4. 1
Introduzione
Una domanda difficile
Magari ci conosciamo già. Forse hai letto uno dei
miei libri o ascoltato uno dei miei audiolibri, oppure
ci siamo incontrati a uno dei corsi che tengo, o ancora
ci siamo visti in un’azienda, o forse – perché no – sono
stato il tuo coach. In questo caso lo sai già: sono più
di vent’anni che mi dedico con passione all’attività
di coaching, come formatore in aula e sul campo, la-
vorando a fianco a fianco con le persone. Inevitabile
quindi che negli anni mi sia spesso capitato di sentirmi
chiedere: «Claudio, qual è il tuo metodo di coaching?»
Eppure, troppo concentrato a preparare i corsi, o a
seguire i clienti, o troppo coinvolto nei miei impegni di
lavoro, non mi sono mai preso il tempo per rispondere
davvero a questa domanda. L’ho sempre accantonata,
preferendo fare e insegnare con l’esempio, piuttosto
che analizzare in profondità il mio approccio personale
al coaching.
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5. 2
Prendi in mano la tua felicità
Mettere da parte, si sa, non significa risolvere, e la
domanda restava appesa lì, senza risposta. Poi, la mil-
lesima volta in cui me l’hanno fatta, ho cominciato a
rifletterci seriamente.
Tutti questi anni trascorsi a fare il coach, a cercare
di migliorarmi, ad acquisire e applicare le tecniche di
base e quelle più avanzate, a studiare nuovi metodi, a
mettere in discussione e personalizzare quelli esistenti…
per accorgermi che non sapevo spiegarmi con la sem-
plicità che mi sarei aspettato.
Forse avevo paura di non trovare una risposta, o
di trovarne una che non mi sarebbe piaciuta. Così, ho
deciso di seguire uno dei consigli del mio primo maestro,
Anthony Robbins: «Se hai paura di qualcosa, allora
devi farlo».
Affrontare ciò che ci spaventa è il modo migliore per
crescere. Quando usiamo la paura come un segnale che
ci avverte che è ora di rimboccarci le maniche e metterci
all’opera, abbiamo imparato come servircene al meglio.
Se invece lasciamo che ci paralizzi, ne diventiamo schiavi.
Quindi, mi sono concentrato sulla fatidica domanda.
Ora so che l’azione riduce il leone di terrore
a una formica di tranquillità.
Og Mandino
Ci ho pensato per qualche giorno. In macchina,
durante le pause, quando mi capitava di mangiare da
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6. 3
Introduzione – Una domanda difficile
solo… insomma, ogni momento era buono. Sarà successo
anche a te di porti un interrogativo importante e non
trovare subito una risposta. So che mi capisci.
Il coaching per me è diventato una pratica (una filo-
sofia di vita, direi) così legata al mio modo di pensare
e di agire da far fatica a vedermi dal di fuori. Un po’
come se ti chiedessero di spiegare come fai a guidare
l’auto. Sarebbe davvero difficile rispondere, non trovi?
Compi migliaia di operazioni mentali, calcoli distanze,
tempi, accelerazioni e frenate della tua macchina e
contemporaneamente di quelle che incontri nel traffi-
co. Nel frattempo, come se non bastasse, sei occupato
a prevedere cosa potrà accadere, azzardi valutazioni
complesse sulle mosse degli altri automobilisti in tempo
reale… il tutto mentre continui a guidare. Capisci che
certo, hai un tuo metodo ed esperienze personali da cui
attingi informazioni, ma da dove iniziare a descrivere
una cosa simile? È davvero complicato.
Quando i nostri comportamenti diventano mecca-
nismi naturali, quasi istintivi, è difficile esserne per-
fettamente consapevoli. Ripercorrerli mentalmente
per raccontarli con la chiarezza necessaria può essere
un’impresa ardua. Il coaching, poi, è un po’ una scien-
za e tanto un’arte. Come tutte le attività che hanno a
che fare con il comportamento delle persone, richiede
sensibilità. Una capacità che si acquisisce con il tempo
e con la pratica.
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7. 4
Prendi in mano la tua felicità
Altri ostacoli
A rendere ancora più complessa la ricerca della
risposta, si aggiungeva un’ulteriore difficoltà.
Io sono sempre stato, sono tuttora e continuerò a
essere convinto che ogni persona sia diversa da qualsiasi
altra. Che sia davvero unica. È uno dei miei punti fer-
mi. Per questo motivo, ciascuno di noi merita di essere
considerato speciale o, come preferisco dire io, straor-
dinario; non a caso, il mio motto, e quello della nostra
azienda (Extraordinary), è: Siamo tutti straordinari.
Ecco perché ogni volta che inizio un percorso di
coaching passo moltissimo tempo ad ascoltare senza
pregiudizi (un coach non dovrebbe mai giudicare),
perché solo in questo modo posso intuire la straordi-
narietà del mio interlocutore. Provo così a ricostruire il
corso dei suoi pensieri, il modo in cui vede e interpreta
il mondo. Allora lascio che sia la mia esperienza a
mettersi al lavoro, e intervengo adattandomi a quella
personalità irripetibile. Questo, secondo me, è l’unico,
vero approccio per essere un coach straordinario.
