1. 12MESI
LUGLIO-AGOSTO 2011
7
OPINIONI
di ANTONIO PANIGALLI
C
onclusi i “referendum”
sull’acqua con la vitto-
ria dei sì all’abrogazione
delle norme esistenti, ora
sarebbe opportuno o doveroso fare un
pubblico esame di coscienza per com-
prendere lo stato dell’arte della mala-
gestione, della mancanza di buon senso
e della fetente lottizzazione di un bene
comune (carenze che forse fanno male
quanto le sbandierate gestioni private
sul demanio idrico pubblico).
La media italiana della dispersione
idrica è il 47%: in base ai dati Istat del
2008 quasi un litro su due del bene
più prezioso che ci è donato dalla terra
viene “disperso”.
Le regioni più virtuose dal punto di vi-
sta della dispersione dell’acqua sono
il Trentino Alto Adige con il 26%,
la Lombardia con il 27%, l’Emilia
Romagna con il 32%, meno bene la
Liguria con il 39%, mentre si arriva al
paradosso dell’efficienza con la Puglia
all’87% e la Sardegna all’85%, di di-
spersione ovviamente, con i soliti noti in
pole-position.
Dal 1992, ogni anno il 22 marzo si cele-
bra la Giornata Mondiale dell’Acqua
istituita dall’Onu. Quest’anno i princi-
palielementidellacrisidelsettoreidrico
sono stati rappresentati anche dall’Istat.
Dal rapporto dell’Istituto di statistica
spicca innanzitutto, l’incremento dei
consumi: nel 2008 sono stati erogati
92,5 metri cubi di acqua potabile per
abitante, pari a 253,4 litri al giorno, con
un incremento dell’1,2% negli ultimi
dieci anni (da considerare che i paesi in
via di sviluppo utilizzano mediamente
100 litri di acqua procapite e che quelli
iper industrializzati arrivano a superare i
500 litri giorno/procapite).
Continua a crescere lo spreco nell’indif-
ferenza totale, considerando i consumi
pro capite nei 27 Paesi dell’Unione eu-
ropea per il periodo 1996-2007, l’Ita-
lia presenta valori superiori alla media
europea, pari a circa 85 metri cubi an-
nui per abitante.
In particolare i consumi medi in Italia
risultano inferiori rispetto alla Spa-
gna (100 metri cubi) e al Regno Unito
(110), mentre sono superiori a quelli dei
Paesi Bassi (73) e della Germania (57).
Non è che noi italiani ci laviamo di più,
sono solo soldi, decine di miliardi di
euro, che vengono irresponsabilmente
buttati, nell’indifferenza generale.
Forse la “polis” neppure se ne rende
conto, perché normalmente questa è
una gestione ignota e all’apparenza po-
liticamente “corretta” in favore dell’im-
bonimento dell’opinione pubblica e del
clientelismo (basti pensare alla quantità
di addetti occupati). Ciononostante
ogni anno vengono sprecati circa due i
miliardi di euro.
In Italia l’acqua, per così dire alla fonte,
è pubblica e tale deve restare, ci man-
cherebbe altro, ma, per arrivare dalla
fonte a casa, l’acqua deve essere raccolta
in invasi, deve essere trasportata in con-
dutture, deve essere controllata e purifi-
cata, deve essere smistata e dispacciata
(questo potrebbe farlo anche chiunque
altro dimostri di essere più efficace ed
efficiente).
Chi fa tutto questo oggi in Italia? Lo fan-
noaziendeeorganismiterritorialisottoil
diretto o l’indiretto controllo del potere
politico (e forse partitico/clientelare).
Sono centri di potere e denaro decisa-
mente lottizzati (forse più della Rai) e
più dediti allo spreco sistematico delle
peggioriAsldellaSanità.Accumulanoun
deficit complessivo di circa due miliardi
annui e negli anni hanno gestito l’acqua
pubblica in maniera tale che ora occorre-
rebbero oltre cinquanta miliardi per ave-
re acquedotti efficienti e civili. Efficienti
nel senso di non sprecare la pubblica
risorsa dell’acqua, civili nel senso di non
innaffiare di soldi pubblici “orti e giardi-
ni” della cosiddetta politica di territorio.
In Italia siamo ormai costretti a tirare la
cinghia un po’ su tutto, non si investono
soldi in autostrade informatiche (banda
larga) e neanche in infrastrutture (fer-
rovie ed autostrade del mare) perché chi
governa non ha soldi e chi è governato è
indifferente e/o distratto. Si verificano
così molte sperequazioni tra gli investi-
menti nelle imprescindibili sovvenzioni
degli incentivi alla produzione di energia
elettrica con fonti rinnovabili (fotovoltai-
co,eolico,solaretermico,ecc.),quelliin-
frastrutturali (che spesso vedono la cieca
ostilità territoriale) e gli investimenti che
dovrebbero essere, sempre e comunque,
il vero driver: l’efficienza gestionale.
Forse, non ci si accorge che sono soldi
“buttati” perché non è il Governo che
li mette, non sono denari palesemente
pubblici (anche se sono spesi esclusiva-
mente dal pubblico e dal parapubblico),
arrivano e arriveranno dalle tasche pri-
vate, attraverso il pagamento delle bol-
lette (come al solito).
Quindi, basta pensare solo alla corretta
educazione all’autoriduzione dei con-
sumi, è altrettanto importante non farsi
abbindolare da demagogiche posizioni
che annebbiano la critica civica e ren-
dono possibile la folle malversazione del
bene comune.
Per approfondimenti:
www.eea.europa.eu/it
ACQUA BENE COMUNE
MA… FACCIAMO ACQUA
16/06/11 10.28