Pag. 4 - Nella capitale venezuelana termina oggi la prima Conferenza mondiale delle donne di base. Migliaia di persone giunte da oltre trenta Paesi per quattro giorni dedicati alle problematiche di genere, ma anche alle questioni ambientali.
5. marzo>> martedì 8 marzo 2011 5
L’esperto Salute
Dove va la
bioetica italiana
Breve colloquio con Luca Mari-ni,
docente di diritto internazio-nale
alla Sapienza di Roma e vi-ce
presidente del Comitato na-zionale
per la bioetica (Cnb).
Dopo la pronuncia sull’obiezio-ne
di coscienza il Cnb è stato ac-cusato
di eccessiva prossimità al-le
posizioni del Governo sui te-mi
della bioetica. In particolare
quelli relativi all’inizio della vita
umana. Qual è la sua opinione?
Il Cnb è un organo di consulen-za
del Governo. Questo ruolo
può essere interpretato ed eser-citato
in molti modi, ma og-gi
occorre prendere atto delle
ambiguità derivanti dalla coesi-stenza
dell’attuale Cnb con una
componente governativa muni-ta
istituzionalmente di deleghe
in materia di bioetica e, quin-di,
legittimata a operare diretta-mente
in questo ambito.
Il sottosegretario del ministero
della Salute Eugenia Roccella è lo
sponsor principale della cosiddet-ta
agenda bioetica del Governo.
Nella storia ventennale del Cnb
non c’era mai stata una figura si-mile
ed è possibile che, in queste
condizioni, i pareri del Comita-to
rischino di essere strumenta-lizzati
o indirizzati a sostegno di
orientamenti biopolitici preco-stituiti,
secondo la classica “stra-tegia
della foglia di fico”.
Ha fatto molto discutere il parere
positivo del Cnb sull’obiezione di
coscienza dei farmacisti. Peral-tro,
non esiste una legge sull’obie-zione
che dunque al momento
non può essere “rivendicata”, tan-to
meno dal Cnb.
Certo che no. Si tratta di un orga-nismo
di consulenza scientifica e
i suoi pareri non possono vinco-lare
alcuno. Ciò deve essere chia-ro
a tutti, anche a coloro che non
condividono i suoi pareri. Tutta-via,
può darsi che certi soggetti
considerino riduttivo il fatto che
il Cnb sia un organo non decisio-nale
e che si sforzino di incremen-tarne
le competenze, soprattutto
sul piano mediatico e comunica-tivo.
È umano e comprensibile
che sia più gratificante far parte
di un organismo dotato di poteri
vincolanti, ma, ripeto, non è que-sto
il caso del Comitato.
Ritiene il Cnb sufficientemente
autonomo dalla politica?
L’autonomia del Cnb, almeno sul
piano culturale e scientifico, do-vrebbe
essere assicurata proprio
dal suo ruolo puramente consul-tivo
e non decisionale. Da questo
punto di vista ritengo che la “ten-tazione
decisionista” del Cnb di
oggi, come è avvertita da taluni,
stia aprendo la strada a una even-tuale
authority, che però non of-frirebbe
maggiori garanzie di in-dipendenza
di quelle che è in gra-do
di offrire un organismo di con-sulenza
scientifica. Del resto, le
polemiche di questi giorni evi-denziano
ancora molta confusio-ne
sul ruolo del Comitato. f.t.
Salute Alta tensione in Regione a causa della proposta di legge del centrodestra per la “riqualifica”
dei centri sociosanitari. La ginecologa Anna Pompili: «Una norma che mortifica il genere femminile»
Consultori, nel Lazio
c’è aria di controriforma
Federico Tulli
L
Intervista
a proposta di legge regio-nale
sulla “riqualifica” dei
consultori nel Lazio è un
tipico esempio di come
in Italia la separazione tra Stato e
Chiesa sia un processo ancora in
gran parte incompiuto, e del fat-to
che siano le donne per prime
a dover subire l’idiosincrasia alla
secolarizzazione che caratterizza
le nostre istituzioni.
Come nel caso della fecondazione
assistita e del testamento biologi-co
(per non dire delle intromissio-ni
di governo nelle vicende della
pillola abortiva Ru486 e di quel-la
contraccettiva “del giorno do-po”),
la proposta di legge che por-ta
il nome di Olimpia Tarzia (con-sigliera
della lista civica Polverini
e presidente Movimento per la vi-ta),
infatti, sembra uscita diretta-mente
dalla penna di un “intellet-tuale”
residente Oltretevere. «Già
dai primi articoli si capisce che
non si sta parlando di “riqualifica-zione”,
ma di smantellamento dei
consultori familiari così come ve-nivano
istituiti dalla legge 405 del
1975» spiega a Terra la ginecologa
Anna Pompili riferendosi in parti-colare
ai commi 1 e 3: “La Regione
riconosce il valore primario del-la
famiglia quale società natura-le
fondata sul matrimonio e quale
istituzione finalizzata al servizio
della vita (…) e tutela la sua uni-tà,
la fecondità, la maternità e l’in-fanzia
» (art.1); e «la Regione tute-la
la vita nascente ed il figlio con-cepito
come membro della fami-glia
» (art.3). «Mortificando il ge-nere
al quale appartiene - prose-gue
Pompili che ha appena pub-blicato
Contraccezione (L’Asino
d’oro) un saggio scritto a quattro
mani col collega Carlo Flamigni -
l’onorevole Tarzia si fa strumento
di un’etica superiore (ovviamente
quella che alberga sull’altra spon-da
del Tevere), che considera le
donne delle poverette che devo-no
essere amorevolmente prese
per mano e accompagnate nel lo-ro
destino naturale di mogli, ma-dri,
puerpere, un ruolo che si può
esplicare solo all’interno di una
famiglia, inevitabilmente “fonda-
ta sul matrimonio”».