Ho fatto mia questa idea modellando l’approccio
del grande psichiatra americano Milton H. Erickson.
Un genio da cui c’è tanto da imparare e che davanti a
ogni altra cosa metteva il rispetto assoluto nei confronti
delle persone, della loro individualità.
Date queste ulteriori premesse, quindi, facevo un po’
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8. 5
Introduzione – Una domanda difficile
fatica a schematizzare in modo univoco il mio metodo,
visto che in pratica lo adatto ogni volta a seconda della
persona con cui lavoro. Ma quando noi esseri umani ci
mettiamo in testa qualcosa, concentrandoci con passio-
ne e impegno… be’, in un modo o nell’altro arriviamo
sempre in fondo. Magari grazie all’aiuto degli altri.
Donne-uomini: un altro 1-0
Una sera avevo appena messo a letto le mie principes-
se, le mie due meravigliose bambine, e in quella parentesi
di tranquillità che segna la fine di una giornata mi pre-
gustavo già la lettura di un libro appena acquistato. In
sottofondo, l’amato David Bowie a bassissimo volume,
per non pregiudicare la mia opera di «addormentatore».
Sprofondai in poltrona, presi il libro e, prima ancora
di aprirlo, la Domanda si fece nuovamente strada in
me. Rimasi assorto nei miei pensieri fino a quando,
un’oretta più tardi, rientrò a casa mia moglie Nancy.
«Cosa c’è, Claudio?» mi chiese sedendosi accanto
a me. «Qualcosa ti preoccupa?»
Io e Nancy ci siamo conosciuti negli Stati Uniti, fre-
quentando un corso di Anthony Robbins (altra ragione
per cui gli sarò eternamente grato!) e anche lei, come
me, è un coach che negli anni ha sviluppato un suo
metodo, particolarmente efficace con le donne. Parlare
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9. 6
Prendi in mano la tua felicità
con Nancy è sempre illuminante e i suoi feedback sono
straordinariamente utili.
Le raccontai di come facessi fatica a mettere a fuoco
il mio approccio di coaching, nonostante avessi ben
presente il modo in cui agisco e le tecniche che utilizzo.
Al termine del racconto mi guardò un po’ stupita e un
po’ divertita, poi scoppiò a ridere.
«In effetti, da qualche giorno ho notato che qual-
cosa ti tormenta, ma se il problema è solo questo la
soluzione è molto semplice. Io sono migliorata come
coach proprio modellando te, cercando di capire quali
metodi applichi, quali preferisci e quali invece eviti e
perché… quindi, se vuoi, posso risponderti io.»
Se ero sorpreso? Ve lo lascio immaginare… Se volevo
ascoltare la risposta? Ma certo!
Nancy proseguì: «Da quel che ho potuto notare
guardandoti lavorare, secondo me tu, Claudio, fai
così…» e iniziò a illustrarmi punto per punto il modo
in cui svolgo la mia professione. Vedersi all’opera così
chiaramente attraverso gli occhi di un’altra persona fu
un’emozione straordinaria, per certi versi illuminante.
Lo sguardo che le donne gettano sul mondo è più
limpido, non esito ad ammetterlo.
Quella notte dormii poco. Mi rividi al lavoro con
tante persone con cui avevo fatto coaching, compagni
di un percorso di crescita che avevamo condiviso.
Ormai ero in grado di seguire il filo rosso che univa
i metodi utilizzati nel mio approccio: com’era cambiato
nel tempo, quali tecniche avevo abbandonato e con quali
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10. 7
Introduzione – Una domanda difficile
le avevo sostituite, le mie convinzioni su cosa funzionava
meglio e in quali situazioni. Potevo vedere tutto con
grande chiarezza.
Finalmente ero pronto per rispondere alla fatidica
domanda: «Claudio, qual è il tuo metodo di coaching?»
Cosa troverai qui
Così ho deciso di scrivere questo libro, perché voglio
dire la mia sul lavoro che svolgo con passione in giro
per il mondo da oltre due decenni. Voglio condividere le
mie valutazioni sui diversi metodi, spiegando per quali
aspetti – secondo la mia esperienza – sono proficui e per
quali meno utili. Voglio farti partecipe del mio approccio
anche al di fuori dei miei corsi, perché penso e spero che
possa aiutarti, che ti sia utile per vivere una vita come
tu la vuoi, se stai cercando un modo per dare il meglio
di te. Se poi anche tu sei un coach o vuoi diventarlo, mi
auguro che possa ispirarti.
Ho scritto questo libro perché tu possa trovare stru-
menti efficaci per essere coach di te stesso.
L’ho scritto per tutti quelli che si chiedono cosa faccia
un coach e in che modo possa aiutarli a migliorare se
stessi o la loro azienda.
