a seguito del-
le demolizioni o degli interventi.
Dall’esperienza, questa frase risulta un po’
troppo generica e blanda.
Allargando il discorso, il numero rilevante di
collassi strutturali proprio in queste fasi,
pone seri dubbi sulla fondatezza probabili-
stica dell’utilizzo di coefficienti di sicurezza
minori in queste fasi transitorie rispetto a
quelli utilizzati per la costruzione ultimata.
In termini generali, dovrebbe, in effetti, es-
sere maggiormente evidenziato il carattere
alle volte puramente convenzionale nella
definizione delle azioni. Infatti, al paragrafo
2.5.5. Caratterizzazione delle azioni ele-
mentari, si trova:
Nel caso di azioni variabili caratterizzate
da distribuzioni dei valori estremi dipen-
denti dal tempo, si assume come valore
caratteristico quello caratterizzato da un
assegnato periodo di ritorno.
Per le azioni ambientali (neve, vento, tem-
peratura) il periodo di ritorno è posto
uguale a 50 anni, corrispondente ad una
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20 antincendio
norme
tecniche
e
responsabilità
38. probabilità di eccedenza del 2% su base
annua; per le azioni da traffico sui ponti
stradali il periodo di ritorno è convenzio-
nalmente assunto pari a 1000 anni.
È ovvia la stravaganza del considerare perio-
di di ritorno così estesi, al di là della concre-
ta esperienza: spesso, si sentono sermoni
sulla impostazione probabilistica che risulta,
nella realtà, infondata nelle ipotesi.
Ad esempio, il tema attuale del climate
change, ovvero del cambiamento climatico,
è una tipica situazione in cui si ha una dina-
mica non stazionaria che preclude ad una
impostazione probabilistica.
Estendendo questa osservazione, l’intera
impostazione probabilistica dovrebbe essere
attenuata, rendendo più consapevoli i pro-
fessionisti della convenzionalità di questo
impianto.
Chi si occupa di azioni accidentali, come il
caso degli incendi, conosce la pervicacia di
queste situazioni, che possono essere con-
trastate pensando scenari realistici ma pos-
sibili: ad esempio, nella Figura 6 si trovano
alcuni esempi recenti di incendi che hanno
coinvolto ponti, con dei riverberi pesanti sul-
la resilienza delle infrastrutture a cui apparte-
nevano.
Proprio gli scenari relativi all’azione incendio,
fanno riflettere sulla complessità di questi
eventi accidentali.
In effetti, l’azione incendio è l’unica azione in
cui la dinamica dipende anche dal compor-
tamento umano: a seconda di come si com-
portano, le persone, in presenza dell’incen-
dio, aprendo ad esempio aperture (porte/fi-
nestre) in un edificio, possono alterare il per-
corso dell’incendio stesso. Azioni come il si-
sma sono invece indipendenti dal comporta-
mento umano, e sono, in effetti, più prevedi-
bili nel loro decorso. Un ulteriore punto criti-
co sulla dinamica delle azioni, riguarda la
concomitanza (ovvero la presenza contem-
poranea di più azioni) e la concatenazione
(ovvero il susseguirsi di più azioni).
Al punto 3.6.1.5.3. Analisi del comportamen-
to meccanico, si trova:
Il comportamento meccanico della strut-
tura viene analizzato tenendo conto della
riduzione della resistenza meccanica dei
componenti dovuta al danneggiamento
dei materiali per effetto dell’aumento di
temperatura.
L’analisi del comportamento meccanico
deve essere effettuata per lo stesso pe-
riodo di tempo impiegato nell’analisi
dell’evoluzione della temperatura.
Si deve tener conto della presenza delle
azioni permanenti e di quelle azioni varia-
bili che agiscono contemporaneamente
all’incendio secondo la combinazione ec-
cezionale.
maggio 2018 21
antincendio
norme
tecniche
e
responsabilità
39. Non si prende in considerazione la possi-
bilità di concomitanza dell’incendio con
altre azioni eccezionali e con le azioni si-
smiche.
Quest’ultima frase, trascura di fatto tutte le
situazioni in cui ad un sisma è seguito un in-
cendio, e in generale trascura la concatena-
zione di più azioni (ad esempio, urto con
esplosione e incendio in successione).
L’aspetto più problematico nella progettazio-
ne strutturale è in effetti quello della consi-
derazione dell’orizzonte temporale in cui vi-
vrà la costruzione.
La Figura 7, illustra sinteticamente questo
aspetto.
La sopravvivenza di un’opera è legata (a) al-
la sua durabilità - come contrasto al conti-
nuo degrado legato all’ambiente in cui è im-
mersa e al suo utilizzo - e (b) alla sua robu-
stezza, ovvero alla sua capacità di sviluppa-
re una cosiddetta “graceful degradation”.
Positivamente, nelle NTC 2018 la robustez-
za strutturale è considerata al punto 2.2.5:
Un adeguato livello di robustezza, in relazio-
ne all’uso previsto della costruzione ed alle
conseguenze di un suo eventuale collasso,
maggio 2018
22 antincendio
norme
tecniche
e
responsabilità
Figura 6 - Incendi che hanno coinvolto ponti: in alto,
Mac Arthur Maze Viaduct California (2007),
autostrada A1 Roma-Napoli (2016), Freeway I85
Atlanta Georgia (2017)
Figura 7 - Orizzonte temporale di una costruzione
40. può essere garantito facendo ricorso ad una
o più tra le seguenti strategie di progetta-
zione:
a) progettazione della struttura in grado di
resistere ad azioni eccezionali di carattere
convenzionale, combinando valori nomi-
nali delle azioni eccezionali alle altre azio-
ni esplicite di progetto.
b) Prevenzione degli effetti indotti dalle azio-
ni eccezionali alle quali la struttura può
essere soggetta o riduzione della loro in-
tensità.
c) Adozione di una forma e tipologia struttu-
rale poco sensibile alle azioni eccezionali
considerate.
d) Adozione di una forma e tipologia struttu-
maggio 2018 23
antincendio
norme
tecniche
e
responsabilità
Figura 8 - Livello di crisi strutturale: a livello puntuale, a livello sezionale, a livello di elemento,
a livello globale di sistema
Figura 9 - Differenze sostanziali di importanza di elementi strutturali formalmente uguali
3rd level:
Structural
Element
4th
level:
Structural
System
1th
level:
Material
point
2th
level:
Element
Section
41. rale tale da tollerare il danneggiamento lo-
calizzato causato da un’azione di caratte-
re eccezionale.
e) Realizzazione di strutture quanto più ri-
dondanti, resistenti e/o duttili è possibile.
f) Adozione di sistemi di controllo, passivi o
attivi, adatti alle azioni e ai fenomeni ai
quali l’opera può essere sottoposta.
Ancora, al paragrafo 3.6. Azioni eccezionali,
si trova:
Le azioni eccezionali sono quelle che si
presentano in occasione di eventi quali
incendi, esplosioni ed urti.
È opportuno che le costruzioni possieda-
no un grado adeguato di robustezza, in
funzione dell’uso previsto della costruzio-
ne, individuando gli scenari di rischio e le
azioni eccezionali rilevanti ai fini della sua
progettazione, secondo quanto indicato
al § 2.2.5.
Per le costruzioni in cui sia necessario li-
mitare il rischio d’incendio per la salva-
guardia dell’individuo e della collettività,
nonché delle proprietà limitrofe e dei be-
ni direttamente esposti al fuoco, devono
essere eseguite verifiche specifiche del
livello di prestazione strutturale antin-
cendio.
Le strutture devono essere altresì verifica-
te nei confronti delle esplosioni e degli ur-
ti per verosimili scenari di rischio o su ri-
chiesta del committente.
Le azioni eccezionali considerate nel pro-
getto saranno combinate con le altre
azioni mediante la regola di combinazione
eccezionale di cui al § 2.5.3.
Anche qui, non viene considerato necessa-
rio considerare concatenazione di eventi.
Sul tema della robustezza strutturale, le
NTC 2018 continuano però ad essere in-
certe nell’evidenziare questi aspetti fonda-
mentali:
1) il formato di verifica previsto è sostan-
zialmente convenzionale: riguarda la va-
lutazione della crisi puntuale o seziona-
le (nei casi di instabilità, a livello di ele-
mento) (Figura 8); la valutazione della
capacità portante a livello globale è li-
mitata ad alcuni casi nelle verifiche anti-
sismiche;
maggio 2018
24 antincendio
norme
tecniche
e
responsabilità
Figura 10 - Differenti modalità di collasso a parità di moltiplicatore dei carichi:
collassi buoni “no sway” e collassi cattivi “sway”
Structures
&Loads
Collapse
mechanism
“Implosion
of the structure”
“Explosion
of the structure”
42. 2) non c’è sufficiente chiarezza nella
distinzione fra elementi formalmen-
te uguali ma sostanzialmente diffe-
renti: le colonne (o i pilastri) A, B, e
C di Figura 9 non sono distinti,
mentre è chiaro che il collasso di C
è più grave di quello di B, a sua
volta più grave di A;
3) non è chiarita a sufficienza la di-
stinzione fra modalità di collasso
buone e cattive: la Figura 10 fa
comprendere come, a parità di
moltiplicatore di collasso, la moda-
lità “no sway” che comporta una
implosione della costruzione sia da
preferire alla modalità “sway” che
può coinvolgere altri edifici adia-
centi o persone che si trovino nelle
vicinanze.
Proprio le modalità di collasso sono im-
portanti per la valutazione della sicu-
rezza strutturale in caso di incendio.
Parlando di incendio, le NTC 2018 ri-
sultano più esplicite delle norme prece-
denti nell’evidenziarne l’importanza. In-
fatti, si trova nei seguenti punti:
- al paragrafo 2.2.3., è esplicitamente
introdotto il tema della Sicurezza An-
tincendio:
Quando necessario, i rischi derivan-
ti dagli incendi devono essere limita-
ti progettando e realizzando le co-
struzioni in modo tale da garantire la
resistenza e la stabilità degli elemen-
ti portanti, nonché da limitare la pro-
pagazione del fuoco e dei fumi.
- al punto 2.2.6., relativamente alle
verifiche sono introdotte esplicita-
mente quelle connesse alla presen-
za dell’incendio:
Le opere strutturali devono essere
verificate, salvo diversa indicazione
riportata nelle specifiche parti delle
presenti norme:
maggio 2018 25
antincendio
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43. a) per gli stati limite ultimi che possono
presentarsi;
b) per gli stati limite di esercizio definiti in
relazione alle prestazioni attese;
c) quando necessario, nei confronti degli
effetti derivanti dalle azioni termiche
connesse con lo sviluppo di un incendio.
