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Sessualita’e disabilità
pubblicò la "Classificazione Internazionale delle
    Menomazioni, delle Disabilità e degli Svantaggi
    Esistenziali".
    Essa distingueva tre livelli:

   Menomazione, intendendo qualsiasi perdita o anomalia
    permanente a carico di una struttura anatomica o di una funzione
    psicologica, fisiologica o anatomica (esteriorizzazione)

   Disabilità, intendendo qualsiasi limitazione o perdita
    (conseguente a menomazione) della capacità di compiere
    un'attività di base (quale camminare, mangiare, lavorare) nel
    modo o nell'ampiezza considerati normali per un essere umano
    (oggettivazione)

   Handicap si intende la condizione di svantaggio, conseguente ad
    una menomazione o ad una disabilità, che in un certo soggetto
    limita o impedisce l'adempimento di un ruolo sociale considerato
    normale in relazione all'età, al sesso, al contesto socio-culturale
    della persona (socializzazione).
ha pubblicato la nuova




    “Classificazione  Internazionale delle
     Menomazioni, delle Attività personali
     (ex-Disabilità) e della Partecipazione
     sociale (ex handicap o svantaggio
     esistenziale)“
•   Vengono ridefiniti due dei tre concetti portanti
    che caratterizzano un processo morboso:
•   la sua esteriorizzazione: menomazione

•   l'oggettivazione: non più disabilità ma
    attività personali

•   le conseguenze sociali: non più handicap o
    svantaggio ma diversa partecipazione
    sociale.
   con attività personali si considerano le limitazioni di
    natura, durata e qualità che una persona subisce nelle
    proprie attività, a qualsiasi livello di complessità, a causa di
    una menomazione strutturale o funzionale. Sulla base di
    questa definizione ogni persona è diversamente abile.

   con partecipazione sociale si considerano le restrizioni
    di natura, durata e qualità che una persona subisce in tutte
    le aree o gli aspetti della propria vita (sfere) a causa
    dell’interazione fra le menomazioni, le attività ed i fattori
    contestuali.
La legge 104/92, nel riordinare in senso generale
l'assistenza, ha posto al centro del progetto il recupero non
solo funzionale ma anche sociale della persona .
 Recupero che vede come perno l'integrazione nella
famiglia e nella scuola ma anche e soprattutto
l'integrazione nel lavoro.
 Per ottenere questi risultati viene operata una
valorizzazione delle capacità residue generali e delle
potenzialità lavorative rimanenti. In sintesi lo scopo della L.
104 è quello di definire il comportamento dello Stato nei
confronti dei portatori di handicap, prendendo coscienza
della globalità della e della “complessità” delle situazioni
legate all’handicap.
L‘ adolescenza dei figli


                                                    L'emancipazione
                                                    dei genitori
La nascita dei figli                                dai figli



                                                    Il pensionamento

     Il matrimonio
     (convivenza)
                                                    La morte

                Il corteggiamento
Approfondire il tema delle dinamiche e dei vissuti di una
     famiglia con figlio portatore di handicap è certamente un
     compito impegnativo.
     Prima di esaminare quali sono i principali problemi è
     utile premettere brevemente alcuni punti di riferimento
     teorici che orientano il nostro agire:
1.   Sappiamo che ogni ingresso di un nuovo venuto (ad es.
     un figlio) modifica la rete dei rapporti precedenti. Nel
     caso dell’arrivo di un soggetto con handicap, la
     modificazione è più consistente, fino a poter stravolgere
     del tutto l’equilibrio precedente. Dopo l’avvento
     dell’handicap, il gruppo famiglia ed i parenti ad esso
     legato non sono più i medesimi.
2. Altro elemento da considerare è quello dei “giochi
     familiari”, ossia l’insieme delle scelte e rifiuti tra i
     membri della famiglia, e quindi le alleanze che più o
     meni consapevolmente costituiscono gli aspetti
     organizzativi della vita familiare. Nelle famiglie con
     handicap questi “giochi” nascondono spesso significati
     profondi: è importante osservare chi si fa carico del figlio
     con problemi e chi viceversa aumenta, dopo il suo arrivo,
     gli impegni fuori casa, chi della famiglia estesa è
     richiamata al nucleo, ecc.
 La  disabilità in sé non ostacola assolutamente
  il fare sesso; quello che ostacola è la cultura
  dominante
 La sessualità della persona disabile, non è una
  sessualità speciale, diversa da quella degli altri
  esseri umani: diverso è il modo di
  concretizzarla, a causa dei limiti funzionali del
  corpo.
 Perchi ha disabilità fisica pudore e vergogna
 di esporre il proprio corpo malformato, timore
 che in futuro si possa essere abbandonati dalla
 partner/dal partner;

