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Lo Sciamano e il suo doppio, che ha preso vita come Congresso e adesso come Atti dello stesso sotto l’impulso e
la guida della Prof.ssa Carla Corradi Musi presenta al di là del corpus di ricerche innovative e di grande
interesse scientifico anche una novità nell’impostazione: una perfetta sintonia interdisciplinare, realizzata
non solo con la partecipazione di studiosi di aree diverse che comunque si riconoscono nell’ambito delle
scienze umanistiche, bensì coraggiosamente aperto anche alle empiriche, fra le quali almeno come radice
metodologica possiamo annoverare anche la Medicina, ed in particolare la Tossicologia.
Il Convegno su "Lo Sciamano e il suo Doppio" ha visto i contributi di esperti qualificati sia per la trattazione
che per l'impostazione programmatica del tema, fra i quali ricordiamo il Prof. Hoppal, Direttore del centro
Internazionale Studi sullo Sciamanesimo, il Prof. Amedeo Di Francesco, Direttore del centro Internazionale
di Ungarologia presso l'Università di Studi Orientali di Napoli, il Prof. Leonardo Montecchi, voce autorevole
della psichiatria, collaboratore dell'Istituto Superiore di Sanità; perno dell'iniziativa il Laboratorio
permanente di Studi Sciamanici diretto e coordinato dalla Prof.ssa Carla Corradi Musi coadiuvata da
Colleghi e giovani ex allievi del Dipartimento di Lingue della nostra Università, presentato dal Prof.
Formisano.
Il testo riflette alcuni punti essenziali emersi dai lavori del Convegno, attorno all'idea centrale del mito e sue
influenze nell'Eurasia preistorica, e dello sciamanesimo come sistema integrato di credenze piuttosto che
come fenomeno religioso a sé stante come nella primitiva impostazione di Eliade, peraltro per alcuni versi
funzionale alla nascita di attenzione. I temi centrali, come poco sopra anticipato, sono così identificabili:
il carattere di interdisciplinarietà necessario per cogliere appieno una realtà complessa come lo sciamanesimo
il profondo legame con la Natura, tanto profondo da attivare idee e comportamenti di vera e propria Ecologia;
l'importanza della collettività (sia dei vivi che degli antenati che degli elementi della Natura);
il concetto che l'importanza del singolo non è legata alla sua personalità (il senso del Sé della posizione ego-centrata)
ma alla posizione che occupa nel Mondo (posizione relativistica);
l'interesse degli studiosi di Letteratura per il linguaggio e i temi narrativi che rimandano alle più profonde radici
popolari.
I temi sono messi in evidenza dalla relazione di apertura della Prof.ssa Corradi Musi, alla quale segue
l'intervento del Prof. Hoppel, dove si pone in risalto la necessità di verificare di persona e di studiare sul
campo e realisticamente le tradizioni sciamaniche, con l'ausilio di traduttori madrelingua. Quindi il Prof. Di
Francesco apre l'orizzonte letterario sul sottofondo popolare che pone notevoli problemi dal punto di vista
della corretta interpretazione dal punto di vista linguistico. La Dott.ssa Rosgnoi affascina sul lato notturno
della parte segreta e mistica dei tratti popolari nei testi magici, soprattutto quelli legati agli eventi
astronomici e quindi al misterico, mentre la Dott.ssa Loikala mostra come dal punto di vista linguistico tutto
si sciolga nella musa poetica di colori nordici all'estremo Nord europeo, ponendo l'accento sull'importanza
per lo sciamano della parola, elemento magico e sacro, che lo connota nella sua società anche come figura di
sapere. Il tema del viaggio a questo punto dell'anima dell'iniziato viene tratatto dalla Dott.ssa Capacchi che
affronta il tema del doppio, mentre la Dott.ssa Ceccarelli rimanda alle sfumature interiorizzate, quasi
nascoste nelle pieghe del paesaggio slavo.
Lo sciamanesimo muove assieme alle comunità umane, quindi, e la Dott.ssa Barchetti studiando da un punto
di vista linguistico le comunità amerinde del Nord (Lakota) può dimostrare la continuità fra gli elementi
tradizionali locali con quelli di matrice ugrofinnica. In effetti lo sciamanesimo è il "modo" che sottostà alle
varie manifestazioni del "come" attraverso l'evolversi plastico delle società umane, adattandosi e fornendo
loro linfa vitale, ovvero la vita dell'Anima. Il fare Anima viene visto dalla Dott.ssa Speltini osservando i riti
di passaggio e le società umane, alla luce dell'importanza della collettività intesa sia come modalità
associativa che come categoria dello Spirito.
Il Prof. Montecchi conclude i lavori ponendo l'attenzione su emergenti segnali di comportamento integrato e
di fusione di coscienza nell'ambito delle realtà di aggregazione giovanile, mediate dagli eventi musicali e
talora da sostanze psicoattive. A conclusione una sezione bibliografica particolarmente ampia, documentata,
accuratissima.
Il che mi permette a questo punto di giustificare, almeno in parte, la presenza di una tossicologia medico
legale, per offrire una se pur limitata lettura, rispetto all'imponente lavoro svolto, circa gli aspetti
farmacologici, sui quali poco è noto, e quel poco sovente distorto dai mass-media, ovvero quale importanza
hanno le sostanze naturali attive sul SNC nell'ambito di un fenomeno complesso quale quello dello
sciamanesimo?
