1. In riferimento al tema delle Indicazioni
nazionali, merita di essere riportato l’art. 1
del D.P.R. n. 89 del 20 marzo 2009 con il
quale si precisò l’aggiornamento delle
precedenti Indicazioni e fu previsto un Atto
di Indirizzo del Ministro al fine di individuare i
criteri generali per armonizzare gli assetti
pedagogico-didattici ed organizzativi:
2. In sede di prima attuazione del presente
regolamento, e comunque per un periodo
non superiore a tre anni scolastici decorrenti
dall’anno scolastico 2009-2010, si applicano
le Indicazioni nazionali di cui agli allegati A,
B, C e D del decreto legislativo 19 febbraio
2004, n. 59, come aggiornate dalle
Indicazioni per il curricolo di cui al decreto
del Ministro della pubblica istruzione in data
31 luglio 2007.
3. Con atto di indirizzo del Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca
sono individuati i criteri generali necessari
ad armonizzare gli assetti pedagogici,
didattici ed organizzativi agli obiettivi previsti
dal presente regolamento (comma 3).
4. Nel corso del triennio scolastico 2009/2010-2011/2012,
l’eventuale revisione delle Indicazioni nazionali, di cui al comma
3, da adottarsi mediante regolamento […] è effettuata, sulla base
degli esiti di apposito monitoraggio sulle attività poste in essere
dalle istituzioni scolastiche, affidato all’Agenzia nazionale per lo
sviluppo dell’autonomia scolastica (ANSAS) e all’Istituto
nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e
di formazione (INVALSI) (comma 4). L’Atto di Indirizzo previsto
dal comma 3 dell’art. 1 del D.P.R. n. 89/2009 non si fece
attendere (8 settembre 2009), ma in riferimento alle Indicazioni
non aggiunse sostanzialmente nulla a quanto già detto, in attesa
he di procedere alla loro compiuta armonizzazione.
5. Fu pertanto istituita una Commissione di studio
con il compito di coordinare e orientare le
Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia,
del primo ciclo e dei Licei, secondo criteri di
unitarietà e di verticalità coerenti con i processi
di progressivo approfondimento e sviluppo
delle conoscenze e delle abilità e di
maturazione delle competenze caratterizzanti
le singole articolazioni del percorso scolastico
(art. 1, D.M. 11 marzo 2010, n. 26).
6. Nel frattempo, il 27 gennaio 2010, fu approvato il Decreto
Ministeriale n. 9 concernente l’Adozione del modello di
certificazione dei saperi e delle competenze acquisite dagli
studenti al termine dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione.
Alla luce di quanto fin qui detto risulta chiaro come la situazione
nel sistema scolastico italiano sia stata in continua evoluzione e
come il quadro fondato sulla progettualità didattico-educativa
centrata sulle competenze, previsto dalla Legge n. 53/2003 e dai
relativi decreti attuativi, sia stato messo in discussione a partire
dalle Indicazioni per il curricolo del Ministro Fioroni (D.M.
31/7/2007).
7. Con la XV legislatura (Ministro Fioroni) e la
XVI legislatura (Ministro Gelmini) si è
assistito ad un vero e proprio “cambio di
rotta” rispetto alla logica dei piani di studio
personalizzati (Ministro Moratti). Con le
Indicazioni per il curricolo, sia nella
denominazione sia nella sostanza, avvenne
un vero e proprio ritorno al curricolo e la
logica della personalizzazione fu in poco
tempo letteralmente accantonata.
8. Per far tornare tutto come era prima è bastato
trasformare le Indicazioni nazionali per i piani di
studio personalizzati in Indicazioni per il
curricolo. Di conseguenza il curricolo è tornato
ad essere riproposto come una categoria
centrale nella prassi didattico-educativa del
sistema scolastico italiano, segnando una
discontinuità inequivocabile con la Legge n.
53/2003 ed i suoi decreti attuativi.
