1. Accademia di Belle Arti di Bologna
Corso di Design Management
ABET LAMINATI:
PROPOSTE DECORATIVE DEL NUOVO MILLENNIO.
Tesina in Storia del Design
A. A. 2010-2011
Studente: Docente:
Sara Mantenuto Maurizio Corrado
2. 0.0 Introduzione
“Bisogna vedere in azione davanti ai propri occhi queste sostanze all'apparenza inerti, e tuttavia
intimamente sempre disposte, ed osservare con partecipazione il loro cercarsi, attirarsi,
assorbirsi, distruggersi, divorarsi, consumarsi, e poi il loro riemergere dalla più intima
congiunzione in forma mutata, nuova, inattesa: allora si che si deve attribuire loro un vivere
eterno, anzi, addirittura intelletto e ragione, dal momento che i nostri sensi appaiono appena
sufficienti ad osservarli e la nostra ragione a stento capace di interpretarli”. 1
Ciò che intendo fare in queste pagine è farvi balzare davanti agli occhi le sinergie attive tra
due universi tanto distanti quali la chimica, i codici scientifici e il design, i codici culturali.
Accosterò il racconto della storia di Abet s.p.a. alla storia della cultura oggettuale italiana.
Evidenzierò i cambiamenti occorsi nei modi di abitare ed usare lo spazio e mostrerò la
capacità dell'azienda braidese di interpretare i codici culturali e adattare la produzione alle
esigenze progettuali e allo spazio naturale stesso.
Intendo farvi balzare davanti agli occhi la formula vincente di un’azienda italiana che
insegue l'avanzamento tecnologico e il miglioramento della tecnica produttiva mentre si
apre a collaborazioni con il design. L’innovazione in Abet si realizza nel rapporto
continuativo con il design, la cultura e la tecnologia – in un progetto che pone al centro
l’uomo e il suo diletto.
Infatti, nella storia di Abet produzione, ricerca e sviluppo e progetto convergono sempre in
un percorso dinamico di costante rinnovamento che l'azienda di Bra ha intrapreso sin
dall'anno della sua conversione industriale, nel 1957.
Mostrerò quindi le affinità elettive manifestatesi tra l’industria e il design italiani,
ricostruendo la storia dell’incontro tra Abet Laminati e gli interpreti del never ending italian
design - quella sehnsucht che trova il suo manifesto negli scritti e nella produzione del
gruppo Alchimia, negli anni Ottanta.
Mi concederò la licenza di proporre un racconto che cita liberamente scritti, letteratura
sull’architettura e sul design, letteratura scientifica e mistica, immagini e personaggi: sono
anch’io convinta dell’efficacia delle incursioni disciplinari.
1
Tratto da “Le affinità elettive”, Johann Wolfgang von Goethe.
3. 0.1 Decorazioni al tannino
Abet è l'acronimo di Anonima Braidese Estratti tannici: produce tannino, sostanza usata
per la concia delle pelli che trova mercato presso le concerie braidesi. Inizia la produzione
nel 1946 e dieci anni dopo ridefinisce il proprio mercato producendo laminati decorativi e
affermandosi come Abet Laminati s.p.a..
Il tannino è una sostanza a estrazione vegetale, ricchezza del territorio braidese nel
periodo di acme produttivo delle concerie, tra la seconda metà dell'Ottocento e i primi del
Novecento; il tannino è infatti impiegato per lavorare le pelli e trasformarle in cuoio.
Sfidando il monopolio di Italtannino, l’A.B.E.T. nasce da un gruppo di conciatori braidesi
che comprendono la necessità di produrre tannino a un minor prezzo. Alla fine degli anni
Cinquanta l’A.B.E.T. resiste alla chiusura del mercato per l'industria conciaria, forte di una
brillante competenza tecnica che gli consente di convertire la produzione. L'aggiornamento
culturale e l'innovazione tecnologica sono dunque la formula del successo di Abet.
Negli anni della nascita del supermercato, e del supermercato degli stili in cui si vendono
esotismi e deviazioni preconfezionate, Abet intuisce il potenziale commerciale derivato
dalla moltiplicazione dei gusti. In Abet vi è infatti una profonda conoscenza dei
cambiamenti intervenuti nella società e la consapevolezza che il ciclo di vita dei prodotti e
delle tendenze ha subito un’accelerazione. Per Abet tale frammentazione degli stili
significa - da sempre - diversificazione del mercato.