Per non correre il rischio di una lettura riduzionista in chiave farmacologica, penso che sia qui il caso di
applicare l'insegnamento fondamentale degli iniziati, quindi, facciamo Anima: parleremo allora delle
sostanze di Potere.
Fin dai primordi infatti un peculiare carattere culturale influenza le popolazioni del Mediterraneo: la storia
dei farmaci sembra possedere radici profonde, che al di là del fatto storico si approfondano nella struttura
del mito e della poesia. L’Odissea può infatti offrire a tratti una lettura diversa da quella epica a tutti nota,
ponendo in evidenza il ruolo magico delle piante, intese come potenza in atto di virtù celesti. Una potenza
che si accompagna sempre con un lato oscuro, mortale, opposto a quello salutifero, come a indicare che nel
dominio dell’esperienza sensibile data all’uomo non si può fuggire dalla prigione del dualismo. Ulisse
pertanto viene ad assumere anche il ruolo di prototipo del navigatore su uno specchio d’acqua non marina,
simbolo perfetto dello stato di coscienza, e in tal senso può assumere la veste di immagine forte e dolcemente
umana dello psicopompo per eccellenza: come Mercurio manifesta il duplice carattere dell’umana
esperienza, così Ulisse, mediatrici le piante di Potere, percorrerà tutti gli aspetti della manifestazione del
divino nella propria vita, farà sue tutte le esperienze di contrapposizione nelle quali l’uomo si dibatte come
all’interno dei flutti marini, vero emblema della dignità del percorso di nascita ad una nuova condizione di
vita, superiore a quella con la quale si viene al Mondo.
L’invasione achea e poi quella dei Dori spezza i legami della cultura matriarcale, e la grande Dea si inabissa
come Persefone nutrendo però dalle radici le nuove culture, affiorando nelle strutture delle arti e della
scienza fino alla modernità, alimentando la visione olistica nella temperie del riduzionismo.
Rispetto alla luce solare del principio maschile che rende viva la sommità vegetativa delle piante, la luce che
cresce il movimento notturno, lunare e opposto al precedente della radice è quella del lampo dell’intuizione
del mondo degli dèi, immobile rispetto al movimento di ritorno che caratterizza invece la dimensione del
mondo umano. Qui abita solo il ragionamento logico formale, occhio che scruta secondo il metodo della
Storia.
L’attività del pensiero può anche essere devastante, se porti alla luce un oggetto di trasformazione interiore,
una figura archetipica. Non è possibile compiere alcun viaggio vero, iniziatico, volando sul mare del
profondo senza neppure sfiorarlo, anzi accelerando la velocità con l’operazione magica e non filosofica di
alterare il rapporto rituale con sostanze di potere, tolte alla loro funzione di conoscenza, per non sentire
dolore, azzerando il pensiero. Il mare delle profondità interiori è infatti di colore livido come il vino,
archetipo di ogni farmaco, veleno e potere, morte dell’uomo vecchio per la nascita dell’uomo nuovo:
Οϕρα ταχιστα σην εσ πατριδ ικοιο πλεων επι οινοπα ποντον.(Per giungere velocissimo in patria volando sul
livido mare.Odissea, ∆, 474.).
Lo sciamanesimo attua da sempre l’operazione che la psichiatria moderna definisce come controfobica,
ovvero la messa in moto del movimento dalla potenza all’atto mediante la creazione di un doppio,
operazione delicata e di grande potenza, che appunto può non riuscire a causa di un atteggiamento
“bloccante” per il quale l’azione si costituisce solo come fantasia di agire (G.Roheim, Magia e schizofrenia, Il
Saggiatore). Nella visione totemica della Natura lo sciamano estrae da sé l’immagine archetipica, ad es. il
lupo, proiettando nel doppio e poi integrandone la forza emergente, una forza che produce valori
condivisibili e che pertanto può essere considerata un elemento fondante della psicologia sociale. L’aspetto
centrale dello sciamanesimo, quel rispecchiare profondità interiori che parlano a tutti gli esseri umani ne
permettono l'adattamento ai vari habitat di appartenenza, proprio perché costituiscono le radici profonde
del pensiero magico, e lo sciamano da “tecnico del sacro” secondo Eliade può adesso essere meglio
connotato come il partecipante e il testimone di “un’altra realtà” secondo la proposta di Antotten.
Nella nostra società attuale la scomparsa dei riti di passaggio azzera la fondamentale esigenza di chiudere
col nostro passato, centrandoci sul momento presente: l’iniziazione aveva anche il grande compito di
stabilizzare l’Io storico centrandolo su un esame di realtà (il “qui adesso”), proteggendolo dalle fantasie di
permanenza di elementi del passato sentiti come ancora attuali.
