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Processi e metodologie
dell’insegnamento
Formare con metodo
(prof. Fiorino Tessaro)
SSIS Veneto – Area Comune – Sede di Venezia
Sintesi ed integrazione dei contenuti a cura di:
prof.ssa Crivellaro Annalisa - prof. Spinarelli Mauro
IIS Alessandrini – Vittuone (Mi)
Sommario
0) Premesse sul metodo
1) Metodo e Tecnica
2) Metodo Condiviso
3) Metodi di Insegnamento
 1) Didattica Espositiva
2) Didattica Loboratoriale
3) Ricerca Sperimentale
4) Ricerca-Azione
5) Mastery Learning
4) In concreto cosa deve fare un insegnante
5) I Principi di Metodo
2
PREMESSE SUL METODO
Procedere verso cosa e perché ?
3
Chi, cosa, come, con cosa ?
• Il metodo è il percorso che conduce al risultato;
esso riguarda il come insegnare ma ha origine
dall’intreccio di due fattori: che cosa si vuole
insegnare e a chi si vuole insegnare; un terzo
fattore si è ben presto associato ed oggi è
diventato determinante quanto i primi due: con
che cosa si vuole insegnare.
4
Livelli da tenere presenti ?
• Chi ? : Allievi e potenzialità di apprendimento!
• Cosa ? : specificità concettuali (legate alle singole
materie) !
• Come ? : tecnologie per la comunicazione
didattica e per la costruzione dell’apprendimento
!
• Perché ? : caratteristiche personali (cognitive,
emotive, relazionali) !
5
1) METODO E TECNICA
Quali sono le modalità procedurali e processuali attivabili
dal docente?
6
Non esiste un metodo migliore
• Non è possibile affermare in astratto l'esistenza di
un metodo migliore di altri.
• Solo misurandosi con la complessità del sistema
reale un metodo potrà risultare adeguato,
appropriato, opportuno o conveniente.
• Bisogna domandarsi dove si vuole arrivare e
considerare lo stile di apprendimento di chi con
noi vogliamo far navigare.
7
Costruzione Comune
• Oggi diversi modelli pedagogici non separano in
modo netto la fase strategica di progettazione da
quella dell’azione didattica con gli allievi: in tali
proposte si fa largo uso, in modo integrato, di
tecniche attive , in cui lo studente è molto
coinvolto e partecipe, co-costruttore, del suo
apprendimento.
– Simulative
– Analisi
– Riproduzione operativa
– Produzione cooperativa
8
Tecniche Attive #1
• Simulative
– Role playing (gioco dei ruoli) per l’interpretazione e l’analisi
dei comportamenti e dei ruoli sociali nelle relazioni
interpersonali
– In basket (cestino della posta) per prendere decisioni
– Action maze (azione nel labirinto) per lo sviluppo delle
competenze decisionali e procedurali.
• Analisi
– Studio di casi si analizzano situazioni comuni e frequenti per
sviluppare le capacità analitiche e le modalità di approccio
ad un problema
– Incident si affrontano situazioni di emergenza per
aggiungere le abilità decisionali e quelle predittive. 9
Tecniche Attive #2
• Riproduzione operativa
– Dimostrazioni ed esercitazioni che puntano ad affinare le
abilità tecniche e operative mediante la riproduzione di
una procedura.
• Produzione Cooperativa
– Brainstorming per l’elaborazione di idee creative in
gruppo, cooperative learning, per lo sviluppo integrato di
competenze cognitive, operative e relazionali.
10
Lo Studente è Passivo
• La fatica dell’insegnante dipende dalla reazione degli
studenti nei confronti di ciò che viene proposto come
progetto didattico.
• Quindi coinvolgere lo studente e renderlo partecipe,
co-costruttore, del suo apprendimento, previene la
reazione di autoaffermazione dello studente in
opposizione al potere di controllo dell’insegnante.
• Il mancato coinvolgimento dello studente limita lo
sviluppo della relazione educativa, perché costringe
l’insegnante a spingere o tirare lo studente mentre in
realtà dovrebbe solo orientare il suo percorso
autonomo. 11
2) METODO CONDIVISO
La sfida nella didattica è trovare un metodo che rappresenti
una sintesi e una mediazione tra “controllo della relazione” e
“autonomia nella relazione”. Tra i progetti dell’insegnante e
ciò che emerge dalla classe e dalle creatività individuali.
12
Creatività e Stabilità
“Le strutture progettate, garantiscono la presenza di
regole e routine che sono indispensabili per dare
stabilità all'organizzazione.
Le strutture emergenti garantiscono la presenza di
novità, creatività e flessibilità. Esse sanno adattarsi,
sono in grado di mutare ed evolversi.
Nella complessità della modernità liquida le semplici
strutture progettate non hanno la necessaria capacità di
rispondere prontamente ai cambiamenti e adattarsi al
contesto mutevole…”
13
Sfida per gli Insegnati ?
Equilibrio tra Stabilità e Creatività !
• I migliori manager comprendono l'interdipendenza
fra progetto ed emergenza; essi sanno che nelle
turbolenze dell'attuale ambiente economico, la loro
sfida è quella di trovare il giusto equilibrio fra la
creatività dell'emergenza e la stabilità del
progetto.”
• I migliori insegnanti sanno che la loro sfida è
trovare una sintesi tra i propri progetti e ciò che
emerge dalla classe e dai talenti individuali.
“La scienza della vita”, F.Capra
Ed.Rizzoli 2002, pag.183
14
3) METODI DI INSEGNAMENTO
A. Didattica espositiva
B. Laboratorio
C. Ricerca sperimentale
D. Ricerca-Azione
E. Mastery learning
15
A) DIDATTICA ESPOSITIVA
La più utilizzata e la più responsabilizzante per l’insegnante.
16
A.1) Didattica Espositiva
• Metodo espositivo puro. Comporta la trasmissione
unidirezionale dell'informazione. L’insegnante spiega e gli
studenti ascoltano. Presuppone l’ascolto attivo ma si basa su
una concezione sostanzialmente ricettiva
dell'apprendimento.
• Metodo espositivo interrogativo. Durante l'esposizione o
alla fine di essa l’insegnante formula domande agli studenti
per ottenere feedback e verificare se il messaggio è stato
compreso correttamente e, in caso negativo, modificarlo e
riformularlo.
• Metodo espositivo partecipativo. Durante la lezione gli
studenti possono porre domande e intervenire secondo
modalità di oscillazione negoziate: periodi di ascolto (fase
passiva) si alternano a periodi di intervento (fase attiva). La
partecipazione degli studenti si completa con esercizi
applicativi o altre attività comuni. 17
Criticità del metodo espositivo puro
1. Sviluppa esclusivamente le funzioni intellettive;
2. Utilizza prevalentemente il linguaggio verbale;
3. Non tiene conto degli interessi, delle curiosità, delle
motivazioni degli allievi;
4. Con la comunicazione monodirezionale mantiene gli
studenti in uno stato di ricettività passiva che risulta
faticosa se sviluppata in modo intenso e continuativo;
5. L’efficacia è limitata ai primi processi
dell'apprendimento, relativi alla percezione e
all'acquisizione delle conoscenze, e non considera i
successivi processi di assimilazione, di accomodamento,
di consolidamento, ecc.;
18
Criticità del metodo espositivo puro
6. Riduce al minimo l'interazione tra insegnante e
studente, e tende ad annullare l'interazione tra gli
studenti stessi;
7. Costringe la valutazione al controllo delle capacità
mnemoniche, ed in particolare alla memoria verbale e
riproduttiva;
8. Nega agli allievi la possibilità di contrastare
l'informazione ricevuta con proprie riflessioni o con
giudizi critici;
9. Si presenta per lo più come ripetizione di ciò che è
esposto nei libri di testo, o in fonti bibliografiche
accessibili.
