Relazione "Sessualità e Disabilità" presentata dalla Dr.ssa Antonella Ciccarelli al Convegno Timidezza d'amore e ansia sessuale, Ancona 20 Novembre 2010.
2. pubblicò la "Classificazione Internazionale delle
Menomazioni, delle Disabilità e degli Svantaggi
Esistenziali".
Essa distingueva tre livelli:
Menomazione, intendendo qualsiasi perdita o anomalia
permanente a carico di una struttura anatomica o di una funzione
psicologica, fisiologica o anatomica (esteriorizzazione)
Disabilità, intendendo qualsiasi limitazione o perdita
(conseguente a menomazione) della capacità di compiere
un'attività di base (quale camminare, mangiare, lavorare) nel
modo o nell'ampiezza considerati normali per un essere umano
(oggettivazione)
Handicap si intende la condizione di svantaggio, conseguente ad
una menomazione o ad una disabilità, che in un certo soggetto
limita o impedisce l'adempimento di un ruolo sociale considerato
normale in relazione all'età, al sesso, al contesto socio-culturale
della persona (socializzazione).
3. ha pubblicato la nuova
“Classificazione Internazionale delle
Menomazioni, delle Attività personali
(ex-Disabilità) e della Partecipazione
sociale (ex handicap o svantaggio
esistenziale)“
4. • Vengono ridefiniti due dei tre concetti portanti
che caratterizzano un processo morboso:
• la sua esteriorizzazione: menomazione
• l'oggettivazione: non più disabilità ma
attività personali
• le conseguenze sociali: non più handicap o
svantaggio ma diversa partecipazione
sociale.
5. con attività personali si considerano le limitazioni di
natura, durata e qualità che una persona subisce nelle
proprie attività, a qualsiasi livello di complessità, a causa di
una menomazione strutturale o funzionale. Sulla base di
questa definizione ogni persona è diversamente abile.
con partecipazione sociale si considerano le restrizioni
di natura, durata e qualità che una persona subisce in tutte
le aree o gli aspetti della propria vita (sfere) a causa
dell’interazione fra le menomazioni, le attività ed i fattori
contestuali.
6. La legge 104/92, nel riordinare in senso generale
l'assistenza, ha posto al centro del progetto il recupero non
solo funzionale ma anche sociale della persona .
Recupero che vede come perno l'integrazione nella
famiglia e nella scuola ma anche e soprattutto
l'integrazione nel lavoro.
Per ottenere questi risultati viene operata una
valorizzazione delle capacità residue generali e delle
potenzialità lavorative rimanenti. In sintesi lo scopo della L.
104 è quello di definire il comportamento dello Stato nei
confronti dei portatori di handicap, prendendo coscienza
della globalità della e della “complessità” delle situazioni
legate all’handicap.
7. L‘ adolescenza dei figli
L'emancipazione
dei genitori
La nascita dei figli dai figli
Il pensionamento
Il matrimonio
(convivenza)
La morte
Il corteggiamento
8. Approfondire il tema delle dinamiche e dei vissuti di una
famiglia con figlio portatore di handicap è certamente un
compito impegnativo.
Prima di esaminare quali sono i principali problemi è
utile premettere brevemente alcuni punti di riferimento
teorici che orientano il nostro agire:
1. Sappiamo che ogni ingresso di un nuovo venuto (ad es.
un figlio) modifica la rete dei rapporti precedenti. Nel
caso dell’arrivo di un soggetto con handicap, la
modificazione è più consistente, fino a poter stravolgere
del tutto l’equilibrio precedente. Dopo l’avvento
dell’handicap, il gruppo famiglia ed i parenti ad esso
legato non sono più i medesimi.
9. 2. Altro elemento da considerare è quello dei “giochi
familiari”, ossia l’insieme delle scelte e rifiuti tra i
membri della famiglia, e quindi le alleanze che più o
meni consapevolmente costituiscono gli aspetti
organizzativi della vita familiare. Nelle famiglie con
handicap questi “giochi” nascondono spesso significati
profondi: è importante osservare chi si fa carico del figlio
con problemi e chi viceversa aumenta, dopo il suo arrivo,
gli impegni fuori casa, chi della famiglia estesa è
richiamata al nucleo, ecc.
