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EGIZI
22
L’uscitaalgiorno
Libro dei morti
Nuovo Regno (1550-1069 a.C.)
Nel Libro dei morti la persona è costituita da un corpo (djet)
e di altre entità:
Ba: l’anima libera esce dal corpo attraverso la testa e conosce
molteplici metamorfosi nel Duat, prima di raggiungere il cielo.
Haty: coscienza, identità trasmessa dalla madre. Legata al corpo,
haty viene pesata sulla bilancia del giudizio di Maat.
Shut: ombra, accompagna ba nella sua traversata del Duat.
Rimane legata alla terra.
POLARITà DEL MONDO
Il Duat
Regno dei morti, paese
del silenzio, lugubre
dominio sotterraneo
governato dal dio Osiride
Lago di fiamme
alla cui guardia
è preposto un cane
che divora i cadaveri.
Al defunto vengono date
delle formule magiche
perché si protegga e non
cammini a capo in giù.
Sala delle due Maat dove
si svolge il giudizio dell’anima,
la famosa pesatura del cuore
del defunto.
Le anime del defunto
seguono il percorso del sole:
si dirigono a ovest, dietro
la montagna Bakhu.
« Campo dei Giunchi »
Ultima tappa prima dell’uscita
al giorno, luogo di purificazione
che prelude alla rigenerazione.
È un campo dove sono coltivati
cereali giganteschi per gli dèi,
un luogo d’abbondanza cinto
da mura di rame.
L’uscita dal Duat è situata
tra due sicomori rivestiti
di turchesi.
L’anima ba esce vittoriosa
dal Duat, rigenerata
come il sole.
Componenti della persona
Dal Nuovo Regno in poi l’aldilà non sta solo in cielo ma si estende
nello spazio, magico dominio delle trasformazioni del dio Osiride.
Il Libro dei morti, il testo funebre più conosciuto di questo periodo,
descrive numerose tappe-chiave del viaggio dell’anima…
MESOPOTAMICI
25
MESOPOTAMICI
Q
uando la dea dell’amore Inanna decide di recarsi nel « Paese senza ritorno »
per rendere omaggio al Grande Toro Celeste, non immagina certo di dover
sperimentare la poco invidiabile sorte degli uomini. Indossati i paramenti più
sontuosi, intraprende la discesa verso il Regno dei morti governato dalla sorella
Ereshkigal. Sottoterra Inanna raggiunge una gigantesca cittadella e varca sette
cerchie, sette porte guardate da custodi ai quali deve dare uno dei suoi orna-
menti per poter raggiungere la successiva. Uno dopo l’altro consegna un tur-
bante, una collana di lazulite, i braccialetti d’oro, fino all’ultimo indumento,
il mantello reale. Completamente nuda, Inanna arriva al cuore del « Paese senza
ritorno », davanti a Ereshkigal e a sette demoni. Il sinistro tribunale intrappola la
dea e le fa subire la sorte riservata a tutti i defunti: sospesa a un chiodo, è tra-
sformata in un fantomatico cadavere. Gli dèi del cielo, preoccupati, ne organiz-
zano la resurrezione. Le inviano dei messaggeri che di nascosto le danno una
pozione magica: Inanna ritrova il suo corpo e le sue grazie. Temendo un con-
fronto con gli dèi del cielo, Ereshkigal la libera, ma a condizione che trovi un
vivente che la sostituisca nel « Paese senza ritorno ». Lo sfortunato prescelto
sarà Dumuzi, l’amante terreno di Inanna.
Il mito della Discesa agli inferi di Inanna8
ci immerge nell’antica (3000 a.C. circa)
concezione sumerica dell’aldilà, che è poi la stessa della dea Ishtar venerata
dai Babilonesi: spesso l’unica differenza tra gli dèi sumerici e quelli babilonesi
sono i nomi.
Inventori della scrittura (3200 a.C.), i popoli mesopotamici hanno lasciato innu-
merevoli tracce scritte, tra cui la favolosa ricerca dell’immortalità di Gilgamesh,
l’Enûma Eliš, o l’Epopea di Atrahasîs. Questi miti descrivono la vita degli dèi
e l’universo sul quale regnano. Sumeri e babilonesi condividono un’analoga
visione del mondo: un immenso spazio chiuso diviso in due parti, il cielo e la terra.
Nel I millennio a.C. anche il cielo è diviso in tre parti9
e la terra è come una
montagna o una barca rovesciata, talvolta piatta e circolare. Quali che siano
le fonti e le epoche, l’aldilà, sempre temuto, si trova in una gigantesca cavità
sotterranea. Nel corso di due millenni si contano decine di nomi sumerici desi-
gnanti l’aldilà, tradotti con « Paese senza ritorno », « Dominio dei morti », « Terra
della Morte », « Mondo di Sotto », « la Casa del Buio », « la Grande Città10
 ».
Gli uomini, al contrario degli dèi, sono mortali: alla fine della vita un fantoma-
tico doppio abbandona il corpo del defunto per raggiungere il lugubre aldilà,
prigione senza ritorno. Impedendo agli uomini di sopravvivere nell’aldilà,
gli dèi mesopotamici affermano il dominio sulle proprie creature.
« La Regina della Notte »,
Ereshkigal, sovrana del Regno dei Morti,
o sua sorella Inanna, dea dell’amore,
su una lastra di terracotta (regno del re
babilonese Hammurabi, 1792-1750 a.C.).
Il mondo babilonese secondo il modello
illustrato da Peter Jensen (1890): Aralu,
il mondo dei morti, è situato sotto
lo strato terrestre.
Il mondo sumero secondo lo schema
di Samuel Noah Kramer (1986): Kur,
il mondo dei morti, occupa l’intera
parte sotterranea.
« Al Paese-senza-ritorno, il regno di Ereshkigal […]
Questo luogo dove non c’è luce per nessuno,
Questo posto dove i morti sono coperti di polvere,
Questa dimora tenebrosa
Dove non sorgono mai gli astri […]. »
La Discesa di Ishtar agli inferi, versione babilonese11.
MESOPOTAMICI
26
I Babilonesi non credono
nell’immortalità di un’« anima »
nell’aldilà, ma nella sopravvivenza
di una sorta di anima-doppio:
Gedim: doppio aereo paragonato
a un’ombra o a un fantasma
che si separa dal corpo.
… varca poi sette cinte,
sette porte con i relativi
guardiani e giunge
alla fortezza dei morti.
Il defunto attraversa
un fiume sulla barca
di un nocchiere…
Il « Paese senza ritorno »
è situato in un’immensa cavità
sotterranea. In questo luogo
sinistro sono reclusi i morti.
L’anima-doppio
del morto
raggiunge il « Paese
senza ritorno »
sprofondando
in un foro nel punto
dove tramonta il sole.
Il mondo babilonese, retto dal dio Marduk e fortemente
gerarchizzato, divide per strati le varie categorie di esseri:
dèi immortali, uomini, morti e demoni. I mortali sono
condannati a un tetro destino, la reclusione in una fortezza
situata nelle viscere della terra.
Terra
Dominio delle
divinità astrali
Dimora degli Igigi,
gli dèi celesti
Dominio del dio Ea,
immensa riserva
di acqua dolce
Dominio dei
600 Anunnaki
(demoni reclusi)
Dimora di Anû,
dio del cielo
laDiscesanel« Paesesenzaritorno »
Mito della Discesa di Ishtar agli inferi
Babilonia (I millennio a.C.)
componenti della persona
polarità del mondo
MA ZDEI
29
MAZDEIpersia
D
ue millenni a.C., da qualche parte tra l’odierno Iran e l’Afghanistan, il mazdei-
smo si propagò per effetto delle profezie del leggendario Zarathuštra. Principe
dei Magi per i Greci dell’Antichità, pericoloso eretico o inventore di un duali-
smo religioso per i filosofi dei Lumi, oggi i ricercatori lo considerano uno dei
primi saggi che fece convergere in un solo dio le varie credenze. Secondo Jean
Kellens è soprattutto il creatore di una dottrina della retribuzione delle proprie
azioni che in seguito influenzerà il giudaismo e poi il cristianesimo12
. Le conce-
zioni mazdee dell’immortalità e del paradiso sono già presenti nei più antichi
testi dell’Avestâ. Questa compilazione di scritti eterocliti ha in seguito svolto un
ruolo importante nella vita spirituale dei persiani sotto l’Impero achemenide
(VI-IV secolo a.C.) e sasanide (III-VII secolo d.C.). Dopo la conquista musulmana i
mazdei furono accusati d’idolatria: alcuni si convertirono all’islam, altri fuggirono
in India, dove oggi i Parsi sono i loro lontani discendenti.
Il paradiso e la Restaurazione della Luce
Le radici della parola « paradiso » narrano una sorprendente storia che ne mette
in risalto l’origine persiana; « paradiso » proviene dal greco paradeisos, usato
nella Septuaginta (versione greca della Bibbia) per designare il Giardino dell’Eden
della Genesi, nel senso di « giardino » o di « recinto ». La parola greca, prove-
niente dal persiano pardêz e dall’avestico pairi-daêza13
, evoca presso i Persiani un
parco cintato in cui erano custoditi degli animali. Per i mazdei la destinazione dei
buoni non era né un parco né un giardino nel senso del pardêz, ma un mondo
di luce detto garotman14
. Situato al di là delle stelle, è governato dal dio supremo
Ahura Mazdâh, mentre sottoterra lo spirito Ahriman regna sulle tenebre. All’interno
di questo dualismo cosmico la terra è una fortezza assediata da innumerevoli
demoni da cui gli uomini si proteggono seguendo i precetti della religione mazdea:
possono andare in paradiso oppure finire all’inferno. Questa concezione dell’al-
dilà riprende l’antica visione indo-iranica del paradiso, di cui la religione vedica è
una sorta di gemella, anche se radicalmente diversa per quanto riguarda la fine
della vita: i mazdei non credono nella trasmigrazione delle anime, ma in una forma
di resurrezione che avverrà alla fine dei tempi, detta la « Restaurazione della Luce »
o « Grande Rinnovamento15
 ».
Nella lunga storia del mazdeismo le vicende del viaggio dell’anima seguono
due temi principali: il passaggio del ponte cˇinvat16
e l’apparizione di una guida
dai tratti di una giovane e splendida donna chiamata Daênâ. I musulmani ripren-
deranno questi due temi nelle proprie concezioni dell’aldilà con il ponte sirât
e le vergini urì del paradiso17
. Al sopraggiungere della morte l’anima resta per
tre giorni presso il defunto: all’alba del quarto ne abbandona definitivamente
il corpo e raggiunge ˇcinvat, il mitico ponte dove le anime vengono selezionate18
.
Se l’anima è buona, un dolce profumo proveniente da sud precede l’arrivo della
Daênâ. « Chi sei […]? » chiede il defunto. « O giusto, io sono la religione da te
compiuta. Quando commettevi buone azioni, ero lì per te ». La bella donna, dea
dell’aurora, conduce l’anima attraverso il cielo delle stelle, la luna e il sole prima
di raggiungere il paradiso supremo nelle Luci infinite. Se invece l’anima è cat-
tiva, una vecchia megera viene a prendere il defunto per condurlo all’inferno19
.
Paradiso e inferno sono luoghi spesso citati, ma non descritti con precisione:
fanno piuttosto pensare a un’uscita dal tempo20
. Nel mazdeismo la danna-
zione non è eterna: un giorno il mondo vedrà la programmata vittoria di Ahura
Mazdâh sulle Tenebre21
. L’escatologia, discorso sulla fine dei tempi, è un ciclico
ritorno all’origine. Subito dopo la fine del mondo, il dio supremo richiamerà
tutte le sue creature, buone e cattive, per la « Restaurazione della Luce ».
In tre giorni anche i peggiori demoni dell’inferno subiranno una metamorfosi.
« […] Io, che sono Ahura
Mazdâh, lo aiuterò
a superare il ponte
e a oltrepassarlo
e giungere fino in Cielo,
fino alla migliore vita,
fino ad Asa Vahista
e fino alle luci del Cielo. »
Yasna, XIX, 10-11.
Ricostruzione della dettagliata cosmologia
del Bundahishn, un racconto sulla
creazione compilato tardivamente
(VII–VIII secolo). Il testo riprende motivi
dell’antica religione mazdeica, che prevede
in particolare un mondo diviso in due poli:
da un lato un paradiso celeste e dall’altro
un inferno sotterraneo.
Il ponte činvat, prova
che i morti devono superare, è descritto
in diversi testi della religione mazdeica.
Lo stesso tema è diffuso presso i vicini
Sogdiani, ma anche nell’islam, dove činvat
diventa sirât (bassorilievo di una tomba
sogdiana, VII secolo).
MA ZDEI
30
UNPONTEPERILPARADISOOL’INFERNO
Sasanidi (III–VII secolo)
Persia
Ogni individuo è composto da un corpo e da un’anima immateriale
principale, legata ad altre due anime:
Urvan: anima, interiorità, io, coscienza, principio maschile.
Anima condannata.
Fravaši: anima celeste, doppio tutelare, sorta di angelo custode. Alleate
del dio Ahura Mazdâh, le fravaši esistevano prima della creazione del
mondo: la loro missione consiste nel favorire la vittoria sulle forze del male.
Daênâ: religione, principio femminile, rende visibile l’aldilà, instaura un
legame fra urvan e fravaši. È talvolta interpretata come un’anima mobile.
I mazdei, adepti dell’antica religione di Zoroastro,
credono in una vita dopo la morte. Le anime dei defunti
sono giudicate sul ponte činvat: quelle buone salgono
in paradiso e le cattive scendono all’inferno fino
alla « Restaurazione della Luce » dove tutte le anime
saranno resuscitate.
Garotman, il paradiso
Luminoso, immateriale, situato in cima
al cielo, sede della futura resurrezione.
Giudizio
Per i buoni, il ponte činvat
raggiunge la larghezza
di nove lance. Per i malvagi,
diventa stretto quanto
la lama di un rasoio.
Le anime malvage scendono
fino alla porta dell’inferno.
L’inferno
Poco descritto, è un luogo sotterraneo
e privo di luce situato nel centro
della terra.
Componenti della persona
Tre giorni dopo
la morte, l’anima
lascia il corpo.
Il ponte činvat
prova situata
in cima ai monti
Elburz.
L’anima ritrova
la sua Daênâ
sotto le sembianze
di una donna,
bella o brutta
a seconda della
vita trascorsa.
Le anime buone incontrano
i propri doppi celesti.
demoni
fravaši
Terra
polarità del mondo
dominio
del dio
Ahura Mazdâh
uomini
dominio
del dio Ahriman
Greci
33
Greci
D
urante il suo riposo nell’isola della maga Circe, « dove il sole che gli uomini
illumina cala sotto la terra22
 », Ulisse apprende di doversi recare nel regno dei
morti per incontrarvi l’indovino Tiresia. L’eroe naviga fino agli Inferi, compie
i rituali e vede arrivare una folla di fantasmi, alcuni sconosciuti, altri familiari
come quelli di Achille, Aiace, Agamennone, Sisifo e della sua stessa madre23
.
Anche altri eroi greci si recano ai confini del mondo: Perseo decapita Medusa in
riva all’Oceano, Giasone spinge la sua ricerca del vello d’oro fino alla Colchide
dove sorge il sole, nella sua dodicesima fatica Eracle scende agli Inferi per cat-
turare Cerbero. Questi racconti tratteggiano un immaginario greco dell’aldilà
particolarmente fertile, in uno scenario religioso politeista.
Miti: i molteplici luoghi del regno di Ade
Le più antiche descrizioni dei luoghi dell’aldilà greco si trovano nell’Iliade
e nell’Odissea di Omero, composte probabilmente nell’VIII secolo a.C.
Completandone la lettura con la Teogonia e le Opere e i Giorni di Esiodo,
se ne ricava un’immagine globale del mondo strutturata in tre parti: la terra,
il cielo e il mondo sotterraneo. Al centro c’è la terra: dimora dei mortali,
è piatta, circolare come uno scudo25
, circondata dal fiume Oceano26
, sorgente
di tutti i fiumi. Sopra di essa si stende il cielo: emisferico e di materia solida
(bronzo27
o ferro28
), ospita l’Olimpo, il mondo degli dèi e degli eroi immor-
tali. Al di sotto29
, il mondo sotterraneo, dimora dei morti, sembra il fondo di
un orcio30
. Governato dal dio Ade e dalla sua sposa Persefone, è buio, neb-
bioso31
e contiene numerosi luoghi e fiumi di cui è difficile stabilire la dispo-
sizione. Il temibile cane Cerbero32
ne monta la guardia, mentre Caronte
ne è il traghettatore. Più fiumi solcano in tutti i sensi le « case dell’Ade33
 »
formando una specie di labirinto: il primo da varcare è l’Acheronte, seguito
dai due affluenti34
, l’ardente Piriflegetonte (o Flegetonte) e il Cocito colmo
di lacrime. Affluente di quest’ultimo è l’« odioso » Stige, acqua di morte che
corrompe tutti i corpi, acqua d’irrevocabile promessa per gli dèi che arrivano
perfino a « giurare sullo Stige ». Quanto al Lete, berne l’acqua fa dimenti-
care la luce del sole e la vita. Oltre ai fiumi vengono descritte anche varie
regioni. Secondo Omero35
, sui prati di asfodelo si aggira la maggior parte dei
trapassati. Il Tartaro, simile a una prigione dietro a un bastione di bronzo36
o a uno stretto pozzo avvolto dalla notte37
, si trova in mezzo alle paludi nel
punto più profondo dell’Ade. L’Erebo, vicino al Tartaro, è una zona dai contorni
sfocati dove sono puniti Sisifo, per aver sfidato gli dèi, e Tantalo per aver loro
sottratto il nettare d’ambrosia.
