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Massimo Caputi - Con Feidos Caputi investe in hotel di lusso con il nuovo Fondo Italian Relux - Massimo Caputi
1. Caputi con Feidos investe in hotel di lusso con il
nuovo Fondo "Italian Relux", in accordo con il
gruppo inglese Mpg e la boutique Phinance.
La Repubblica - Affari Finanza - 11/11/2013 pg. 1
Dai turchi agli Emirati partita la caccia ai
grandi hotel del Belpaese
2. Difficile, molto difficile che il campione nazionale degli hotel
possa nascere prima di un paio d'anni. a pagina 22 Fino al 2015,
infatti, AtaHotel e Una Hotels saranno impegnatissimi a mettere a
posto i conti e a scrivere in nero l'ultima riga di bilancio.
Situazione similare per Boscolo, che dopo tre ristrutturazioni si
trova con ad e direttore finanziario nominati dalle banche. Ma non
è che nel frattempo non accadrà nulla, dato che gli scossoni del
sisma recessione impattano sulle fondamenta pure degli alberghi.
Che le potenzialità esistano, lo dice il fatto che il Belpaese è
nel mirino di primari "family office" e Fondi internazionali: il
sultano del Brunei ha comprato Gallia a Milano ed Eden a Roma; il
gruppo turco Permak ha rilevato il San Clemente di Venezia;
l'Excelsior di Venezia è oggetto di 2 offerte; il fondo sovrano
del Qatar ha acquisito, oltre a un albergo del gruppo Baglioni,
vari hotel in Costa Smeralda; un gruppo ceceno sta trattando la
gestione di Forte Village in Sardegna; un gruppo di Taiwan ha
avviato una campagna acquisti in Italia. "I grandi investitori
stranieri - dice Giorgio Palmucci, presidente di Confindustria
Alberghi e ad di Th Resorts - sono convinti che dietro la nebbia
ci sono in Italia enormi opportunità e che possiamo essere il
primo paese di destinazione turistica al mondo. Noi intanto
continuiamo a non avere una politica industriale di governo in
materia di turismo e continuiamo a essere troppo frammentati. Ma
sono persuaso che un futuro lo abbiamo". A proposito: anche Th
Resorts si dà fino al 2015 per tornare all'utile, cercando nel
frattempo "partner strategici utili a fare massa critica e
accrescere l'appeal sul mercato straniero". Frammentazione. Una
delle parole-chiave per descrivere il settore, fatto di 34mila
aziende alberghiere e di queste 9 su 10 sono a conduzione
familiare. Evidente la mancanza di una catena business e di una
rete leisure italiane, che discende dal tratto genetico
dell'imprenditore italico che mal sopporta l'aggregazione. Ci
provò da ultimo 2 anni fa la 21 Investimenti di Alessandro
Benetton che, insieme a Feidos di Massimo Caputi, avviò una lunga
trattativa, poi saltata , per rilevare Ata da FonSai e unirla ad
Una Hotels. Proprio Caputi, da vicepresidente di Prelios, in
queste settimane ha varato un nuovo Fondo "Italian Relux", in
accordo con il gruppo inglese Mpg e la boutique Phinance, per
investire appunto in hotel di lusso e sono stati fatti i primi due
investimenti a Verona e Firenze. La strada appare tutta in salita,
perché la grande crisi ha colto gran parte delle aziende
alberghiere zavorrate da ammortamenti figli della bolla
immobiliare. Salvo pochi casi come Starhotel (famiglia Fabri) e
Sina (famiglia Bocca), che hanno fatto moderato ricorso alla leva
finanziaria e hanno i conti sani, di norma lo sviluppo è stato
finanziato a debito e ora il problema è alleggerire i costi fissi
finanziari e gestionali. Da lì occorre ripartire. Caso di scuola,
con tutte le distorsioni del caso Ligresti annesse, è la
ristrutturazione di AtaHotel. Delle 20 strutture gestite da Ata,