Grazie a questa brillante intuizione, Abet affida la progettazione dei laminati agli interpreti
dei gusti sociali, ai professionisti della comunicazione visiva, architetti e designer con
personalità poliedriche. Invece di produrre totem classici o esotici, i designer di Abet sono
interpreti delle esigenze e dei gusti sociali, consapevoli della frammentazione in atto
nell’edilizia e nell’arredamento.
E’ il 1964 quando Enrico Garbarino, fondatore e presidente della Abet laminati incontra
Ettore Sottsass. Dall'incontro tra un manager genovese per nulla dispotico e un eclettico
architetto che ha ereditato e subito il fascino della formazione tedesca del padre, nasce il
laminato decorativo Abet. Da questo momento, il laminato si riveste del concetto di
superficie neutra, libera cioè dai condizionamenti storici e culturali. Una superficie nuda
che si modella per stratificazioni di materiali e pigmenti assecondando la ricerca di nuovi
4. effetti percettivi. Un materiale extraumano capace di indossare alti valori simbolici, usato
per allestire spazi o per comporre oggetti dotati di capacità transizionali. Sembra quasi che
i laminati decorativi trasferiscano le qualità organolettiche dei materiali che li
costituiscono, assemblati secondo affinità elettive, in virtù.
A partire dalla seconda metà degli anni sessanta, il laminato Abet - già sfuggito alla
tentazione di imitare materiali "nobili" come la pietra, e alla tendenza esotica del
dopoguerra - continua a ricercare forme e tecnologie per offrire il massimo risultato
espressivo. L'aggiornamento culturale che caratterizza le innovazioni tecnologiche Abet è
visibile in una produzione estremamente variegata e differenziata.
L’incontro tra industria e design in Abet ha contribuito a definire nuove avanguardie
culturali. Si è così definita nel tempo una cultura aziendale arricchita dall'incontro
interdisciplinare; una cultura del progetto human centred che asseconda la variabilità del
gusto adattando le tecniche produttive al progetto di quei designer per cui - per dirla con
Hans Hollein - i passaggi tra le espressioni artistiche sono fluidi, non esistono linee di
demarcazione tra scultura, pittura, architettura e design.
Nessuna nomenclatura dunque, ad eccezione di quella degli elementi chimici chiamati a
combinarsi nei laminati secondo le loro naturali "affinità elettive". E’ così che si descrive
oggi Abet Laminati nel panorama industriale e culturale italiano, citando Goethe in un
allestimento realizzato da Fabio Novembre per l’Expo di Shangai 2010.
5. 0.2 Il pendolo dell’innovazione in Abet Laminati s.p.a.
La progettazione e la produzione Abet Laminati tracciano un flusso dinamico, sono
testimoni della contemporaneità. Tessono un fil rouge capace non solo di indirizzare gli
sforzi progettuali e produttivi ma anche di determinare una precisa cifra stilistica e identità
aziendale/culturale.
La contemporaneità si esprime con i laminati decorativi per mano di quei designer che non
soffrono la vertigine dell'adesso, non manifestano tendenze distruttive e di rottura con il
passato. Ettore Sottsass, Alessandro Mendini, Fabio Novembre: Abet si lega nel corso della
storia a professionisti poliedrici, capaci di stabilire un rapporto spirituale con lo spazio che
progettano.
Il rapporto con i maestri della tradizione latina e italica è dunque espresso ma viene filtrato
da una visione contemporanea condivisa nell’azienda. Questo rapporto ponderato con la
storia è infatti visibile nell'intera produzione Abet Laminati: ogni laminato si veste dei valori
appartenenti all'intorno sociale e culturale attuale senza mai esaurire il potenziale
espressivo.
Dunque, Abet non è solo un’azienda produttrice di superfici caratterizzate da elevate
caratteristiche tecniche e prestazioni appaganti. I laminati Abet non sono solo resistenti,
stabili, solidi ma anche veicoli per la comunicazione visiva. Custodiscono il loro inesauribile
potenziale espressivo nella tattilità: è soprattutto il tatto che li rende significanti e sensuali.
Non solo rivestimenti dunque: i laminati Abet sono a loro volta rivestiti di significati grazie
all'opera del progettista, sempre più vicino al materiale per l'introduzione della digital
print. Allestimenti di spazi domestici, lavorativi, fieristici: i laminati costruiscono la scena
abitativa come un set teatrale; sono inseriti in uno spazio al quale si adattano contribuendo
a definirne l'identità.