In quest’oscuro panorama infernale molte isole poste a occidente, al confine
tra il mondo dei vivi e quello dei morti e dalle apparenze alterate, costituiscono
dei punti di rottura: sono delle porte aperte sull’aldilà. Nell’Odissea38
Ogigia,
l’idillica isola di Calipso, figlia di Atlante, sta in mezzo all’Oceano; secondo
Esiodo39
, in questa brumosa regione « al di là dell’oceano » si trovano sia Erizia,
dove Eracle caccia i buoi di Gerione, sia il giardino delle Esperidi, dove il mede-
simo Eracle ruba le mele d’oro. È qui che Omero situa i Campi Elisi, benefico
luogo destinato agli eletti:
« te [...] nella pianura Elisia, ai confini del mondo
Ti condurranno gli eterni, dov’è il biondo Radamanto,
e là bellissima per i mortali è la vita […]40
. »
Nella tradizione post-omerica Radamante diventa uno dei tre giudici degli Inferi
insieme al fratello Minosse e ad Eaco. Il tema del giudizio sottolinea la differenza
tra le sorti dei defunti. Nella gerarchia dei destini redatta da Esiodo gli uomini
di bronzo sono destinati all’oblio nell’Ade, mentre la razza degli eroi sopravvive
« Giunsero alle correnti
d’Oceano e alla Rupe
Bianca; e alle Porte
del Sole e tra il popolo
dei Sogni arrivarono:
e presto furono nel prato
asfodelo dove abitan
l’ombre, parvenze
dei morti. »
Omero, Odissea24
.
Eos porta il corpo
di Memnone, ucciso a Troia da Achille.
La dea dell’aurora, abitante ai confini
del mondo, otterrà da Zeus l’immortalità
per suo figlio (Duride, pittore di vasi,
490-480 a.C.).
In quest’immagine dell’universo d’epoca
arcaica il regno di Ade si trova sottoterra
e il caos, sul fondo dell’universo,
costituisce una sorta di apertura cosmica.
L’ALTRO MONDO
34
Greci
35
« nelle isole dei beati, presso l’Oceano dai vortici profondi41
 », lontano dagli uomini.
I Campi Elisi e le Isole dei Beati, a volte confusi tra loro, evocano una paradi-
siaca età dell’oro pur trovandosi in vicinanza, o addirittura all’interno dell’Ade.
Questa mitica geografia dell’aldilà si diffonde nel bacino mediterraneo influen-
zando soprattutto i Romani (l’Eneide di Virgilio aggiunge nuovi dettagli geo-
grafici all’Ade), e poi i cristiani (come prova la Divina Commedia di Dante).
Orfeo, orfismo e palingenesi
Dal VI secolo a.C. alla fine dell’era arcaica una nuova corrente mistica, detta
« orfismo », si sviluppa in margine ai culti praticati nelle città greche. La nuova
religione è legata alla mitica figura di Orfeo, la cui discesa agli Inferi diventa
un modello del genere. Figlio della musa Calliope, poeta e musicista, l’eroe
sposa la bella Euridice che però muore per il morso di un serpente. Pazzo d’a-
more, Orfeo va a riprenderla nel regno dei morti riuscendo ad addormentare
il temibile Cerbero e a incantare Ade. Il sovrano degli Inferi consente a conse-
gnargliela, a patto che nel viaggio di ritorno sulla terra Orfeo non si volti mai
a guardarla. Giunto alla soglia del regno dei vivi e non udendo più i passi di
Euridice, il poeta si volta... e la vede sparire. Il viaggio nell’aldilà dona a Orfeo
la capacità di impartire insegnamenti sulle origini del mondo e di svelare il
mistero dei rapporti tra i vivi e i morti. L’orfismo propone agli iniziati un con-
cetto della morte fondato sulla palingenesi, la « rigenerazione »: le anime dei
defunti tornano in vita sotto altre forme, per esempio sotto quella di animali.
Ma poiché l’anima (psykhe) è doppia, divina e legata ai Titani, per gli iniziati
è possibile sfuggire a queste rinascite e accedere all’eterna felicità. A Lebadea,
dove veniva inscenata una discesa nel regno dell’Ade, la tradizione riporta
due sorgenti situate all’ingresso degli Inferi: Mnemosine e Lete, « Memoria »
e « Oblio », legate a due diversi destini dei defunti43
. Le religioni misteriche
hanno sconvolto la concezione arcaica dell’anima descritta da Omero: la psykhe
(vita, duplicato della persona) ha assorbito il thymos (spirito, coscienza) dive-
nendo l’intera personalità del vivente44
. Sebbene permangano numerosi inter-
rogativi circa l’origine e la formazione di tali credenze, si suppone che abbiano
esercitato un notevole influsso sui filosofi greci.
Importanza dal punto di vista dei filosofi
Dal VI secolo a.C. i pensatori greci, imbevuti di mitologia e di racconti ome-
rici, e forse influenzati dallo sciamanesimo proveniente dal Mar Nero46
, hanno
rimesso in discussione l’immagine del mondo degli antichi.
A Pitagora viene attribuita ogni sorta d’invenzioni e di leggende, alcune delle
quali riguardanti il destino delle anime. Sarebbe stato il primo a introdurre
in Grecia l’idea « che l’anima è immortale e trasmigra in altre specie di esseri
animati47
 »; avrebbe ripreso una teoria egizia secondo la quale le anime pote-
vano reincarnarsi in ogni sorta di esseri viventi, impiegando tremila anni per
ritrovare un corpo umano48
; pretendeva di ricordare le sue vite anteriori, soste-
nendo che la sua anima si era reincarnata in varie persone: Etalide, Euforbo,
Ermotimo, Pirro e infine Pitagora49
.
Nel V secolo a.C. il poeta Pindaro distingue chiaramente due destini post
mortem, ognuno associato a un luogo dell’aldilà: i cattivi sono « consumati da
orrendi supplizi » e votati all’oblio; i buoni, gli eroi celebrati dai poeti, percor-
rono una via luminosa tracciata da Zeus e raggiungono il regno di Crono, dove
le brezze dell’oceano accarezzano le Isole dei Beati (o Isole Fortunate) « e fiori
d’oro scintillano, quali al suolo da piante rigogliose e quali nutriti dall’acqua,
onde bracciali si allacciano ai polsi e ghirlande sul capo50
 ».
Anche Platone menziona queste Isole dei Beati riservate ai filosofi51
che fanno
politica nell’interesse della città: « E così avendo via via educato altri a propria
somiglianza e avendoli lasciati al loro proprio posto come guardiani dello
stato, andranno ad abitare nelle isole dei beati52
 ». Il filosofo ateniese sviluppa
varie idee sul destino delle anime in molti dei suoi grandi testi classici quali
la Repubblica, il Fedone e il Gorgia, che rivestiranno un ruolo importante nel
crogiolo delle culture del bacino mediterraneo, influenzando dapprima certe
correnti religiose ebraiche e poi quelle cristiane e musulmane. Identificandosi
con il proprio maestro Socrate, Platone critica la mitica fede nell’Ade che ispira
l’orrore della morte: « E se uno crede all’esistenza di uno spaventoso mondo
di Ade, pensi che sarà intrepido di fronte alla morte?53
 » Propone di « ripu-
diare tutti quei nomi terribili e spaventosi che si usano a questo proposito54
 »
e di usare tutt’altra terminologia. Dopo il famoso XI canto dell’Odissea che
descrive l’Ade, Platone propone ne La Repubblica la storia di Er il Panfilio,
un soldato morto in battaglia e tornato dal regno dei morti dopo dodici giorni.
Gli dèi l’hanno lasciato resuscitare per narrare agli uomini ciò che ha visto.
« E lì vedeva le anime che, dopo avere sostenuto il giudizio, se ne andavano
per una delle due voragini, sia del cielo sia della terra; attraverso le altre due
passavano altre anime: dall’una, sozze e polverose, quelle che risalivano dalla
terra; dall’altra, monde, altre che scendevano dal cielo55
 ». Il testo descrive un
quadro dettagliato della fortuna degli uni e dei supplizi degli altri ed espone
una visione generale del cosmo. Contrariamente alla mitica immagine dell’u-
niverso fatto di piani sovrapposti, Platone parla di un cosmo e di una terra sfe-
rici, senza per questo eliminare la visione religiosa del mondo sotterraneo, ma
modificandola introducendovi un tocco di metempsicosi. Al sopraggiungere
della morte le anime immortali sono giudicate nel mondo sotterraneo e inviate
in un luogo corrispondente alle azioni compiute in vita, dopo di che alcune
di esse vengono insufflate in nuovi corpi. Nel Fedone la geografia dell’Ade
è descritta con grande precisione e con un tale numero di dettagli da satu-
rare l’immaginario e confondere la rappresentazione. Vi sono sempre presenti
i grandi luoghi mitici quali il Tartaro, i fiumi Acheronte, Cocito, Piriflegetonte,
ai quali Platone aggiunge la palude Acherusiade, fondamentale in quanto
lì è inviata la maggior parte delle anime. Ai giusti e ai filosofi Platone assegna
un luogo diverso dalle Isole dei Beati: una « terra pura » circondata d’etere
e situata in cielo56
.
Dal IV secolo a.C. altri filosofi rimettono in discussione i modelli religiosi e
la visione idealista degli allievi di Platone. Per il materialista Epicuro il corpo
e l’anima costituiscono una disposizione provvisoria d’atomi e l’anima non è
immortale. Gli scettici, come Pirrone, criticano ogni tipo di dogma e tendono
all’atarassia, alla quiete. Lo stoico Epitteto concepisce l’anima umana come
una scintilla cosmica, un frammento distaccato da Dio… Dopo le conqui-
ste d’Alessandro Magno nel IV secolo a.C. i concetti religiosi greci si mesco-
lano con le religioni orientali persiane, babilonesi ed egizie: il destino è scritto
nel corso degli astri, le anime si aprono al cielo.
« Edunquesiamod’accordo
ancheperquestavia
cheivisisonogenerati
daimortinonaltrimenti
cheimortidaivivi.
E,postociò,cipareva
giàch’essofosseprova
sufficientearitenereche
leanimedeimortidevon
esisterenecessariamente
inqualcheluogo,dalquale
tornanopoiarigenerarsi. »
Socrate (da Platone, Fedone, 71-72)45
.
« […] l’anima è immortale
ed eterna e le nostre
anime esisteranno
realmente nell’Ade. »
Socrate (da Platone, Fedone, 106-107)57
.
Al centro del cosmo sferico descritto
da Platone, la terra è un globo contenente
l’Ade. Nel Fedone il filosofo immagina
un’altra terra nel cielo etereo,
per i giusti e i filosofi.
« […] Al tempo di Crono era, come lo è ora, e lo sarà in futuro,
divina legge per gli uomini che l’uomo, giustamente e piamente
vissuto, dopo la morte vada nelle Isole dei beati e là egli abiti
in piena libertà, libero da ogni male, mentre l’uomo ingiustamente
ed empiamente vissuto sia mandato in quel carcere di pena
e di espiazione che vien chiamato Tartaro […]. »
Platone, Gorgia, LXXIX58
.
« Ed essi abitano,
con l’animo sgombro
da affanni, nelle isole
dei beati, presso l’Oceano
dai vortici profondi […]. »
Esiodo, Le Opere e i Giorni42
.
Greci
36
ILREGNODell’ADE
Tradizione omerica (VIII secolo a.C.)
Grecia arcaica
L’Illiade e l’Odissea contengono vari episodi
– discesa di Ulisse nel regno dei morti, sogno d’Achille –
con la descrizione dell’aldilà della Grecia arcaica.
Il destino dei mortali, opposto a quello degli dèi,
porta inesorabilmente tutti gli uomini in un regno
sotterraneo suddiviso in più zone.
Olimpo: mondo luminoso
degli dèi immortali
Regno di Ade
Dimora dei morti
suddivisa in numerosi
sotto-luoghi e fiumi
In Omero l’anima non è né divina né immortale. Quando Ulisse incontra
i morti, sono delle « ombre volanti » private dei sensi, « come dei sogni ».
In sogno Achille vede l’anima di Patroclo che gli parla e svanisce
in forma di vapore. L’anima corrisponde a due principi:
Thymos: passione, coscienza, spirito. Muore con l’individuo.
Psykhe: psiche, vita e doppio della persona nell’Ade. Alla morte esce
dalla bocca come un vapore, diventando una specie di fantasma.
Campi Elisi
Luogo intermedio destinato
ad alcuni eletti, vicino
al « Paese dei Sogni »
Acheronte
Stige,
acque di morte
Flegetonte,
fiume di fuoco
Cocito,
fiume di lacrime
Prati di asfodelo
Termine del viaggio di Ulisse
nel paese dei morti, luogo
dov’è raccolta la maggior
parte delle anime. Tartaro
Baratro circondato di
paludi, prigione dei Titani
L’anima lascia il corpo, si dirige
verso ovest e varca l’Oceano,
confine tra i vivi e i morti.
polarità del mondo
Componenti della persona
uomini
morti
immortali
Zophos:
tenebre,
ponente
Eos:
aurora,
levante
Greci
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Greci
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IMEANDRIDELL’ALDILÀ
Fedone, Platone (IV secolo a.C.)
Grecia
Poco prima di morire Socrate, maestro di Platone,
s’intrattiene con i discepoli sulla sorte dell’anima.
Nel commovente dialogo appare una topografia dei luoghi
dell’aldilà con una labirintica rete di fiumi al centro
di una terra e di un cosmo sferici. Tutte le anime
sono giudicate.
Chi si è distinto per la santità di vita,
per esempio i filosofi, accede a pure
dimore situate sulla terra o nel cielo.
COSMO, VEDUTA GENERALE DEL MONDO
L’alto e la periferia
corrispondono alla sfera
celeste, eterea e divina.
La terra pura
In cielo è descritta un’altra
terra, dai colori sgargianti:
è la dimora degli dèi e,
forse, dei filosofi…
La terra, al centro
del cosmo, è associata
alla materia e al corpo.
Il Cocito
Le anime che hanno
commesso i peccati
meno espiabili sono
respinte nel Cocito, il fiume
di lacrime che s’inabissa
a spirale sottoterra,
passando dallo Stige.
Palude StigiaL’Acheronte percorre l’interno
della terra in senso inverso
al corso del fiume Oceano.
Porta alla palude Acherusiade.
Ade
La maggior parte delle anime
scende nell’Ade dove raggiunge
luoghi diversi a seconda
delle qualità personali.
… mentre quelle che hanno
commesso peccati
redimibili restano
nel Tartaro un solo anno.
La palude
Acherusiade
accoglie le anime
né buone né cattive…
Reincarnazione
Le anime irredimibili
vi restano in eterno…
Il Tartaro
Riceve le anime malvage.
Secondo Platone, « ogni cosa si genera dal suo contrario », i vivi rinascono dai morti e viceversa.
Il corpo è paragonato a una prigione da cui l’anima si libera al momento della morte.
L’anima, immortale, subisce diversi destini a seconda del suo grado di corruzione.
Le anime buone sono attratte dal celestiale, mentre le impure sono legate al terrestre.
Anime dei filosofi e dei buoni
Maggioranza di anime né buone né cattive
Anime dai peccati più espiabili
Anime dai peccati meno espiabili
Anime irredimibili
IL DESTINO DELLE ANIME
… che vi soggiornano
più o meno a lungo prima
di reincarnarsi sulla terra.
Il Flegetonte
Le anime che hanno commesso
i peccati più espiabili sono
respinte dal Tartaro
nel Flegetonte, un fiume di fuoco.
Passando davanti alla palude
Acherusiade, i condannati
vedono le proprie vittime
e sperano nel loro perdono.
Se non l’ottengono, ritornano
nel Tartaro e il ciclo si ripete.
ebrei
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ebrei
L
a religione monoteista fondata dal profeta Mosè si sviluppa in un fertile crogiolo
al contatto con civiltà potenti e spesso conquistatrici: Egizi, Assiri, Babilonesi,
Persiani, Greci e Romani. Nel corso di questa lunga storia gli ebrei fissano
le loro tradizioni religiose tra il IX e il II secolo a.C., formando un’immensa com-
pilazione di testi: la Bibbia ebraica59
. Questa « tradizione del Libro » è unica
nella storia delle religioni, dato che oggi rappresenta la fonte originale delle
religioni ebraica, cristiana e musulmana.
Bibbia: lo Sheol
Nella Bibbia il mondo dei morti, detto « Sheol », è una regione sotterranea che
fa parte di un’immagine globale del mondo influenzata dai mesopotamici60
.
In alto il cielo è curvo come una solida cupola61
, in mezzo c’è la terra, talvolta
sorretta da colonne62
, sotto c’è il mondo dei morti, seguito dalle acque sovra-
celesti e dall’abisso. Nei più antichi testi biblici i morti scendono in un mondo
paragonato a una vasta tomba. La geografia dello Sheol è particolarmente
vaga, la sua collocazione nelle profondità della terra e la sua descrizione sem-
brano meno importanti rispetto alla sorte dei defunti. Nel Libro dei Numeri gli
avversari di Mosè sono inghiottiti dalla terra: « Ma se il Signore opera un pro-
digio, e se la terra spalanca la bocca e li ingoia con quanto appartiene loro, di
modo che essi scendano vivi agli inferi, allora saprete che questi uomini hanno
disprezzato il Signore63
 ». Nel Libro di Isaia Dio distrugge Babilonia il cui re ha
oppresso gli Ebrei. Questi scende « nelle profondità dell’abisso64
 » e al suo arrivo
è accolto da altri re: « Negli inferi è precipitato il tuo fasto e la musica delle
tue arpe. Sotto di te v’è uno strato di marciume, e tua coltre sono i vermi65
 ».
Il tiranno viene posto quindi a contatto con gli altri morti, non solo, ma la puni-
zione divina lo condanna a perdere il proprio nome e a sparire nell’oblio66
.