10. La disabilità in sé non ostacola assolutamente
il fare sesso; quello che ostacola è la cultura
dominante
La sessualità della persona disabile, non è una
sessualità speciale, diversa da quella degli altri
esseri umani: diverso è il modo di
concretizzarla, a causa dei limiti funzionali del
corpo.
11. Perchi ha disabilità fisica pudore e vergogna
di esporre il proprio corpo malformato, timore
che in futuro si possa essere abbandonati dalla
partner/dal partner;
Impossibilità fisica di frequentare l’altro a
causa di barriere architettoniche, timore di
non soddisfarlo sessualmente, genitori che
ostacolano il rapporto e la costruzione di una
famiglia.
12. Spessoabbiamo una certa difficoltà ad
immaginare e quindi ad accettare questa ’ vita
sessuale ’ dei disabili.
13. Per chi ha disabilità mentale invece l’ostacolo
maggiore è rappresentato dalle famiglie;
Occorre parlare non di diritto alla sessualità
ma di diritto ad esercitarla.
14. Le prime rivendicazioni sul diritto alla vita
sessuale sono state avanzate dai soggetti con
handicap fisico che hanno sostenuto studi e
ricerche.
Certamente un handicap fisico può limitare la
possibilità di usare il proprio corpo
compromettendo lo sviluppo di una vita
sessuale.
15. Tuttavia ogni portatore di handicap, sia fisico
che psichico, ha emozioni, bisogni e
sentimenti, come le persone normali che
alimentano speranze di relazioni affettive.
" Essi, come tutti, nonostante un corpo ’
brutto ’esprimono il naturale desiderio di
avere una persona vicino e costruire con
questa una famiglia”
Ma spesso abbiamo una certa difficoltà ad
immaginare e quindi ad accettare questa ’ vita
sessuale ’ dei disabili.
16. Ildisabile può imparare a vivere con serenità
e responsabilità allo stesso tempo, cessando di
essere un “eterno bambino” che non ha
l’occasione di crescere ulteriormente.
Nel considerare il disabile, non dobbiamo più
pensare alla sua mancata crescita, ma
apprendere dalla sua maggiore sensibilità gli
spunti per far evolvere sia il suo
comportamento che il nostro.
17. Sessualità non equivale a genitalità.
E questo è per tutti al di là di situazioni
particolari.
Allo stesso modo, una persona con
insufficienza mentale non può far coincidere
sessualità e genitalità.
Sessualità vuol dire relazione tra uomini e
donne…
Non è un comportamento che rende colpevoli,
ma può permettere o favorire la realizzazione
di relazioni affettive
18. Anche per la persona disabile non è sufficiente
solo il rapporto corporale genitale per
esprimere il dialogo tra due persone, ma
occorre un rapporto intersoggettivo con una
dimensione affettiva più ampia e
comprendente vari livelli di sensibilità.
19. E’ necessario quindi sollecitare, permettere e
favorire incontri e amicizie, che, a vario livello,
possano educare la sensibilità affettiva, dato
che la disabilità, di qualunque tipo sia, non
presuppone la mancanza di affettività, anzi
talvolta rivela una particolare disponibilità
affettiva verso chi lo circonda.
21. Tutte queste dimensioni sono vissute anche
dalle persone disabili
Le persone con disabilità hanno una vita
affettiva che va “coltivata” non repressa.
Gli interventi dovrebbero promuovere
“competenze”
22. Funzioni cognitive implicate
Metacognizione (cosa penso ,capacità di
riflettere su di sé)
Teoria della mente (cosa pensa l’altro)
Mastering (mettere insieme le due cose e
agire con padronanza
23. L’educazione dovrebbe porsi l’obiettivo di
insegnare ad esprimere al meglio la propria
sessualità,definita come un insieme di fattori
(biologico, affettivo, relazionale e allo stesso
tempo, creativo, culturale e simbolico) che
portano la persona a ricercare piacere nel
rapporto con l’altro.