Ma cosa c'è di più lontano dai sensi di una superficie di laminato? Chiede Fabio Novembre
in un’intervista ad Ettore Sottsass2. Diversamente dal marmo, dalla pietra e dal legno, un
laminato è un materiale privo di storia, di tradizioni e di clichè progettuali. Ce lo
raffiguriamo come un materiale freddo. Invece, il laminato è sorprendentemente caldo,
2
Vista su https://il.youtube.com/watch?v=qQixXON-wIQ&feature=related.
6. tanto liscio da sembrare morbido, del tutto privo di giunte. Eppure Sottsass descrive la
sensazione che lo assale quando tocca un laminato come un brivido sensoriale,
un'emozione erotica.
Allora, cos’è un laminato Abet? Un laminato è un materiale extraumano e astorico. E' una
superficie solida, prodotta industrialmente, ottenuta per stratificazione di fibre cellulosiche
impregnate con resine fenoliche termoindurenti, carta decorativa e resine legate insieme
con un processo ad alta pressione. E' autoportante, robusto, stabile. Potremmo aggiungere
un brivido per la freddezza che caratterizza la lavorazione di questo materiale. Eppure i
laminati Abet offrono esperienze sensoriali: dividono gli spazi, creano percorsi,
interpretano i modi di abitare e usare spazi e oggetti, disegnano atmosfere e sono piacevoli
da toccare. Offrono straordinarie possibilità figurative ed espressive, si danno al designer
come una superficie neutra - o meglio neutralizzata, priva cioè di qualsiasi legame
culturale e tecnico preesistente e condizionante; priva di vincoli e libera dal
condizionamento storico. Dunque, pur essendo artificiale il laminato reca in sè un valore
spirituale che tenta di ri-evocare nelle persone e negli spazi che costituiranno il suo
intorno. Questo potenziale espressivo tipico della produzione Abet costituisce la formula
competitiva dell'azienda stessa nonché l’elemento che attrae designer e creativi.
L’innovazione Abet appare quindi come un flusso dinamico e transdisciplinare, che non
cade nella vertigine della contemporaneità ed è libera dalla prigione funzionalista. Obiettivo
ultimo della progettazione è fornire all’uomo strumenti per sperimentare e rifare i propri
modelli abitativi. Con tale impostazione concettuale, le superfici Abet sono capaci di creare
un'atmosfera, le quinte di una messa in scena quotidiana fruibile in privato o
pubblicamente; la versatilità e la trasversalità dei laminati risiede appunto nell'astoricità di
questo materiale, extraumano eppure evidentemente antropizzato, adattato all'uso e al
diletto dell'uomo.
Dunque, mentre il progettista stabilisce un rapporto spirituale con l'ambiente circostante e
ne interpreta bisogni, desideri e aspirazioni, l'impresa braidese si radica nel territorio.
Negli anni Abet ha creato un proprio paesaggio culturale, ha coltivato un proprio Genius
loci aperto alle contaminazioni transdisciplinari. Come un pendolo, l’innovazione in Abet
oscilla continuamente tra l'avanguardia tecnologica e la tradizione; tra la cultura aziendale
e la cultura popolare.
7. 1.0 Mendini, il couturier dei laminati
Non solo spinta in avanti. Innovare implica anche cambiamento, trasformazioni continue. Il
progetto che si caratterizza solo per la spinta in avanti e la rottura con la tradizione rischia
di scadere ed essere sorpassato già mentre lo si esegue. Il progettista che rincorre la
stabilità e l'attualità della propria esecuzione rischia di provare l'intensa frustrazione della
caducità inevitabile.
"Il progetto dovrebbe essere un avvenimento provvisorio, caduco e artificiale, poco legato alla
statica freddezza del reale e dell’autentico, legato invece alle effimere vibrazioni dell’apparente
e dell’ignoto. Forse voglio fare prevalere la labilità dei sospiri della vita sulla compiutezza della
morte, un disegno amoroso su un disegno funzionale. E’ per questo che cerco di pensare
all’architettura così come uno stilista pensa a un vestito, e che considero il vestito come la più
piccola architettura, il più piccolo e virtuosistico spazio costruito attorno alla persona,
intimamente aderente al suo corpo: un abitacolo libero e cangiante all’infinito secondo
l’anarchico gioco del decoro". 3
Alessandro Mendini traccia già nel 1981 il profilo del designer ai tempi della crisi.
