1. MALATO
SALMO 6 - LA PREGHIERA DI UN MALATO
Signore, non punirmi nel tuo sdegno,*
non castigarmi nel tuo furore.
Pietà di me, Signore: vengo meno; *
risanami, Signore: tremano le mie ossa.
L'anima mia è tutta sconvolta, *
ma tu, Signore, fino a quando...?
Volgiti, Signore, a liberarmi, *
salvami per la tua misericordia.
Nessuno tra i morti ti ricorda.*
Chi negli inferi canta le tue lodi?
Sono stremato dai lungi lamenti, †
ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio, *
irroro di lacrime il mio letto.
I miei occhi si consumano nel dolore, *
invecchio fra tanti miei oppressori.
Via da me voi tutti che fate il male, *
il Signore ascolta la voce del mio pianto.
Il Signore ascolta la mia supplica, *
il Signore accoglie la mia preghiera.
Arrossiscano e tremino i miei nemici,*
confusi, indietreggino all'istante.
PREGHIERA SUL SALMO 6
Signore, se mi ammalo, non so, non vedo perché: mi sento alla mercé di un
mondo estraneo e nemico, e anche di un Dio estraneo e nemico. Come può
sussistere l'uomo? Sussiste soltanto in un grido, in un atto di disperazione per
cui cerca di superare il tuo silenzio e invoca il tuo intervento.
2. Signore, non punirmi nel tuo sdegno, non castigarmi nel tuo furore.
Non sei tu, Signore, che ti fai solidale con il male, ma la malattia, il mondo...
divengono lo strumento per cui Tu, mio Dio, ti fai presente a me, all'uomo. E
l'uomo, in questa presenza, non regge, si sente incapace di difendersi di fronte
all'incommensurabilità di un Dio che si avvicina a lui.
Signore, non punirmi nel tuo sdegno, non castigarmi nel tuo furore.
Nulla di più grande: mistero di potenza e di grandezza, mistero di dolcezza e
di umiltà. Perché, Dio, non dovresti rivolgerti a noi manifestandoti grande
proprio nel farti debole, umile? La salvezza che io imploro da te, Dio, esige
che tu intervenga nella mia vita in questo aspetto di umiltà, di debolezza e di
povertà...
Se tu Signore ci salvi, come ci puoi salvare se non nella tua Croce?
Se non nell'umiltà e nella povertà tue, o mio Gesù?
Dio, tu puoi manifestarti grande in quanto mi schiacci, in quanto sei diverso
da me, ma anche in quanto Tu ti fai presente nel mio cuore e mi sollevi. Tu
entri nell'anima mia e mi liberi e mi salvi. Se l'essere infranto era già
un'esperienza divina, anche l'essere risanato può essere un'esperienza divina.
Tu, Dio, rimani lo stesso: in fondo la differenza è nell'esperienza che io posso
avere di te.
Io implora la salvezza. Nell'esperienza del dolore e della pena, io mi rivolgo a
te, Dio, per essere risanato: Pietà di me, Signore: vengo meno; risanami,
Signore: tremano le mie ossa.
Non forse anche la mia malattia, il mio dolore, la mia angoscia, la mia
disperazione sono in rapporto veramente ad un intervento divino? non hanno
un rapporto con te, mio Dio?
Viva io nell'umiltà, viva io nella sofferenza e nell'angoscia, oppure nella sanità
e nella gioia, io vivo sempre un'esperienza di Te, mio Dio. Sempre l'anima mia
vive Dio, vive un'esperienza di Dio, del suo furore o della sua salvezza.
Signore, non punirmi nel tuo sdegno, non castigarmi nel tuo furore, dice il
salmista. E dice ancora: Pietà di me, Signore: vengo meno; risanami.
Essere mortificati, uccisi, immolati, distrutti, consumati, ed essere risanati,
resuscitati, salvati, tutto dipende da te, mio Dio, tutto ha origine, principio in
te. In ogni cosa io vivo questo rapporto.
Risanami, Signore: tremano le mie ossa. Le mie ossa sono spezzate. È come
se il dolore mi avesse veramente spezzato, frantumato, ridotto al nulla. È una
nuova creazione che l'anima mia implora da te, Dio, come se tu dovessi
richiamarmi dall'abisso del nulla.