Queste frasi risultano avere un effetto posi-
tivo nell’evidenziare l’importanza dl consi-
derare l’azione incendio nella progettazio-
ne e nelle verifiche strutturali, evidenziazio-
ne che è iniziata nelle norme tecniche a
partire dal Testo Unico delle Costruzioni
del 2005.
Nel concludere questo breve commento
critico sull’Aggiornamento delle “Norme
tecniche per le costruzioni” di cui al Decre-
to 17 gennaio 2018 del Ministero delle In-
frastrutture e dei Trasporti, le NTC 2018, si
vorrebbe attirare l’attenzione sul fatto che,
di per sé, le norme tecniche non sono con-
dizione sufficiente per la corretta ed idonea
concezione, progettazione, verifica, realiz-
zazione, utilizzo e manutenzione di una co-
struzione.
Le norme tecniche dovrebbero quindi es-
sere considerate come un supporto neces-
sario ma non sufficiente per costruzioni si-
cure e performanti.
Recenti sentenze hanno, purtroppo ma
giustamente, dichiarato questo punto: il ri-
spetto delle norme tecniche è condizione
necessaria ma non sufficiente per essere
esenti da responsabilità.
E l’assunzione di responsabilità, insieme
alla deontologia, è il cuore delle professio-
ni tecniche.
maggio 2018
26 antincendio
norme
tecniche
e
responsabilità
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i - Professore Ordinario di Tecnica delle
Costruzioni nella Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale
della Università degli Studi di Roma La Sapienza
L’Autore
44. Una Tradizione
di Innovazione
nella Rivelazione
Incendi
ZETTLER vanta una lunga e fiera
tradizione nello sviluppo di soluzioni
innovative nella rivelazione incendi.
La gamma ZETTLER è stata costruita
intorno alla tecnologia MZX, che
fornisce una delle soluzioni più
avanzate e potenti disponibili.
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113.
114.
115. L
a modellazione dell’incendio è il pro-
cedimento mediante il quale si deter-
mina il valore e l’evoluzione della
temperatura dei gas negli ambienti
coinvolti ed in prossimità degli elementi
strutturali conseguentemente al verificarsi
dell’evento [3]. Nella prima fase, si stabili-
scono i luoghi ove si ritiene si possano veri-
ficare gli incendi. Ciò avviene indicando:
• la posizione delle sorgenti di innesco an-
che rispetto agli elementi strutturali
• i possibili scenari per la propagazione de-
gli stessi a parti di strutture non inizial-
mente coinvolte
• i materiali che possono prendere parte al-
la combustione
La Figura 1 riporta alcune delle tecniche uti-
lizzate per la modellazione degli incendi che
si sviluppano in un edificio. I metodi speri-
mentali comprendono riproduzioni in scala
reale o ridotta dello scenario del fenomeno
da studiare. I modelli numerici si dividono in
due classi: stocastici e deterministici [4].
I modelli stocastici o probabilistici trattano lo
sviluppo dell’incendio come una successio-
ne di eventi. Si stabiliscono leggi matemati-
che che governano la transizione da un
evento all’altro (per esempio dall’ignizione
alla combustione stabilizzata); sulla base di
analisi di dati sperimentali, dell’analisi storica
di incidenti realmente avvenuti, nonché sulla
base delle relazioni matematiche scelte (cor-
rette in modo da tenere conto dei dati a di-
sposizione) vengono assegnati dei valori
probabilistici a ciascun evento o stato coin-
volto nello sviluppo di un incendio (tipica-
mente questi metodi sono usati per rappre-
sentare esplosioni di gas o di polveri).
I modelli deterministici, invece, rappresenta-
no i processi che accompagnano lo sviluppo
dell’incendio in un locale, mettendo in rela-
zione espressioni matematiche basate sulla
fisica e sulla chimica del fenomeno con i da-
ti ottenuti da sperimentazioni condotte su in-
cendi naturali. Proprio questo aspetto deve
portare a ricordare che i modelli hanno dei li-
miti, legati a loro volta ai limiti delle osserva-
zioni che hanno condotto alla definizione de-
gli algoritmi di calcolo [5].
I modelli deterministici si suddividono in mo-
delli di campo e a zona. Lo stato dell’arte dei
modelli deterministici è in continuo sviluppo
Modellare gli incendi con i
codici di calcolo automatico
ParteI
antincendio
42 marzo 2013
L’abstract
Nel presente articolo sono illustrate alcune possi-
bili tecniche di modellazione dell’incendio per ot-
tenere una dettagliata rappresentazione dello svi-
luppo dell’evento nelle costruzioni e delle variazio-
ni di temperatura alle quali sono soggetti gli ele-
menti strutturali. Tra le più sofisticate e innovative
soluzioni vi è la curva naturale temperatura - tem-
po ottenuta con software numerici avanzati. Nello
specifico verranno brevemente analizzate le carat-
teristiche di FDS [1, 2], un software gratuito svi-
luppato negli USA capace di simulare l’evoluzione
dell’incendio in ambiente chiuso. Sui numeri suc-
cessivi della rivista tratteremo gli aspetti legati alle
operazioni svolte dal programma ed infine si ripor-
teranno alcuni test per valutare sia le capacità del
software nel cogliere aspetti significativi dell’in-
cendio, sia l’influenza di alcuni parametri nel giu-
dizio complessivo sull’affidabilità di un’analisi.
■ Filippo Gentili, Francesco Petrini, Franco Bontempi
116. sia perché sta migliorando la comprensione
del fenomeno incendio sia per l’evoluzione
della tecnologia stessa dei computer.
Il problema della modellazione dell’azione
dell’incendio è rilevante ed è analizzato an-
che dal punto di vista normativo. A tal pro-
posito facendo riferimento al D.M.
09/03/2007 [6] si prendono in considerazio-
ne due tipi di curve temperatura - tempo.
Le curve nominali - Esse sono caratterizzate
dai seguenti aspetti:
• il tratto iniziale è estremamente ripido tra-
scurando, in sostanza, le fasi di innesco e
propagazione
• non prevedono la fase di raffreddamento
• impongono un unico valore della tempe-
ratura ambiente.
La Figura 2 mostra tre tipiche curve nomina-
li di incendio riguardanti gli elementi struttu-
rali delle costruzioni:
• incendio confinato di materiali di natura
cellulosica quali legno, carta e alcuni tipi
modellazione
incendi
antincendio 43
marzo 2013
Modelli
a zona
Modelli
di campo
Modelli
deterministici
Modelli
stocastici
Modelli
sperimentali
Modelli
numerici
Modelli
di simulazione
Modelli di incendio
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i - Ha ottenuto Laurea in Ingegneria Civile
e sta finendo il Dottorato di Ricerca in Ingegneria
Strutturale all’Università degli Studi di Roma La Sapienza
sul tema della sicurezza strutturale di strutture complesse
in caso d’incendio con approccio multifisico. Ha svolto
periodi di ricerca presso The BRE Centre for Fire Safety
Engineering, University of Edinburgh in Scozia e la
Technical University of Denmark a Lyngby. Svolge attivi-
tà di consulenza per Fire Safety Engineering.
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i - Ha ottenuto Laurea in Ingegneria
Civile e Dottorato di Ricerca in Ingegneria Strutturale
all’Università degli Studi di Roma La Sapienza, dove svol-
ge attività di ricerca sulla progettazione prestazionale delle
strutture (Performance-based Design) in presenza di azio-
ni sismiche, vento e azioni accidentali. Ha una significati-
va esperienza di modellazione numerica e svolge attività
di consulenza per l’analisi strutturale e il progetto di
costruzioni speciali con la Società StroNGER s.r.l.
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i - Professore Ordinario di Tecnica delle
Costruzioni presso la Facoltà di Ingegneria Civile e
Industriale dell’Università degli Studi di Roma La
Sapienza dove è docente nei corsi di Tecnica delle
Costruzioni, Costruzioni Metalliche e Progettazione
Strutturale Antincendio per gli allievi di Ingegneria Civile
e di Ingegneria della Sicurezza. Svolge attività di ricerca
e di consulenza per l’analisi strutturale e il progetto di
costruzioni complesse. E’ consulente per casi di situazio-
ni accidentali e crolli nell’Ingegneria Forense.
Figura 1 - Tecniche utilizzate per la modellazione degli incendi che si sviluppano in un edificio
117. di tessuto (curva standard anche nota co-
me ISO 834)
• incendio confinato in un compartimento
che aggredisce elementi costruttivi ester-
ni al compartimento stesso (curva del
fuoco esterno)
• incendio confinato di materiali derivati da
idrocarburi o aventi analoghe velocità di
rilascio del calore (curva degli idrocarburi).
Le curve naturali - Queste sono caratterizza-
te dai seguenti aspetti:
• si basano sull’effettiva evoluzione dell’in-
cendio
• è considerata anche la fase di innesco e
di propagazione dell’incendio
• presentano una fase di decadimento del
fenomeno.
Esse possono essere ottenute attraverso
due modelli di incendio differenti che pre-
sentiamo nel successivo paragrafo.
Modelli d’incendio numerici semplificati
In questo caso si considerano tre diversi casi:
Incendi parametrici - Sono espressioni di na-
tura semiempirica date dal solo equilibrio
energetico raggiunto all’interno del compar-
timento nella fase post – flashover. Hanno un
campo di applicazione assai limitato in
quanto risentono delle condizioni sperimen-
tali che consentito la loro determinazione.
La curva parametrica più diffusa è quella in-
dicata nell’Eurocodice 1[7].
Modello di incendio localizzato - Questo è uno
strumento adatto per incendi in fase di pre –
flashover. Se la distribuzione del carico di in-
cendio è localizzata, il conseguente riscalda-
mento localizzato delle strutture può essere
maggiore di quello derivante da una valutazio-
ne di incendio generalizzato.
Occorre ragionare in termini di incendio loca-
lizzato e vedere, con formule empiriche, l’al-
tezza di fiamma e temperature locali.
Le temperature raggiunte sull’asse della fiam-
ma e sul soffitto nella zona in asse con il fo-
colaio potrebbero essere molto maggiori del-
la temperatura media della zona superiore.
Modello di incendio su elementi esterni - È
utilizzato per la valutazione degli effetti di un
incendio su elementi strutturali posti al-
l’esterno del compartimento, cioè interessa-
ti dalle fiamme che fuoriescono attraverso le
Figura 2 – Tre tipiche curve nominali di incendio riguardanti gli elementi strutturali delle costruzioni
Curve nominali di incendio indicate nel D.M. 09/03/2007
marzo 2013
44 antincendio
modellazione
incendi
118. aperture del compartimento stesso (per in-
cendi in fase post - flashover).