Nel Libro di Giobbe il vecchio uomo si lamenta della sua sorte: « Il piccolo e il
grande là sono uguali, e lo schiavo è libero dai suoi padroni67
 », « So bene che
mi conduci alla morte, alla casa dove convengono tutti i viventi68
 ». Il re David
vi ritrova il figlio69
e si addormenta insieme ai suoi padri70
. Nello Sheol la vita
dei morti, tutt’altro che idillica, è una cupa esistenza nel regno del « silenzio71
 ».
Il mondo sotterraneo non è né una promessa d’eternità né ancora un mondo
a venire, ma solo il monito a vivere sulla terra secondo i comandamenti di Dio.
Bibbia: la resurrezione
Nell’VIII secolo a.C. gli Assiri conquistano il regno d’Israele: due secoli dopo
cade il regno di Giuda, stavolta sotto il giogo dei Babilonesi. Il Tempio di
Gerusalemme viene raso al suolo nel 587: gli Ebrei, umiliati nell’esilio babi-
lonese, aspirano a un altro mondo. I Persiani, adepti del mazdeismo, schiac-
ciano l’impero babilonese liberando i popoli oppressi, tra cui gli Ebrei. Questi,
entrati in contatto con i Mazdei che credono in una forma di resurrezione alla
fine del mondo, scoprono le idee dei Greci sull’immortalità dell’anima. Nuovi
testi ebraici sviluppano il tema della resurrezione. L’aldilà è rivoluzionato,
diventa possibile seguire il cammino delle misteriose morti d’Elia e di Enoch,
entrambi rapiti in cielo72
, e lasciare lo Sheol per un altro mondo, in vista di
una futura resurrezione. La promessa della resurrezione può essere collettiva
e destinata al popolo eletto, come nel Libro d’Ezechiele dove Dio parla agli
Ebrei con toni da negromante: « Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire
dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. […]
Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra73
 ».
Ma può anche essere individuale, come nel Libro di Daniele dove la resurre-
zione è destinata soprattutto agli adoratori di Dio: « Molti di quelli che dormono
« Chi scende al regno
dei morti più non risale. »
Giobbe 7,9.
Alla fine dei tempi
la carne del Leviatano e di Behemoth,
mostruose creature incarnazioni del male,
sarà mangiata durante il pasto dei giusti.
Animali carnivori ed erbivori dividono
lo stesso banchetto secondo una
tradizione del Libro di Isaia (miniatura
di una bibbia ebraica del XIII secolo).
L’ALTRO MONDO
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ebrei
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nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri
alla vergogna e per l’infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore
del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno
come le stelle per sempre74
 ».
La resurrezione si afferma quindi nei testi recenti della Bibbia (a partire
dal II secolo a.C.) in un periodo in cui appare decisivo l’influsso della filoso-
fia greca. L’olam ha-ba, « mondo a venire », si contrappone all’olam ha-zeh,
il « mondo di qua ». Le sette ebraiche discordano circa la sorte umana: i Sadducei
sostengono che l’anima è mortale, mentre i Farisei, e presto i primi cristiani,
credono nella resurrezione per i giusti.
Discussioni rabbiniche: il mondo a venire, il Gan Eden e la Geenna
Dopo la distruzione, nel 70 d.C., del tempio di Gerusalemme da parte dei
Romani, gli Ebrei lasciano nuovamente la terra d’Israele e si disperdono in
Oriente, intorno al Mediterraneo e quindi in Europa. Le oppressioni subite dalle
civiltà dominanti continuano a determinare il concetto dell’aldilà dei sacerdoti:
le sofferenze subite sono ricompensate dalla fede nell’arrivo di un messia,
in un mondo migliore a venire e in un ritorno nella terra perduta.
I rabbini interpretano i testi biblici, li commentano in una tradizione orale che
diventa scritta nella Mishnah a partire dal III secolo d.C. e poi nel Talmud,
compilazione di discussioni rabbiniche. Queste tradizioni riprendono i con-
cetti farisaici della resurrezione e dell’immortalità dell’anima, pur rimetten-
doli in discussione. Due diversi destini spettano agli uomini: olam ha-ba,
il mondo a venire, per i giusti, e gehinnom, la Geenna per gli empi. Ma su
molti punti i pareri sono divisi: lo Sheol biblico va considerato un luogo reale,
o il mondo a venire è un simbolo? Che ne è delle anime tra la morte e la
resurrezione? L’aldilà non attiene forse all’inconoscibile?
Per alcuni le ricompense nel giardino dell’Eden (Gan Eden) e i castighi della
Geenna arrivano subito dopo la morte. Per altri le anime restano legate al
corpo per dodici mesi, periodo di purificazione che precede un Giudizio.
In attesa della resurrezione, le anime dei giusti vengono poste in ricettacoli
sotto il trono di gloria, nel settimo cielo, o nel giardino dell’Eden. La fede nella
resurrezione si rafforza: l’anima e il corpo, sostanzialmente indivisibili, si riuni-
ranno nel mondo a venire, nel giorno della resurrezione l’anima tornerà alla
polvere che ricostituirà un corpo. Il mondo a venire, luogo della ricompensa,
è una sfera divina situata sopra, o accanto, a questo mondo, mentre la Geenna
ospita gli empi sottoterra, in un fuoco prossimo allo Sheol. Secondo alcuni
rabbini tutti i morti possono rivivere, mentre altri propendono per una perpe-
tua condanna nella Geenna. In ebraico la parola gehinnom (Geenna) proviene
da un luogo reale situato a sud di Gerusalemme, nella valle di Ben Hinnom75
.
Al tempo della monarchia biblica un culto pagano usava sacrificarvi i bam-
bini e il toponimo è rimasto associato all’orrendo rito. I due immaginari ebrei,
quello di un mondo a venire e quello di un luogo di tormenti, verranno ripresi
e ampliati nelle tradizioni cristiana e musulmana.
Nel Medioevo i pensatori ebrei continuano a sviluppare il tema. Nel IX secolo,
a Baghdad, Sa’adya Ga’on, temibile avversario degli ebrei d’Oriente che cre-
dono nella trasmigrazione delle anime, afferma che alla venuta del Messia
resusciteranno solo i giusti. Nel XII secolo Mosè Maimonide, il più grande pen-
satore ebraico medievale, è influenzato dai filosofi greci: immagina un universo
a forma di cipolla con nove cieli a strati sovrapposti, crede nella sopravvivenza
dell’anima nel mondo a venire ma... senza il corpo fisico. La resurrezione dei
corpi proclamata nel Talmud è ormai intaccata e suscita forti opposizioni nella
comunità ebraica. Un secolo dopo, Nahmanide teorizza un mondo a venire,
con i corpi resuscitati: nell’attesa della resurrezione le anime dei giusti passano
dodici mesi nel giardino dell’Eden, prima di salire in quello celeste. A quel
tempo Nahmanide, una delle massime autorità religiose del giudaismo spa-
gnolo, era anche vicino alle cerchie cabalistiche.
Mistici e cabalisti: il settimo cielo
Parallelamente alla tradizione exoterica, una tradizione mistica ed esoterica
s’ispira alle tradizioni antiche, in particolare ai racconti apocalittici: il Libro di
Daniele (nella Bibbia), il Libro di Enoch, la visione di Ezechiele... Dal III secolo d.C.
il viaggio dell’anima dà origine a speculazioni cosmologiche, alcune molto det-
tagliate. I cieli da ascendere sarebbero sette e ogni viaggio tra un cielo e l’al-
tro durerebbe cinquecento anni77
. Nella diaspora ebraica questa attrazione
per le visioni figurate o simboliche che portano all’incontro con il divino assu-
mono varie forme: tra il III e il VII secolo, a Babilonia, la mistica della Merkabah
esplora il tema della visione del carro divino e dei sette palazzi celesti, il set-
timo dei quali contiene il trono di Dio. Ma è in Provenza, fra il XII e il XIII secolo,
che spuntano i primi cabalisti, come Abraham ben Isaac e Isacco il Cieco.
Riservata alle cerchie d’iniziati, la Cabala presenta nuovi modi d’incontrare
il divino soprattutto grazie a una diversa lettura dei testi fondamentali e all’in-
troduzione di un sistema di corrispondenze tra microcosmo e macrocosmo78
.
L’opera dei cabalisti tende a risanare il mondo di sotto e a preparare l’av-
vento della fine dei tempi. Le tradizioni circolano in Spagna, dove Moses de
León compone una parte del Zohar, una compilazione di testi esoterici che
rivestirà grande importanza per i cabalisti e, più tardi, per molti ebrei: oggi la
Cabala, Qabbalah, designa « la mistica ebraica e le tradizioni esoteriche del
giudaismo79
 ». Secondo una concezione cabalista80
del Medioevo, l’anima è
composta di tre parti: la nefesh, spirito animale inferiore, la ruah, spirito razio-
nale e intermedio, e la neshamah, anima superiore, parte puramente spiri-
tuale dedita allo studio della Torah. Dopo la morte le tre anime subiscono sorti
diverse: nefesh resta nella tomba dove subisce delle punizioni, ruah è casti-
gata per dodici mesi prima di raggiungere il Gan Eden terreno, mentre nesha-
mah accede direttamente al Gan Eden celeste. Ogni anima arriva sulla terra
con un dovere da compiere; se non lo compie, o se ha bisogno d’essere puri-
ficata, neshamah può tornare sulla terra. Tale ritorno dà luogo a una sorpren-
dente dottrina di trasmigrazione delle anime, detta « Ghilgul81
 », dove sono
possibili solo tre reincarnazioni.
La lunga ed eccezionale storia del giudaismo ha contemplato delle visioni
dell’aldilà molto diverse tra loro che sono state oggetto di numerose discus-
sioni e che recano tracce di influenze esterne mesopotamiche, persiane e gre-
che. Per cristiani e musulmani le influenze sono reciproche. Oggi coesistono
varie concezioni: gli ebrei ortodossi continuano a credere nella resurrezione
riferendosi all’interpretazione letterale della Bibbia e del Talmud. Altri ebrei
credono nell’eternità dell’anima, pur mantenendo aperta la discussione.
« Ma di nuovo
vivranno i tuoi morti.
I miei cadaveri
risorgeranno! »
Isaia 26,19.
« Per questo gioisce
il mio cuore ed esulta
la mia anima;
anche il mio corpo
riposa al sicuro,
perché non abbandonerai
la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo
fedele veda la fossa.
Mi indicherai il sentiero
della vita, gioia piena
alla tua presenza,
dolcezza senza fine
alla tua destra. »
Salmi 16,9-11.
« Due porte di diamante
permettono l’accesso
al Gan Eden e su queste
vi sono settantamila
angeli servitori;
lo splendore dei loro volti
riluce come lo sfavillio
del firmamento. »
Rabbi Jehoshua ben Levi,
Yalkut Shimeoni76
« Dio possiede tre chiavi: quella della pioggia, quella della nascita
e quella della resurrezione dei morti. »
Ta’anit, 2a.
ebrei
4 4
SHEOL,LATOMBADELL’UMANITÀ
Bibbia ebraica (X–II secolo a.C.)
Israele
Sheol
Il soggiorno dei morti è situato
nelle profondità della terra.
Nella Bibbia ebraica manca
una descrizione precisa
che permetta di disegnarne
una veduta particolareggiata.
Vi si trovano tutti i morti,
re e schiavi, che vi conducono
una vita cupa e silenziosa.
L’essere umano è fatto di carne (basar)
e di elementi immateriali.
Ruah: lo spirito di Dio o soffio divino che anima i viventi.
Nell’uomo è la particella divina, il collegamento tra la persona
(nefesh) e la carne (basar).
Nefesh: persona, essere vivente prodotto dal soffio divino.
Può assumere il senso di « anima ». In certi passaggi
della Bibbia nefesh indica anche gli animali viventi.
Il cielo, il firmamento,
talvolta chiamato « i cieli »,
è la dimora di Dio.
La terra ospita le creature
di Dio, gli uomini
e gli animali.
Tutti i morti, buoni
e cattivi, lasciano
la terra e scendono
nello Sheol.
Riserve d’acqua,
di neve e di grandine
I morti vanno
nello Sheol.
I morti
resuscitano.
Componenti della persona
La scrittura e la compilazione dei testi biblici
si è svolta in tempi lunghissimi. Le descrizioni
del mondo più antiche evocano la cosmologia
mesopotamica con le sue riserve d’acqua
nel cielo e il suo mondo sotterraneo dei morti.
È l’archetipo delle visioni del mondo cristiana
e musulmana.
Terra
EVOLUZIONE DELL’ALDILÀ NELLA BIBBIA
Il tema della resurrezione
vi appare solo tardivamente…
ebrei
46
La distanza tra un cielo
e l’altro corrisponde alla statura
dell’angelo Metatron e alla
lunghezza del braccio di Dio.
Un fiume di fuoco
scende fino allo Sheol.
polarità del mondo
UNAMIRIADEDICIELI
Terzo libro di Enoch (V secolo d.C.)
Israele, Babilonia
Le anime medie sono guidate
dall’angelo Samkiel nella
Geenna, dove si purificano
dei loro peccati.
Una volta purificate,
le anime medie seguono
lo stesso percorso
delle anime dei giusti.
Le anime malvage sono guidate
verso la Geenna dall’angelo
Zaaphiel.
Rabbi Ishmael
segue il percorso
delle anime dei giusti.
Il Terzo Libro di Enoch, detto anche « Libro
dei Palazzi », sta all’incrocio delle tradizioni bibliche
e apocalittiche e rappresenta una delle fonti della
Cabala. In questa visione mistica il saggio Rabbi
Ishmael cade in trance e segue l’angelo Metatron
fino al settimo cielo, oltre il quale si stendono
centinaia di cieli. 
Settimo cielo
Le anime vi scoprono i suoi
sette palazzi concentrici.
Ognuno dei sette cieli
è governato da un angelo
e da 496 000 miriadi d’angeli.
umani
Riserva di anime
Le anime dei giusti
attendono la resurrezione
presso il Trono di Gloria.
Dominio inaccessibile
agli angeli
Merkabah: carro guidato da
angeli, nel settimo palazzo
Componenti della persona
955cieli7cieli
tenda di
separazione
Sheol o Geenna
Dimora infernale dove le anime malvage
sono punite con il fuoco.
La concezione della persona è uguale a quella presente
nella Bibbia.
Ruah: lo spirito di Dio o soffio divino che anima i viventi.
Nell’uomoèlaparticelladivina,ilcollegamentotranefesheilbasso.
Nefesh: persona, essere vivente prodotto dal soffio divino.
Può assumere il significato di « anima ».
Anime medie
Anime malvage
Terra
CRISTIANI
49
CRISTIANI
«P
 
aradiso », « paradiso terrestre », « paradiso celeste », « giardino dell’Eden »,
« Regno dei cieli », « Regno di Dio », « Purgatorio », « refrigerium interim »,
« seno d’Abramo », « limbi », « Inferno », « Geenna ». Queste varie definizioni
dell’aldilà corrispondono a diverse epoche e a diversi contesti della cristianità.
La maggior parte di esse figura nella Bibbia, sacro testo dei cristiani composto
di due parti: l’Antico Testamento82
, traduzione della Bibbia ebraica, e il Nuovo
Testamento, scritto quasi interamente tra il I e il II secolo d.C. Le concezioni
dell’aldilà, una di tradizione ebraica e l’altra basata sugli insegnamenti di Cristo,
non sempre coincidono nelle due parti. A questi testi basilari va aggiunta una
vasta letteratura: i commentari dei Padri della Chiesa, le Apocalissi, le visioni,
i testi medievali e le numerose immagini. Infine non bisogna dimenticare che la
storia della cristianità è costellata di scismi e di guerre dogmatiche che hanno
dato origine a varie Chiese: cattolica, ortodossa, cristiana d’Oriente, prote-
stante... Queste confessioni cristiane, pur trovandosi d’accordo circa la resur-
rezione, non condividono lo stesso parere sul modo di raggiungerla.
Il Nuovo Testamento: la resurrezione e il Regno
La vita di Gesù, dalla sua nascita tra gli uomini fino alla sua resurrezione, è un
modello per i cristiani. Il suo percorso è descritto nel Nuovo Testamento dai
diversi punti di vista dei quattro evangelisti Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
Durante i suoi ultimi istanti di vita sulla croce, riferiti da Luca, il Messia è interpel-
lato da un altro condannato alla crocifissione: « ‘Gesù, ricòrdati di me quando
entrerai nel tuo regno!’ Gli rispose: ‘In verità ti dico, oggi sarai con me nel para-
diso’83
 ». Esalato l’ultimo respiro Gesù scende nella Geenna per annunciare ai
morti l’apertura delle porte del cielo per i giusti. Dopo tre giorni resuscita e
torna sulla terra, dove viene visto solo da alcuni testimoni prima di salire al cielo.
Dalla Geenna al cielo, il cammino del Messia rivela l’aldilà ai suoi discepoli.
In che cosa consiste la resurrezione, posta dai cristiani al centro della loro fede?
L’anima e il corpo, separati dalla morte ma destinati entrambi all’immortalità,
ritroveranno la loro integrità nel Regno di Dio. Quando? Alla fine dei tempi,
nel giorno del Giudizio finale, tutti gli uomini verranno resuscitati. Alcuni testi
menzionano una prima resurrezione per i cristiani84
e una seconda per i morti,
tra cui gli ingiusti85
. L’Apocalisse di Giovanni descrive una « seconda morte86
 »
per i dannati che verranno gettati in un lago di fuoco.
« Da allora Gesù cominciò
a predicare e a dire:
‘Convertitevi, perché
il regno dei cieli è vicino’. »
Matteo 4,17.
« È meglio che tu entri con un occhio solo nel regno di Dio,
che, con tutt’e due, essere gettato nella Geenna. »
Marco 9,45.
