Insegnare i social partendo dalle basi, perché il social non è qualcosa “al di sopra” della comunicazione. Anzi, non si dà social senza una solida cultura di comunicazione. I peggiori fail succedono perché si ignorano le basi, la disciplina, come Shannon e Weaver, Jakobson, Watzlavick e tutta questa bella gente qua. Gente che ha detto come funzionano nella testa delle persone gli oggetti come Facebook e Twitter e Pinterest molto prima che Facebook e Twitter e Pinterest vedessero la luce.
IL CHIAMATO ALLA CONVERSIONE - catechesi per candidati alla Cresima
Social e teorie_comunicazione
1. La teoria della comunicazione che ci
aiuta a capire i Social Media
Giuliana Laurita – giulianalaurita@gmail.com
2. Qui si parla di
La teoria classica
della
comunicazione
Le funzioni del
linguaggio di
Jakobson
Le massime
conversazionali
La teoria degli
atti linguistici
La scuola di
Palo Alto e gli
assiomi della
comunicazione
Che c’entra
questa roba col
Social?
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3. Una definizione possibile di comunicazione
“Scambio interattivo osservabile fra due
o più partecipanti, dotato di
intenzionalità reciproca e di un certo
livello di consapevolezza, in grado di far
condividere un determinato significato
sulla base di sistemi simbolici e
convenzionali di significazione e di
segnalazione secondo la cultura di
riferimento” (Anolli, 2003)
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4. … cioè?
Comunicare non vuol dire semplicemente “trasferire
informazioni”; vuol dire trasferire informazioni in
modo che le informazioni arrivino a qualcuno che
effettivamente ne prende conoscenza.
Se si trasferiscono informazioni che nessuno riceverà
mai, o che nessuno sarà mai in grado di
interpretare, non si fa comunicazione.
Un account Twitter che non è seguito da nessuno
contiene informazioni ma non comunica.
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5. La comunicazione è un’attività complessa
• relazionale (bisogna
essere almeno in due)
Attività sociale
• interattiva (produce
un’influenza reciproca)
Partecipazione
Attività cognitiva
• ermeneutica (connessa
al significato, alla
produzione di senso)
Connessa all’azione
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• sistemica (riguarda
l’integrazione simbolica,
la socializzazione, il
controllo)
6. Il modello matematico di Shannon e Weaver (1949)
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7. Le funzioni del linguaggio di Jakobson: la funzione emotiva
(emittente)
FUNZIONE EMOTIVA
È incentrata sull’emittente
L'emittente dell'atto linguistico ha
come fine l'espressione dei suoi
stati d'animo
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8. Le funzioni del linguaggio di Jakobson: la funzione fàtica
(canale)
FUNZIONE FÀTICA
Incentrata sul canale.
Si realizza quando un
partecipante all'atto di
comunicazione desidera
controllare se il canale è aperto
(esempio: domande del tipo
"Mi segui?, mi ascolti?").
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9. Le funzioni del linguaggio di Jakobson: la funzione poetica
(messaggio)
FUNZIONE POETICA
Incentrata sul messaggio, valorizza il
piano del significante. Avviene quando
il messaggio che l'emittente invia
all'ascoltatore ha una complessità tale
da obbligare il ricevente a
ridecodificare il messaggio stesso (ne
sono un esempio molte frasi
pubblicitarie o frasi di poesia del tipo
Nel mezzo del cammin di nostra vita /
mi ritrovai per una selva oscura).
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10. Le funzioni del linguaggio di Jakobson: la funzione
conativa (ricevente)
FUNZIONE CONATIVA
Focalizzata sul ricevente. Essa avviene quando
tramite un atto di comunicazione l'emittente
cerca di influenzare il ricevente, come per
esempio in un ordine (esempio: "Va' da lei!") o nei
casi linguistici del vocativo e dell'imperativo
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11. Le funzioni del linguaggio di Jakobson: la funzione
referenziale (contesto)
FUNZIONE REFERENZIALE
Incentrata sul contesto. Essa è posta in essere quando
viene data un'informazione sul contesto (esempio:
"L'aereo parte alle cinque e mezza")
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12. Le funzioni del linguaggio di Jakobson: la funzione
metalinguistica (codice)
FUNZIONE METALINGUISTICA
Riferita al codice stesso. Ossia quando il codice
"parla" del codice (un esempio lampante sono le
grammatiche o le didascalie in un testo teatrale).