Modelli d’incendio numerici avanzati
Avvalendosi di software di comprovata at-
tendibilità, vanno considerate in modo ap-
profondito le caratteristiche del combustibile
e quelle del compartimento, calcolando an-
che la presumibile variazione nel tempo del-
la potenza termica rilasciata dall’incendio al-
l’interno dell’ambiente [4].
Si considerano due tipologie diverse:
Modelli a zone - Sono modelli termodinami-
ci. Simulano lo sviluppo di un incendio in
ambienti confinati risolvendo separatamen-
te le equazioni differenziali di conservazio-
ne dell’energia termica, della massa e della
quantità di moto ipotizzando che l’ambien-
te in cui progredisce la combustione sia di-
viso in regioni distinte (zone) all’interno del-
le quali la temperatura, la densità e la pres-
sione siano uniformi ma variabili nel tempo
[4]. Questi modelli sono di una buona utilità,
sia per la facilità di utilizzo che per l’attendi-
bilità dei risultati in determinate situazioni.
Modelli di campo - Sono modelli termodinami-
ci generali per incendi e fumi. I modelli nume-
rici euleriani [8] implementati in software com-
merciali di fluidodinamica computazionale
(Computational Fluid Dynamic - CFD) costitui-
scono una tra le più raffinate possibilità di si-
mulazione di incendio attualmente disponibile
[9]. La caratteristica dei modelli euleriani è che
viene descritto l’andamento temporale delle
grandezze macroscopiche in un dato punto
dello spazio [8]. La CFD consente di pervenire
al calcolo dei campi vettoriali di velocità e sca-
lari di temperatura e concentrazione.
Ziggiotto & C. srl
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marzo 2013 45
antincendio
modellazione
incendi
119. Il compartimento può essere diviso in una
griglia tridimensionale di piccoli volumi. Il
modello di campo calcola le condizioni fisi-
che in ciascun volume come una funzione
del tempo. Il calcolo tiene conto dei cambia-
menti di stato che si generano in un volume
e di quelli che si originano per effetto delle
variazioni che avvengono nei volumi circo-
stanti. I modelli di campo sono dei comples-
si modelli fluidodinamici di flussi turbolenti
derivanti dalle classiche teorie della termodi-
namica e della fluidodinamica.
Sviluppo della fluidodinamica
computazionale
L’idea che la dinamica del fuoco potesse es-
sere studiata in via numerica si è sviluppata
con l’avvento del computer. La fluidodinami-
ca classica riguarda la descrizione matema-
tica del compartimento fisico dei flussi (gas
e liquidi). Le equazioni che governano il
comportamento dei fluidi sono conosciute
da 150 anni [10]. Nonostante ciò, i modelli
matematici del fuoco sono relativamente re-
centi per la complessità del problema.
L’incremento della capacità di calcolo dei
computer avvenuta negli ultimi decenni ha
fortemente influenzato lo sviluppo sia dei
modelli CFD che della ricerca sulla fluidodi-
namica in generale [11].
I principali pregi della CFD risiedono nella
sua estrema flessibilità, ben maggiore rispet-
to agli altri modelli euleriani [8], che permet-
te di trattare geometrie complesse, anche in
dettaglio, tramite la costruzione di griglie di
calcolo molto particolareggiate, nonché di
imporvi una tipologia di condizioni al contor-
no molto diversificata; in aggiunta si posso-
no simulare i fenomeni turbolenti connessi
con la propagazione e dispersione dei pro-
dotti della combustione, in atmosfera (incen-
dio non confinato), in compartimento delimi-
tato da pareti (incendio confinato), in situa-
zioni intermedie (incendio semi - confinato).
D’altra parte, il più evidente limite di questo
strumento risiede nel suo onere computazio-
nale, sicuramente ben maggiore rispetto a
quello richiesto dagli altri modelli di incendio
disponibili (sono necessari tempi lunghi di
elaborazione anche in presenza di ambienti
di limitate dimensioni).
Le equazioni che governano il comporta-
mento dei fluidi risolte al passo nei codici di
calcolo CFD, consistono, in generale, in un
set di equazioni differenziali tridimensionali,
dipendenti dal tempo, non lineari note come
equazioni di Navier - Stokes [10]. Il calcolo
del flusso d’aria è basato sulle soluzioni del-
le equazioni fondamentali del flusso:
• l’equazione di continuità
• le tre equazioni della quantità di moto
(una per ogni componente spaziale ri-
spetto ad un sistema di riferimento carte-
siano)
• l’equazione dell’energia
• l’equazione di trasporto per la distribuzio-
ne degli inquinanti, se necessario.
La turbolenza locale è spesso espressa con
un coefficiente di diffusione dell’energia di
attrito variabile chiamato viscosità turbolen-
ta. Usualmente questa viscosità è ottenuta
da altre due equazioni di trasporto chiamate
equazione per l’energia cinetica della turbo-
lenza ed equazione per la dissipazione del-
l’energia cinetica della turbolenza.
La descrizione globale del flusso consiste
quindi in otto equazioni differenziali che so-
no accoppiate (devono, cioè essere risolte
contemporaneamente) e non lineari. Poiché
non esiste soluzione in forma chiusa, viene
applicato un metodo numerico. È necessario
dividere l’ambiente in celle: le equazioni dif-
ferenziali devono essere discretizzate, scritte
e risolte in maniera incrementale in corri-
spondenza di ogni nodo della griglia.
Le generalità dell’FDS
Il software Fire Dynamic Simulator (FDS) è
stato sviluppato dalla Fire Research Division
presso il Building and Fire Research Labora-
tory (BFRL) del National Institute of Science
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46 antincendio
modellazione
incendi
120. and Technology (NIST) [1, 2, 12]. FDS è un
programma che permette la modellazione di:
• trasmissione a bassa velocità di calore e
prodotti di combustione dal fuoco
• trasmissione di calore per irraggiamento
e convezione tra gas e superfici solide
• pirolisi
• diffusione della fiamma e crescita dell’in-
cendio
• sprinkler, rilevatori di calore e di fumo.
Tutti i parametri richiesti da FDS utili per de-
scrivere un particolare scenario sono conte-
nuti in un file di testo creato dall’utente che
sarà spiegato nel dettaglio nei paragrafi suc-
cessivi. Con FDS si possono realizzare i se-
guenti modelli:
• modello idrodinamico
• modello di combustione
• trasmissione per irraggiamento
• sprinkler e rilevatori.
FDS è in grado di fornire come dati di uscita,
previo un opportuno settaggio della simula-
zione, i valori delle seguenti variabili scalari
e vettoriali a prefissati intervalli di tempo:
• temperatura, velocità e concentrazione
dei gas
• concentrazione dei prodotti di combu-
stione
• visibilità e pressione
• tempo di attivazione di erogatori sprinkler
e di rivelatori di calore o di fumo
• flussi di massa e di energia.
Questi valori vengono valutati in ogni cella:
tipicamente un modello FDS è costituito da
centinaia di migliaia di celle e migliaia di in-
tervalli temporali.
Gli andamenti nel tempo di alcune grandez-
ze in singoli punti dello spazio o quantità co-
me la potenza termica rilasciata sono salvati
in file di estensione .csv utilizzabili in pro-
grammi di elaborazione dati.
Il programma fornisce in un file di output, ol-
tre ai principali dati utilizzati per il calcolo, il
valore della HRR (Heat Release Rate) per
ogni step temporale. Il codice è particolar-
mente indicato per la simulazione della dina-
mica di incendi caratterizzati da evoluzione
lenta e media, con particolare attenzione al-
la propagazione dei prodotti di combustione.
Il modello FDS risolve una forma approssi-
mata delle equazioni di Navier - Stokes ap-
propriata per le applicazioni con basso nu-
mero di Mach (definito come rapporto tra la
velocità del fluido e la velocità del suono) co-
me quelle concernenti i flussi a bassa veloci-
tà dei fumi e gas di combustione generati e
permette lo studio del flusso termico con
particolare attenzione al fumo e alla trasmis-
sione di calore generato dall’incendio.
La soluzione delle equazioni della conserva-
zione della massa, della quantità di moto e
della energia, ottenuta attraverso un’appros-
simazione alle differenze finite, è valutata nel
tempo nelle tre dimensioni con una griglia
cubica. Il movimento dei fumi è valutato tra-
mite un approccio di tipo lagrangiano [8].
Questo tipo di approccio permette di descri-
vere l’andamento temporale delle grandezze
seguendo le traiettorie degli elementi fluidi.
Per quanto riguarda la stima dell’irraggia-
mento si utilizza una tecnica ai volumi finiti.
Il calcolo può essere fatto sia tramite una si-
mulazione numerica diretta (DNS – Direct
marzo 2013
48 antincendio
modellazione
incendi
121. Numerical Simulation) [2, 10], nella quale i
termini dissipativi vengono calcolati diretta-
mente, sia tramite lo schema Large Eddy Si-
mulation (LES) [2, 11], in cui il modello di tur-
bolenza viene applicato solo alle fluttuazioni
turbolente più piccole del volume di control-
lo, intendendo con esso il volume minimo
della discretizzazione.
FDS è scritto in linguaggio FORTRAN 90/95,
la versione 1 del programma risale al febbra-
io 2000; è stato successivamente potenziato
in più occasioni mostrando novità conside-
revoli specie nel 2004 (versione 4) e nel 2007
(versione 5). Attualmente è disponibile la ver-
sione 6.0 beta, tuttora in fase di sperimenta-
le. La descrizione che segue, pertanto, si ri-
ferisce alla precedente versione 5.3.3.
Pur essendo FDS un solutore puro, origina-
riamente concepito per essere utilizzato me-
diante scrittura di un listato di input avente
una specifica struttura, con le recenti versio-
ni è fornito dal NIST un programma automa-
tico di post – processing dei dati: il visualiz-
zatore Smokeview.
Sono state sviluppate, inoltre,di recente ap-
posite interfacce grafiche per rendere più
agevole il lavoro dell’utente come ad esem-
pio Pyrosim della THUNDERHEAD Enginee-
ring [14].
La validazione sperimentale ottenuta in più
occasioni [13], è rafforzata dalla validazione
del programma sulla base dei più disparati
scenari di incendio, sicuramente propiziata
dalla libera distribuzione di FDS a livello
mondiale.