«  In verità ti dico,
oggi sarai con me
nel paradiso. »
Luca 23,43.
Concezione cristiana
del mondo, commistione tra un racconto
biblico e una struttura cosmologica greca
(miniatore: Maestro del Messale di Troyes,
1460 circa).
L’ALTRO MONDO
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CRISTIANI
51
Agli inizi del cristianesimo i cattivi sono giudicati e condannati ma, contraria-
mente a quanto si potrebbe credere, per quanto riguarda l’Inferno siamo solo
agli inizi. Le punizioni infernali si svilupperanno e si arricchiranno di particolari
solo alla fine del Medioevo. Nel Nuovo Testamento il luogo dei tormenti resta
la Geenna della tradizione ebraica, come in San Matteo87
: « Serpenti, razza
di vipere, come potrete sfuggire alla condanna della Geenna?88
 ». Anche San
Marco menziona qua e là la Geenna89
, « Geenna, nel fuoco inestinguibile90
 »
(tema abbondantemente ripreso nelle successive rappresentazioni dell’Inferno).
Nell’episodio del povero Lazzaro, Luca cita un altro luogo preso a prestito dalla
tradizione ebraica, il seno d’Abramo: « Or avvenne che il povero morì e fu por-
tato dagli angeli nel seno d’Abramo. Morì pure il ricco e gli fu data sepoltura.
Or trovandosi nell’Inferno alzò gli occhi e mentre era in preda ai tormenti vide
da lontano Abramo e Lazzaro nel suo seno91
 ».
Nel Nuovo Testamento il cielo è più citato della Geenna, con espressioni quali:
« cieli », « Regno », « Regno dei cieli », « Regno di Dio », « paradiso92
 », « terzo
cielo ». Il « Regno di Dio » libera l’uomo da ogni regno terreno e lo proietta
in un tempo dilatato. Le sue descrizioni sono paradossali, il luogo viene asso-
ciato a un Dio lontano, vicino, oppure in mezzo a noi, che abbraccia tutti gli
uomini. Solo il Vangelo secondo San Matteo usa ripetutamente93
l’espres-
sione « regno dei cieli », iscrivendo il suo messaggio in un tempo escatolo-
gico: « Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino94
 », « A te darò le chiavi
del regno dei cieli95
 ». San Paolo, affermando il proprio rapimento fino al « terzo
cielo », si chiede se esso si trovi dentro o fuori del proprio corpo: « E so che
quest’uomo [...] fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito
ad alcuno pronunciare96
 ». Agli inizi del cristianesimo la promessa d’eternità
per i giusti si insedia in cielo.
Padri della Chiesa: anime in transito
Dopo gli Apostoli i primi vescovi, spesso influenzati dalla filosofia greca,
consolidano le basi della Chiesa e contribuiscono a diffondere i Vangeli oltre
il bacino mediterraneo. Questi « Padri della Chiesa » difendono la fede nella
resurrezione e dibattono sulla natura dell’anima, nonché sui luoghi dell’aldilà.
La sorte dell’anima nell’intermezzo tra la morte e la resurrezione resta tutta-
via imprecisata.
Alla fine del II secolo Ireneo di Lione attacca quelli che per lui sono eretici, come
lo gnostico Basilide che sostiene l’esistenza di trecentosessantacinque cieli97
,
o come Valentino e il suo Pleroma contenente il cielo del creatore98
. Questo
contrasto è l’occasione per rafforzare la dottrina cristiana. Ireneo riprende la
menzione del terzo cielo di San Paolo99
: « Anche Paolo dà testimonianza […]
dicendo di essere stato rapito fino al terzo cielo e […] di essere stato traspor-
tato in paradiso […]. Dal momento che egli ci ha raccontato come una cosa
grande e splendida la sua assunzione fino al terzo cielo, certamente costoro
[gli eretici] non salgono al di sopra del settimo cielo, non essendo superiori
all’Apostolo100
 ». Più avanti conferma il destino « sovraceleste » dei discepoli
del Signore: « […] le anime dei suoi discepoli [di Dio] andranno nella regione
invisibile, assegnata loro da Dio, e lì dimoreranno fino alla resurrezione101
 ».
Qualche decennio dopo, Clemente Alessandrino assicura da parte sua che
« alla fine dei secoli gli angeli trasferiranno i veri penitenti in tabernacoli sovra-
celesti [...] nel regno dei cieli », ma per il momento i giusti stanno nel « settena-
rio di riposo102
 » in cui è situato il paradiso. Origene insegna che non bisogna
interpretare la Bibbia alla lettera e immagina un auditorium situato sulla terra
che raccoglie le anime dei buoni, e un regno invisibile dei cieli per chi ha il
cuore puro103
. Nel III secolo Tertulliano si pronuncia a favore di un refrige-
rium interim, più sotterraneo che celeste104
. Questo « refrigerio intermedio »,
destinato a quanti attendono il Giudizio universale, somiglia al seno d’Abramo
della tradizione ebraica. Nel IV secolo, Gregorio di Nissa sostiene che « l’anima
incorporea non deve, per sua natura, essere chiusa all’interno di un luogo105
 »,
che è vano impegnarsi in una polemica del genere e che le uniche cose impor-
tanti sono l’immortalità dell’anima e la resurrezione. Poco dopo, Agostino d’Ip-
pona distingue una categoria intermedia di morti, « coloro che non furono del
tutto cattivi106
 » (a metà tra i buoni e gli empi). Per costoro Sant’Agostino men-
ziona delle « pene107
 » o dei « tormenti adibiti alla purificazione108
 » e invoca
la possibilità di essere salvati grazie alle preghiere dei vivi. Gli empi sono con-
dannati ai tormenti in un inferno o a una Geenna che non ha niente di sim-
bolico: situata sottoterra, il suo supplizio è eterno109
. Sant’Agostino introduce
un’importante distinzione tra il fuoco purgante e il fuoco della dannazione, tra
pene temporanee e pene perpetue110
. Quanto al paradiso terrestre, distinto dal
paradiso celeste, è nello stesso tempo una realtà spirituale e una realtà corpo-
rea111
. Quest’abbondanza di luoghi invisibili dura fino all’inizio del Medioevo.
Visioni dell’aldilà
Nei primi secoli d.C. presso gli ebrei e i cristiani una letteratura detta « apo-
calittica » descrive la fine del mondo, il Giudizio universale, il mondo a venire.
Queste Apocalissi, la più famosa delle quali nonché l’unica contenuta nel Nuovo
Testamento è quella di Giovanni, dispiegano un vertiginoso immaginario che
ispirerà parte della letteratura sull’aldilà. A metà del II secolo l’Apocalisse di
Paolo descrive in modo quanto mai figurato il viaggio di San Paolo nell’aldilà.
Guidato da un angelo, arriva al firmamento, scorge la terra minuscola, sale
al terzo cielo, ridiscende al primo e, dietro a una porta celeste, scopre un’al-
tra terra che verrà svelata dopo il Giudizio universale. Poi l’angelo lo conduce
a Occidente, dove si trovano le tenebre esterne, l’abisso senza fondo, i pozzi
per i condannati; infine lo porta in paradiso.
Mentre il cristianesimo si insedia in tutta l’Europa, alcuni cristiani vivono espe-
rienze mistiche, descrivono il loro rapimento nell’aldilà, trasmettono le loro
testimonianze, le loro visioni dell’« altro mondo » dove le anime sono giudi-
cate. Durante l’Alto Medioevo numerosi racconti testimoniano la circolazione
di un analogo immaginario. Nell’Inghilterra del VII secolo un laico di nome
Drythelm muore di malattia. Mentre la famiglia ne veglia il corpo, Drythelm
ritorna in vita e narra la sua visione: guidato da un angelo luminoso ha scoperto
una valle di fiamme per le anime che hanno tardato a confessare i loro errori,
ha visto l’entrata della Geenna, un pozzo nel quale i condannati precipitano
per l’eternità e appreso che i perfetti vanno direttamente nel regno celeste112
.
Nello stesso momento, in Germania, Wetti, un monaco benedettino, racconta
una visione analoga: tormentato da Satana, è aiutato da un angelo vestito di
porpora che gli mostra una valle dove scorre un fiume pieno di dannati e una
montagna purgatoria113
. Nel IX secolo il re dei Franchi Carlo il Grosso, sovrano
mediocre, fu tuttavia un uomo pio e dotato di una straordinaria visione dell’al-
dilà. Un essere candidissimo lo rapisce e gli dice: « Prendi un filo del gomi-
tolo luminoso, attaccalo e legalo saldamente al pollice della mano destra,
ed esso ti condurrà nel labirinto delle pene infernali114
 ». Carlo il Grosso segue il
filo, scopre i supplizi dell’Inferno, pozzi di zolfo e di fuoco, scende in una valle,
da un lato ardente, dove vede alcuni dannati, tra cui il proprio padre, e dall’al-
tro verdeggiante: è la « magnifica valle del paradiso115
 ».
« Dunque dici che tutte
le anime si trovano agli
inferi? Che tu lo voglia
o no, poi, in quel luogo
vi sono anche pene
e ricompense. »
Tertulliano, Dell’anima, LVIII.
« Sotto l’impulso
dello Spirito santo
seguii l’angelo il quale,
trasportandomi nel
paradiso, mi disse [...]. »
Apocalisse di Paolo, 45.
« E usciranno,
quanti fecero il bene
per una resurrezione
di vita e quanti fecero
il male per una
resurrezione
di condanna. »
Giovanni 5,29.
L’ALTRO MONDO
52
CRISTIANI
53
Medioevo: la trilogia Paradiso – Inferno – Purgatorio
Luogo intermedio tra l’Inferno e il Paradiso, il Purgatorio ospita le anime né buone
né cattive per mondarle dai peccati117
. La storia di questo luogo è appassionante
e complessa poiché non tutte le religioni cristiane lo vedono allo stesso modo.
Il lento formarsi di una dottrina del Purgatorio ha permesso ai cristiani d’Occi-
dente d’affermare una propria singolarità rispetto a coloro che non ci credono:
i catari, i valdesi, gli ortodossi greci e, in seguito, i protestanti. Eccettuato San Paolo
che menziona una prova legata al fuoco118
, il Purgatorio non appare nella Bibbia
e rappresenta una costruzione posteriore, una sorta d’invenzione. Per i Padri della
Chiesa il « fuoco purgatorio » è una prova senza luogo. All’inizio del Medioevo
alcune descrizioni dell’aldilà cominciano a situare vagamente il Purgatorio nella
parte superiore della Geenna, sotto terra, in una valle o su una montagna.
In realtà la localizzazione del Purgatorio appare tardi, all’inizio del XII secolo,
in un periodo di profondi cambiamenti.
Purgatorio, Paradiso e Inferno funzionano da specchi della società. L’Inferno,
con le sue spaventose descrizioni, non può che ispirare timore ed evoca un
regime di paura, mentre il paradiso rappresenta l’ideale di bontà allo stato puro.
Tra i due, qualunque ne sia la realtà topografica, l’invenzione del Purgatorio
corrisponde a un bisogno di giustizia: « L’aldilà deve correggere le disugua-
glianze e le ingiustizie di quaggiù119
 », constata lo storico Jacques Le Goff.
Nel XIII secolo papa Innocenzo III distingue cinque sedi dell’aldilà: il cielo per
i beati, l’Inferno per i dannati, un mondo per i giusti e i peccatori, il paradiso
terrestre e il Purgatorio, dove sono puniti coloro che non hanno fatto peni-
tenza120
. Poco tempo dopo, il domenicano Alberto Magno descrive un sistema
ternario composto da Paradiso, Purgatorio e Inferno, esso stesso suddiviso in
due sotto-luoghi, la Geenna e i limbi. Nel 1240 l’università di Parigi giudica ere-
tica la dottrina di un luogo d’attesa per i giusti; il refrigerium interim dei Padri
della Chiesa scompare e verrà definitivamente respinto da papa Giovanni XXII
nel XIV secolo121
. I luoghi dell’aldilà sono oggetto di discussioni e talvolta di
dispute: nel 1245 papa Innocenzo IV tenta una riunificazione con i Greci che
si oppongono al Purgatorio; nel 1276 un dialogo tra un domenicano e due
monaci greci descrive le divergenze dei punti di vista:
« Latino: E del Purgatorio, che ne dite?
Greci: […] non soltanto noi non lo ammettiamo, ma lanciamo contro tutto
ciò l’anatema, come i padri in concilio. […]
Latino: In quale luogo riposano ora le anime dei giusti, o quelle dei peccatori?
Greci: […] i giusti come Lazzaro sono nel seno di Abramo, e i peccatori come
il ricco senza misericordia sono nel fuoco della Geenna122
 ».
Presso i cattolici il Purgatorio si è rapidamente radicato nell’immaginario
popolare, i teologi se ne sono impadroniti e i successivi concili di Firenze
(1439) e di Trento (1545-1563) ne proclamano la dottrina.
Anche la fede nell’Inferno riscontra un successo popolare. Il luogo dove
sono puniti i peccatori alimenta timori e paure in modo più o meno mar-
cato a seconda dei periodi, per esempio durante il flagello della peste nera
nel XIV secolo. Tra il 1307 e il 1321 Dante compone la Divina Commedia in
cui descrive il viaggio dell’anima nei tre regni dell’aldilà. L’opera è un emble-
matico esempio della cosmologia cristiana alla fine del medioevo. Dei cento
canti che la compongono, trentaquattro sono dedicati all’Inferno, trentatré
al Purgatorio e trentatré al Paradiso. Primo grande testo scritto in italiano
moderno, l’opera conosce un vasto successo e si diffonde in Europa prima
e dopo l’invenzione della stampa. Tra gli artisti che illustrarono il poema dante-
sco figurano Botticelli (alla fine del XIII secolo) e Gustave Doré (nel XIX secolo).
Nell’opera, la topografia dei luoghi dell’aldilà è spinta ai limiti della rappre-
sentazione, con uno scrupolo realistico quasi scientifico.
Il caso del paradiso terrestre
Il paradiso terrestre non ha niente a che vedere con il paradiso celeste dove le
anime dei giusti attendono la resurrezione. Il paradiso terrestre è quello perduto
descritto nell’Antico Testamento123
, il meraviglioso giardino dove Adamo ed Eva
assaggiano il frutto proibito, l’idillico luogo evocante l’età d’oro dell’umanità.
Riveste un aspetto paradossale, vicino e nello stesso tempo lontano dagli
uomini: vicino in senso geografico perché situato sulla terra, ma lontano in
senso ontologico in quanto riferito a un tempo passato. Ha originato molte
leggende ma anche alcune confusioni. Nel IV secolo per Efrem il Siro il
paradiso terrestre, appollaiato su un cocuzzolo, è inaccessibile agli uomini.
Due secoli dopo Cosma Indicopleuste lo colloca a levante, dietro l’oceano,
e per Isidoro di Siviglia: « Il Paradiso è un luogo che si trova nella parte orien-
tale dell’Asia [...] Una fonte che sgorga nel suo centro irriga tutto il bosco, per
poi dividersi e dar origine a quattro fiumi. Dopo il peccato, all’essere umano
fu proibito l’accesso a questo luogo: l’ingresso è, infatti, completamente
chiuso da una spada ardente124
 ». Nel XII secolo Pietro Lombardo125
sostiene
che è situato su una montagna, e nel XIV secolo Ranulf Higden afferma che
essa tocca la luna. Un secolo dopo, il cardinale Pierre d’Ailly nella sua cele-
bre Imago mundi descrive il paradiso terrestre a Oriente, in un luogo sopre-
levato che in realtà non tocca la sfera lunare, dal quale nascono il Gange,
il Nilo, il Tigri e l’Eufrate. Quest’opera geografica ha impressionato l’immagi-
nario dell’epoca come quella di Cristoforo Colombo prima delle sue scoperte
di nuove terre. Quando, nella sua terza spedizione, il navigatore genovese
vide l’Orinoco (nell’odierno Venezuela) era infatti convinto che l’impetuoso
fiume portasse al paradiso terrestre126
. La scoperta delle Americhe, la traver-
sata del Pacifico e la circumnavigazione della terra decretano la fine del para-
diso terrestre. L’aldilà cristiano inizia la sua de-spazializzazione.
Oggi che le descrizioni figurate di Paradiso, Purgatorio e Inferno sono soli-
damente radicate nell’immaginario collettivo e nelle credenze popolari,
la maggior parte delle Chiese cristiane considera questi aldilà più come
degli stati che come luoghi veri e propri. Per i cristiani la « buona novella »
del Cristo invita ogni uomo a scoprire in se stesso un germe d’eternità.
Ricostruzione della terra quale la descrisse
Cristoforo Colombo ai Reali di Spagna
alla fine della terza spedizione (1498).
L’esploratore la descrive a forma di pera,
o di un seno la cui sommità sarebbe
il paradiso terrestre.
« Vorrei distruggere inferno e paradiso
perché Dio venga amato per se stesso. »
Santa Teresa d’Avila
« […] queste terre
recentemente scoperte
nelle quali sono
intimamente convinto
si trovi il paradiso
terrestre […]. »
Cristoforo Colombo,
Lettera ai reali di Spagna, 1498127
« In verità vi sono tre
luoghi che accolgono
gli spiriti liberati
dalla carne. Il Paradiso
riceve gli spiriti
dei perfetti, l’inferno
i totalmente cattivi,
il fuoco purgatorio
coloro che non sono
né del tutto buoni
né del tutto cattivi. »
Bernard de Fontcaude116
.
CRISTIANI
54
SUIPASSIDIGESÙ
Nuovo Testamento (I–II secolo)
Gerusalemme, Antiochia, Corinto, Roma…
Gesù Cristo visita i diversi strati del mondo. Dopo aver vissuto
tra gli uomini, si sacrifica per loro, scende nella Geenna, ritorna in terra
resuscitato e, dopo la vittoria sulla morte, sale finalmente al cielo.