A novembre 2010, durante una
delle tante Conferenze sulla fa-miglia
organizzate dal centro de-stra
per recuperare la “stima” del-le
gerarchie ecclesiastiche (si era
ai tempi delle prime indiscrezioni
sul caso Ruby) l’onorevole Tarzia
disse che la sua legge - oggi arena-ta
in Regione e inapplicabile per-ché
priva delle necessarie coper-ture
finanziarie - sarà utilizzata
come traccia per la riforma dei
consultori in tutte le regioni. In
precedenza la vice presidente del
Senato, la radicale Emma Bonino,
aveva avvertito: «Questa legge è
un test nazionale e fa parte della
campagna orchestrata dal centro-destra
sui grandi temi relativi alla
vita, che in Italia vengono chiama-ti
“etici” e che invece sono i temi
della libertà. Campagna avviata a
luglio 2010 da Polverini, Formigo-ni
e Cota» (rispettivamente presi-dente
del Lazio, della Lombardia
e del Piemonte) e «rilanciata da
Berlusconi» con l’agenda gover-nativa
sulla bioetica. Un progetto,
questo, che seguendo il solco an-tiscientifico
tracciato dalle gerar-chie
ecclesiastiche, si pone come
primario obiettivo quello di spo-stare
il momento dell’inizio della
vita umana alla fase embrionale.
Sulla pelle delle donne, passando
per i consultori “benedetti” ideati
dalla Tarzia.
Intervista A colloquio con Maria De Vinci, psichiatra della Asl RM A e componente
della Consulta consultori Roma. «Queste strutture non sono assolutamente degli “abortifici»
Un servizio da difendere
Alessia Mazzenga
L
a legge regionale del La-zio
15/76 che ha istitu-ito
i consultori familia-ri
va modificata. è quan-to
vorrebbe farci credere la consi-gliera
e vice presidente della con-federazione
Consultori familia-ri
di ispirazione cristiana, Olim-pia
Tarzia. Ne parliamo con la psi-chiatra
Maria De Vinci, dal 1985
in servizio al consultorio roma-no
di S. Martino della Battaglia e
membro della Consulta consul-tori
Roma, che oggi inaugura la
nuova sede di via della Penitenza.
Un organismo di partecipazione
istituito dal Comune nel 1994 per
garantire il rispetto dei diritti de-gli
utenti dei consultori ed espri-mere
pareri sulle politiche socia-li
e sanitarie.
Dottoressa De Vinci i consul-tori
pubblici nascono anche
per applicare la legge 194/78
sull’interruzione volontaria
di gravidanza, eppure nel cen-trodestra
c’è chi li ha definiti
“abortifici”. Qual è in realtà la
loro funzione?
Noi dobbiamo applicare la legge
194. è un fatto istituzionale ma
devo dire che in quanto a coeren-za,
rispetto degli individui e della
loro libertà di scelta, questa nor-ma
è tra le migliori al mondo. Noi
operatori non dissuadiamo, né
convinciamo nessuno. Le donne
che arrivano con questa decisione
fanno dei colloqui con gli esperti,
ma la scelta definitiva spetta a lo-ro.
Come prevede la legge.
è vero che fin dai primi anni di
attività dei consultori gli abor-ti
sono diminuiti considerevol-mente.
Sì, in pochi anni gli aborti diminu-irono
del 60 per cento rispetto a
prima del 1984-1985 e quelli clan-destini
sparirono quasi del tutto.
Come è stato possibile?
Perché abbiamo iniziato a fa-re
prevenzione. Il nostro primo
obiettivo era quello di evitare le
gravidanze indesiderate e di sepa-rare
dalla procreazione il rappor-to
sessuale inteso come coinvol-gimento
emotivo e affettivo. Nel
rispetto di una maternità e pater-nità
consapevoli e responsabili. E
ci siamo riusciti.
Lei ha detto che prevenzione si-gnifica
anche aiutare gli adole-scenti
a capire la differenza tra
i metodi anticoncezionali e la
Ru486, che è una pillola abor-tiva.
Quali altri servizi vengo-no
offerti?
Sono state sviluppate particolari
specialità, come la psicologia cli-nica,
individuale e di gruppo, la
ginecologia, la ostetricia e l’infer-mieristica
specialistica, l’assisten-za
sociale e la pediatria. La carat-teristica
è di non rivolgersi a per-sone
ammalate come succede in
un ambulatorio ma alla fetta di
popolazione sana che però si aiu-ta
a non ammalarsi, soprattutto
di malattie psichiche.