Lo sciamano sa come incontrare la sua immagine archetipica, ne conosce la forza senza subire la
disintegrazione dell’Io, indotta da una dissociazione che prevale sull’attività della coscienza ordinaria. E' un
maestro della transe e della magia naturale, abile nel giungere ad uno stato di conoscenza superiore e nel
gettare le basi per il ponte fra mondo fisico sensibile e quello della totalità delle sue espressioni. E’ artefice e
testimone di tale impresa, custode del mito, chiave indispensabili per accedere alla forza dell’archetipo: Ζοη
fluisce eternamente, non individualizzata se non relativamente alla meteora della vita individuale, Βιον,
invece, si ribella al caos indeterminato, separandosi in tal modo dalla corrente universale della vita,
reclamando una propria individualità, e opponendosi al movimento che è una caratteristica specifica delle
trasformazioni, perché queste sono sempre , per il punto di vista di βιον, una perdita dello stato anteriore,
assenza di speranza e morte. Il dualismo di opposizione non agisce quindi nella stessa unità temporale, ma
per serie successive di tempi: le pause musicali fra le note possono essere i termini più comuni per una
esemplificazione. Mentre per noi nelle società di massa la parola e il suono sono veicoli portanti della
comunicazione/economia, in quelle antiche e tradizionali la parola è celebrazione religiosa e strumento di
guarigione; la parola in musica era la scrittura dell’Universo. Il cerimoniale è accompagnato da musiche e
canti, che sono sempre guidati dallo sciamano stesso, e solitamente ha lo scopo di aiutare un ammalato o di
accompagnare l’anima di un defunto nel Regno delle Ombre: il pubblico assiste, non entra in trance tecnica
ma partecipa del manifestarsi dell'archetipo. Le caratteristiche ricorrenti che si trovano nella ritmica della
musica sono le rotture di ritmo e l’accelerazione del tempo, che vanno solitamente di pari passo con
l’intensificarsi del volume del suono, ciclicamente (il giro di V°). Ma la ritmica che si crede provocare
direttamente e con un rapporto causale diretto la trance in una regione si scopre assolutamente inutile in
un’altra, dove la stessa funzione è svolta da una ritmica diversa perchè è il contesto del rituale sociale che
permette l'apertura (Rouget, Musica e trance). La musica, o almeno buona parte di essa, è suonata in
funzione della danza, la quale ha lo scopo di fornire al soggetto il mezzo per assumere il proprio
cambiamento di personalità e per viverlo intensamente a livello motorio, far poesia da sempre è unione di
mente e corpo, di musica e danza.
L’entrata in trance è quindi una modificazione dello stato di coscienza ordinario. La disposizione (set) è
l’atteggiamento individuale, composto da attitudini interiori, personalità, motivazioni, aspettative, mentre il
dispositivo (setting) è rappresentato dai fattori ambientali esterni, ovvero contesto, ambiente fisico e sociale,
guide che consentono al soggetto l’entrata in trance.
La musica va a influire anche sulla concentrazione plasmatica di alcuni ormoni, soprattutto ACTH, GH,
cortisolo e noradrenalina, b-endorfine. La risposta alla musica è quindi una proprietà emergente e complessa
delle funzioni del SNC, non direttamente connesse con il mantenimento delle condizioni vitali di base, e
proiettata casomai verso le funzioni più astratte.
Così l’effetto di sostanze psicotrope, che hanno un ruolo soprattutto nell’iniziazione, e non sempre nella
pratica magico teurgica: piuttosto prevale il ruolo della attivazione e amplificazione della parte intuitiva, che
la neurologia moderna affida alla parte destra, in opposizione alla parte sinistra sede del pensiero logico
formale al quale è demandato il compito di organizzare la realtà come comunemente ci sembra di percepirla.
Ma a questo punto sorge un problema: se nel corso di un SMC la realtà esterna è ambigua, se non è presente
una guida, sono i prodotti mentali del soggetto in trance a costituirne la guida principale nella percezione
della realtà, con tutti i rischi che ne possono derivare. Pertanto esiste una grossa differenza tra la trance che
si manifesta all’interno di un rito ben codificato e sotto il patrocinio di una guida esperta, che dà sensazioni
di sicurezza e approvazione, e la trance che si manifesta in soggetti allo sbaraglio, dovuta principalmente
all’azione di una sostanza modificatrice dello stato di coscienza. L’assenza di guide può portare ad erronee
interpretazioni degli eventi e a grossolani errori di valutazione (nei riguardi di pericoli, proprie capacità,
intenzioni degli altri), con comportamenti pericolosi e reazioni eccessive, in sostanza aspetti di delirio.
Il rapporto fra sciamano e natura partecipa di un concetto profondo messo da parte dal razionalismo
scientifico moderno, ovvero la visione olistica della realtà intesa come connessione di elementi inseparabili,
al di là delle apparenze delle loro manifestazioni alla coscienza logico formale e al tentativo di
organizzazione sistematica secondo i principi della causalità per opera della funzione organizzatrice e
discriminante del linguaggio.
Nel mondo vivente è ovunque presente una struttura gerarchica, da non intendere come struttura umana di
dominazione e controllo ma come interrelazione dell’ordine a più livelli. Da qui nasce il concetto di rete,
dove si collegano tra loro organismi a livelli differenti di complessità, con leggi diverse per ogni livello
Questa visione è quella della meccanica quantistica: le particelle subatomiche non hanno significato come
entità isolate, ma si possono comprendere solo come e dalle interconnessioni.