9. La valenza dei curricoli di istituto rilanciati di nuovo con forza è
stata così delineata da Italo Fiorin: Il compito della scuola è
quello di elaborare il proprio curricolo didattico integrando nelle
proprie scelte le richieste che il centro esprime attraverso le
proprie Indicazioni. In concreto, il curricolo risulta composto
dall’integrazione di due fondamentali componenti, quella
nazionale, che stabilisce il minimo comune denominatore
indispensabile alla tenuta del sistema, e quella della singola
istituzione scolastica, alla quale viene riconosciuta piena
autonomia progettuale, didattica, organizzativa, di ricerca e
sviluppo.
10. Le due componenti non vanno viste come
parti separate e giustapposte, ma nella loro
integrazione, che si esprime in forma
necessariamente originale, individuata,
diversa da situazione a situazione. Il
processo di costruzione del curricolo ha il
compito di mediare i rapporti tra il livello del
discorso pedagogico generale, e quello
strettamente locale.
11. Con atto di indirizzo del Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca
sono individuati i criteri generali necessari
ad armonizzare gli assetti pedagogici,
didattici ed organizzativi agli obiettivi previsti
dal presente regolamento (comma 3).
12. Dalla complementarità dei due poli emerge il
curricolo, come strumento di progettazione e
ricerca educativa, che per un verso pone
problemi di fondazione e giustificazione (ciò di
cui si occupano prevalentemente le cosiddette
«teorie curricolari») e per l’altro problemi di
funzionamento ed efficacia (che vengono
trattati soprattutto nell’ambito delle «strategie
curricolari» o del «curriculum design»).
13. Di conseguenza, qualunque sia la prospettiva curricolare cui si
aderisce, il nodo di questioni che devono essere affrontate coinvolge
tutti i fattori connessi con il processo educativo, dai contenuti agli esiti
formativi, dalla modalità di realizzazione ai condizionamenti dovuti alle
situazioni socioambientali In sintesi, secondo Fiorin, il curricolo va
costruito nella scuola, non viene emanato dal centro per essere
applicato; tale costruzione deve permettere l’accordo tra istanza
centrale, normativa e unitaria, e istanza locale, pragmatica e flessibile;
la costruzione del curricolo implica una considerazione della scuola
come luogo di ricerca, in rapporto dialettico con le istanze provenienti
dalla comunità scientifica, le istanze provenienti dalla comunità sociale
e quelle etiche e che caratterizzano l’orizzonte dei valori condivisi
rappresentati sia a livello centrale sia a livello locale; la problematica
curricolare è il terreno su cui si muove l’innovazione educativa.
14. Ma che rapporto c’è tra le Indicazioni ed i curricoli di
istituto? A proposito di questo rapporto dice ancora
Italo Fiorin: Se, come si è visto, le Indicazioni non
sono programmi, non vanno nemmeno identificate
con il curricolo. Non è casuale che il test appena
varato porti come titolo Indicazioni per il curricolo. La
relazione tra i due strumenti progettuali è molto
stretta. Non si tratta di intendere i due documenti
come giustapposti, il primo riferito a ciò che tutte le
scuole devono garantire e il secondo ciò che invece
di specifico compete alla singola scuola.
15. In realtà il curricolo comprende le Indicazioni, le assume e le
utilizza. Infine, in riferimento alle idee cardine delle Indicazioni,
così si esprime lo stesso autore: Per dirlo in termini
estremamente sintetici, a fondamento del curricolo, vengono
posti tre grandi riferimenti pedagogici: la centralità della persona
e quindi l’attenzione allo sviluppo delle sue dimensioni
costitutive; l’impegno per la costruzione di un mondo migliore, e
quindi il concetto di cittadinanza; la comunità educante vista
come la dimensione educativa che meglio consente di
accogliere la persona, di valorizzarla appieno e di aiutarla ad
assumere responsabilità nei confronti degli altri e dell’ambiente.