E, infine, l’ho scritto come elemento di confronto e
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11. 8
Prendi in mano la tua felicità
di supporto per chi è già coach, e di stimolo per te se
vorrai diventarlo.
Ecco com’è organizzato il volume.
Nel Capitolo 0 troverai:
• una sintetica storia del coaching;
• le sue diverse tipologie di intervento;
• chi è il coach, a cosa serve e cosa, secondo me, deve
fare.
Quindi entrerai nel cuore pulsante del libro e ti
spiegherò il mio metodo, che ho chiamato One Hand
Coaching.
Ho scelto questo nome perché il mio approccio si
articola in cinque passaggi, proprio come le dita di
una mano, e ognuno prevede una serie di tecniche.
Ho optato per qualcosa che fosse facile da ricordare,
per venirti rapidamente in soccorso ogni volta che ne
avrai bisogno. Vedrai che si tratta di un sistema molto
flessibile ed efficace.
Mi colpisce sempre come noi esseri umani siamo
straordinariamente bravi a complicarci la vita. Ma
quando abbiamo la pazienza di risalire alla fonte dei
nostri problemi, di solito ci accorgiamo che derivano
da una causa molto semplice. È l’esperienza che me lo
insegna. Trova questa causa, tira il filo e avrai sciolto il
nodo. Tutte le difficoltà cesseranno di esistere. Questo
è l’obiettivo attorno al quale, in tanti anni, ho pazien-
temente costruito il mio One Hand Coaching.
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12. 9
Introduzione – Una domanda difficile
Pollice
Il primo capitolo è quello del pollice, che, pur essendo
il dito più corto, per l’uomo è stato il più importante
in termini evolutivi perché, a differenza delle dita «in
dotazione» a quasi tutti gli altri esseri viventi, è op-
ponibile, ossia ci permette di stringere e maneggiare
oggetti e strumenti.
Ti parlerò, quindi, di quello che ritengo l’aspetto più
importante del coaching: lo scopo, ovvero la risposta
alla domanda: «Perché vuoi quel che vuoi? E perché
fai quello che fai?»
Lo scopo è alla base delle nostre motivazioni, e solo
se le attività in cui ci impegniamo quotidianamente ci
aiutano a raggiungerlo possiamo dire di condurre una
vita felice. Definirlo con precisione è la prima cosa
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13. 10
Prendi in mano la tua felicità
da fare. Il rischio, altrimenti, è che tu spenda energie
per conquistare obiettivi poco coerenti con la tua vera
natura e che dunque, una volta raggiunti, possono non
influire in alcun modo sul tuo benessere interiore.
Non tutti i miei colleghi coach condividono questo
mio pensiero: la maggior parte inizia dall’obiettivo, dal
«cosa». Io penso sia un errore partire così. Lo dimo-
stra l’insoddisfazione di molti che raggiungono i loro
obiettivi ma sono infelici perché non soddisfano il loro
scopo. Lo stesso vale nelle aziende, dove la visione deve
essere figlia della ragione per cui esiste l’organizzazione,
e non il contrario.
Vedremo come il tuo scopo appaghi uno o più dei
«sei bisogni fondamentali dell’uomo», sistematizzati
da Anthony Robbins (ebbene sì, ancora lui!). Infine, ti
spiegherò come utilizzare i «sei livelli logici» di Robert
Dilts per allinearti rispetto al tuo scopo.
Indice
Il secondo capitolo corrisponde all’indice, il dito che
usiamo per indicare la direzione, per puntare oggetti
lontani che catturano la nostra attenzione. E, infatti,
parleremo proprio di dove vuoi andare, della tua vision.
Utilizzeremo la metodologia delle Dinamiche a Spi-
rale, un sistema rivoluzionario e straordinariamente
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14. 11
Introduzione – Una domanda difficile
interessante, che impiego con grande successo e a cui
non saprei più rinunciare. Se vorrai approfondire, ho
dedicato a questo argomento un libro intitolato The
Spiral, che ho avuto l’onore di scrivere con i due autori
di riferimento a livello mondiale della metodica, con i
quali organizzo anche corsi di specializzazione in Italia.
Medio
Il terzo capitolo ci porta al medio, vale a dire alla
situazione in cui ti trovi in questo momento. È una
sezione dedicata all’analisi di dove sei ora e del perché
ci sei. Per portarla a termine ci serviremo di un metodo
chiamato S.C.O.R.E., un acronimo che sta per: Situa-
zione attuale, Cause, Obiettivi, Risorse, Effetti.
Apprezzo particolarmente questo sistema per due
motivi. Il primo è che permette di concentrarsi sia
sull’analisi, sia sugli obiettivi; questo lo rende utilissi-
mo quando viene applicato all’interno delle aziende.
L’analisi della situazione, infatti, è un passaggio deli-
cato e necessario, in cui può capitare di levarsi alcuni
sassolini dalla scarpa.