19
Opportunità del metodo espositivo puro
• Se ben organizzato, torna didatticamente utile in
determinate circostanze in quanto:
1. è efficiente; la trasmissione informativa è condensata: in
breve tempo si presentano numerosi contenuti, dati e
informazioni;
2. è definita, l’argomento o il tema della lezione è delimitato, e
necessariamente strutturato in procedure sequenziali;
3. pone le basi e organizza il campo per lo studio individuale o
di gruppo;
4. presenta modelli di razionalità e codici linguistici e semantici
impostati secondo le regole della struttura e
dell’epistemologia disciplinare.
20
Responsabilità del Docente
• L’efficacia del metodo espositivo puro dipende in
massimo grado dalle competenze personali del
docente, ossia quanto egli sia competente nel:
1. Costruire interventi eccellenti, ricchi e articolati nei contenuti e,
insieme, affascinanti nel coinvolgimento espositivo;
2. Personalizzare l’esposizione, rapportandola alle caratteristiche
del gruppo, adattando i codici linguistici, per prenderli lì dove
sono e portarli avanti, senza abbassare la qualità
dell’insegnamento;
3. Coinvolgere gli studenti con strategie partecipative, limitando i
monologhi del docente;
4. Impiegare correttamente i sussidi e le tecnologie didattiche, al
fine di integrare la comunicazione verbale con altri linguaggi
particolarmente praticati dagli adolescenti.
21
I modi per la lezione espositiva
• Centrata sul contenuto (o logocentrica) è la lezione tradizionale, la
conferenza dell’esperto. L’attività grava completamente sul docente.
La sua finalità è impartire una determinata quantità di contenuti-
concetti disciplinari.
• Centrata sull'allievo (o psicocentrica) il riferimento non è la materia
di conoscenza ma il soggetto che apprende. Si presta particolare
attenzione al processo di apprendimento, agli interessi e alle
competenze degli studenti. Il ruolo del docente non è di impartire
contenuti, ma di stimolare, di facilitare, di orientare il lavoro degli
studenti, di progettare ambienti favorevoli all'apprendimento.
• Centrata sulla azione (o empirocentrica) si basa sulla produzione
organizzata degli studenti. La competenze fondamentali del
docente sono quelle di progettare, organizzare e gestire un
laboratorio di ricerca e sperimentazione.
22
Lezione centrata sull’azione
Si sviluppa in tre fasi:
• 1) Avvio e pianificazione. La classe, nel suo insieme, decide di affrontare un
determinato tema. Può trattarsi di un argomento occasionale (emergente
dall’attualità, sia essa culturale, sociale o scientifica) o di attività
programmate antecedentemente: in ogni caso l’azione va decisa in gruppo.
• 2) Sviluppo delle attività. Gli studenti realizzano determinate attività di
studio e riflessione, applicazione di procedure, attività di ricerca e
sperimentazione guidata. Gli allievi operano in piccoli gruppi e il professore
dirige il lavoro.
• 3) Conclusione e valorizzazione. Gli studenti espongono i risultati alla classe,
si discutono i risultati e le procedure utilizzate, si individuano gli elementi di
interesse e i punti di criticità. Compito del docente, nel coordinare l’azione
conclusiva, è di valorizzare i singoli apporti conducendoli alla
generalizzazione in modelli, principi e teorie.
• La lezione centrata sull’azione tiene conto delle esperienze e degli interessi
degli studenti come base per il progetto dell’intervento formativo.
23
Come organizzare l’esposizione
• 1) Fase iniziale : costruire le condizioni necessarie per
un’adeguata ricezione del messaggio. Funge da link tra le
conoscenze pregresse e l'argomento della presentazione. Il
modo di cominciare determina il coinvolgimento degli
studenti per tutta la sua durata.
• 2) Fase centrale, o corpo dell’esposizione, si compone di
azioni messe in atto dall’insegnante che costituiscono il
nucleo essenziale della lezione.
• 3) Fase di chiusura è il completamento della presentazione.
E’ un momento fondamentale per i processi di
consolidamento dell’appreso, di analisi per ulteriori
approfondimenti, di mantenimento dell’interesse personale.
• 24
1) Fase Iniziale : l’avvio per catturare
1. Determinazione dell’argomento e degli obiettivi.
Queste informazioni vanno specificate fin dall’inizio; devono essere comprese e
condivise, perchè incidono sulla motivazione negli allievi.
2. Individuazione, selezione e condivisione dei saperi
Permetta la generazione di connessioni tra i nuovi contenuti e le conoscenze
possedute dall'allievo.
3. Promozione della motivazione iniziale.
L’insegnante adotta le tecniche comunicative e relazionali più opportune per
attrarre e interessare.
4. Creazione del clima.
I comportamenti del docente incidono significativamente nel determinare il clima
di classe: gli studenti possono sentirsi liberi di esprimersi con naturalezza o
bloccati dal comportamento dell’insegnante; possono provare sensazioni di
tranquillità o di ansia.
25
2) Fase Centrale #1
1. Sviluppo ordinato e coerente dei concetti.
Mettere in evidenza e giustificare le sequenzialità logiche nella progressione
dei contenuti e la coerenza dei percorsi adottati
2. Transfer delle conoscenze.
Riferimenti ad esperienze vissute dagli studenti (transfer esistenziale) o a temi
e concetti precedentemente sviluppati in classe (transfer disciplinare)
3. Stimolo continuo verso l’obiettivo.
Il compito dell'insegnante è di custodire il senso e lo scopo dell'azione
didattica, favorendo o contrastando gli interventi della classe a seconda della
loro coerenza verso l'obiettivo negoziato.
4. Uso formativo della ridondanza.
La ridondanza non è la semplice ripetizione, in copia, di un argomento; è
invece la riproposizione dell’argomento, in altri contesti d’uso o in altre
situazioni, con termini e codici diversi, affiancata da esempi, casi, metafore,
immagini.
5. Rinforzi tematici.
Cogliere gli elementi, concetti, principi, eventi o situazioni, di particolare
interesse per gli studenti e approfondirli per rinforzare l’apprendimento.
• 26
2) Fase Centrale #2
6. Feedback parziali.
Osservazioni e controlli al fine di assicurarsi che i contenuti proposti siano
compresi dagli studenti. I feedback possono essere espliciti, a seguito di
precise domande poste dal docente, o impliciti, dedotti dai comportamenti e
dagli atteggiamenti degli allievi
7. Conclusioni intermedie.
Sintesi dei concetti che sono stati introdotti con cui si ricapitola il percorso
effettuato, e si stabilisce lo stato della conoscenza raggiunto.
8. Uso degli esempi.
Citazioni, esempi, analogie, situazioni e casi reali allo scopo di chiarificare
l'argomento trattato, per confermarne o falsificarne la validità. Gli esempi
dovranno essere adeguati alle caratteristiche (cognitive, esperienziali e
linguistiche) degli studenti.
9. Uso dei mezzi didattici.
Il loro compito è quello di integrare la comprensione dell’esposizione verbale
dell’insegnante.
10. Partecipazione dello studente.
Il docente utilizza produttivamente le idee degli studenti per rinforzare,
chiarire e approfondire aspetti importanti dell'argomento.