L’affidabilità della previsione degli eventi flui-
dodinamici è influenzata dalla grandezza
della griglia. Nel Fire Dynamic Simulator esi-
ste un parametro che occorre sempre verifi-
care, è il cosiddetto diametro caratteristico
dell’incendio D* dato dalla seguente formula:
nella quale le proprietà riportate al denomi-
natore sono riferite all’aria a temperatura
ambiente e rappresenta la potenza dell’in-
cendio espressa in W (watt), ρ è la densità
del materiale in Kg/m3
, cp è il calore specifi-
co in J/kgK, T è la temperatura in K e g è
l’accelerazione di gravità pari a 9.81 m/s2
.
La descrizione dell’incendio dipende dalla
bontà di questo parametro in quanto influi-
sce sul modello di combustione intervenen-
do sul calcolo della frazione di miscela che
descrive la reazione stechiometrica in atto.
Gli utilizzi
FDS è in grado di simulare gli incendi, a par-
tire dalla condizione iniziale di ignizione: il
modello di campo esprime tutta la sua po-
tenzialità nell’analisi dei parametri di control-
lo del fuoco principalmente nelle condizioni
di pre - flashover, mentre l’accuratezza dei ri-
sultati tende generalmente a ridursi nelle
condizioni di post - flashover.
Ogni condizione che comporti un ristagno di
flusso (no - flux condition) può portare FDS a
dare risultati non del tutto soddisfacenti:
questo è il principale motivo per cui, ad
esempio, sono previste opportune correzioni
all’interno del programma stesso per la rou-
tine che calcola le differenze di pressione
(solutore di Poisson) al contorno degli osta-
coli o in vicinanza delle pareti che delimitano
il dominio di calcolo.
FDS può essere utilizzato non solo per ana-
lisi predittive degli scenari di incendio per
scopi progettuali, ma anche per l’individua-
zione delle cause degli incendi.
Nei due casi, ovviamente, l’albero degli
eventi, inteso come un diagramma ad albe-
ro che consente sia di rappresentare la se-
Q
¥
D =
2/5
g
c
¥
r
*
p T
¥ ¥
marzo 2013 49
antincendio
modellazione
incendi
Sono previste opportune correzioni
all’interno del programma
Fluid Dinamics Simulator (FDS)
per la routine che calcola
le differenze di pressione al
contorno degli ostacoli
o in vicinanza delle pareti
che delimitano il dominio di calcolo
122. quenza dei possibili eventi (guasto o suc-
cesso) sia di calcolare le probabilità succes-
sive delle combinazioni degli eventi, si per-
corre in maniera opposta: da una parte al fi-
ne di valutare gli effetti, dall’altra per risali-
re alle cause.
Nonostante la capacità di analizzare molti
scenari il programma FDS ha delle limitazio-
ni ben precise che vengono riportate nei
manuali [1, 2].
File di input
Le operazioni svolte dal programma FDS so-
no basate su un file di testo di input la cui
estensione è .fds: il nome del file sarà del ti-
po quindi job_name.fds. Nel file di input so-
no contenute tutte le informazioni necessarie
per la descrizione dello scenario di incendio.
Queste riguardano:
• le dimensioni della griglia, la quale consi-
ste in una o più mesh di celle uniformi.
Tutti gli elementi devono avere dimensio-
ni conformi alla griglia: oggetti più piccoli
della singola cella possono essere ap-
prossimati con la cella minima o ignorati
• la geometria dell’edificio: è rappresentata
da una serie di blocchi rettangolari
• l’ambiente circostante: le condizioni al
contorno sono applicate sulle superfici
dei blocchi
• le proprietà dei materiali: la conducibilità
termica, il calore specifico, la densità, lo
spessore
• le caratteristiche della combustione
• le quantità di output richieste.
Una certa disponibilità di questi file di dati è
direttamente offerta dal NIST, all’interno del-
la cartella denominata Examples che viene
installata durante la procedura di settaggio
automatico.
Struttura del file
Nel file di input i parametri delle analisi sono
organizzati in gruppi detti namelist group che
rappresentano classi di parametri. I namelist
sono stringhe di comando in linguaggio
FORTRAN. Costituiscono le parole chiave
per la comprensione del file di dati: si tratta
di una trentina di istruzioni, tutte individuate
marzo 2013
50 antincendio
modellazione
incendi
123. per mezzo di una stringa composta da quat-
tro caratteri alfabetici, come riportato in Ta-
bella 1. Ogni stringa del namelist inizia con il
carattere & e finisce con lo slash (/). Ciò che
viene eventualmente scritto dopo lo slash
non viene letto dal programma: è solo un
commento utile all’utente per descrivere
l’istruzione che lo precede. I singoli comandi
sono separati dalla virgola, dallo spazio o da
un’interruzione di linea.
Ad esempio, la riga seguente
&DUMP NFRAMES=1800,
DT_HRR=10.,
DT_DEVC=10., DT_PROF=10.,/
setta alcuni valori dei parametri contenuti nel
gruppo di comandi (namelist group) DUMP:
I parametri possono essere:
numeri interi
T_END=5400
numeri reali
CO_YIELD=0.008
gruppi di numeri reali
XYZ=6.04,0.28,3.65
gruppi di numeri interi
(IJK=90,36,38)
stringhe di testo
CHID=’WTC_05_v5’
gruppi di stringhe di testo
SURF_IDS=’burner’,
’STEEL’,’BRICK’
logici
POROUS_FLOOR=.FALSE.
In generale i namelist possono essere inseri-
ti in un punto qualsiasi del file, ma è una
buona norma organizzare il file in maniera si-
stematica.
Tipicamente, le informazioni generali sono li-
state nell’incipit del file e le informazioni di
dettaglio, come gli oggetti e i sensori sono ri-
portati nella Tabella 1.
Per assicurare che il FDS legga per intero il
marzo 2013
52 antincendio
modellazione
incendi
Tabella 1 - Elenco dei Namelist [1]
Group Name Namelist Group Description Group Name Namelist Group Description
BNDF Boundary File Output PROF Profile Output
CTRL Control Function Parameters PROP Device Property
DEVC Device Parameters RADI Radiation
DUMP Output Parameters RAMP Ramp Profile
HEAD Input File Header REAC Reactions
HOLE Obstruction Cutout SLCF Slice File Output
INIT Initial Condition SPEC Species Parameters
ISOF Isosurface File Output SURF Surface Properties
MATL Material Property TIME Simulation Time
MESH Mesh Parameters TRNX Mesh Stretching
MISC Miscellaneous VENT Vent Parameters
OBST Obstruction ZONE Pressure Zone Parameters
PART Lagrangian Particle
124. file di input, si inserisce alla fine del file la se-
guente stringa di testo:
&TAIL / End of file
È buona prassi inserire i soli parametri che
hanno valori diversi da quelli di default.
In considerazione dei tempi di elaborazione,
spesso impegnativi, un aspetto importante è
la possibilità di interrompere e rilanciare
l’analisi. Per far ciò si aggiunge nel namelist
MISC il comando RESTART di tipo logico:
&MISC RESTART =.true.
Si crea un file con lo stesso nome del file che
si vuole stoppare con l’estensione .stop. Per
rilanciare l’analisi è sufficiente rimuovere il fi-
le .stop appena creato.
Nome del file
Con il namelist HEAD, si assegna il nome al
lavoro. Vengono definiti due parametri come
si può vedere nella riga di testo:
&HEAD
CHID=’WTC_05_V5’,
TITLE=’WTC Phase 1,
Test 5, FDS version 5’ /
nella quale
CHID è una stringa di massimo 30 carat-
teri. Con questo comando si deci-
de il nome dei file di output
TITLE è una stringa di massimo 60 carat-
teri. Titola la simulazione.
Condizioni sul tempo
Le condizioni riguardanti la durata della si-
mulazione e il tempo dello step iniziale ven-
gono attribuite attraverso il namelist TIME.
Il parametro che permette di indicare la du-
rata è T_END che di default è impostato pa-
ri ad 1s. Per esempio, la seguente riga di co-
mando fornisce l’istruzione che la simulazio-
ne duri 5400 secondi.
&TIME, T_END=5400. /
Impostando T_END pari a zero, si può ef-
fettuare un rapido controllo della geometria
del problema in Smokeview.
È possibile specificare anche il tempo di ini-
zio della simulazione tramite il comando
T_BEGIN.
Questa è un’opzione utile per realizzare un fil-
mato volendo mostrare le condizioni iniziali.
Il passo temporale di integrazione numerica
iniziale può essere specificato attraverso il
comando DT. Questo parametro è normal-
mente calcolato dividendo la dimensione del
volume discretizzato per la velocità del flus-
so di calore. Il valore di default di DT è
dove δx, δy, δz sono le dimensioni della cel-
la minore, H è l’altezza massima del dominio
e g l’accelerazione di gravità.
Durante la simulazione non è permesso au-
mentare il suo valore iniziale a meno che non
si specifichi altrimenti attraverso la seguente
stringa di testo:
&TIME, RESTRICT_TIME_STEP=.FALSE. /
Un altro parametro interessante che può es-
sere utilizzato quando si ha un dominio divi-
so in più griglie è SYNCHRONIZE, un indi-
catore logico che permette di far coincidere
i DT di tutte le mesh.
Di default è .TRUE.
&TIME, SYNCHRONIZE =.true. /
È possibile evitare che in automatico FDS
cambi il time step con la stringa:
gH
¥
5
1/3
dx ¥ dy ¥ dz
marzo 2013 53
antincendio
modellazione
incendi
125. &TIME, LOCK_TIME_STEP=.FALSE. /
Questo è un comando potenzialmente peri-
coloso perché può condurre ad instabilità
numerica se il DT iniziale è troppo alto.
Durante il calcolo, DT deve essere tale da ri-
spettare la condizione CFL (Courant, Frie-
drichs, Lewy): la soluzione delle equazioni
non può essere trovata se il time step è mag-
giore del tempo necessario ad una particella
ad attraversare una singola cella della mesh.
Quindi viene definito dal solutore un para-
metro di controllo che si presenta nella
forma:
dove u, v e w sono le componenti di veloci-
tà nelle direzioni x, y e z. Ad ogni passo tem-
porale, è calcolato il numero CFL per ogni
mesh e il time step è condizionato se il mas-
simo valore di tale numero non è compreso
tra CFL_MIN e CFL_MAX che di default so-
no impostati rispettivamente pari a 0.8 e 1.0.
Una condizione simile, vincolante quando è
dominante il trasporto diffusivo è denomina-
ta condizione di Von Neumann.