Per i cristiani questo percorso attraverso i mondi, culminante
nella resurrezione, è un modello da imitare. La topografia del mondo
descritta nel Nuovo Testamento riprende quella dell’Antico Testamento.
Il Regno di Dio
Alla fine dei tempi Dio resusciterà
tutte le anime, buone e cattive.
Ognuna di esse ritroverà
il proprio corpo.
La Geenna o Ade
Le anime dei morti vanno
nel mondo sotterraneo
in attesa del Giudizio finale.
Alcuni passaggi parlano
di un fuoco eterno come
castigo per i malvagi.
Secondo cielo
Il firmamento
Primo cielo
Cielo degli uccelli,
dei venti e delle
piogge
polarità del mondo
Terzo cielo
San Paolo lo menziona mentre
viene rapito nel Regno di Dio,
detto anche « paradiso ».
vivi
morti
angeli
Dio
Terra
Componenti della persona
L’essere umano è composto da un corpo (o carne) e di un’anima formanti
un tutto unico. Carne e anima sono entrambe destinate alla resurrezione
operata da Dio tramite Cristo.
Ruha: soffio divino che anima i vivi, comunicato dallo Spirito Santo.
Nefesh: anima assimilata a un soffio, principio spirituale e immortale collegato
alla carne, diverso dalla psiche greca. Al sopraggiungere della morte,
anima e carne sono divise in attesa della resurrezione.
Anima comune (discesa nella Geenna).
Il corpo non è visto come una prigione. Dopo la corruzione e il disfacimento
dovuto alla morte, verrà resuscitato nel Regno di Dio, in un corpo glorioso.
Grazie allo Spirito Santo,
a rituali quali il battesimo
e l’Eucarestia, i cristiani
sono già nel corpo di Cristo.
Saranno i primi resuscitati.

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L'altro mondo

  • 1. EGIZI 22 L’uscitaalgiorno Libro dei morti Nuovo Regno (1550-1069 a.C.) Nel Libro dei morti la persona è costituita da un corpo (djet) e di altre entità: Ba: l’anima libera esce dal corpo attraverso la testa e conosce molteplici metamorfosi nel Duat, prima di raggiungere il cielo. Haty: coscienza, identità trasmessa dalla madre. Legata al corpo, haty viene pesata sulla bilancia del giudizio di Maat. Shut: ombra, accompagna ba nella sua traversata del Duat. Rimane legata alla terra. POLARITà DEL MONDO Il Duat Regno dei morti, paese del silenzio, lugubre dominio sotterraneo governato dal dio Osiride Lago di fiamme alla cui guardia è preposto un cane che divora i cadaveri. Al defunto vengono date delle formule magiche perché si protegga e non cammini a capo in giù. Sala delle due Maat dove si svolge il giudizio dell’anima, la famosa pesatura del cuore del defunto. Le anime del defunto seguono il percorso del sole: si dirigono a ovest, dietro la montagna Bakhu. « Campo dei Giunchi » Ultima tappa prima dell’uscita al giorno, luogo di purificazione che prelude alla rigenerazione. È un campo dove sono coltivati cereali giganteschi per gli dèi, un luogo d’abbondanza cinto da mura di rame. L’uscita dal Duat è situata tra due sicomori rivestiti di turchesi. L’anima ba esce vittoriosa dal Duat, rigenerata come il sole. Componenti della persona Dal Nuovo Regno in poi l’aldilà non sta solo in cielo ma si estende nello spazio, magico dominio delle trasformazioni del dio Osiride. Il Libro dei morti, il testo funebre più conosciuto di questo periodo, descrive numerose tappe-chiave del viaggio dell’anima…
  • 2. MESOPOTAMICI 25 MESOPOTAMICI Q uando la dea dell’amore Inanna decide di recarsi nel « Paese senza ritorno » per rendere omaggio al Grande Toro Celeste, non immagina certo di dover sperimentare la poco invidiabile sorte degli uomini. Indossati i paramenti più sontuosi, intraprende la discesa verso il Regno dei morti governato dalla sorella Ereshkigal. Sottoterra Inanna raggiunge una gigantesca cittadella e varca sette cerchie, sette porte guardate da custodi ai quali deve dare uno dei suoi orna- menti per poter raggiungere la successiva. Uno dopo l’altro consegna un tur- bante, una collana di lazulite, i braccialetti d’oro, fino all’ultimo indumento, il mantello reale. Completamente nuda, Inanna arriva al cuore del « Paese senza ritorno », davanti a Ereshkigal e a sette demoni. Il sinistro tribunale intrappola la dea e le fa subire la sorte riservata a tutti i defunti: sospesa a un chiodo, è tra- sformata in un fantomatico cadavere. Gli dèi del cielo, preoccupati, ne organiz- zano la resurrezione. Le inviano dei messaggeri che di nascosto le danno una pozione magica: Inanna ritrova il suo corpo e le sue grazie. Temendo un con- fronto con gli dèi del cielo, Ereshkigal la libera, ma a condizione che trovi un vivente che la sostituisca nel « Paese senza ritorno ». Lo sfortunato prescelto sarà Dumuzi, l’amante terreno di Inanna. Il mito della Discesa agli inferi di Inanna8 ci immerge nell’antica (3000 a.C. circa) concezione sumerica dell’aldilà, che è poi la stessa della dea Ishtar venerata dai Babilonesi: spesso l’unica differenza tra gli dèi sumerici e quelli babilonesi sono i nomi. Inventori della scrittura (3200 a.C.), i popoli mesopotamici hanno lasciato innu- merevoli tracce scritte, tra cui la favolosa ricerca dell’immortalità di Gilgamesh, l’Enûma Eliš, o l’Epopea di Atrahasîs. Questi miti descrivono la vita degli dèi e l’universo sul quale regnano. Sumeri e babilonesi condividono un’analoga visione del mondo: un immenso spazio chiuso diviso in due parti, il cielo e la terra. Nel I millennio a.C. anche il cielo è diviso in tre parti9 e la terra è come una montagna o una barca rovesciata, talvolta piatta e circolare. Quali che siano le fonti e le epoche, l’aldilà, sempre temuto, si trova in una gigantesca cavità sotterranea. Nel corso di due millenni si contano decine di nomi sumerici desi- gnanti l’aldilà, tradotti con « Paese senza ritorno », « Dominio dei morti », « Terra della Morte », « Mondo di Sotto », « la Casa del Buio », « la Grande Città10  ». Gli uomini, al contrario degli dèi, sono mortali: alla fine della vita un fantoma- tico doppio abbandona il corpo del defunto per raggiungere il lugubre aldilà, prigione senza ritorno. Impedendo agli uomini di sopravvivere nell’aldilà, gli dèi mesopotamici affermano il dominio sulle proprie creature. « La Regina della Notte », Ereshkigal, sovrana del Regno dei Morti, o sua sorella Inanna, dea dell’amore, su una lastra di terracotta (regno del re babilonese Hammurabi, 1792-1750 a.C.). Il mondo babilonese secondo il modello illustrato da Peter Jensen (1890): Aralu, il mondo dei morti, è situato sotto lo strato terrestre. Il mondo sumero secondo lo schema di Samuel Noah Kramer (1986): Kur, il mondo dei morti, occupa l’intera parte sotterranea. « Al Paese-senza-ritorno, il regno di Ereshkigal […] Questo luogo dove non c’è luce per nessuno, Questo posto dove i morti sono coperti di polvere, Questa dimora tenebrosa Dove non sorgono mai gli astri […]. » La Discesa di Ishtar agli inferi, versione babilonese11.
  • 3. MESOPOTAMICI 26 I Babilonesi non credono nell’immortalità di un’« anima » nell’aldilà, ma nella sopravvivenza di una sorta di anima-doppio: Gedim: doppio aereo paragonato a un’ombra o a un fantasma che si separa dal corpo. … varca poi sette cinte, sette porte con i relativi guardiani e giunge alla fortezza dei morti. Il defunto attraversa un fiume sulla barca di un nocchiere… Il « Paese senza ritorno » è situato in un’immensa cavità sotterranea. In questo luogo sinistro sono reclusi i morti. L’anima-doppio del morto raggiunge il « Paese senza ritorno » sprofondando in un foro nel punto dove tramonta il sole. Il mondo babilonese, retto dal dio Marduk e fortemente gerarchizzato, divide per strati le varie categorie di esseri: dèi immortali, uomini, morti e demoni. I mortali sono condannati a un tetro destino, la reclusione in una fortezza situata nelle viscere della terra. Terra Dominio delle divinità astrali Dimora degli Igigi, gli dèi celesti Dominio del dio Ea, immensa riserva di acqua dolce Dominio dei 600 Anunnaki (demoni reclusi) Dimora di Anû, dio del cielo laDiscesanel« Paesesenzaritorno » Mito della Discesa di Ishtar agli inferi Babilonia (I millennio a.C.) componenti della persona polarità del mondo
  • 4. MA ZDEI 29 MAZDEIpersia D ue millenni a.C., da qualche parte tra l’odierno Iran e l’Afghanistan, il mazdei- smo si propagò per effetto delle profezie del leggendario Zarathuštra. Principe dei Magi per i Greci dell’Antichità, pericoloso eretico o inventore di un duali- smo religioso per i filosofi dei Lumi, oggi i ricercatori lo considerano uno dei primi saggi che fece convergere in un solo dio le varie credenze. Secondo Jean Kellens è soprattutto il creatore di una dottrina della retribuzione delle proprie azioni che in seguito influenzerà il giudaismo e poi il cristianesimo12 . Le conce- zioni mazdee dell’immortalità e del paradiso sono già presenti nei più antichi testi dell’Avestâ. Questa compilazione di scritti eterocliti ha in seguito svolto un ruolo importante nella vita spirituale dei persiani sotto l’Impero achemenide (VI-IV secolo a.C.) e sasanide (III-VII secolo d.C.). Dopo la conquista musulmana i mazdei furono accusati d’idolatria: alcuni si convertirono all’islam, altri fuggirono in India, dove oggi i Parsi sono i loro lontani discendenti. Il paradiso e la Restaurazione della Luce Le radici della parola « paradiso » narrano una sorprendente storia che ne mette in risalto l’origine persiana; « paradiso » proviene dal greco paradeisos, usato nella Septuaginta (versione greca della Bibbia) per designare il Giardino dell’Eden della Genesi, nel senso di « giardino » o di « recinto ». La parola greca, prove- niente dal persiano pardêz e dall’avestico pairi-daêza13 , evoca presso i Persiani un parco cintato in cui erano custoditi degli animali. Per i mazdei la destinazione dei buoni non era né un parco né un giardino nel senso del pardêz, ma un mondo di luce detto garotman14 . Situato al di là delle stelle, è governato dal dio supremo Ahura Mazdâh, mentre sottoterra lo spirito Ahriman regna sulle tenebre. All’interno di questo dualismo cosmico la terra è una fortezza assediata da innumerevoli demoni da cui gli uomini si proteggono seguendo i precetti della religione mazdea: possono andare in paradiso oppure finire all’inferno. Questa concezione dell’al- dilà riprende l’antica visione indo-iranica del paradiso, di cui la religione vedica è una sorta di gemella, anche se radicalmente diversa per quanto riguarda la fine della vita: i mazdei non credono nella trasmigrazione delle anime, ma in una forma di resurrezione che avverrà alla fine dei tempi, detta la « Restaurazione della Luce » o « Grande Rinnovamento15  ». Nella lunga storia del mazdeismo le vicende del viaggio dell’anima seguono due temi principali: il passaggio del ponte cˇinvat16 e l’apparizione di una guida dai tratti di una giovane e splendida donna chiamata Daênâ. I musulmani ripren- deranno questi due temi nelle proprie concezioni dell’aldilà con il ponte sirât e le vergini urì del paradiso17 . Al sopraggiungere della morte l’anima resta per tre giorni presso il defunto: all’alba del quarto ne abbandona definitivamente il corpo e raggiunge ˇcinvat, il mitico ponte dove le anime vengono selezionate18 . Se l’anima è buona, un dolce profumo proveniente da sud precede l’arrivo della Daênâ. « Chi sei […]? » chiede il defunto. « O giusto, io sono la religione da te compiuta. Quando commettevi buone azioni, ero lì per te ». La bella donna, dea dell’aurora, conduce l’anima attraverso il cielo delle stelle, la luna e il sole prima di raggiungere il paradiso supremo nelle Luci infinite. Se invece l’anima è cat- tiva, una vecchia megera viene a prendere il defunto per condurlo all’inferno19 . Paradiso e inferno sono luoghi spesso citati, ma non descritti con precisione: fanno piuttosto pensare a un’uscita dal tempo20 . Nel mazdeismo la danna- zione non è eterna: un giorno il mondo vedrà la programmata vittoria di Ahura Mazdâh sulle Tenebre21 . L’escatologia, discorso sulla fine dei tempi, è un ciclico ritorno all’origine. Subito dopo la fine del mondo, il dio supremo richiamerà tutte le sue creature, buone e cattive, per la « Restaurazione della Luce ». In tre giorni anche i peggiori demoni dell’inferno subiranno una metamorfosi. « […] Io, che sono Ahura Mazdâh, lo aiuterò a superare il ponte e a oltrepassarlo e giungere fino in Cielo, fino alla migliore vita, fino ad Asa Vahista e fino alle luci del Cielo. » Yasna, XIX, 10-11. Ricostruzione della dettagliata cosmologia del Bundahishn, un racconto sulla creazione compilato tardivamente (VII–VIII secolo). Il testo riprende motivi dell’antica religione mazdeica, che prevede in particolare un mondo diviso in due poli: da un lato un paradiso celeste e dall’altro un inferno sotterraneo. Il ponte činvat, prova che i morti devono superare, è descritto in diversi testi della religione mazdeica. Lo stesso tema è diffuso presso i vicini Sogdiani, ma anche nell’islam, dove činvat diventa sirât (bassorilievo di una tomba sogdiana, VII secolo).
  • 5. MA ZDEI 30 UNPONTEPERILPARADISOOL’INFERNO Sasanidi (III–VII secolo) Persia Ogni individuo è composto da un corpo e da un’anima immateriale principale, legata ad altre due anime: Urvan: anima, interiorità, io, coscienza, principio maschile. Anima condannata. Fravaši: anima celeste, doppio tutelare, sorta di angelo custode. Alleate del dio Ahura Mazdâh, le fravaši esistevano prima della creazione del mondo: la loro missione consiste nel favorire la vittoria sulle forze del male. Daênâ: religione, principio femminile, rende visibile l’aldilà, instaura un legame fra urvan e fravaši. È talvolta interpretata come un’anima mobile. I mazdei, adepti dell’antica religione di Zoroastro, credono in una vita dopo la morte. Le anime dei defunti sono giudicate sul ponte činvat: quelle buone salgono in paradiso e le cattive scendono all’inferno fino alla « Restaurazione della Luce » dove tutte le anime saranno resuscitate. Garotman, il paradiso Luminoso, immateriale, situato in cima al cielo, sede della futura resurrezione. Giudizio Per i buoni, il ponte činvat raggiunge la larghezza di nove lance. Per i malvagi, diventa stretto quanto la lama di un rasoio. Le anime malvage scendono fino alla porta dell’inferno. L’inferno Poco descritto, è un luogo sotterraneo e privo di luce situato nel centro della terra. Componenti della persona Tre giorni dopo la morte, l’anima lascia il corpo. Il ponte činvat prova situata in cima ai monti Elburz. L’anima ritrova la sua Daênâ sotto le sembianze di una donna, bella o brutta a seconda della vita trascorsa. Le anime buone incontrano i propri doppi celesti. demoni fravaši Terra polarità del mondo dominio del dio Ahura Mazdâh uomini dominio del dio Ahriman
  • 6. Greci 33 Greci D urante il suo riposo nell’isola della maga Circe, « dove il sole che gli uomini illumina cala sotto la terra22  », Ulisse apprende di doversi recare nel regno dei morti per incontrarvi l’indovino Tiresia. L’eroe naviga fino agli Inferi, compie i rituali e vede arrivare una folla di fantasmi, alcuni sconosciuti, altri familiari come quelli di Achille, Aiace, Agamennone, Sisifo e della sua stessa madre23 . Anche altri eroi greci si recano ai confini del mondo: Perseo decapita Medusa in riva all’Oceano, Giasone spinge la sua ricerca del vello d’oro fino alla Colchide dove sorge il sole, nella sua dodicesima fatica Eracle scende agli Inferi per cat- turare Cerbero. Questi racconti tratteggiano un immaginario greco dell’aldilà particolarmente fertile, in uno scenario religioso politeista. Miti: i molteplici luoghi del regno di Ade Le più antiche descrizioni dei luoghi dell’aldilà greco si trovano nell’Iliade e nell’Odissea di Omero, composte probabilmente nell’VIII secolo a.C. Completandone la lettura con la Teogonia e le Opere e i Giorni di Esiodo, se ne ricava un’immagine globale del mondo strutturata in tre parti: la terra, il cielo e il mondo sotterraneo. Al centro c’è la terra: dimora dei mortali, è piatta, circolare come uno scudo25 , circondata dal fiume Oceano26 , sorgente di tutti i fiumi. Sopra di essa si stende il cielo: emisferico e di materia solida (bronzo27 o ferro28 ), ospita l’Olimpo, il mondo degli dèi e degli eroi immor- tali. Al di sotto29 , il mondo sotterraneo, dimora dei morti, sembra il fondo di un orcio30 . Governato dal dio Ade e dalla sua sposa Persefone, è buio, neb- bioso31 e contiene numerosi luoghi e fiumi di cui è difficile stabilire la dispo- sizione. Il temibile cane Cerbero32 ne monta la guardia, mentre Caronte ne è il traghettatore. Più fiumi solcano in tutti i sensi le « case dell’Ade33  » formando una specie di labirinto: il primo da varcare è l’Acheronte, seguito dai due affluenti34 , l’ardente Piriflegetonte (o Flegetonte) e il Cocito colmo di lacrime. Affluente di quest’ultimo è l’« odioso » Stige, acqua di morte che corrompe tutti i corpi, acqua d’irrevocabile promessa per gli dèi che arrivano perfino a « giurare sullo Stige ». Quanto al Lete, berne l’acqua fa dimenti- care la luce del sole e la vita. Oltre ai fiumi vengono descritte anche varie regioni. Secondo Omero35 , sui prati di asfodelo si aggira la maggior parte dei trapassati. Il Tartaro, simile a una prigione dietro a un bastione di bronzo36 o a uno stretto pozzo avvolto dalla notte37 , si trova in mezzo alle paludi nel punto più profondo dell’Ade. L’Erebo, vicino al Tartaro, è una zona dai contorni sfocati dove sono puniti Sisifo, per aver sfidato gli dèi, e Tantalo per aver loro sottratto il nettare d’ambrosia. In quest’oscuro panorama infernale molte isole poste a occidente, al confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti e dalle apparenze alterate, costituiscono dei punti di rottura: sono delle porte aperte sull’aldilà. Nell’Odissea38 Ogigia, l’idillica isola di Calipso, figlia di Atlante, sta in mezzo all’Oceano; secondo Esiodo39 , in questa brumosa regione « al di là dell’oceano » si trovano sia Erizia, dove Eracle caccia i buoi di Gerione, sia il giardino delle Esperidi, dove il mede- simo Eracle ruba le mele d’oro. È qui che Omero situa i Campi Elisi, benefico luogo destinato agli eletti: « te [...] nella pianura Elisia, ai confini del mondo Ti condurranno gli eterni, dov’è il biondo Radamanto, e là bellissima per i mortali è la vita […]40 . » Nella tradizione post-omerica Radamante diventa uno dei tre giudici degli Inferi insieme al fratello Minosse e ad Eaco. Il tema del giudizio sottolinea la differenza tra le sorti dei defunti. Nella gerarchia dei destini redatta da Esiodo gli uomini di bronzo sono destinati all’oblio nell’Ade, mentre la razza degli eroi sopravvive « Giunsero alle correnti d’Oceano e alla Rupe Bianca; e alle Porte del Sole e tra il popolo dei Sogni arrivarono: e presto furono nel prato asfodelo dove abitan l’ombre, parvenze dei morti. » Omero, Odissea24 . Eos porta il corpo di Memnone, ucciso a Troia da Achille. La dea dell’aurora, abitante ai confini del mondo, otterrà da Zeus l’immortalità per suo figlio (Duride, pittore di vasi, 490-480 a.C.). In quest’immagine dell’universo d’epoca arcaica il regno di Ade si trova sottoterra e il caos, sul fondo dell’universo, costituisce una sorta di apertura cosmica.