 Impossibilità fisica di frequentare l’altro a
 causa di barriere architettoniche, timore di
 non soddisfarlo sessualmente, genitori che
 ostacolano il rapporto e la costruzione di una
 famiglia.
 Spessoabbiamo una certa difficoltà ad
 immaginare e quindi ad accettare questa ’ vita
 sessuale ’ dei disabili.
   Per chi ha disabilità mentale invece l’ostacolo
    maggiore è rappresentato dalle famiglie;

 Occorre   parlare non di diritto alla sessualità
    ma di diritto ad esercitarla.
 Le prime rivendicazioni sul diritto alla vita
  sessuale sono state avanzate dai soggetti con
  handicap fisico che hanno sostenuto studi e
  ricerche.
 Certamente un handicap fisico può limitare la
  possibilità di usare il proprio corpo
  compromettendo lo sviluppo di una vita
  sessuale.
 Tuttavia  ogni portatore di handicap, sia fisico
  che psichico, ha emozioni, bisogni e
  sentimenti, come le persone normali che
  alimentano speranze di relazioni affettive.
 " Essi, come tutti, nonostante un corpo ’
  brutto ’esprimono il naturale desiderio di
  avere una persona vicino e costruire con
  questa una famiglia”
 Ma spesso abbiamo una certa difficoltà ad
  immaginare e quindi ad accettare questa ’ vita
  sessuale ’ dei disabili.
 Ildisabile può imparare a vivere con serenità
 e responsabilità allo stesso tempo, cessando di
 essere un “eterno bambino” che non ha
 l’occasione di crescere ulteriormente.
 Nel considerare il disabile, non dobbiamo più
 pensare alla sua mancata crescita, ma
 apprendere dalla sua maggiore sensibilità gli
 spunti per far evolvere sia il suo
 comportamento che il nostro.
 Sessualità non equivale a genitalità.
 E questo è per tutti al di là di situazioni
  particolari.
 Allo stesso modo, una persona con
  insufficienza mentale non può far coincidere
  sessualità e genitalità.
 Sessualità vuol dire relazione tra uomini e
  donne…
 Non è un comportamento che rende colpevoli,
  ma può permettere o favorire la realizzazione
  di relazioni affettive
 Anche  per la persona disabile non è sufficiente
 solo il rapporto corporale genitale per
 esprimere il dialogo tra due persone, ma
 occorre un rapporto intersoggettivo con una
 dimensione affettiva più ampia e
 comprendente vari livelli di sensibilità.
    E’ necessario quindi sollecitare, permettere e
    favorire incontri e amicizie, che, a vario livello,
    possano educare la sensibilità affettiva, dato
    che la disabilità, di qualunque tipo sia, non
    presuppone la mancanza di affettività, anzi
    talvolta rivela una particolare disponibilità
    affettiva verso chi lo circonda.
¡  Dimensione riproduttiva
 ¡ Dimensione ludica
 ¡ Dimensione sociale
 ¡ Dimensione semantica
 ¡ Dimensione narrativa
 Tutte  queste dimensioni sono vissute anche
  dalle persone disabili
 Le persone con disabilità hanno una vita
  affettiva che va “coltivata” non repressa.
 Gli interventi dovrebbero promuovere
  “competenze”
 Funzioni  cognitive implicate
 Metacognizione (cosa penso ,capacità di
 riflettere su di sé)
 Teoria della mente (cosa pensa l’altro)
 Mastering (mettere insieme le due cose e
 agire con padronanza
 L’educazione  dovrebbe porsi l’obiettivo di
 insegnare ad esprimere al meglio la propria
 sessualità,definita come un insieme di fattori
 (biologico, affettivo, relazionale e allo stesso
 tempo, creativo, culturale e simbolico) che
 portano la persona a ricercare piacere nel
 rapporto con l’altro.