Consapevole dell'indeterminatezza e del crollo di certezze che caratterizzano il mondo
postmoderno, Mendini è convinto che il progetto della crisi dev'essere come un pendolo, un
continuo farsi e divenire tra il passato e il futuro.
Nella dialettica passato/presente il progetto secondo Mendini dovrebbe inseguire un ideale
di riempimento dello spazio naturale e democratico: gli artefici della bellezza del paesaggio
saranno esclusivamente la natura e il tempo4.
Alessandro Mendini inizia la collaborazione con Abet laminati negli anni Ottanta. Egli
intravede nella superficie neutra un potente veicolo per la comunicazione visiva, e un
pretesto per lo studio di forme che inseguono la funzione senza essere funzionaliste e
soddisfano l’estetica senza essere classiciste, tantomeno esotiche.
3
Le citazioni in questo capitolo sono tratte da “Cosmesi Universale”, di Alessandro Mendini. Pubblicato nel
supplemento a Domus N° 617, 1981.
4
In analogia con il pensiero di Goethe sull’architettura del paesaggio, che egli esprime negli “Scritti sull’arte
e la letteratura” – una raccolta di scritti che copre il periodo che va dal 1772 al 1827. In essi è possibile
trovare posizioni del Goethe sospeso tra il Romanticismo e il Classicismo: ciò che non cambia - in tutti gli
scritti - è la concezione dell’arte che si definisce a partire dalla critica alla categoria estetica dell’imitazione
della natura.
8. La collaborazione tra l’industria braidese e l’architetto avviene all’insegna di un’ideale
spirituale di progettazione nello spazio e per lo spazio. L’incontro tra l’azienda e il designer
sfocia nella ricerca di un arredamento sensitivo e oggetti ad uso spirituale.
Negli scritti pubblicati per Domus in questo periodo Mendini esalta la profondità della
superficialità, le incredibili potenzialità espressive offerte da una superficie in uno scenario
culturale e oggettuale fortemente indefinito e frammentato. Appare infatti evidente in
questi anni l'esigenza di definire la propria identità e appartenenza sociale attraverso i
consumi e lo spazio.
Negli anni Ottanta lo spazio si definisce per stratificazioni di interventi non programmati
orchestrati in un meta-progetto che Mendini definisce nel 1082 un “progetto non progetto”,
ermafrodito e in perenne movimento.
Lo spazio abitato, che sia lo spazio domestico delle banalità quotidiane o lo spazio urbano
delle relazioni sociali, è un "magazzino di tensioni, di ideali, di reliquie, di programmi".
Come le quinte di un teatro in cui si avvicendano personaggi e oggetti salienti, lo spazio è
per Mendini una scena mistica. Se allestita con eccesso di zelo progettuale e ricerca di
virtuosismi stilistici, tale scena rischia di diventare una prigione funzionalista o un totem
esotico.
"Ecco allora la seconda fissazione nella mia testa: che oggi la decorazione possa prevalere
sulla progettazione. E mi dico: magari anche l’architettura avesse le sue sfilate, avesse un
carattere stagionale, cambiasse così come i decori su una gonna! I decori svaniscono nel nulla
con la velocità con cui arrivano, e in quel transitorio momento in cui vivono ci piacciono
morbosamente, sono come la neve, i coriandoli, i festoni, le squame, che rendono energetiche
anche le strutture più fredde del nostro quotidiano. Cedere a una totale decoratività del mondo,
significa prendere atto che gli uomini non sono in grado di comunicare nel profondo, che nella
sostanza intima sono solitari, ma che quello che può entrare bene in circolo fra loro è la pelle,
la superficie: mi attrae, per così dire, la “profondità del superficiale”. ".
E’ ormai finita l'epoca delle rivoluzioni radicali e delle controculture: perfino il punk è
diventato “punkature”, ogni deviazione dallo stile dominante torna sulle passerelle della
moda e del design, le identità sono preconfezionate. Ora che insorgono stimoli percettivi
nuovi, mentre si perdono le tradizionali opposizioni binarie, si avverte un'accelerazione del
ritmo sociale: accadono imprevedibili sovrapposizioni di stili e tendenze. Il design
contemporaneo ha quindi bisogno di recuperare e valorizzare quel valore mitico custodito
negli oggetti e trasferirlo nei sistemi d'arredo.