Questi servizi essenziali sono
stati fino oggi garantiti a tutti
da una legge “laica”. Cosa acca-drebbe
con la nuova norma che
vuole far entrare nei consultori
le associazioni religiose?
Da noi vengono sia credenti di
qualsiasi culto sia atei. Non occo-re
un’altra legge perché quella che
c’è è di grande attualità. Bastereb-be
applicarla fino in fondo.
7. martedì 8 marzo 2011 7
Lotte femminili Dall’Italia dove si scende in massa per dire “basta” alla cultura del bunga, alle rivolte maghrebine,
dalle iraniane come la Ebadi, alle ragazze col velo di piazza Tahrir. Partigiane, rivoluzionarie, sempre nel futuro
tà. Ogni popolo, in tempi e modi
diversi, ha contribuito con impe-gno
e sacrifici alla loro afferma-zione.
Le donne sono state parte
attiva di tutti i movimenti di libe-razione:
dalla schiavitù, dalla di-scriminazione
razziale ed etnica,
dai genocidi, dalla dominazione
coloniale. Giovani donne com-batterono
nella Resistenza nel
nostro paese, per affermare nel-la
Costituzione la parità uomo -
donna, il diritto di voto, eserci-tato
per la prima volta solo nel
1946. Giovani par-tigiane,
come Tina
Anselmi, sono sta-te
la linfa vitale, il
collante, l’immagi-ne
del cambiamen-to
del dopo guerra
e della ricostruzio-ne,
nelle istituzio-ni
democratiche. E
Riprese le piazze,
parole d’ordine:
fantasia e utopia. Ma
con la concretezza
del quotidiano,
competenze
e saperi
continuarono negli anni le loro
battaglie per il diritto di famiglia,
l’autodeterminazione delle don-ne,
la parità di salario, la tutela
del lavoro.
In tempi recenti, nel resto del
mondo, altre donne coraggiose,
come la giornalista Politkovska-ja,
hanno pagato con la vita l’aver
denunciato il genocidio in Cece-
Nelle ultime settimane, le rivol-te
contro i regimi dittatoriali nel
Nord Africa, in particolare in Tu-nisia,
Egitto e Libia. I loro con-traccolpi
hanno raggiunto l’Iran,
con rinnovate, coraggiose mani-festazioni
e conseguenti, feroci
repressioni. La partita non è si-curamente
chiusa e sono certa
che anche lì non mancheranno
altre sorprese. Il dato unifican-te,
in Italia e negli altri paesi te-sté
nominati, è il ruolo avuto dal-le
donne: protagoniste attive, lu-cide,
presenti, determinanti. Ab-biamo
visto in televisione tante
ragazze, alcune con il velo, altre
con lunghi capelli sciolti e jeans,
organizzare e guidare manifesta-zioni
di piazza, farsi carico del-la
logistica, dell’ordine nel disor-dine
della rivolta, delle relazioni
con la stampa e le televisioni, col
resto del mondo. La stessa figlia
di Rafsanjani è stata arrestata.
Dall’Italia, umiliata e ferita, all’al-tra
sponda del Mediterraneo in
lotta per la libertà: aspirazioni
profonde e comuni, parole co-me
“dignità, lavoro, uguaglianza
di diritti”. Dall’Italia al Maghreb,
modalità simili nell’organizzare
il dissenso, assenza di capi con-clamati,
di organizzazioni stori-che,
di partiti. Al loro posto, re-ti
paritarie di comunicazione: in-ternet,
cellulari, sms, immagi-ni
su youtube, video amatoriali.
Tutto è iniziato in Tunisia, con
il pubblico suicidio mediante il
fuoco di un ambulante, laureato.
Un ragazzo, venditore di frutta,
vessato dalla polizia di regime.
Mentre in Italia un altro ambu-lante
si dava fuoco e moriva per-ché
preso di mira da alcuni agen-ti
della polizia municipale, in Si-cilia,
con la confisca del suo ban-chetto.
La disperazione per non
poter più provvedere alla sua fa-miglia
ha indotto l’immigrato al-la
disperata decisione di farla fi-nita.
Ho ancora negli occhi e nel cuo-re
il volto di pietra, dilavato dal
pianto e scavato dal dolore, del-la
madre Rom, accarezzata dalla
mano leggera e dalla commozio-ne
palpabile del presidente Na-politano,
che in quel momento,
davvero intensamente, tutti ci
rappresentava; di quella madre,
e di quel padre, che hanno per-so
quattro figli nel rogo della loro
baracca insicura, ai margini dei
marzo>>
Donne, sempre risorsa democratica
margini del vivere civile. Da un
viadotto a un ponte, dai campi
rasi al suolo dalle ruspe alle ster-paglie
e al gelo dell’inverno.
Tre fuochi, dunque, da non di-menticare,
che bruciano le no-stre
menti, che accendono il bi-sogno
profondo di cambiamento,
devono rappresentare un nuovo
inizio. Dopo decenni di disquisi-zioni
sullo scontro di civiltà, sul
relativismo culturale, sulla de-mocrazia
“patrimonio dell’occi-dente”,
da espor-tare
sulla canna
del fucile, sulla
condizione della
donna (velo, bur-ka,
topless, tan-ga,
famiglia e ha-rem),
scopria-mo
che le donne
aspirano, in tutto
il mondo, a libertà, dignità e ri-spetto,
all’accesso all’istruzione e
al lavoro, all’assistenza nella cura
e nell’educazione dei figli.