27
3) Fase Finale : la conclusione per
connettere
1. Riassunto finale.
Serve a consolidare i concetti più importanti e a proporre alcuni
interrogativi per stimolare la curiosità intellettuale degli studenti.
2. Controllo finale.
Si verifica il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
3. Assegnazione dei compiti complementari.
Offrire i rimandi immediati, le attinenze e le connessioni per
l'approfondimento e lo studio, individuale o di gruppo.
4. Presentazione di riferimenti anticipati.
Si presenta, a grandi linee, il tema o l’argomento della presentazione
successiva, mettendone in rilievo i collegamenti concettuali e la progressione
di sviluppo con l’esposizione appena conclusa.
5. Clima finale
Comprende tutte le azioni, i comportamenti e gli atteggiamenti del docente
che danno luogo ad un clima nel gruppo partecipe e interessato, tale da
contribuire a motivare gli studenti verso la sessione successiva.
28
B) DIDATTICA LABORATORIALE
Il laboratorio è uno “spazio mentale attrezzato”, una forma mentis,
un modo di interagire con la realtà per comprenderla e/o per
cambiarla.
29
La Conoscenza ?
• La conoscenza non è metaforicamente rappresentabile come
un muro fatto di tanti mattoni, ma come un reticolo
dinamico, una struttura articolata e variabile, in cui ogni parte
è interconnessa con le altre: dalla connessione con le parti
deriva la struttura dell’intera rete.
• Una rete che può essere esplorata e compresa partendo da
un punto qualsiasi, poiché non vi è né base né sommità, né è
possibile definire una posizione privilegiata.
• L’esplorazione non si può intraprendere senza mettere in atto
forti e diversificate interazioni: il contesto laboratoriale rende
possibili i processi della ricerca/riscoperta, organizzando
attività educative e didattiche in cui lo studente domina il
senso del suo apprendimento.
30
Laboratori di apprendimento diversificati
• Nel laboratorio l’insegnante predispone contesti
operativi e comunicativo-relazionali; crea le condizioni
che consentono ai singoli allievi di riscoprire,
reinventare, ricostruire i concetti, nel rispetto dei livelli
di sviluppo e di apprendimento, degli stili e dei ritmi
personali.
• E ciò non può essere effettuato attraverso la lezione
collettiva, ma attraverso la costituzione di gruppi che
operino in laboratori di apprendimento diversificati per
praticare e rielaborare i contenuti disciplinari, avendo
anche lo spazio per esplorare strategie alternative a
quelle proposte dall’insegnante. 31
Caratteristiche epistemologiche del
laboratorio #1
• Personalizzazione. Innanzitutto la personalizzazione
degli obiettivi formativi sulla base delle esigenze
formative dei singoli alunni e la personalizzazione dei
percorsi di apprendimento (unità di apprendimento)
sulla base dei livelli di sviluppo e di apprendimento,
oltre che degli stili e dei ritmi di apprendimento, degli
interessi, delle motivazioni e delle predilezioni dei
singoli alunni.
• Operatività. Nei laboratori si attuano i principi
metodologico-didattici del learning by doing
(apprendere attraverso il fare, è il modello
dell’epistemologia operativa) e quindi del problem
solving e del cooperative learning. 32
Caratteristiche epistemologiche del
laboratorio #2
• Prima di essere “ambiente”, il laboratorio è uno “spazio mentale
attrezzato”, una forma mentis, un modo di interagire con la
realtà per comprenderla e/o per cambiarla.
• L'attività proposta, nel laboratorio formativo, si deve prestare
ad una manipolazione concreta. Un’attività puramente verbale,
senza il passaggio al trattamento reale, non è sufficiente.
• L'attività non deve avere una soluzione unica. Il laboratorio non
è il luogo dell'esercitazione meccanica, dei passi obbligati. Lo
“spazio mentale attrezzato” richiede non una risposta giusta,
un'unica soluzione, ma più risposte e più soluzioni, tutte a vario
titolo plausibili.
33
Caratteristiche epistemologiche del
laboratorio #3
• Le attività devono possedere valenze metaforiche (come-
così) Operare in laboratorio significa fare riferimento
(ripensare) ad esperienze lontane ed eterogenee, e
contemporaneamente costruire, su quel pensiero, nuove
esperienze.
• Come quella volta così oggi …
• Le attività devono coinvolgere il rapporto che ciascuno ha
con il sapere, il laboratorio supera la perenne divisione tra
teoria e pratica, tra principi e applicazioni, individuando il
sapere come conoscenza in azione.
34
Caratteristiche didattiche del
laboratorio #1
• L’obiettivo non è quanto si deve conoscere in ordine alle
discipline teoriche, ma in che modo le discipline possono
costruire la competenza nell’allievo.
• Luogo di costruzione della conoscenza. E’ necessario trovare
efficaci collegamenti tra contenuti disciplinari e le esperienze
diversificate degli allievi.
• Avventura conoscitiva: nell’insegnamento-apprendimento
l’insegnante e l’allievo si costituiscono entrambi come quel
viaggiatore, il cui viaggio e la cui scommessa è il percorso
formativo.
35
Caratteristiche didattiche del
laboratorio #2
• Metacognizione: perché il laboratorio didattico mira ad un
processo di apprendimento che non incida solamente sulle
abilità di base o acquisite, ma anche sulle modalità della
loro comprensione ed utilizzazione. L’approccio
metacognitivo è una modalità di intervento polivalente e
trasversale all’interno del processo di apprendimento.
• Approccio cooperativo: il laboratorio è l’ambiente in cui si
concretizza un nuovo modello di
insegnamento/apprendimento fondato sulle interazioni fra
gli attori del processo formativo. In laboratorio l’enfasi va
posta sul rapporto tra esperienza individuale e ricostruzione
culturale affinché le teorie servano per rispondere ai perché
emersi dall’esplorazione.
36
C) RICERCA SPERIMENTALE
La ricerca di base opera lungo due direttrici: la ricerca
sperimentale classica, connessa al metodo ipotetico-deduttivo e la
ricerca-azione espressione del metodo euristico partecipativo
37
Metodo investigativo
1. Individuazione e definizione del problema.
2. Analisi e selezione delle ipotesi.
3. Delimitazione del campo della ricerca (dei fattori che
interagiscono con il problema).
4. Campionatura (selezione degli elementi
rappresentativi).
5. Selezione delle fonti (da cui rilevare dati e informazioni)
6. Registrazione ed elaborazione dei dati raccolti.
7. Confronto e verifica delle ipotesi.
8. Definizione del principio generale.
38
D) RICERCA-AZIONE
In essa non c’è distinzione tra chi fa ricerca e chi è l’oggetto della ricerca.
39
Metodo Euristico Partecipativo
• Con la ricerca-azione gli studenti imparano sia a svolgere
ricerche in ambito sociale, sia a fare ricerca sul loro modo
di essere “ricercatori”.
• Nella ricerca-azione non è tanto l’obiettività che
preoccupa quanto la ricostruzione documentata e
ordinata del processo d’azione nel suo farsi.
• Fasi del metodo in sintesi:
– Identificazione dei problemi da risolvere
– Formulazione ipotesi di cambiamento e piani di implementazione
– Applicazione delle ipotesi nei contesti-obiettivo dei piani formulati,
– Valutazione dei cambiamenti intervenuti e revisione progetti e piani.