 Educare   alla sessualità significa imparare a
  capire i messaggi del nostro corpo e quelli
  dell’altro,
 Individuare le potenzialità del nostro essere, i
  confini ma anche gli orizzonti.
 Sessualità è relazione, contatto, desiderio,
  piacere e sofferenza, ma tutto passa attraverso
  il corpo e il suo vissuto
  Essere consapevoli del proprio corpo e di sè
 Per costruire un buon senso di autostima e
  instaurare relazioni interpersonali
  soddisfacenti, dobbiamo essere consapevoli di
  noi stessi, del nostro corpo, dei nostri
  sentimenti e di ciò che apprezziamo di noi
  stessi.
  Le persone con handicap spesso hanno scarsa
  percezione di sé o una visione negativa.
 Lavoro sullo schema corporeo (riconoscere e
  nominare la parti)
 Riflessione sulle differenze corporee
 Utilizzo di codici non verbali per comunicare
  (mimica,prosodia/tono della voce, atti motori)
 Osservare il proprio corpo e quello degli altri
 Comprensione ed espressione delle emozioni
 Avere  cura di se stessi
 Conoscere il proprio corpo e imparare a
  badare ad esso è importante sia per la propria
  salute e per la propria autostima che per la
  salute e il benessere degli altri.
 •Lavoro  sui cambiamenti nella pubertà
  (rassicurazione) e sul passaggio dallo stato di
  bambino ad adulto
 Mestruazioni (che cosa sono e come gestirle)
 Igiene personale
 Toccare ed essere toccati (carezze, abbracci,
  strette…)
 Differenza tra luogo pubblico e privato
  (comportamento)
 Relazioni   interpersonali
 E’ attraverso la comunicazione che
  sviluppiamo delle relazioni interpersonali e,
  tanto più efficacemente comunichiamo, tanto
  più è probabile che le nostre relazioni
  diventino più ricche e gratificanti.
 Le persone con handicap hanno spesso scarse
  abilità di comunicazione e difficoltà nel
  cogliere i segnali sociali
 •Individuazione    di persone importanti
  (genitori, fratelli, amici…)
 •Riflessione sul che cos’è una famiglia
 •Lavoro sui ruoli familiari (per esempio legati
  al genere)
 •Amici (come farsi degli amici, come
  mantenere amicizie,come comportarsi con
  loro, come fare inviti)
 •Imparare a dire di no
 Vivere  la propria sessualità
 La sessualità rappresenta il modo in cui ci
  sentiamo come uomini e donne e come ci
  poniamo in relazione con gli altri, si esprime
  fin dalla nascita,poi nella pubertà e nell’età
  adulta.
 La persone con disabilità spesso non hanno gli
  strumenti per esprimerla
 “Non  vietare ma insegnare”
 •Dare piacere a se stessi (masturbazione)
 •Individuare tempi e luoghi idonei per
  canalizzare le pulsioni sessuali (dove e
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 Diagnosi di Disturbo Autistico ad alto
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 Buona comprensione del linguaggio verbale,
  in espressione utilizzo di frasi nucleari,
  prosodia meccanica e volume alto
 Sguardo sfuggente, alcune aperture sociali
  talvolta inadeguate
 Comportamento     disadattivo:
 Abbraccia indistintamente persone più o
  meno conosciute
 Abbraccia con molta forza o sposta l’altro in
 maniera brusca affinché la posizione
  dell’abbraccio corrisponda a quella a lui
  conosciuta.
 Intervento:
 Costruzione di una storia sociale
  sull’abbraccio (come, quando e chi)
“Un Io che non ha la possibilità è
disperato e altrettanto disperato
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                    Kierkegard
Grazie !