Il secondo motivo è che, a differenza di altri metodi,
lascia spazio per concentrarsi anche sugli effetti del
cambiamento. Valutarne le conseguenze è molto im-
portante. Come ti sentiresti se, dopo avere speso tante
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Prendi in mano la tua felicità
energie per migliorare, avessi ottenuto come effetto
quello di peggiorare la situazione che gravita intorno
a te? Penseresti quanto meno che non ne valeva la pe-
na, che il prezzo è stato troppo alto. Meglio rifletterci
prima, non credi? Proprio per questo ho scelto il dito
medio: perché tu possa ricordare facilmente e tenere
ben presente che la situazione è quella che ci può, di-
ciamo, «fregare».
Anulare
Il quarto capitolo è l’anulare, un dito carico di im-
plicazioni e significati simbolici. È, infatti, quello in
cui s’infila la fede, metafora di un impegno destinato
(almeno in teoria…) a durare una vita. Parleremo allora
di obiettivi e, proprio come nel matrimonio, vedremo
che esistono compagni positivi, in grado di rendere
più ricca e appagante la nostra esistenza, e partner che
invece potrebbero rovinarcela.
Ti illustrerò il metodo G.R.O.W. (Goal, Reality,
Options, Who, What, When), un caposaldo del coa-
ching. Discuteremo, inoltre, di obiettivi ben formati, un
sistema mutuato dalla PNL (Programmazione Neuro-
Linguistica) la cui funzione è aiutarti a formulare tra-
guardi in modo tale che abbiano molte più possibilità
di essere raggiunti.
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16. 13
Introduzione – Una domanda difficile
Mignolo
Il quinto capitolo è associato al mignolo. L’ultimo
dito, quello che viene dopo tutti gli altri. Per questo,
in un certo senso, è il più «semplice», in quanto è una
conseguenza dei precedenti. È lo step dedicato a mettere
a fuoco i comportamenti che utilizzerai concretamente
per raggiungere gli obiettivi che ti sei posto.
Un’ultima precisazione
Ho pensato di inserire in ogni capitolo anche qual-
che esercizio. L’ho fatto per tre ragioni. Innanzitutto, ti
aiuteranno a capire meglio come funziona il coaching.
Poi, ti saranno utili per allenarti a diventare coach di
te stesso. La terza – e più importante – ragione è che
credo fermamente che l’ingrediente segreto con cui le
persone raggiungono il successo sia l’azione.
Non basta leggere e imparare nuovi metodi. I miei
maestri mi hanno insegnato che la vera differenza si
fa quando si comincia ad agire, applicando alla realtà
quanto appreso. Quindi, fai gli esercizi!
Un consiglio: quando decidi di cambiare, non porti
subito traguardi troppo ambiziosi, quasi impossibi-
li. Evita di voler essere quello che ancora non sei. È
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Prendi in mano la tua felicità
troppo faticoso e ha poco senso. Sei già una persona
straordinaria e hai tutto quel che ti serve per essere
felice. Concentrati piuttosto sulle piccole cose che puoi
modificare veramente, i comportamenti su cui senti che
puoi davvero impegnarti con costanza, per trasformarli
in nuove abitudini. Per usare una metafora, non pensare
a cambiarti il vestito, piuttosto trova o sostituisci un
accessorio. Un elemento piccolo ma speciale, che faccia
comunque la differenza.
Ah, no… è questa l’ultima precisazione
Anche se, come vedremo, in un certo senso il coa-
ching è nato più di duemila anni fa in Grecia, la pratica
moderna si è sviluppata nel mondo anglosassone. Per
questo motivo nei libri italiani è invalsa la tradizione
di utilizzare la parola «cliente» (traduzione letterale
dell’inglese client) per riferirsi a chi si avvale dell’in-
tervento di un coach professionista.
A me questo termine non piace particolarmente.
Lo trovo troppo «economico», freddo e distaccato:
il contrario del rapporto che s’instaura con un coach.
E poi, nella traduzione si perdono alcuni significati
importanti dell’esperienza umana ed emotiva del coa-
ching. Mi riferisco a «protezione», «ascolto», «prestare
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Introduzione – Una domanda difficile
attenzione» e «assistenza», che sono invece presenti
nella radice latina e greca di questo vocabolo.
Perciò avrei preferito usare un’altra espressione.
Tuttavia, fatta questa doverosa puntualizzazione, mi
rimetto all’uso comune del termine. Ti chiedo però la
cortesia di intenderlo nel significato allargato a cui ho
fatto riferimento.
Adesso è ora di iniziare.
Ti lascio con uno schema riassuntivo e facile da
memorizzare del mio One Hand Coaching e ti auguro
buona lettura!
Scopo
Direzione
Situazione
Obiettivi
Comportamenti
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0
Mondo coaching
Avvertenze: leggere prima dell’uso
In questo capitolo mi concentrerò in particolare su tre
argomenti:
• chi è e cosa fa un coach;
• una sintetica storia del coaching;
• una panoramica delle sue applicazioni.