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13. Le massime conversazionali: la quantità
Dà un contributo tanto informativo quanto è richiesto (per
gli scopi accettati dello scambio linguistico in corso);
Non dare un contributo più informativo di quanto è richiesto
SII INFORMATIVO QUANTO RICHIESTO
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14. Le massime conversazionali: la qualità
Non dire ciò che credi essere falso
Non dire ciò per cui non hai prove adeguate
SII SINCERO E BEN FONDATO
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16. Le massime conversazionali: il modo
Evita l’oscurità di espressione
Evita l’ambiguità
Sii breve (evita la prolissità
non necessaria)
Sii ordinato nell’espressione
SII CHIARO
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17. Nei Social Media bisogna rispettarle tutte e 4, ma in
alcuni casi queste regole sono più stringenti.
La quantità:
SII INFORMATIVO
QUANTO RICHIESTO
La qualità:
SII SINCERO E BEN FONDATO
La relazione:
SII PERTINENTE
17
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Il modo:
SII CHIARO
18. Dire qualcosa significa fare qualcosa
La comunicazione è una sequenza di azioni.
La teoria degli atti linguistici si basa sul presupposto
che con un enunciato non si possa solo descrivere il
contenuto o sostenerne la veridicità, ma che la
maggior parte degli
enunciati servano a
compiere delle vere e
proprie azioni in ambito
comunicativo, per esercitare
un particolare influsso sul
mondo circostante
(1955, John Langshaw Austin)
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19. Che cosa hanno in comune queste tre situazioni?
1. Il battesimo di una nave
2. Un matrimonio
3. Fare una scommessa
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20. … sono atti performativi
Vi sono asserzioni che non descrivono un certo stato
delle cose, non espongono un qualche fatto, in modo
vero o falso.
Mentre si enuncia quella frase si fa qualcosa: mediante
l'atto performativo si compie quello che si dice di fare, si
produce immediatamente un fatto reale. «Il nome
deriva, ovviamente, da perform [eseguire], il verbo
usuale con il sostantivo 'azione'» (Austin).
All'atto performativo non si applica il criterio di verità.
Si contrappone all'atto costatativo, o constativo, che si
limita a costatare, ad affermare qualcosa, descrivendo il
fatto.
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21. La felicità del performativo
• Esiste una procedura
convenzionale accettata avente
un certo effetto, procedura che
deve includere l'atto di pronunciare
certe parole da parte di certe
persone in certe circostanze.
• Le persone e le circostanze sono
appropriate.
• La procedura è eseguita da tutti i
partecipanti sia correttamente che
completamente.
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22. Ad esempio, compilando questa firmiamo un contratto
22
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23. L’infelicità del performativo
L’infelicità può darsi:
1. Se l’autore non è in condizione di compiere l’atto in
questione oppure l’oggetto cui ci si riferisce non è adatto
ad esservi sottoposto. In tal caso il performativo sarà nullo.
2. Se colui che proferisce l’atto non ha intenzione di
compiere l’azione in causa, ed allora il performativo sarà
abusato.
3. Tutto si è svolto
regolarmente, ma potrebbe
verificarsi, in seguito al
compimento dell’atto, un
evento non in regola con
esso, ossia una rottura
dell’impegno.
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24. Ops!
Anche gli enunciati constativi possono rispondere a delle
condizioni di felicità/infelicità piuttosto che di verità.
• “Il gatto è sul tappeto”, ma non credo che vi sia; è il caso
dell' abuso.
• “Il re di Francia è calvo”, ma non esiste alcun re di Francia;
è il caso della nullità.
• “Tutti gli invitati sono francesi” ma alcuni invitati non sono
francesi; è il caso della rottura dell'impegno
Dopo aver rilevato che la distinzione fra constatativi e
performativi è piuttosto labile (esistono performativi impliciti,
oltre che espliciti), nella sua analisi Austin abbandona quella
bipartizione.
Approfondendo il discorso, passa a isolare tre principali registri
di analisi degli enunciati di un parlante in situazione e li
denomina
rispettivamente locuzione, illocuzione e perlocuzione.
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25. Linguaggio e azione: dal performativo all’atto linguistico
Austin distingue tre sensi differenti che legano linguaggio e
azione:
• Il dire qualcosa è fare qualcosa (atto locutorio).
• Nel dire qualcosa facciamo qualcosa (atto illocutorio).
• Col dire qualcosa facciamo qualcosa (atto perlocutorio).
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26. L’atto locutorio
L'atto di dire qualcosa è fare qualcosa:
Enunciare una frase dotata di significato
http://youtu.be/GKiqeJI7wUw
Si distingue in:
• atto fonetico (proferire suoni e
morfemi)
• atto fatico (proferire certi
vocaboli in quanto
appartenenti ad un certo
lessico e conformi ad una
certa grammatica)
• atto rhetico: utilizzo del fema
(atto fatico) o dei sui
costituenti con un senso ed
un riferimento (che insieme
equivalgono a ‘significato’)
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28. L’atto illocutorio
Nel dire qualcosa facciamo qualcosa:
Indica la «forza» dell’affermazione:
una promessa, un’offerta, una minaccia, ecc.