Scopriamo, in questi giorni, che i
valori fondanti della convivenza
non sono monopolio e appannag-gio
dell’Occidente. Vi sono valori
che dobbiamo considerare come
patrimonio comune dell’umani-
Proposta Secondo la co-presidente del Partito Verde europeo è tempo di riaprire il dibattito
sulle quote rosa. Servono subito regole per le istituzioni e i partiti. Le esperienze europee
Parità di rappresentanza
Un impegno politico
Frassoni dalla prima permettano di scendere sotto del
Non è chiaro se questo si tradur-rà
in qualche risultato concreto,
ma è evidente che è davvero ur-gente
darsi un programma serio
di lavoro in modo trasversale e il
più possibile condiviso tra le don-ne
e gli uomini attivi in politica e
nella società. E in questo senso,
dal Partito verde europeo, vorrei
fare una proposta di azione con-creta
e cioè l rilancio della discus-sione
delle quote rosa. Si sta di-scutendo
in Parlamento una pro-posta
sui consigli di amministra-zione,
ma non mi pare che ci sia
nulla sulla rappresentanza politi-ca.
Penso che sia arrivato il mo-mento
di rilanciare davvero que-sto
tema, di modo che alle pros-sime
elezioni non sia più possibi-le
rimanere ai livelli infimi di og-gi.
è necessario che ci siano rego-le
elettorali o di partito che non
40% a nessuno dei due generi per
le prossime elezioni. Lo stesso di-casi
per i posti di presidenti delle
commissioni e per i posti di dire-zione
delle amministrazioni pub-bliche.
L’esperienza di questi ul-timi
100 anni dimostra in mo-do
chiarissimo che le quote sono
state l’unico strumento che ha
veramente funzionato per rias-sorbire
in tempi abbastanza bre-vi
le disuguaglianze di rappresen-tanza.
Altro tema molto sensibi-le
é quello della leadership e del-la
direzione dei partiti politici. Io
penso che ci sia un modo sem-plice
che funziona davvero e da
molti anni che deve essere alme-no
discusso in Italia: la doppia le-adership
e la parità di rappresen-tanza
di genere negli organi diri-genti
dei partiti. In Europa i verdi
la praticano da anni, con risultati
positivi per due sostanziali ragio-ni.
La prima è che l’elezione del
“leader” è in realtà l’elezione di
“una squadra”, con evidenti van-taggi
per la trasparenza e la qua-lità
della leadership stessa. Nella
mia esperienza di co-Presidente
prima del Gruppo parlamentare
e oggi del Partito Verde europeo
questa dimensione di condivisio-ne
e di reciproco sostegno è mol-to
importante anche come meto-do
dell’azione politica. In Germa-nia
i Verdi, che oggi sono stabil-mente
oltre il 20% nei sondaggi
(percentuale più che doppia dei
tempi di Fischer), hanno quattro
leaders riconosciuti e perfetta-mente
complementari, i due co-
Presidenti al Parlamento e i due
co-Presidenti del partito. In Fran-cia,
è stata la leadership congiun-ta
di Cohn-Bendit e Cecile Duf-flot
che ha permesso ai Verdi di
uscire dal cono d’ombra in cui
erano caduti. La seconda ragione
è che in questo modo la dimen-sione
della parità “di genere” della
leadership politica è sempre evi-dente
e presente, e diventa pro-gressivamente
un elemento nor-male
del lavoro di partito, accet-tato
dai media, dal resto della po-litica
e dai militanti che, alme-no
per quanto riguarda i Verdi, la
considerano come un fattore di
identità irrinunciabile. Infine, la
presenza nei media va fortemen-te
riequilibrata. In Italia nessuno
balza sulla sedia se tutti gli invi-tati
sono maschi o se l’unica don-na
presente in sala è una bellissi-ma
senza nessuna competenza.
Anche questo deve cambiare, ma
è evidente che sono soprattut-to
le donne che devono preten-dere
questo cambiamento: come
dimostrano gli ultimi cento anni
nulla, e men che meno la libertà
e la dignità delle donne, cade dal
cielo.
nia e il regime dispotico e corrot-to
di Putin; hanno difeso con co-raggio
attivisti e manifestanti in
Iran, come Shirin Ebadi, premio
Nobel per la pace. Sono le donne
di Plaza de Majo, in Argentina, a
cui il dittatore Videla ha sottrat-to
figli e nipoti, le donne palesti-nesi
e le pacifiste israeliane, alla
ricerca di un punto di incontro
nella loro terra, contesa e dila-niata
dai conflitti; sono le donne
che nelle nostre istituzioni e fuo-ri
da esse si battono per la giu-stizia
e contro la sopraffazione,
come Daria Bonfietti, presiden-te
della associazione dei fami-liari
delle vittime di Ustica. Sono
Ilaria Cucchi, sorella di Stefano,
e la madre del giovane Federico
Aldovrandi, entrambi uccisi dal-la
violenza gratuita di chi avreb-be
dovuto proteggerli. è la ma-dre
della giornalista Ilaria Alpi,
assassinata in Somalia perché
indagava sul traffico dei rifiuti
tossici. E sono le giovani opera-ie,
ricercatrici, insegnanti, preca-rie,
madri, studentesse, pensio-nate
che sostengono i figli disoc-cupati.