Credo sia importante illustrare la funzione del coach
a chi si avvicina per la prima volta all’argomento, onde
evitare che si creino incomprensioni o ambiguità. Spes-
so, infatti, nel linguaggio comune utilizziamo termini
stranieri attribuendo loro un senso diverso rispetto a
quello originario. Ti sarà capitato di prendere parte a
una riunione o a una discussione in cui si usa la stessa
parola con significati diversi… ne viene fuori una specie
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Prendi in mano la tua felicità
di versione moderna di Babele. Io ho imparato a chia-
rire il significato dei vocaboli con il mio interlocutore
prima di iniziare a parlare. Just in case.
Vorrei quindi che chi sta prendendo in considerazio-
ne la possibilità di rivolgersi a un coach per sé, per la
propria azienda o per i colleghi, sappia con precisione
che cosa potrà fare per lui.
L’uomo più saggio non è colui che sa,
ma chi sa di non sapere.
Socrate
In viaggio nel tempo
Per incontrare il primo coach dobbiamo fare un salto
indietro nel tempo di duemilacinquecento anni e tornare
ad Atene, in Grecia. Con un po’ di fortuna, andando a
passeggio per le vie assolate in mezzo alla folla che va
verso il mercato, potremmo incontrare Socrate. In realtà
non dovrebbe essere molto difficile, perché il filosofo
aveva l’abitudine di fermarsi a parlare con le persone.
Poneva loro molte domande, con l’obiettivo di farle
riflettere sul fatto che le loro convinzioni spesso erano
false, frutto di principi e pregiudizi indotti. Con i suoi
interrogativi, Socrate metteva in dubbio queste certezze,
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Mondo coaching
benché non tentasse di sostituirle con le proprie. Piut-
tosto, invitava l’interlocutore a formarsi un’opinione
personale. Questa sua tecnica è stata definita maieutica,
letteralmente, «arte dell’ostetrica». Socrate non faceva
nascere bambini, ma nuove idee in chi aveva di fronte.
Proprio come lui, un bravo coach:
• opera attraverso domande, che servono per farti
riflettere sulle tue convinzioni, che spesso sono li-
mitanti;
• non fornisce le proprie soluzioni ma ti aiuta a tro-
varle autonomamente, in funzione di quello che è
giusto per te;
• utilizza e insegna tecniche per farti generare nuovi
comportamenti, idee, modi, convinzioni, identità e
così via.
(Una curiosità. Socrate non ci ha lasciato nulla di
scritto. Quasi tutto ciò che sappiamo su di lui e sul
suo straordinario metodo lo dobbiamo al suo allievo,
Platone. Il primo coach preferiva che fossero gli altri
a parlare di sé!)
Gli studenti non sono vasi da riempire
ma fiaccole da accendere.
Plutarco
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Prendi in mano la tua felicità
Tutti in carrozza!
La parola «coach» deriva dal francese coche, un termi-
ne con cui si designava un mezzo di trasporto, la carrozza.
Il coach aiuta le persone a muoversi da un punto
all’altro, proprio come una carrozza le trasporta dalla
situazione in cui si trovano fino a quella che deside-
rano, cioè le accompagna fino al raggiungimento del
loro obiettivo.
Ora immagina di trovarti in un giardino meraviglio-
so. Senti l’odore dei fiori, osserva l’incredibile gamma
di colori e sfumature, goditi la pace e l’aria pulita. Tu
sei il giardiniere e il tuo compito è mettere le piante
nelle condizioni di crescere e fiorire. Le piante hanno la
tendenza ad andare verso il sole e quando non crescono
diritte soffrono.
Il giardiniere, allora, per prima cosa elimina le er-
bacce e tutti gli ostacoli che impediscono o rallentano
la crescita, poi mette al loro fianco un piccolo bastone,
uno strumento cui, se vorranno, potranno appoggiarsi
per svilupparsi nella direzione che è loro più congeniale,
e finalmente sbocciare rigogliose.
Questo fa il coach:
• ti aiuta a capire in che direzione vuoi crescere;
• elimina o riduce i fattori che impediscono o rallen-
tano la crescita;
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Mondo coaching
• ti fornisce gli strumenti per raggiungere il risultato,
o meglio, ti aiuta a crearli.
Pur con queste premesse, il giardiniere non può certo
costringere la pianta a crescere: è lei a fare lo sforzo
attivo, ad averne la responsabilità. Allo stesso modo,
il coach non può sostituirsi a te nel tuo percorso di
sviluppo personale. Il suo compito è soltanto facilitare
il più possibile questo viaggio e accompagnarti affinché
tu non perda la strada.
Extraordinary coaching
Chi ha già avuto modo di lavorare con un coach,
probabilmente riconoscerà le caratteristiche necessarie
perché si possa parlare di quello che io chiamo «Extra-
ordinary coaching».
