1. Agnolon Elisa 547867
Gavin Roberto 549584
Zorzi Matilde 548009
Peter Fonagy e Mary Target
PSICOPATOLOGIA EVOLUTIVA
Le teorie psicoanalitiche
Raffaello Cortina Editore
3. La psicopatologia psicoanalitica dello sviluppo ha lo scopo di identificare
le fasi e le sequenze evolutive dei diversi disturbi che riguardano l’infanzia
e l’età adulta e i fattori che li influenzano.
Questo libro prende in analisi alcune teorie psicoanalitiche, come le teorie
strutturali classiche e contemporanee, gli sviluppi della psicologia dell’Io e
approcci alle relazioni oggettuali.
E’ un libro che si occupa più di teoria che di pratica.
Ogni teoria presa in considerazione condivide gli assunti principali del
modello psicoanalitico:
il determinismo psichico;
il principio di piacere-dispiacere;
la natura biologica dell’organismo;
l’esistenza di un inconscio dinamico;
la prospettiva genetico-evolutiva.
A partire da questi sono stati poi sviluppati nuovi concetti.
4. Un assunto fondamentale della psicoanalisi è il punto di vista genetico o
evolutivo.
Freud : i disturbi mentali hanno generalmente un collegamento con
esperienze
infantili e riguardano modalità di funzionamento
primario.
isomorfismo tra patologia e sviluppo
e
inferenza causale bidirezionale tra infanzia e patologia
La psichiatria e la psicologia dello sviluppo si stanno concentrando su
come le rappresentazioni interne delle prime figure di attaccamento
influenzino poi le relazioni successive.
5. LIMITI DEI CONCETTI PSICOANALITICI ATTUALI
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
Le basi probatorie di molte teorie sono poco chiare, perché le
ipotesi mancano di dimostrazioni empiriche;
Pongono una relazione diretta tra un elemento patologico e una
determinata causa, quando invece studi empirici non confermano
queste ipotesi;
Ogni quadro teorico viene ampliato per inglobare nuovi dati, che
sono poi difficili da discutere;
Danno poca importanza all’ambiente, quando invece bambino e
ambiente si influenzerebbero reciprocamente;
Risentono del bias di genere, descrivendo in modo maggiormente
coerente lo sviluppo maschile e attribuendo più “colpe” alla madre di
fronte ad un disturbo del bambino;
Vi è una mancanza di specificità nella spiegazione delle diverse
patologie e di approfondimento circa l’incidenza dei diversi disturbi;
Nella prospettiva evolutiva, in particolare nelle teorie del Sé e delle
relazioni oggettuali, vi è una grande ristrettezza di vedute (fasi,
esperienze precoci);
Viene data troppa importanza al mondo intrapsichico della
7. Secondo Freud i conflitti della mente umana riguardano principalmente
tre temi:
a) desiderio VS ingiunzione morale;
b) desiderio VS realtà;
c) realtà interna VS realtà esterna.
Attraverso fasi successive, Freud ha sviluppato tre modelli dell’apparato
psichico:
1.
2.
Il modello affetto-trauma
o
causato
dolorosi e inespressi.
Il modello topografico
3.
inconscio;
periodo di latenza,
genitale;
nevrotici VS tratti di carattere.
Il modello strutturale
trauma legato ad esperienze infantili
adolescenziali, che avevano
sentimenti troppo
pulsioni che tendono alla scarica;
sistema conscio, preconscio,
fase orale, anale, fallica,
sessualità
sintomi
Es, Io, Super-Io;
meccanismi di difesa;
8. Critica e valutazione
• Ha ignorato i valori spirituali ed è stato antireligioso;
• ha trascurato la natura sociale;
•
non ha affrontato pulsioni che, come la curiosità, tendono verso un
aumento
della tensione interna;
• ha detto poco sulla coscienza;
• non è stato in grado di fare previsioni sullo sviluppo, considerando solo
lo stato presente della persona;
• non ha compreso le donne;
•
ha represso volontariamente le informazioni sull’origine traumatica
delle nevrosi;
•
inizialmente per le sue scoperte ha utilizzato l’introspezione, strumento
poi da lui stesso criticato;
• si è basato solo su un piccolo campione selezionato;
• ha utilizzato ricostruzioni di ciò che i pazienti dicevano nei colloqui;
• terminologia ambigua;
• metafore spesso reificate;
• teorie difficili da verificare.
9. Nonostante queste ed altre critiche, le teorie di
Freud sono ancora tra le più autorevoli nel campo
della pratica clinica.
11. IL MODELLO DELLA PSICOLOGIA DELL’IO
Heinz Hartmann :
•“cambiamento di funzione”: uno stesso comportamento può avere
funzioni differenti a seconda del momento in cui viene messo in atto;
•“apparati dell’autonomia primaria dell’Io”: meccanismi che si
sviluppano autonomamente e che poi si integrano con l’Io, rendendolo
indipendente da Es e Super-io (memoria, percezione, motilità);
•“ambiente medio prevedibile”: importanza dei genitori reali, quindi
delle influenze sia ambientali che maturative;
•“funzione sintetica” dell’Io: sistema contenente le difese e le funzioni
adattive dell’Io, che assicura quindi uno sviluppo sano.
Gli psicologi dell’Io mettono in primo piano, assieme alle motivazioni, le
pulsioni, la cui frustrazione è determinante per l’organizzazione dell’Io e
porta ad un’autonomia secondaria, mai completa.
Il punto di vista strutturale cerca di dare una visione olistica del processo
evolutivo, negando l’esistenza di periodi critici per lo sviluppo, e considera il
12. LO SVILUPPO PSICHICO NEL MODELLO STRUTTURALE
Erikson:
Il Sé e l’identità derivano dall’interazione tra norme sociali e pulsioni
biologiche.
Attenzione ai fattori culturali e familiari.
Lo sviluppo dura tutta la vita: otto fasi evolutive, ognuna caratterizzata da
particolari eventi biologici, che causano un disequilibrio, e da nuove mete
ed abilità da raggiungere.
Importanza di un senso di Sé coerente e di un ambiente circostante
supportivo.
Spitz:
“organizzatori psichici”: particolari comportamenti del bambino (risp.del
sorriso, angoscia dell’ottavo mese,…) che indicano un progresso nella
formazione della struttura mentale.
Sostenitore di un “modello strutturale relazionale”, che attribuisce cioè
importanza alla madre e alla sua relazione con il bambino.
Importanza dell’autoregolazione.
13. Jacobson:
Numerose fasi evolutive durante tutto il corso della vita.
“Rappresentazioni del Sé e dell’oggetto” che inizialmente vengono
distinte dal bambino in buone o cattive, in base alle esperienze vissute con
il caregiver.
Si è occupata in modo particolare della formazione del Super-io.
Ha considerato la depressione come derivante dalla differenza percepita
dal soggetto tra rappresentazione di sé e ideale dell’Io.
Loewald:
Riconosce i forti limiti della psicologia dell’Io, ritornando alla psicologia
dell’Es, cercando di integrare pulsioni e realtà, e pulsioni e oggetti.
Elemento fondamentale del suo modello è “l’esperienza integrativa”, che
indica la tendenza innata verso la disorganizzazione e riorganizzazione ad
un livello più alto, attraverso il meccanismo principe della
interiorizzazione.
L’intera attività mentale è relazionale.
“Nucleo emergente”: capacità del bambino di essere separato e di vivere
le conseguenze di ciò.
14. IL MODELLO STRUTTURALE DELLA PSICOPATOLOGIA
EVOLUTIVA
Secondo questo modello , nevrosi e psicosi si hanno quando, a causa di
conflitti psichici che l’Io non riesce a risolvere, avvengono regressioni a
modalità infantili di soddisfacimento prima superate.
Sintomi : compromessi tra rappresentazioni pulsionali inaccettabili e
forze che vi si oppongono
•
il sintomo nevrotico unifica il desiderio e la reazione contro di esso,
dando origine ad una parte di personalità sentita come egodistonica.
Diversi tipi di fissazioni evolutive.
•
i disturbi di personalità gravi sono una conseguenza di un arresto
dello sviluppo, di una deviazione o di una disarmonia. Sviluppo imperfetto
dell’Io.
•
il disturbo borderline di personalità è visto da Knight come
caratterizzato da funzioni dell’Io indebolite da un trauma; Erikson parla,
15. •
il disturbo antisociale di personalità è stato seriamente affrontato
per la prima volta da Aichorn(1925), che ha sottolineato un fallimento nel
passaggio dal principio di piacere a quello di realtà, ed un deficit del Superio. Mancanza di senso di colpa.
•
le psicosi , secondo Hartmann, sono caratterizzate da un fallimento
del processo di neutralizzazione, legato a cattive relazioni genitoriali,
oppure conseguenti ad un danno organico. I sintomi caratteristici sono visti
come regressioni a stati infantili normali.
16. Critica e valutazione
•
Il concetto di Es, nella teoria strutturale odierna, è cambiato: è
considerato ora come collegato alla realtà e alle persone;
•
negli anni Settanta e Ottanta, la natura semi-fisiologica del modello
originario è stato criticata: in particolare in America, si è sottolineato il ruolo
del mondo sociale e dell’autonomia del Sé;
• negli anni Novanta, vi è stato un ritorno alla teoria pulsionale di Freud,
sostenuta da diversi studi sul cervello.
18. ANNA FREUD
Il disturbo psicologico può essere meglio studiato nel suo processo di
evoluzione.
Il profilo delle linee evolutive permette di osservare il rischio di patologia
per ogni bambino.
“Teoria del conflitto” : sviluppo visto come un compromesso tra due
desideri tra loro incompatibili.
Importanza dell’analisi dell’Io.
Importanza dell’analisi delle richieste provenienti dal mondo esterno,
dall’Es e dal Super-io.
I meccanismi di difesa possono essere raggruppati a seconda della
maturità evolutiva.
19. Anna Freud si è principalmente occupata di sviluppo infantile, dando poi
origine ad un gruppo di collaboratori che hanno ampiamente diffuso le sue
idee.
Seguendo ciò che aveva detto il padre, ha dato particolare importanza al
ruolo dei genitori reali e al processo di interiorizzazione di questi da
parte del bambino, ma considerando sempre le relazioni oggettuali in
secondo piano rispetto alle pulsioni.
Ha utilizzato il modello delle linee evolutive: risultato dell’interazione tra
pulsioni e istanze psichiche, e tra queste e le influenze ambientali
(Freud,1965).
Sei linee evolutive
1) dalla dipendenza all’autonomia
e alle relazioni oggettuali
(fondamentale)
otto fasi
20. 1) Prima fase
Unità biologica madre-bambino.
2) Seconda fase
Relazione anaclitica di soddisfacimento dei bisogni corporei tra bambino e
oggetto.
Madre buona VS madre cattiva.
Sviluppo di rappresentazioni della mente della madre come separata da
quella del bambino.
3) Terza fase
Rappresentazione
coerente
della
madre,
indipendente
soddisfacimento pulsionale, che permette separazioni più lunghe.
dal
4) Quarta fase
Ambivalenza normale: sentimenti positivi e negativi verso la stessa
persona (terrible twos).
Desiderio di indipendenza, ma anche di dedizione della madre.
21. 5) Quinta fase
Desiderio di possesso del genitore del sesso opposto e gelosia verso il genitore
dello stesso sesso.
Fase cruciale per lo sviluppo dei problemi nevrotici.
6) Sesta fase
Spostamento della libido verso i pari o altre persone dell’ambiente circostante.
7) Settima fase
Ribellione preadolescenziale: comportamenti oppositivi, impulsivi e pretenziosi.