9. Mendini rivendica allora la superiorità della decorazione, che dovrebbe prevalere sulla
progettazione. Infatti attraverso il decoro il progettista si emancipa dai vincoli e dai cliché
tecnici e funzionalisti ed è libero di allestire lo spazio costruendo la scena che meglio si
adatta al proprio corpo semiotico, in modo democratico.
Inoltre, Mendini ritiene che la superficie sia un veicolo privilegiato per comunicare i luoghi.
Toccare una superficie, l'odore di un materiale, il suono di un oggetto: sono le esperienze
sensoriali a suscitare passioni, ricordi ed emozioni. Alcuni oggetti hanno un valore
transizionale, sono cioè capaci di detonare epifanie e suscitare passioni.
Perciò Mendini s’impegna in una ricerca di stili e alfabeti grafici, realizzando per Abet
pattern decorativi: una ricerca grafica brillante veste le superfici dei laminati Abet.
1.2 Stilemi chimici
I laminati firmati da Mendini modellano uno spazio denso di simboli e oggetti capaci di
emozionare. Il linguaggio di Mendini sui laminati Abet è ottenuto per ripetizione di motivi,
trame e segni eterocliti; accostati in modi inediti, tali segni producono significati nuovi e
inattesi. Mendini dimostra negli anni della collaborazione con Abet che basta un piccolo
sistema di segni per dare luogo a un numero infinito di forme, immagini e progetti.
Affascinato dalla cultura oggettuale italiana, Mendini trova nei mosaici ravennati
d'ispirazione bizantina un alfabeto grafico per una serie di pattern decorativi. Per Abet
disegna nel 1982 i laminati "Galla Placidia", di chiara ispirazione bizantina. Il piccolo
mausoleo ravennate di Galla Placidia è quindi all'origine di un nuovo sistema di segni. In
particolare, Mendini recupera gli stilemi della Galla Placidia, una modalità stilistica che gli
ispira un alfabeto grafico trasformabile in vari modi e situazioni. Egli evoca l'equilibrio e le
simmetrie precise della pianta a croce, i contrasti cromatici sorprendenti, le luci dorate sui
mosaici5.
Nel 1988 Mendini firma una nuova collezione per Abet. “Ollo” indica un sistema di segni,
derivante dalla parola stessa: Ollo è una parola inventata, astratta; è simmetrica, speculare
e ha un suono musicale. Mendini sceglie di declinare questa parola con una scrittura
5
L’appropriazione e valorizzazione della Galla Placidia rivela l’ispirazione bizantina. Ed è proprio bizantina
l’idea che gli oggetti possano trasfigurare e sprigionare dei valori superiori – ben oltre la funzione e l’estetica.
10. classica, bianca e nera, una cifra stilistica quasi monumentale. La simmetria delle lettere e
i contrasti cromatici di Ollo permettono al designer di attivare valori contrastanti, quali il
positivo e negativo.
Figura 1: “Ollo” progetto di Alessandro Mendini realizzato con laminati plastici Abet.
In questi stessi anni, Mendini si lega a Studio Alchimia. Preleva segni e simboli grafici dalla
tradizione e li reinterpreta con forme nuove. Mendini impiega questo procedimento, quello
del sampling e mixing – per dirla con Polhemus – anche per ottenere il “Mendinigrafo”, nel
1985. Composto da una dozzina di segni di derivazione futurista e cubista è stato l’alfabeto
grafico del gruppo Alchimia contribuendone a definire lo stile.
11. 2.0 Studio Alchimia: il never ending italian design
Alchimia è un gruppo di personalità poliedriche, affascinate dalla comunicazione visiva e
interessate a una produzione oggettuale e ad un arredo sensuali, capaci di suscitare
emozioni e trasmettere memorie. Formatosi a Milano nel 1976, Studio Alchimia attrae quei
progettisti che si accostano alla produzione industriale rivalutando il mercato e i nuovi
mezzi di produzione.
