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Prospettive ed efficacia
del Viral Marketing
Quando il marketing Non Convenzionale interseca le reti sociali digitali.
Elaborato di gruppo realizzato da:
Carnevali Simone
Correa Ortega Cristóbal André
Una definizione operativa
Con l‟espressione «Marketing Virale» si fa riferimento ad una tecnica non
convenzionale di marketing basata sullo sfruttamento di processi virali
eidetici e mentali che autoreplicandosi attraverso strutture sociali
preesistenti riescono a diffondersi esponenzialmente, coadiuvati
generalmente dal supporto di reti digitali, al fine di raggiungere determinati
obbiettivi strategici di marketing, quali ad esempio maggiore «Brand
awarness» o un boost delle vendite.
Cenni storici
 Origini e significato del termine
Il concetto di viralità applicato a un‟idea o un comportamento non nasce inizialmente in
un ambiente di marketing, ma in seno ad una protoscienza interdisciplinare molto in voga
negli anni „90, la Memetica, che individuava nel meme un‟ unita di informazione auto-
propagantesi da persona a persona.
La calzante analogia viene presto fatta propria dai guru del marketing e sviluppata sotto
tale luce. Il termine viene reso popolare grazie ad articola quali «The Virus of Marketing»
(Rayport, Jeffrey 1996) e nella descrizione dell‟esplosivo successo virale ottenuto dal
servizio Hotmail di Microsoft (Tim Draper, Steve Jurvetson 1997)
Il critico mediatico Doug Rushkoff è tra i primi ad analizzare il fenomeno espandendo
ulteriormente la metafora virale in senso biologico, con riferimenti epidemiologici al tasso
riproduttivo di crescita, l‟andamento esponenziale della curva di diffusione etc, e
culturali, relativamente all‟influenza mediatica e agli effetti sociali legati alla
manipolazione di questi “media viruses” (Media Virus! Hidden Agendas in Popular Culture,
Rushkoff 1996)
Nel 2004 Bob Gerstley sfrutta all‟interno di una ricerca sui metodi quantitative di analisi
una serie di algoritimi con cui individuare individui dotati di elevato SNP, ovvero gli “alpha
user” in grado di influenzare maggiormente la diffusione del messaggio virale.
Ad oggi il fenomeno del V.M. è ampiamente riconsciuto all‟interno dell‟ ambiente di
marketing come altamente rappresentativo dei nuovi approcci digitali al mercato e
oggetto di studi a riguardo.
I sei principi di Wilson
Offre servizi o prodotti gratuiti
E' facile da trasferire ad altri (amici e conoscenti)
Sfrutta motivazioni e comportamenti comuni
Utilizza le reti di comunicazione usate attualmente
Deve essere facilmente scalabile
Approfitta delle risorse degli altri
Il Viral Marketing:
Metodologia
 Strumenti di diffusione sfruttabili: Social Network, piattaforme di
condivisione mediatica, gruppi relazionali stabili e già ben definiti.
 Modalità di presentazione: Video, immagine con captions (brevi frasi
contestuali), slogan, giochi di parole, jingle musicali, arredamento urbano...
 Caratteristiche che ne favoriscano la viralità: Curioso, strano, inconsueto, che
inspiri schock, affetto, interesse, ribrezzo. In generale, qualsiasi emozione in
grado di stimolare l‟interesse di una persona.
 Luogo di posizionamente più efficace per dare il via al fenomeno: Centro
urbano di grandi dimensioni, snodi virtuali frequentati, boards e forum ad alto
numero di utenti e frequentazione.
Obbiettivi e Vantaggi
Generare effetto virale e passaparola
Diffondere brand awarness
Ottenere una condivisione
spontanea
Risparmio economico e di tempo
Maggior volume di vendite
Costruzione di una
relazione stabile con il
cliente
Quando una campagna di V.M. ha successo?
Che obbiettivi si prefigge. Quali vantaggi ne trae.
Il caso Blendtec
Il Viral nella ricerca del sorprendente e dell‟ inconsueto
 Background dell‟ azienda
Blendtec è una compagnia americana fondata nel 1975 da Tom Dickson, con sede nello
Utah. Impiega circa 180 dipendenti nella produzione di frullatori domestici e
professionali, destinati tanto al grande pubblico quanto agli esercizi specializzati.
Sebbene oggi vanti un discreto successo, nonostante le ridotte dimensioni, fino a
qualche anno fa si presentava come un‟ azienda dai prodotti di qualità ma dalla marca
decisamente sconosciuta, cioè una “hidden brand”. La sua produzione era indirizzata al
mercato di nicchia dei piccoli esercizi commerciali del settore alimentare, un‟ area ben
lontana dalle aspirazioni del CEO, desideroso di orientarsi verso i “consumers”, I
consumatori domestici. La svolta giunse con il neo-assunto direttore del marketing
George Wright che, come si racconta, notando la segatura residua dei materiali testati
nei frullatori dallo stesso Dickson, ebbe l‟intuizione di mostrare in tempo reale le
potenzialità della macchina, tramite una serie di video trasmessi attraverso il noto
canale digitale YouTube.
Blendtec HQ con sede a Orem, Utah negli USA
Will it Blend?
«That is the question»
Il CEO di Blendtec Tom Dickson mostra le potenzialità dei suoi frullatori
distruggendo un iPhone in uno dei video più celebri dell‟intera campagna
«Will it blend?».
Un brand in crescita
Dati estrapolati da GoogleTrends relativi ai volumi di ricerca nel motore
omonimo dei termini «Blendtec» e «Will it blend».
Blendtec, Apple e...
Canale YouTube “Will It Blend?–iPod”14/12/06 Canale YouTube “Will It Blend?-iPad” 5/04/10
Canale YouTube «Will It Blend?-iPhone» 10/07/07
Il successo e...
Copertura mediatica
 Giornali: le principali testate giornalistiche
degli Stati Uniti, tra cui Wall Street Journal e
Business Week, si sono occupate del
fenomeno.
 Televisione: i video dell‟azienda sono stati
mostrati in più di 10 canali televisivi diversi
negli Stati Uniti tra cui CBC, NBC, FOX e
Discovery Channel.
 Altro: Partecipazione a incontri e
conferenze, interviste su tutti i media
tradizionali, citati e inclusi in libri, articoli,
pubblicazioni, blogs etc., eventi co-
promozionali…
 Consapevolezza e reputazione: tramite la
campagna, il marchio Blendtec è conosciuto
oggi in tutto il mondo.
Introiti
 Un aumento dei profitti pari al 700% nel
corso di quattro anni.
 Advertising: ricavi per oltre 50.000$
provengono dai collegamenti pubblicitari
inseriti nei video pubblicati sulla piattaforma
Revver; altri ricavi provengono dalle imprese
che spendono in media 5.000$ per richiedere
l‟inserimento di un proprio link pubblicitario
all‟interno dei video di Blendtec.
 Merchandising: il merchandising ufficiale
“Will it blend?” genera ricavi dalla vendita di
tazze, t-shirt e dvd con i loghi dell‟azienda e
della campagna.
 Prodotti di altre imprese: alcune imprese
offrono denaro per fare in modo che i propri
prodotti vengano utilizzati per i video della
campagna “Will it blend?”
Cosa Blendtec ha conseguito grazie ai suoi sforzi
...Le sue motivazioni
Allineamento
della
campagna
alla strategia
e al brand
Coinvolgi
mento dei
clienti
Senso di
autenticità
Creazione
di un
valido
contenuto
«buzz»
Riferimenti
alla cultura
popolare
La scelta della campagna e del contenuto
virale non possono presentarsi come fini a se‟
stesse bensì in risonanza con gli obbiettivi
strategici dell‟ azienda.