Il numero di Von Neumann è definito
Come il numero CFL, anche VN è calcolato
ad ogni step in ciascuna cella della mesh e il
passo temporale è modificato in automatico
se il numero VN è non è compreso tra
VN_MIN e VN_MAX che di default sono im-
postati pari a 0.8 e 1.0.
Condizioni sulla discretizzazione
Tutti i calcoli in FDS devono essere condotti
all’interno di un dominio che è costituito da
volumi discretizzati. Ogni volume è compo-
sto da celle parallelepidede, il numero delle
quali dipende dalla risoluzione voluta della
dinamica del flusso. MESH è il namelist che
definisce il dominio computazionale. Il siste-
ma di coordinate necessario per la definizio-
ne della mesh è conforme alla regola della
mano destra. Il punto di origine è definito at-
traverso il primo, il terzo e il quinto valore di
una sestina di numeri reali XB e il punto fi-
nale attraverso il secondo, il quarto ed il se-
sto valore.
Per esempio:
&MESH,
IJK=10,20,30.
XB=0.0,1.0,0.0,2.0,0.0,3.0 /
definisce una mesh il cui volume si estende
dall’origine per 1 metro in direzione x, 2 m in
direzione y e 3 metri in direzione z. La mesh
è suddivisa in celle attraverso il parametro
IJK. Nell’esempio di cui sopra il dominio è
diviso in cubi di 10 cm. È possibile utilizzare
una dimensione non uniforme in una direzio-
ne attraverso i namelist TRNX, TRNY, TRNZ
nel rispetto di determinate condizioni.
Le mesh che permettono una valutazione più
affidabile sono quelle cubiche e quelle in cui
l’altezza, la lunghezza e la larghezza sono si-
mili tra loro.
Gli oggetti o le aperture che si estendono ol-
tre il limite della mesh, vengono tagliati al
bordo e non compaiono in Smokeview.
Siccome un importante parte del calcolo usa
il solutore di Poisson che si basa sulle tra-
sformate di Fourier (FFTs) [15], per le cifre che
indicano il numero delle celle nella seconda
(y) e terza (z) direzione è opportuno rispetta-
re la forma dove l, m e n sono numeri interi.
Ad esempio, 64 = 26
, 72 = 23
32
e 108 = 23
33
sono una buona divisione in celle, ma 37, 99
e 109 non lo sono. Il primo numero della
mesh non usa FFTs e quindi non è necessa-
rio che sia il prodotto di numeri minori. In de-
finitiva però è possibile testare anche altre
divisioni a patto che ciò non provochi un no-
tevole rallentamento nei calcoli.
Con il termine mesh multipla si intende un
dominio computazionale consistente in più
max
¥
CFL = t
dx
u ,
dy
v ,
dz
w
f
VN = 2
dx
1 +
dy dz
t max rc
k
v, D, 2
+
2 2
1 1
max
¥
CFL = t
dx
u ,
dy
v ,
dz
w
f
VN = 2
dx
1 +
dy dz
t max rc
k
v, D, 2
+
2 2
1 1
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54 antincendio
modellazione
incendi
126. di un volume, usualmente connessi, sebbe-
ne questa non sia una condizione vincolan-
te. Per ciascuna mesh si utilizza una riga di
comando diversa. L’ordine in cui sono di-
sposte indica l’importanza della mesh consi-
derata: solitamente dalla mesh più fitta alla
più rada. Le varie mesh possono sovrappor-
si, confinare o non toccarsi affatto. In questo
caso vengono effettuate due simulazioni se-
parate.
Sia che il modello giri su un unico processo-
re che su più di uno, è necessario rispettare
alcune regole per costruire mesh multiple. La
più importante riguarda l’allineamento delle
mesh: impone l’uguaglianza tra l’area tra-
sversale di due mesh contigue o che il loro
rapporto sia un numero intero. Queste rego-
le più incisive sono state introdotte nella ver-
sione 5.1 per assicurare una migliore accu-
ratezza della metodologia di calcolo.
La geometria è descritta in termini di ostru-
zioni rettangolari che possono scaldarsi,
bruciare, condurre calore etc. e di aperture
dalle quali l’aria può entrare o uscire. È ne-
cessario assegnare a ciascun oggetto e
apertura le condizioni al contorno descriven-
do le loro proprietà termiche.
Costruzione di oggetti
Il namelist OBST contiene tutti i parametri
necessari a definire le ostruzioni. Ciascuna
riga di comando contiene le coordinate del
rettangolo solido all’interno del dominio. Il
solido è definito da due punti (x1, y1, z1) e (x2,
y2, z2) espressi all’interno di un vettore da 6
elementi XB=X1,X2,Y1,Y2,Z1,Z2.
In aggiunta alle coordinate, le condizioni al
contorno per gli oggetti sono specificate at-
traverso i parametri SURF_ID, che asse-
gna la tipologia di superficie considerata.
È possibile anche assegnare tipologie di su-
perficie diverse per i vari strati dell’oggetto
(superiore laterale ed inferiore) attraverso il
comando SURF_IDS che costituisce una
matrice con le proprietà del lato superiore,
laterale ed inferiore.
Per esempio con i comandi
&SURF ID=’FIRE’,HRRPUA=1000.0 /
&OBST XB=2.3,4.5,1.3,4.8,0.0,9.2,
SURF_IDS=’FIRE’,’INERT’,’INERT’ /
si vuole indicare che si infiamma solo la su-
perficie superiore dell’oggetto.
Attraverso il parametro ID6, è possibile
specificare le caratteristiche di ogni piano
esterno dell’oggetto:
&OBST XB=2.3,4.5,1.3,4.8,0.0,9.2,
SURF_ID6=’FIRE’,’INERT’,’HOT’,’COL
D’,’BLOW’,’INERT’ /
dove le sei superfici descritte si riferiscono ai
piani x=2.3m, x=4.5m, y=1.3m, y=4.8m
z=0.0m, z=9.2m.
Gli oggetti possono avere spessore zero:
questa è una proprietà utile per descrivere
oggetti che hanno un ruolo nella trasmissio-
ne dell’incendio (ad esempio una finestra),
ma che sono di dimensioni più piccole della
griglia. È da sottolineare, comunque, che per
avere una piena funzionalità riguardo alla tra-
smissione della fiamma e dei gas, le dimen-
sioni minime dell’oggetto da inserire nel mo-
dello devono essere non minori alla dimen-
sione della griglia. È possibile durante la si-
mulazione inserire e rimuovere le ostruzioni.
Per trattare geometrie non parallelepipede
con FDS si scrivono manualmente, all’inter-
no del file contenente i dati di input, le coor-
dinate di una serie di blocchi solidi che deli-
neano la geometria non parallelepipeda. Si
ottiene così un’approssimazione a gradini
detta stair stepping delle superfici curve,
tanto più accurata quanto maggiore è il nu-
mero di blocchi utilizzati. Questo approccio
comporta un intervento manuale da parte
dell’utente tanto più oneroso, e al limite ad-
dirittura ingestibile, quanto maggiore è la
complessità della geometria considerata e il
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antincendio
modellazione
incendi
127. livello di accuratezza voluto. È possibile at-
traverso il comando SAWTOOTH=.FAL-
SE. evitare di generare vorticità negli spigoli
tra gli oggetti. Non rappresenta una soluzio-
ne completa del problema, ma garantisce il
flusso anche intorno a oggetti non parallele-
pipedi.
Realizzazione di aperture
Attraverso il namelist HOLE è possibile rea-
lizzare un’apertura in un oggetto esistente.
Per fare questo è sufficiente scrivere
&HOLE XB=2.0,4.5,1.9,4.8,0.0,9.2 /
e si toglie materiale nel solido tra 2.0<x<4.5;
1.9<y<4.8; 0.0<z<9.2.
Se l’apertura rappresenta una porta o una fi-
nestra, è una regola generale assicurarsi che
il programma riesca a vedere l’apertura at-
traverso l’intera ostruzione. Per esempio, se
OBST denota un muro di spessore 0.1 m
parallelo al piano yz e avente spessore in di-
rezione x
&OBST XB=1.0,1.1,0.0,5.0,0.0,3.0 /
e si vuole creare una porta, allora si aggiun-
ge la riga:
&HOLE XB=0.99,1.11,2.0,3.0,0.0,2.0 /
In questo caso il centimetro in più nella co-
ordinata X assicura che l’efficacia dell’aper-
tura.
Il namelist VENT è usato per descrivere pia-
ni adiacenti a ostruzioni o pareti esterne.
Il commando presenta la stessa struttura di
quello usato per realizzare ostruzioni, con un
vettore di sei elementi XB che indica un pia-
no confinante con una superficie solida.
Due delle sei coordinate devono rimanere
costanti. Il commando è utilizzato per appli-
care particolari condizioni al bordo ad una
superficie.
Ad esempio, per la descrizione di una sor-
gente di incendio, prima si genera un’ostru-
zione attraverso la riga di comando OBST, e
poi, attraverso VENT, si specificano le ca-
ratteristiche termiche e le proprietà della
combustione del carburante.
Una particolare tipologia di VENT è rappre-
sentata da SURF_ID=’OPEN’. Questa è
utilizzata per applicare condizioni esterne al
dominio di calcolo, dove si assegna un’aper-
tura passiva verso l’esterno.
Questo risulta necessario perché di default
FDS considera come pareti esterne i bordi
del dominio.
Condizioni al contorno
L’assegnazione delle condizioni al contorno
è un aspetto fondamentale del problema
preso in considerazione, perché influenzano
pesantemente la crescita e lo sviluppo del-
l’incendio. Per specificare le proprietà dei
solidi, si usa il namelist SURF. I solidi sono
costituiti da una serie di strati che possono
essere di materiali diversi. Le proprietà di
ogni materiale sono indicate attraverso il na-
melist MATL.
Queste proprietà riguardano la rapidità di ri-
scaldamento e le modalità con cui brucia il
materiale.
Ogni materiale è contraddistinto da un ID a
cui è associato una superficie attraverso il
parametro MATL_ID.
Per esempio, se nel file di input si indica
&MATL ID = BRICK’
CONDUCTIVITY = 0.69
SPECIFIC HEAT = 0.84
DENSITY = 1600. /
&SURF ID = BRICK WALL’
MATL ID = BRICK’
COLOR = RED’
BACKING = EXPOSED’
THICKNESS = 0.20 /
&OBST XB=0.1, 5.0, 1.0, 1.2, 0.0,
1.0, SURF ID=’BRICK WALL’ /
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56 antincendio
modellazione
incendi
128. si sta definendo una parete in mattoni lunga
4.9 m (che va da XB=0.1 a 5.0), alta 1 m (da
0.0 a 1.0,) e di 20 cm di spessore (da 1.0 a 1.2).
