1. FRANCESCO PETRARCA
Figlio di esuli fiorentini Francesco Petrarca nacque ad Arezzo il 20 luglio 1304 da
Pietro di Parenzo (noto anche con il nome di Petracco) e da Eletta Canigiani. Il
padre, notaio, poteva vantare una buona cultura letteraria e pare che fosse legato
da rapporti di amicizia con Dante , al quale era accomunato dalla medesima fede
politica, guelfa di parte bianca. Costretto come Dante a fuggire da Firenze, nel
1302 si recò esule ad Arezzo, dove nel 1304 nacque il primogenito Francesco. Gli
studi ad Avignone, Montpellier e Bologna. Nel 1312 la famiglia si trasferì ad
Avignone, dove da pochi anni si era insediata la curia papale, e subito dopo nella
vicina Carpentras. Qui Francesco fece i suoi primi studi di grammatica, retorica e
dialettica (le arti del «trivio») sotto la guida del grammatico Convenevole da Prato.
Nel 1316, appena dodicenne, fu inviato dal padre all’università di Montpellier
e, nel 1320, all’università di Bologna, la più prestigiosa del tempo per gli studi
giuridici.
2. LA RESIDENZA AVIGNONESE E
L’AMORE PER LAURA.
• Il soggiorno a Bologna in compagnia del fratello Gherardo, di tre anni più
giovane, segnò un periodo di vita serena e piacevole, durante il quale si
manifestò pienamente in Francesco l’amore per la letteratura e l’insofferenza
per gli studi giuridici. Nel 1326 i due fratelli tornarono ad Avignone a causa
della morte del padre. Il 6 aprile 1327, venerdì santo, nella chiesa di Santa
Chiara ad Avignone Petrarca vide per la prima volta Laura (sulla cui identità
permangono tuttora dei dubbi) e immediatamente se ne innamorò, senza
essere mai contraccambiato; tale amore, oltre a rimanere sempre saldo
anche dopo la morte della giovane, diverrà il nucleo ispiratore di buona parte
della sua opera. La città in cui papa Clemente V aveva deciso di stabilire la
sede pontificia era intanto diventata il luogo di maggiore vivacità sociale e
culturale del tempo, e Petrarca, sostenuto dalle influenti amicizie del padre,
non mancò di sfruttare le opportunità che gli si presentarono.
3. L’INDOLE COSMOPOLITA
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Egli decise così di abbracciare la carriera ecclesiastica, prendendo gli ordini
minori, che gli consentivano di godere di una piccola rendita, senza tuttavia
vincolarlo agli obblighi pastorali e a dimorare in una sede permanente.La
residenza avignonese di Petrarca durò quasi un trentennio. Egli rimase infatti ad
Avignone o negli immediati dintorni – la bassa valle del Rodano o Valchiusa –
dal 1326 fino al 1353, compiendo tuttavia nel frattempo numerosi viaggi in
Europa spinto dall'irrequieto e risorgente desiderio di conoscenza umana e
culturale che contrassegna l'intera sua agitata biografia: fu a Parigi, a Gand, a
Liegi (dove scoprì due orazioni di Cicerone, ad Aquisgrana, a Colonia, a Lione.
Soprattutto nel primo decennio, Petrarca condusse una intensa vita mondana,
ricca di incontri, feste e divertimenti, incominciando anche a mettersi in luce per
il suo talento letterario. Nel 1330 entrò al servizio del cardinale Giovanni Colonna
come cappellano di famiglia, carica che fra l’altro gli consentì di intraprendere
numerosi viaggi nella Francia settentrionale, in Renania e nelle Fiandre (a Liegi
scoprì nel 1333 l’orazione ciceroniana Pro Archia, inizio fortunato di tante altre
scoperte umanistiche) L’amore per i viaggi rivela fra l’altro la sua indole
cosmopolita, aliena dal municipalismo di molti suoi contemporanei, e una
inclinazione a conoscere e a sperimentare ambienti sempre nuovi e diversi che
non lo abbandonò mai, neppure nella vecchiaia..