16. Le finalità dei diversi ordini di scuola
rappresentano un filo rosso che cuce il
curricolo dai tre ai quattordici anni. Lo sviluppo
dell’identità, la formazione di solide
competenze di cittadinanza, il possesso di una
autonomia non solo di tipo motorio, ma affettiva
e cognitiva, sono riferimenti comuni dell’intero
curricolo. Un altro filo rosso è dato dalla
preoccupazione di favorire la progettazione di
percorsi didattici all’insegna dell’unitarietà. (…)
17. Le discipline sono considerate come
fondamentali strumenti culturali, alfabeti che
gli alunni devono imparare a utilizzare per
scoprire la realtà e dare senso alla
molteplicità dell’esperienza. Ma non vanno
intese come territori rigidamente separati da
confini.
18. All’idea del confine che divide si preferisce quella
del sentiero che collega, crea relazioni, allarga le
possibilità del conoscere. Un ulteriore forte
riferimento comune è dato dalla finalizzazione della
didattica alla promozione delle competenze e,
quindi, dall’identificazione di quelli che vengono
chiamati i ‘traguardi di sviluppo delle competenze’. I
traguardi sono direzioni di sviluppo dell’azione
didattica e aiutano a finalizzarla. Non vanno intesi
come livelli di apprendimento che devono essere
raggiunti per gli alunni, ma come criteri che guidano
l’insegnamento.
19. La competenza, per sua natura, non è mai del tutto
raggiunta, ma l’apprendimento consente di pervenire
progressivamente a livelli di padroneggiamento sempre
più elevati. Sotto questo profilo, lo sviluppo della
competenza viene a coincidere con lo sviluppo delle
dimensioni della persona e non può esaurirsi né nella
scuola dell’infanzia, né nella scuola, ma continuare lungo
tutto l’arco della vita Sorge a questo punto una
domanda: in che cosa si può notare la discontinuità tra le
Indicazioni per il curricolo del Ministro Fioroni e le
Indicazioni per i piani di studio personalizzati del Ministro
Moratti?
20. Nel corso del triennio scolastico 2009/2010-2011/2012,
l’eventuale revisione delle Indicazioni nazionali, di cui al comma
3, da adottarsi mediante regolamento […] è effettuata, sulla base
degli esiti di apposito monitoraggio sulle attività poste in essere
dalle istituzioni scolastiche, affidato all’Agenzia nazionale per lo
sviluppo dell’autonomia scolastica (ANSAS) e all’Istituto
nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e
di formazione (INVALSI) (comma 4). L’Atto di Indirizzo previsto
dal comma 3 dell’art. 1 del D.P.R. n. 89/2009 non si fece
attendere (8 settembre 2009), ma in riferimento alle Indicazioni
non aggiunse sostanzialmente nulla a quanto già detto, in attesa
he di procedere alla loro compiuta armonizzazione.
21. Anzitutto le Indicazioni per il curricolo respingono in maniera
intenzionale pressoché tutti gli oggetti pedagogico-didattici che
sostanziavano le precedenti Indicazioni nazionali: manca ogni
riferimento al Profilo Educativo, Culturale e Professionale, agli
Obiettivi generali del processo formativo (di cui parla l’articolo 8
del DPR 275/1999), agli Obiettivi formativi (di cui parla l’articolo
13 dello stesso DPR), alle Unità di apprendimento, ai Piani di
studio personalizzati, al Porfolio, al tutor, alle discipline
facoltative opzionali, al monte ore su base annuale, agli Obiettivi
specifici di apprendimento relativi alle competenze dell’articolo 8
del DPR 275/1999 che sono diventati semplicemente gli Obiettivi
di apprendimento, rendendo così impossibile distinguere questi
sia dagli obiettivi formativi sia dalle competenze.