  • 7. L’ALTRO MONDO 34 Greci 35 « nelle isole dei beati, presso l’Oceano dai vortici profondi41  », lontano dagli uomini. I Campi Elisi e le Isole dei Beati, a volte confusi tra loro, evocano una paradi- siaca età dell’oro pur trovandosi in vicinanza, o addirittura all’interno dell’Ade. Questa mitica geografia dell’aldilà si diffonde nel bacino mediterraneo influen- zando soprattutto i Romani (l’Eneide di Virgilio aggiunge nuovi dettagli geo- grafici all’Ade), e poi i cristiani (come prova la Divina Commedia di Dante). Orfeo, orfismo e palingenesi Dal VI secolo a.C. alla fine dell’era arcaica una nuova corrente mistica, detta « orfismo », si sviluppa in margine ai culti praticati nelle città greche. La nuova religione è legata alla mitica figura di Orfeo, la cui discesa agli Inferi diventa un modello del genere. Figlio della musa Calliope, poeta e musicista, l’eroe sposa la bella Euridice che però muore per il morso di un serpente. Pazzo d’a- more, Orfeo va a riprenderla nel regno dei morti riuscendo ad addormentare il temibile Cerbero e a incantare Ade. Il sovrano degli Inferi consente a conse- gnargliela, a patto che nel viaggio di ritorno sulla terra Orfeo non si volti mai a guardarla. Giunto alla soglia del regno dei vivi e non udendo più i passi di Euridice, il poeta si volta... e la vede sparire. Il viaggio nell’aldilà dona a Orfeo la capacità di impartire insegnamenti sulle origini del mondo e di svelare il mistero dei rapporti tra i vivi e i morti. L’orfismo propone agli iniziati un con- cetto della morte fondato sulla palingenesi, la « rigenerazione »: le anime dei defunti tornano in vita sotto altre forme, per esempio sotto quella di animali. Ma poiché l’anima (psykhe) è doppia, divina e legata ai Titani, per gli iniziati è possibile sfuggire a queste rinascite e accedere all’eterna felicità. A Lebadea, dove veniva inscenata una discesa nel regno dell’Ade, la tradizione riporta due sorgenti situate all’ingresso degli Inferi: Mnemosine e Lete, « Memoria » e « Oblio », legate a due diversi destini dei defunti43 . Le religioni misteriche hanno sconvolto la concezione arcaica dell’anima descritta da Omero: la psykhe (vita, duplicato della persona) ha assorbito il thymos (spirito, coscienza) dive- nendo l’intera personalità del vivente44 . Sebbene permangano numerosi inter- rogativi circa l’origine e la formazione di tali credenze, si suppone che abbiano esercitato un notevole influsso sui filosofi greci. Importanza dal punto di vista dei filosofi Dal VI secolo a.C. i pensatori greci, imbevuti di mitologia e di racconti ome- rici, e forse influenzati dallo sciamanesimo proveniente dal Mar Nero46 , hanno rimesso in discussione l’immagine del mondo degli antichi. A Pitagora viene attribuita ogni sorta d’invenzioni e di leggende, alcune delle quali riguardanti il destino delle anime. Sarebbe stato il primo a introdurre in Grecia l’idea « che l’anima è immortale e trasmigra in altre specie di esseri animati47  »; avrebbe ripreso una teoria egizia secondo la quale le anime pote- vano reincarnarsi in ogni sorta di esseri viventi, impiegando tremila anni per ritrovare un corpo umano48 ; pretendeva di ricordare le sue vite anteriori, soste- nendo che la sua anima si era reincarnata in varie persone: Etalide, Euforbo, Ermotimo, Pirro e infine Pitagora49 . Nel V secolo a.C. il poeta Pindaro distingue chiaramente due destini post mortem, ognuno associato a un luogo dell’aldilà: i cattivi sono « consumati da orrendi supplizi » e votati all’oblio; i buoni, gli eroi celebrati dai poeti, percor- rono una via luminosa tracciata da Zeus e raggiungono il regno di Crono, dove le brezze dell’oceano accarezzano le Isole dei Beati (o Isole Fortunate) « e fiori d’oro scintillano, quali al suolo da piante rigogliose e quali nutriti dall’acqua, onde bracciali si allacciano ai polsi e ghirlande sul capo50  ». Anche Platone menziona queste Isole dei Beati riservate ai filosofi51 che fanno politica nell’interesse della città: « E così avendo via via educato altri a propria somiglianza e avendoli lasciati al loro proprio posto come guardiani dello stato, andranno ad abitare nelle isole dei beati52  ». Il filosofo ateniese sviluppa varie idee sul destino delle anime in molti dei suoi grandi testi classici quali la Repubblica, il Fedone e il Gorgia, che rivestiranno un ruolo importante nel crogiolo delle culture del bacino mediterraneo, influenzando dapprima certe correnti religiose ebraiche e poi quelle cristiane e musulmane. Identificandosi con il proprio maestro Socrate, Platone critica la mitica fede nell’Ade che ispira l’orrore della morte: « E se uno crede all’esistenza di uno spaventoso mondo di Ade, pensi che sarà intrepido di fronte alla morte?53  » Propone di « ripu- diare tutti quei nomi terribili e spaventosi che si usano a questo proposito54  » e di usare tutt’altra terminologia. Dopo il famoso XI canto dell’Odissea che descrive l’Ade, Platone propone ne La Repubblica la storia di Er il Panfilio, un soldato morto in battaglia e tornato dal regno dei morti dopo dodici giorni. Gli dèi l’hanno lasciato resuscitare per narrare agli uomini ciò che ha visto. « E lì vedeva le anime che, dopo avere sostenuto il giudizio, se ne andavano per una delle due voragini, sia del cielo sia della terra; attraverso le altre due passavano altre anime: dall’una, sozze e polverose, quelle che risalivano dalla terra; dall’altra, monde, altre che scendevano dal cielo55  ». Il testo descrive un quadro dettagliato della fortuna degli uni e dei supplizi degli altri ed espone una visione generale del cosmo. Contrariamente alla mitica immagine dell’u- niverso fatto di piani sovrapposti, Platone parla di un cosmo e di una terra sfe- rici, senza per questo eliminare la visione religiosa del mondo sotterraneo, ma modificandola introducendovi un tocco di metempsicosi. Al sopraggiungere della morte le anime immortali sono giudicate nel mondo sotterraneo e inviate in un luogo corrispondente alle azioni compiute in vita, dopo di che alcune di esse vengono insufflate in nuovi corpi. Nel Fedone la geografia dell’Ade è descritta con grande precisione e con un tale numero di dettagli da satu- rare l’immaginario e confondere la rappresentazione. Vi sono sempre presenti i grandi luoghi mitici quali il Tartaro, i fiumi Acheronte, Cocito, Piriflegetonte, ai quali Platone aggiunge la palude Acherusiade, fondamentale in quanto lì è inviata la maggior parte delle anime. Ai giusti e ai filosofi Platone assegna un luogo diverso dalle Isole dei Beati: una « terra pura » circondata d’etere e situata in cielo56 . Dal IV secolo a.C. altri filosofi rimettono in discussione i modelli religiosi e la visione idealista degli allievi di Platone. Per il materialista Epicuro il corpo e l’anima costituiscono una disposizione provvisoria d’atomi e l’anima non è immortale. Gli scettici, come Pirrone, criticano ogni tipo di dogma e tendono all’atarassia, alla quiete. Lo stoico Epitteto concepisce l’anima umana come una scintilla cosmica, un frammento distaccato da Dio… Dopo le conqui- ste d’Alessandro Magno nel IV secolo a.C. i concetti religiosi greci si mesco- lano con le religioni orientali persiane, babilonesi ed egizie: il destino è scritto nel corso degli astri, le anime si aprono al cielo. « Edunquesiamod’accordo ancheperquestavia cheivisisonogenerati daimortinonaltrimenti cheimortidaivivi. E,postociò,cipareva giàch’essofosseprova sufficientearitenereche leanimedeimortidevon esisterenecessariamente inqualcheluogo,dalquale tornanopoiarigenerarsi. » Socrate (da Platone, Fedone, 71-72)45 . « […] l’anima è immortale ed eterna e le nostre anime esisteranno realmente nell’Ade. » Socrate (da Platone, Fedone, 106-107)57 . Al centro del cosmo sferico descritto da Platone, la terra è un globo contenente l’Ade. Nel Fedone il filosofo immagina un’altra terra nel cielo etereo, per i giusti e i filosofi. « […] Al tempo di Crono era, come lo è ora, e lo sarà in futuro, divina legge per gli uomini che l’uomo, giustamente e piamente vissuto, dopo la morte vada nelle Isole dei beati e là egli abiti in piena libertà, libero da ogni male, mentre l’uomo ingiustamente ed empiamente vissuto sia mandato in quel carcere di pena e di espiazione che vien chiamato Tartaro […]. » Platone, Gorgia, LXXIX58 . « Ed essi abitano, con l’animo sgombro da affanni, nelle isole dei beati, presso l’Oceano dai vortici profondi […]. » Esiodo, Le Opere e i Giorni42 .
  • 8. Greci 36 ILREGNODell’ADE Tradizione omerica (VIII secolo a.C.) Grecia arcaica L’Illiade e l’Odissea contengono vari episodi – discesa di Ulisse nel regno dei morti, sogno d’Achille – con la descrizione dell’aldilà della Grecia arcaica. Il destino dei mortali, opposto a quello degli dèi, porta inesorabilmente tutti gli uomini in un regno sotterraneo suddiviso in più zone. Olimpo: mondo luminoso degli dèi immortali Regno di Ade Dimora dei morti suddivisa in numerosi sotto-luoghi e fiumi In Omero l’anima non è né divina né immortale. Quando Ulisse incontra i morti, sono delle « ombre volanti » private dei sensi, « come dei sogni ». In sogno Achille vede l’anima di Patroclo che gli parla e svanisce in forma di vapore. L’anima corrisponde a due principi: Thymos: passione, coscienza, spirito. Muore con l’individuo. Psykhe: psiche, vita e doppio della persona nell’Ade. Alla morte esce dalla bocca come un vapore, diventando una specie di fantasma. Campi Elisi Luogo intermedio destinato ad alcuni eletti, vicino al « Paese dei Sogni » Acheronte Stige, acque di morte Flegetonte, fiume di fuoco Cocito, fiume di lacrime Prati di asfodelo Termine del viaggio di Ulisse nel paese dei morti, luogo dov’è raccolta la maggior parte delle anime. Tartaro Baratro circondato di paludi, prigione dei Titani L’anima lascia il corpo, si dirige verso ovest e varca l’Oceano, confine tra i vivi e i morti. polarità del mondo Componenti della persona uomini morti immortali Zophos: tenebre, ponente Eos: aurora, levante
  • 9. Greci 38 Greci 39 IMEANDRIDELL’ALDILÀ Fedone, Platone (IV secolo a.C.) Grecia Poco prima di morire Socrate, maestro di Platone, s’intrattiene con i discepoli sulla sorte dell’anima. Nel commovente dialogo appare una topografia dei luoghi dell’aldilà con una labirintica rete di fiumi al centro di una terra e di un cosmo sferici. Tutte le anime sono giudicate. Chi si è distinto per la santità di vita, per esempio i filosofi, accede a pure dimore situate sulla terra o nel cielo. COSMO, VEDUTA GENERALE DEL MONDO L’alto e la periferia corrispondono alla sfera celeste, eterea e divina. La terra pura In cielo è descritta un’altra terra, dai colori sgargianti: è la dimora degli dèi e, forse, dei filosofi… La terra, al centro del cosmo, è associata alla materia e al corpo. Il Cocito Le anime che hanno commesso i peccati meno espiabili sono respinte nel Cocito, il fiume di lacrime che s’inabissa a spirale sottoterra, passando dallo Stige. Palude StigiaL’Acheronte percorre l’interno della terra in senso inverso al corso del fiume Oceano. Porta alla palude Acherusiade. Ade La maggior parte delle anime scende nell’Ade dove raggiunge luoghi diversi a seconda delle qualità personali. … mentre quelle che hanno commesso peccati redimibili restano nel Tartaro un solo anno. La palude Acherusiade accoglie le anime né buone né cattive… Reincarnazione Le anime irredimibili vi restano in eterno… Il Tartaro Riceve le anime malvage. Secondo Platone, « ogni cosa si genera dal suo contrario », i vivi rinascono dai morti e viceversa. Il corpo è paragonato a una prigione da cui l’anima si libera al momento della morte. L’anima, immortale, subisce diversi destini a seconda del suo grado di corruzione. Le anime buone sono attratte dal celestiale, mentre le impure sono legate al terrestre. Anime dei filosofi e dei buoni Maggioranza di anime né buone né cattive Anime dai peccati più espiabili Anime dai peccati meno espiabili Anime irredimibili IL DESTINO DELLE ANIME … che vi soggiornano più o meno a lungo prima di reincarnarsi sulla terra. Il Flegetonte Le anime che hanno commesso i peccati più espiabili sono respinte dal Tartaro nel Flegetonte, un fiume di fuoco. Passando davanti alla palude Acherusiade, i condannati vedono le proprie vittime e sperano nel loro perdono. Se non l’ottengono, ritornano nel Tartaro e il ciclo si ripete.