In primo luogo, il rapporto che si instaura tra un
coach e il suo cliente si basa sulla fiducia (in PNL lo
chiamiamo rapport). Per ottenere un buon esito, è fon-
damentale che ci siano la massima trasparenza e onestà
nel dialogo. Il coach è tenuto a rispettare rigorosamente
la privacy e, soprattutto, non giudica mai. Il suo compito
è sostenerci nel raggiungere i nostri obiettivi, non sta a
lui valutarli nel merito.
Il secondo elemento che caratterizza l’Extraordinary
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Prendi in mano la tua felicità
coaching è il binomio ascolto/domande. Ascoltare con
attenzione è importante, per comprendere e assimilare il
modo in cui le persone pensano e interpretano il mondo
che le circonda. Solo allora, con le giuste domande,
il coach può iniziare a suggerire prospettive diverse e
fornire feedback efficaci che portino a nuove visioni e
a nuove idee.
Potete giudicare quanto intelligente è un uomo
dalle sue risposte.
Potete giudicare quanto è saggio dalle sue domande.
Nagib Mahfuz
Secondo me
Sono convinto che un buon coach debba avere anche
un altro obiettivo, che sta sopra tutti gli altri: la felicità,
ovvero il benessere, del cliente.
Troppo spesso, infatti, ho visto persone ottenere i
risultati desiderati per ritrovarsi magari più sicure e
gratificate, e al contempo infelici tanto quanto lo erano
prima. E allora cambiano coach o pensano che la felicità
stia nel raggiungere un altro traguardo. Non è così.
Spesso il motivo di questa profonda insoddisfazione
sta proprio nel metodo utilizzato.
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26. 23
Mondo coaching
La tradizione ufficiale del coaching insegna che
è necessario partire dagli obiettivi, preoccupandosi
in un secondo momento di scoprire «perché si vuole
quello che si vuole», ovvero di chiarire quale sia lo
scopo finale a cui si mira attraverso le proprie azioni.
Il rischio insito in questo modo di procedere è quello di
impiegare tempo ed energie per conquistare risultati che
non sono coerenti con lo scopo. Invece, a renderci felici
sono soltanto le attività che ci avvicinano alla finalità
ultima che ognuno di noi ritiene di avere.
Ma di questo ti parlerò più diffusamente nel prossimo
capitolo. Ora che abbiamo visto quali sono i compiti
di un coach, facciamo una rapida sintesi storica delle
tappe fondamentali di questa professione, dalla sua
nascita fino alla contemporaneità.
Il coaching in tre tappe
Prima tappa – La psicologia umanistica
Negli anni Cinquanta del secolo scorso, una nuova
prospettiva rivoluziona il mondo della psicologia. L’idea
dello psicologo Abraham Maslow e di altri suoi colleghi
è quella di concentrarsi sullo studio degli individui felici
e di successo, piuttosto che sulla cura delle patologie.
L’attenzione si sposta dal passato della persona al suo
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Prendi in mano la tua felicità
futuro. Il focus, anziché sul trauma che ha causato la
malattia, s’indirizza sulla ricerca dei modi per impiegare
al meglio le proprie risorse e le capacità inespresse, al
fine di realizzarsi.
Partendo dall’intuizione di Maslow, Clare W. Graves
creò la metodica da cui nascono le già citate Dinamiche
a Spirale. Ti spiegherò come funziona e come utilizzarla
nel secondo capitolo, quello dedicato alla direzione,
alla vision.
Seconda tappa – La PNL
Anche grazie alla corrente di pensiero inaugurata
da Maslow e colleghi, detta «psicologia umanistica»,
negli anni Settanta, a opera di Richard Bandler e John
Grinder, nacque la Programmazione Neuro-Linguistica.
Una disciplina che metterà a punto molti degli strumenti
più efficaci attualmente impiegati nel coaching.
Terza tappa – «The Inner Game»
Negli stessi anni Tim Gallwey, professore di peda
gogia a Harvard ed esperto di tennis, trasformò il mon-
do della preparazione atletica pubblicando un libro di
grandissimo successo, The Inner Game of Tennis.
Gallwey sosteneva che l’atleta affronta sempre due
partite: una esterna, contro il suo avversario, e l’altra
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28. 25
Mondo coaching
interiore, contro se stesso. Quest’ultima, spesso assai
più impegnativa, ha un effetto diretto sulle prestazioni
in campo. La preparazione atletica, dunque, non deve
prendere in considerazione soltanto l’allenamento fisico,
ma anche – e per certi versi soprattutto – quello mentale.
L’obiettivo è acquisire gli strumenti per superare e vincere
i propri ostacoli interni: paura, incertezza, sfiducia, ansia.
Voglio richiamare la tua attenzione su un punto su
cui non deve esistere alcuna ambiguità. Benché la fonte
di questa professione sia da ricercare nell’ambito della
psicologia, il coaching non ha nulla a che vedere né
con essa, né con la psicoterapia. Quest’ultima è una
professione che richiede una laurea in psicologia e una
scuola di specializzazione, e la sua area d’intervento più
comune è quella legata alla patologia, all’eliminazione
del sintomo, per riportare una persona nelle condizioni
di benessere.