Cercare modi creativi di coinvolgere i clienti nei
processi stessi di produzione e diffusione del
messaggio modifica la loro percezione del
prodotto in termini molto positivi.
La partecipazione diretta dei dipendenti della
azienda, specie se in veste più informale,
contribuisce a ridurre la distanza e il senso di
artificiosità che spesso contraddistingue i
contenuti pubblicitari.
Un fattore forse più soggetto all‟
imprevedibilità delle reazioni umane, ma
che deve comunque stimolare alla ricerca
di risposte creative e originali ai bisogni di
intrattenimento della gente.
Il richiamo a personaggi, situazioni ed
eventi della cultura popolare attira
l‟attenzione dei fan e migliora la
visibilità del prodotto.
Raggiungere l‟utente
 Cross-promotion e social media map
Il prodotto
o l‟azienda
I partners
I
memi
I
competitori
Cross promotion
La mappa dei social media e la loro integrazione a supporto dell‟ attività di marketing.
Cosa insegna il caso Blendtec
 Fornitori di contenuti piuttosto che ostacolatori
“…Now we‟re finding that, with the
new tools, companies can
become content producers, content
producers through free
distribution channels. The world is
now open for people to put out
wonderful, fun, engaging messages,
instead of interrupting other
people‟s schedules through
advertising.”
«Ora scopriamo che, con questi nuovi strumenti, le compagnie possono diventare produttori di
contenuti, produttori di contenuti attraverso i canali di distribuzione gratuita. Il mondo è ora a
aperto a persone che esprimano messaggi meravigliosi, divertenti e coinvolgenti invece di
ostacolare le attività della gente tramite la pubblicità»
Liberamente tratto da un‟ intervista a George Wright su YouTube
Sempre e solo rosei risultati?
 I rischi celati dietro il Viral Marketing
Campagna
fallimentare
Malinterpretazi
one della Curva
Virale
Awarness
non
garantisce
il profitto
Incomprensione
del seeding
«Blown
out cover»
e Perdita
di fiducia
Per concludere
 Nella nostra società postmoderna, sempre più digitalmente interconessa e portata
all‟ interazione via telematica, nuove forme comunicative si rendono
favorevolmente efficaci nella diffusione di messaggi pubblicitari. Sebbene, almeno
non nell‟ immediato, esse non si pongano in diretta concorrenza con le tecniche
promozionali tradizionali, ma le integrino e supportino tramite le potenzialità
delle reti digitali, non vanno tuttavia neppure considerate come fenomeni
transitori e periferici. Al contrario, facendo dell‟ impulso creativo, della
dimensione esperienziale, dell‟ elemento creativo e coinvolgente i loro punti di
forza, si configurano come processi estremamente duttili ed adattabili, sempre
alla ricerca di nuove forme evolutive in grado di inserirsi dinamicamente e
attivamente nella sfera degli interessi umani.
Il fenomeno del marketing virale non è dunque altro se non la manifestazione
concreta delle potenzialità tecniche e creative che nascono dall‟ incontro di reti
sociali digitali con contenuti memetici capaci di stimolare la perenne curiosità umana.
Le fonti
Bibliografia
• Fondamenti di Marketing, seconda edizione Jim Blythe, Elena
Cedrola, Pearson Prentice Hall, Milano-Torino, 2010
Sitografia:
• http://en.wikipedia.org/wiki/Main_Page
• http://www.marketinginformatico.it/viral_marketing.php
• http://www.smartfeeling.org/blog/2009/08/come-posso-utilizzare-i-social-
media-per-il-mio-business
• http://economiacomportamentale.wordpress.com/marketing-virale/
• http://www.mercatoglobale.com/web-marketing/marketing-virale-come-
strumento-di-promozione-online
• http://www.socialens.com/wp-
content/uploads/2009/04/20090127_case_blendtec11.pdf
• http://www.nolimitmarketing.it/blendtec-e-la-campagna-will-it-blend/
• http://viralmarketingrisks.blogspot.it/
• http://www.nuovomarketing.altervista.org/viralmarketing.htm
• Presentazione realizzata con Microsoft PowerPoint 2013
• Immagini reperite tramite GoogleImmagini e proprietà dei rispettivi
owner.

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Prospettive ed efficacia del Viral Marketing

  • 1. Prospettive ed efficacia del Viral Marketing Quando il marketing Non Convenzionale interseca le reti sociali digitali. Elaborato di gruppo realizzato da: Carnevali Simone Correa Ortega Cristóbal André
  • 2. Una definizione operativa Con l‟espressione «Marketing Virale» si fa riferimento ad una tecnica non convenzionale di marketing basata sullo sfruttamento di processi virali eidetici e mentali che autoreplicandosi attraverso strutture sociali preesistenti riescono a diffondersi esponenzialmente, coadiuvati generalmente dal supporto di reti digitali, al fine di raggiungere determinati obbiettivi strategici di marketing, quali ad esempio maggiore «Brand awarness» o un boost delle vendite.
  • 3. Cenni storici  Origini e significato del termine Il concetto di viralità applicato a un‟idea o un comportamento non nasce inizialmente in un ambiente di marketing, ma in seno ad una protoscienza interdisciplinare molto in voga negli anni „90, la Memetica, che individuava nel meme un‟ unita di informazione auto- propagantesi da persona a persona. La calzante analogia viene presto fatta propria dai guru del marketing e sviluppata sotto tale luce. Il termine viene reso popolare grazie ad articola quali «The Virus of Marketing» (Rayport, Jeffrey 1996) e nella descrizione dell‟esplosivo successo virale ottenuto dal servizio Hotmail di Microsoft (Tim Draper, Steve Jurvetson 1997) Il critico mediatico Doug Rushkoff è tra i primi ad analizzare il fenomeno espandendo ulteriormente la metafora virale in senso biologico, con riferimenti epidemiologici al tasso riproduttivo di crescita, l‟andamento esponenziale della curva di diffusione etc, e culturali, relativamente all‟influenza mediatica e agli effetti sociali legati alla manipolazione di questi “media viruses” (Media Virus! Hidden Agendas in Popular Culture, Rushkoff 1996) Nel 2004 Bob Gerstley sfrutta all‟interno di una ricerca sui metodi quantitative di analisi una serie di algoritimi con cui individuare individui dotati di elevato SNP, ovvero gli “alpha user” in grado di influenzare maggiormente la diffusione del messaggio virale. Ad oggi il fenomeno del V.M. è ampiamente riconsciuto all‟interno dell‟ ambiente di marketing come altamente rappresentativo dei nuovi approcci digitali al mercato e oggetto di studi a riguardo.
  • 4. I sei principi di Wilson Offre servizi o prodotti gratuiti E' facile da trasferire ad altri (amici e conoscenti) Sfrutta motivazioni e comportamenti comuni Utilizza le reti di comunicazione usate attualmente Deve essere facilmente scalabile Approfitta delle risorse degli altri Il Viral Marketing:
  • 5. Metodologia  Strumenti di diffusione sfruttabili: Social Network, piattaforme di condivisione mediatica, gruppi relazionali stabili e già ben definiti.  Modalità di presentazione: Video, immagine con captions (brevi frasi contestuali), slogan, giochi di parole, jingle musicali, arredamento urbano...  Caratteristiche che ne favoriscano la viralità: Curioso, strano, inconsueto, che inspiri schock, affetto, interesse, ribrezzo. In generale, qualsiasi emozione in grado di stimolare l‟interesse di una persona.  Luogo di posizionamente più efficace per dare il via al fenomeno: Centro urbano di grandi dimensioni, snodi virtuali frequentati, boards e forum ad alto numero di utenti e frequentazione.