Anche la psicologia si orientò verso il pensiero sistemico: la teoria della Gestalt (forma) si basa sull’idea di
significati di percezione non riducibili in sottogruppi elementari, ovvero il tutto della percezione non viene
concepito a partire da elementi strutturati o parti dell’insieme. Percepiamo i termini della realtà non isolati
ma come patterns o strutture integrate, dove è l’organizzazione quella che genera quello che noi percepiamo
come significato, con l’attribuzione di qualità che sono assenti nelle parti singole. La ragione principale del
fallimento delle teorie sistemiche al loro esordio stava nella mancanza di strumenti matematici capaci di
descrivere il comportamento dei viventi, che sono sistemi “aperti” lontano dall’equilibrio Lo stato di non
equilibrio con afflusso costante di energia genera schemi spaziali complessi descrivibili solo da equazioni
non lineari. La non linearità appare come una novità mentre da sempre accompagna il pensiero scientifico,
solo che è stata sempre mascherata dalla necessità di presentare i risultati delle indagini con approssimazioni
semplificative, che alla fine hanno preso il posto della originale descrizione dei fenomeni (esemplare
l’aforisma dell’eccezione che conferma la regola). Nei sistemi non lineari la caratteristica principale è che non
possono essere fatte previsioni esatte, ma solo probabilistiche, anche se il fenomeno in esame è strettamente
deterministico. Ciò ha comportato uno spostamento dall’analisi quantitativa a quella qualitativa.
Lo sciamanesimo porta quindi alla nostra attenzione non solo un dato culturale sulle pratiche della medicina
e sulle modalità di rapporto con la metafisica, bensì tutto un mondo di cui la nostra memoria è priva come
ricordo, e che invece ha messo in piedi nei primordi il nostro “esserci” nel mondo, e che talora riappare, sia
pur fugacemente, nelle problematiche irrisolte della spiegazione scientifica così come nelle espressione
artistiche, nel senso del mito che ancora per fortuna non si è spento del tutto nell’uomo moderno.
Il lavoro che emerge dal congresso e l’interesse che ha mosso la costituzione del gruppo di ricerca sullo
sciamanesimo presenta un valore epistemologico che trascende quello dell’indagine isolata, collocandosi
invece in un contesto di dimensioni allargate all’intera società umana, e per il quale l’esame linguistico si è
rivelato un indispensabile strumento di lavoro, che ha permesso di ricostruire la mappa di diffusione dello
sciamanesimo dalle origini “iperboree” in senso platonico fino al bacino mediterraneo e quindi alle
americhe.
La parola droga a questo punto va intesa in un contesto assolutamente diverso dall'attuale, ovvero sostanza
di origine naturale o sintetica, capace di modificare l’attivita psichica del uomo e quindi agire sul suo
comportamento determinando alterazioni e modificazioni reversibili o irreversibili a secondo del mondo di
utilizzo acuto o cronico. Va d’altra parte rilevato che la connotazione di farmaco in greco φαρµακον rimanda
anche al termine ϕαρµακη, veleno. Ma è nella comunità sociale che l'ambiguità si chiarisce: l'uomo accusato
ritualmente di empietà viene portato fuori dal villaggio, e al suo posto viene sacrificato un capro. Il tragos-
capro, radice della tragedia, innesca la catarsi di liberazione, e l'empio viene riportato al villaggio con feste e
inni, perchè è divenuto Salvatore, l'uomo φαρµακοσ è trasformtoa in φαρµακον .
Si presenta così un archetipo, fondamento di tutti i miti arcaici, che rimanda sia al concetto di vita che
continua dopo la morte attraverso la discendenza umana, sia a quel livello di coscienza che si può acquisire
con l’iniziazione all’interno del singolo ed individuale ciclo di vita.
La contrapposizione insita nella percezione e nella manifestazione delle figure archetipiche illustra
l'incapacità della mente discriminante di rappresentare l'Unità impersonale, altrettanto complessa quanto
l'impenetrabile interconnessione dei motori archetipici. Animus-Io è la prima materia del viaggio alchemico
al quale ciascuno di noi è invitato, ogni sciamano ci ricorda la necessità del fare Anima, di percepire il senso
del sacrificio col quale la nostra meità della Persona viene a far coscientemente parte della forza vitale,
dell'Anima Mundi, noi siamo in Psiche.
Molti sono sicuramente gli elementi che se pur interessanti sono sfuggiti alla mia attenzione, probabilmente
troppo legata al modus operandi di un tossicologo, e lascio alla lettura dello splendido volume degli Atti il
compito di meglio testimoniare l’idea, la metodologia di lavoro e i risultati della Prof.ssa Corradi Musi, alla
quale, assieme al gruppo di studio da Lei costituito, va interamente il merito di aver riportato luce sull’ala
nascosta della nostra anima: i miti non sono mai avvenuti nella storia, accadono sempre.
capro, radice della tragedia, innesca la catarsi di liberazione, e l'empio viene riportato al villaggio con feste e
inni, perchè è divenuto Salvatore, l'uomo φαρµακοσ è trasformtoa in φαρµακον .