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  • 2. pubblicò la "Classificazione Internazionale delle Menomazioni, delle Disabilità e degli Svantaggi Esistenziali". Essa distingueva tre livelli:  Menomazione, intendendo qualsiasi perdita o anomalia permanente a carico di una struttura anatomica o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica (esteriorizzazione)  Disabilità, intendendo qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un'attività di base (quale camminare, mangiare, lavorare) nel modo o nell'ampiezza considerati normali per un essere umano (oggettivazione)  Handicap si intende la condizione di svantaggio, conseguente ad una menomazione o ad una disabilità, che in un certo soggetto limita o impedisce l'adempimento di un ruolo sociale considerato normale in relazione all'età, al sesso, al contesto socio-culturale della persona (socializzazione).
  • 3. ha pubblicato la nuova “Classificazione Internazionale delle Menomazioni, delle Attività personali (ex-Disabilità) e della Partecipazione sociale (ex handicap o svantaggio esistenziale)“
  • 4. Vengono ridefiniti due dei tre concetti portanti che caratterizzano un processo morboso: • la sua esteriorizzazione: menomazione • l'oggettivazione: non più disabilità ma attività personali • le conseguenze sociali: non più handicap o svantaggio ma diversa partecipazione sociale.
  • 5. con attività personali si considerano le limitazioni di natura, durata e qualità che una persona subisce nelle proprie attività, a qualsiasi livello di complessità, a causa di una menomazione strutturale o funzionale. Sulla base di questa definizione ogni persona è diversamente abile.  con partecipazione sociale si considerano le restrizioni di natura, durata e qualità che una persona subisce in tutte le aree o gli aspetti della propria vita (sfere) a causa dell’interazione fra le menomazioni, le attività ed i fattori contestuali.
  • 6. La legge 104/92, nel riordinare in senso generale l'assistenza, ha posto al centro del progetto il recupero non solo funzionale ma anche sociale della persona . Recupero che vede come perno l'integrazione nella famiglia e nella scuola ma anche e soprattutto l'integrazione nel lavoro. Per ottenere questi risultati viene operata una valorizzazione delle capacità residue generali e delle potenzialità lavorative rimanenti. In sintesi lo scopo della L. 104 è quello di definire il comportamento dello Stato nei confronti dei portatori di handicap, prendendo coscienza della globalità della e della “complessità” delle situazioni legate all’handicap.
  • 7. L‘ adolescenza dei figli L'emancipazione dei genitori La nascita dei figli dai figli Il pensionamento Il matrimonio (convivenza) La morte Il corteggiamento
  • 8. Approfondire il tema delle dinamiche e dei vissuti di una famiglia con figlio portatore di handicap è certamente un compito impegnativo. Prima di esaminare quali sono i principali problemi è utile premettere brevemente alcuni punti di riferimento teorici che orientano il nostro agire: 1. Sappiamo che ogni ingresso di un nuovo venuto (ad es. un figlio) modifica la rete dei rapporti precedenti. Nel caso dell’arrivo di un soggetto con handicap, la modificazione è più consistente, fino a poter stravolgere del tutto l’equilibrio precedente. Dopo l’avvento dell’handicap, il gruppo famiglia ed i parenti ad esso legato non sono più i medesimi.
  • 9. 2. Altro elemento da considerare è quello dei “giochi familiari”, ossia l’insieme delle scelte e rifiuti tra i membri della famiglia, e quindi le alleanze che più o meni consapevolmente costituiscono gli aspetti organizzativi della vita familiare. Nelle famiglie con handicap questi “giochi” nascondono spesso significati profondi: è importante osservare chi si fa carico del figlio con problemi e chi viceversa aumenta, dopo il suo arrivo, gli impegni fuori casa, chi della famiglia estesa è richiamata al nucleo, ecc.