4. L’INCORONAZIONE POETICA.
• La fama di Petrarca incominciava intanto a diffondersi e ben presto, anche
grazie all’interessamento di amici potenti e alle sollecitazioni dello stesso
poeta, ebbe il suo alto riconoscimento ufficiale. È Petrarca stesso a
informarci, con una punta di vanità, che il 1° settembre 1340 gli giunsero
contemporaneamente lettere con cui sia il senato di Roma sia l’università di
Parigi gli offrivano la corona di poeta. Egli accettò la proposta del senato
romano e fu incoronato solennemente a Roma, in Campidoglio, l’8 aprile
1341; ottenne anche alcuni vantaggi economici e giuridici che spettavano ai
professori universitari. Nel 1347 decide di recarsi a Roma per manifestare la
propria ammirazione a Cola di Rienzo, proclamato tribuno del popolo, in
procinto di realizzare un regime di libertà democratica. Petrarca sognava la
restaurazione di una repubblica romana di grandezza pari all'antica. Egli
tuttavia, saputo che la rivoluzione si stava mettendo male, preferì fermarsi a
Parma. Qui ricevette la notizia che Laura era morta di peste (il 1348 fu l'anno
della terribile peste in tutta Europa ).
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5. IDEOLOGIA E POETICA
• Petrarca non fu legato a una corte o città particolare (superamento della
mentalità municipale, della partigianeria politica). Nato in esilio, vissuto
all'estero (Avignone), ospitato presso signori e città diverse (per la sua
chiara fama), senza mettere radici da nessuna parte, libero da
preoccupazioni economiche. Fa politica senza lasciarsi coinvolgere
personalmente negli avvenimenti (anche se lo è emotivamente): compone
canzoni con cui ammonisce città e signori, fa da paciere in una guerra tra
Genova e Venezia, scrive lettere di esortazione e consiglio a papi,
imperatori, a Cola di Rienzo, ai dogi veneziani... Per i suoi contemporanei
era conosciuto come il grande erudito, capace di coordinare una vasta rete
di letterati e scrittori italiani e stranieri. Le sue lettere (veri e propri saggi
critici) venivano copiate e studiate. Prima di essere incoronato in
Campidoglio (soprattutto per il poema Africa), chiese d'essere esaminato con
pubblica solennità dal re di Napoli, Roberto d'Angiò.
6. PETRARCA
• Tuttavia il Petrarca non ebbe mai alcuna intenzione di rivolgersi al pubblico
non intellettuale. Lo dimostra il fatto che le uniche due opere in volgare che
scrisse furono il Canzoniere e i Trionfi. Tutte le altre (poema Africa, lettere,
compilazioni dottrinali, trattati polemici, operette religiose e psicologiche)
furono scritte in latino, e solo per queste opere egli era diventato famoso. A
differenza degli scrittori del '200, legati all'esperienza comunale, e quindi alle
esigenze dei nuovi ceti borghesi di conoscere e di educarsi usando il
volgare, il Petrarca vuole parlare a una casta internazionale di intellettuali,
politici, funzionari, cioè alla forza dirigente dell'Impero, della Curia
avignonese, delle Signorie nascenti. Petrarca visse in un periodo in cui al
declino delle vecchie istituzioni (Chiesa e Impero) si andava aggiungendo la
crisi della prima società borghese: il Comune, che stava per essere sostituita
dalle Signorie, in cui il potere era detenuto da singole famiglie (o da
oligarchie).
7. IL PENSIERO POLITICO
• Altri aspetti del suo pensiero politico: considerava l'istituzione dell'Impero
adatta al mondo germanico, ritenuto primitivo e barbarico, ma non all'Italia.
Nella canzone Italia mia esorta i principi e signori italiani a cacciare dal loro
suolo le milizie mercenarie germaniche. Auspicava inoltre il ritorno della
chiesa alla primitiva purezza evangelica (di qui la condanna del potere
temporale dei papi e della corruzione avignonese. Egli era anche favorevole
al ritorno della sede pontificia a Roma). Forte è nel Petrarca l'insoddisfazione
artistica, ovvero la tendenza alla perfezione. Avendo un animo sensibile e
inquieto, rivede di continuo le sue opere, a volte per tutta la vita. Molte di
esse non sono neppure compiute.Questa insoddisfazione la si ritrova, a
livello psicologico, nella sua opera autobiografica più significativa: Secretum
8. IL MONTE VENTOSA
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Nel 1336, salendo sul Monte Ventoso in Provenza, ebbe una specie di crisi
mistica: comprese che l'amore per le cose terrene (Laura) e l'ambizione artistica
(desiderio di gloria) lo allontanavano dalle cose essenziali, profonde, religiose.