SURF è il namelist che definisce la struttura
delle superfici di tutti i solidi e delle aperture
interne al dominio o al bordo.
Le condizioni al contorno per le aperture e
per le ostruzioni sono assegnate proprio nel-
la riga di comando delle SURF. Di default
per tutte le superficie è assegnata la tempe-
ratura ambiente e il materiale inerte. Per de-
terminare le caratteristiche dell’incendio è
sufficiente assegnare il valore del HRR, sen-
za esser costretti al dover indicare il tipo di
materiale. La sorgente di incendio può es-
sere modellata quindi solo il valore del
HRRPUA, cioè del coefficiente di rilascio
termico per unità di area espresso in kW/m2
.
Ad esempio indicando
&SURF ID=’FIRE’,HRRPUA=500. /
Si vuole indicare una potenza termica pari a
500 kW/m2
rilasciata da una superficie iden-
tificata con l’espressione SURF_ID=’FIRE’.
Un solido può essere costituito da più strati
di differenti materiali e, ciascun strato può
essere di più materiali.
Questa combinazione di strati e materiali
componenti è specificata nella riga di co-
mando SURF attraverso la matrice denomi-
nata MATL_ID (IL,IC).
L’argomento IL è un numero intero indican-
te lo strato iesimo, partendo dal bordo.
L’argomento IC è un numero intero indican-
te il componente iesimo. Ad esempio,
MATL_ID(2,3)=’BRICK’ indica che
il terzo materiale componente del secondo
strato è il mattone.
In pratica, i materiali spesso sono elencati
nel seguente modo:
&MATL ID =‘INSULATOR’
CONDUCTIVITY = 0.041
SPECIFIC_HEAT = 2.09
DENSITY = 229. /
&SURF ID = ‘BRICK WALL’
MATL_ID =
‘BRICK’,’INSULATOR’
COLOR = ‘RED’
BACKING = ‘EXPOSED’
THICKNESS = 0.20,0.10 /
Per ogni materiale solido si specificano le
sue proprietà termiche: conduttività, densità,
calore specifico, emissività. Sia la conduttivi-
tà che il calore specifico possono essere es-
sere funzione della temperatura.
Questa dipendenza può essere assegnata
attraverso il commando RAMP.
Per esempio, considerando la marinite (un ti-
po di argillite petrolifera adatto ad applica-
zioni ad alte temperature), si indica
&MATL ID = ‘MARINITE’
EMISSIVITY = 0.8
DENSITY = 737.
SPECIFIC_HEAT_RAMP =
‘c_ramp’
CONDUCTIVITY_RAMP =
‘k_ramp’ /
&RAMP ID=’k_ramp’, T= 24., F=0.13 /
&RAMP ID=’k_ramp’, T=149., F=0.12 /
&RAMP ID=’k_ramp’, T=538., F=0.12 /
&RAMP ID=’c_ramp’, T= 93., F=1.172 /
&RAMP ID=’c_ramp’, T=205., F=1.255 /
&RAMP ID=’c_ramp’, T=316., F=1.339 /
&RAMP ID=’c_ramp’, T=425., F=1.423 /
In questo caso, il parametro T nel comando
RAMP si riferisce alla temperatura ed F è il
valore specifico del parametro richiesto.
Il parametro T del comando RAMP può rife-
rirsi anche al tempo come nel caso che si ri-
porta di seguito
&MATL ID = ‘stuff’
CONDUCTIVITY = 0.1
SPECIFIC_HEAT = 1.0
DENSITY = 900.0 /
&SURF ID = ‘my surface’
COLOR = ‘GREEN’
MATL_ID = ‘stuff’
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58 antincendio
modellazione
incendi
129. HRRPUA = 1000.
IGNITION_TEMPERATURE
= 500.
RAMP_Q = ‘fire_ramp’
THICKNESS = 0.01 /
&RAMP ID=’fire_ramp’, T= 0.0, F=0.0 /
&RAMP ID=’fire_ramp’, T= 10.0, F=1.0 /
&RAMP ID=’fire_ramp’, T=310.0, F=1.0 /
&RAMP ID=’fire_ramp’, T=320.0, F=0.0 /
In questo caso, un oggetto avente la super-
ficie definita “my surface” brucerà con una
potenza di 1000 kW/m2
dopo una rampa li-
neare di crescita successiva all’ignizione che
avviene alla temperatura di 500 °C; conti-
nuerà a bruciare per 300 secondi e poi se-
guirà una rampa decrescente fino a spe-
gnersi dopo ulteriori 10s. Il tempo è relativo
all’ignizione.
Condizioni sulla combustione
Per assegnare l’incendio si può specificare
la HRRPUA nella riga della SURF oppure
specificare il calore di reazione (HE-
AT_OF_REACTION) attraverso i para-
metri termici nella riga del MATL.
Le reazioni vengono indicate nella stringa
REAC nella quale i parametri principali sono:
ID
mostra il nome identificativo della reazione
C, H, O, N OTHER
sono i componenti chimici della formula
SOOT_YIELD
è la frazione di massa di comburente con-
vertita in particolato di fumo
CO_YIELD
è la frazione di massa di carburante conver-
tita in monossido di carbonio
HEAT_OF_COMBUSTION
è la quantità di energia rilasciata per unità di
massa di carburante consumato.
Si riportano nella tabella 2 alcune tra le più dif-
fuse reazioni utilizzate nel programma.
Il programma in automatico è provvisto di un
modello di irraggiamento; le caratteristiche e
le proprietà che riguardano questo aspetto
del problema sono definite attraverso il na-
melist RADI.
Sprinklers, rilevatori di fumo, indicatori del
flusso di calore, termocoppie possono sem-
brare del tutto scollegati tra loro, ma dal
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antincendio
modellazione
incendi
&REAC ID = ‘ACRYLONITRILE’ &REAC ID = ‘CARBON DISULFIDE’
C = 3. C = 1.
H = 3. Other = 2.
N = 1. MW_OTHER = 32.
HEAT_OF_COMBUSTION = 24500. HEAT_OF_COMBUSTION = 13600.
IDEAL = .TRUE. / IDEAL = .TRUE. /
&REAC ID = ‘METHANE’
C = 1.
H = 4. / &REAC ID = ‘PROPANE’
&REAC ID = ‘PROPANE’ SOOT_YIELD = 0.01
SOOT_YIELD = 0.01 C = 3.
C = 3. H = 8.
H = 8. HEAT_OF_COMBUSTION = 46124.
HEAT_OF_COMBUSTION = 46460. IDEAL = .FALSE. /
IDEAL = .TRUE. /
Tabella 2 - Alcune reazioni utilizzate nel programma
130. Bibliografia
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cooperation with Building and Transport: Fire Dyna-
mics Simulator (Version 5) – Technical Reference
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costruzioni, UTET, 2008.
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sad K., Fire Research Division Building and Fire La-
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Fire Dynamics Simulator (Version 5) – Technical Re-
ference Guide Volume 3: Validation, NIST, Special
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cepts Prentice-Hall, 1985.
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sment and verification of mathematical fire models,
1999.
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dels, West Conshohocken, PA, USA, ASTM Interna-
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Engineering: Sistemi Strutturali, Scenari Accidenta-
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Università degli Studi di Roma La Sapienza, Roma,
1a edizione 13-14 novembre 2008, 2a edizione 8-9
luglio 2010, http://www.francobontempi.org/han-
dling.php
modellazione
incendi
antincendio
60 marzo 2013
punto di vista di FDS rappresentano tutti
strumenti semplici che operano in modo di-
verso in funzione delle proprietà assegnate.
Nelle versioni precedenti di FDS venivano
utilizzati più namelist (SPRK, HEAT,
SMOD, THCP) per descriverli, ora con
l’attuale versione, in virtù di quanto afferma-
to prima, la namelist di riferimento è unica ed
è indicata con DEVC. Solo le proprietà e le
funzionalità più avanzate vengono gestite da
due namelist addizionali che sono CTRL
(Control) e PROP (Properties).
Al di là delle specifiche proprietà, tutti questi
sensori hanno bisogno di un punto di appli-
cazione all’interno del dominio. Questo può
essere indicato nella seguente maniera
&DEVC XYZ=3.0,5.6,2.3, PROP_ID=
’Acme Sprinkler 123’, ID=’Spk_39’ /
dove le coordinate fisiche sono date da una
tripletta di numeri reali X, Y, Z. Le proprietà
del sensore sono contenute in PROP con il
comando PROP_ID. La stringa ID è sola-
mente un descrittore per identificare il sen-
sore nel file di output e se è legata qualche
azione alla sua attivazione.
Non tutti i sensori necessitano di particolari
istruzioni contenuti nella PROP_ID. Ad
esempio, per indicare i sensori che registra-
no la temperatura si utilizza la stringa
&DEVC ID=’TC-23’, XYZ=3.0,5.6,2.3,
QUANTITY=’TEMPERATURE’ /
che indica in quale punto deve avvenire la
registrazione. L’ID è l’etichetta che poi si ri-
trova nel file di output.
L’espressione QUANTITY (all’interno del
namelist) propriamente denota la richiesta di
calcolo di una grandezza di uscita: la richie-
sta potrà essere formulata per mezzo dell’in-
serimento di un sensore (&DEVC) oppu-
re specificando opportune superfici di con-
trollo come quelle costituite dalle zone di
contorno del modello (&BNDF), da super-
fici a valore costante (&ISOF) o dai tagli
(slice) praticati con determinate sezioni
(&SLCF).
131. Affidabilità dei modelli di simulazione
I
l documento ISO 13387 [16] espone al-
cune considerazioni sul problema della
affidabilità dei modelli di simulazione.
È necessaria una verifica riguardo l’ade-
renza della rappresentazione del fenomeno fi-
sico, e una riguardo l’accuratezza matematica.
Verificare un modello implica un giudizio sull’ap-
propriatezza delle ipotesi e delle basi teoriche e
sull’assenza di errori numerici gravi [5].
Il modello deve essere in grado di dimostrare
che nel confronto con eventi reali o con dati
sperimentali, la simulazione si discosti dal da-
to sperimentale entro i limiti di accuratezza
previsti. Questa capacità non riguarda qualsia-
si evento, ma dovrà essere largamente dimo-
strata nel campo di utilizzazione del modello.