  • 6. Obbiettivi e Vantaggi Generare effetto virale e passaparola Diffondere brand awarness Ottenere una condivisione spontanea Risparmio economico e di tempo Maggior volume di vendite Costruzione di una relazione stabile con il cliente Quando una campagna di V.M. ha successo? Che obbiettivi si prefigge. Quali vantaggi ne trae.
  • 7. Il caso Blendtec Il Viral nella ricerca del sorprendente e dell‟ inconsueto
  • 8.  Background dell‟ azienda Blendtec è una compagnia americana fondata nel 1975 da Tom Dickson, con sede nello Utah. Impiega circa 180 dipendenti nella produzione di frullatori domestici e professionali, destinati tanto al grande pubblico quanto agli esercizi specializzati. Sebbene oggi vanti un discreto successo, nonostante le ridotte dimensioni, fino a qualche anno fa si presentava come un‟ azienda dai prodotti di qualità ma dalla marca decisamente sconosciuta, cioè una “hidden brand”. La sua produzione era indirizzata al mercato di nicchia dei piccoli esercizi commerciali del settore alimentare, un‟ area ben lontana dalle aspirazioni del CEO, desideroso di orientarsi verso i “consumers”, I consumatori domestici. La svolta giunse con il neo-assunto direttore del marketing George Wright che, come si racconta, notando la segatura residua dei materiali testati nei frullatori dallo stesso Dickson, ebbe l‟intuizione di mostrare in tempo reale le potenzialità della macchina, tramite una serie di video trasmessi attraverso il noto canale digitale YouTube. Blendtec HQ con sede a Orem, Utah negli USA
  • 9. Will it Blend? «That is the question» Il CEO di Blendtec Tom Dickson mostra le potenzialità dei suoi frullatori distruggendo un iPhone in uno dei video più celebri dell‟intera campagna «Will it blend?».
  • 10. Un brand in crescita Dati estrapolati da GoogleTrends relativi ai volumi di ricerca nel motore omonimo dei termini «Blendtec» e «Will it blend».
  • 11. Blendtec, Apple e... Canale YouTube “Will It Blend?–iPod”14/12/06 Canale YouTube “Will It Blend?-iPad” 5/04/10 Canale YouTube «Will It Blend?-iPhone» 10/07/07
  • 12. Il successo e... Copertura mediatica  Giornali: le principali testate giornalistiche degli Stati Uniti, tra cui Wall Street Journal e Business Week, si sono occupate del fenomeno.  Televisione: i video dell‟azienda sono stati mostrati in più di 10 canali televisivi diversi negli Stati Uniti tra cui CBC, NBC, FOX e Discovery Channel.  Altro: Partecipazione a incontri e conferenze, interviste su tutti i media tradizionali, citati e inclusi in libri, articoli, pubblicazioni, blogs etc., eventi co- promozionali…  Consapevolezza e reputazione: tramite la campagna, il marchio Blendtec è conosciuto oggi in tutto il mondo. Introiti  Un aumento dei profitti pari al 700% nel corso di quattro anni.  Advertising: ricavi per oltre 50.000$ provengono dai collegamenti pubblicitari inseriti nei video pubblicati sulla piattaforma Revver; altri ricavi provengono dalle imprese che spendono in media 5.000$ per richiedere l‟inserimento di un proprio link pubblicitario all‟interno dei video di Blendtec.  Merchandising: il merchandising ufficiale “Will it blend?” genera ricavi dalla vendita di tazze, t-shirt e dvd con i loghi dell‟azienda e della campagna.  Prodotti di altre imprese: alcune imprese offrono denaro per fare in modo che i propri prodotti vengano utilizzati per i video della campagna “Will it blend?” Cosa Blendtec ha conseguito grazie ai suoi sforzi
  • 13. ...Le sue motivazioni Allineamento della campagna alla strategia e al brand Coinvolgi mento dei clienti Senso di autenticità Creazione di un valido contenuto «buzz» Riferimenti alla cultura popolare La scelta della campagna e del contenuto virale non possono presentarsi come fini a se‟ stesse bensì in risonanza con gli obbiettivi strategici dell‟ azienda. Cercare modi creativi di coinvolgere i clienti nei processi stessi di produzione e diffusione del messaggio modifica la loro percezione del prodotto in termini molto positivi. La partecipazione diretta dei dipendenti della azienda, specie se in veste più informale, contribuisce a ridurre la distanza e il senso di artificiosità che spesso contraddistingue i contenuti pubblicitari. Un fattore forse più soggetto all‟ imprevedibilità delle reazioni umane, ma che deve comunque stimolare alla ricerca di risposte creative e originali ai bisogni di intrattenimento della gente. Il richiamo a personaggi, situazioni ed eventi della cultura popolare attira l‟attenzione dei fan e migliora la visibilità del prodotto.
  • 14. Raggiungere l‟utente  Cross-promotion e social media map Il prodotto o l‟azienda I partners I memi I competitori Cross promotion La mappa dei social media e la loro integrazione a supporto dell‟ attività di marketing.
  • 15. Cosa insegna il caso Blendtec  Fornitori di contenuti piuttosto che ostacolatori “…Now we‟re finding that, with the new tools, companies can become content producers, content producers through free distribution channels. The world is now open for people to put out wonderful, fun, engaging messages, instead of interrupting other people‟s schedules through advertising.” «Ora scopriamo che, con questi nuovi strumenti, le compagnie possono diventare produttori di contenuti, produttori di contenuti attraverso i canali di distribuzione gratuita. Il mondo è ora a aperto a persone che esprimano messaggi meravigliosi, divertenti e coinvolgenti invece di ostacolare le attività della gente tramite la pubblicità» Liberamente tratto da un‟ intervista a George Wright su YouTube
  • 16. Sempre e solo rosei risultati?  I rischi celati dietro il Viral Marketing Campagna fallimentare Malinterpretazi one della Curva Virale Awarness non garantisce il profitto Incomprensione del seeding «Blown out cover» e Perdita di fiducia
  • 17. Per concludere  Nella nostra società postmoderna, sempre più digitalmente interconessa e portata all‟ interazione via telematica, nuove forme comunicative si rendono favorevolmente efficaci nella diffusione di messaggi pubblicitari. Sebbene, almeno non nell‟ immediato, esse non si pongano in diretta concorrenza con le tecniche promozionali tradizionali, ma le integrino e supportino tramite le potenzialità delle reti digitali, non vanno tuttavia neppure considerate come fenomeni transitori e periferici. Al contrario, facendo dell‟ impulso creativo, della dimensione esperienziale, dell‟ elemento creativo e coinvolgente i loro punti di forza, si configurano come processi estremamente duttili ed adattabili, sempre alla ricerca di nuove forme evolutive in grado di inserirsi dinamicamente e attivamente nella sfera degli interessi umani. Il fenomeno del marketing virale non è dunque altro se non la manifestazione concreta delle potenzialità tecniche e creative che nascono dall‟ incontro di reti sociali digitali con contenuti memetici capaci di stimolare la perenne curiosità umana.