Ritorno delle fantasie infantili, che aumentano il conflitto intrapsichico.
8) Ottava fase
Adolescenza: l’Io deve lottare contro l’aumento improvviso di aggressività e
sessualità.
Utilizzo di due meccanismi di difesa principali: intellettualizzazione e ascetismo.
Deve avvenire il lavoro di lutto per i genitori persi dell’infanzia.
Ritiro della libido verso il Sé, che determina la grandiosità narcisistica e
l’onnipotenza tipiche dell’adolescenza.
22. PSICOPATOLOGIA EVOLUTIVA
Anna Freud pone l’accento sulla resilienza e sulla capacità di recupero
del bambino, che gli permette, a volte, di superare anche gravi traumi.
Ha individuato sette categorie di disturbi psicologici:
1)
2)
3)
4)
5)
6)
Disturbi somatici (eczema, asma, emicrania,…);
Compromessi tra le istanze psichiche (isteria, fobie, sintomi
nevrotici ossessivi);
Eruzioni dall’Es (azioni ingiustificabili come delinquenza e
criminalità) o irruzioni del processo primario (problemi del pensiero
o del linguaggio);
Forme di disturbo narcisistico: ritiro della libido oggettuale sul Sé
(dist.dell’autostima) o ritiro della libido dalla mente al corpo (sintomi
ipocondriaci);
Cambiamenti nella qualità o nella direzione dell’aggressività
(difficoltà di apprendimento e comportamento autolesivo);
Modalità di evitamento dei conflitti della fase fallica o edipica
(lamentosità e comportamenti adesivi e di dipendenza).
23. Il modello dell’angoscia
Anna Freud ha distinto la paura del mondo interno dall’ ”angoscia
oggettuale”.
Ha notato come il pericolo di un trauma era probabile che si sviluppasse
quando la potenza della minaccia esterna veniva a contatto con
l’aggressività reale interna al bambino.
Riteneva che le paure arcaiche della prima infanzia potessero essere
diminuite da una sufficiente rassicurazione del bambino.
Pensava che la natura dell’angoscia del bambino indicasse la qualità del
suo sviluppo.
Credeva che l’esito dell’angoscia del bambino dipendesse dai meccanismi
di difesa da lui utilizzati.
24. Disarmonie evolutive: Anna Freud sottolinea la necessità che il bambino
riesca ad integrare il suo potenziale costituzionale con l’impatto con il
mondo esterno e con la graduale costituzione della propria personalità.
se ciò non avviene, si avranno degli squilibri, che possono portare problemi
di varia natura.
La psicopatologia è quindi determinata da squilibri tra le forze delle istanze
psichiche, che derivano, a loro volta, da fattori ambientali e costituzionali.
Gravi disturbi di personalità: secondo l’autrice essi derivano da
mancanze strutturali nell’evoluzione delle difese, nel test di realtà, nella
tolleranza all’angoscia, nel Super-io, …e sono dovuti a disarmonie
evolutive.
•
dist. borderline di personalità
incapacità di arrivare ad un
giusto compromesso;
•
dist. narcisistico
precoce deprivazione emotiva.
25. Valutazione
•
Ha identificato l’importanza della prima relazione madre-bambino e le
conseguenze di un’eventuale separazione;
•
ha introdotto il concetto di linee evolutive, che hanno permesso di
suddividere in unità più piccole le tre grandi istanze psichiche, facilitando
così lo studio dello sviluppo;
•
non ha legato un comportamento ad una specifica patologia, in quanto
ha considerato una determinata azione un “segnale” temporaneo, invece
che un sintomo;
•
talvolta, questo modello risente dell’uso letterale che viene fatto del
modello strutturale delle pulsioni;
•
alcune metafore usate sembrano reificate;
•
alcuni suoi dati derivati da osservazioni su bambini in tempo di guerra
sono stati confermati da osservazioni più recenti;
•
pensava, erroneamente, che i bambini non potessero provare senso di
colpa, sofferenza e depressione;
•
ciò che ha reso unico questo modello è stata l’importanza data al
metodo osservazionale.
26. MARGARET MAHLER
Il suo modello considera le relazioni oggettuali e il Sé come derivanti dalle
vicissitudini istintuali.
Nascita biologica VS nascita psicologica.
Pensa che il bambino passi da una fase di “autismo normale”, ad un
“periodo simbiotico”, per arrivare al processo di separazioneindividuazione, comprendente quattro fasi
1)
2)
3)
4)
sottofase di differenziazione (dal 4°-5° mese)
sottofase di sperimentazione (dal 9° al 15°-19° mese)
sottofase di riavvicinamento (dal 15°-18° al 24° mese)
sottofase della costanza oggettuale (dal 3° anno)
27. PSICOPATOLOGIA
•
le personalità narcisistiche, secondo la Mahler, mancano di “libido
narcisistica” , cioè di sana autostima, a causa di una mancanza di
accudimento da parte della madre nella fase simbiotica, in quella di
sperimentazione e in quella di riavvicinamento; tutto questo porta ad un
crollo dell’onnipotenza del bambino, con una conseguente fissazione ad
essa.
•
le personalità borderline hanno avuto problemi nella sottofase di
riavvicinamento, periodo critico per la formazione del carattere: la madre
ha, infatti, risposto con aggressività al ritorno del figlio. Questo fa sì che,
poi, il bambino sviluppi un continuo timore e desiderio di fusione con la
madre, scissioni di rappresentazioni di Sé e dell’oggetto, e una continua
ricerca della madre “totalmente buona”.
28. Alcuni studi fatti nell’ambito dell’infant research mettono fortemente in
dubbio alcuni elementi del modello evolutivo mahleriano:
Milton Klein (1981), ad esempio, ha provato come i bambini, in realtà,
siano sensibili fin da piccolissimi a stimoli esterni come la voce e il viso
umano.
Fonagy, Target e Moran (1993), però, sostengono la teoria della Mahler
da un punto di vista psicologico, sottolineando come il bambino molto
piccolo non sia consapevole ancora dei propri e altrui stati mentali.
un’unità simbiotica intersoggettiva,quindi, può essere reale, ma riguardare
solo il livello delle rappresentazioni mentali di stati mentali.
29. JOSEPH SANDLER
Allievo di Anna Freud, ha tentato di integrare il modello strutturale con
quello delle relazioni oggettuali.
Il suo lavoro è fondato su quello di Piaget (1936), sul concetto di
rappresentazione del Sé della Jacobson (1954) e sulla nozione di schema
corporeo di Head.
Rappresentazione interna delle relazioni oggettuali: insieme di
aspettative relative alla presenza della madre e delle sue attività (Sandler,
1960).
Le difese riorganizzano i contenuti del mondo rappresentazionale.
Sandler ha proposto, come elemento centrale della teoria psicoanalitica
della motivazione, gli stati affettivi
fondamentali il senso di
sicurezza
e
protezione
i sentimenti influenzano i valori legati alle rappresentazioni mentali, che
possono essere positivi, negativi o entrambi, e possono determinare,
30. Sandler sostiene che i pazienti creino relazioni di ruolo e agiscano sul
mondo esterno per realizzare una fantasia inconscia, con specifici
bisogni e desideri.
l’analista dovrebbe accettare questo ruolo assegnatogli e avere
una
“risonanza liberamente fluttuante”
I tratti del carattere, quindi, sarebbero strutture consolidate di risonanza di
ruolo, con lo scopo di attualizzare la rappresentazione di una relazione
desiderata, che a sua volta deriva da una rappresentazione nella fantasia
inconscia.
Joseph e Anne Marie Sandler
due aspetti del funzionamento
inconscio:
1) “inconscio passato”: il bambino dentro l’adulto, cioè reazioni
infantili,
fantasie inconsce, desideri realizzati e non .Sono
rappresentazioni
poco elaborate, immutabili e non
accessibili alla coscienza;
2) “inconscio presente”: fantasie e pensieri inconsci attuali;
rappresentazioni meno soggette a censura,
assegnate anche al
Super-io. Orientato al presente.
31. Questa distinzione dei tre sistemi della mente ha delle importanti
implicazioni cliniche:
Il primo sistema rappresenta la continuità tra passato e presente, fondato
su aspetti infantili del Sé e quindi non capace di adattamento.
Il secondo subisce, invece, degli adattamenti a causa dei conflitti e
dell’angoscia innescati dall’inconscio passato.
l’interpretazione riuscirà più facilmente ad entrare in contatto con il
materiale contenuto in questo secondo sistema
•
fenomeni ossessivi: nei bambini sono visti come regressione e
fissazione al secondo e terzo anno di vita, in risposta alla richiesta di
abbandonare l’onnipotenza.
•
depressione: si ha quando non si riesce ad affrontare il dolore della
perdita dell’oggetto con una giusta scarica di aggressività.
•
trauma: può avere conseguenze gravi sull’individuo quando la
condizione postraumatica in cui si trova è negativa.
•
identificazione proiettiva: il paziente cerca di modificare il
comportamento dell’analista perché si conformi alla rappresentazione che
32. Critica e valutazione
•
Ha portato la psicoanalisi verso una psicologia dei sentimenti, delle
rappresentazioni interne e dell’adattamento, influenzando anche la tecnica;
•
ha portato ad un giusto riesame di concetti come transfert e
controtransfert;
•
ha fatto un’importante distinzione tra gli ambiti esperienziale e non
esperienziale: il primo è legato al modello rappresentazionale, il secondo a
meccanismi, strutture e apparati;
•
le teorie di Sandler sono congruenti con la moderna teoria cognitiva;
•
non è stato un grado di stimolare gli psicoanalisti con l’originalità delle
sue idee, forse anche perché non è riuscito a dare una visione unitaria di
alcuni gruppi psicopatologici in modo chiaro.
33. Critica e valutazione
•
Ha portato la psicoanalisi verso una psicologia dei sentimenti, delle
rappresentazioni interne e dell’adattamento, influenzando anche la tecnica;
•
ha portato ad un giusto riesame di concetti come transfert e
controtransfert;
•
ha fatto un’importante distinzione tra gli ambiti esperienziale e non
esperienziale: il primo è legato al modello rappresentazionale, il secondo a
meccanismi, strutture e apparati;
•
le teorie di Sandler sono congruenti con la moderna teoria cognitiva;
•
non è stato un grado di stimolare gli psicoanalisti con l’originalità delle
sue idee, forse anche perché non è riuscito a dare una visione unitaria di
alcuni gruppi psicopatologici in modo chiaro.
35. DEFINIZIONE DELLA TEORIA DELLE RELAZIONI
OGGETTUALI
La teoria delle relazioni oggettuali è di gran lunga troppo composita per avere
un’unica definizione consensuale.
Es. Greenberg e Mitchell usano il termine per riferirsi
a tutte le teorie “che riguardano lo studio delle relazioni tra persone esterne reali, e
immagini e residui interni di relazioni con esse, e del significato di questi residui per
il funzionamento psichico”.
Le teorie delle relazioni oggettuali variano lungo diverse dimensioni:
- quelle che rappresentano un movimento inteso a sostituire completamente gli
approcci basati sulle teorie pulsionali → scuole interpersonali-relazionali
- quelle costituite a partire dalle teorie delle pulsioni → Winnicot
- altre derivano la teoria pulsionale dall’approccio delle relazioni oggettuali
→
Kernberg.