Sono loro che, in questo
momento assai difficile, si impe-gnano
ogni giorno con decoro e
dignità per se stesse e per le lo-ro
famiglie, portando sulle spalle
il peso, anche psicologico e uma-no,
della crisi economica. Dopo
anni di solitudine, arretramen-to,
oscuramento di sogni e biso-gni,
si cominciano finalmente a
vedere i segni di un grande cam-biamento
nelle donne di tutte le
età e di tutte le condizioni, che si
avvalgono della capacità di usa-re
attivamente tutti i mezzi che
questa civiltà ha creato per co-municare,
condividere, discute-re
e mobilitare.
Le donne si sono riprese le piaz-ze,
le parole d’ordine, la fantasia
e l’utopia. Hanno nelle loro ma-ni
la concretezza del vivere quo-tidiano,
ma anche competenze
e professionalità, saperi. Hanno
occhi lucidi di commozione, al-cune
sul viso i segni del tempo,
che segnano l’orgoglio della ma-turità
e la naturalezza dell’invec-chiare.
Hanno le facce gioiose e
fresche delle ragazze, i loro co-lori
accesi. Raccontano che un
mondo migliore, per tutti, è pos-sibile!
E così, dopo un entusiasman-te
13 febbraio, buon “8 marzo”!
E che sia un giorno festoso, di ri-flessione,
poesia, musica e paro-le.
Di affettività, di amicizia e di
incontro. E ancora di testimo-nianza.
Un giorno speciale e nor-male
a un tempo, saldamente
piantato nel terreno ancora fred-do
dell’inverno, come un ramo di
mimosa, impalpabile e lumino-so.
Profumato di vita e destinato
a non sfiorire mai.
Coppola dalla prima
10. Terra Nord Est A cura di Riccardo Bottazzo,
10 martedì 8 marzo 2011
Dolomiti, “bollino” Unesco a rischio
Giannandrea Mencini, Calogero Lo Giudice
Il caso Polemiche sul progetto del comprensorio sciistico Cadore-Civetta. Si perderebbe il riconoscimento di “patrimonio dell’umanità”
l’ipotizzato collegamento Moe-na
– Passo di Costalunga, l’Une-sco
sarebbe costretta a togliere
il patrocinio di tutela alle Dolo-miti
intere. E tutti sappiamo co-me
l’Unesco pretenda coerenza
nella gestione dei patrimoni, in
questo caso sotto il profilo del-la
tutela geologica e paesaggi-stica
». Appuntamento quindi al-le
ore 8 del 13 marzo al parcheg-gio
di Passo Staulanza in Val Zol-dana
per poi raggiungere con le
ciaspole e gli sci d’alpinismo il ri-fugio
città di Fiume sotto il Pel-mo.
Alle 14 poi sempre al passo
Staulanza il dibattito pubblico.
Libri Presentata a Venezia “Fatti e misfatti di idraulica lagunare”, opera dell’ingegner Luigi D’Alpaos
Riccardo Bottazzo
A
chi gli chiede da che
parte sta, Luigi D’Alpa-os
risponde senza esi-tazione:
«Da quella del-la
laguna». Una laguna che non
si può salvare, spiega - proprio
lui che è uno dei più grandi in-gegneri
idraulici d’Europa – sol-tanto
applicando tecniche inge-gneristiche
ma che va sempre
inserita in un contesto più am-pio
di tutela, che tenga conto di
tutta la complessa morfologia
lagunare. E per ascoltare l’inge-gner
D’Alpaos, allievo prediletto
di Augusto Ghetti, padre nobile
della celebrata scuola idraulica
del’università di Padova, alme-no
300 persone, martedì scorso,
hanno affollato palazzo Fran-chetti,
uno dei salotti buoni di
Venezia, in occasione della pre-sentazione
del suo ultimo libro
“Fatti e misfatti di idraulica la-gunare”,
edizioni Ivsla. E dicia-
Giannandrea Mencini
è
una stagione ricca di
polemiche quella del-la
montagna bellune-se.
Prima la polemi-ca
paradossale intorno al logo
delle Dolomiti Unesco, quattro
torrioni stilizzati e molto simi-li
ai grattacieli di Manhattan su
sfondo rosso, scelto l’anno scor-so
fra ben 400 proposte dal Con-siglio
di Amministrazione Dolo-miti
Unesco e, dopo una rivol-ta
popolare, rimesso in discus-sione
anche per motivi pratici,
presentava delle problematiche
tecniche nella riproduzione su
manifesti di grandi dimensioni
e pertanto andava modificato.