  • 18. Le fonti Bibliografia • Fondamenti di Marketing, seconda edizione Jim Blythe, Elena Cedrola, Pearson Prentice Hall, Milano-Torino, 2010 Sitografia: • http://en.wikipedia.org/wiki/Main_Page • http://www.marketinginformatico.it/viral_marketing.php • http://www.smartfeeling.org/blog/2009/08/come-posso-utilizzare-i-social- media-per-il-mio-business • http://economiacomportamentale.wordpress.com/marketing-virale/ • http://www.mercatoglobale.com/web-marketing/marketing-virale-come- strumento-di-promozione-online • http://www.socialens.com/wp- content/uploads/2009/04/20090127_case_blendtec11.pdf • http://www.nolimitmarketing.it/blendtec-e-la-campagna-will-it-blend/ • http://viralmarketingrisks.blogspot.it/ • http://www.nuovomarketing.altervista.org/viralmarketing.htm • Presentazione realizzata con Microsoft PowerPoint 2013 • Immagini reperite tramite GoogleImmagini e proprietà dei rispettivi owner.

Hinweis der Redaktion

  1. Diversamente da quanto può apparire dalla definizione che così abbiamo voluto sintetizzare, quella del Viral Marketing non è un’ esperienza astratta e strettamente riducibile alla dimensione commerciale e pubblicitaria, bensì la diretta concretizzazione di una delle più caratteristiche peculiarità umane, ossia la tendenza alla socializzazione e alla comunicazione. All’ interno di un ambiente di marketing teso alla definizione di forme comunicative, pubblicitarie e promozionali sempre più rigorosamente e scientifcamente studiate per raggiungere il singolo individuo in una prospettiva verticale, l’apporto che può fornire l’individuo stesso può apparire decisamente trascurabile. Tuttavia, proprio in virtù della connaturata capacità comunicativa e relazionale umana, anche una singola opinione puo’ propagarsi a macchia d’olio, raggiungendo, contaminando e modificando la visione di altri individui: l’assetto mentale e cognitivo umano è infatti assai plastico, pur nell’apparente rigidità, e decisamente pronto a farsi influenzare nel e dall’ ambiente sociale di appartenzenza.La forma più elementare di comunicazione interattiva capace, in un’ ottica di marketing, di indirizzare un comportamento d’acquisto è il passaparola. E’ una forma di confronto dialogica, in grado di mettere in gioco punti di vista differenti, stimolare una valutazione del prodotto, fornire feedbacks e conferme. Essendo il tutto inoltre proveniente da fonti percepite come disinteressate (e quindi più affidabili) fa si che il passaparola possa essere considerato come una delle più efficaci forme di comunicazione commerciale... Ma anche una delle più imprevedibile. Per sua stessa definizione è un atto volatile ed estremamente instabile, imprevedibile da parte di un tecnico del marketing così come difficilmente controllabile, nonchè dai rischi potenzialmente devastanti, dal momento che «i clienti insoddisfatti comunicano la loro impressione negativa a una cerchia di persone tre volte più numerosa rispetto ai clienti soddisfatti» (Blythe, Cedrola 2010). Un fattore dunque che a causa della sua insiodiosa pericolosità non può essere trascurato nell’ elaborazione di un marketing mix efficace. E’ tuttavia possibile, se non controllare, almeno tentare di sfruttare queste reti sociali di comunicazione che, già esistenti e collaudate nella vita quotidiana, sono in grado di diffondere cosi’ efficientemente e profondamente un’ idea, un valore, o... L’opinione verso un prodotto? Può, e in che modalità e con quali mezzi, una forma di espressione creativa e inconsueta veicolare un messaggio virale in grado di sfruttare queste reti nonchè di stimolare l’intrinseca caratteristica umana di essere un produttore ( e un consumatore) di significati simbolici? E’, infine, possibile sfruttarla efficacemente in una dimensione di marketing?Attraverso questo percorso cercheremo di dare una risposta a questi quesiti, mostrando nel contempo le potenzialità della diffusione virale di un messaggio.
  2. -La memetica è una teoria relativa al contenuto mentale che offre un approccio evolutivo ai modelli di trasmissione culturale di informazioni. Nasce nel 1976 con il libro The Selfish Gene di Richard Dawkins, un biologoevoluzionista.Essaindividuanel “meme” (terminederivato dal suoanalogobiologico, il gene) un’ unitàculturaletrasmissibile da un “ospite” ad un altro, adattandosiedevolvendosi secondo processiassimilabilialleteorieevoluzionistiche. Questa unitàinformativadeterminerebbenelsuopropagarsi e “mutarsi” l’evoluzioneculturaleumana. Si tratta di unateoriachecausògrandidibattiti, specie relative allascarsachiarezza circa le modalità operative del fenomeno, ma checiononostantesioffrì come unastimolantealternativamultidisciplinarealleteorie di trasmissione di informazionipiùclassiche, tanto da influenzarepesantementeancoraoggimodelliconcettualmentemenoviciniallapurapsicologiadellacomunicazione, come appunto la teoria del marketing virale.-Quello di Hotmail rappresenta forse il primo caso di V.M. della storia. Nel 1997, quando ancora l’uso delle email era prettamente sconosciuto all’utente medio, il provider Hotmail si propose di inserire in coda a ogni lettera inviata un breve messaggio «Ps: Get your free e-mail account at www.hotmail.com» con un link indirizzante al sitostesso, fornendocosì un’ agevole mezzo di accesso al servizio. Attrattidall’ elementogratuito e dallasemplicità di iscrizionegliutenti non tardarono ad adottareilnuovo provider, diventandolorostessifontegeneratrice di nuove emails verso potenzialinuoviclienti, creando in praticaunavera e propriareazione a catena. Il risultatofuche «che in meno di 18 mesi, il sito riuscì ad assicurarsi ben 12 milioni di abbonati, con un budget pubblicitario inferiore a mezzo milione di dollari» , un successoirrangiugibiledaifornitori di serviziconcorrenticheusufruirono di strategie di marketing tradizionali.-SNP è una siglia che sta ad indicare ”Social networking potential”, cioè un coefficientenumericoottenutomediantealgoritmichedenota le dimensioni del “Social Network” di un datoindividuo e la suacapacità di influenzare la rete stessa. Individuare e agiresuutentidotati di un elevato SNP puòavereeffettirilevantinelpotenziamento di un’ attività di viral marketing, data la capacità di questiindividui di influenzaresegmentipotenzialmente molto estesi di persone.