36. Le teorie delle relazioni oggettuali differiscono anche nella misura in cui
descrivono una serie meccanismi che sono responsabili del funzionamento
della personalità :
- negli approcci che si richiamano alla teoria generale dei sistemi, alla base
della teoria è il meccanismo mentale sotteso alle rappresentazioni di
relazioni interiorizzate → Stern
- nei modelli della psicologia del Sé le relazioni oggettuali sono
semplicemente un possibile percorso verso una psicologia di quest’ultimo
costrutto → Bacal
37. Le teorie delle relazioni oggettuali condividono diversi assunti, che includono:
- Che le patologie gravi hanno origini preedipiche
- Che il pattern di relazione con oggetti diviene sempre più complesso con il
procedere dello sviluppo
- Che gli stadi di quest’ultimo rappresentano una sequenza maturativa che si
mantiene attraverso le culture, ma che può, tuttavia, essere distorta da
esperienze personali patologiche.
- Che i primi pattern di relazione con l’oggetto sono ripetuti, ed in un certo
senso fissati durante tutta la vita
- Che inferenze di queste relazioni a livello evolutivo conferiscono la propria
impronta alla patologia
- Che le relazioni dei p.ti verso il loro terapeuta forniscono uno spiraglio
attraverso il quale è possibile esaminare gli aspetti sani e patologici dei
primi pattern relazionali.
38. UN APPROCCIO FRANCESE FRANCESE ALLA TEORIA
PSICOANALITICA: L’ESEMPIO DEL LAVORO DI ANDRÉ GREEN
- È compromesso fra tradizione freudiana e quella delle relazioni oggettuali
- può essere definito come un postlacaniano [ Lacan distingue il
significante(la parola) dal significato (la matrice di senso a cui il
significante si riferisce) ; nella mente,differenti tipi di significanti sono
associati a differenti sistemi rappresentazionali ].
Green sostiene che pulsioni, affetti, “rappresentazioni di cosa”(oggetti fisici
concreti direttamente esperiti), rappresentazione di parola ecc. possono
essere distinti nei termini di differenti tipi di significanti (sistemi simbolici)
che essi usano nell’ attività di rappresentazione. Nei termini di
Green(1999b), si tratta dell’eterogeneità del significante. Le comunicazioni
dei p.ti rivelano l’azione reciproca di una molteplicità di canali di
significazione, alcuni rappresentazionali, altri affettivi e altri ancora legati
a stati corporei, acting out, affermazioni di realtà, processi di pensiero e
così via.
39. Green fa luce sulla complessità delle strutture temporali del discorso e
sfida l’apparente linearità della temporalità. La causazione psichica non è
soltanto regressiva (ossia i problemi dell’individuo non sono
necessariamente radicati nel passato). L’organizzazione psichica non cessa
mai di modificarsi con il passare del tempo. Il trauma non è nel passato, ma
può essere nel presente in interazione con il passato.
La concezione del tempo di Green e il suo modello di sviluppo psicologico
sono incompatibili con gli assunti fondamentali della psicologia evolutiva:
l’accumulo di rischi evolutivi che deriva dall’esperienza e il privilegio
accordato all’esperienza primaria, come se quest’ultima fosse una sorta di
piccolo manuale delle risposte che verranno fornite negli incontri futuri.
41. IL MODELLO EVOLUTIVO KLEINIANO
Il lavoro di M. Klein combina fra loro il modello strutturale e un modello
evolutivo interpersonale, fondato sulle relazioni oggettuali.
Ha sviluppato il concetto di oggetti interni e di mondo interno, che, ben
lungi da essere una replica del mondo esterno, è costruito attraverso i
meccanismi di introiezione e di proiezione, attivi fin dall’inizio della vita.
Lo studio dei primi processi introiettivi e proiettivi ha condotto ad una
riformulazione degli stadi evolutivi dell’Io e del Super-Io (Es.
l’arricchimento dell’Io attraverso l’introiezione e il suo impoverimento
attraverso la proiezione nel Super-io).
Il modello è interpersonale o relazionale in quanto collega lo sviluppo
dell’Io e degli oggetti interni alle relazioni interpersonali.
42. LE DUE POSIZIONI FONDAMENTALI
Nel modello Kleiniano la psiche umana assume due posizioni
fondamentali: quella schizoparanoide e quella depressiva.
Nella posizione schizoparanoide, la psiche è in relazione con oggetti
parziali invece che con oggetti interi. Le relazioni con oggetti importanti,
come per esempio i caregiver, sono scisse in relazione con un oggetto
persecutorio e un oggetto idealizzato; l’Io (il Sé) è scisso allo stesso modo.
Il super-io schizoparanoide è scisso tra un ideale dell’Io eccessivamente
idealizzato, esperito con onnipotenza narcisistica, e il Super-io
estremamente persecutorio degli stati paranoidi.
Nella posizione depressiva, la relazione è con genitori integrati, sia amati
sia odiati, è anche l’Io è più integrato. Nella posizione depressiva il Superio è un oggetto d’amore ferito, con caratteristiche umane.
43. Le due posizioni sorgono da stadi evolutivi: prima lo schizoparanoide e poi
il depressivo, la maturità implica la presenza predominante della posizione
depressiva.
Bion è stato il primo a sottolineare che la posizione depressiva non è mai
conseguita in modo permanente. In realtà il termine posizione suggerisce
una permanenza che questo stato della mente raramente possiede.
L’influenza di Bion, in particolare, ha focalizzato l’interesse sui
meccanismi mentali primitivi, qualunque sia lo stadio di sviluppo
raggiunto.
44. In questo modello è centrale il concetto di “identificazione proiettiva”:
questa comporta l’esternalizzazioni di segmenti dell’Io ed il tentativo di
ottenere il controllo su questi aspetti indesiderati attraverso un
comportamento spesso altamente manipolatorio nei confronti dell’oggetto.
Melanie Kein definisce l’identificazione proiettiva come una fantasia
inconscia infantile, per mezzo della quale il bambino è in grado di
ricollocare le esperienze persecutorie separandole (scissione) dalla propria
autorappresenazione e facendola parte di un altro oggetto.
Bion suggerisce una distinzione tra identificazione proiettiva normale, nella
quale sono esternalizzati aspetti meno patologici del Sé e che può
sottendere la normale empatia e la comprensione, e l’identificazione
proiettiva più patologica, collegata sia all’assenza della prima che della
seconda. Una straordinaria intuizione di Bion è il riconoscimento che
l’identificazione proiettiva non è una difesa o una fantasia, come ha
ritenuto la Klein, bensì un processo interpersonale: il Sé si libera di
sentimenti penosi evocandoli in un altro Sé. L’altra persona deve avere
un’esperienza psicologica che il Sé non può permettersi di avere. Questo
fenomeno spiega in quale modo l’identificazione proiettiva possa essere
usata per comunicare (Rosenfeld,1987).
45. Bion ha anche evidenziato il bisogno di identificazione proiettiva
nell’infanzia, un periodo in cui il bambino è incapace di assorbire tutte le
proprie esperienze intense. Proiettando gli elementi non elaborati in
un’altra mente umana ( un contenitore) che può accettarli e trasformarli i
significati, la mente del bambino può farvi fronte.
L’assenza di un contenitore adeguato rende l’identificazione proiettiva un
processo patogeno di evacuazione. Il bambino è allora abbandonato a
livelli di angoscia che lo sopraffanno e forzato a negare la realtà, o perfino
a diventare psicotico.
46. La malattia psicologica segnala il predominio della posizione
schizoparanoide, mentre la salute comporta la stabilizzazione della
struttura depressiva, e la promozione di sviluppo e stabilità.
L’”angoscia persecutoria” scaturisce quando si percepisce che l’”oggetto
cattivo” minaccia l’Io. L’eccesso di angoscia conduce alla frammentazione,
provocando le tipiche paure schizoidi di annichilimento e di
disintegrazione.
47. Le idee della Klein hanno provocato numerose discussioni e alimentano un
certo disagio. Ciò che preoccupa maggiormente è l’attribuzione di capacità
psicologiche adulte ai bambini ed anche il fatto che la Klein faccia risalire
la patologia a stadi molto precoci.
49. IL MODELLO EVOLUTIVO DELLA SCUOLA BRITANNICA
La scuola indipendente non fa riferimento a un unico caposcuola o a un
unico teorizzatore. A strutturare la teoria in maniera sistematica furono
Fairbairn e Guntrip, ma i contributi più significativi vennero da Balint,
Winnicott, Khan, Klauber e Bollas.
Il contributo maggiore è stato fornito dall’esplorazione dello sviluppo
infantile e delle influenze ambientali nel facilitare o disturbare il percorso
del bambino dall’iniziale dipendenza assoluta alla completa indipendenza.
Fairbain modificò le idee sui processi di interiorizzazione, che
concettualizzò come bipolari, e cioè costituiti da un frammento dell’Io e da
un oggetto interno (una parte della rappresentazione del Sé in rapporto
specifico con una rappresentazione dell’oggetto). Il fatto che gli
Indipendenti si siano concentrati sul primo sviluppo li ha portati ad
allontanarsi dal modello strutturale fondato sulla pulsione libidica, per
orientarsi verso una teoria “ Sé-oggetto”.
50. IL CONTRIBUTO EVOLUTIVO DEL GRUPPO INDIPENDENTE
Balint mette in discussione il concetto di narcisismo primario: secondo lui
viene prima il desiderio di essere amato, che è innato. Il bambino crede che
l’oggetto esista in quanto parte indifferenziata del Sé destinata ad amarlo.
Si tratta di una mancata differenziazione dei primi oggetti, che non
vengono percepiti come frustranti. Il b.no crede che questi oggetti esistano
per lui e che non abbiano una propria ragion d’essere; l’Io ha un
atteggiamento di onnipotenza nei loro confronti. Il verificarsi di un grave
trauma prima che si sia stabilita la differenziazione fra il Sé e l’oggetto
genera un difetto fondamentale nella struttura della psiche. Il difetto
fondamentale rappresenta il fondamento evolutivo di un disturbo di
personalità.
51. La formulazione di Donald Winnicott ebbero un impatto molto forte: egli
lavorava tanto con i b.ni che con le loro madri,quanto con adulti affetti da
gravi disturbi di personalità, questo si riflette nel suo modello
psicoanalitico di sviluppo. Il b.no evolve dall’unità madre-figlio, che ha tre
funzioni che facilitano uno sviluppo sano: holding-integrazione, handlingpersonalizzazione e object- relating.
W.introduce anche la nozione di fenomeni transizionali: la copertina
transizionali
preferita può servire a calmare il b.no perché viene stretta nel momento in
cui quest’ultimo allucina l’allattamento, e viene associata all’atto di
evocare la madre (e il seno) in sua assenza.
Transizionale perché facilità il passaggio da uno stato di onnipotenza
illusoria, in cui il b.no ha la sensazione di creare l’oggetto con cui si
rapporta, a uno stato di percezione obiettiva, in cui la “vera” madre fa parte
di una realtà autonoma.
52. La madre sufficientemente buona garantisce che l’Io del b.no diventi
autonomo e non abbia più bisogno del sostegno dell’Io materno;
l’amancipazione della madre è un passo inevitabile verso la creazione di un
Sé personale separato. La rottura dell’omeostasi emotiva- un pianto
disperato, per esempio- segnala una momentanea discontinuità dell’essere,
ma è anche un gesto dell’Io. L’integrazione dei nuclei dell’Io è possibile
grazie a una madre sufficientemente buona, che trova espressione
nell’ambiente di holding e di handling.
Altro concetto importante introdotto da W. è quello di falso Sé: il neonato
si rapporta in maniera accondiscendente ai gesti del caregiver come se
fossero i propri. Il falso Sé serve a nascondere il vero Sé, e in questo modo
a proteggerlo. Il vero Sé emerge solo in presenza di un disturbo fisico o
psicologico, quando si ricrea la condizione di dolore associata
all’esperienza originaria di interferenza eccesssiva. La formazione del
sintomo può esprimere il vero Sé, perché storicamente questo era il modo
in cui esso poteva esistere senza schiacciato dall’ambiente, mentre i gesti
creativi venivano sostituiti o accantonati.