22. Sul piano dei principi culturali e pedagogici, poi,
spariscono il principio dell’ologramma ed il reticolo
concettuale delle capacità, conoscenze, abilità e
competenze. Inoltre, mentre nelle Indicazioni per i piani
di studio personalizzati le discipline avevano valore nella
dimensione in cui erano “mezzi” per il pieno sviluppo
della persona umana, che era il vero “fine”, le Indicazioni
per il curricolo invertono l’impostazione tanto che, come
si può cogliere dal titolo del primo capitolo (Cultura
Scuola Persona), la cultura conta più della scuola e la
scuola più della persona; prima invece l’ordine era
rovesciato: persona, scuola, cultura.
23. Nelle Indicazioni per il curricolo la persona è sinonimo di
individuo e la persona-individuo, grazie alla scuola, è
chiamata a diventare cittadino, cioè a superare la propria
auto-centratura e a condividere quei valori che fanno
sentire i membri di una società come parte di una
comunità vera e propria. La persona è tale in quanto
cittadino ed il cittadino sarebbe chiamato a inverarsi in
un “nuovo umanesimo”. Si assiste perciò ad un
movimento dalla persona (privata, individuale), al
cittadino (pubblico, nazionale, comunitario) all’uomo
(universale, planetario).
24. Tutto questo è cosa ben diversa dall’idea di persona
precedentemente espressa, che era il fondamento e
l’autenticazione critica della cittadinanza e dell’umanità, le quali
esistevano solo se si realizzava a pieno il valore della persona
umana e sulla quale poggiavano tutte le manifestazioni della
convivenza civile. Oltre a ciò, secondo G. Bertagna, l’attenzione
alla realtà locale del curricolo avviene prescindendo dall’unicità e
dalla singolarità dello studente concreto, avviene cioè a priori.
Per quanto il curricolo vada costruito nella scuola, non viene
meno il fatto che si tratti comunque di un prodotto sottratto alla
negoziazione diretta e cooperativa di tutti gli attori coinvolti
(studenti, genitori, docenti).
25. Il soggetto di tutte le operazioni indicate per la
predisposizione del curricolo è sempre e solo la scuola.
La famiglia e lo studente entrano nella costruzione del
curricolo al massimo come oggetti di una sollecitudine e
di una cura professionali dei docenti e non anche come
soggetti attivi. Il curricolo perciò è frutto di una
programmazione aprioristica. Infine, a parere di
Bertagna, le Indicazioni per il curricolo sembrano in un
primo momento recepire il principio secondo il quale le
conoscenze e le abilità disciplinari e interdisciplinari non
sarebbero “fini” a se stesse, ma strumenti per
promuovere lo sviluppo delle competenze personali degli
allievi.
26. Tuttavia il testo non dice nulla sul modo di
intendere la competenza, che resta un mistero.
Ci sono e sono fissati “traguardi di sviluppo”
indispensabili per raggiungerla, ma non si dice
che cosa essa sia. Il testo, poi, propone per le
competenze la concezione sostanzialistica e
oggettualistica tipica delle conoscenze. Le
competenze sarebbero “oggetti” che, come le
conoscenze e le abilità, la scuola dovrebbe
ordinare e trasmettere nell’insegnamento.
27. Non sarebbero affatto, come nelle precedenti Indicazioni,
quanto l’allievo mostrerebbe di esprimere come persona,
affrontando in situazione problemi, compiti, progetti che
hanno a che fare con la sua vita sociale, culturale e
professionale, ossia modi di essere del soggetto. Va
notato, a questo proposito, il silenzio del documento del
2007 sul Profilo educativo culturale e professionale dello
studente, che era stato pensato proprio per evidenziare il
passaggio da una scuola delle conoscenze e abilità a
una scuola delle competenze.
28. Non a caso nelle Indicazioni per il curricolo quando
si parla di “traguardi per lo sviluppo delle
competenze”, quindi traguardi che per essere di
sviluppo delle competenze dovrebbero essere a loro
volta segnali di competenze, in realtà si finisce per
parlare di conoscenze disciplinari. Il giudizio finale di
Giuseppe Bertagna è lapidario: in fondo le
Indicazioni del 2007 non hanno fatto altro che
rilegittimare a trent’anni di distanza la
“programmazione curricolare” deduttivistica,
deterministica, tecnicistica e comportamentista.