  3. Per la prima voltanel 2000, il dr.Ralph F. Wilson, consulente di e-commerce,individuò le caratteristiche di base chedefiniscono e delineanounastrategia di V.M.Partendo da considerazioni di caratteregenerale e empirico ha cosìsintetizzatoglielementiche, come luistessoafferma, sonoallaradicedellecampagne di successochesappianoassicurarsene la maggior parte.Per prima cosa, il miraggio del termine «free» è un potente mezzo generatore di attenzione. In marketing, l’intero processo promozionale può essere riassunto nella sigla AIDA, in riferimento agli stati emotivi che influenzano l’orientamento da parte del cliente verso un prodotto: Attenzione, Interesse, Desiderio, Azione. Il Viral Marketing si concentra particolarmente sulle prime due lettere, attingendo alla sua grande riserva di mezzi in grado di ottenere l’attenzione e generare interesse e curiosità verso il prodotto in oggetto. Promettere prezzi economici è generalmente un efficace mezzo per indirizzare l’attenzione della gente, ma servizi e prodotti gratuiti ( o virtualmente tali) lo fanno in maniera molto più rapida. Le email gratuite ( esattamente come è stato per Hotmail ), informazioni, software e programmi operanti in versione «basic», forniscono lo stimolo e l’incentivo necessario per attirare l’interesse della gente. Il costo materiale di questi servizi è limitato, e parallelamente il ritorno economico immediato è inesistente, ma l’attenzione così catturata può facilmente essere deviata verso altri aspetti del proprio business: maggior visibilità offre più opportunità commerciali.Esattamente come i virus influenzali si diffondono senza apparente altra motivazione se non quella della presenza di altri possibili host, così anche l’informazione virale di una campagna può prosperare solo grazie ai contatti relazionali delle persone. Inoltre solo un messaggio breve, conciso, semplice da spiegare ha le potenzialità necessarie per essere trasferito senza eccessive interferenze in uno scambio comunicativo. Lo strumento più efficace in grado di assolvere a questi compiti è sicuramente quello delle reti digitali, che garantiscono la trasimissione del messaggio in maniera istantanea, semplice, e senza degradazione del contenuto.Le motivazioni che muovono le persone all’azione sono spesso difficilmente riconoscibili e identificabili, essere in grado di sfruttarle tuttavia assicura una più salda adesione della gente alla propria campagna. Ad esempio il desiderio di primeggiare, essere ascoltati e tenuti in considerazione può spingere le persone a farsi promotori in prima persona della diffusione di un messaggio.Strettamente collegata è la tematica delle reti sociali di comunicazione. Ogni individuo ha statisticamente una rete composta da una decina di elementi con cui interagisce su base regolare. Il potenziale di rete è però estremamente maggiore, data la quantità enorme di contatti relazionali che tutti noi sperimentiamo anche quotidianamente con persone esterne alla nostra rete più interna. Questo fenomeno è ulteriormente ingrandito dalla compenente digitale che oggi sempre più diffusamente viene applicata alle reti sociali. Il mondo del web offre una vasta nuova gamma di strumenti relazionali e di costruzione di rapporti ( Social network, blog, affiliazioni, forum...) con cui un individuo può potenziare, e ovviamente sfruttare nell’ottica del marketing virale, la propria rete sociale personale.Un ulteriore caratteristica è quella della scalabilità, ovvero «la capacità di un sistema di "crescere" o "decrescere" (aumentare o diminuire di scala) in funzione delle necessità e delle disponibilità dell’organizzazione» L’azienda a monte della campagna virale deve essere in grado infatti di adattarsi rapidamente ai cambiamenti e alle necessità imposte dalla campagna stessa. Usando l’esempio Hotmail, al crescere dei nuovi account assegnati agli utenti deve corrispondere la crescita delle capacità tecniche in grado di gestirli, comportando quindi l’aggiunta di nuovi server che mantengano attivo il servizio.Infine, un elemento decisamente vantaggioso è la capacità di poter sfruttare le risorse degli altri. Generare contenuto virale è inutile qualora non si abbiano i mezzi per diffondere efficacemente «l’embrione» del messaggio. Una scappatoia a questa rischiosa eventualità può venire fornita ancora una volta dai media digitali: attraverso programmi di affilizioni con siti trafficati, inserizioni di immagini su piattaforme ad altra frequentazione, scrivere articoli su blog e forum, video diffusi tramite fornitori popolari ( Esattamente quanto avvenuto con Blendtec e Youtube, come mostreremo) è possibile fornire una solida base di diffusione della propria campagna con costi molto contenuti se non virtualmente inesistenti.
  4. Sebbene cercare di individuare caratteristiche metodologiche omogenee e costanti all’interno di un processo sia un utile ed efficace strumento di comprensione, nell’ analisi del fenomeno virale che ci proponiamo qui di analizzare una simile possibilià non ne permette l’esplorazione esaustiva.Il marketing virale va infatti a collocarsi all’ interno di un più ampio e variegato ventaglio di innovative strategie promozionali e comunicative (ovvero tutte quelle legate al cosidetto marketing non convenzionale), caratterizzate da ampia varietà di forme e modelli ma tutte improntare ad una dimensione di «alternatività». Alla transizione verso il periodo postmoderno si accompagna infatti una nuova consapevolezza nei confronti della tradizionale gestione pubblicitaria, che vede il modificarsi del consumer da passivo spettatore ad attivo protagonista del processo di creazione e distribuzione dei messaggi promozionali, un Prosumer. Le modalità di approccio a questa nuova figura richiedono necessariamente una nuova prospettiva enfatica improntata all’ anticonformismo e all’ innovazione, di cui il marketing virale si fa rilevante esponente ma le cui caratteristiche si sfumano e confondono con quelle di altre vicine realtà di marketing (Ambush Marketing, Guerrila Marketing, Ambient Marketing, Street Marketing, etc.)In definitiva, quelle che abbiamo riportato sono alcune delle caratteristiche preminenti associabili ad una campagna di Viral Marketing, ma non ne vogliono essere un compendio esaustivo dal momento che la dimensione creativa e d’innovativa rimangono le vere fondamenta.
  5. Il fenomeno del Word of Mouth, o passaparola, richiama immediatamente a situazioni del tutto famigliari e consuete. E’ espressione della dimensione quotidiana dello scambio interattivo di informazioni, così come nella pratica di tutti i giorni ci troviamo ad utilizzarlo, in contesti estremamente vari e diversificati ma tutti assimilabili alla necessità comunicativa umana che ne fornise il substrato. Partendo da queste considerazioni è interessante immaginare come il nucleo centrale di informazioni possa espandersi seguendo percorsi che ricalcano le stesse reti sociali tracciabili a partire da un individuo, percorrendo prima le unità familiari, e man mano espandendosi alle cerchie pià esterne di amici e conoscenti.Con un’ andamento temporale anche brevissimo, a partire da questi canali comunicativi privilegiati il messaggio si intereseca con altre unità sociali venendone ulteriormente diffuso. L’ effetto finale riscontrabile sarà quello di un grande ed indistinto brusio ( definito onomatopeicamente un «buzz»), composto dalle voci di tutti gli individui o nodi di questa rete. Concepire un messaggio in grado di generare un effetto «buzz» non è semplice nè immediato a causa della loro natura transitoria e spontanea: tentativi programmatici di scatenare buzz mediatici sono spesso risultati fallimentari, laddove accidenti imprevisti e a prima vista trascurabili hanno scatenato veri e propri fenomeni di Internet e tormentoni. Le radici delle motivazioni del buzz hanno probabilmente più natura psicologica che oggettiva e pertanto sfuggono a un’ analisi completa e sistematica. Ciò che siamo stati tuttavia in grado di rilevare è come il buzz attinga alla sfera della curiosità umana, come venga stimolato dall’ inconsueto, stuzzicato dallo humor, attratto dallo schock e non di meno da ciò che ispira tenerezza e senso di affetto. Ispirandosi a queste emozioni è possibile porre le basi perchè un prodotto possa essere considerato degno da parte del consumatore di essere oggetto di conversazione. Il passo successivo al buzz è proprio quello di inserire la dimensione della volontarietà del gesto da parte dell’individuo. Il semplice desiderio di essere il primo a parlare di un prodotto fornisce lo stimolo sufficiente perche’ esso possa diventare virale.Il caso che analizziamo di seguito esemplifica appunto come ponendo le basi per un prodotto «buzz worthy» sia stato possibile per Blendtec ottenere un notevole successo commerciale.