  • 10.  La disabilità in sé non ostacola assolutamente il fare sesso; quello che ostacola è la cultura dominante  La sessualità della persona disabile, non è una sessualità speciale, diversa da quella degli altri esseri umani: diverso è il modo di concretizzarla, a causa dei limiti funzionali del corpo.
  • 11.  Perchi ha disabilità fisica pudore e vergogna di esporre il proprio corpo malformato, timore che in futuro si possa essere abbandonati dalla partner/dal partner;  Impossibilità fisica di frequentare l’altro a causa di barriere architettoniche, timore di non soddisfarlo sessualmente, genitori che ostacolano il rapporto e la costruzione di una famiglia.
  • 12.  Spessoabbiamo una certa difficoltà ad immaginare e quindi ad accettare questa ’ vita sessuale ’ dei disabili.
  • 13. Per chi ha disabilità mentale invece l’ostacolo maggiore è rappresentato dalle famiglie;  Occorre parlare non di diritto alla sessualità ma di diritto ad esercitarla.
  • 14.  Le prime rivendicazioni sul diritto alla vita sessuale sono state avanzate dai soggetti con handicap fisico che hanno sostenuto studi e ricerche.  Certamente un handicap fisico può limitare la possibilità di usare il proprio corpo compromettendo lo sviluppo di una vita sessuale.
  • 15.  Tuttavia ogni portatore di handicap, sia fisico che psichico, ha emozioni, bisogni e sentimenti, come le persone normali che alimentano speranze di relazioni affettive.  " Essi, come tutti, nonostante un corpo ’ brutto ’esprimono il naturale desiderio di avere una persona vicino e costruire con questa una famiglia”  Ma spesso abbiamo una certa difficoltà ad immaginare e quindi ad accettare questa ’ vita sessuale ’ dei disabili.
  • 16.  Ildisabile può imparare a vivere con serenità e responsabilità allo stesso tempo, cessando di essere un “eterno bambino” che non ha l’occasione di crescere ulteriormente.  Nel considerare il disabile, non dobbiamo più pensare alla sua mancata crescita, ma apprendere dalla sua maggiore sensibilità gli spunti per far evolvere sia il suo comportamento che il nostro.
  • 17.  Sessualità non equivale a genitalità.  E questo è per tutti al di là di situazioni particolari.  Allo stesso modo, una persona con insufficienza mentale non può far coincidere sessualità e genitalità.  Sessualità vuol dire relazione tra uomini e donne…  Non è un comportamento che rende colpevoli, ma può permettere o favorire la realizzazione di relazioni affettive
  • 18.  Anche per la persona disabile non è sufficiente solo il rapporto corporale genitale per esprimere il dialogo tra due persone, ma occorre un rapporto intersoggettivo con una dimensione affettiva più ampia e comprendente vari livelli di sensibilità.
  • 19. E’ necessario quindi sollecitare, permettere e favorire incontri e amicizie, che, a vario livello, possano educare la sensibilità affettiva, dato che la disabilità, di qualunque tipo sia, non presuppone la mancanza di affettività, anzi talvolta rivela una particolare disponibilità affettiva verso chi lo circonda.
  • 20. ¡ Dimensione riproduttiva  ¡ Dimensione ludica  ¡ Dimensione sociale  ¡ Dimensione semantica  ¡ Dimensione narrativa
  • 21.  Tutte queste dimensioni sono vissute anche dalle persone disabili  Le persone con disabilità hanno una vita affettiva che va “coltivata” non repressa.  Gli interventi dovrebbero promuovere “competenze”
  • 22.  Funzioni cognitive implicate  Metacognizione (cosa penso ,capacità di riflettere su di sé)  Teoria della mente (cosa pensa l’altro)  Mastering (mettere insieme le due cose e agire con padronanza