Sono avidi ricercatori della cultura oggettuale italiana, sono architetti-giardinieri:
s'impegnano nella manutenzione e valorizzazione del paesaggio naturale e culturale. I
presupposti ideologici di questo approccio sensuale al progetto si potrebbero rintracciare
ne "La Nouvelle Eloise" di Rosseau6. Il regime di trattamento del parco naturale viene
applicato dai progettisti di studio Alchimia al paesaggio urbano e domestico. All'insegna del
recupero delle capacità istintuali, i designer di Studio Alchimia arrivano quasi a negare
l'esistenza del progetto, sconvolgendo il regime funzionalista. Auspicano e realizzano un
ritorno ai gesti primari e istintivi, come il disegnare.
"Per il gruppo Alchimia oggi è importante l’atto del disegnare. Disegnare, ovvero emettere
segni, non è design e non è progetto: è invece un libero e continuo movimento del pensiero,
quando si esprime visivamente. Un movimento motivato. Per Alchimia il suo compito di gruppo
che disegna è quello di consegnare agli altri una testimonianza del “pensiero sentimentale”. La
motivazione del lavoro non sta nella sua efficienza pratica, la bellezza dell’oggetto consiste
nell’amore e nella magia con cui esso viene proposto, nell’anima che esso contiene.".7
I progettisti dello Studio Alchimia hanno uno sguardo sereno sugli squilibri e i vortici della
contemporaneità postmoderna. Consapevoli e disincantati, i designer non inseguono
un'ideale rappresentazione di valori eterni, nè vogliono ottenere "tutto e oggi". Piuttosto,
prelevano e valorizzano i dettagli, i frammenti "organizzativi, umani, industriali, politici,
culturali [...] Alchimia lavora sui valori considerati negativi, della debolezza, del vuoto,
dell’assenza e del profondo".
Il metodo progettuale di Studio Alchimia è dunque transdisciplinare per vocazione. "Per
Alchimia le discipline non interessano quando sono considerate al l’interno delle loro
6
Quest’ideale naturale del trattamento dello spazio è alla base dell’architettura dei giardini tedeschi. In
particolare, Goethe elogia l’opera dell’architetto Johann F. Hirschfeld nel parco naturale di Worlitz cui s’ispirò
egli stesso quando collaborò ai lavori di ristrutturazione della valle a lui donata – nota come Parco sull’Ilm.
Inoltre è ancora Goethe ne “Le affinità elettive” ad elogiare il giardino come il luogo dove l’uomo può ritrovare
la propria natura originaria.
7
Le citazioni in questo capitolo sono tratte dal manifesto di Alchimia, Alessandro Mendini, 1984.
12. regole. Anzi, è importante indagare nei grandi spazi liberi esistenti fra di essere". La labilità
delle categorie oppositive tradizionali, l'accettazione della caducità dei valori,
l'abbattimento dei clichè organizzativi e tecnici sono alla base della ricerca di de
specializzazione: i designer sono ora scultori, ora architetti, pittori; ora sono grafici o altro
ancora. Non esistono linee di demarcazione disciplinari, si un metodo di progettazione
partecipato e condiviso in cui si mescolano e si stratificano interventi artigianali, industriali,
informatici, tecnici. In tal modo si raggiunge un prodotto che è il frutto di un progetto non
progetto, un caos ordinato valido solo "all'interno di sè".
"L’aspetto visivo vince sulla radice culturale e sulla motivazione, vale l’immagine depurata,
raffreddata e “staccata” dal peso antropologico e rituale dell’artista. L’errare indeterminato
della fantasia dà luogo alla costruzione di un meccanismo rappresentativo, nell’attitudine
eterna dell’uomo, che Alchimia fa propria, a ridisegnare incessantemente l’immagine del
mondo e le sue matrici ornamentali".
S'intuisce con quale naturalezza avviene l'alchimia e la sinergia progettuale tra i designer
di Studio Alchimia e Abet Laminati. I progettisti trovano nel laminato un materiale neutro,
che permette loro di svolgere una eterna ricerca di pattern ornamentali ottenuti prelevando
i segni in ogni cultura e luogo, con sguardo innamorato. In linea con la tendenza tonale -
per dirla con Clinio Castelli, i progettisti di Studio Alchimia studiano le potenzialità
figurative derivate dagli accostamenti cromatici. Sono gli anni in cui si sperimentano gli
intorni, le tonalità intermedie rispetto al bianco, nero e cromo.
L'output di quest'impostazione ideologica e poetica è un prodotto che "non s'impone, ma
affianca e accompagna dolcemente l'andamento della vita e della morte delle persone cui
quel progetto piace".