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Sciamani

  • 1. Lo Sciamano e il suo doppio, che ha preso vita come Congresso e adesso come Atti dello stesso sotto l’impulso e la guida della Prof.ssa Carla Corradi Musi presenta al di là del corpus di ricerche innovative e di grande interesse scientifico anche una novità nell’impostazione: una perfetta sintonia interdisciplinare, realizzata non solo con la partecipazione di studiosi di aree diverse che comunque si riconoscono nell’ambito delle scienze umanistiche, bensì coraggiosamente aperto anche alle empiriche, fra le quali almeno come radice metodologica possiamo annoverare anche la Medicina, ed in particolare la Tossicologia. Il Convegno su "Lo Sciamano e il suo Doppio" ha visto i contributi di esperti qualificati sia per la trattazione che per l'impostazione programmatica del tema, fra i quali ricordiamo il Prof. Hoppal, Direttore del centro Internazionale Studi sullo Sciamanesimo, il Prof. Amedeo Di Francesco, Direttore del centro Internazionale di Ungarologia presso l'Università di Studi Orientali di Napoli, il Prof. Leonardo Montecchi, voce autorevole della psichiatria, collaboratore dell'Istituto Superiore di Sanità; perno dell'iniziativa il Laboratorio permanente di Studi Sciamanici diretto e coordinato dalla Prof.ssa Carla Corradi Musi coadiuvata da Colleghi e giovani ex allievi del Dipartimento di Lingue della nostra Università, presentato dal Prof. Formisano. Il testo riflette alcuni punti essenziali emersi dai lavori del Convegno, attorno all'idea centrale del mito e sue influenze nell'Eurasia preistorica, e dello sciamanesimo come sistema integrato di credenze piuttosto che come fenomeno religioso a sé stante come nella primitiva impostazione di Eliade, peraltro per alcuni versi funzionale alla nascita di attenzione. I temi centrali, come poco sopra anticipato, sono così identificabili: il carattere di interdisciplinarietà necessario per cogliere appieno una realtà complessa come lo sciamanesimo il profondo legame con la Natura, tanto profondo da attivare idee e comportamenti di vera e propria Ecologia; l'importanza della collettività (sia dei vivi che degli antenati che degli elementi della Natura); il concetto che l'importanza del singolo non è legata alla sua personalità (il senso del Sé della posizione ego-centrata) ma alla posizione che occupa nel Mondo (posizione relativistica); l'interesse degli studiosi di Letteratura per il linguaggio e i temi narrativi che rimandano alle più profonde radici popolari. I temi sono messi in evidenza dalla relazione di apertura della Prof.ssa Corradi Musi, alla quale segue l'intervento del Prof. Hoppel, dove si pone in risalto la necessità di verificare di persona e di studiare sul campo e realisticamente le tradizioni sciamaniche, con l'ausilio di traduttori madrelingua. Quindi il Prof. Di Francesco apre l'orizzonte letterario sul sottofondo popolare che pone notevoli problemi dal punto di vista della corretta interpretazione dal punto di vista linguistico. La Dott.ssa Rosgnoi affascina sul lato notturno della parte segreta e mistica dei tratti popolari nei testi magici, soprattutto quelli legati agli eventi astronomici e quindi al misterico, mentre la Dott.ssa Loikala mostra come dal punto di vista linguistico tutto si sciolga nella musa poetica di colori nordici all'estremo Nord europeo, ponendo l'accento sull'importanza per lo sciamano della parola, elemento magico e sacro, che lo connota nella sua società anche come figura di sapere. Il tema del viaggio a questo punto dell'anima dell'iniziato viene tratatto dalla Dott.ssa Capacchi che
  • 2. affronta il tema del doppio, mentre la Dott.ssa Ceccarelli rimanda alle sfumature interiorizzate, quasi nascoste nelle pieghe del paesaggio slavo. Lo sciamanesimo muove assieme alle comunità umane, quindi, e la Dott.ssa Barchetti studiando da un punto di vista linguistico le comunità amerinde del Nord (Lakota) può dimostrare la continuità fra gli elementi tradizionali locali con quelli di matrice ugrofinnica. In effetti lo sciamanesimo è il "modo" che sottostà alle varie manifestazioni del "come" attraverso l'evolversi plastico delle società umane, adattandosi e fornendo loro linfa vitale, ovvero la vita dell'Anima. Il fare Anima viene visto dalla Dott.ssa Speltini osservando i riti di passaggio e le società umane, alla luce dell'importanza della collettività intesa sia come modalità associativa che come categoria dello Spirito. Il Prof. Montecchi conclude i lavori ponendo l'attenzione su emergenti segnali di comportamento integrato e di fusione di coscienza nell'ambito delle realtà di aggregazione giovanile, mediate dagli eventi musicali e talora da sostanze psicoattive. A conclusione una sezione bibliografica particolarmente ampia, documentata, accuratissima. Il che mi permette a questo punto di giustificare, almeno in parte, la presenza di una tossicologia medico legale, per offrire una se pur limitata lettura, rispetto all'imponente lavoro svolto, circa gli aspetti farmacologici, sui quali poco è noto, e quel poco sovente distorto dai mass-media, ovvero quale importanza hanno le sostanze naturali attive sul SNC nell'ambito di un fenomeno complesso quale quello dello sciamanesimo? Per non correre il rischio di una lettura riduzionista in chiave