  6. Dickson, ingegnere e inventore, dalla fondazione della sua società si è sempre impegnato nel perfezionamento di frullatori resistenti e funzionali, che in termini di qualità venivano decisamente apprezzati dagli utilizzatori professionali, ma praticamente ignorati dal mercato consumer. Esso si presentava infatti saturato dall’offerta dei grandi colossi dell’elettrodomestica, dotati di budget pubblicitari assai superiori e in generale più efficaci rispetto alle modeste capacità del dipartimento marketing Blendtec. Un ulteriore fattore di scoraggiamento era rappresentato dal pricing del prodotto, che si aggirava intorno ai 400$, ponendolo spesso e volentieri nella condizione di essere scartato dal cliente nella fase di valutazione delle alternative.La versione aneddottica che vede lo stesso Wright aggirarsi stupefatto nell’officina dell’ impresa, colpito dalla qualità di un prodotto che rimaneva tuttavia invisibile sul mercato, aiuta a comprendere bene quale sia stata la sfida che si è trovato ad affrontare : da un lato, la necessità imperativa di assicurare visibilità all’azienda, dall’altro la stringente costrizione di dover operare con il budget limitato dell’azienda stessa.La soluzione, che oggi alla luce dei risultati pare scontata, si presentava allora come assolutamente originale seppure ci si trovasse già all’interno di una società laragamente digitalizzata ( Si dice che lo stesso CEO Dickson non fosse a conoscenza della piattaforma YouTube).Con la sola spesa, virtualmente insignificante, di 50$, Wright acquistò un camice da laboratorio e una serie di oggetti apparentemente privi di utilità ai fini della campagna ( Cubetti di ghiacchio, biglie di vetro, un pollo arrosto, lattine di Coca Cola, etc. ), trasformò l’area del laboratorio destinata ai test in una sorta di set pubblicitario e convinse Dickson, vestito del camice, a dare prova della resistenza dei frullatori distruggendo ogni tipo di oggetto, registrando il tutto in una serie di mini video poi trasmessi attraverso la piattaforma di distribuzioni di contenuti video digitali più in voga del momento, YouTube. Da lì a poco il successo fu immediato, come mostreremo.
  7. Analizzando più da vicino la realizzazione del comunicato possiamo rilevare innanzitutto l’uso dello stile «Infomercial», parola che nasce dalla crasi dei termini «information» e «commercial» ad indicare annunci commerciali televisivi focalizzati sulla presentazione del prodotto, descrizioni relativamente approfondite delle sue funzioni, uso di elementi testuali in sovrimpressione, tendenza a presentarsi più come forma di talk show che come puro comunicato pubblicitario... Tutti elementi riscontrabili, sebbene più in forma parodica, anche nel video Blendtec. Altre caratteristiche comuni usate negli infomercial e qui adottate sono: la ripetizione di idee e concetti ( Ovviamente la tematica di base, nonchè la struttura si ripetono in maniera quasi identica per tutti i 120 e più video che compongono la serie), l’impiego di personaggi dotati di credibilità scientifica ( chiaro richiamo all’ uso del camice) o personaggi famosi (come spiegheremo a breve). Infine, ma non meno importante, e anzi, componente essenziale di ogni comunicato, l’uso di uno slogan o catchphrase particolarmente efficace e accattivante. La domanda posta dal Ceo Dickson all’ apertura di ogni video, «Will it blend?» è in tal senso un valido esempio di catchphrase, breve, facile da memorizzare e da ripetere; la formulazione in veste di domanda implica inoltre una sorta di richiamo fatico verso l’ascoltatore, invitandolo all’ attenzione e alla partecipazione attiva, almeno mentalmente, nonchè a richiamare, (nemmeno troppo velatamente riteniamo) le formulazioni ipotetiche che potrebbero cogliere una persona di fronte a un frullatore e ad una manciata di oggetti assortiti («e se...»), con chiaro effetto di comica immedesimazione. Allo stesso modo la battuta finale «Yes it blends», pronunciata con un certo compiacimento, sancisce definitivamente la superiorità del prodotto su qualsiasi sfortunato oggetto sia stato posto al suo interno.Ulteriori elementi che hanno contribuito alla diffusione del video a livello stilistico possono essere: la breve durata del video ( di uno-due minuti), che risulta piacevole e veloce nella concentrazione del messaggio in poche azioni e frasi significative, l’uso di jingles musicali leggeri e dai toni comici, la struttura icentrata sulla gag, come in una sit-com, la scenografia minimale così come il buffo comportamento del Sig. Dickson.Possiamo in definitiva dire che pur nella ricerca di nuove e originali soluzioni rivolte all’ ambito delle teconologie e del mondo digitale, Blendtec riesce a coniugare efficacemente lo stile più tradizionale e «rassicurante» degli infomercials al gusto parodico e anticonvenzionale proprio di un video di Internet, rispettando in tutto questo gli elementi chiave della classica realizzazione di un comunicato pubblicitario: Il brand stesso ( sempre ben visibile nei loghi Blendtec sparsi nella scenografia), l’elemento grafico (punto focale dell’intero messaggio, l’azione intorno a cui è costruito l’intero comunicato) e infine l’elemento testuale, individuabile negli slogan e nelle scritte sovrimpresse di cui abbondano questi mini-video.
  8. Presentiamo qui alcuni dati ottenuti dal servizio di analisi volume ricerche offerto da Google, che fornisce su una linea temporale l’andamento delle ricerche effettuate con le parole chiave richieste, elaborando le informazioni ottenute tramite il proprio celebre portale di ricerca. I filtri non hanno generalmente una precisione assoluta, ma abbiamo comunque ritenuto opportuno servircene in quanto possono con buona approssimazione fornire un mezzo comparativo efficace.I numeri sul grafico indicano il numero di ricerche web eseguite con un termine specifico rispetto al numero totale di ricerche effettuate su Google nel tempo. Non rappresentano valori assoluti di volume di ricerca, perché i dati sono normalizzati e presentati su una scala da 0 a 100.Il primo grafico che presentiamo mostra come prima della seconda metà del 2006 le ricerche correlate ai prodotti Blendtec fossero relativamente trascurabili, avvicinandosi quasi a un volume insufficiente per l’elaborazione dei dati stessi. E’ la situazione di una azienda la cui marca sia sconosciuta se non ai propri clienti specializzati, una «hidden brand». In corrispondenza dell’inizio della nuova campagna «Will it blend» tuttavia, i volumi di ricerca raggiungono immediatamente picchi altisssimi, descrivendo nell’impennata quasi un angolo retto. Nel corso degli anni fino ad oggi non si sono mai rilevate cadute importanti, anzi l’andamento si è mantenuto stabile, interrotto solo da picchi di crescita. Tale è anche la previsione per il futuro, una stabile crescita.Il secondo grafico riporta tutta la serie di termini correlati che ha di conseguenza subito un’ impennata per riflesso: frullatori in generale (cercando su Google «blenders» il secondo risultato è proprio l’ articolo di Wikipedia relativo a Blendtec), ricette per frullatori Blendtec, luoghi di acquisto e inevitabilmente raffronti con altre case produttrici di frullatori, come la concorrente Vitamix.Infine riportiamo un confronto tra i due termini di ricerca «Blendtec» e lo slogan della campagna «Will it blend». Ovviamente pari a zero prima del suo lancio, nel giro di pochissimo ha registrato volumi di ricerca superiori a quelle della casa produttrice stessa, a dimostrazione che il successo Blendtec è partito proprio dalla curiosita’ dei consumatori e dalla ricerca di novità interessanti.Un dato interessante che vale la pena menzionare: sebbene, come si vede, i volumi di ricerche della catchphrase in se’ siano in calo ( a testimonianza di una ormai raggiunta fama e di un grande numero di utenti consapevoli della sua esistenza) quelli invece della casa produttrice sono in costante crescita: la «brand awarness» del marchio ne è dunque uscita decisamente incrementata. I consumatori, venuti in contatto con questa azienda tramite comici video online si stanno ora orientando verso i suoi prodotti con intenzioni decisamente serie.