L'anima mia è tutta sconvolta, ma tu, Signore, fino a quando...? Fino a
quando, Signore, non sarai assente da me? Perché in questa angoscia Tu
stesso sei già ora presente. Fino a quando, Dio, vorrai manifestarti così, come
nemico dell'uomo, come grandezza che opprime? L'anima mia sa che Tu, Dio,
pur essendo incommensurabile con l'uomo, tuttavia vuoi essere il mio
Salvatore: e l'esperienza fondamentale di Te, Dio, non posso averla nella mia
3. morte, la devo avere piuttosto nella mia resurrezione, nella mia salvezza…
Sembra che nel tuo furore, o Dio, ti sia come allontanato dall'uomo; ma no,
non ti sei allontanato, perché l'uomo non potrebbe ricevere il rimprovero se
Dio nella sua collera non si facesse a lui presente - nel suo furore e nella sua
collera, Dio rivolge ancora la sua faccia all'uomo!
Signore, volgiti... Signore torna. Ritorna quello che eri prima! La malattia, la
sofferenza, appunto io non posso più tollerarle: perché non sono proprie della
mia natura. L'uomo non è stato creato nel dolore, per il dolore, è stato creato
invece nella gioia e per la gioia.
Ritorna, o Signore, libera l'anima mia! Ritorna!
Il furore non può essere il tuo primo atto, il primo rapporto che tu hai con
l'uomo: se fosse stato così, io non sarei neppure nato, neppure sarei stato
creato. La creazione importa un atto di amore.
Dio, ritorna a quella benevolenza che mi ha dato la vita; se ora me la togli, ora
io sperimenterei tutto il peso della divina potenza nella mia morte. Ti prego,
fammi sperimentare piuttosto la tua potenza nell'essere risanato, nuovamente
creato, come fui creato un giorno da questa stessa divina potenza.
Volgiti, Signore, a liberarmi, salvami per la tua misericordia. Salvami.
E’ questa la preghiera dell'uomo, la mia preghiera: perché dalla preghiera
l'uomo attende la redenzione: Signore, la voglio, la imploro! Signore la mia
preghiera è sempre intercessione, è sempre supplica, almeno fintanto che io
vivo quaggiù sulla terra. E cosa posso supplicare, che cosa chiedere a te, o Dio,
se non la mia salvezza? E che cosa fai Tu, Dio, all'uomo se non redimerlo?
Quale è l'atto proprio di Dio verso l'uomo se non proprio quello di salvarlo?
Ma, Signore, l'esperienza umana è tale che questa salvezza sembra sempre
rimandata a un domani. Quantunque io mi appelli a te, ti chiami, ti invochi, di
fatto io rimango solo nel mio pianto. Così tutta la mia preghiera è come lo
sgomento di un grido che non ottiene risposta.
Ma tu, fino a quando, Signore? Fino a quando mi lascerai solo? Fino a
quando tollererai che io sia così oppresso dalla pena?
Ma tu, fino a quando, Signore?
Signore, il dolore e la pena sembrano essere tutta la mia vita: tu, Dio, dal
quale soltanto posso aspettare la salvezza, rimani al di là, rimani in silenzio,
sembri non ascoltare la mia preghiera che ti è rivolta.
Ma tu, fino a quando, Signore? Un grido lanciato nel silenzio, che non ha eco.
… Fino a quando, Signore? non forse fino all'ultimo giorno? Fino all'ultimo
giorno qual è, quale sarà l'esperienza mia se non questa esperienza di pena, se
non questa esperienza di morte? La salvezza rimane soltanto una speranza.
Tante volte mi sono domandato come si fa a dire che la preghiera è veramente
efficace se noi la ripetiamo ogni giorno? Tu, Gesù, Nostro Signore ci dici:
"Qualunque cosa chiederete al Signore, Egli ve la darà". Ma è tanto che si
chiede la salvezza, è tanto che si chiedono tutti questi beni, e ci vengono
sempre rifiutati, perché già li abbiamo chiesti e anche oggi li chiediamo e
4. domani lo stesso. Ma tu, Signore, fino a quando...?
Sì, Signore, questa è la grandezza di essere Tuoi! Tu riconosci la condizione
umana di pena, ma e ci dai la forza di trasformare questa pena in un grido di
preghiera che durerà fino alla fine: grido di preghiera e di angoscia che è
rivolto però a un Dio che, se rimane in silenzio, tuttavia ascolta. Tutte le
risposte parziali che Tu, Dio, puoi darci non sono la risposta definitiva che
l'anima spera. Così ogni preghiera dell'uomo, ogni mia preghiera importa
questo grido che più di ogni altro riassume ogni preghiera: Ma tu, Signore,
fino a quando...?