farmacologica, penso che sia qui il caso di applicare l'insegnamento fondamentale degli iniziati, quindi, facciamo Anima: parleremo allora delle sostanze di Potere. Fin dai primordi infatti un peculiare carattere culturale influenza le popolazioni del Mediterraneo: la storia dei farmaci sembra possedere radici profonde, che al di là del fatto storico si approfondano nella struttura del mito e della poesia. L’Odissea può infatti offrire a tratti una lettura diversa da quella epica a tutti nota, ponendo in evidenza il ruolo magico delle piante, intese come potenza in atto di virtù celesti. Una potenza che si accompagna sempre con un lato oscuro, mortale, opposto a quello salutifero, come a indicare che nel dominio dell’esperienza sensibile data all’uomo non si può fuggire dalla prigione del dualismo. Ulisse pertanto viene ad assumere anche il ruolo di prototipo del navigatore su uno specchio d’acqua non marina, simbolo perfetto dello stato di coscienza, e in tal senso può assumere la veste di immagine forte e dolcemente umana dello psicopompo per eccellenza: come Mercurio manifesta il duplice carattere dell’umana esperienza, così Ulisse, mediatrici le piante di Potere, percorrerà tutti gli aspetti della manifestazione del divino nella propria vita, farà sue tutte le esperienze di contrapposizione nelle quali l’uomo si dibatte come all’interno dei flutti marini, vero emblema della dignità del percorso di nascita ad una nuova condizione di vita, superiore a quella con la quale si viene al Mondo. L’invasione achea e poi quella dei Dori spezza i legami della cultura matriarcale, e la grande Dea si inabissa come Persefone nutrendo però dalle radici le nuove culture, affiorando nelle strutture delle arti e della scienza fino alla modernità, alimentando la visione olistica nella temperie del riduzionismo.
  • 3. Rispetto alla luce solare del principio maschile che rende viva la sommità vegetativa delle piante, la luce che cresce il movimento notturno, lunare e opposto al precedente della radice è quella del lampo dell’intuizione del mondo degli dèi, immobile rispetto al movimento di ritorno che caratterizza invece la dimensione del mondo umano. Qui abita solo il ragionamento logico formale, occhio che scruta secondo il metodo della Storia. L’attività del pensiero può anche essere devastante, se porti alla luce un oggetto di trasformazione interiore, una figura archetipica. Non è possibile compiere alcun viaggio vero, iniziatico, volando sul mare del profondo senza neppure sfiorarlo, anzi accelerando la velocità con l’operazione magica e non filosofica di alterare il rapporto rituale con sostanze di potere, tolte alla loro funzione di conoscenza, per non sentire dolore, azzerando il pensiero. Il mare delle profondità interiori è infatti di colore livido come il vino, archetipo di ogni farmaco, veleno e potere, morte dell’uomo vecchio per la nascita dell’uomo nuovo: Οϕρα ταχιστα σην εσ πατριδ ικοιο πλεων επι οινοπα ποντον.(Per giungere velocissimo in patria volando sul livido mare.Odissea, ∆, 474.). Lo sciamanesimo attua da sempre l’operazione che la psichiatria moderna definisce come controfobica, ovvero la messa in moto del movimento dalla potenza all’atto mediante la creazione di un doppio, operazione delicata e di grande potenza, che appunto può non riuscire a causa di un atteggiamento “bloccante” per il quale l’azione si costituisce solo come fantasia di agire (G.Roheim, Magia e schizofrenia, Il Saggiatore). Nella visione totemica della Natura lo sciamano estrae da sé l’immagine archetipica, ad es. il lupo, proiettando nel doppio e poi integrandone la forza emergente, una forza che produce valori condivisibili e che pertanto può essere considerata un elemento fondante della psicologia sociale. L’aspetto centrale dello sciamanesimo, quel rispecchiare profondità interiori che parlano a tutti gli esseri umani ne permettono l'adattamento ai vari habitat di appartenenza, proprio perché costituiscono le radici profonde del pensiero magico, e lo sciamano da “tecnico del sacro” secondo Eliade può adesso essere meglio connotato come il partecipante e il testimone di “un’altra realtà” secondo la proposta di Antotten. Nella nostra società attuale la scomparsa dei riti di passaggio azzera la fondamentale esigenza di chiudere col nostro passato, centrandoci sul momento presente: l’iniziazione aveva anche il grande compito di stabilizzare l’Io storico centrandolo su un esame di realtà (il “qui adesso”), proteggendolo dalle fantasie di permanenza di elementi del passato sentiti come ancora attuali. Lo sciamano sa come incontrare la sua immagine archetipica, ne conosce la forza senza subire la disintegrazione dell’Io, indotta da una dissociazione che prevale sull’attività della coscienza ordinaria. E' un maestro della transe e della magia naturale, abile nel giungere ad uno stato di conoscenza superiore e nel gettare le basi per il ponte fra mondo fisico sensibile e quello della totalità delle sue espressioni. E’ artefice e testimone di tale impresa, custode del mito, chiave indispensabili per accedere alla forza dell’archetipo: Ζοη fluisce eternamente, non individualizzata se non relativamente alla meteora della vita individuale, Βιον, invece, si ribella al caos indeterminato, separandosi in tal modo dalla corrente universale della vita, reclamando una propria individualità, e opponendosi al movimento che è una caratteristica specifica delle trasformazioni, perché queste sono sempre , per il punto di vista di βιον, una perdita dello stato anteriore, assenza di speranza e morte. Il dualismo di opposizione non agisce quindi nella stessa unità temporale, ma