Il coach, al contrario, non si occupa di queste proble-
matiche e la sua azione è totalmente orientata al futuro
e al raggiungimento dei risultati; inoltre, è più breve
e mira a trasferire al cliente gli strumenti di coaching,
in modo che possa continuare questa attività in auto-
nomia. In altre parole, sono due professioni diverse,
entrambe utili ma da non confondere. Troppo spesso
alcuni coach alle prime armi, con l’intento di aiutare,
commettono il gravissimo errore di considerarsi degli
«psicologi in miniatura».
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Prendi in mano la tua felicità
Il coaching oggi
Si tratta, dunque, di una disciplina moderna, che
nasce negli anni Cinquanta del Novecento, oppure è
antichissima e già praticata da Socrate?
La mia risposta è che la figura del coach esiste da
sempre, perché gli uomini hanno intimamente bisogno
di essere sostenuti nella crescita e nel raggiungimento
dei propri obiettivi. Poi, senza dubbio, negli ultimi qua-
rant’anni la psicologia, la sociologia e le neuroscienze
hanno fornito al coaching strumenti di grande impatto
e utilità, che ne hanno rafforzato l’efficacia.
Oggi, ho la sensazione che ce ne sia particolarmente
bisogno. Perché?
Nel mio libro La vita come tu la vuoi parlavo di
Jonas Salk, un ricercatore nel campo della medicina che
ha «reinterpretato» la teoria evoluzionistica di Charles
Darwin. Il nostro mondo non è più un luogo selvaggio
e ostile, quindi la sopravvivenza non risponde più a una
gara di forza fisica e resistenza. La realtà che viviamo
quotidianamente dipende piuttosto dalla concorrenza
mentale e tecnologica, dalla competizione da globaliz-
zazione. In questo ambiente superstressante sopravvive
il più «saggio», vale a dire colui che sa attribuire agli
avvenimenti il significato più adeguato e prende le
decisioni migliori, compiendo scelte giuste per sé (per
esempio rispettando il proprio scopo) e per gli altri (non
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Mondo coaching
solo senza arrecare danno, ma anche contribuendo alla
creazione di valore comune). Il coaching lavora proprio
per mettere le persone in questo stato; come vedremo,
tecnicamente si parla di «allineamento».
Questo, a mio parere, è il motivo per cui oggi può
essere più utile che mai: non a caso, è una professione
molto richiesta.
C’è speranza nei sogni,
nell’immaginazione e nel coraggio
di chi vuole che questi diventino realtà.
Jonas Salk
Di coaching in coaching
Allo Sport coaching, nel senso di «allenamento men-
tale», che come sai è stato il primo ambito di appli-
cazione di questa disciplina, si affiancano molte altre
tipologie. Vediamo rapidamente le più diffuse.
Il Life coaching aiuta a identificare gli obiettivi
personali e fornisce gli strumenti per raggiungerli. Non
bisogna commettere l’errore di confonderlo con la psi-
coterapia perché, come dicevo, il coaching si focalizza
sul futuro e non si occupa né dell’analisi del passato,
né della soluzione di traumi e patologie.
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Prendi in mano la tua felicità
Il focus del Career coaching è interamente dedicato
alla carriera lavorativa. Molti giovani neolaureati ri-
chiedono questo tipo di intervento, per fare una scelta
corretta al momento dell’ingresso nel mondo profes-
sionale. Vi si ricorre anche quando si attraversa un
periodo di stanchezza o di stallo nella propria crescita
lavorativa, o nel caso in cui si decida di abbandonare
un’occupazione per lanciarsi in un’altra.
Il Financial coaching aiuta a rispettare gli obiettivi
finanziari che ci si è posti. A differenza di un consu-
lente, il coach non fornisce dati e consigli economici.
Ancora una volta, il suo compito è quello di sostenere
le persone a raggiungere il proprio risultato. È parti-
colarmente utile perché contrasta la naturale tendenza
del comportamento umano a procrastinare e a dare
maggior peso ai guadagni a breve termine, rispetto ai
benefici a lungo termine.
Quando si parla di Personal coaching, si intende un
rapporto tra il cliente e il coach che riguarda tutto il
complesso degli aspetti della vita. Questo tipo di coa-
ching si riferisce all’individuazione e al raggiungimento
di traguardi personali, professionali e relazionali.
L’Health coaching è l’applicazione della disciplina nel
campo del benessere. Un’attività relativamente nuova,
in cui il coach è d’aiuto per «insegnare a gestire» la
propria condizione fisica e per ottenere cambiamenti
duraturi, che assicurino un miglior stato psicofisico.