54. LA PSICOLOGIA DEL SÉ DI KOHUT
Secondo Kohut lo sviluppo narcisistico procede lungo una linea distinta e i
genitori fungono da oggetto-Sé. Un oggetto Sé è una persona dell’ambiente
che svolge per il Sé particolari funzioni ; queste permettono di vivere
l’esperienza dell’individualità. Per cominciare, le risposte empatiche
provenienti dall’oggetto Sé che esercita la funzione speculare (e che si
presume sia la madre) permettono il spiegarsi dell’esibizionismo e delle
grandiosità. In questo modo il b.no riesce a costruirsi un’immagine
parentale idealizzata, con la quale vorrebbe fondersi. La frustazione,
quando è adeguata ala sfase di sviluppo e non è troppo intensa, consente
una modulazione graduale dell’onnipotenza infantile tramite una
“interiorizzazione trasmutante” di questa funzione speculare.
L’interiorizzazione trasmutante dell’oggetto-Sé conduce man mano al
consolidamento del Sé nucleare. L’idealizzazione degli oggetti-Sé, anche
per mezzo dell’inteorizzazione, porta alla formazione degli ideali. Quando
la funzione speculare e l’oggetto-Sé idealazzato vengono interiorizzati,
nasce un “Sé bipolare” capace di esprimere i propri ideali, le proprie
ambizioni e i propri talenti.
55. IL MODELLO GENERALE DELLA PSICOPATOLOGIA
Kohut sostiene che quando i genitori falliscono costantemente nel
soddisfare i bisogni narcisistici del b.no può accadere che il Sé grandioso
arcaico e l’imago parentale idelizzata si consolidino e non riescano a
integrarsi nelle strutture successive. Essi perdurano all’interno dell’
organizzazione psichica della persona e sono all’origine di varie forme di
disturbi nella percezione che l’individuo ha di Sé stesso e nei suoi rapporti
interpersonali.
56. Nel sistema di Kohut vengono identificati tre tipi di disturbi psichici:
1) Le psicosi sono considerate “ stati prepsicologici”, ove l’arresto
evolutivo precede la presa di coscienza degli oggetti-Sé, precludendo la
strada a un senso coesivo del Sé o alla capacità di relazionarsi, di utilizzare
gli oggetti Sé o di stabilire dei transfert. Secondo Kohut, dal momento che
mancano di una struttura del Sé, gli psicotici non possono beneficiare della
psicoanalisi o di una terapia psicologica.
2) Alcuni, ma non tutti, p.ti con disturbo di personalità, hanno secondo
Kohut, un Sé coeso, ma vulnerabile, suscettibile di una frammentazione
temporanea. Questo vale soprattutto per il disturbo narcisistico di
personalità, che Kohut distingue nettamente dal disturbo bordelline,
considerato una difesa riuscita contro la psicosi.
3) Al contrario, a carico della patologia nevrotica non vi sono problemi
connessi alla scarsa solidità della struttura del Sé, bensì problemi che
hanno a che fare con la rinuncia dei problemi idali.
57. IL DISTURBO NARCISISTICO DI PERSONALITÀ
Per Kohut è possibile diagnosticare questo disturbo solo in termini di
relazione transferale in corso. Se il p.te non tratte gli altri come persone in
completo possesso dei loro diritti, bensì come strumenti per raggiungere i
suoi scopi, si è autorizzati a formulare questa diagnosi. Per Akhtar e
Thompson tuttavia riasssumono alcuni dei tratti comportamentali descritti
da Kohut nel suo lavoro: rabbia come risposta alle minacce all’autostima,
bisogno di vendetta per fronteggiare la ferita narcisistica, difficoltà nel
costruire e mantenere le relazioni,perversioni sessuali o mancanza di
interesse per la sessualità, mancanza di empatia, tendenza patologica a
mentire, limitata capacità di autoironia, dtati maniacali di esaltazione,
preoccupazione eccessiva nei confronti del proprio corpo.
58. A differenza di molti psicologi del Sé venuti dopo di lui, Kohut non
ha respinto il concetto di nevrosi strutturale. Sia il narcisismo
patologico sia la nevrosi possono essere considerati come il
risultato di una funzione deficitaria dell’oggetto-Sé e dei conseguenti
difetti del Sé. La differenaz fondamentale sta nello stadio evolutivo
in cui si verifica l’anomalia. Come abbiamo visto, se la funzione
dell’oggetto Sé è difettosa nell’infanzia, il Sé nucleare risulta a sua
volta indebolito e disarmonico e l’esito è quello di un narcisismo
patologico.
59. KENBERG E L’INTEGRAZIONE FRA SCUOLA DELLE RELAZIONI
OGGETTUALI E SCUOLA STRUTTURALE
La teoria evolutiva di K. K., analista di formazione Kleiniana, avendo
scritto e lavorato nell’ambito della psicologia dell’Io, è riuscito a
conseguire un cospicuo livello di integrazione fra queste due cornici
teoriche evolutive, abbastanza contraddittorie dal punto di vista
epistemologico.
Anche se, nella psicopatologia più grave, K. Fa uso dei concetti Kleiniani
(relazioni oggettuali precoci e foramazione del Super-Io, aggressività,
invidia, scissione identificazione proiettiva), egli non adotta
completamente questo modello evolutivo. Nella teoria di K. gli affetti
rappresentano il sistema motivazionale primario. L’immagine del Sé è una
delle tre componenti del processo di interazione : le altre sono le
rappresentazioni oggettuali e le disposizioni agli stati affettivi.
60. La struttura psicologica implicita in questo modello evolutivo ha un certo
numero di aspetti fondamentali.
1) Il b.no nasce con disposizioni fondamentali che inizialmente si
raggruppano in due classi: il piacere e il dispiacere. Lo sviluppo cognitivo
produce stati affettivi sempre più complessi
2) L’affetto è sempre radicato in una relazione fra immagini del Sé e
immagini dell’oggetto. È l’ambiente a innescare l’affetto e l’ambiente è la
percezione che il b.no ha degli oggetti e dell’esperienza del Sé.
3) Le unità di relazioni oggettuali (le triadi Sé-oggetto-affetto) vengono
immagazzinate in una memoria affettiva e si trasformano in “pulsioni” nel
contesto del rapporto madre-figlio. Sviluppandosi, il piacere si trasforma in
libido, il dispiacere in aggressività, mentre agli affetti resta il ruolo di
segnali per l’organizzazione delle pulsioni.
61. 4) Le pulsioni non sono solo alla ricerca dell’oggetto poiché ovviamente
esse cambiano i propri oggetti lungo il corso dello sviluppo e le pulsioni
aggressive cercano l’oggetto solo nella misura in cui ne cercano la
distruzione.
5) Lo sviluppo consiste nell’interiorizzazione di unità di relazioni
oggettuali e nella creazione di difese contro di esse. Le unità di relazioni
oggettuali determinano la struttura dell’Io che, a sua volta, determina
l’organizzazione delle pulsioni.
6) L’inconscio, la parte rimossa della mente, è costituito da unità di
relazione oggettuali delle quali il b.no tenta di proteggersi, utilizzando
difese più o meno mature.
I processi di interiorizzazione sono tre: introiezione, identificazione e
identità dell’Io.
62. Il modello di Kenberg di psicopatologia evolutiva
K. si differenzia dagli altri teorici delle relazioni oggettuali come la Klein,
Fairbairn o la Mahler, poiché indirizza l’attenzione non tanto al periodo
che ha visto la nascita dei principali conflitti patogeni in corso e
dell’organizzazione strutturale della personalità, quanto alla comprensione
dello stato attuale del funzionamento del pensiero del p.te. Egli accetta che
sia lo sviluppo successivo a fondare una corrispondenza biunivoca fra le
condizioni attuali e i rischi del passato.
64. • Rapido sviluppo nell’ultimo decennio.
• Assunto di base: l’incontro psicoanalitico è costruito da due partecipanti attivi, due
soggettività- paziente e analista- a dar forma e sostanza al dialogo.
• Approccio operazionale (pratico), umanistico ed escludeva la metafora della libido.
• Sullivan cerca di creare un pensiero indipendente da quello psicoanalitico, pur
riconoscendo il suo debito nei confronti di Freud.
• Recentemente gli analisti sullivaniani si sono indirizzati verso l’integrazione
del pensiero di Sullivan con quello psicoanalitico contemporaneo.
• Contributo significativo dato da Mitchell: collega la teoria interpersonale di Sulllian
con gli approcci (britannici) delle relazioni oggettuali e le reinterpreta come
“relazionali”.
• Innovazione: - sostituzione del modello classico dell’analista come osservatore con
un modello dell’analista come partecipante in una attività condivisa→
→ l’idea di partecipazione reciproca nel transfert è diventata parte
integrante della cultura generale della psicoanalisi.
65. Il modello di Sullivan dello sviluppo della personalità
e l’approccio interpersonale
Sullivan accusa la psicoanalisi tradizionale di trascurare quella caratteristica umana
che è la ricerca delle relazioni→ Egli rifiuta di spiegare la psicopatologia in termini di
meccanismi intrapsichici e si concentra sulle relazioni interpersonali.
“Tutti gli individui vivono in continua comunità con il loro ambiente necessario”
(Sullivan, 1953)
Ambiente: comprende le continue interazioni con gli altri e con le loro realizzazioni
collettive (la cultura).
Il modello di sviluppo (1953) è basto sull’evoluzione della capacità di relazione.
Sullivan respinge il modello freudiano di sviluppo libidico e di sessualità infantile
(il dinamismo della sessualità è solo un aspetto dello sviluppo adolescenziale e la sua
potenzialità destabilizzante dipende dalle esperienze interpersonali in corso).
66. Il MODELLO DI SVILUPPO di Sullivan
Primo stadio:
Relazione di “empatia materna”: la madre vive come propria la tensione creata dal bambino dai
bisogni insoddisfatti, e può così agire su di essi.
Esperita come “comportamento tenero”: crea “bisogno di tenerezza”
bisogno interpersonale, è bisogno primario ⇒
⇒ Primo anno:
Secondo/Quarto anno:
Quinto/Ottavo anno:
Pubertà:
Adolescenza:
bisogno primario di contatto corporeo
bisogno di avere un pubblico per le proprie gesta
bisogno di imparare a competere e di venire a compromessi con gli altri
bisogno di avere un buon amico dello stesso sesso
bisogno di intimità con una persona di sesso opposto.
Tali concettualizzazioni sono molto vicine a modelli di sviluppo basati sull’Infant reserch.
Lo stato di attivazione, nel bambino, non ha rappresentazione simbolica innata; esso acquisisce
significato attraverso la risposta materna (rispecchiamento) alla condizione del bambino.
> se è distorta nel senso dell’angoscia > il bambino ha la percezione
dell’angoscia che la sua tensione ha trasmesso alla madre
(l’angoscia non indica pulsioni frustrate).
> il livello di tenerezza materna determina il grado e la qualità
dell’integrazione nella personalità del bambino.
67. PSICOPATOLOGIA ⇒ quando l’angoscia impedisce il soddisfacimento dei bisogni
interpersonali.
Bambini con attaccamento disorganizzato e “me dissociativo” hanno maggiori probabilità di
manifestare disturbi psicologici:
“Me cattivo” genera angoscia e bassa autostima→ no integrazione delle situazioni dove i bisogni
vengono soddisfatti (es.: innamorarsi)→
→ soluzioni cercate: “atteggiamenti di sfruttamento”(si sfrutta l’altro).