13. 3.0 Abet Laminati 2010
"Io credo nell'innovazione come un flusso dinamico e per questo sono convinto che sia nostro
dovere testimoniare il nostro tempo".8
Nel segno della continuità con la storia e la tradizione d'avanguardia, Abet sceglie oggi
Fabio novembre, un designer poliedrico che condivide con i suoi maestri, Sottsass e
Mendini l'approccio sensitivo e neomoderno al design. Fabio Novembre si sintonizza con il
proprio tempo con una brillante produzione che non nasconde i contributi dei maestri del
passato, ma li interpreta in chiave contemporanea.
Novembre firma il progetto dell’allestimento del Comune di Milano per l'Expo di Shangai
2010: "Le affinità elettive" è un'installazione sorprendente, realizzata con pRaL 2086 rosso.
Quest'opera fluida e mutevole può essere considerata la summa della cultura del progetto
di Abet Laminati. Infatti, Novembre racconta attraverso quest’installazione la cultura
aziendale milanese e la storia di un’azienda illuminata, la Abet.
Le affinità elettive di Novembre sono una citazione dell'omonimo romanzo di Goethe.
Questo romanzo, pubblicato nel 1809, contiene il manifesto dell'approccio scientifico al
sentimento. I movimenti dell'anima sono infatti descritti da Goethe come alchimie, giochi di
legami chimici. Alla base vi è la sua formazione mistica e chimica e l'assunto scientifico
per cui gli elementi in natura mostrano affinità elettive per alcuni altri elementi. Goethe è
convinto che i materiali siano caratterizzati da un’affinità elettiva.
L'affinità elettiva è una proprietà degli elementi che descrive la tendenza di alcuni a legarsi
con precise sostanze, a formare un nuovo composto. Le affinità diventano interessanti
quando producono delle separazioni: un elemento che sfugge a un equilibrio chimico,
migra in un nuovo legame e un nuovo composto. Dunque, a partire dallo scioglimento di un
legame prestabilito, si aggrega una nuova sostanza.
Il movimento di scomposizione e ricomposizione è descritto nel motto alchimista “Solve et
coagula”: sciogli e aggrega, unisci e separa. Solve et coagula: sembra descrivere anche il
metodo progettuale tipico dei laminati Abet.
8
Citazione di Fabio Novembre, in un’intervista del 2009 per Corriere Tv insieme ad Alessandro Mendini sul
tema “Innovare, sperimentare, provocare”.
14. Infatti, il laminato si ottiene a partire dalla stratificazione di resine tenute insieme da
sostanze leganti. La decorazione si realizza a partire da segni e simboli ricodificati in una
nuova opera, per un nuovo contesto. Il laminato decorativo si realizza quindi a livello
spirituale, a livello sensibile e meccanico come una combinazione delle parti.
Successivamente, il laminato decorativo viene modellato nello spazio, in cui si disegna un
paesaggio sinestetico che non altera il paesaggio naturale in cui s’inserisce. Infatti i
laminati sono altamente configurabili, presentano linee collocate in griglie modulari e
strutturali sempre diverse che provocano instabilità percettiva e non rinunciano quindi al
coinvolgimento dello spettatore.
Figura 2: Spazio espositivo del Comune di Milano all’Expo di Shanghai, realizzata in pRaL Abet su progetto di Fabio Novembre.
Un laminato Abet veste quindi una scena, crea una forma e un'emozione erotica. E'
rivestito di simboli grafici, pattern decorativi che sono come tessere di un mosaico: è
l'accostamento dei laminati che crea effetti sorprendenti e nuovamente significanti. E'
allora l'adulterio elettivo tra i materiali e gli elementi che può suscitare emozioni.
Dunque, un nuovo significato si crea a partire da una diversa combinazione delle parti; una
nuova sostanza si crea a partire da una stratificazione delle parti. L'opera del design e
15. l'opera industriale sono più che mai affini. E' anzi la dimostrata la loro brillante affinità
elettiva nello spazio Abet laminati all'Expo di Shanghai.
Suggerendo la chiave di lettura nel titolo stesso dell’installazione, Novembre allestisce per
il Comune di Milano le quinte di un teatro in cui racconta la storia di un'azienda e la storia
del design italiano. La cultura aziendale milanese, evolutasi nei club illuministi borghesi
della capitale lombarda e il design democratico, popolare e avanguardista.