– Approfondimento, istituzionalizzazione e diffusione capillare delle
buone pratiche. 40
E) IL MASTERY LEARNING
Un modalità di organizzazione dell'intervento didattico personalizzata,
molto attenta alle diversità individuali nei ritmi e nei tempi di
apprendimento degli allievi.
41
Procedimenti
1. L’insegnante definisce le abilità concettuali e operative che gli
studenti dovrebbero raggiungere al termine dell’intervento
didattico;
2. Con l'analisi del compito stabilisce i livelli intermedi definendo gli
obiettivi particolari in una successione di unità didattiche in
grado di promuovere progressivamente le abilità finali;
3. Elabora le prove in grado di verificare il raggiungimento o meno
degli obiettivi delle unità didattiche individuate;
4. Predispone poi le unità didattiche tenendo conto il più possibile
dello stato di preparazione iniziale dei suoi allievi;
5. Struttura successivamente le attività integrative e di recupero da
proporre a quegli allievi che non avessero raggiunto ancora livelli
intermedi di abilità nelle singole unità didattiche;
6. Controlla che gli allievi non affrontino l'unità successiva se non
hanno conquistato il minimo indispensabile di dominio delle
conoscenze e competenze previste dalle unità precedenti.
42
Per non lasciare nessuno indietro
• Nella scuola secondaria il mastery learning potrà
essere proficuamente utilizzato come metodo di
insegnamento individualizzato per l’addestramento
di specifiche abilità tecniche e/o professionali, o con
allievi con disabilità, o in presenza di disagi
nell'apprendimento più o meno gravi, anche
temporanei.
43
1.5) IN CONCRETO COSA DEVE FARE
UN INSEGNANTE
“Maestri si diviene non si nasce” : l’insegnante oggi è un facilitatore
dell’apprendimento … esperto e competente ricercatore delle
strategie più adatte per rapportarsi con l’allievo nelle tappe del
processo di apprendimento che con lui ha cercato di avviare.”
44
Azioni da mettere in atto #1
1. Variare gli stimoli allo scopo di mantenere
l'attenzione degli allievi e di non cadere nella
monotonia.
2. Sensibilizzare al problema da trattare, in modo da
predisporre un terreno fertile alle nuove
conoscenze.
3. Ricapitolare e integrare le conoscenze; in altri
termini, saper fare un bilancio cognitivo, una
sintesi, delle associazioni e dei transfer.
4. Ricorrere al silenzio e alle indicazioni non verbali.
5. Rafforzare la motivazione e la partecipazione
dello studente sostenendo l’allievo nella fatica di
apprendere
45
Azioni da mettere in atto #2
6. Saper delimitare i problemi.
7. Controllare la comprensione degli studenti.
8. Saper porre dei problemi complessi.
9. Porre dei problemi discriminatori.
10.Essere sensibile alle reazioni degli allievi.
11.Ricorrere alle immagini e agli esempi.
12.Raffinare la tecnica d'esposizione.
13.Suscitare una comunicazione completa nella
classe.
46
1.6) I PRINCIPI DI METODO
Principi basilari su cui ogni docente dovrebbe improntare le
azioni didattiche.
47
Gusto per il Sapere
• Soltanto l’insegnante che vive il “sapore profondo”
della sua disciplina, che lo sa “gustare” traendone
emozioni intellettuali, può condividere con gli
studenti questa esperienza.
• Il docente deve vivere con passione e lasciar
trasparire l’amore per ciò che insegna e nel volerlo
insegnare.
• Non basta il piacere di insegnare, deve piacere ciò
che si insegna.
48
Significatività
• L'azione didattica deve garantire il collegamento
concettuale tra il sapere e lo studente, tra le nuove
conoscenze e quelle già possedute dall’allievo.
• Lo studente possiede saperi suoi, sistemi di
conoscenze e di organizzazioni delle conoscenze che
fanno parte della sua vita: se l’insegnante non lo
riconosce, per un verso svaluta la persona (non
riconoscendo il valore dei suoi saperi) e per l’altro
perde un’ottima possibilità per facilitare sia
l’insegnamento che l’apprendimento.
49
Motivazione
• L’intervento per esser efficace deve promuovere tutti
quei fattori che possono determinare e stimolare
l'attività del soggetto. La spinta all’apprendimento è
risultante da fattori di personalità, di contesto e di
relazione.
• Dal punto di vista formativo le frammentate e
contraddittorie motivazioni adolescenziali devono
diventare terreno di analisi metacognitiva e di ricerca
condivisa.
50
Direzione
• L'itinerario indicato dagli insegnanti serve per
orientare l’apprendimento verso gli obiettivi
prefissati.
• L'insegnamento è efficace se l'itinerario è costruito
insieme, con lo studente, se è personalizzato, o
almeno negoziato.
• La costruzione partecipata del curricolo dà senso
all’azione didattica; lo studente non potrà più
chiedere “perchè devo studiare questo?!”: il percorso
e la direzione sono stati decisi insieme.
51
Continuità
• Il curricolo vissuto dallo studente deve lasciar
trasparire l'unitarietà nelle progressioni diacroniche
(tra segmenti formativi in successione) e sincroniche
(trasversali alle diverse discipline).
52
Ricorsività
• L'apprendimento si ottiene ritornando più volte
sull'oggetto di studio; la ricorsività dell'insegnamento
serve a facilitare apprendimenti estensivi (con
connessioni orizzontali, per ampliare il campo di
analisi e le possibilità d’uso) e intensivi (con
connessioni verticali, per andare in profondità in un
argomento).
53
Integrazione
• L'azione didattica deve favorire il processo formativo
mediante l'integrazione interna, tra le discipline,
superando l'eccessiva segmentazione, e
l'integrazione esterna, nel coordinamento delle
diverse proposte formative.
• L’allievo vive molteplici realtà formative, spesso sono
talmente isolate da non percepirne le connessioni.