Se operazioni di sicurezza, verso gli aspetti dissociativi, sono nulle: “non me” è personificato
processo schizofrenico
Il lavoro clinico→ idea di base: il passato altera la percezione interpersonale nel presente.
Il terapeuta come “osservatore partecipante”, si fa partecipante per comprendere.
Il lavoro clinico consiste in un’indagine attiva, effettuata in collaborazione:
ricavare informazioni dal paziente e separare il presente dal passato, l’illusorio dal reale,
controllando di continuo i dati.
Obiettivo: aiutare i pazienti a divenire consapevoli degli schemi relazionali,
→aumentare l’insight del paziente non rispetto al proprio inconscio bensì rispetto
all’interazione terapeutica.
68. Come i teorici delle relazioni oggettuali “inglesi”(kleiniani) e
“britannici”(scuola indip):
tendenza nel bambino a classificare le esperienze con il caregiver come esperienze di
“madre buona”(non ansiosa) o “madre cattiva” (piena d’ansia).
• Manovre del bambino per evitare l’angoscia del caregiver, che ricevono l’approvazione da
questo → “me buono”
• Comportamenti che generano ansia e quindi disapprovazione nel caregiver
→ “me cattivo”
• Esperienze che producono un’angoscia così forte da non poter pervenire alla coscienza
→ “non me” o “dissociativo”.
Il sistema del Sé è un repertorio di manovre che nascono nell’infanzia e puntano a ridurre l’ansia e
a preservare la struttura del Sé.
- divengono caratteristica della personalità e
- determinano la tipologia di schemi nevrotici che emergeranno
nel corso dello sviluppo successivo.
L’individuo è in continuo interscambio con almeno un’altra persona.
Le interazioni passate vengono registrate, combinate, riorganizzate e sperimentate nuovamente in
relazioni complesse con altri reali nelle interazioni del presente
69. Il modello relazionale di Mitchell
e la scuola psicoanalitica relazionale
Mitchell propone un’interazione terapeutica da una prospettiva relazionale, facendo un
confronto tra gli approcci interpersonale e kleniano.
Approccio relazionale: il fulcro sta nella natura interpersonale della soggettività
individuale.
“La realtà psichica e una matrice relazionale che racchiude entrambi i domini, quello
intrapsichico e quello interpersonale” (Mitchell, 1988).
Mitchell parte dalle implicazioni cliniche delle idee di Sullivan e sostiene che le
componenti di base della mente sono configurazioni relazionali in conflitto.
Materia della teoria psicoanalitica e del lavoro clinico sono le matrici dei legami
relazionali→ a differenza di Sullivan: la psicoanalisi come teoria che spiega il
significato nell’ambito dell’interazione paziente-teraputa.
70. Dal punto di vista evolutivo:
la psiche individuale è un fenomeno interattivo,
costituita da spazi interiori di cui viene fatta esperienza
soggettiva.
Le esperienze interpersonali sono interiorizzate > trasformate in esperienza
personale→
→cioè in processi relazionali intrapsichici: riplasmano i processi interpersonali
che a loro volta modificano gli schemi di interazione⇒ continua trasformazione.
Le strutture organizzative dell’esperienza sono specifiche delle diverse fasi evolutive.
Mitchell (2000) fa una classificazione (non un modello evolutivo) dei modi di base
attraverso I quali opera la relazionalità:
1) comportamento non riflessivo, presimbolico: ciò che le persone fanno realmente una
all’altra;
2) permeabilità affettiva:esperienza condivisa di intensi affetti;
3) esperienza organizzata in configurazioni Sé-altro;
4) intersoggettività o riconoscimento reciproco che agiscono in modo autoriflessivo.
71. La psicopatologia e il suo trattamento nella visione relazionale
Criticato il modello di psicopatologia basato sul concetto di arresto evolutivo
(proposto soprattutto da teorici del Sé e delle relazioni oggettuali).
Il Sé infantile non è un Sé bloccato bensì una strategia, per interagire con gli altri,
conseguente a un conflitto relazionale.
La psicopatologia nasce dalla rigidità con la quale l’individuo resta aggrappato a specifiche
configurazioni relazionali > perché si tratta delle uniche relazioni che conosce. (Flessibilità
nel vivere relazioni diverse = salute mentale).
Obiettivo della terapia: aiutare il paziente a costruire un Sé più adattabile,
cercando di entrare nel suo mondo soggettivo e di
divenire parte del suo mondo relazionale.
Paziente ed analista assieme→formano una realtà interpersonale:
dove nessuno dei due è arbitro della verità.
Cambiamento: non con l’interpretazione
ma - con la partecipazione dell’analista al mondo esperienziale
del paziente,
- con “risonanza interpersonale” che produce nel paziente
un’esperienza di “riconfigurazione”.
Centrale è la questione dell’autenticità dell’analista.
L’osservazione dell’analista non è mai neutrale. È contestuale e poggia su ipotesi, valori e
costruzioni dell’esperienza→
→ l’esperienza emotiva dell’analista non potrà mai essere la stessa del paziente.
72. Valutazione della teoria interpersonale-relazionale
Valutazione dell’approccio:
• l’approccio interpersonale-relazionale si concentra sugli schemi interpersonali
piuttosto che sulle categorie psichiatriche→ tende ad evitare etichette come
depressione, disturbo di personalità o
narcisismo.
La persona non ha problemi, ha delle relazioni
problematiche.
• Solidi riscontri empirici a favore delle terapie interpersonali.
• Originalità dell’approccio interpersonale-relazionale:
- l’analista come partecipante, mai come osservatore,
- è l’esperienza relazionale a produrre cambiamenti nella terapia, non l’interpretazione,
- l’interpretazione dell’analista come esperienza di relazione e agente di cambiamento
degli schemi relazionali,
- autenticità dell’incontro tra paziente ed analista giustifica un certo grado di
autodislivellamneto da parte dell’analista,
- né analista né paziente godono di un accesso alla verità di ciò che accade fra loro
73. Critiche al pensiero relazionale
I teorici relazionali si sbarazzano del concetto di pulsione → modello evolutivo in cui la
psicopatologia si sviluppa solo a causa degli ostacoli che si frappongono lungo la crescita.
La psicoanalisi: conflitto intrinseco alla condizione umana ⇒ non solo a causa della
contrapposizione ambientale, ma anche a causa del conflitto tra bisogni o desideri diversi.
La concettualizzazione di cambiamento terapeutico è poco chiara (Levenson, 1990).
Manca una cornice di riferimento esplicativa per comprendere il malessere soggettivo del bambino
o, in generale, del paziente.
Nell’interpretazione di psicopatologia di Mitchell, gioca un ruolo importante la rigida adesione a
strutture del passato (attaccamento ad oggetti interni “cattivi”).
Non è chiaro se sia la rigidità dell’attaccamento o la natura della vecchia struttura a determinare la
gravità della patologia.
Viene a crearsi un enigma: secondo il pensiero relazionale, gli analisti non hanno alcun accesso
alla vera “realtà”, eppure il loro compito è quello di focalizzarsi sulle distorsioni della realtà
operate dal paziente.
Alcuni analisti relazionali risolvono la questione imponendo provvisoriamente al paziente il loro
modo di veder le cose (sono loro i cosiddetti esperti).
75. La teoria dell’attaccamento fa da ponte tra la psicologia generale
e la psicologia psicodinamica.
Il lavoro di John Bowlby inizia, all’età di 21 anni, mentre lavorava in una casa per
ragazzi disadattati.
Dieci anni più tardi (1944) esaminando le storie di 44 giovani ladri si determina in lui
l’opinione che: i disturbi relativi alla prima relazione madre-bambino costituiscono un
precursore chiave del disturbo mentale.
Fine anni Quaranta compie una ricerca sugli effetti dell’istituzionalizzazione durante
l’infanzia.
Bowly non è in accordo con le opinioni dominanti dell’epoca:
• Teoria psicoanalitica e teoria dell’apprendimento Hull→
→ il legame emotivo con il caregiver principale è una pulsione secondaria, basata sulla
gratificazione di bisogni orali.
• Bowlby→
→ vi è una predisposizione biologica del bambino a stabilire un interrotto (sicuro)
legame di attaccamento.
76. Focus biologico:
L’attaccamento ridotto al livello “molecolare” dei comportamenti del bambino,
quali sorriso, vocalizzazione, pianto ⇒
⇒ I comportamenti di attaccamento considerati come parte di un sistema comportamentale.
(termine che Bowlby ha preso dall’etologia)
Controversia tra psicoanalisi e teoria dell’attaccamento:
un sistema comportamentale implica una motivazione intrinseca e non può esser ridotto a
pulsione → il nutrimento non è causale all’attaccamento
→ l’attaccamento può avvenire anche verso una figura abusante.
Dal punto di vista evolutivo:
Sistema comportamnetale esplorativo del bambino
- si arresta quando il bambino scopre che il caregiver è temporaneamente assente,
- si sviluppa verso capacità cognitive e sociali quando è in condizione di attaccamento sicuro.
Sistema della paura attiva
- il sistema di attaccamento e
- la disponibilità del caregiver riduce la reattività del bambino a stimoli altrimenti percepiti come
pericolosi.
Attaccamento, esplorazione e paura ⇒ regolano l’adattamento evolutivo del bambino
77. L’influenza dalla psicologia cognitiva:
Ruolo cruciale della valutazione cognitiva nel sistema di attaccamento →
→ il sistema comportamentale dell’attaccamento determina
i meccanismi cognitivi in modelli rappresentazionali:
aspetti interiorizzati della personalità interagiscono con la qualità delle
relazioni di attaccamento attuali.
Dal modello dell’information processing del funzionamento neuronale e cognitivo→
→differenti pattern di attaccamento riflettono differenze individuali
rispetto all’accesso di alcuni tipi di pensieri, sentimenti e memorie.
78. Critiche:
Bowlby fu accusato di esser un riduzionista che enfatizza l’importanza dell’evoluzione
a spese del complesso funzionamento simbolico, in quanto egli sembra ignorare:
- le pulsioni, il complesso d’Edipo, i processi inconsci, i complessi interiorizzati
motivazionali e di risoluzione del conflitto;
- la ricchezza delle emozioni umane, dal momento che esse sono esperite dall’Io e
implicano le fonti di piacere implicate nel corpo;
- vulnerabilità diverse da quelle fondate sul comportamento del caregiver (la colpa di
tutta la patologia è nella separazioni fisica).
Sviluppi e riavvicinamenti successivi sono stati possibili grazie ad alcuni cambiamenti:
1) spostamento d’interesse dal comportamento alle rappresentazioni interne,
2) interesse crescente per l’osservazione sistematica e la ricerca empirica,
3) l’interruzione dell’egemonia teorica negli Stati Uniti che ha portato alla pluralità
teorica e all’accettabilità di nuove idee,
4) una crescente consapevolezza, all’interno della teoria dell’attaccamento, di una certa
“finitezza del paradigma”.
79. Sviluppi empirici nella teoria dell’attaccamento
MODELLO DI ATTACCAMENTO NELL’INFANZIA:
MARY AINSWORTH e la procedura della Strange Situation
i bambini classificati come:
- sicuri
- ansiosi/evitanti
- ansiosi/resistenti
- disorganizzati/disorientati
SISTEMA D’ATTACCAMENTO E RELAZIONI INTERPERSONALI
Adult Attachment Inerview classifica gli individui in:
- sicuro/autonomo
- insicuro/distanziante
- insicuro/preoccupato
- non risolto
Prove raccolte da Slade e coll. riguardano la trasmissione intergenerazionale della sicurezza
dell’attaccamento→ soggetti capaci di riflettere sui propri stati mentali e su quelli del loro
caregiver nell’ambito dell’AAI hanno bambini con una attaccamento sicuro nei loro
confronti.