  9. Osservando lo svolgersi relativamente regolare del grafico siamo stati tuttavia incuriositi dalla natura dei tre maggiori picchi di ricerca, facilmente individuabili, tutti compresi nella fascia indicizizzata da Google Trends tra i valori 80 e 100. Un rapido raffronto con le pubblicazioni video sul canale Youtube di Blendtec ha mostrato una interessante, ma non troppo sorprendente, correlazione diretta tra i picchi di volume e i filmati caricati nelle date corrispondenti. Il tema dell’ episodio era sempre il medesimo: l’oggetto sottoposto al «test» era un qualche dispositivo elettronico Apple. Come spiegare questo fenomeno?La distruzione di simili, costosi gadgets può apparire alquanto folle, ma da una prospettiva psicologica finalizzata alla creazione di un «enviroment» adatto alla promozione di contenuto virale è tutt’altro che insensata. Abbiamo già accennato alle peculiarità cognitive della mente umana e come essa si relazioni all’ ambiente socio-culturale che ne fa da sfondo. Più che come compartimento stagno essa si presenta come una «membrana» altamente permeabile, in grado di assorbire una quantità di stimoli esterni e di rielaborarli sotto forma di modelli utili alla sopravvivenza. Data la natura relazionale umana è dunque evidente come una considerevole parte di questi modelli subisca direttamente l’influenza dell’ ambiente socio-culturale di appartenenza. Questo si lega strettamente al tema della percezione, fondamentale anche a livello di marketing nelle considerazioni di un potenziale acquirente di fronte a un prodotto. Ma in che modo la percezione può aiutare Blendtec in un simile contesto? Estemporando momentaneamente un frullatore Blendtec dai video che ce lo propongono in atto di distruzione, la sua percezione su un grafico di posizionamento avrà una posizione ben definita per l’untente medio, ovvero quella di un prodotto costoso ma di qualità, affidabile, proveniente dal proprio paese di origine magari, forse adddirittura «top of the range» ma altri fattori potrebbero essere assenti o non definiti, come l’attrattività o l’immagine della marca. Si rivela spesso difficile cambiare la percezione da parte del pubblico di un prodotto, l’abilità di Blendtec si riscontra proprio nell’ essere stata in grado di associare al proprio prodotto i gadget high-tech di Apple, la cui percezione nell’ immaginario collettivo è decisamente elevata.La mappa cognitiva del mondo di un individuo viene influenzata da fattori quali la soggettività, le modalità di categorizzazione e classificazione della realtà, il livello di selezione delle informazioni, etc. Questi processi non forniscono una visione esaustiva del mondo, ma è grazie all’esperienza passata che «ciascuno colma i vuoti lasciati in questa visione parziale del mondo» (Blythe, Cedrola). Allo stesso modo, anche nei processi che determinano il comportamento dei consumatori si riscontrano attività euristiche di recupero e valutazione delle informazioni basate su esperienze del passato. Questi stessi meccanismi prendono luogo anche nella mente di chi osserva un video «Will it blend?»: il riconoscimento esperienzale di un oggetto ormai largamente entrato a far parte della cultura pop, quale è un iPhone ad esempio, farà si che l’osservatore in un secondo momento arrivi inconsciamente ad associarvi il frullatore Blendtec e viceversa, con tutti i vantaggi che ciò comporta in termini di brand awarness.
  10. I punti che quiabbiamo sintetizzato compongono nell’ insieme la prospettiva focale applicata da Blendtec alla sua campagna e le ragioni del suo successo.Citando le parole del responsabile marketing Wright, ”Just because you can do a social viral video or try to make a viral video doesn’t mean you should”. Perchè la semplicepossibilità di essere in grado di crearecontenutovirale non è certezza di successo? Il semplicefattorevirale, slegato da un contesto in linea con gliobbiettiviaziendali non è nullapiùche un banaletormentone, un meme dallescarsepotenzialiàtrasmissive e pertantoinefficaceagliocchi del marketing. Wright spiega: ”You have to make sure that it’s inline with your brand, with your strategy, with your goals, with your objectives, and once you line all of those up, then put that tactic into place and have some fun with it.” Solo tramitel’allineamento di questifattori è pensabile ( e fattibile) ottenereunarisposta positive daglisforzi di marketing fatti in talsenso.Spesso sentiamo parlare delle necessità e dei vantaggi nel coinvolgere i clienti. Come abbiamo visto, approcci di Guerrila Marketing basano su forme anticonvenzionali, a basso costo e creative l’avvicinamento «aggressivo» all’ immaginario psicologico dell’ utente finale. E’ una forma di marketing Esperienziale che fa leva su precisi moduli strategici al fine di coinvolgere il cliente. Blendtec, chiedendo ai clienti stessi di scegliere quale oggetto destinare al «test distruttivo» dei propri frullatori tramite un form presente sul loro sito, ha mirato a stimolare proprio alcuni di questi moduli: «Think», nell’ attivare processi immaginativi, sollecitando la mente alla creazione di esperienze cognitive adatte alla soddisfazione della richiesta nel modo più adatto ( Frullando quale oggetto otterei i risultati più catastrofici?), «Act», relativo all’ azione fisica del gesto tanto di inviare la propria richiesta quanto di assisterne allo svolgersi fisico, «Relate», nella dimensione finale e psicologica dell’atto partecipativo, l’arricchimento personale dato dall’aver preso parte all’attivita... Etc.A proposito poi del senso di autenticità, spesso (poco coerentemente) ricercato appositamente, si configura invece nel caso di Blendtec quasi come un effetto collaterale della personalità di Dickson. Cosa può avvicinare maggiormente il cliente alla fiducia verso il prodotto se non vedere il CEO stesso dell’ azienda sporcarsi le mani nel dimostrarne l’efficacia? Uomo gioviale e spontaneo è diventato lui stesso icona dello show, tanto da apparire sul merchandising ufficiale e da meritarsi una vera e propria fama mediatica. La spontaneità caratterizzante i primi episodi è ben presto diventata elemento immancabile della serie, codificandosi in gesti e battute divenute celebri: il momento di attivazione dell’elettrodomestico premendo lo «smoothie button», il largo sorriso rivolto alla telecamera nel corso dell’ atto distruttivo, il comico avvertimento nel momento di apertura del frullatore («Uh, [product] smoke, don’t breathe this!»)...Abbiamo già menzionato le caratteristiche proprie del «buzz», ci limitiamo qui a ribadire l’importanza della dimensione creativa e la ricerca di forme comunicative originali, che differiscano dalla somministrazione passiva di format pubblicitari prediligendo invece la stimolazione diretta della ricerca di intrattenimento che le persone già spontaneamente perseguono.Infine sottolineiamo il discreto ma costante uso da parte di Blendtec della dimensione intertestuale, cioè richiami a elementi di altri media e canali comunicativi o di intrattenimento. Nel corso dello show sono stati infatti presentati una moltitudine di riferimenti spesso tratti dalla cultura popolare, scarpe Nike, prodotti Apple, video giochi famosi, il cubo di Rubik etc, nonchè si è avuta la partecipazione di personaggi famosi dello sport e della TV. Il risultato è, ancora una volta, una nuovamente accresciuta penetrazione della marca all’interno delle «sub community» dei fan di questi prodotti ad esempio, una maggiore visibilità mediatica data dall’ accostamento a «high-profile items», e in generale una più diffusa fama del fenomeno.