  • 23.  L’educazione dovrebbe porsi l’obiettivo di insegnare ad esprimere al meglio la propria sessualità,definita come un insieme di fattori (biologico, affettivo, relazionale e allo stesso tempo, creativo, culturale e simbolico) che portano la persona a ricercare piacere nel rapporto con l’altro.
  • 24.  Educare alla sessualità significa imparare a capire i messaggi del nostro corpo e quelli dell’altro,  Individuare le potenzialità del nostro essere, i confini ma anche gli orizzonti.  Sessualità è relazione, contatto, desiderio, piacere e sofferenza, ma tutto passa attraverso il corpo e il suo vissuto
  • 25.  Essere consapevoli del proprio corpo e di sè  Per costruire un buon senso di autostima e instaurare relazioni interpersonali soddisfacenti, dobbiamo essere consapevoli di noi stessi, del nostro corpo, dei nostri sentimenti e di ciò che apprezziamo di noi stessi.
  • 26.  Le persone con handicap spesso hanno scarsa percezione di sé o una visione negativa.  Lavoro sullo schema corporeo (riconoscere e nominare la parti)  Riflessione sulle differenze corporee  Utilizzo di codici non verbali per comunicare (mimica,prosodia/tono della voce, atti motori)  Osservare il proprio corpo e quello degli altri  Comprensione ed espressione delle emozioni
  • 27.  Avere cura di se stessi  Conoscere il proprio corpo e imparare a badare ad esso è importante sia per la propria salute e per la propria autostima che per la salute e il benessere degli altri.
  • 28.  •Lavoro sui cambiamenti nella pubertà (rassicurazione) e sul passaggio dallo stato di bambino ad adulto  Mestruazioni (che cosa sono e come gestirle)  Igiene personale  Toccare ed essere toccati (carezze, abbracci, strette…)  Differenza tra luogo pubblico e privato (comportamento)
  • 29.  Relazioni interpersonali  E’ attraverso la comunicazione che sviluppiamo delle relazioni interpersonali e, tanto più efficacemente comunichiamo, tanto più è probabile che le nostre relazioni diventino più ricche e gratificanti.  Le persone con handicap hanno spesso scarse abilità di comunicazione e difficoltà nel cogliere i segnali sociali
  • 30.  •Individuazione di persone importanti (genitori, fratelli, amici…)  •Riflessione sul che cos’è una famiglia  •Lavoro sui ruoli familiari (per esempio legati al genere)  •Amici (come farsi degli amici, come mantenere amicizie,come comportarsi con loro, come fare inviti)  •Imparare a dire di no
  • 31.  Vivere la propria sessualità  La sessualità rappresenta il modo in cui ci sentiamo come uomini e donne e come ci poniamo in relazione con gli altri, si esprime fin dalla nascita,poi nella pubertà e nell’età adulta.  La persone con disabilità spesso non hanno gli strumenti per esprimerla
  • 32.  “Non vietare ma insegnare”  •Dare piacere a se stessi (masturbazione)  •Individuare tempi e luoghi idonei per canalizzare le pulsioni sessuali (dove e quando)  •Prendere decisioni sessuali  •Che cos’è un rapporto sessuale
  • 33.  Giorgio 17 anni  Diagnosi di Disturbo Autistico ad alto funzionamento  Istituto professionale, Progetto POI, centro educativo territoriale  Buona comprensione del linguaggio verbale, in espressione utilizzo di frasi nucleari, prosodia meccanica e volume alto  Sguardo sfuggente, alcune aperture sociali talvolta inadeguate
  • 34.  Comportamento disadattivo:  Abbraccia indistintamente persone più o meno conosciute  Abbraccia con molta forza o sposta l’altro in  maniera brusca affinché la posizione dell’abbraccio corrisponda a quella a lui conosciuta.  Intervento:  Costruzione di una storia sociale sull’abbraccio (come, quando e chi)
  • 35. “Un Io che non ha la possibilità è disperato e altrettanto disperato è un Io che non ha necessità” Kierkegard