La previsione di problemi comportamentali connessi all’insicurezza sembra temperata
dall’intervento di esperienze quali le differenze di genere, lo stress ambientale o la capacità
intellettiva.
Le prove che suggeriscono che l’attaccamento è la base per il successivo adattamento sono
piuttosto lacunose.
80. Dall’infanzia alla patologia adulta
Teoria dell’attaccamento come modello d’integrazione tra le prime esperienze infantili,
lo sviluppo successivo e la comparsa della patologia.
1) Continuità degli ambienti sociali e della qualità dell’accudimento.
2) Continuità nella rappresentazione delle relazioni.
3) Continuità dell’organizzazione neuronale e dell’espressione genetica.
Dal modello animale:
stress precoce produce effetti sui sistemi neurobiologici
nell’asse ipotalamo-pituitario-adrenalinico, nei sistemi dopaminergico, noradrenergico
e serotoninergico.
Precoci esperienze stressanti nei primati portano all’incremento del fattore di rilascio
della corticotrofina nel fluido cerebrospinale e causano effetti a lungo termine sul
comportamento.
La plasticità del cervello permette di compiere interventi che riducono gli effetti
negativi dello stress precoce.
Studi su popolazioni cliniche confermano i dati che derivano dalle ricerche su animali:
anche su adulti con una storia di trauma infantile vi è una relazione fra l’asse
ipotalamo-pitutario-adrenalico e l’attaccamento.
81. Differenza fra modelli umani e quelli animali:
mentre nei cuccioli la fonte di regolazione è a livello delle interazioni
comportamentali,
nell’interazione madre-bambino è coinvolto anche il livello degli interscambi di
aspettative soggettive (rappresentazioni cognitive o modelli di relazioni).
Isomorfismo fra disturbo del comportamento e
comportamenti disturbati d’attaccamento.
Greenberg: il comportamento disturbato può essere una strategia d’attaccamento
finalizzata a regolare la relazione con il genitore.
Recentemente si è dimostrato che questa capacità è collegata a molte caratteristiche
dell’attaccamento sicuro, come competenza sociale, empatia, comprensione e sviluppo
della coscienza.
L’attaccamento sicuro è fortemente collegato
- alla capacità di mentalizzazione materna
- alla sua comprensione del comportamento del bambino (sentimenti ed intenzioni)
- alla capacità di rappresentarsi gli stati mentali che il bambino avrà successivamente.
82. Progressi psicoanalitici nelle teorie dell’attaccamento
Molti teorici dell’attaccamento sono stati significativamente inflenzati dalle idee
psicoanalitiche e viceversa.
Karlen Lyons- Ruth conduce una ricerca pioneristica, di ispirazione psicoanalitica,
sulla natura, le cause e le conseguenze dell’attaccamento disorganizzato nell’infanzia.
Morris Eagle si è focalizzato sull’interazione fra psicoanalisi e teoria
dell’attaccamento, prendendo in considerazione i problemi posti dalla prospettiva
relazionale:
l’esperienza soggettiva, durante l’infanzia, di “sicurezza percepita” e il suo impatto
sullo sviluppo (concetto della teoria dell’attaccamento sovrapponibile alla teoria delle
relazioni oggettuali);
fattori esterni (concetto della teoria dell’attaccamento) in contrapposizione a fattori
interni ( concetto psicoanalitico).
83. Jeremy Holmes fa un’integrazione teorica e clinica in una “psicoterapia basata sulla
teoria dell’attaccamento”.
Egli propone uno specifico approccio terapeutico: il trattamento breve basato
sull’attaccamento (Brief Attachment Based Intervetion, BABI).
Trattamento relativamente strutturato per disturbi psicologici moderatamente gravi,
nel quale viene data molta importanza alla riformulazione, viene usato materiale
informativo, vengono assegnati compiti a casa fra le sedute e segue un approccio
integrato con tecniche rogersiane, dinamiche e cognitivo-comportamentali.
Arietta Slade dimostra che il terapeuta , focalizzandosi sui cedimenti della capacità
narrativa, è molto attento ai punti in cui il paziente si dimostra incapace di mentalizzare
un’esperienza; talune lacune possono, secondo la Slade, dare indicazioni riguardo le
esperienze del paziente che , quando era bambino, possono aver prodotto deficit attuali.
Importante è la teoria e la ricerca sull’attaccamento nel lavoro clini con i bambini. Due
temi:
- l’attaccamento per il bambino costituisce il suo contesto attuale d trattamento,
definito
dalle esperienze trascorse e dalle storie di attaccamento dei genitori,
- la rappresentazione mentale del bambino nella madre dipende dalle esperienze di
attaccamento di questa ed è modificabile nel lavoro terapeutico.
Selma Fraiberg sostiene che i disturbi della relazione fra bambino e genitori nei primi
tre anni di vita indicano conflitti irrisolti di questi ultimi nei confronti di importanti
figure della loro infanzia
84. Valutazione della teoria dell’attaccamento
e dell’attività di ricerca
Gli psicoanalisti che vertono al modello pulsionale hanno accusato il lavoro di Bowlby
di non essere sufficientemente psicologico e di parlare di rappresentazioni mentali
troppo complesse per il bambino.
Nei tre decenni di ricerche, successivi ai lavori della Ainsworth e di Bowlby, è stato
dimostrato che l’attaccamento è indipendente dal temperamento. L’attaccamento sicuro
dell’infanzia non ha necessariamente seguito lungo l’intero corso della vita, ma
l’insicurezza rende molto improbabile lo sviluppo di una sicurezza negli anni.
Concludendo
poiché i disturbi precoci dell’attaccamento si manifestano come una disfunzione della
regolazione del Sé (regolazione dello stress, regolazione attentiva e mentalizzazione), e
poiché tali capacità sono indispensabili per fronteggiare lo stress sociale ⇒
⇒ il disturbo relazionale dei primi anni, unito a pressioni sociali aggiuntive, è
predittivo del disturbo psicologico.
86. La teoria generale dei sistemi, formulata da von Bertalanffy, ha allontanato lo studio
dei sistemi biologici dalla fisica e ha cercato una cornice teorica di riferimento più
adatta al comportamento umano.
⇒ “Ogni organismo è un sistema, cioè un ordine dinamico di parti e di processi …”
(von Bertalanffy, 1968)
→ La mente come sistema aperto, permeabile alle influenze e ai cambiamenti
provenienti dal mondo esterno.
Applicazione della teoria generale dei sistemi è la teoria dell’attaccamento di Bowlby.
Molte recenti correnti psicoanalitiche si fondano:
sia sulla teoria dell’attaccamento
sia sulla teoria generale dei sistemi;
sono anche influenzate dalla teoria delle relazioni oggettuali e
dalle ricerche della scienza cognitiva.
87. La teoria di Horowitz degli schemi personali
Horowitz ha proposto, ispirandosi alla teoria generale dei sistemi,
una riformulazione delle relazioni oggettuali influenzata
dal concetto di Bowlby di modelli operativi interni,
dal concetto di Sandler di risonanza di ruolo,
dal modello di Kernberg di unità diadiche Sé-oggetto e
dall’attuale scienza cognitiva.
Egli ha ipotizzato che l’individuo elabora schemi di Sé e dell’altro, in due forme:
- schemi persona
si combinano gerarchicamente in schemi del Sé-in-relazione-con-l’altro (vedi anche
Stern), integrano le esperienze del soggetto e offrono un’immagine stabile del Sé;
- modelli della relazione di ruolo
influiscono sia sul concetto di relazione sia sui pattern di interazione,
sono organizzati in configurazioni caratterizzate dall’insieme di desideri, timori e
difese in relazione a un tema specifico o ad una persona.
88. Horowitz ritiene che l’angoscia derivi da un collegamento scorretto tra gli schemi e
l’informazione in entrata > l’informazione viene interpretata come se richiamasse uno
schema temuto. Il soggetto può mettere in atto processi di controllo che umentano la
distanza dall’oggetto a cui è legata l’informazione.
In alcuni casi il modello della relazione di ruolo può essere sperimentato solo
parzialmente, ma produrre comunque angoscia
(ad es.: nel disturbo postraumatico da stress al momento del suo ingresso una semplice
informazione viene erroneamente interpetata).
Combinazione delle idee di Kernberg e di Kohut:
Nei soggetti narcisisici è presente una distorsione cognitiva che li costringe ad
attribuire agli eventi un significato che li consenta di mantenere l’importanza del Sé,
ciò allo scopo di pervenire ad uno stato di rabbia, depressione o vergogna.
Il modello di Horowitz offre una cornice teorica globale per molti disturbi psichiatrici,
rimanendo aperto alla ricerca:
I clinici possono valutare I ruoli, le caratteristiche e I tratti del Sé e degli altri,
collegarli ai conflitti e integrarli in modelli della relazione di ruolo dei pazienti in
psicoterapia.
89. L’approccio di Stern
Stern adotta un approccio prospettico, invece che retrospettivo.
Egli si focalizza sul processo di riorganizzazione delle prospettive soggettive sul Sé e
sull’altro.
Quattro sensi del Sé, ognuno associato ad un ambito relazionale:
- “Sé emergente” nascita/secondo mese,
acquisizione dei dati sensoriali e sviluppo di organizzazione relativa al mondo esperito.
- “Sé nucleare”
secondo mese/ottavo mese
nucleo centrale della volontà. Acquisizione del senso della coesione delle sensazioni
corporee, del senso di continuità e di un rudimentale controllo dell’esperienza emotiva.
- “Sé soggettivo” nono mese/ 18 mesi
acquisizione della capacità di condividere consciamente l’attenzione con l’altro, della
presa di coscienza delle emozioni dell’altro e della condivisione emotiva.
- “Sé narrativo”
dopo 18 mesi
avvento del linguaggio. Il Sé definito dalle narrative autobiografiche che includono
alcune caratteristiche degli stadi precedenti.
90. Stern, come Sandler, focalizza l’attenzione sul mondo rappresentazionale, conscio o
inconscio.
“Momento emergente”= integrazione soggettiva di tutti gli aspetti
dell’esperienza vissuta, emozioni, comportamento,
sensazioni e tutti gli elementi del mondo interno ed esterno.
Gli schemi-di-essere-con si formano soggettivamente nel bambino durante
l’interazione con il caregiver.
Esempio: modo-di-essere-con una madre depressa
il bambino si identifica con la rappresentazione distorta che la madre ha di lui e che gli
viene comunicata attraverso l’identifcazione proiettiva, e questa si traduce
nell’aspettativa di un “falso modo-di-essere-con” l’altro.
Considerazioni sugli schemi-di-essere-con:
1) tali schemi sono proprietà del sistema nervoso e della mente,
2) fanno contemporaneamente uso di molte e varie rappresentazioni dell’esperienza.
3) Schemi-di-essere-con come reti > il modello di Stern si collega a quello della
scienza
cognitiva = i momenti emergenti avvengono nella simultanea attivazione di punti
nodali di una rete: il rafforzamento di queste connessioni costituisce
l’apprendimento.
4) Possibilità di modificazioni sia interne che esterne: l’attivazione proveniente
dall’interno (fantasia) può rinforzare o alterare l’esperienza e viceversa.