Poi la discutibile approvazione
da parte della Giunta regiona-le
del Veneto del parere positi-vo
della commissione regiona-le
Via sul progetto “Passante Al-pe-
Adria-Belluno – Cadore” che
comporterà il prolungamento
dell’asse autostradale da Pon-te
nelle Alpi a Perarolo di Cado-re
ovvero 20 Km di tracciato, 25
metri di sezione, doppia corsia
per senso di marcia e tre svin-coli
(Pian de Vedoja, Longaro-ne
e Perarolo di Cadore). Opera,
conclusa secondo le previsio-ni
a inizio 2017, contestata da-gli
ambientalisti, dai comitati
locali e da alcune amministra-zioni
cadorine. Oggi l’impattan-te
progetto di realizzazione del
comprensorio sciistico Cadore-
Civetta che metterebbe in col-legamento
San Vitro di Cado-re
a Selva di Cadore. Il Proget-to,
realizzato dalla Alpi Consult
per conto della Impianti Scoter
di San Vito di Cadore, prevede
come ha spiegato il Presidente
di Mountain Wilderness Fausto
De Stefani «la costruzione di un
nuovo comprensorio sciistico
che partendo da Chiapuzza a
San Vito scavalca la montagna
per arrivare nella Val Fiorenti-na
attraverso la costruzione di
otto nuovi impianti, sedici piste
di sci, quattro ski bar, quattro ri-storanti-
rifugi. Si tratta di un to-tale
di 26.694 metri di piste, di
12.249 metri di impianti, di tre
vasche di accumulo di risor-sa
idrica ciascuna della capaci-tà
di 5.000 metri cubi, di un ba-cino
di accumulo di 30.000 me-tri
cubi di acqua, oltre 20 chilo-metri
di viabilità di accesso al-la
rete impiantistica, parcheggi
per circa 15/18.000 metri qua-drati,
magazzini interrati per il
ricovero dei mezzi battipista,
un nuovo anello in quota per lo
sci di fondo». La capienza totale
delle persone trasportate è pre-vista
in 15.000 giornaliere, una
media valutata tra i 1500 e 2000
ospiti al giorno, 2.150.000 pas-saggi
annui, il costo di realizza-zione
valutabile sugli 80 milioni
di euro, il costo di esercizio an-
Dalla parte della laguna
mo subito che i “misfatti” per-petrati
nell’ultimo mezzo secolo
sono molti di più dei “fatti”. Il li-bro
di D’Alpaos è un atto d’accu-sa
senza scampo contro la po-litica
del cemento e delle gran-di
opere che ha devastato il de-licato
ecosistema lagunare. Uno
atto di accusa tanto più spie-tato
in quanto scritto col lin-guaggio
tecnico dello scienzia-to
più che con quello romantico
dell’ambientalista. «Ci auguria-mo
che questo libro – ha spiega-to
Gianfranco Bettin, assessore
all’ambiente del Comune di Ve-nezia,
prima di passare la parola
a D’Alpaos - ci aiuti a tracciare le
linee di interventi futuri per sal-vaguardare
la laguna e si comin-cia
a tener conto dell’ambien-te
lagunare nel suo complesso:
Venezia non va salvata dalle sue
acque ma va salvata con le sue
acque». La distruttiva apertu-ra
del canale lei petroli, i proget-ti
approvati per stralci con la fi-losofia
“prima fai e poi aggiusta”,
le barene artificiali «che tutto
sono – ha commentato D’Alpa-os
- ma non barene», il Mose as-solutamente
inutile di fronte al
previsto innalzamento del livel-lo
dell’Adriatico ma cha sta tra-sformando
la laguna in un brac-cio
di mare aperto, la mancata
apertura delle valli da pesca. So-no
solo gli esempi più eclatan-ti
dei mali che stanno ucciden-do
quel fragile equilibrio che nel
corso dei secoli ha fatto nasce-re
la laguna veneziana. «La la-guna
ha sempre avuto tre nemi-ci:
il mare, la terra e l’uomo – ha
concluso Luigi D’Alpaos, citan-do
l’eminente ingegnere idrau-lico
del Cinquecento Cristoforo
Sabbadino -: negli ultimi anni il
ruolo dell’uomo è stato prepon-derante.
Proprio nel momento
in cui i progressi scientifici of-frivano
la possibilità di interve-nire
con giudizio, la politica ha
scelto di non tener conto del pa-rere
degli idraulici e degli scien-ziati
ma di farsi portatrice di in-teressi
particolari. Non discuto
che spetti alla politica prende-re
le decisioni finali, ma la cono-scenza
del problema e non l’in-teresse
economico privato do-vrebbe
stare alla base e guidare
le sue scelte. Questo non è sta-to
fatto. Oggi, di fronte ad una
situazione oramai compromes-sa
per tanti versi, mi auguro che
gli interessi particolari vengano
abbandonati e si cominci a di-fendere
come un bene comune
quello che ancora rimane della
laguna dei dogi».
nuo – ammortamenti compresi
– di 6.100.000 euro. «Si sconvol-gono
oltre 100 ettari di territo-rio
alpino - sottolinea De Stefa-ni
-, però non troviamo indica-zioni
su come si intende inter-venire
per tutelare beni preziosi
come gli Habitat di rete Natura
2000, le zone umide, le torbie-re.