Ciò significa che l’accuratezza rispetto ad
un solo evento non implica la garanzia di
un analogo comportamento in tutte le si-
tuazioni. Il problema dell’accuratezza dei
modelli è stato analizzato ampiamente in
ambito ISO, che fa riferimento alla guida
ASTM E 1355 - 97 Standard guide for eva-
luating the predictive capability of determini-
stic fire models, richiamando anche la meto-
dologia adottata dalla ISO 9000 per la ga-
ranzia di qualità dei software [17].
Benchmark
Al fine di validare le analisi condotte, si è re-
so necessario testare il codice su alcuni
aspetti essenziali del fenomeno incendio.
L’attenzione è stata focalizzata sui seguenti temi:
• influenza della dimensione della mesh sul
risultato
• capacità di simulare l’incendio indotto di
un oggetto
• capacità di simulare l’influenza della
quantità di ossigeno.
Le più significative simulazioni effettuate ver-
ranno brevemente spiegate nelle sezioni
successive. In tutte le analisi condotte, si
considera il modello oggetto di studio cir-
condato da un solido a 20°C.
Influenza della dimensione della mesh
Lo studio è stato condotto su diversi model-
li: innanzitutto si è visto l’effetto della varia-
Modellare gli incendi con i
codici di calcolo automatico
ParteII
antincendio
104 aprile 2013
L’abstract
Nello scorso numero sono state illustrate alcune
possibili tecniche di modellazione dell’incendio
utili per ottenere una dettagliata rappresentazione
dello sviluppo dell’evento nelle costruzioni e delle
variazioni di temperatura alle quali sono soggetti
gli elementi strutturali. Abbiamo analizzato la cur-
va naturale temperatura - tempo ottenuta con
software numerici avanzati, come l’FDS. Sono sta-
ti approfonditi gli aspetti relativi alla sensitività del
modello, alla discretizzazione, alla capacità di un
oggetto di simulare l’incendio e l’influenza del
quantitativo di ossigeno. In questo numero affron-
tiamo il problema della affidabilità dei modelli di si-
mulazione. E, al fine di validare le analisi condotte,
si è reso necessario testare il codice su alcuni
aspetti essenziali del fenomeno incendio.
■ Filippo Gentili, Francesco Petrini, Franco Bontempi
132. zione di discretizzazione del focolaio di in-
cendio.
Allo scopo è stata valutata l’evoluzione del-
l’incendio di potenza pari a 3000 kW nel
compartimento di figura 1 delle dimensioni
di 10 m • 6 m • 6 m.
Le discretizzazioni utilizzate per lo studio
dell’incendio sono state: 100 cm, 50 cm, 25
cm e 20 cm.
Ogni misura di temperatura è stata calcolata
come valor medio di più sensori vicini. Nei
quattro modelli, l’evoluzione è simile come si
può vedere dalle curve temperatura - tempo
presenti nelle figure 2 e 3 riferite ai sensori
posti in corrispondenza della sorgente e del
soffitto. Raggiunta la temperatura di picco
nei primi 200 secondi, poi il fenomeno tende
a scemare.
La tabella 2 evidenzia come al crescere del-
l’infittimento ci sia un aumento della disper-
sione del valore: si colgono maggiori aspetti
locali secondari che non inficiano o modifi-
cano il fenomeno complessivo.
La tabella 1 riporta i dettagli dei tempi oc-
corsi nella simulazione condotta con un Intel
Pentium M avente CPU 1.73 GHz e 2.00
GHz di RAM. In una seconda analisi si è poi
considerato un cubo di materiale plastico
modellazione
incendi
antincendio 105
aprile 2013
■
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i - Ha ottenuto Laurea in Ingegneria Civile,
Dottorato di Ricerca in Ingegneria Strutturale
all’Università degli Studi di Roma La Sapienza sul tema
della sicurezza strutturale di strutture complesse in caso
d’incendio con approccio multifisico. Ha svolto periodi di
ricerca presso The BRE Centre for Fire Safety
Engineering, University of Edinburgh in Scozia e la
Technical University of Denmark a Lyngby. Svolge attivi-
tà di consulenza per Fire Safety Engineering.
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i - Ha ottenuto Laurea in Ingegneria
Civile e Dottorato di Ricerca in Ingegneria Strutturale
all’Università degli Studi di Roma La Sapienza, dove svol-
ge attività di ricerca sulla progettazione prestazionale delle
strutture (Performance-based Design) in presenza di azio-
ni sismiche, vento e azioni accidentali. Ha una significati-
va esperienza di modellazione numerica e svolge attività
di consulenza per l’analisi strutturale e il progetto di
costruzioni speciali con la Società StroNGER s.r.l.
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i - Professore Ordinario di Tecnica delle
Costruzioni presso la Facoltà di Ingegneria Civile e
Industriale dell’Università degli Studi di Roma La
Sapienza dove è docente nei corsi di Tecnica delle
Costruzioni, Costruzioni Metalliche e Progettazione
Strutturale Antincendio per gli allievi di Ingegneria Civile
e di Ingegneria della Sicurezza. Svolge attività di ricerca
e di consulenza per l’analisi strutturale e il progetto di
costruzioni complesse. E’ consulente per casi di situazio-
ni accidentali e crolli nell’Ingegneria Forense.
Figura 1 - Compartimento oggetto
della prima simulazione
Figura 2 - Andamento della temperatura registrato
nel punto P1
133. avente volume di 1 m3
immerso in una stan-
za di 10 m • 6 m • 3 m. La figura 4 mostra il
compartimento oggetto di studio. Sono sta-
te considerate le stesse mesh dell’esempio
precedente.
Si riportano le caratteristiche del materiale
utilizzato:
&MATL ID= ‘PLASTIC’
CONDUCTIVITY = 0.2
SPECIFIC_HEAT = 1.5
DENSITY = 1500.
N_REACTIONS = 1
HEAT_OF_REACTION = 3000.
HEAT_OF_COMBUSTION = 25000.
R
E
F
E
R
E
N
C
E
_
T
E
M
P
E
R
A
T
U
R
E = 4
0
0
.
NU_FUEL = 1.0 /
Figura 3 - Andamento della temperatura registrato
nel punto P2
Figura 4 - Compartimento oggetto della seconda simulazione
Tabella 1 - Dettagli dell’analisi
Mesh 100 cm Mesh 50 cm Mesh 25 cm Mesh 20 cm
Numero celle totale 360 2880 23040 45000
Tempo di elaborazione 20 s 2 min 35 min 2 ore
∆t iniziale 0.50000 s 0.31498 s 0.12500 s 0.10000 s
aprile 2013
106 antincendio
modellazione
incendi
134. Un controllo locale attraverso lo studio del-
l’andamento della temperatura in punti rite-
nuti significativi (P1 e P2) mostra una analo-
gia dei risultati tra i modelli come si percepi-
sce nelle figure 5 e 6, permettendo di evi-
denziare la convergenza della temperatura
registrata al soffitto in funzione del numero
degli elementi (figura 7).
Solo un analisi globale attraverso la verifica
della HRR registrata permette di cogliere la
notevole differenza tra i modelli: la figura 8
evidenzia appunto che solo con mesh di
0.25 e 0.20 cm si può vedere il flashover.
Questo appare evidente anche dalle figure 9,
10, 11 e 12 che visualizzano i risultati di
Smokeview in cui si rappresenta il massimo
flusso di calore trovato.
Si è poi inserito un secondo oggetto nella
stanza per valutare l’interazione tra i due cor-
pi al variare della mesh. Tale cubo, sempre in
materiale plastico, è stato posto a 5 metri di
distanza dal primo e il suo volume risulta an-
cora di 1 m3
. Dapprima si è tenuta costante
la distanza, cambiando la mesh, poi si è va-
riata la distanza tra i due oggetti. Il compar-
timento in cui sono state condotte le analisi
ha le medesime dimensioni del caso prece-
dente e si riporta nella figura 13.
Figura 5 - Andamento della temperatura registrato
in corrispondenza del punto P1
Figura 6 - Andamento della temperatura registrato
in corrispondenza del punto P2
Figura 7 - Andamento della temperatura registrato
nel punto P2 al variare della mesh
Figura 8 - Andamento della potenza termica
rilasciata nel tempo
aprile 2013 107
antincendio
modellazione
incendi
135. aprile 2013
108 antincendio
modellazione
incendi
Figura 9 - Incendio dopo 75 s nel modello con
mesh da 100 cm
Figura 10 - Incendio dopo 75 s nel modello con
mesh da 50 cm
Figura 11 - Incendio dopo 75 s nel modello con
mesh da 25 cm
Figura 12 - Incendio dopo 75 s nel modello con
mesh da 20 cm
Figura 13 - Modello con due oggetti
136. Le figure 14 e 15 mostrano le temperature
registrate nel soffitto in corrispondenza del
primo cubo incendiato in presenza di un se-
condo oggetto posto rispettivamente a 1 e 5
metri al variare della mesh.
Le figure 16 e 17 mostrano la temperatura
registrata nel medesimo punto nei modelli
discretizzati ogni 20 cm e ogni 100 cm:
una discretizzazione troppo rada (>100
cm) non permette di cogliere i picchi di
temperatura.
Il parametro che determina le differenza è la
dimensione della mesh e non la posizione
del secondo oggetto: questo non influisce
nello sviluppo dell’incendio.
aprile 2013 111
antincendio
modellazione
incendi
Figura 14 - Andamento della temperatura nel punto
P2 avendo un secondo oggetto a 5 m
Figura 15 - Andamento della temperatura nel punto
P2 avendo un secondo oggetto a 1 m
Figura 16 - Andamento della temperatura nel punto
P2 con mesh da 100 cm
Figura 17 - Andamento della temperatura nel punto
P2 con mesh da 20 cm
Figura 18 - Andamento della potenza termica
rilasciata
137. Anche qui per avere un confronto a livello
globale si riporta la curva HRR nella figura
18. Mettendo a confronto le curve di rilascio
termico si vede che con l’oggetto vicino c’è
solo un aumento della potenza termica rila-
sciata dalla sorgente; il secondo oggetto
causa localmente un incremento di tempera-
tura ma non contribuisce in maniera signifi-
cativa all’incendio.
Si verifica il flashover, ma l’incendio genera-
lizzato non può che durare pochi secondi.
Non è presente infatti un quantitativo di aria
sufficiente affinché il fenomeno sia prolunga-
to nel tempo.
Capacità di simulare l’incendio
indotto di un oggetto
Il secondo gruppo si simulazioni è stato in-
centrato quindi sulla capacità di simulare
l’incendio degli oggetti.