  • 10. ebrei 41 ebrei L a religione monoteista fondata dal profeta Mosè si sviluppa in un fertile crogiolo al contatto con civiltà potenti e spesso conquistatrici: Egizi, Assiri, Babilonesi, Persiani, Greci e Romani. Nel corso di questa lunga storia gli ebrei fissano le loro tradizioni religiose tra il IX e il II secolo a.C., formando un’immensa com- pilazione di testi: la Bibbia ebraica59 . Questa « tradizione del Libro » è unica nella storia delle religioni, dato che oggi rappresenta la fonte originale delle religioni ebraica, cristiana e musulmana. Bibbia: lo Sheol Nella Bibbia il mondo dei morti, detto « Sheol », è una regione sotterranea che fa parte di un’immagine globale del mondo influenzata dai mesopotamici60 . In alto il cielo è curvo come una solida cupola61 , in mezzo c’è la terra, talvolta sorretta da colonne62 , sotto c’è il mondo dei morti, seguito dalle acque sovra- celesti e dall’abisso. Nei più antichi testi biblici i morti scendono in un mondo paragonato a una vasta tomba. La geografia dello Sheol è particolarmente vaga, la sua collocazione nelle profondità della terra e la sua descrizione sem- brano meno importanti rispetto alla sorte dei defunti. Nel Libro dei Numeri gli avversari di Mosè sono inghiottiti dalla terra: « Ma se il Signore opera un pro- digio, e se la terra spalanca la bocca e li ingoia con quanto appartiene loro, di modo che essi scendano vivi agli inferi, allora saprete che questi uomini hanno disprezzato il Signore63  ». Nel Libro di Isaia Dio distrugge Babilonia il cui re ha oppresso gli Ebrei. Questi scende « nelle profondità dell’abisso64  » e al suo arrivo è accolto da altri re: « Negli inferi è precipitato il tuo fasto e la musica delle tue arpe. Sotto di te v’è uno strato di marciume, e tua coltre sono i vermi65  ». Il tiranno viene posto quindi a contatto con gli altri morti, non solo, ma la puni- zione divina lo condanna a perdere il proprio nome e a sparire nell’oblio66 . Nel Libro di Giobbe il vecchio uomo si lamenta della sua sorte: « Il piccolo e il grande là sono uguali, e lo schiavo è libero dai suoi padroni67  », « So bene che mi conduci alla morte, alla casa dove convengono tutti i viventi68  ». Il re David vi ritrova il figlio69 e si addormenta insieme ai suoi padri70 . Nello Sheol la vita dei morti, tutt’altro che idillica, è una cupa esistenza nel regno del « silenzio71  ». Il mondo sotterraneo non è né una promessa d’eternità né ancora un mondo a venire, ma solo il monito a vivere sulla terra secondo i comandamenti di Dio. Bibbia: la resurrezione Nell’VIII secolo a.C. gli Assiri conquistano il regno d’Israele: due secoli dopo cade il regno di Giuda, stavolta sotto il giogo dei Babilonesi. Il Tempio di Gerusalemme viene raso al suolo nel 587: gli Ebrei, umiliati nell’esilio babi- lonese, aspirano a un altro mondo. I Persiani, adepti del mazdeismo, schiac- ciano l’impero babilonese liberando i popoli oppressi, tra cui gli Ebrei. Questi, entrati in contatto con i Mazdei che credono in una forma di resurrezione alla fine del mondo, scoprono le idee dei Greci sull’immortalità dell’anima. Nuovi testi ebraici sviluppano il tema della resurrezione. L’aldilà è rivoluzionato, diventa possibile seguire il cammino delle misteriose morti d’Elia e di Enoch, entrambi rapiti in cielo72 , e lasciare lo Sheol per un altro mondo, in vista di una futura resurrezione. La promessa della resurrezione può essere collettiva e destinata al popolo eletto, come nel Libro d’Ezechiele dove Dio parla agli Ebrei con toni da negromante: « Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. […] Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra73  ». Ma può anche essere individuale, come nel Libro di Daniele dove la resurre- zione è destinata soprattutto agli adoratori di Dio: « Molti di quelli che dormono « Chi scende al regno dei morti più non risale. » Giobbe 7,9. Alla fine dei tempi la carne del Leviatano e di Behemoth, mostruose creature incarnazioni del male, sarà mangiata durante il pasto dei giusti. Animali carnivori ed erbivori dividono lo stesso banchetto secondo una tradizione del Libro di Isaia (miniatura di una bibbia ebraica del XIII secolo).
  • 11. L’ALTRO MONDO 42 ebrei 43 nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre74  ». La resurrezione si afferma quindi nei testi recenti della Bibbia (a partire dal II secolo a.C.) in un periodo in cui appare decisivo l’influsso della filoso- fia greca. L’olam ha-ba, « mondo a venire », si contrappone all’olam ha-zeh, il « mondo di qua ». Le sette ebraiche discordano circa la sorte umana: i Sadducei sostengono che l’anima è mortale, mentre i Farisei, e presto i primi cristiani, credono nella resurrezione per i giusti. Discussioni rabbiniche: il mondo a venire, il Gan Eden e la Geenna Dopo la distruzione, nel 70 d.C., del tempio di Gerusalemme da parte dei Romani, gli Ebrei lasciano nuovamente la terra d’Israele e si disperdono in Oriente, intorno al Mediterraneo e quindi in Europa. Le oppressioni subite dalle civiltà dominanti continuano a determinare il concetto dell’aldilà dei sacerdoti: le sofferenze subite sono ricompensate dalla fede nell’arrivo di un messia, in un mondo migliore a venire e in un ritorno nella terra perduta. I rabbini interpretano i testi biblici, li commentano in una tradizione orale che diventa scritta nella Mishnah a partire dal III secolo d.C. e poi nel Talmud, compilazione di discussioni rabbiniche. Queste tradizioni riprendono i con- cetti farisaici della resurrezione e dell’immortalità dell’anima, pur rimetten- doli in discussione. Due diversi destini spettano agli uomini: olam ha-ba, il mondo a venire, per i giusti, e gehinnom, la Geenna per gli empi. Ma su molti punti i pareri sono divisi: lo Sheol biblico va considerato un luogo reale, o il mondo a venire è un simbolo? Che ne è delle anime tra la morte e la resurrezione? L’aldilà non attiene forse all’inconoscibile? Per alcuni le ricompense nel giardino dell’Eden (Gan Eden) e i castighi della Geenna arrivano subito dopo la morte. Per altri le anime restano legate al corpo per dodici mesi, periodo di purificazione che precede un Giudizio. In attesa della resurrezione, le anime dei giusti vengono poste in ricettacoli sotto il trono di gloria, nel settimo cielo, o nel giardino dell’Eden. La fede nella resurrezione si rafforza: l’anima e il corpo, sostanzialmente indivisibili, si riuni- ranno nel mondo a venire, nel giorno della resurrezione l’anima tornerà alla polvere che ricostituirà un corpo. Il mondo a venire, luogo della ricompensa, è una sfera divina situata sopra, o accanto, a questo mondo, mentre la Geenna ospita gli empi sottoterra, in un fuoco prossimo allo Sheol. Secondo alcuni rabbini tutti i morti possono rivivere, mentre altri propendono per una perpe- tua condanna nella Geenna. In ebraico la parola gehinnom (Geenna) proviene da un luogo reale situato a sud di Gerusalemme, nella valle di Ben Hinnom75 . Al tempo della monarchia biblica un culto pagano usava sacrificarvi i bam- bini e il toponimo è rimasto associato all’orrendo rito. I due immaginari ebrei, quello di un mondo a venire e quello di un luogo di tormenti, verranno ripresi e ampliati nelle tradizioni cristiana e musulmana. Nel Medioevo i pensatori ebrei continuano a sviluppare il tema. Nel IX secolo, a Baghdad, Sa’adya Ga’on, temibile avversario degli ebrei d’Oriente che cre- dono nella trasmigrazione delle anime, afferma che alla venuta del Messia resusciteranno solo i giusti. Nel XII secolo Mosè Maimonide, il più grande pen- satore ebraico medievale, è influenzato dai filosofi greci: immagina un universo a forma di cipolla con nove cieli a strati sovrapposti, crede nella sopravvivenza dell’anima nel mondo a venire ma... senza il corpo fisico. La resurrezione dei corpi proclamata nel Talmud è ormai intaccata e suscita forti opposizioni nella comunità ebraica. Un secolo dopo, Nahmanide teorizza un mondo a venire, con i corpi resuscitati: nell’attesa della resurrezione le anime dei giusti passano dodici mesi nel giardino dell’Eden, prima di salire in quello celeste. A quel tempo Nahmanide, una delle massime autorità religiose del giudaismo spa- gnolo, era anche vicino alle cerchie cabalistiche. Mistici e cabalisti: il settimo cielo Parallelamente alla tradizione exoterica, una tradizione mistica ed esoterica s’ispira alle tradizioni antiche, in particolare ai racconti apocalittici: il Libro di Daniele (nella Bibbia), il Libro di Enoch, la visione di Ezechiele... Dal III secolo d.C. il viaggio dell’anima dà origine a speculazioni cosmologiche, alcune molto det- tagliate. I cieli da ascendere sarebbero sette e ogni viaggio tra un cielo e l’al- tro durerebbe cinquecento anni77 . Nella diaspora ebraica questa attrazione per le visioni figurate o simboliche che portano all’incontro con il divino assu- mono varie forme: tra il III e il VII secolo, a Babilonia, la mistica della Merkabah esplora il tema della visione del carro divino e dei sette palazzi celesti, il set- timo dei quali contiene il trono di Dio. Ma è in Provenza, fra il XII e il XIII secolo, che spuntano i primi cabalisti, come Abraham ben Isaac e Isacco il Cieco. Riservata alle cerchie d’iniziati, la Cabala presenta nuovi modi d’incontrare il divino soprattutto grazie a una diversa lettura dei testi fondamentali e all’in- troduzione di un sistema di corrispondenze tra microcosmo e macrocosmo78 . L’opera dei cabalisti tende a risanare il mondo di sotto e a preparare l’av- vento della fine dei tempi. Le tradizioni circolano in Spagna, dove Moses de León compone una parte del Zohar, una compilazione di testi esoterici che rivestirà grande importanza per i cabalisti e, più tardi, per molti ebrei: oggi la Cabala, Qabbalah, designa « la mistica ebraica e le tradizioni esoteriche del giudaismo79  ». Secondo una concezione cabalista80 del Medioevo, l’anima è composta di tre parti: la nefesh, spirito animale inferiore, la ruah, spirito razio- nale e intermedio, e la neshamah, anima superiore, parte puramente spiri- tuale dedita allo studio della Torah. Dopo la morte le tre anime subiscono sorti diverse: nefesh resta nella tomba dove subisce delle punizioni, ruah è casti- gata per dodici mesi prima di raggiungere il Gan Eden terreno, mentre nesha- mah accede direttamente al Gan Eden celeste. Ogni anima arriva sulla terra con un dovere da compiere; se non lo compie, o se ha bisogno d’essere puri- ficata, neshamah può tornare sulla terra. Tale ritorno dà luogo a una sorpren- dente dottrina di trasmigrazione delle anime, detta « Ghilgul81  », dove sono possibili solo tre reincarnazioni. La lunga ed eccezionale storia del giudaismo ha contemplato delle visioni dell’aldilà molto diverse tra loro che sono state oggetto di numerose discus- sioni e che recano tracce di influenze esterne mesopotamiche, persiane e gre- che. Per cristiani e musulmani le influenze sono reciproche. Oggi coesistono varie concezioni: gli ebrei ortodossi continuano a credere nella resurrezione riferendosi all’interpretazione letterale della Bibbia e del Talmud. Altri ebrei credono nell’eternità dell’anima, pur mantenendo aperta la discussione. « Ma di nuovo vivranno i tuoi morti. I miei cadaveri risorgeranno! » Isaia 26,19. « Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra. » Salmi 16,9-11. « Due porte di diamante permettono l’accesso al Gan Eden e su queste vi sono settantamila angeli servitori; lo splendore dei loro volti riluce come lo sfavillio del firmamento. » Rabbi Jehoshua ben Levi, Yalkut Shimeoni76 « Dio possiede tre chiavi: quella della pioggia, quella della nascita e quella della resurrezione dei morti. » Ta’anit, 2a.
  • 12. ebrei 4 4 SHEOL,LATOMBADELL’UMANITÀ Bibbia ebraica (X–II secolo a.C.) Israele Sheol Il soggiorno dei morti è situato nelle profondità della terra. Nella Bibbia ebraica manca una descrizione precisa che permetta di disegnarne una veduta particolareggiata. Vi si trovano tutti i morti, re e schiavi, che vi conducono una vita cupa e silenziosa. L’essere umano è fatto di carne (basar) e di elementi immateriali. Ruah: lo spirito di Dio o soffio divino che anima i viventi. Nell’uomo è la particella divina, il collegamento tra la persona (nefesh) e la carne (basar). Nefesh: persona, essere vivente prodotto dal soffio divino. Può assumere il senso di « anima ». In certi passaggi della Bibbia nefesh indica anche gli animali viventi. Il cielo, il firmamento, talvolta chiamato « i cieli », è la dimora di Dio. La terra ospita le creature di Dio, gli uomini e gli animali. Tutti i morti, buoni e cattivi, lasciano la terra e scendono nello Sheol. Riserve d’acqua, di neve e di grandine I morti vanno nello Sheol. I morti resuscitano. Componenti della persona La scrittura e la compilazione dei testi biblici si è svolta in tempi lunghissimi. Le descrizioni del mondo più antiche evocano la cosmologia mesopotamica con le sue riserve d’acqua nel cielo e il suo mondo sotterraneo dei morti. È l’archetipo delle visioni del mondo cristiana e musulmana. Terra EVOLUZIONE DELL’ALDILÀ NELLA BIBBIA Il tema della resurrezione vi appare solo tardivamente…
  • 13. ebrei 46 La distanza tra un cielo e l’altro corrisponde alla statura dell’angelo Metatron e alla lunghezza del braccio di Dio. Un fiume di fuoco scende fino allo Sheol. polarità del mondo UNAMIRIADEDICIELI Terzo libro di Enoch (V secolo d.C.) Israele, Babilonia Le anime medie sono guidate dall’angelo Samkiel nella Geenna, dove si purificano dei loro peccati. Una volta purificate, le anime medie seguono lo stesso percorso delle anime dei giusti. Le anime malvage sono guidate verso la Geenna dall’angelo Zaaphiel. Rabbi Ishmael segue il percorso delle anime dei giusti. Il Terzo Libro di Enoch, detto anche « Libro dei Palazzi », sta all’incrocio delle tradizioni bibliche e apocalittiche e rappresenta una delle fonti della Cabala. In questa visione mistica il saggio Rabbi Ishmael cade in trance e segue l’angelo Metatron fino al settimo cielo, oltre il quale si stendono centinaia di cieli.  Settimo cielo Le anime vi scoprono i suoi sette palazzi concentrici. Ognuno dei sette cieli è governato da un angelo e da 496 000 miriadi d’angeli. umani Riserva di anime Le anime dei giusti attendono la resurrezione presso il Trono di Gloria. Dominio inaccessibile agli angeli Merkabah: carro guidato da angeli, nel settimo palazzo Componenti della persona 955cieli7cieli tenda di separazione Sheol o Geenna Dimora infernale dove le anime malvage sono punite con il fuoco. La concezione della persona è uguale a quella presente nella Bibbia. Ruah: lo spirito di Dio o soffio divino che anima i viventi. Nell’uomoèlaparticelladivina,ilcollegamentotranefesheilbasso. Nefesh: persona, essere vivente prodotto dal soffio divino. Può assumere il significato di « anima ». Anime medie Anime malvage Terra
  • 14. CRISTIANI 49 CRISTIANI «P   aradiso », « paradiso terrestre », « paradiso celeste », « giardino dell’Eden », « Regno dei cieli », « Regno di Dio », « Purgatorio », « refrigerium interim », « seno d’Abramo », « limbi », « Inferno », « Geenna ». Queste varie definizioni dell’aldilà corrispondono a diverse epoche e a diversi contesti della cristianità. La maggior parte di esse figura nella Bibbia, sacro testo dei cristiani composto di due parti: l’Antico Testamento82 , traduzione della Bibbia ebraica, e il Nuovo Testamento, scritto quasi interamente tra il I e il II secolo d.C. Le concezioni dell’aldilà, una di tradizione ebraica e l’altra basata sugli insegnamenti di Cristo, non sempre coincidono nelle due parti. A questi testi basilari va aggiunta una vasta letteratura: i commentari dei Padri della Chiesa, le Apocalissi, le visioni, i testi medievali e le numerose immagini. Infine non bisogna dimenticare che la storia della cristianità è costellata di scismi e di guerre dogmatiche che hanno dato origine a varie Chiese: cattolica, ortodossa, cristiana d’Oriente, prote- stante... Queste confessioni cristiane, pur trovandosi d’accordo circa la resur- rezione, non condividono lo stesso parere sul modo di raggiungerla. Il Nuovo Testamento: la resurrezione e il Regno La vita di Gesù, dalla sua nascita tra gli uomini fino alla sua resurrezione, è un modello per i cristiani. Il suo percorso è descritto nel Nuovo Testamento dai diversi punti di vista dei quattro evangelisti Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Durante i suoi ultimi istanti di vita sulla croce, riferiti da Luca, il Messia è interpel- lato da un altro condannato alla crocifissione: « ‘Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno!’ Gli rispose: ‘In verità ti dico, oggi sarai con me nel para- diso’83  ». Esalato l’ultimo respiro Gesù scende nella Geenna per annunciare ai morti l’apertura delle porte del cielo per i giusti. Dopo tre giorni resuscita e torna sulla terra, dove viene visto solo da alcuni testimoni prima di salire al cielo. Dalla Geenna al cielo, il cammino del Messia rivela l’aldilà ai suoi discepoli. In che cosa consiste la resurrezione, posta dai cristiani al centro della loro fede? L’anima e il corpo, separati dalla morte ma destinati entrambi all’immortalità, ritroveranno la loro integrità nel Regno di Dio. Quando? Alla fine dei tempi, nel giorno del Giudizio finale, tutti gli uomini verranno resuscitati. Alcuni testi menzionano una prima resurrezione per i cristiani84 e una seconda per i morti, tra cui gli ingiusti85 . L’Apocalisse di Giovanni descrive una « seconda morte86  » per i dannati che verranno gettati in un lago di fuoco. « Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: ‘Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino’. » Matteo 4,17. « È meglio che tu entri con un occhio solo nel regno di Dio, che, con tutt’e due, essere gettato nella Geenna. » Marco 9,45. «  In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso. » Luca 23,43. Concezione cristiana del mondo, commistione tra un racconto biblico e una struttura cosmologica greca (miniatore: Maestro del Messale di Troyes, 1460 circa).