91. Trattamento psicoanalitico in un’ottica di spiegazione evolutiva:
al centro il concetto di memoria implicita o procedurale (preso dalla scienza cognitiva),
- nel quale vengono riunite le rappresentazioni schematiche concettualizzate dai teorici
dell’attaccamento e delle relazioni oggettuali -
la cui funzione è di adattare il comportamento sociale a specifici contesti.
I clinici lavorano con la memoria procedurale:
sensibilità clinica come un’insieme di procedure con le quali colgono molteplici
significati codificati in un unico messaggio verbale.
Teoria dei momenti:
“Now moments”: momento critico di una situazione relazionale, anche terapeutica,
importante per il cambiamento.
Le radici dialettiche dei now moments originano nei cicli di rottura e riparazione che
caratterizzano il dialogo madre-bambino.
I now moments innescano i “momenti di incontro”.
Essi implicano il riconoscimento di una realtà soggettiva condivisa (ogni partecipante
porta qualcosa di unico e autentico), inoltre possono modificare la conoscenza
relazionale implicita (gradualmente cambia qualcosa che viene sentito quasi
impercettibilmente come un senso di benessere per il tempo trascorso l’uno con
l’altro).
92. La terapia cognitivo-analitica di Ryle:
una compiuta applicazione del modello procedurale
della patologia e della terapia
La terapia cognitivo-analitica è una psicoterapia integrata time-limite, poco conosciuta
negli Stato Uniti ma di ampio utilizzo nel Regno Unito.
Ryle si basa sul modello di sequenza procedurale.
Secondo il modello:
gli atti intenzionali sono procedure che implicano varie fasi (valutazione di piani e
previsione di conseguenze, revisione di scopi e di significati).
Il metodo terapeutico è centrato sulla riformulazione:
- primo mese, i pazienti monitorano i loro sintomi, i comportamenti indesiderati e i
cambiamenti di umore; gli item vengono poi discussi assieme.
- sedute successive (una volta a settimana per tre mesi), riconoscimento delle
“procedure per i problemi bersaglio” attraverso diari, automonitoraggio e controllo da
parte del terapeuta del comportamento del cliente.
→ la modificazione delle procedure per i problemi bersaglio avviene attraverso
l’incremento delle capacità di autoriflessione.
93. Ryle ha incorporato la teoria delle relazioni d’oggetto nella CAT (Cognitiv Analytic
Therapy) introducendo la nozione di procedure di ruolo reciproco.
si sviluppano dalle relazioni oggettuali primarie,
attraverso le quali il bambino apprende sia il comportamento che ci si aspetta da lui sia
il comportamento che si deve aspettare dagli altri.
(CAT: integrazione tra terapia cognitiva e terapia psicodinamica)
Il modello di sequenza procedurale delle relazioni oggettuali spiega la persistenza del
comportamento nevrotico:
pattern di ruolo reciproci costituiscono il nucleo centrale e sono descritti in termini di
“relazioni genitore interno- bambino interno”: la natura reciproca dei pattern di ruolo
include concetti come identificazione, introiezione e proiezione, oggetti interni e
oggetti parziali.
Ruoli vissuti come insostenibili vengono proiettati e sostituiti da procedure
sintomatiche o difensive. Le procedure acquistano stabilità dalla conferme che gli alri
forniscono.
94. IL MODELLO DI FONAGY E TARGET DELLA
MENTALIZZAZIONE
Cap. 12
95. MENTALIZZAZIONE : capacità di comprendere il comportamento
interpersonale in termini di stati della mente
E’ una chiave fondamentale dell’ organizzazione del Sé e della regolazione
affettiva , e viene acquisita nelle prime relazioni di attaccamento.
La mentalizzazione ha una componente autoriflessiva e una interpersonale
insieme forniscono la capacità di distinguere realtà esterna e realtà
interna
Alla base della mentalizzazione vi è la “ regolazione affettiva “ : capacità di
modulare gli
stati affettivi
Evolve poi in “ affettività mentalizzata “ (Jurist) : capacità matura di
regolazione affettiva e
capacità di scoprire
i
significati
soggettivi dei
sentimenti
nucleo del trattamento psicoterapeutico, perché rappresenta la
96. Le prime relazioni oggettuali dovrebbero permettere al bambino molto piccolo la
comprensione degli stati mentali propri e altrui, per generare così la
mentalizzazione .
Due teorie strettamente connesse, che riguardano la relazione tra l’acquisizione di
una comprensione della natura rappresentazionale delle menti e la
regolazione affettiva :
1. Teoria del biofeedback sociale del rispecchiamento affettivo dei genitori :
nella mente del bambino la sua espressione emotiva automatica e le
manifestazioni emotive facciali e vocali di risposta della madre vengono a
collegarsi.
a) il controllo che il bambino riesce ad esercitare sui genitori porta ad
un miglioramento del suo stato emotivo;
b) la conseguente rappresentazione degli stati affettivi pone le basi per
la regolazione degli affetti e il controllo degli impulsi.
Nel comportamento di rispecchiamento fondamentale è il “contrassegno”: la
madre deve dire al bamb. che i sentimenti che sta comunicando non sono
“per davvero”, altrimenti il bamb. penserà che la sua esperienza sia
contagiosa e quindi pericolosa.
97. Bion : capacità della madre di “contenere” mentalmente lo stato affettivo
intollerabile per il bambino.
La reazione del caregiver conferisce significato agli stati interni di credenza e di
desiderio del bambino
elaborazione di modelli mentali di
causazione
sviluppo di un senso nucleare del Sé .
2. Teoria dell’ “ equivalenza psichica “ :
il bambino molto piccolo equipara il mondo interno con quello
esterno,non
avendo ancora imparato che il nostro mondo interno è una
rappresentazione della realtà.
Questa “equivalenza” può far soffrire il bambino, nel caso in cui non
avvenga una ripetuta esperienza di rispecchiamento del genitore che faccia
capire al piccolo che fantasia e realtà sono distinte.
98. Sviluppo normale della funzione riflessiva nei bambini dai 2 ai 5 anni :
1.
Nella prima infanzia ci sono due modalità: . il bamb. pensa che il mondo
interno corrisponda alla realtà
esterna
(modal. dell’equival. psichica)
. quando gioca sa che
l’esperienza interna può non
riflettere la realtà esterna
(modal. del far finta)
2.
Intorno ai 4 anni il bamb. integra queste due modalità per arrivare alla
mentalizzazione, dove
gli stati mentali vengono vissuti come rappresentazioni.
3.
La mentalizzazione avviene grazie alla riflessione del bamb. sui suoi stati
mentali, attraverso il gioco sicuro con un genitore o con un bamb. più
grande.
99. In bamb. traumatizzati l’integrazione tra le due modalità è compromessa, e
aspetti del “far finta” diventano parte di un’ “equivalenza psichica”.
La percezione degli stati mentali propri e altrui dipende dall’ osservazione del
mondo mentale del caregiver.
Tutto ciò ha un’influenza sullo sviluppo del senso di Sé :
I bambini disorganizzati hanno una forte capacità di mentalizzare, poiché molto
sensibili agli stati intenzionali del caregiver, ma essa non ha un ruolo positivo
nell’organizzazione del Sé; ciò che, infatti, il bambino osserva non è la
rappresentazione dei propri stati mentali nella mente dell’altro, bensì gli stati
mentali di quel particolare altro che minaccia il suo Sé.
perspicaci lettori della mente dell’altro, ma mediocri lettori della
propria
Per più ragioni: a) il bamb. deve usare energie enormi per comprendere il
comportamento dell’altro, che non saranno più disponibili per
una lettura dei propri stati del Sé.
b) il caregiver generalmente dà risp. poco contingenti allo stato
del Sé del bamb.
100. Il maltrattamento interagisce a due livelli con le restrizioni della funzione riflessiva:
1.
Spinge il bambino a non assumere la prospettiva dell’altro, che è
minacciante;
2.
Il bambino è privo della resilienza data normalmente dalla capacità di capire
situazioni interpersonali.
101. L’attaccamento insicuro può essere visto come l’identificazione del bambino
con il comportamento insicuro della madre :
•
se il genitore è distanziante, vi sarà una mancanza di
rispecchiamento;
•
se il genitore è preoccupato, vi sarà una rappresentazione esagerata
dello stato emotivo del bambino.
in entrambi i casi il bambino interiorizza questi atteggiamenti, che andranno
a far parte dell’esperienza del Sé (Crittenden, 1994)
102. In questi casi si possono avere alcune possibili evoluzioni patologiche :
1.
Disturbo borderline di personalità
il caregiver ha una reazione
emotiva eccessivamente realistica; per il bamb. un’esperienza interna
diventa improvvisamente esterna.
Perdita di confine sé-altro. Labilità emotiva. Enactments. Intensa
dipendenza.
2.
Disturbo narcisistico del carattere
il rispecchiamento affettivo è
intenso, ma non contingente; il bamb. si formerà una rappresentazione
incongruente con lo stato emotivo. Col tempo comincerà a sentirsi falso e
vuoto.
3.
Sé estraneo
il caregiver manca di sensibilità e sintonizzazione con il
bamb.; il bamb. non riesce a trovare se stesso nella mente della madre, ma
trova lei (Winnicott, 1967). Il bamb. interiorizza lo stato mentale della
madre, che rimane però un “oggetto-sé estraneo”. Il sé estraneo verrà
trattato tramite l’esternalizzazione, quindi l’identificazione proiettiva, che
porterà il bamb. a manipolare il genitore, per tentare di controllare quella
parte del Sé sentita come estranea.
Scissione. Identificaz. proiettiva. Forte dipendenza.
103. Il compito del terapeuta, quindi, con alcuni pazienti,
soprattutto a livello borderline, è di mettere in evidenza il
carattere rappresentazionale del loro mondo interno e
diminuirne l’equivalenza psichica.
104. Valutazione di questo modello :
viene data maggiore attenzione ai disturbi di personalità gravi, rispetto ad altri;
alcune idee erano già state espresse precedentemente da altri autori, come Freud,
psicologi dell’ Io e delle relazioni oggettuali
( simbolizzazione VS pens. concreto );
approccio alla mentalizzazione eccessivamente cognitivo, con poca attenzione
alle esperienze emotive;
viene data troppa importanza ad un singolo meccanismo: la funzione
riflessiva.
Essa, infatti, può anche non essere né necessaria, né sufficiente
per una buona qualità
della vita;
viene data troppa importanza ai primi anni di vita, rispetto ad altri periodi di
vita;
è una teoria che si basa sugli affetti, che tenta di mettere in relazione concetti
psicoanalitici classici con altri riguardanti le relazioni interpersonali.
106. IL RAPPORTO TRA TEORIA E PRATICA
Funzione principale della teoria, per coloro che la praticano, è quello di
spiegare i fenomeni clinici.
La debolezza di tali teorie cliniche consiste nella loro eccessiva fiducia
nell’induzione:
► la teoria viene utilizzata come se fosse un dispositivo euristico invece che
come strumento per effettuare delle deduzioni;
►dal punto di vista clinico gli argomenti induttivi sono pratici e convincenti;
► portano a promuovere delle “teorie cliniche” al rango di leggi, si ha così
l’impressione di disporre di uno strumento di comprensione che ha senso
per noi e funzioni per il paziente oltre ad essere scientifico.
► la maggior parte dei principi clinici sono probabilistici, permettono
spiegazioni solo statistico-induttive e non nosologiche-deduttive.
Affinché una somma di osservazioni cliniche possa costruire base adeguata
per teoria psicoanalitica servono quattro condizioni:
a) cercare un legame logico tra teoria e tecnica;
b) in relazione al materiale clinico un ragionamento tanto induttivo quanto deduttivo;
c) un uso dei termini scevro di ambiguità;
d) la volontà di esporre più materiale clinico a un esame critico dettagliato.