• Alcune esperienze sono gratificanti altre deludenti:
l’integrazione facilita l’apprendimento nelle situazioni
meno felici;
54
Organizzazione
• L'intervento didattico organizzato non comprende
solo la strutturazione dei saperi; l’insegnante deve
anche pianificare e gestire in modo funzionale le
attività, i tempi, gli spazi e le risorse a disposizione;
• Lo studente apprende dall’organizzazione: se
l’insegnante affronta e completa un argomento
importante negli ultimi dieci minuti della lezione, per
l’allievo tale argomento non sarà affatto importante;
55
Stabilizzazione
• L'azione dell'insegnante, se per un verso punta allo
sviluppo di apprendimenti autonomi e originali,
dall'altra deve assicurare regole e procedure costanti,
stabili (punti fermi, che potranno essere modificati
qualora non risultassero più validi e pertinenti);
• La divergenza adolescenziale è una ricchezza da
educare con il pensiero, la riflessione, la discussione;
l’incertezza non deve diventare uno stato dell’Io, ma
va indirizzata alla definizione della complessità e dei
problemi;
56
Consolidamento
• Conseguente alla stabilizzazione, il principio
metodologico del consolidamento punta a valorizzare
e a sostenere ciò che l'allievo va apprendendo,
ampliando le situazioni, incrementando i contesti
d'uso, riorganizzando gli ambienti formativi; l’enorme
quantità informativa, interna ed esterna alla scuola,
richiede filtri epistemologici nella selezione dei saperi
e contestualizzazioni di senso per lo studente;
57
Trasferibilità
• La proposta didattica deve sollecitare il transfer delle
conoscenze e delle competenze, con la loro
traslazione da un sistema a un altro (da un
argomento ad un altro, da una disciplina ad un’altra,
dal sistema scolastico alla vita reale, da un sistema di
codici ad un altro, da un sistema di padronanza ad
un altro)
58

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Formare con Metodo

  • 1. Processi e metodologie dell’insegnamento Formare con metodo (prof. Fiorino Tessaro) SSIS Veneto – Area Comune – Sede di Venezia Sintesi ed integrazione dei contenuti a cura di: prof.ssa Crivellaro Annalisa - prof. Spinarelli Mauro IIS Alessandrini – Vittuone (Mi)
  • 2. Sommario 0) Premesse sul metodo 1) Metodo e Tecnica 2) Metodo Condiviso 3) Metodi di Insegnamento  1) Didattica Espositiva 2) Didattica Loboratoriale 3) Ricerca Sperimentale 4) Ricerca-Azione 5) Mastery Learning 4) In concreto cosa deve fare un insegnante 5) I Principi di Metodo 2
  • 3. PREMESSE SUL METODO Procedere verso cosa e perché ? 3
  • 4. Chi, cosa, come, con cosa ? • Il metodo è il percorso che conduce al risultato; esso riguarda il come insegnare ma ha origine dall’intreccio di due fattori: che cosa si vuole insegnare e a chi si vuole insegnare; un terzo fattore si è ben presto associato ed oggi è diventato determinante quanto i primi due: con che cosa si vuole insegnare. 4
  • 5. Livelli da tenere presenti ? • Chi ? : Allievi e potenzialità di apprendimento! • Cosa ? : specificità concettuali (legate alle singole materie) ! • Come ? : tecnologie per la comunicazione didattica e per la costruzione dell’apprendimento ! • Perché ? : caratteristiche personali (cognitive, emotive, relazionali) ! 5
  • 6. 1) METODO E TECNICA Quali sono le modalità procedurali e processuali attivabili dal docente? 6
  • 7. Non esiste un metodo migliore • Non è possibile affermare in astratto l'esistenza di un metodo migliore di altri. • Solo misurandosi con la complessità del sistema reale un metodo potrà risultare adeguato, appropriato, opportuno o conveniente. • Bisogna domandarsi dove si vuole arrivare e considerare lo stile di apprendimento di chi con noi vogliamo far navigare. 7
  • 8. Costruzione Comune • Oggi diversi modelli pedagogici non separano in modo netto la fase strategica di progettazione da quella dell’azione didattica con gli allievi: in tali proposte si fa largo uso, in modo integrato, di tecniche attive , in cui lo studente è molto coinvolto e partecipe, co-costruttore, del suo apprendimento. – Simulative – Analisi – Riproduzione operativa – Produzione cooperativa 8
  • 9. Tecniche Attive #1 • Simulative – Role playing (gioco dei ruoli) per l’interpretazione e l’analisi dei comportamenti e dei ruoli sociali nelle relazioni interpersonali – In basket (cestino della posta) per prendere decisioni – Action maze (azione nel labirinto) per lo sviluppo delle competenze decisionali e procedurali. • Analisi – Studio di casi si analizzano situazioni comuni e frequenti per sviluppare le capacità analitiche e le modalità di approccio ad un problema – Incident si affrontano situazioni di emergenza per aggiungere le abilità decisionali e quelle predittive. 9
  • 10. Tecniche Attive #2 • Riproduzione operativa – Dimostrazioni ed esercitazioni che puntano ad affinare le abilità tecniche e operative mediante la riproduzione di una procedura. • Produzione Cooperativa – Brainstorming per l’elaborazione di idee creative in gruppo, cooperative learning, per lo sviluppo integrato di competenze cognitive, operative e relazionali. 10
  • 11. Lo Studente è Passivo • La fatica dell’insegnante dipende dalla reazione degli studenti nei confronti di ciò che viene proposto come progetto didattico. • Quindi coinvolgere lo studente e renderlo partecipe, co-costruttore, del suo apprendimento, previene la reazione di autoaffermazione dello studente in opposizione al potere di controllo dell’insegnante. • Il mancato coinvolgimento dello studente limita lo sviluppo della relazione educativa, perché costringe l’insegnante a spingere o tirare lo studente mentre in realtà dovrebbe solo orientare il suo percorso autonomo. 11
  • 12. 2) METODO CONDIVISO La sfida nella didattica è trovare un metodo che rappresenti una sintesi e una mediazione tra “controllo della relazione” e “autonomia nella relazione”. Tra i progetti dell’insegnante e ciò che emerge dalla classe e dalle creatività individuali. 12
  • 13. Creatività e Stabilità “Le strutture progettate, garantiscono la presenza di regole e routine che sono indispensabili per dare stabilità all'organizzazione. Le strutture emergenti garantiscono la presenza di novità, creatività e flessibilità. Esse sanno adattarsi, sono in grado di mutare ed evolversi. Nella complessità della modernità liquida le semplici strutture progettate non hanno la necessaria capacità di rispondere prontamente ai cambiamenti e adattarsi al contesto mutevole…” 13
  • 14. Sfida per gli Insegnati ? Equilibrio tra Stabilità e Creatività ! • I migliori manager comprendono l'interdipendenza fra progetto ed emergenza; essi sanno che nelle turbolenze dell'attuale ambiente economico, la loro sfida è quella di trovare il giusto equilibrio fra la creatività dell'emergenza e la stabilità del progetto.” • I migliori insegnanti sanno che la loro sfida è trovare una sintesi tra i propri progetti e ciò che emerge dalla classe e dai talenti individuali. “La scienza della vita”, F.Capra Ed.Rizzoli 2002, pag.183 14
  • 15. 3) METODI DI INSEGNAMENTO A. Didattica espositiva B. Laboratorio C. Ricerca sperimentale D. Ricerca-Azione E. Mastery learning 15
  • 16. A) DIDATTICA ESPOSITIVA La più utilizzata e la più responsabilizzante per l’insegnante. 16
  • 17. A.1) Didattica Espositiva • Metodo espositivo puro. Comporta la trasmissione unidirezionale dell'informazione. L’insegnante spiega e gli studenti ascoltano. Presuppone l’ascolto attivo ma si basa su una concezione sostanzialmente ricettiva dell'apprendimento. • Metodo espositivo interrogativo. Durante l'esposizione o alla fine di essa l’insegnante formula domande agli studenti per ottenere feedback e verificare se il messaggio è stato compreso correttamente e, in caso negativo, modificarlo e riformularlo. • Metodo espositivo partecipativo. Durante la lezione gli studenti possono porre domande e intervenire secondo modalità di oscillazione negoziate: periodi di ascolto (fase passiva) si alternano a periodi di intervento (fase attiva). La partecipazione degli studenti si completa con esercizi applicativi o altre attività comuni. 17