“Eseguire un atto locutorio è anche
eseguire un atto illocutorio. Quindi
nell'eseguire un atto locutorio
eseguiremo anche un atto come:
http://youtu.be/jjtj7Wtxhbk
fare una domanda o rispondere a
essa,
fornire un'informazione o
un'assicurazione o un avvertimento,
annunciare un verdetto o
un'intenzione,
formulare una condanna,
assegnare una nomina o fare un
appello o una critica,
compiere un'identificazione o dare
una descrizione,
e molti altri.
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30. L’atto perlocutorio
Col dire qualcosa facciamo qualcosa:
La frase produce degli effetti
sui sentimenti, pensieri e azioni dell’ascoltatore
•
•
Dire qualcosa produrrà certi
effetti consecutivi sui sentimenti,
sui pensieri, sulle azioni di chi
sente o di chi parla. Questi effetti
saranno effetti perlocutori.
Se pensiamo alla comunicazione
pubblicitaria, alla comunicazione
politica o alla comunicazione
giornalistica possiamo
sicuramente rintracciare un gran
numero di atti perlocutori
http://youtu.be/-zOEdaSthHY
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32. 20 secondi!
Ho incontrato in piazza i tuoi amici Paolo e Giacomo che mi
hanno detto di ricordarti il vostro appuntamento di giovedì.
Hanno detto che devi passare tu a prendere Simona alle 9 e
che poi vi troverete al casello di Galliate alle 9,30. Tu devi
portare qualcosa per il picnic. Ricordati però che Gianclaudio
non può mangiare nulla che contenga dei semi e che Paolo è
allergico al glutine.
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33. • Quando è l’appuntamento? Dove?
• Come si chiamano gli amici?
• Chi devi passare a prendere?
• Che cosa devi portare?
• A cosa è allergico Gianclaudio?
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35. Da cosa è determinata la distorsione
Interruzioni, interferenze
Parlare l’uno sopra l’altro
Differenze / Carenze di vocabolario
Utilizzo improprio delle parole
Fattori emotivi
La scarsa corrispondenza tra segnali verbali e non
verbali
La scarsa capacità d’ascolto
Stereotipi e pregiudizi
Attenzione non focalizzata verso il proprio interlocutore
Arrivare presto “alle conclusioni”
Fretta
...
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36. Le funzioni della comunicazione
Proposizionale
• le conoscenze sono organizzate e trasmesse sotto forma di
proposizioni e quindi si ricorre al linguaggio per poter
concettualizzare, significare e comunicare il proprio pensiero
Relazionale
• la comunicazione genera e rinnova le relazioni generando
quell'intersoggettività dialogica che consente di negoziare
significati e condividere scopi
Espressiva
• esprimere le emozioni, gli affetti, gli stati positivi o negativi della
salute o dell’umore, i sentimenti di amore o di odio, di gioia o di
dolore, di attrazione o di repulsione. E’ il tipico linguaggio della
poesia lirica e dell’arte in generale
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37. La scuola di Palo Alto
La Scuola di Palo Alto, nelle
persone di Gregory Bateson, Paul
Watzlawick, Janet Helmick Beavin,
Don D. Jackson ed altri, negli anni
sessanta definì la funzione
pragmatica della comunicazione,
vale a dire la capacità di
provocare degli eventi nei contesti
di vita attraverso l’esperienza
comunicativa, intesa sia nella sua
forma verbale che in quella nonverbale.
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38. I 5 assiomi della comunicazione
1
2
Ogni comunicazione ha un aspetto di
contenuto e uno di relazione
3
La natura di una relazione dipende dalla
punteggiatura delle sequenze di
comunicazione
4
La comunicazione può essere analogica o
numerica
5
38
Non si può non comunicare
Tutti gli scambi di comunicazione sono
simmetrici o complementari
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39. 1. Non si può non comunicare
Qualsiasi comportamento, in situazione di interazione tra
persone, è una forma di comunicazione, poiché diventa
immediatamente portatore di significato per gli altri: ha
dunque valore di messaggio
Anche i silenzi, l’indifferenza, la passività e l’inattività sono
forme di comunicazione al pari delle altre, poiché portano
con sé un significato e un messaggio al quale gli altri
partecipanti all’interazione non possono non rispondere.
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40. 2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno
di relazione 1/2
Ogni comunicazione comporta un aspetto di metacomunicazione
che determina la relazione tra i comunicanti. Ad esempio, un
individuo che proferisce un ordine esprime, oltre al contenuto (la
volontà che l'ascoltatore compia una determinata azione), anche la
relazione che intercorre tra chi comunica e chi è oggetto della
comunicazione, nel caso particolare quella di superiore/subordinato.