  • 4. per serie successive di tempi: le pause musicali fra le note possono essere i termini più comuni per una esemplificazione. Mentre per noi nelle società di massa la parola e il suono sono veicoli portanti della comunicazione/economia, in quelle antiche e tradizionali la parola è celebrazione religiosa e strumento di guarigione; la parola in musica era la scrittura dell’Universo. Il cerimoniale è accompagnato da musiche e canti, che sono sempre guidati dallo sciamano stesso, e solitamente ha lo scopo di aiutare un ammalato o di accompagnare l’anima di un defunto nel Regno delle Ombre: il pubblico assiste, non entra in trance tecnica ma partecipa del manifestarsi dell'archetipo. Le caratteristiche ricorrenti che si trovano nella ritmica della musica sono le rotture di ritmo e l’accelerazione del tempo, che vanno solitamente di pari passo con l’intensificarsi del volume del suono, ciclicamente (il giro di V°). Ma la ritmica che si crede provocare direttamente e con un rapporto causale diretto la trance in una regione si scopre assolutamente inutile in un’altra, dove la stessa funzione è svolta da una ritmica diversa perchè è il contesto del rituale sociale che permette l'apertura (Rouget, Musica e trance). La musica, o almeno buona parte di essa, è suonata in funzione della danza, la quale ha lo scopo di fornire al soggetto il mezzo per assumere il proprio cambiamento di personalità e per viverlo intensamente a livello motorio, far poesia da sempre è unione di mente e corpo, di musica e danza. L’entrata in trance è quindi una modificazione dello stato di coscienza ordinario. La disposizione (set) è l’atteggiamento individuale, composto da attitudini interiori, personalità, motivazioni, aspettative, mentre il dispositivo (setting) è rappresentato dai fattori ambientali esterni, ovvero contesto, ambiente fisico e sociale, guide che consentono al soggetto l’entrata in trance. La musica va a influire anche sulla concentrazione plasmatica di alcuni ormoni, soprattutto ACTH, GH, cortisolo e noradrenalina, b-endorfine. La risposta alla musica è quindi una proprietà emergente e complessa delle funzioni del SNC, non direttamente connesse con il mantenimento delle condizioni vitali di base, e proiettata casomai verso le funzioni più astratte. Così l’effetto di sostanze psicotrope, che hanno un ruolo soprattutto nell’iniziazione, e non sempre nella pratica magico teurgica: piuttosto prevale il ruolo della attivazione e amplificazione della parte intuitiva, che la neurologia moderna affida alla parte destra, in opposizione alla parte sinistra sede del pensiero logico formale al quale è demandato il compito di organizzare la realtà come comunemente ci sembra di percepirla. Ma a questo punto sorge un problema: se nel corso di un SMC la realtà esterna è ambigua, se non è presente una guida, sono i prodotti mentali del soggetto in trance a costituirne la guida principale nella percezione della realtà, con tutti i rischi che ne possono derivare. Pertanto esiste una grossa differenza tra la trance che si manifesta all’interno di un rito ben codificato e sotto il patrocinio di una guida esperta, che dà sensazioni di sicurezza e approvazione, e la trance che si manifesta in soggetti allo sbaraglio, dovuta principalmente all’azione di una sostanza modificatrice dello stato di coscienza. L’assenza di guide può portare ad erronee interpretazioni degli eventi e a grossolani errori di valutazione (nei riguardi di pericoli, proprie capacità, intenzioni degli altri), con comportamenti pericolosi e reazioni eccessive, in sostanza aspetti di delirio. Il rapporto fra sciamano e natura partecipa di un concetto profondo messo da parte dal razionalismo scientifico moderno, ovvero la visione olistica della realtà intesa come connessione di elementi inseparabili, al di là delle apparenze delle loro manifestazioni alla coscienza logico formale e al tentativo di
  • 5. organizzazione sistematica secondo i principi della causalità per opera della funzione organizzatrice e discriminante del linguaggio. Nel mondo vivente è ovunque presente una struttura gerarchica, da non intendere come struttura umana di dominazione e controllo ma come interrelazione dell’ordine a più livelli. Da qui nasce il concetto di rete, dove si collegano tra loro organismi a livelli differenti di complessità, con leggi diverse per ogni livello Questa visione è quella della meccanica quantistica: le particelle subatomiche non hanno significato come entità isolate, ma si possono comprendere solo come e dalle interconnessioni. Anche la psicologia si orientò verso il pensiero sistemico: la teoria della Gestalt (forma) si basa sull’idea di significati di percezione non riducibili in sottogruppi elementari, ovvero il tutto della percezione non viene concepito a partire da elementi strutturati o parti dell’insieme. Percepiamo i termini della realtà non isolati ma come patterns o strutture integrate, dove è l’organizzazione quella che genera quello che noi