  • 18. Criticità del metodo espositivo puro 1. Sviluppa esclusivamente le funzioni intellettive; 2. Utilizza prevalentemente il linguaggio verbale; 3. Non tiene conto degli interessi, delle curiosità, delle motivazioni degli allievi; 4. Con la comunicazione monodirezionale mantiene gli studenti in uno stato di ricettività passiva che risulta faticosa se sviluppata in modo intenso e continuativo; 5. L’efficacia è limitata ai primi processi dell'apprendimento, relativi alla percezione e all'acquisizione delle conoscenze, e non considera i successivi processi di assimilazione, di accomodamento, di consolidamento, ecc.; 18
  • 19. Criticità del metodo espositivo puro 6. Riduce al minimo l'interazione tra insegnante e studente, e tende ad annullare l'interazione tra gli studenti stessi; 7. Costringe la valutazione al controllo delle capacità mnemoniche, ed in particolare alla memoria verbale e riproduttiva; 8. Nega agli allievi la possibilità di contrastare l'informazione ricevuta con proprie riflessioni o con giudizi critici; 9. Si presenta per lo più come ripetizione di ciò che è esposto nei libri di testo, o in fonti bibliografiche accessibili. 19
  • 20. Opportunità del metodo espositivo puro • Se ben organizzato, torna didatticamente utile in determinate circostanze in quanto: 1. è efficiente; la trasmissione informativa è condensata: in breve tempo si presentano numerosi contenuti, dati e informazioni; 2. è definita, l’argomento o il tema della lezione è delimitato, e necessariamente strutturato in procedure sequenziali; 3. pone le basi e organizza il campo per lo studio individuale o di gruppo; 4. presenta modelli di razionalità e codici linguistici e semantici impostati secondo le regole della struttura e dell’epistemologia disciplinare. 20
  • 21. Responsabilità del Docente • L’efficacia del metodo espositivo puro dipende in massimo grado dalle competenze personali del docente, ossia quanto egli sia competente nel: 1. Costruire interventi eccellenti, ricchi e articolati nei contenuti e, insieme, affascinanti nel coinvolgimento espositivo; 2. Personalizzare l’esposizione, rapportandola alle caratteristiche del gruppo, adattando i codici linguistici, per prenderli lì dove sono e portarli avanti, senza abbassare la qualità dell’insegnamento; 3. Coinvolgere gli studenti con strategie partecipative, limitando i monologhi del docente; 4. Impiegare correttamente i sussidi e le tecnologie didattiche, al fine di integrare la comunicazione verbale con altri linguaggi particolarmente praticati dagli adolescenti. 21
  • 22. I modi per la lezione espositiva • Centrata sul contenuto (o logocentrica) è la lezione tradizionale, la conferenza dell’esperto. L’attività grava completamente sul docente. La sua finalità è impartire una determinata quantità di contenuti- concetti disciplinari. • Centrata sull'allievo (o psicocentrica) il riferimento non è la materia di conoscenza ma il soggetto che apprende. Si presta particolare attenzione al processo di apprendimento, agli interessi e alle competenze degli studenti. Il ruolo del docente non è di impartire contenuti, ma di stimolare, di facilitare, di orientare il lavoro degli studenti, di progettare ambienti favorevoli all'apprendimento. • Centrata sulla azione (o empirocentrica) si basa sulla produzione organizzata degli studenti. La competenze fondamentali del docente sono quelle di progettare, organizzare e gestire un laboratorio di ricerca e sperimentazione. 22
  • 23. Lezione centrata sull’azione Si sviluppa in tre fasi: • 1) Avvio e pianificazione. La classe, nel suo insieme, decide di affrontare un determinato tema. Può trattarsi di un argomento occasionale (emergente dall’attualità, sia essa culturale, sociale o scientifica) o di attività programmate antecedentemente: in ogni caso l’azione va decisa in gruppo. • 2) Sviluppo delle attività. Gli studenti realizzano determinate attività di studio e riflessione, applicazione di procedure, attività di ricerca e sperimentazione guidata. Gli allievi operano in piccoli gruppi e il professore dirige il lavoro. • 3) Conclusione e valorizzazione. Gli studenti espongono i risultati alla classe, si discutono i risultati e le procedure utilizzate, si individuano gli elementi di interesse e i punti di criticità. Compito del docente, nel coordinare l’azione conclusiva, è di valorizzare i singoli apporti conducendoli alla generalizzazione in modelli, principi e teorie. • La lezione centrata sull’azione tiene conto delle esperienze e degli interessi degli studenti come base per il progetto dell’intervento formativo. 23
  • 24. Come organizzare l’esposizione • 1) Fase iniziale : costruire le condizioni necessarie per un’adeguata ricezione del messaggio. Funge da link tra le conoscenze pregresse e l'argomento della presentazione. Il modo di cominciare determina il coinvolgimento degli studenti per tutta la sua durata. • 2) Fase centrale, o corpo dell’esposizione, si compone di azioni messe in atto dall’insegnante che costituiscono il nucleo essenziale della lezione. • 3) Fase di chiusura è il completamento della presentazione. E’ un momento fondamentale per i processi di consolidamento dell’appreso, di analisi per ulteriori approfondimenti, di mantenimento dell’interesse personale. • 24
  • 25. 1) Fase Iniziale : l’avvio per catturare 1. Determinazione dell’argomento e degli obiettivi. Queste informazioni vanno specificate fin dall’inizio; devono essere comprese e condivise, perchè incidono sulla motivazione negli allievi. 2. Individuazione, selezione e condivisione dei saperi Permetta la generazione di connessioni tra i nuovi contenuti e le conoscenze possedute dall'allievo. 3. Promozione della motivazione iniziale. L’insegnante adotta le tecniche comunicative e relazionali più opportune per attrarre e interessare. 4. Creazione del clima. I comportamenti del docente incidono significativamente nel determinare il clima di classe: gli studenti possono sentirsi liberi di esprimersi con naturalezza o bloccati dal comportamento dell’insegnante; possono provare sensazioni di tranquillità o di ansia. 25
  • 26. 2) Fase Centrale #1 1. Sviluppo ordinato e coerente dei concetti. Mettere in evidenza e giustificare le sequenzialità logiche nella progressione dei contenuti e la coerenza dei percorsi adottati 2. Transfer delle conoscenze. Riferimenti ad esperienze vissute dagli studenti (transfer esistenziale) o a temi e concetti precedentemente sviluppati in classe (transfer disciplinare) 3. Stimolo continuo verso l’obiettivo. Il compito dell'insegnante è di custodire il senso e lo scopo dell'azione didattica, favorendo o contrastando gli interventi della classe a seconda della loro coerenza verso l'obiettivo negoziato. 4. Uso formativo della ridondanza. La ridondanza non è la semplice ripetizione, in copia, di un argomento; è invece la riproposizione dell’argomento, in altri contesti d’uso o in altre situazioni, con termini e codici diversi, affiancata da esempi, casi, metafore, immagini. 5. Rinforzi tematici. Cogliere gli elementi, concetti, principi, eventi o situazioni, di particolare interesse per gli studenti e approfondirli per rinforzare l’apprendimento. • 26