Ogni comunicazione umana ha due aspetti, uno di notizia e uno di
comando, quindi un aspetto di contenuto e uno di relazione.
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41. 2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno
di relazione 2/2
L’aspetto di relazione di una comunicazione è definito dai termini in cui si
presenta la comunicazione stessa, dal non-verbale che ad essa si
accompagna e dal contesto in cui questa si svolge.
Attraverso la definizione della relazione tra i due comunicanti, questi
definiscono implicitamente se stessi: una delle funzioni della comunicazione
consiste nel fornire ai comunicanti una conferma o un rifiuto del proprio Sé.
Gli scambi
comunicativi
“patologici” sono
caratterizzati da una
lotta costante per
definire i rispettivi
ruoli e la natura della
relazione, mentre
l’informazione
trasmessa dai
comunicanti passa in
secondo piano.
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42. 3. La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura
delle sequenze di comunicazione 1/2
La punteggiatura delle sequenze di comunicazione differenzia
la relazione tra gli individui coinvolti nell’interazione e definisce
i loro rispettivi ruoli: essi punteggeranno gli scambi in maniera
che questi risultino organizzati entro modelli di interazione più o
meno convenzionali.
È una delle possibilità d’interpretazione degli eventi stessi, per
cui anche i ruoli dei comunicanti sono definiti dalla
propensione degli individui stessi ad accettare un certo
sistema di punteggiatura oppure un altro.
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43. 3. La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura
delle sequenze di comunicazione 2/2
Watzlawick fa l’esempio della cavia da laboratorio che dice: “Ho
addestrato bene il mio sperimentatore. Ogni volta che io premo la
leva lui mi dà da mangiare”; quest’ultimo non accetta la
punteggiatura che lo sperimentatore cerca di imporgli, secondo la
quale è lo sperimentatore stesso che ha addestrato la cavia e non il
contrario.
Poiché la comunicazione è un continuo alternarsi di flussi
comunicativi da una direzione all'altra e le variazioni di direzione del
flusso comunicativo sono scandite dalla punteggiatura, il modo di
leggerla sarà determinato dal tipo di relazione che lega i
comunicanti.
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44. 4. La comunicazione può essere analogica o digitale 1/2
Il quarto assioma attribuisce agli esseri umani la capacità di
comunicare sia tramite un modulo comunicativo digitale (o
numerico) sia con un modulo analogico.
Se ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di
relazione, il primo sarà trasmesso con un modulo digitale e il
secondo attraverso un modulo analogico.
Quando gli esseri umani comunicano per immagini la
comunicazione è analogica; questa comprende tutta la
comunicazione non-verbale. Quando comunicano usando le
parole, la comunicazione segue il modulo digitale.
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45. 4. La comunicazione può essere analogica o digitale 2/2
Questo perché le parole sono segni arbitrari e privi di una
correlazione con la cosa che rappresentano, ma permettono una
manipolazione secondo le regole della sintassi logica che li organizza.
Nella comunicazione analogica questa correlazione invece esiste: in
ciò che si usa per rappresentare la cosa in questione è presente
qualcos'altro di simile alla cosa stessa.
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46. 5. Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o
complementari 1/3
Uno scambio di comunicazione è:
1. simmetrico, quando è basato sull’uguaglianza ed è, dunque,
paritario e democratico. Uno scambio comunicativo è detto
simmetrico quando ciascuno dei due dialoganti tende a
rispecchiare il comportamento dell’altro e a minimizzare la
differenza, tendendo all’uguaglianza. I due comunicanti sono
sullo stesso piano e, quindi, in equilibrio tra loro;
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47. 5. Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o
complementari 2/3
Uno scambio di comunicazione è:
2. complementare, quando è basato sulla differenza e sul rapporto
autorità/subordinazione. Uno scambio comunicativo è
complementare, quando il comportamento di uno completa
quello dell’altro e si mantiene la differenza. I due comunicanti
hanno due diverse posizioni per cui uno prevale sull’altro.
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48. 5. Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o
complementari 3/3
La relazione tra due individui non è comunque mai definitiva,
ma tende al contrario a mutare, anche senza l’intervento di
fattori esterni. All’interno delle relazioni simmetriche possiamo,
poi, distinguere altri due tipi di interazione:
relazioni simmetriche-simmetriche, in cui i due comunicanti
sono in costante competizione per la conquista della posizione
dominante;
relazioni simmetriche-reciproche, in cui i due comunicanti
assumono alternativamente la posizione dominante, a
seconda delle situazioni.
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49. A che serve tutto questo…
… se poi devo occuparmi di Social in azienda o in agenzia?
Comprendere
Analizzare
Ideare
Innovare
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