Il Conflict coaching può essere impiegato in contesti
organizzativi o relazionali in senso lato, in un team di
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lavoro come all’interno di un rapporto matrimoniale,
per intenderci. Si basa sulla premessa che i conflitti, se
correttamente gestiti, contengono sempre un’opportu-
nità per migliorare la relazione, per trovare soluzioni
soddisfacenti per tutti i soggetti coinvolti, che siano
fonte di nuove idee provenienti dalla varietà dei punti
di vista.
Il Team coaching è molto richiesto soprattutto dal-
le aziende, che hanno sempre più necessità di avere
squadre performanti. Spesso, in un gruppo, l’ego o il
modo di pensare degli individui entra in conflitto con le
intenzioni e gli obiettivi della squadra. Anche in questo
caso le Dinamiche a Spirale sono utili.
Cercando la voce «coaching» su Wikipedia, troverai
altri ambiti di attività, oltre a quelli che hai appena letto;
non stupirti, perché stiamo parlando di una disciplina
in continua evoluzione.
Business o Executive coaching
Non ho inserito questa tipologia di coaching nella
lista precedente perché preferisco riservarle uno spazio
ad hoc. Per due motivi: il primo è che questo campo di
applicazione è abbastanza vasto. Il secondo è puramente
personale: è l’attività che mi occupa di più e che forse
preferisco. Amo il coaching in tutte le sue forme, ma
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questa mi fa davvero battere il cuore, mi fa svegliare
felice di andare al lavoro, perché ogni volta sa offrirmi
una sfida e un’occasione di crescita.
Il Business coach lavora con singoli manager e im-
prenditori o con gruppi di persone, con l’obiettivo di
fornire un supporto per sviluppare le capacità legate
alle prestazioni professionali.
Questo tipo di coaching assicura ottimi risultati in
quanto è orientato alle soluzioni e guarda al futuro;
ecco perché oggi molte aziende lo preferiscono alla
formazione tradizionale, o quanto meno lo associano
a un corso di formazione.
Attualmente gode di grande successo, perché con-
sente di migliorare:
• le capacità di comunicazione, delega, feedback e
tutte le abilità chiamate soft skills;
• la leadership individuale a tutto campo;
• le performance del management e dei collaboratori;
• le qualità organizzative;
• la gestione dei cambiamenti personali e professionali;
• il pensiero strategico;
• la gestione dei conflitti;
• la capacità di costruire, organizzare e guidare team
di lavoro.
Per queste ragioni le aziende richiedono la presenza di
un coach e lo assegnano ai loro top manager, ai dirigenti,
alle personalità emergenti o ai gruppi di lavoro. Alla
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Mondo coaching
fine del processo, non solo si otterranno miglioramenti
misurabili, ma chi ha acquisito le capacità di coaching
potrà anche trasmetterle ai colleghi.
Pronti, partenza, via!
Molto da apprendere ancora tu hai.
Maestro Yoda
Ora che conosci la storia del coaching, le sue funzioni
e i suoi obiettivi, hai tutti gli elementi per entrare nel vivo
della questione. È venuto il momento di mettersi al lavoro.
Quello che troverai nel prossimo capitolo è il primo
passo del mio metodo e, parallelamente, del tuo percorso
di crescita personale.
Spero che ti sarà utile per fare chiarezza in te stesso
e per essere più felice. Mi auguro, insomma, che sia
una lettura proficua.
Un buon libro è quel libro che apriamo
con grandi aspettative
e che chiudiamo con soddisfazione e risultati.
Amos Bronson Alcott
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Prendi in mano la tua felicità
«Consiglio questo libro a tutti coloro che hanno come primo deside-
rio potenziare le proprie qualità e non avere più alibi per non essere
la versione più alta di se stessi.»
Roberta Armani
«Tutto quello che troverai in queste pagine funziona davvero perché
è il risultato di decenni di coaching e formazione sul campo. Claudio
è riuscito a distillare un metodo straordinario.»
Luigi Centenaro, Personal Brand Strategist, autore di Personal Branding
«Il coaching è un’arte, interpretabile in tanti modi. Il metodo di
Claudio è decisamente uno dei migliori per chi vuole ottenere ri-
sultati concreti e duraturi.»
Damiano Castelli, CEO ING Direct Italia
«Un metodo efficace in un libro facile e comprensibile. Claudio Be-
lotti ha fatto di nuovo centro.»
Federica Tagliati, NLP Trainer, psicologa e ipnoterapeuta
«Claudio hatantocuoreetantatesta.Tantodapotersiproporrecome
un eccellente mentore in un mondo che ne ha davvero bisogno.»
Sebastiano Zanolli, manager e autore di
Dovresti tornare a guidare il camion Elvis
«Le formidabili competenze di Claudio Belotti sono pareggiate dal-
la sua profonda umiltà, e questo fa di lui un maestro d’eccellenza.»
Francesco Tesei, mentalista, autore di Il potere è nella mente
Acquista questo libro e partecipa gratuitamente
a un corso di Claudio Belotti
(per info www.extraordinary.it)
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