  • 27. 2) Fase Centrale #2 6. Feedback parziali. Osservazioni e controlli al fine di assicurarsi che i contenuti proposti siano compresi dagli studenti. I feedback possono essere espliciti, a seguito di precise domande poste dal docente, o impliciti, dedotti dai comportamenti e dagli atteggiamenti degli allievi 7. Conclusioni intermedie. Sintesi dei concetti che sono stati introdotti con cui si ricapitola il percorso effettuato, e si stabilisce lo stato della conoscenza raggiunto. 8. Uso degli esempi. Citazioni, esempi, analogie, situazioni e casi reali allo scopo di chiarificare l'argomento trattato, per confermarne o falsificarne la validità. Gli esempi dovranno essere adeguati alle caratteristiche (cognitive, esperienziali e linguistiche) degli studenti. 9. Uso dei mezzi didattici. Il loro compito è quello di integrare la comprensione dell’esposizione verbale dell’insegnante. 10. Partecipazione dello studente. Il docente utilizza produttivamente le idee degli studenti per rinforzare, chiarire e approfondire aspetti importanti dell'argomento. 27
  • 28. 3) Fase Finale : la conclusione per connettere 1. Riassunto finale. Serve a consolidare i concetti più importanti e a proporre alcuni interrogativi per stimolare la curiosità intellettuale degli studenti. 2. Controllo finale. Si verifica il raggiungimento degli obiettivi prefissati. 3. Assegnazione dei compiti complementari. Offrire i rimandi immediati, le attinenze e le connessioni per l'approfondimento e lo studio, individuale o di gruppo. 4. Presentazione di riferimenti anticipati. Si presenta, a grandi linee, il tema o l’argomento della presentazione successiva, mettendone in rilievo i collegamenti concettuali e la progressione di sviluppo con l’esposizione appena conclusa. 5. Clima finale Comprende tutte le azioni, i comportamenti e gli atteggiamenti del docente che danno luogo ad un clima nel gruppo partecipe e interessato, tale da contribuire a motivare gli studenti verso la sessione successiva. 28
  • 29. B) DIDATTICA LABORATORIALE Il laboratorio è uno “spazio mentale attrezzato”, una forma mentis, un modo di interagire con la realtà per comprenderla e/o per cambiarla. 29
  • 30. La Conoscenza ? • La conoscenza non è metaforicamente rappresentabile come un muro fatto di tanti mattoni, ma come un reticolo dinamico, una struttura articolata e variabile, in cui ogni parte è interconnessa con le altre: dalla connessione con le parti deriva la struttura dell’intera rete. • Una rete che può essere esplorata e compresa partendo da un punto qualsiasi, poiché non vi è né base né sommità, né è possibile definire una posizione privilegiata. • L’esplorazione non si può intraprendere senza mettere in atto forti e diversificate interazioni: il contesto laboratoriale rende possibili i processi della ricerca/riscoperta, organizzando attività educative e didattiche in cui lo studente domina il senso del suo apprendimento. 30
  • 31. Laboratori di apprendimento diversificati • Nel laboratorio l’insegnante predispone contesti operativi e comunicativo-relazionali; crea le condizioni che consentono ai singoli allievi di riscoprire, reinventare, ricostruire i concetti, nel rispetto dei livelli di sviluppo e di apprendimento, degli stili e dei ritmi personali. • E ciò non può essere effettuato attraverso la lezione collettiva, ma attraverso la costituzione di gruppi che operino in laboratori di apprendimento diversificati per praticare e rielaborare i contenuti disciplinari, avendo anche lo spazio per esplorare strategie alternative a quelle proposte dall’insegnante. 31
  • 32. Caratteristiche epistemologiche del laboratorio #1 • Personalizzazione. Innanzitutto la personalizzazione degli obiettivi formativi sulla base delle esigenze formative dei singoli alunni e la personalizzazione dei percorsi di apprendimento (unità di apprendimento) sulla base dei livelli di sviluppo e di apprendimento, oltre che degli stili e dei ritmi di apprendimento, degli interessi, delle motivazioni e delle predilezioni dei singoli alunni. • Operatività. Nei laboratori si attuano i principi metodologico-didattici del learning by doing (apprendere attraverso il fare, è il modello dell’epistemologia operativa) e quindi del problem solving e del cooperative learning. 32
  • 33. Caratteristiche epistemologiche del laboratorio #2 • Prima di essere “ambiente”, il laboratorio è uno “spazio mentale attrezzato”, una forma mentis, un modo di interagire con la realtà per comprenderla e/o per cambiarla. • L'attività proposta, nel laboratorio formativo, si deve prestare ad una manipolazione concreta. Un’attività puramente verbale, senza il passaggio al trattamento reale, non è sufficiente. • L'attività non deve avere una soluzione unica. Il laboratorio non è il luogo dell'esercitazione meccanica, dei passi obbligati. Lo “spazio mentale attrezzato” richiede non una risposta giusta, un'unica soluzione, ma più risposte e più soluzioni, tutte a vario titolo plausibili. 33
  • 34. Caratteristiche epistemologiche del laboratorio #3 • Le attività devono possedere valenze metaforiche (come- così) Operare in laboratorio significa fare riferimento (ripensare) ad esperienze lontane ed eterogenee, e contemporaneamente costruire, su quel pensiero, nuove esperienze. • Come quella volta così oggi … • Le attività devono coinvolgere il rapporto che ciascuno ha con il sapere, il laboratorio supera la perenne divisione tra teoria e pratica, tra principi e applicazioni, individuando il sapere come conoscenza in azione. 34
  • 35. Caratteristiche didattiche del laboratorio #1 • L’obiettivo non è quanto si deve conoscere in ordine alle discipline teoriche, ma in che modo le discipline possono costruire la competenza nell’allievo. • Luogo di costruzione della conoscenza. E’ necessario trovare efficaci collegamenti tra contenuti disciplinari e le esperienze diversificate degli allievi. • Avventura conoscitiva: nell’insegnamento-apprendimento l’insegnante e l’allievo si costituiscono entrambi come quel viaggiatore, il cui viaggio e la cui scommessa è il percorso formativo. 35
  • 36. Caratteristiche didattiche del laboratorio #2 • Metacognizione: perché il laboratorio didattico mira ad un processo di apprendimento che non incida solamente sulle abilità di base o acquisite, ma anche sulle modalità della loro comprensione ed utilizzazione. L’approccio metacognitivo è una modalità di intervento polivalente e trasversale all’interno del processo di apprendimento. • Approccio cooperativo: il laboratorio è l’ambiente in cui si concretizza un nuovo modello di insegnamento/apprendimento fondato sulle interazioni fra gli attori del processo formativo. In laboratorio l’enfasi va posta sul rapporto tra esperienza individuale e ricostruzione culturale affinché le teorie servano per rispondere ai perché emersi dall’esplorazione. 36
  • 37. C) RICERCA SPERIMENTALE La ricerca di base opera lungo due direttrici: la ricerca sperimentale classica, connessa al metodo ipotetico-deduttivo e la ricerca-azione espressione del metodo euristico partecipativo 37
  • 38. Metodo investigativo 1. Individuazione e definizione del problema. 2. Analisi e selezione delle ipotesi. 3. Delimitazione del campo della ricerca (dei fattori che interagiscono con il problema). 4. Campionatura (selezione degli elementi rappresentativi). 5. Selezione delle fonti (da cui rilevare dati e informazioni) 6. Registrazione ed elaborazione dei dati raccolti. 7. Confronto e verifica delle ipotesi. 8. Definizione del principio generale. 38
  • 39. D) RICERCA-AZIONE In essa non c’è distinzione tra chi fa ricerca e chi è l’oggetto della ricerca. 39
  • 40. Metodo Euristico Partecipativo • Con la ricerca-azione gli studenti imparano sia a svolgere ricerche in ambito sociale, sia a fare ricerca sul loro modo di essere “ricercatori”. • Nella ricerca-azione non è tanto l’obiettività che preoccupa quanto la ricostruzione documentata e ordinata del processo d’azione nel suo farsi. • Fasi del metodo in sintesi: – Identificazione dei problemi da risolvere – Formulazione ipotesi di cambiamento e piani di implementazione – Applicazione delle ipotesi nei contesti-obiettivo dei piani formulati, – Valutazione dei cambiamenti intervenuti e revisione progetti e piani. – Approfondimento, istituzionalizzazione e diffusione capillare delle buone pratiche. 40