29. Fu pertanto istituita una Commissione di studio
con il compito di coordinare e orientare le
Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia,
del primo ciclo e dei Licei, secondo criteri di
unitarietà e di verticalità coerenti con i processi
di progressivo approfondimento e sviluppo
delle conoscenze e delle abilità e di
maturazione delle competenze caratterizzanti
le singole articolazioni del percorso scolastico
(art. 1, D.M. 11 marzo 2010, n. 26).
30. Quando, invece, si fa riferimento alla persona si dice che
acquisisce/apprende/applica competenze in contesti diversi da
quello dell’aula in cui le ha apprese, trovandosi nella necessità di
riorganizzare/reinventare le proprie competenze, soggette a
diventare obsolete nel volgere di pochi anni. Ci si trova, dunque,
di fronte a un concetto polisimico di competenza che parte da un
ancoraggio disciplinare forte […], ma che deve poi confrontarsi,
con qualche inevitabile difficoltà e confusione, con il carattere
soggettivo, intenzionale, attivo e situazionale. Aspetto,
quest’ultimo, che è stato messo in risalto anche da due
Raccomandazioni del parlamento europeo e del consiglio
(Raccomandazione del 7 settembre 2006 e Raccomandazione
del 23 aprile 2008).
31. Non a caso la definizione di competenze delle
predette Raccomandazioni europee è stata fatta
propria dallo stesso ministro Fioroni in occasione del
Decreto Ministeriale n. 139 del 22 agosto 2007
(Regolamento recante norme in materia di
adempimento dell’obbligo di istruzione), in cui nel
Documento tecnico di accompagnamento del
Decreto è stato precisato che le “Competenze”
indicano la comprovata capacità di usare
conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o
metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e
nello sviluppo professionale e/o personale;
32. le competenze sono descritte in termine di
responsabilità e autonomia. Proprio
esattamente come avevano già detto i
documenti europei. In conclusione si può
avanzare una riflessione.
33. E’ senza dubbio vero che, come sostiene Italo Fiorin, il
passaggio dalla cultura dei Programmi, espressione del
centralismo, alla cultura delle Indicazioni, espressione
dell’autonomia delle scuole, non è facile. Può essere pure
condivisibile l’idea, ancora dello stesso autore, che i tre testi
delle Indicazioni succedutisi in un breve lasso temporale (gli
Indirizzi per l’attuazione del curricolo del Ministro De Mauro nel
2000, le Indicazioni per i piani di studio personalizzati del
Ministro Moratti nel 2003, le Indicazioni per il curricolo del
ministro Fioroni nel 2007) possono essere visti come tentativi di
superamento della “logica dei programmi” e della “cultura
centralistica”, però è altrettanto vero che attuando continui
“cambiamenti di fronte” si rischia di incrementare la confusione
nelle scuole e di non far capire ai docenti, ai genitori e agli stessi
studenti le logiche decisive sottostanti ai documenti ministeriali
che si collocano all’interno della cornice dell’autonomia e del
quadro costituzionale.
34. Il pericolo è che a furia di “cambiare le carte in
tavola” gli insegnanti finiscano col vivere, nel
quotidiano scolastico, un “curricolo implicito”, ossia
un curricolo frutto della propria esperienza personale
e professionale, ma indipendentemente dalle
Indicazioni, che potrebbero essere viste come un
“corpo estraneo”, quasi inutile perché in continuo
cambiamento. Il rischio è che col passare del tempo
nelle scuole si viva la proposta didattico-educativa
secondo una “propria logica” e non secondo una
prospettiva atta a garantire un’attenzione locale ma
di respiro nazionale.
35. Per questo è quanto mai urgente riuscire a
rispondere una volta per tutte alle seguenti
domande: Indicazioni per che cosa? Per
l’attuazione del curricolo? Per i piani di
studio personalizzati? Per il curricolo? Per
qualcosa d’altro? Oppure per chi?