Nelle zone Sic, come del re-sto
per l’area del Pelmo riferita a
Dolomiti patrimonio dell’uma-nità,
non vi è nessun riferimen-to
a piani di gestione attivi te-si
al miglioramento delle ric-chezze
naturalistiche che ven-gono
intaccate. Nemmeno una
riga ci illustra le potenzialità
di sviluppo qualitativo dell’area
grazie alla tutela internaziona-le
dell’Unesco». Mountain Wil-derness
ha presentato delle os-servazioni
preliminari allo stu-dio
di fattibilità del nuovo com-prensorio
sciistico Cadore-Ci-vetta
inviandole alla Regione
Veneto e ai Comuni di San Vi-to
e di Selva di Cadore conte-stando
in generale le valuta-zioni
ambientali, economiche,
energetiche e turistiche dell’in-tero
studio. Contro tale proget-to
il movimento ambientalista
ha organizzato una grande ma-nifestazione
per il 13 marzo tro-vando
l’adesione di associazio-ni
nazionali quali Legambiente,
Wwf, Vas, Italia Nostra e di cen-tinaia
di alpinisti veneti. Anche
gli alpinisti trentini, ha fatto sa-pere
in una nota Luigi Casano-va
sempre di Mountain Wilder-ness,
parteciperanno all’inizia-tiva
sottolineando la preoccu-pazione
che «qualora questi im-pianti
venissero realizzati, as-sieme
al collegamento fra Mon-te
Elmo e la Croda Rossa (Val
Pusteria, ndr), o l’albergo a set-te
stelle ai piedi del sasso Piatto
a Selva di Valgardena, o ancora
Un atto d’accusa verso
la politica del cemento e
delle grandi opere che ha
devastato l’ecosistema.
Gianfranco Bettin:
«Questo testo ci deve
aiutare per il futuro»
11. Terra Nord Est martedì 8 marzo 2011 11
Energia A Papozza la Agri.capital vuole costruire una centrale. Il Movimento 5 stelle si mobilita: «Quell’impianto è una trappola»
Rovigo, il biogas delle polemiche
Nic Perle
P
rima ha conquistato la
Germania costruendo
dal 2004 ben 87 impian-ti
a biogas ed ora visto il
successo dell’impresa. La Agri.
capital si appresta a mettere
piede anche nel Veneto. La ter-ra
da occupare per una centra-le
da 999 Kw è a Papozze, pic-colo
comune del rodigino. Qui
non molto lontano dal Delta del
Po, i campi si estendono all’in-finito.
Per Agri.capital è un po-sto
ideale per realizzare un im-pianto
che consente di vende-
Mobilitazioni Anche in Veneto tanti appuntamenti per le donne che vogliono parlare della vita reale e costruire un vero cambiamento
Otto marzo, Carnevale al femminile
Maria Fiano
D
onne in piazza, oggi 8
marzo, ultimo giorno di
carnevale.
Donne in piazza al gri-do
di “Reddito, diritti, libertà,
dignità”. Guardano alle piaz-ze
gremite del 13 febbraio scor-so,
dove donne e uomini han-no
ribadito il loro no alle politi-che
del governo Berlusconi e al-le
politiche, tutte italiane, del-la
doppia morale. Una giorna-ta
di mobilitazione straordina-ria,
quella del 13 febbraio, che
in tutte le città ha saputo e vo-
luto denunciare il progressivo
restringimento dei diritti e de-gli
spazi di libertà dovuto al-le
politiche adottate negli ulti-mi
anni da governi di centro-destra
così come di centrosini-stra:
dimissioni in bianco in ca-so
di gravidanza, legge 40 sulla
procreazione assistita, innalza-mento
dell’età pensionabile, il
pacchetto sicurezza, i tagli che
coinvolgono strutture sanita-rie
e annessi consultori, limita-zione
della pillola RU486, inser-zione
di obiettori di coscienza
all’interno delle strutture pub-bliche
come più volte ventilato
dalla Regione Veneto.
Ecco perché in quest’ultimo
giorno di Carnevale, le donne
hanno deciso di non fare festa
ma di scendere in piazza. Ap-puntamento
a Padova e in al-tre
città del Veneto guardando
al presente: per parlare della vi-ta
reale e costruire un reale per-corso
di cambiamento. Il nes-so
Berlusconi-Marchionne ac-compagna
slogan e comunica-ti
ma anche una riflessione pro-fonda
che mette insieme attac-co
ai diritti, privatizzazione dei
beni comuni: le misure adotta-te
per rispondere alla crisi, da
Marchionne alla ministra Gel-mini,
passando per i drammati-ci
tagli ai servizi sociali rappre-sentano,
infatti, un minaccio-so
attacco alle autonomie a al-la
libertà che vede nelle misu-re
adottate il tentativo di utiliz-zare
la crisi economica per riaf-fermare
il controllo sulle scelte,
sui corpi, sul presente e anche
sul futuro.
E proprio il presente ci dice che
nel 2010 sono state 127, il 6,7
per cento in più rispetto all’an-no
precedente, le donne uc-cise
in Italia. La maggior par-te
di queste sono donne italia-ne
(78%), così come la maggior
parte degli uomini che le han-no
uccise (79%). Nella stragran-de
maggioranza dei casi si trat-ta
di mariti (22%), compagni,
conviventi (9%) o ex (23%), ma
anche figli (11%) e padri (2%).