  • 41. E) IL MASTERY LEARNING Un modalità di organizzazione dell'intervento didattico personalizzata, molto attenta alle diversità individuali nei ritmi e nei tempi di apprendimento degli allievi. 41
  • 42. Procedimenti 1. L’insegnante definisce le abilità concettuali e operative che gli studenti dovrebbero raggiungere al termine dell’intervento didattico; 2. Con l'analisi del compito stabilisce i livelli intermedi definendo gli obiettivi particolari in una successione di unità didattiche in grado di promuovere progressivamente le abilità finali; 3. Elabora le prove in grado di verificare il raggiungimento o meno degli obiettivi delle unità didattiche individuate; 4. Predispone poi le unità didattiche tenendo conto il più possibile dello stato di preparazione iniziale dei suoi allievi; 5. Struttura successivamente le attività integrative e di recupero da proporre a quegli allievi che non avessero raggiunto ancora livelli intermedi di abilità nelle singole unità didattiche; 6. Controlla che gli allievi non affrontino l'unità successiva se non hanno conquistato il minimo indispensabile di dominio delle conoscenze e competenze previste dalle unità precedenti. 42
  • 43. Per non lasciare nessuno indietro • Nella scuola secondaria il mastery learning potrà essere proficuamente utilizzato come metodo di insegnamento individualizzato per l’addestramento di specifiche abilità tecniche e/o professionali, o con allievi con disabilità, o in presenza di disagi nell'apprendimento più o meno gravi, anche temporanei. 43
  • 44. 1.5) IN CONCRETO COSA DEVE FARE UN INSEGNANTE “Maestri si diviene non si nasce” : l’insegnante oggi è un facilitatore dell’apprendimento … esperto e competente ricercatore delle strategie più adatte per rapportarsi con l’allievo nelle tappe del processo di apprendimento che con lui ha cercato di avviare.” 44
  • 45. Azioni da mettere in atto #1 1. Variare gli stimoli allo scopo di mantenere l'attenzione degli allievi e di non cadere nella monotonia. 2. Sensibilizzare al problema da trattare, in modo da predisporre un terreno fertile alle nuove conoscenze. 3. Ricapitolare e integrare le conoscenze; in altri termini, saper fare un bilancio cognitivo, una sintesi, delle associazioni e dei transfer. 4. Ricorrere al silenzio e alle indicazioni non verbali. 5. Rafforzare la motivazione e la partecipazione dello studente sostenendo l’allievo nella fatica di apprendere 45
  • 46. Azioni da mettere in atto #2 6. Saper delimitare i problemi. 7. Controllare la comprensione degli studenti. 8. Saper porre dei problemi complessi. 9. Porre dei problemi discriminatori. 10.Essere sensibile alle reazioni degli allievi. 11.Ricorrere alle immagini e agli esempi. 12.Raffinare la tecnica d'esposizione. 13.Suscitare una comunicazione completa nella classe. 46
  • 47. 1.6) I PRINCIPI DI METODO Principi basilari su cui ogni docente dovrebbe improntare le azioni didattiche. 47
  • 48. Gusto per il Sapere • Soltanto l’insegnante che vive il “sapore profondo” della sua disciplina, che lo sa “gustare” traendone emozioni intellettuali, può condividere con gli studenti questa esperienza. • Il docente deve vivere con passione e lasciar trasparire l’amore per ciò che insegna e nel volerlo insegnare. • Non basta il piacere di insegnare, deve piacere ciò che si insegna. 48
  • 49. Significatività • L'azione didattica deve garantire il collegamento concettuale tra il sapere e lo studente, tra le nuove conoscenze e quelle già possedute dall’allievo. • Lo studente possiede saperi suoi, sistemi di conoscenze e di organizzazioni delle conoscenze che fanno parte della sua vita: se l’insegnante non lo riconosce, per un verso svaluta la persona (non riconoscendo il valore dei suoi saperi) e per l’altro perde un’ottima possibilità per facilitare sia l’insegnamento che l’apprendimento. 49
  • 50. Motivazione • L’intervento per esser efficace deve promuovere tutti quei fattori che possono determinare e stimolare l'attività del soggetto. La spinta all’apprendimento è risultante da fattori di personalità, di contesto e di relazione. • Dal punto di vista formativo le frammentate e contraddittorie motivazioni adolescenziali devono diventare terreno di analisi metacognitiva e di ricerca condivisa. 50
  • 51. Direzione • L'itinerario indicato dagli insegnanti serve per orientare l’apprendimento verso gli obiettivi prefissati. • L'insegnamento è efficace se l'itinerario è costruito insieme, con lo studente, se è personalizzato, o almeno negoziato. • La costruzione partecipata del curricolo dà senso all’azione didattica; lo studente non potrà più chiedere “perchè devo studiare questo?!”: il percorso e la direzione sono stati decisi insieme. 51
  • 52. Continuità • Il curricolo vissuto dallo studente deve lasciar trasparire l'unitarietà nelle progressioni diacroniche (tra segmenti formativi in successione) e sincroniche (trasversali alle diverse discipline). 52
  • 53. Ricorsività • L'apprendimento si ottiene ritornando più volte sull'oggetto di studio; la ricorsività dell'insegnamento serve a facilitare apprendimenti estensivi (con connessioni orizzontali, per ampliare il campo di analisi e le possibilità d’uso) e intensivi (con connessioni verticali, per andare in profondità in un argomento). 53
  • 54. Integrazione • L'azione didattica deve favorire il processo formativo mediante l'integrazione interna, tra le discipline, superando l'eccessiva segmentazione, e l'integrazione esterna, nel coordinamento delle diverse proposte formative. • L’allievo vive molteplici realtà formative, spesso sono talmente isolate da non percepirne le connessioni. • Alcune esperienze sono gratificanti altre deludenti: l’integrazione facilita l’apprendimento nelle situazioni meno felici; 54
  • 55. Organizzazione • L'intervento didattico organizzato non comprende solo la strutturazione dei saperi; l’insegnante deve anche pianificare e gestire in modo funzionale le attività, i tempi, gli spazi e le risorse a disposizione; • Lo studente apprende dall’organizzazione: se l’insegnante affronta e completa un argomento importante negli ultimi dieci minuti della lezione, per l’allievo tale argomento non sarà affatto importante; 55
  • 56. Stabilizzazione • L'azione dell'insegnante, se per un verso punta allo sviluppo di apprendimenti autonomi e originali, dall'altra deve assicurare regole e procedure costanti, stabili (punti fermi, che potranno essere modificati qualora non risultassero più validi e pertinenti); • La divergenza adolescenziale è una ricchezza da educare con il pensiero, la riflessione, la discussione; l’incertezza non deve diventare uno stato dell’Io, ma va indirizzata alla definizione della complessità e dei problemi; 56
  • 57. Consolidamento • Conseguente alla stabilizzazione, il principio metodologico del consolidamento punta a valorizzare e a sostenere ciò che l'allievo va apprendendo, ampliando le situazioni, incrementando i contesti d'uso, riorganizzando gli ambienti formativi; l’enorme quantità informativa, interna ed esterna alla scuola, richiede filtri epistemologici nella selezione dei saperi e contestualizzazioni di senso per lo studente; 57
  • 58. Trasferibilità • La proposta didattica deve sollecitare il transfer delle conoscenze e delle competenze, con la loro traslazione da un sistema a un altro (da un argomento ad un altro, da una disciplina ad un’altra, dal sistema scolastico alla vita reale, da un sistema di codici ad un altro, da un sistema di padronanza ad un altro) 58