107. LA PRATICA CLINICA PSICODINAMICA NON È
LOGICAMENTE DEDUCIBILE DA ALCUNA
TEORIA CLINICA PSICODINAMICA
La pratica psicoanalitica non è logicamente deducibile dalla teoria a
disposizione.
Questo per varie ragioni:
► la tecnica psicoanalitica si è sviluppata per prove ed errori;
►gli psicoanalisti non capiscono, e non pretendono di capire, perché la loro
terapia funzioni;
►la pratica psicoanalitica è cambiata poco negli anni;
► le prove a sostegno delle asserzioni cliniche che indicano la psicoanalisi
come efficace sono modeste, questo non vuol dire che siano inefficaci.
Il valore della teoria, per gli psicoanalisti, consiste nell’elaborare il significato
del comportamento in termini di stato mentale. Se questo sia utile, una volta
comunicato, non è deducibile dalla teoria.
108. USO DEL RAGIONAMENTO INDUTTIVO
INVECE CHE DEDUTTIVO
IN RAPPORTO AL MATERIALE CLINICO.
La strategia maggiore usata in psicoanalisi clinica per costruire una teoria è
“l’induttivismo enumerico”( la raccolta si situazioni coerenti con una
premessa):
durante il trattamento di un p.te abbiamo accesso ad un insieme di
osservazioni basate sulla valutazione e sull’osservazione del processo di
cura. Da questo campione vengono selezionate alcune osservazioni
reputate significative, a partire dalle quali l’analista trae delle conclusioni
sul come e sul perché il p.te agisca generalmente in un certo modo.
L’analista sarà costretto a concentrarsi su quegli aspetti del comportamento
e della relazione del p.te che hanno un senso secondo i costrutti teorici che
egli privilegia.
In questo modo l’induzione non è solo il prodotto dell’accumularsi di
osservazioni su di un particolare individuo, ma di ciò che anche altri
psicoanalisti, riguardo a casi passati, hanno esposto nelle loro “teorie
cliniche”.
109. LA NATURA DEL RAPPORTO TRA TEORIA E
PRATICA
La teoria orienta i clinici nella loro opera di osservazione, descrizione e
spiegazione dei fenomeni. Inevitabilmente essa influenzerà la tecnica, sebbene
il legame tra le due sia così allentato.
Gli psicoanalisti hanno spesso commesso l’errore di credere di essere
impegnati in qualcosa di più dell’operare seguendo un modello: ossia,
hanno creduto che la loro pratica fosse fondata sulla teoria.
La pretesa che la pratica sia dedotta dalla teoria può portare a una sua
cristallizzazione.
In assenza di chiarezza sugli aspetti della pratica che sono realmente guidati
dalla teoria, diventa difficile sapere quali di essi sia possibile modificare senza
minacciare l’intero edificio.
110. Vi sono ovviamente dei problemi nelle teorie psicoanalitiche che ostacolano un
rapporto definito con la tecnica.
La lentezza con cui progredisce la terapia psicoanalitica può essere imputata
all’incertezza sulla natura di questo rapporto.
• Se la teoria venisse separata dalla pratica, la tecnica potrebbe progredire su
un
terreno squisitamente empirico, in base a ciò che effettivamente funziona.
• Se la teoria è saldamente legata alla tecnica, i progressi teorici conducono
inevitabilmente a riscontri pratici.
⇒ Se invece, come crediamo sia il caso della pratica psicodinamica, la teoria
serve a giustificare la pratica per mezzo dell’analogia, dobbiamo tenere
sempre
presente che il nostro lavoro si basa sull’esperienza clinica accumulata, e ciò
che andiamo teorizzando può essere al massimo un utile complemento alla
pratica clinica, ma non la sua giustificazione.
111. LA GENERAZIONE DELLA TEORIA DAL LAVORO
PSICODINAMICO
L’induttivismo enumerico è divenuto la strategia epistemica psicodinamica
predominante, incapsulata nel resoconto del caso clinico.
Vengono elaborate nuove teorie senza abbandonare quelle vecchie.
Gli psicoanalisti hanno aggirato i problemi empirici, creati da formulazioni
parzialmente incompatibili, allentando la definizione dei termini.
Questo li ha portati ad opporsi all’operazionalizzazione e preferire
apertamente l’ambiguità. Altrettanto prevedibile è stato il moltiplicarsi delle
teorie, il rifiuto della parsimonia come criterio per eliminare le idee in
competizione, la specificità geografica di particolari tradizioni teoriche,
la sopravvalutazione della retorica scritta e orale come criterio di validità,
l’uso poliformico dei concetti e, in definitiva, un enorme impianto teorico
che è divenuto quasi impossibile integrare.
113. Assunto condiviso da tutte le concettualizzazioni psicoanalitiche:
LO STUDIO DELLO SVILUPPO E QUELLO DELLA PSICOPATOLOGIA
RIGUARDANO GLI STESSI PROCESSI PSICHICI.
2 aspetti:
I. E’ sbagliato affermare che la psicosi sia la riattivazione di modalità di funzionamenti
infantili:
- differenze tra pensiero infantile e la mente dell’adulto in “stato di regressione”
(es.: nell’infanzia non vi sono allucinazioni, deliri di grandezza, …)
- lo sviluppo successivo altera meccanismo e funzionamento delle strutture primarie
che si presume siano riattivate nella psicopatologia.
II. Le teorie strutturali e le teorie delle relazioni oggettuali sostengono che meccanismi
utilizzati per spiegare la fenomenologia dei disturbi più gravi siano radicati nei
primi
stadi di sviluppo, ma le prove empiriche a sostegno sono scarse.
→ E’ necessario che la psicoanalisi:
approfondisca la comprensione delle fasi successive dello sviluppo e
includa eventi ambientali e circostanze intrapsichiche, che esercitano influenze
sul percorso evolutivo.
114. La psicoanalisi è compatibile con le nuove conoscenze della genetica?
Può la psicoanalisi continuare a esercitare la propria influenza nello studio
della mente?
La sfida della genetica è servita all’approccio psicodinamico in quanto ha bilanciato la
tendenza eccessiva diagnosticare disturbi postraumatici da stress fra le vittime di
maltrattamento infantile→il fatto che specifici fattori ambientali stimolino
l’espressione di un gene oppure no può dipendere dalla natura di questi fattori e dal
modo in cui li esperisce il bambino.
Inoltre la psicoanalisi ha contribuito all’integrazione della genetica nelle scienze dello
sviluppo.
Intenzionalità inconscia. La teoria psicoanalitica pone attenzione alle dinamiche
inconsce di processi mentali e alla motivazione nella spiegazione del comportamento
umano. Tale conoscenza può essere integrata con altre scienze della mente:
le neuroscienze cognitive, ad es., hanno dimostrato che la maggior parte dell’attività
del cervello (come memoria implicita, presa di decisione, problem solving e altri
compiti cognitivi) avviene al di fuori della coscienza.
115. Motivazione inconscia Wasten (1999): il comportamento umano è motivato da
molteplici scopi e il meccanismo deputato a organizzarli si trova fuori dalla coscienza,
se così non fosse dovrebbe
sostenere un carico di lavoro eccessivo.
Sia i modelli neuropsicologici sia i modelli evolutivi sono coerenti con
- le idee psicoanalitiche relative alla coesistenza di unità di processamento che
provengono da diversi stadi di sviluppo,
- con l’ubiquità del conflitto tra esse e
- con la necessità di una soluzione adattiva di questi conflitti come parte del processo
evolutivo.
L’esperienza della prima infanzia La letteratura biologica ha prodotto un modello
alternativo, coerente con le idee di Freud della relazione tra esperienza primaria e
predisposizione ala psicopatologia. Es.: esperienze precoci di difficoltà nei ratti sono
associate a un aumento del rilascio di corticotrofina, l’aumento prolungato di tale
sostanza può portare a un danno permanente nei neuroni dell’ippocampo.
Fa da contrapunto la prova della possibilità di cambiamento: “effetti dei momento
critici”→”le esperienze della vita adulta fanno una differenza decisiva per le persone
che si sono trovate in una situazione di rischio come conseguenza di difficili esperienze
infantili” (Rutter,1999).
116. Rappresentazioni mentali e relazioni oggetuali. I bambini trasformano le prime
interazioni con i caragiver in schemi cognitivo-affettivi di sé e dell’altro, che regolano
e dirigono il comportamento successivo.
Secondo la teoria psicoanalitica e rappresentazioni vengo no distorte dalle difese e
dagli impulsi. Queste distorsioni possono indicare una predisposizione genetica o
un’antecedente esperienza ambientale→la distorsione infantile del mondo esterno è di
grande interesse per quegli studiosi che hanno scopo di individuare relazioni dirette fra
difficoltà psicosociali e psicopatologia.
La teoria delle relazioni oggettuali può offrire un contributo significativo.
I Punti di forza dei modelli psicoanaltci sono quattro caratteristiche principali:
1. Fecondità: i concetti psicoanalitici hanno ispirato molte ricerche psicologiche sulla
psicopatologia.
2. Spiegazioni unificanti: diversi comportamenti e sintomi possono riflettere un unico
problema.
3. Approccio dinamico: lo sviluppo è inteso come una serie di formazioni di
compromesso.
4. La mente come strumento: la teoria costruita alla sensibilità del terapeuta nel
generare modelli per comprendere pensieri, sentimenti e comportamenti; l’ascolto
psicoanalitico permette ai clinici di maneggiare interazioni intense e disturbanti e di
dare loro un senso.
117. RIFLESSIONI COCLUSIVE
Obiettivi futuri per i clinici-ricercatori orientati psicoanaliticamente:
a) Cominciare a utilizzare i metodi alternativi di raccolta dei dati messi a disposizione
dalle moderne scienze sociali e biologiche.
b) Definire in modo più curato i costrutti psicoanalitici e le tecniche.
c) Includere spiegazioni provenienti da ambiti sterni alla psicoanalisi; queste
potrebbero suggerire modi migliori per comprendere i dati.
d) Affinare la riflessione sulle interazioni fra mondo intrapsichico e ambientale e fra
i processi di rischio e trauma.
e) Dare maggiore attenzione al contesto sociale e culturale all’interno del quale si
sviluppano le relazioni d’oggetto.
f) Focalizzare l’attenzione sull’importanza che teoria e trattamento psicoanalitici
possono avere opr la comunità in senso ampio.
g) Liberarsi dagli impicci di una teoria datata e troppo specifica, e focalizzarsi sugli
elementi essenziali delle sue proposizioni psicologiche.
118. h) Spostare l’attenzione dai dati sefl-report ai dati narrativi: fare un esame più attento
dei pattern di narrazione, al posto delle osservazioni del contenuto narrativo;
porre maggior attenzione alla discrepanza e al conflitto fra sistemi diversi di
risposta, piuttosto che a una ossessiva ricerca di congruenza e coerenza.
i) Riconoscere la debolezza del legame fra pratica e teoria.
l) Avere una profonda conoscenza delle idee psicoanalitiche è essenziale per cogliere
la complessità dell’incontro clinico. Tutte le teorie passate in rassegna in questo libro
hanno offerto importanti contributi alla comprensione della personalità e dei suoi
disturbi.
Scienza psicoanalitica intensa come una disciplina integrativa,
che attinge a una gamma di discipline scientifiche diverse fra loro
e ad altre fonti di informazione, e che è focalizzata sui conflitti
che gli aspetti soggettivi dell’esperienza creano alla persona
nel corso dello sviluppo adattivo o disadattivo.