Considerando il modello riportato in figura
13, sono stati considerati due focolai di in-
cendio distinti. Il primo caratterizzato da
3000 kW di potenza termica rilasciata è po-
sto in corrispondenza del primo cubo; il se-
condo è posto sul secondo cubo (a 5 metri
di distanza) ed è caratterizzato da una po-
tenza termica molto superiore 9000 kW.
Per facilitare la propagazione dell’incendio
nel compartimento, si è utilizzato nel secon-
do cubo un materiale avente temperatura di
ignizione più bassa (tessuto): a questo è sta-
to assegnato come proprietà della superficie
il comando RAMP, il quale, come già detto,
permette di assegnare una storia temporale
alla caratteristica esaminata: in sostanza si è
imposto a FDS di incendiare il secondo cu-
bo in maniera manuale, con una curva di po-
tenza termica prestabilita.
Nello schema in basso alla pagina le istru-
zioni utilizzate per compiere tale operazione.
Per questa analisi sono state utilizzate mesh
cubiche da 20 e da 100 cm. C
ome emerge dalle figure 22 e 23 si ha un
punto di discontinuità nella curva temperatu-
ra tempo nel sensore posto in corrisponden-
za dell’oggetto dopo 200 s, ma come si ve-
de dalla figura 24 non si ha una fiamma che
si sprigiona.
Globalmente l’accensione indotta sul secon-
do oggetto non ha alcun effetto come si ve-
de nella curva HRR riportata nella figura 25.
Anche in questo caso la causa è la mancan-
za di ossigeno, che non permette la libera-
zione della fiamma a prescindere dalla tem-
peratura raggiunta.
aprile 2013
112 antincendio
modellazione
incendi
&MATL ID = ‘FABRIC’ si indicano le caratteristiche del materiale
SPECIFIC_HEAT = 1.0 utilizzato evidenziando il calore specifico,
CONDUCTIVITY = 0.1 la conduttività e la densità
DENSITY = 100.0/
&SURF ID = ‘FABRIC’ si indicano per la superficie esposta
COLOR = ‘BLUE’ il materiale di cui è costituita, lo spessore,
MATL_ID = ‘FABRIC’ la sua temperatura di ignizione,
IGNITION_TEMPERATURE = 290. la potenza termica massima del focolaio,
HRRPUA = 9000. indicando la presenza di una curva di rilascio
RAMP_Q =’fire_ramp’ nel tempo
THICKNESS = 0.01/
&RAMP ID =’fire_ramp’, T=100.0, F=0.0/ sono le caratteristiche della curva HRR
&RAMP ID =’fire_ramp’, T=150.0, F=1.0/ che prevede un andamento lineare
&RAMP ID =’fire_ramp’, T=200.0, F=1.0/ crescente, un plateau e un ramo
&RAMP ID =’fire_ramp’, T=500.0, F=0.0/ lineare decrescente
138. Capacità di simulare l’influenza
della quantità di ossigeno
Per aumentare il comburente, si possono se-
guire 2 strade: inserire un’apertura o consi-
derare un compartimento più grande. Nel
problema attuale si è percorsa la seconda.
Si è quindi aumentato il lato lungo del com-
partimento lasciando inalterato le altre due
dimensioni e la distanza tra i due cubi. Il
compartimento studiato è rappresentato nel-
la figura 23. Sono state analizzate soluzioni
con mesh diverse, ma sostanzialmente il
comportamento è il medesimo.
In questo caso si può ben vedere dalle figu-
re 24 e 25 in cui si propone l’evoluzione del-
l’incendio visualizzata tramite Smokeview
come l’incendio si sposta e coinvolge diret-
tamente il secondo cubo.
Il fenomeno emerge direttamente dall’analisi
della temperatura registrata dal sensore po-
sto sull’oggetto (figura 26) e dalla curva HRR
(figura 27).
Conclusioni
Nel presente articolo sono state illustrate al-
cune possibili tecniche di modellazione del-
l’incendio al fine di ottenere una dettagliata
aprile 2013 113
antincendio
modellazione
incendi
Figura19 - Andamento della temperatura registrata
nel punto P1 nel modello con mesh da 20 cm
Figura 20 - Andamento della temperatura registrata
nel punto P1 nel modello con mesh da 100 cm
Figura 21 - Sviluppo dell’incendio dopo 200 s Figura 22 - Curva HRR nei due casi
139. aprile 2013
114 antincendio
modellazione
incendi
Figura 23 - Modello oggetto della simulazione
Figura 24 - Incendio dopo 150 s
Figura 25 - Incendio dopo 185 s
Figura 26 - Temperatura registrata
in corrispondenza dell’oggetto
Figura 27
Curva HRR
140. rappresentazione dello sviluppo dell’evento
nelle costruzioni e delle variazioni di tempe-
ratura alle quali sono soggetti gli elementi
strutturali. Queste tecniche che permettono
di modellare accuratamente l’azione incen-
dio sono, insieme alle tecniche che permet-
tono di analizzare dettagliatamente la corri-
spondente risposta strutturale, alla base del-
l’impostazione prestazionale alla progetta-
zione strutturale antincendio [18].
Tra le più sofisticate e innovative soluzioni vi
è sicuramente la curva naturale temperatura
- tempo ottenuta con software numerici
avanzati. FDS è un software di CFD che ri-
sulta essere uno strumento sofisticato, po-
tente e oneroso. Necessita, quindi, di una at-
tenta valutazione della sua efficacia caso per
caso. Gli aspetti presi in esame in questa se-
de sono stati la sensitività del modello alla
discretizzazione, la capacità di simulare l’in-
cendio di un oggetto e la capacità di simula-
re l’influenza del quantitativo di ossigeno.
In particolare, si è mostrato come una di-
scretizzazione rada possa portare ad una
rappresentazione del fenomeno diversa da
quella ottenuta mediante discretizzazioni più
fitte. La capacità di simulare l’interazione tra
oggetti è determinata dal rapporto tra la di-
stanza tra di essi e la discretizzazione usata:
oltre una certo rapporto questi diventano in-
dipendenti. FDS riesce a valutare l’importan-
za del quantitativo di ossigeno: non è suffi-
ciente soltanto raggiungere la temperatura di
ignizione per lo sviluppo della fiamma, ma è
indispensabile la presenza dell’adatto rap-
porto tra combustibile e comburente.
aprile 2013 115
antincendio
modellazione
incendi
1. McGrattan K., Klein B., Hostikka S., Floyd J., Fi-
re Research Division Building and Fire Laborato-
ry in cooperation with Building and Transport: Fi-
re Dynamics Simulator (Version 5) - User guide,
NIST, Special Publication 1019 - 5, Washington,
2009
2. McGrattan K., Klein B., Hostikka S., Floyd J., Fi-
re Research Division Building and Fire Laborato-
ry in cooperation with Building and Transport: Fi-
re Dynamics Simulator (Version 5) - Technical Re-
ference Guide, NIST, Special Publication 1018 -
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le costruzioni, UTET, 2008
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5. Marsella S., Nassi L., L’ingegneria della sicurezza
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ni nelle attività soggette al controllo del Corpo
Nazionale dei Vigili del fuoco, 2007
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me method second edition Pearson Prentice Hill,
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http://www.vigilfuoco.it/allegati/convegni/7/fire_ita.pdf
10. E. Marchi, A. Rubatta, Meccanica dei Fluidi prin-
cipi e applicazioni idrauliche UTET, 1981
11. Nielsen P., Allard F., Awbi B. H., Davidson L.,
Schalin A., Fluidodinamica computazionale, tra-
dotto da Schiavon S. e Villi G., Dario Flaccovio
Editore, 2008
12. http://www.fire.nist.gov/
13. McGrattan K., Klein B., Hostikka S., Floyd J.,
Prasad K., Fire Research Division Building and
Fire Laboratory in cooperation with Building and
Transport: Fire Dynamics Simulator (Version 5) -
Technical Reference Guide Volume 3: Validation,
NIST, Special Publication 1018 - 5, Washington,
2009
14. http://www.thunderheadeng.com/pyrosim/
15. R. W. Ramirez, The Fft, Fundamentals and Con-
cepts Prentice-Hall, 1985
16. ISO 13387 Fire safety engineering - Part 3: As-
sessment and verification of mathematical fire
models, 1999
17. ASTM E 1355 - 97 Standard guide for evaluating
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dels, West Conshohocken, PA, USA, ASTM Inter-
national, 1997
18. Atti del workshop Handling Exceptions in Struc-
tural Engineering: Sistemi Strutturali, Scenari Ac-
cidentali, Complessità di Progetto, Facoltà di In-
gegneria Università degli Studi di Roma La Sa-
pienza, Roma, 1a edizione 13-14 novembre
2008, 2a edizione 8-9 luglio 2010,
Bibliografia
141. L’abstract
I numerosi incendi che si innescano e danneggia-
no le strutture hanno rivoluzionato, da una parte,
molte procedure sulla prevenzione definendo me-
todologie gestionali più efficaci e stanno, dall’al-
tra, portando ad affinare procedure investigative
codificate atte a ridurre il rischio di errori/omissio-
ni durante le indagini.
Lo scopo di questo articolo è quello di esporre
una metodologia codificata di Structural Fire Inve-
stigation (Investigazione sugli aspetti strutturali in
caso di incendio) atta ad individuare le cause sca-
tenanti, pregresse e latenti, che hanno determina-
to l’evento accidentale.
L’iter investigativo, associato a determinate ope-
razioni strutturali e forensi che partono dalla rac-
colta delle informazioni iniziali al repertamento e
controllo documentale per poi completarsi con le
verifiche computazionali, sicuramente aiuta a de-
terminare, in maniera rigorosa, le cause e l’origine
di un incendio. La modellazione degli incendi con
il software del NIST, Fire Dynamics Simulator
(FDS) e l’analisi strutturale con vari codici di cal-
colo, permettono di verificare determinate ipotesi
maturate durante il repertamento e di avvalorare
scientificamente l’analisi semiotica rilevata sulla
scena, fornendo dati forensi utili in fase dibatti-
mentale.
Quindi un’attività investigativa pianificata, permet-
te a qualsiasi utente, (VV.F., personale delle Forze
dell’Ordine, Consulente, Perito, CTU o Libero
Professionista), di svolgere indagini in maniera ap-
propriata secondo una linea guida che permette
di non tralasciare controlli a volte rilevanti per la
stesura della documentazione complessiva in for-
ma di report finale.
ottobre 2015
82 antincendio
L’investigazione antincendio
sugli aspetti strutturali:
una proposta di codifica
■ Franco Bontempi, Chiara Crosti, Marcello Mangione