Nel libro Secretum egli s'immagina di parlare con s. Agostino, ammettendo la
propria colpa: l'accidia (cioè lo scarso entusiasmo nella ricerca del bene), ma
riconosce anche di non avere la forza per cambiare vita (come appunto s.
Agostino o il fratello Gherardo, fattosi monaco). Laura quindi viene considerata
come un oggetto di tentazione, che attrae (a partire dal 1327) e che respinge (a
partire dal 1336). Tuttavia, dopo il Secretum, Petrarca fa voto di castità e passa
a trattare argomenti di carattere religioso, benché fino alla morte l'ascetismo
non riuscirà mai a prevalere sull'ambizione.
9. OPERE LETTERARIE
• Il Canzoniere. Consiste di 366 liriche (sonetti, canzoni...) che vanno dal 1330
circa fino alla morte del poeta. Sono poste in un ordine sia tematica che
cronologico, non del tutto chiaro. Sono scritte in volgare. Lo stile è chiaro,
essenziale, apparentemente semplice (il lessico è volutamente ricercato ma
preciso, con esclusione dei termini troppo realistici). La forma è colta,
aristocratica, melodiosa, musicale, rigorosamente uniforme: per secoli sarà il
modello della lirica italiana. Petrarca si servì, fondendoli in maniera
assolutamente originale, dei poeti provenzali in lingua d'OC, degli stilnovisti,
dei poeti latini. Il poema è diviso in due sezioni: rime in vita e il morte di
Laura. L'amore per Laura è infatti il tema dominante della raccolta, anche se
l'unico vero personaggio è lo stesso Petrarca, col suo lungo soliloquio
intorno a una passione esclusiva
10. CANZONIERE
• Motivi poetici: l'amore per Laura è idealizzato ma umano, caratterizzato da
tormenti passionali, dolore per la morte di lei, malinconia del ricordo,
contrasto tra amore e coscienza religiosa... Laura è una figura totalmente
trasfigurata dalla sua fantasia artistica: simulacri, feticci, simbologie e
nostalgie sostituiscono l'oggetto del desiderio. Laura viene considerata dal
poeta come occasione per riflettere su di sé, soprattutto sul contrasto tra
intelletto (che vede quel che si dovrebbe fare) e volontà (che non può o non
vuol fare quello che l'intelletto vede). Petrarca infatti è combattuto fra il
desiderio di una vita mistico-spirituale (qui sta la sua coscienza religiosa) e
l'attaccamento alle cose terrene: l'amore per Laura, e la gloria artistica (qui
sta la sua coscienza laica). Il suo dramma interiore consiste appunto nel
fatto che non riesce a decidersi in maniera coerente né per un aspetto né per
l'altro. Alla fine di questo "diario malinconico", il poeta -già avanti negli annipensa che se Laura fosse vissuta ancora, l'amore non corrisposto si sarebbe
trasformato (vinta la passione dei sensi) in una tenera amicizia reciproca.
11. I TRIONFI
• Pometto didattico-allegorico, anch'esso scritto in volgare, col metro della
terzina, costituito da una serie di visioni, in analogia (a livello strutturale) alla
Divina Commedia. Iniziato forse nel 1352, mai veramente finito. Diviso in 6
Trionfi che descrivono la storia simbolica delle vita umana:nel Trionfo
d'Amore il poeta sogna la figura del dio Amore su un carro di fuoco, seguito
da una numerosa schiera di illustri vittime dell'amore passionale (Cesare,
Enea, Achille, Dante, Virgilio...). Ad un certo punto appare al poeta Laura,
che suscita nel suo animo un vivo sentimento d'amore, per cui anch'egli si
unisce alla schiera che col carro giunge all'isola di Cipro, dove Amore
celebra il suo Trionfo e l'uomo è sconfitto; nel Trionfo della Pudicizia il poeta
rappresenta le virtù di Laura che si oppongono vittoriosamente alla forza di
Amore. Laura, insieme a Lucrezia, Penelope, Didone..., libera i prigionieri
portandoli nel tempio della Pudicizia a Roma;