In Italia tra il 10 e il 13% della
popolazione femminile vive in
una condizione di estrema po-vertà:
il 40% di queste donne ha
un’età compresa fra i 19 e i 24
anni. Oltre 104 mila donne so-no
state tagliate fuori dall’indu-stria
negli ultimi 24 mesi. Il 54%
dei lavoratori subordinati so-no
donne: a loro sono delegate
mansioni sempre più margina-li
nell’organizzazione del lavoro
e sono le prime ad essere espul-se
dai processi produttivi. Sta-to,
famiglia e società scarica-no
sulle donne i costi principali
della crisi economica: venendo
così a mancare tutti quei ser-vizi
di cui il pubblico dovrebbe
farsi carico le donne si vedono
costrette a svolgere il ruolo di
ammortizzatore sociale.
Sette ginecologi su dieci, negli
re l’energia all’Enel e di ricavare
0,25 cent a kw/h. L’amministra-tore
delegato della società, Iva-no
Boaretti, raggiunto al telefo-no
non conferma e non smen-tisce
di aver avviato contat-ti
con i proprietari terrieri per
ottenere in affitto i campi. Ser-vono
almeno 400 ettari coltiva-ti
a mais per produrre l’energia
necessaria e i contratti devono
durare 15 anni altrimenti il bu-siness
salta. Per il Movimento
locale 5 stelle sono invece cer-ti
i problemi che porta con sè
un impianto a biogas di queste
dimensioni. «Da quando se ne
parla - afferma il portavoce del
movimento Giuseppe Dalpas-so
- l’affitto dei terreni è aumen-tato.
Più gravi e seri sono inve-ce
i danni ambientali che crea
l’impianto. Il via vai di camion
per il trasporto del cereale pro-durrebbe
una quantità impres-sionante
di inquinamento (ani-dride
solforosa, diossine…) e la
coltivazione intensiva del mais,
favorita e sostenuta dalla chi-mica,
produrrà nel tempo la de-sertificazione
della terra e l’in-quinamento
delle false idri-che.
Un impianto a biogas è una
trappola per l’agricoltura e nul-la
ha a che vedere con l’ecolo-gia
». Ivano Boaretti è di tutt’al-tro
avviso e spiegherà le buone
ragioni del progetto nel corso di
un convegno il 25 marzo pro-mosso
con la collaborazione
del Comune di Papozze. Priva-to
e pubblico già d’accordo alla
faccia dell’opinione dei cittadi-ni?
«A pensar male si fa pecca-to
- chiosa Dalpasso - e sicura-mente
in quella sede sapremo il
punto di vista dell’amministra-zione
comunale dato che fino
ad oggi il sindaco pur sollecita-to
pubblicamente a fornire no-tizie,
si è trincerato dietro una
Niente festa ma denuncia
delle tante politiche
liberticide di centrodestra
e centrosinistra: legge
40, tagli ai consultori,
limitazione
della RU486
spessa coltre di silenzio». L’ap-puntamento
è per il 25 marzo
ma intanto è sempre AgriCapi-tal
a fornire una possibile sup-porto
al sindaco: «Il nostro im-pianto
- afferma Boaretti - con-sente
alle amministrazioni co-munali
di risparmiare in un an-no
almeno 50 mila euro di bol-letta
energetica». «Ecco, siamo
alle solite - replicano quelli del
Movimento cinque stelle -: ci
“offrono” soldi per pagare alcuni
servizi in cambio di esalazioni,
di inquinamento perché anche
i biogas emettono inquinanti».
In Germania, ricorda Ivano Bo-aretti,
«nessuno si è lamentato
o si lamenta: i nostri impianti
sono efficienti non inquinano e
non hanno ciminiere. Il biogas
è una fonte energetica rinno-vabile
prodotta dalla fermenta-zione
del mais». Sarà forse così
ma non si spiega come mai nel
Veneto è un fiorire di impianti
(per ora sulla carta) da realizza-re
a biogas o a biomassa che le
popolazioni però non vogliono.
Nel padovano a Conselve e a
Bribano se ne parla da mesi, i
cittadini sono contrari mentre
la politica si divide. Nel bellu-nese
il dibattito ha fatto capoli-no
qualche settimana fa. A Tri-chiana
è stata avviata una rac-colta
di firme contro il proget-to
per una centrale a biogas. Vi-ceversa,
ad Auronzo, entro l’an-no
potrebbe concludersi l’iter
per l’installazione a Misurina di
una centrale a biomassa.
ospedali italiani, sono obietto-ri
di coscienza rispetto all’abor-to,
una situazione che ostacola
sempre di più i diritti e le tute-le
riconosciuti alle donne dalla
legge 194. In Veneto, ad esem-pio,
la percentuale di obietto-ri
tra i ginecologi si alza sino a
raggiungere l’80.8%.
Tra gli appuntamenti previ-sti,
a Padova critical mass alle
ore 10:30 in piazza dei Signori.
A Venezia, tra le maschere e i
coriandoli di un carnevale de-dicato,
almeno nel titolo, alla
Città delle Donne, il collettivo
Electronigirls dà appuntamen-to
a tutti al SaLE Docks questa
sera a partire dalle ore 22 per
una serata di elettronica tut-ta
al femminile e con l’obietti-vo
di far conoscere le pioniere
di questo genere musicale.
Scendono in piazza le donne,
oggi 8 marzo. Donne capaci di
guardare verso il futuro: se non
sempre quando?