  • 15. L’ALTRO MONDO 50 CRISTIANI 51 Agli inizi del cristianesimo i cattivi sono giudicati e condannati ma, contraria- mente a quanto si potrebbe credere, per quanto riguarda l’Inferno siamo solo agli inizi. Le punizioni infernali si svilupperanno e si arricchiranno di particolari solo alla fine del Medioevo. Nel Nuovo Testamento il luogo dei tormenti resta la Geenna della tradizione ebraica, come in San Matteo87 : « Serpenti, razza di vipere, come potrete sfuggire alla condanna della Geenna?88  ». Anche San Marco menziona qua e là la Geenna89 , « Geenna, nel fuoco inestinguibile90  » (tema abbondantemente ripreso nelle successive rappresentazioni dell’Inferno). Nell’episodio del povero Lazzaro, Luca cita un altro luogo preso a prestito dalla tradizione ebraica, il seno d’Abramo: « Or avvenne che il povero morì e fu por- tato dagli angeli nel seno d’Abramo. Morì pure il ricco e gli fu data sepoltura. Or trovandosi nell’Inferno alzò gli occhi e mentre era in preda ai tormenti vide da lontano Abramo e Lazzaro nel suo seno91  ». Nel Nuovo Testamento il cielo è più citato della Geenna, con espressioni quali: « cieli », « Regno », « Regno dei cieli », « Regno di Dio », « paradiso92  », « terzo cielo ». Il « Regno di Dio » libera l’uomo da ogni regno terreno e lo proietta in un tempo dilatato. Le sue descrizioni sono paradossali, il luogo viene asso- ciato a un Dio lontano, vicino, oppure in mezzo a noi, che abbraccia tutti gli uomini. Solo il Vangelo secondo San Matteo usa ripetutamente93 l’espres- sione « regno dei cieli », iscrivendo il suo messaggio in un tempo escatolo- gico: « Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino94  », « A te darò le chiavi del regno dei cieli95  ». San Paolo, affermando il proprio rapimento fino al « terzo cielo », si chiede se esso si trovi dentro o fuori del proprio corpo: « E so che quest’uomo [...] fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunciare96  ». Agli inizi del cristianesimo la promessa d’eternità per i giusti si insedia in cielo. Padri della Chiesa: anime in transito Dopo gli Apostoli i primi vescovi, spesso influenzati dalla filosofia greca, consolidano le basi della Chiesa e contribuiscono a diffondere i Vangeli oltre il bacino mediterraneo. Questi « Padri della Chiesa » difendono la fede nella resurrezione e dibattono sulla natura dell’anima, nonché sui luoghi dell’aldilà. La sorte dell’anima nell’intermezzo tra la morte e la resurrezione resta tutta- via imprecisata. Alla fine del II secolo Ireneo di Lione attacca quelli che per lui sono eretici, come lo gnostico Basilide che sostiene l’esistenza di trecentosessantacinque cieli97 , o come Valentino e il suo Pleroma contenente il cielo del creatore98 . Questo contrasto è l’occasione per rafforzare la dottrina cristiana. Ireneo riprende la menzione del terzo cielo di San Paolo99 : « Anche Paolo dà testimonianza […] dicendo di essere stato rapito fino al terzo cielo e […] di essere stato traspor- tato in paradiso […]. Dal momento che egli ci ha raccontato come una cosa grande e splendida la sua assunzione fino al terzo cielo, certamente costoro [gli eretici] non salgono al di sopra del settimo cielo, non essendo superiori all’Apostolo100  ». Più avanti conferma il destino « sovraceleste » dei discepoli del Signore: « […] le anime dei suoi discepoli [di Dio] andranno nella regione invisibile, assegnata loro da Dio, e lì dimoreranno fino alla resurrezione101  ». Qualche decennio dopo, Clemente Alessandrino assicura da parte sua che « alla fine dei secoli gli angeli trasferiranno i veri penitenti in tabernacoli sovra- celesti [...] nel regno dei cieli », ma per il momento i giusti stanno nel « settena- rio di riposo102  » in cui è situato il paradiso. Origene insegna che non bisogna interpretare la Bibbia alla lettera e immagina un auditorium situato sulla terra che raccoglie le anime dei buoni, e un regno invisibile dei cieli per chi ha il cuore puro103 . Nel III secolo Tertulliano si pronuncia a favore di un refrige- rium interim, più sotterraneo che celeste104 . Questo « refrigerio intermedio », destinato a quanti attendono il Giudizio universale, somiglia al seno d’Abramo della tradizione ebraica. Nel IV secolo, Gregorio di Nissa sostiene che « l’anima incorporea non deve, per sua natura, essere chiusa all’interno di un luogo105  », che è vano impegnarsi in una polemica del genere e che le uniche cose impor- tanti sono l’immortalità dell’anima e la resurrezione. Poco dopo, Agostino d’Ip- pona distingue una categoria intermedia di morti, « coloro che non furono del tutto cattivi106  » (a metà tra i buoni e gli empi). Per costoro Sant’Agostino men- ziona delle « pene107  » o dei « tormenti adibiti alla purificazione108  » e invoca la possibilità di essere salvati grazie alle preghiere dei vivi. Gli empi sono con- dannati ai tormenti in un inferno o a una Geenna che non ha niente di sim- bolico: situata sottoterra, il suo supplizio è eterno109 . Sant’Agostino introduce un’importante distinzione tra il fuoco purgante e il fuoco della dannazione, tra pene temporanee e pene perpetue110 . Quanto al paradiso terrestre, distinto dal paradiso celeste, è nello stesso tempo una realtà spirituale e una realtà corpo- rea111 . Quest’abbondanza di luoghi invisibili dura fino all’inizio del Medioevo. Visioni dell’aldilà Nei primi secoli d.C. presso gli ebrei e i cristiani una letteratura detta « apo- calittica » descrive la fine del mondo, il Giudizio universale, il mondo a venire. Queste Apocalissi, la più famosa delle quali nonché l’unica contenuta nel Nuovo Testamento è quella di Giovanni, dispiegano un vertiginoso immaginario che ispirerà parte della letteratura sull’aldilà. A metà del II secolo l’Apocalisse di Paolo descrive in modo quanto mai figurato il viaggio di San Paolo nell’aldilà. Guidato da un angelo, arriva al firmamento, scorge la terra minuscola, sale al terzo cielo, ridiscende al primo e, dietro a una porta celeste, scopre un’al- tra terra che verrà svelata dopo il Giudizio universale. Poi l’angelo lo conduce a Occidente, dove si trovano le tenebre esterne, l’abisso senza fondo, i pozzi per i condannati; infine lo porta in paradiso. Mentre il cristianesimo si insedia in tutta l’Europa, alcuni cristiani vivono espe- rienze mistiche, descrivono il loro rapimento nell’aldilà, trasmettono le loro testimonianze, le loro visioni dell’« altro mondo » dove le anime sono giudi- cate. Durante l’Alto Medioevo numerosi racconti testimoniano la circolazione di un analogo immaginario. Nell’Inghilterra del VII secolo un laico di nome Drythelm muore di malattia. Mentre la famiglia ne veglia il corpo, Drythelm ritorna in vita e narra la sua visione: guidato da un angelo luminoso ha scoperto una valle di fiamme per le anime che hanno tardato a confessare i loro errori, ha visto l’entrata della Geenna, un pozzo nel quale i condannati precipitano per l’eternità e appreso che i perfetti vanno direttamente nel regno celeste112 . Nello stesso momento, in Germania, Wetti, un monaco benedettino, racconta una visione analoga: tormentato da Satana, è aiutato da un angelo vestito di porpora che gli mostra una valle dove scorre un fiume pieno di dannati e una montagna purgatoria113 . Nel IX secolo il re dei Franchi Carlo il Grosso, sovrano mediocre, fu tuttavia un uomo pio e dotato di una straordinaria visione dell’al- dilà. Un essere candidissimo lo rapisce e gli dice: « Prendi un filo del gomi- tolo luminoso, attaccalo e legalo saldamente al pollice della mano destra, ed esso ti condurrà nel labirinto delle pene infernali114  ». Carlo il Grosso segue il filo, scopre i supplizi dell’Inferno, pozzi di zolfo e di fuoco, scende in una valle, da un lato ardente, dove vede alcuni dannati, tra cui il proprio padre, e dall’al- tro verdeggiante: è la « magnifica valle del paradiso115  ». « Dunque dici che tutte le anime si trovano agli inferi? Che tu lo voglia o no, poi, in quel luogo vi sono anche pene e ricompense. » Tertulliano, Dell’anima, LVIII. « Sotto l’impulso dello Spirito santo seguii l’angelo il quale, trasportandomi nel paradiso, mi disse [...]. » Apocalisse di Paolo, 45. « E usciranno, quanti fecero il bene per una resurrezione di vita e quanti fecero il male per una resurrezione di condanna. » Giovanni 5,29.
  • 16. L’ALTRO MONDO 52 CRISTIANI 53 Medioevo: la trilogia Paradiso – Inferno – Purgatorio Luogo intermedio tra l’Inferno e il Paradiso, il Purgatorio ospita le anime né buone né cattive per mondarle dai peccati117 . La storia di questo luogo è appassionante e complessa poiché non tutte le religioni cristiane lo vedono allo stesso modo. Il lento formarsi di una dottrina del Purgatorio ha permesso ai cristiani d’Occi- dente d’affermare una propria singolarità rispetto a coloro che non ci credono: i catari, i valdesi, gli ortodossi greci e, in seguito, i protestanti. Eccettuato San Paolo che menziona una prova legata al fuoco118 , il Purgatorio non appare nella Bibbia e rappresenta una costruzione posteriore, una sorta d’invenzione. Per i Padri della Chiesa il « fuoco purgatorio » è una prova senza luogo. All’inizio del Medioevo alcune descrizioni dell’aldilà cominciano a situare vagamente il Purgatorio nella parte superiore della Geenna, sotto terra, in una valle o su una montagna. In realtà la localizzazione del Purgatorio appare tardi, all’inizio del XII secolo, in un periodo di profondi cambiamenti. Purgatorio, Paradiso e Inferno funzionano da specchi della società. L’Inferno, con le sue spaventose descrizioni, non può che ispirare timore ed evoca un regime di paura, mentre il paradiso rappresenta l’ideale di bontà allo stato puro. Tra i due, qualunque ne sia la realtà topografica, l’invenzione del Purgatorio corrisponde a un bisogno di giustizia: « L’aldilà deve correggere le disugua- glianze e le ingiustizie di quaggiù119  », constata lo storico Jacques Le Goff. Nel XIII secolo papa Innocenzo III distingue cinque sedi dell’aldilà: il cielo per i beati, l’Inferno per i dannati, un mondo per i giusti e i peccatori, il paradiso terrestre e il Purgatorio, dove sono puniti coloro che non hanno fatto peni- tenza120 . Poco tempo dopo, il domenicano Alberto Magno descrive un sistema ternario composto da Paradiso, Purgatorio e Inferno, esso stesso suddiviso in due sotto-luoghi, la Geenna e i limbi. Nel 1240 l’università di Parigi giudica ere- tica la dottrina di un luogo d’attesa per i giusti; il refrigerium interim dei Padri della Chiesa scompare e verrà definitivamente respinto da papa Giovanni XXII nel XIV secolo121 . I luoghi dell’aldilà sono oggetto di discussioni e talvolta di dispute: nel 1245 papa Innocenzo IV tenta una riunificazione con i Greci che si oppongono al Purgatorio; nel 1276 un dialogo tra un domenicano e due monaci greci descrive le divergenze dei punti di vista: « Latino: E del Purgatorio, che ne dite? Greci: […] non soltanto noi non lo ammettiamo, ma lanciamo contro tutto ciò l’anatema, come i padri in concilio. […] Latino: In quale luogo riposano ora le anime dei giusti, o quelle dei peccatori? Greci: […] i giusti come Lazzaro sono nel seno di Abramo, e i peccatori come il ricco senza misericordia sono nel fuoco della Geenna122  ». Presso i cattolici il Purgatorio si è rapidamente radicato nell’immaginario popolare, i teologi se ne sono impadroniti e i successivi concili di Firenze (1439) e di Trento (1545-1563) ne proclamano la dottrina. Anche la fede nell’Inferno riscontra un successo popolare. Il luogo dove sono puniti i peccatori alimenta timori e paure in modo più o meno mar- cato a seconda dei periodi, per esempio durante il flagello della peste nera nel XIV secolo. Tra il 1307 e il 1321 Dante compone la Divina Commedia in cui descrive il viaggio dell’anima nei tre regni dell’aldilà. L’opera è un emble- matico esempio della cosmologia cristiana alla fine del medioevo. Dei cento canti che la compongono, trentaquattro sono dedicati all’Inferno, trentatré al Purgatorio e trentatré al Paradiso. Primo grande testo scritto in italiano moderno, l’opera conosce un vasto successo e si diffonde in Europa prima e dopo l’invenzione della stampa. Tra gli artisti che illustrarono il poema dante- sco figurano Botticelli (alla fine del XIII secolo) e Gustave Doré (nel XIX secolo). Nell’opera, la topografia dei luoghi dell’aldilà è spinta ai limiti della rappre- sentazione, con uno scrupolo realistico quasi scientifico. Il caso del paradiso terrestre Il paradiso terrestre non ha niente a che vedere con il paradiso celeste dove le anime dei giusti attendono la resurrezione. Il paradiso terrestre è quello perduto descritto nell’Antico Testamento123 , il meraviglioso giardino dove Adamo ed Eva assaggiano il frutto proibito, l’idillico luogo evocante l’età d’oro dell’umanità. Riveste un aspetto paradossale, vicino e nello stesso tempo lontano dagli uomini: vicino in senso geografico perché situato sulla terra, ma lontano in senso ontologico in quanto riferito a un tempo passato. Ha originato molte leggende ma anche alcune confusioni. Nel IV secolo per Efrem il Siro il paradiso terrestre, appollaiato su un cocuzzolo, è inaccessibile agli uomini. Due secoli dopo Cosma Indicopleuste lo colloca a levante, dietro l’oceano, e per Isidoro di Siviglia: « Il Paradiso è un luogo che si trova nella parte orien- tale dell’Asia [...] Una fonte che sgorga nel suo centro irriga tutto il bosco, per poi dividersi e dar origine a quattro fiumi. Dopo il peccato, all’essere umano fu proibito l’accesso a questo luogo: l’ingresso è, infatti, completamente chiuso da una spada ardente124  ». Nel XII secolo Pietro Lombardo125 sostiene che è situato su una montagna, e nel XIV secolo Ranulf Higden afferma che essa tocca la luna. Un secolo dopo, il cardinale Pierre d’Ailly nella sua cele- bre Imago mundi descrive il paradiso terrestre a Oriente, in un luogo sopre- levato che in realtà non tocca la sfera lunare, dal quale nascono il Gange, il Nilo, il Tigri e l’Eufrate. Quest’opera geografica ha impressionato l’immagi- nario dell’epoca come quella di Cristoforo Colombo prima delle sue scoperte di nuove terre. Quando, nella sua terza spedizione, il navigatore genovese vide l’Orinoco (nell’odierno Venezuela) era infatti convinto che l’impetuoso fiume portasse al paradiso terrestre126 . La scoperta delle Americhe, la traver- sata del Pacifico e la circumnavigazione della terra decretano la fine del para- diso terrestre. L’aldilà cristiano inizia la sua de-spazializzazione. Oggi che le descrizioni figurate di Paradiso, Purgatorio e Inferno sono soli- damente radicate nell’immaginario collettivo e nelle credenze popolari, la maggior parte delle Chiese cristiane considera questi aldilà più come degli stati che come luoghi veri e propri. Per i cristiani la « buona novella » del Cristo invita ogni uomo a scoprire in se stesso un germe d’eternità. Ricostruzione della terra quale la descrisse Cristoforo Colombo ai Reali di Spagna alla fine della terza spedizione (1498). L’esploratore la descrive a forma di pera, o di un seno la cui sommità sarebbe il paradiso terrestre. « Vorrei distruggere inferno e paradiso perché Dio venga amato per se stesso. » Santa Teresa d’Avila « […] queste terre recentemente scoperte nelle quali sono intimamente convinto si trovi il paradiso terrestre […]. » Cristoforo Colombo, Lettera ai reali di Spagna, 1498127 « In verità vi sono tre luoghi che accolgono gli spiriti liberati dalla carne. Il Paradiso riceve gli spiriti dei perfetti, l’inferno i totalmente cattivi, il fuoco purgatorio coloro che non sono né del tutto buoni né del tutto cattivi. » Bernard de Fontcaude116 .
  • 17. CRISTIANI 54 SUIPASSIDIGESÙ Nuovo Testamento (I–II secolo) Gerusalemme, Antiochia, Corinto, Roma… Gesù Cristo visita i diversi strati del mondo. Dopo aver vissuto tra gli uomini, si sacrifica per loro, scende nella Geenna, ritorna in terra resuscitato e, dopo la vittoria sulla morte, sale finalmente al cielo. Per i cristiani questo percorso attraverso i mondi, culminante nella resurrezione, è un modello da imitare. La topografia del mondo descritta nel Nuovo Testamento riprende quella dell’Antico Testamento. Il Regno di Dio Alla fine dei tempi Dio resusciterà tutte le anime, buone e cattive. Ognuna di esse ritroverà il proprio corpo. La Geenna o Ade Le anime dei morti vanno nel mondo sotterraneo in attesa del Giudizio finale. Alcuni passaggi parlano di un fuoco eterno come castigo per i malvagi. Secondo cielo Il firmamento Primo cielo Cielo degli uccelli, dei venti e delle piogge polarità del mondo Terzo cielo San Paolo lo menziona mentre viene rapito nel Regno di Dio, detto anche « paradiso ». vivi morti angeli Dio Terra Componenti della persona L’essere umano è composto da un corpo (o carne) e di un’anima formanti un tutto unico. Carne e anima sono entrambe destinate alla resurrezione operata da Dio tramite Cristo. Ruha: soffio divino che anima i vivi, comunicato dallo Spirito Santo. Nefesh: anima assimilata a un soffio, principio spirituale e immortale collegato alla carne, diverso dalla psiche greca. Al sopraggiungere della morte, anima e carne sono divise in attesa della resurrezione. Anima comune (discesa nella Geenna). Il corpo non è visto come una prigione. Dopo la corruzione e il disfacimento dovuto alla morte, verrà resuscitato nel Regno di Dio, in un corpo glorioso. Grazie allo Spirito Santo, a rituali quali il battesimo e l’Eucarestia, i cristiani sono già nel corpo di Cristo. Saranno i primi resuscitati.