dopo che lo scorso anno sono stati rinegoziati i canoni d'affitto
con il proprietario Enpam, in questo periodo sono in via di
ridefinizione i contratti di locazione con Unipol (che è padrone
di Ata e pure dei muri, dunque chiamato a pesanti svalutazioni
3. immobiliari coerenti con i nuovi canoni). Il peso degli affitti in
Ata consiste nel 29,6% dei ricavi, pari a 14,3 milioni sui 48,6
milioni di fatturato nel primo semestre 2013, quando il gruppo
alberghiero ha maturato perdite per 12 milioni. Il percorso di Ata
sta nel solco di criteri seguiti oggi da tutti: in primis
riduzione dei canoni di affitto, affitti variabili e rapportati
all'andamento dei ricavi, e poi sviluppo eventuale tramite
contratti di management e di franchising. Di sicuro Unipol non
pensa a svendite oggi, ma ha avviato un processo di recupero di
efficienza e valore, che tende al break even nel 2015: allora si
manifesterà il bivio tra una aggregazione con altri operatori
nazionali e la cessione al miglior offerente (e pezzi pregiati
come Tanka Village o CapoTaormina potrebbero far gola a gruppi
stranieri). Vedremo se allora sarà pronta Una, che oggi fa capo
alla holding Fenice, dove figurano Unicredit, Mps, Popolare
Vicenza, Intesa e la stessa Unipol (con il 15%), ossia le banche
che avevano sommato crediti per 327 milioni nei riguardi della
precedente proprietà (famiglia Fusi). Nel frattempo, il mercato
sembra dare qualche segnale di risveglio e, per la prima volta
nella storia, l'ultima rilevazione di Federalberghi ha riscontrato
che gli ospiti stranieri hanno superato gli italiani. Dati con
luci e ombre, posto che i pernottamenti da gennaio a agosto sono
saliti dello 0,1% (+4% gli stranieri), ma i ricavi sono attesi in
caduta dell'8% per effetto del calo dei prezzi e in contrazione
del 4,5% il numero degli occupati. La tesi del presidente della
federazione Bernabò Bocca, senatore Pdl e titolare di Sina, a
commento dei dati è che "le condizioni per una robusta ripartenza
del settore ci sono tutte e governo e Parlamento devono sostenere
un piano strategico condiviso urgente ed improcrastinabile che
contenga almeno tre punti: la deducibilità dell'Imu che grava
sugli immobili alberghieri, il credito di imposta per gli
imprenditori che investono nella riqualificazione delle strutture
e l'assegnazione all'Enit di risorse adeguate per promuovere
l'offerta turistica italiana". Il tasto dell'Imu è dolentissimo
nel settore. E la questione tocca con particolare durezza chi
opera in conventi, badie, castelli, antichi palazzi perché le
rendite catastali è schizzata alle stelle. "Ma se l'Imu è
raddoppiata in 3 anni, abbiamo pure gravissimi gap competitivi
interni al paese - dice Carmela Colaiacovo, amministratore
delegato del Park Hotel Ai Cappuccini di Gubbio - perché noi
paghiamo quasi il doppio che in Lombardia, per esempio. Parlerei
di concorrenza sleale. L'Italia è fatta anche di centri minori,
sempre più in difficoltà. E se noi viviamo, con le nostre 90
camere in un antico convento, dipende dalla cura sartoriale che
riserviamo al cliente". L'Italia è pure questo. Dentro un settore
che vale 160 miliardi di prodotto interno lordo e il 10%
dell'occupazione totale, con circa 2,7 milioni di addetti, ci sono
tante storie differenti e spesso straordinarie. Che non riusciamo
a raccontare e dunque a vendere. La settimana scorsa a Londra,
alla maggiore fiera mondiale del turismo, lo stand della Regione
Trentino Alto Adige era ospitato negli spazi dell'Austria e quasi
tutte le altre Regioni stavano fuori dal padiglione Italia.
Frammentazione e cupio dissolvi.