Novembre racconta questa storia con un laminato, il pRaL, ottenuto dalla combinazione tra
un minerale naturale e un polimero acrilico. Dunque, l'adulterio elettivo tra un elemento
naturale ed un elemento artificiale crea una nuova sostanza, dotata di una personalità.
L'output dell'inattesa combinazione è un materiale in grado di soddisfare qualsiasi
esigenza progettuale.
"pRaL® non è freddo come altri materiali, ma è caldo, morbido e carezzevole. Non inganni
però la sua "morbidezza" PRAL® ha un ottima resistenza superficiale. Plasmabilità,
assenza di giunte, leggerezza, resistenza, igiene, bellezza: un materiale ad alte prestazioni,
indispensabile per ogni progettista". 9
Con un simile potenziale espressivo offerto dalla superficie, il designer allestisce lo spazio
disponendo il pRaL come fosse un fil rouge – il filo rosso dell’eccellenza - che conduce lo
spettatore nella storia dell’azienda e del design italiano.
9
Descirizione tecnica del materiale tratta dal sito di Abet Laminati s.p.a. http://www.abet-laminati.it
16. 4.0 Conclusioni
Ciò che ho tentato di dimostrare nella presente indagine su Abet Laminati è il valore
dell’approccio transdisciplinare al progetto. Ritengo infatti che la transdisciplinarità sia un
elemento necessario per la progettazione ai tempi della crisi, e un valore aggiunto alla
produzione.
Ciò che ho voluto suggerire è un’interpretazione delle scene realizzate con laminati
decorativi Abet come architetture pedagogiche e una visione dei designer come giardinieri.
Per questo nel corso dell’indagine ho riportato citazioni di Goethe, tentando di evocare
quella matrice ideologica tedesca rispetto alla cultura del paesaggio che – a mio parere –
caratterizza la formazione dei designer e collaboratori di Abet.
Lo spunto per quest’interpretazione è chiaramente derivato dall’opera di Fabio Novembre a
Shanghai. Ho pertanto approfondito il legame stilistico tra la cultura del paesaggio italiana
e tedesca, scoprendo una recente collaborazione tra i due universi di progetto in “Re-use
the city: strategie di riuso della città”10. Un evento transdisciplinare e transnazionale che
sogna di ristabilire un asse collaborativo tra i paesi - con uno sguardo particolare alla
Germania - per un nuovo modo di pensare all’urbanistica.
Abet Laminati vestirebbe ancora le nuove città. Portando avanti il rapporto con la
tecnologia, la chimica e il design potrà ancora vestire le città future. D’altronde, “è così
gradevole occuparsi di qualcosa che si sa fare a metà, che nessuno dovrebbe biasimare il
dilettante ostinato a esercitare un'arte che non imparerà mai, né l'artista se, voglioso di vagare
in un campo vicino al suo, varca i limiti della propria arte”.11
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Evento promosso da Goethe-Institute Rom in collaborazione con Fondazione Volume! in occasione della
“Festa dell’Architettura di Roma – 2010. La città dell’architettura: mito, realtà, progetto”; inaugurazione 8
Giugno 2010.
11
Tratto da “Le affinità elettive” di Goethe.
17. BIBLIOGRAFIA E LINKOGRAFIA
- “Abet Laminati, 40 anni con Ettore Sottsass”, in “OTTAGONO. Design, architetture,
idee”, n. 213 (Settembre 2008).
- J. W. von Goethe, “Le affinità elettive” (1809).
- J. W. Von Goethe, “Introduzione ai Propilei” in “Scritti sull’arte e la letteratura”
(1789).
- A. Mendini, “Cosmesi Universale” in supplemento a Domus, n. 617 (1981).
- A. Mendini, “Il mio arredo” in Domus, n. 624 (1982).
- A. Mendini, “Manifesto di Alchimia” (1984)
- A. Mendini, “Nuovo uomo decorativo”, Bauwelt (1986)
- Mattia Lenzi, “Alessandro Mendini: Alchimie, dal Controdesign alle nuove utopie” su
http://www.teknemedia.net
- A. Valentini, “Giardino e paesaggio di Hermann Fust von Pukler-Muskau” in
Quaderni per la Ri-Vista Ricerche per la progettazione del paesaggio, Firenze 2004.
- http://www.abet.be/blog_en/