24. Educare alla sessualità significa imparare a
capire i messaggi del nostro corpo e quelli
dell’altro,
Individuare le potenzialità del nostro essere, i
confini ma anche gli orizzonti.
Sessualità è relazione, contatto, desiderio,
piacere e sofferenza, ma tutto passa attraverso
il corpo e il suo vissuto
25. Essere consapevoli del proprio corpo e di sè
Per costruire un buon senso di autostima e
instaurare relazioni interpersonali
soddisfacenti, dobbiamo essere consapevoli di
noi stessi, del nostro corpo, dei nostri
sentimenti e di ciò che apprezziamo di noi
stessi.
26. Le persone con handicap spesso hanno scarsa
percezione di sé o una visione negativa.
Lavoro sullo schema corporeo (riconoscere e
nominare la parti)
Riflessione sulle differenze corporee
Utilizzo di codici non verbali per comunicare
(mimica,prosodia/tono della voce, atti motori)
Osservare il proprio corpo e quello degli altri
Comprensione ed espressione delle emozioni
27. Avere cura di se stessi
Conoscere il proprio corpo e imparare a
badare ad esso è importante sia per la propria
salute e per la propria autostima che per la
salute e il benessere degli altri.
28. •Lavoro sui cambiamenti nella pubertà
(rassicurazione) e sul passaggio dallo stato di
bambino ad adulto
Mestruazioni (che cosa sono e come gestirle)
Igiene personale
Toccare ed essere toccati (carezze, abbracci,
strette…)
Differenza tra luogo pubblico e privato
(comportamento)
29. Relazioni interpersonali
E’ attraverso la comunicazione che
sviluppiamo delle relazioni interpersonali e,
tanto più efficacemente comunichiamo, tanto
più è probabile che le nostre relazioni
diventino più ricche e gratificanti.
Le persone con handicap hanno spesso scarse
abilità di comunicazione e difficoltà nel
cogliere i segnali sociali
30. •Individuazione di persone importanti
(genitori, fratelli, amici…)
•Riflessione sul che cos’è una famiglia
•Lavoro sui ruoli familiari (per esempio legati
al genere)
•Amici (come farsi degli amici, come
mantenere amicizie,come comportarsi con
loro, come fare inviti)
•Imparare a dire di no
31. Vivere la propria sessualità
La sessualità rappresenta il modo in cui ci
sentiamo come uomini e donne e come ci
poniamo in relazione con gli altri, si esprime
fin dalla nascita,poi nella pubertà e nell’età
adulta.
La persone con disabilità spesso non hanno gli
strumenti per esprimerla
32. “Non vietare ma insegnare”
•Dare piacere a se stessi (masturbazione)
•Individuare tempi e luoghi idonei per
canalizzare le pulsioni sessuali (dove e
quando)
•Prendere decisioni sessuali
•Che cos’è un rapporto sessuale
33. Giorgio 17 anni
Diagnosi di Disturbo Autistico ad alto
funzionamento
Istituto professionale, Progetto POI, centro
educativo territoriale
Buona comprensione del linguaggio verbale,
in espressione utilizzo di frasi nucleari,
prosodia meccanica e volume alto
Sguardo sfuggente, alcune aperture sociali
talvolta inadeguate
34. Comportamento disadattivo:
Abbraccia indistintamente persone più o
meno conosciute
Abbraccia con molta forza o sposta l’altro in
maniera brusca affinché la posizione
dell’abbraccio corrisponda a quella a lui
conosciuta.
Intervento:
Costruzione di una storia sociale
sull’abbraccio (come, quando e chi)
35. “Un Io che non ha la possibilità è
disperato e altrettanto disperato
è un Io che non ha necessità”
Kierkegard