  11. Se il successo virale della campagna ha conseguito lo straordinario risultato che abbiamo visto ciò non va imputato unicamente al contenuto e alle sue caratteristiche, che pure giocano un ruolo fondamentale, ma anche ad alcuni fattori in parte già citati.A livello di marketing la ricerca dell’ intertestualità si può realizzare sotto forma di «cross promotion», che consiste nel rivolgersi agli utenti di un prodotto tramite la promozione di un prodotto ad esso correlato. Può consistere nello sforzo congiunto di aziende diverse che mirino a raggiungere target comuni, con vantaggi per entrambe le parti: e’ una forma di marketing relativamente semplice da concepire e mettere in pratica, permette la promozione simultanea dei due bussiness, favorisce lo scambio intertestuale tra le parti, permette di associare caratteristiche positive della percezione dell’uno e dell’altro, infine risulta più economica e sostenibile, nonchè efficace. Simili accordi possono stabilirsi non solo tra partners commerciali ma anche con competitori (Non necessariamente a livello di prodotto o brand, quanto a livello di competizione generica o sul piano dei desideri), o addirittura legandosi a fenomeni memetici. Il risultato è la creazione di nuove reti di significato controversiali o semplicemente divertenti; è il caso di Blendtec con iPhone e altri prodotti Apple oppure dei «Chuck Norris Facts», fenomeno popolare di Internet che consiste in brevi descrizioni enormemente esagerate delle imprese del personaggio televisivo della serie Walker Texas Ranger, protagonista anche di un video della serie «Will it Blend?» in cui usciva miracolosamente intatto dal frullatore a dimostrazione della propria meritata fama di meme e dell’ attenzione dimostrata da Blendtec verso i più famosi fenomeni del Web.La mappa sopra riportata rappresenta invece le relazioni che intercorrono tra le varie forme di social media esistenti e una serie di possibili obbiettivi di business in ambito di marketing. Confrontando la mappa con i risultati riportati da Blendtec si nota come molte delle tappe siano state raggiunte in pieno:Supporto ai clientiGenerare traffico sul Sito WebDare una connotazione piu’ “umana” all’aziendaRelazionarsi con altri MediaPromozione del ProdottoPilotare le venditeArruolare sostenitori del MarchioAlla luce dei dati appare evidente come l’appoggio alla piattaforma YouTube e le potenzialità offerte da uno strumento solo in apparenza trascurabile come i video online, così come i fenomeni che sono in grado di scatenare, si rivelino le forme promozionali protagoniste di un nuovo ambiente di marketing basato sulla teconologia del Web 2.0.
  12. Nel percorso fino ad ora esposto abbiamo descritto con grande enfasi i vantaggi ricavabili da un’efficace applicazione di strategie virali: risparmio economico, riposizionamento positivo del brand, aumento dei profitti, diffusione capillare e istantanea dei messaggi, etc... Certamente tutti aspetti in grado di far indirizzare rapidamente un’ azienda verso tali strategie, specie laddove un primo passo nel riconoscimento delle forme digitali di comunicazione come profittevoli è già stato compiuto. Molte sono in effetti le imprese che hanno dal 1996 ad oggi guardato al Viral marketing come possibile alternativa privilegiata alla promozione tradizionale, e molti sono i successi ottenuti in questo campo ancora (e soprattutto) ad oggi. Ma è davvero una strategia cos’ accessibile e sicura? La risposta è chiaramente no, le cause di un fallimento sono spesso invisibili ma non per questo meno insidiose.Come per quasi ogni altro aspetto del Marketing, anche formulare una campagna di V.M. richiede un’ attenta e approfondita progettazione. Immettere un nuovo prodotto sul mercato, cercare di modificarne la percezione, lanciare una campagna commerciale ( e molto altro) senza aver effettuato i necessari sondaggi, rilevamenti, campionamenti, insomma aver elaborato correttamente i flussi informativi provenienti dai vari ambienti equivale in molti casi a un suicidio commerciale. Non diversamente, sottovalutare un approccio pubblicitario di tipo virale può rivelarsi fatale per una compagnia ( in termini tecnici si può dire che la campagna ha un «backfire» sull’ azienda, ovvero ha un impatto retroattivo opposto a quello auspicato, andando a colpire la società con effetti anche devastanti). Considerando la caratteristica forse più peculiare di una campagna di V.M., ovvero la sua capacità di generare elevatissime cifre di utenti, appare evidente quali terribili conseguenze sull’ immagine dell’ azienda avrebbe un fallimento.In termini matematici, indicando con R il tasso di replicazione del messaggio, cioè il numero di volte che un contenuto viene riprodotto e trasmesso a un altro utente, si dice che la campagna ha esito negativo quando R<1. Ogni «generazione», inteso come gruppo di utenti, trasmetterà infatti il messaggio un numero sempre inferiore di volte alla generazione successiva, determinando così un inevitabile termine della diffusione.Vediamo ora le più comuni cause di insuccesso. (Che non siano strettamente legate a ragioni di inefficacia del contenuto virale in se’)-Blown out cover («copertura saltata» ) e Perdita di fiducia: Una conseguenza nella maggior parte dei casi dello smascheramento della strategia di marketing, specie quando questa viena occultamente «pilotata» dall’ azienda stessa nel tentativo di darle connotazione di pura e spontanea viralità. Una volta comprese le macchinazioni che vi stanno alle spalle, gli utenti perdono rapidamente interesse, bollando l’intera faccenda come un’ elaborata ed artificiale forma di pubblicità, del tutto priva dell’ elemento spontaneo. Un caso a riguardo può essere quello di Sony, durante il lancio della console PlaystationPortable. Nel perido natalizio imminente all’ entrata in commercio della console, cominciarono ad apparire in rete blog e video di quelli che erano almeno in apparenza «gamer fans», la campagna era in realtà gestita da un’azienda pubblicitaria ingaggiata da Sony per diffondere viralmente interesse verso il prodotto. Ad accorgersi del reale stato delle cose furono i consumatori stessi, sospettosi del nome del dominio web utilizzato, che in breve risalirano alla verità smascherando Sony, che si vide cosi’ costretta ad ammettere ufficialmente:"Busted. Nailed. Snagged. As many of you have figured out (maybe our speech was a little too funky fresh???), Peter isn't a real hip-hop maven and this site was actually developed by Sony. Guess we were trying to be just a little too clever. From this point forward, we will just stick to making cool products, and use this site to give you nothing but the facts on the PSP. “-Incomprensione del Seeding: Con seeding si riferisce all’inserimento del messaggio virale in punti chiave del web, dove le possibilità di un «attecchimento» siano maggiori. I seed infatti, intesi come utenti chiave, hanno infatti molta più probabilità di comprendere, apprezzare e infine diffondere il contenuto. Un erronea scelta del luogo di seeding può grandemente compromettere l’efficacia della campagna.-Curva virale: La teorica curva che in un grafico descriverebbe il tasso di diffusione dell’ elemento viral lungo un asse temporale. Il problema che ne sorge non è tanto dall’effettiva efficacia della diffusione, quanto dalle aspettative irrealistiche degli addetti al marketing. La curva infatti difficilmente continuerà a crescere, ma dopo l’esplosiva fase iniziale tenderà ad assestarsi e infine a declinare. Questa incomprensione induce spesso ed erronee linee di condotta: nel tentativo di influenzare l’andamento della curva chi si occupa di marketing è tentato di incrementare i contenuti della campagna, con risultati che conducono a un «blown cover» e al suo fallimento.-Simili false aspettative possono anche generarsi dalle attese di profitti che teoricamente un’ accresciuta brand awarness dovrebbe generare. Sebbene la relazione tra le due sia effettivamente esistente, un’ equazione del tipo «awarness=guadagni» non ha necessariamente matematica correttezza, soprattutto all’ interno dell’ imprevidibilità dei mercati. Ignorare la fama ottenuta e cercare di «aggiungere fattori in più» nella campagna per ovviare alla mancanza di vendite risulta improduttivo: le vendite vanno stimolate non tramite la campagna in sè, ma con altri strumenti, approfittando della notorietà conseguita.