percepiamo come significato, con l’attribuzione di qualità che sono assenti nelle parti singole. La ragione principale del fallimento delle teorie sistemiche al loro esordio stava nella mancanza di strumenti matematici capaci di descrivere il comportamento dei viventi, che sono sistemi “aperti” lontano dall’equilibrio Lo stato di non equilibrio con afflusso costante di energia genera schemi spaziali complessi descrivibili solo da equazioni non lineari. La non linearità appare come una novità mentre da sempre accompagna il pensiero scientifico, solo che è stata sempre mascherata dalla necessità di presentare i risultati delle indagini con approssimazioni semplificative, che alla fine hanno preso il posto della originale descrizione dei fenomeni (esemplare l’aforisma dell’eccezione che conferma la regola). Nei sistemi non lineari la caratteristica principale è che non possono essere fatte previsioni esatte, ma solo probabilistiche, anche se il fenomeno in esame è strettamente deterministico. Ciò ha comportato uno spostamento dall’analisi quantitativa a quella qualitativa. Lo sciamanesimo porta quindi alla nostra attenzione non solo un dato culturale sulle pratiche della medicina e sulle modalità di rapporto con la metafisica, bensì tutto un mondo di cui la nostra memoria è priva come ricordo, e che invece ha messo in piedi nei primordi il nostro “esserci” nel mondo, e che talora riappare, sia pur fugacemente, nelle problematiche irrisolte della spiegazione scientifica così come nelle espressione artistiche, nel senso del mito che ancora per fortuna non si è spento del tutto nell’uomo moderno. Il lavoro che emerge dal congresso e l’interesse che ha mosso la costituzione del gruppo di ricerca sullo sciamanesimo presenta un valore epistemologico che trascende quello dell’indagine isolata, collocandosi invece in un contesto di dimensioni allargate all’intera società umana, e per il quale l’esame linguistico si è rivelato un indispensabile strumento di lavoro, che ha permesso di ricostruire la mappa di diffusione dello sciamanesimo dalle origini “iperboree” in senso platonico fino al bacino mediterraneo e quindi alle americhe. La parola droga a questo punto va intesa in un contesto assolutamente diverso dall'attuale, ovvero sostanza di origine naturale o sintetica, capace di modificare l’attivita psichica del uomo e quindi agire sul suo comportamento determinando alterazioni e modificazioni reversibili o irreversibili a secondo del mondo di utilizzo acuto o cronico. Va d’altra parte rilevato che la connotazione di farmaco in greco φαρµακον rimanda anche al termine ϕαρµακη, veleno. Ma è nella comunità sociale che l'ambiguità si chiarisce: l'uomo accusato ritualmente di empietà viene portato fuori dal villaggio, e al suo posto viene sacrificato un capro. Il tragos-
  • 6. capro, radice della tragedia, innesca la catarsi di liberazione, e l'empio viene riportato al villaggio con feste e inni, perchè è divenuto Salvatore, l'uomo φαρµακοσ è trasformtoa in φαρµακον . Si presenta così un archetipo, fondamento di tutti i miti arcaici, che rimanda sia al concetto di vita che continua dopo la morte attraverso la discendenza umana, sia a quel livello di coscienza che si può acquisire con l’iniziazione all’interno del singolo ed individuale ciclo di vita. La contrapposizione insita nella percezione e nella manifestazione delle figure archetipiche illustra l'incapacità della mente discriminante di rappresentare l'Unità impersonale, altrettanto complessa quanto l'impenetrabile interconnessione dei motori archetipici. Animus-Io è la prima materia del viaggio alchemico al quale ciascuno di noi è invitato, ogni sciamano ci ricorda la necessità del fare Anima, di percepire il senso del sacrificio col quale la nostra meità della Persona viene a far coscientemente parte della forza vitale, dell'Anima Mundi, noi siamo in Psiche. Molti sono sicuramente gli elementi che se pur interessanti sono sfuggiti alla mia attenzione, probabilmente troppo legata al modus operandi di un tossicologo, e lascio alla lettura dello splendido volume degli Atti il compito di meglio testimoniare l’idea, la metodologia di lavoro e i risultati della Prof.ssa Corradi Musi, alla quale, assieme al gruppo di studio da Lei costituito, va interamente il merito di aver riportato luce sull’ala nascosta della nostra anima: i miti non sono mai avvenuti nella storia, accadono sempre.
  • 7. capro, radice della tragedia, innesca la catarsi di liberazione, e l'empio viene riportato al villaggio con feste e inni, perchè è divenuto Salvatore, l'uomo φαρµακοσ è trasformtoa in φαρµακον . Si presenta così un archetipo, fondamento di tutti i miti arcaici, che rimanda sia al concetto di vita che continua dopo la morte attraverso la discendenza umana, sia a quel livello di coscienza che si può acquisire con l’iniziazione all’interno del singolo ed individuale ciclo di vita. La contrapposizione insita nella percezione e nella manifestazione delle figure archetipiche illustra l'incapacità della mente discriminante di rappresentare l'Unità impersonale, altrettanto complessa quanto l'impenetrabile interconnessione dei motori archetipici. Animus-Io è la prima materia del viaggio alchemico al quale ciascuno di noi è invitato, ogni sciamano ci ricorda la necessità del fare Anima, di percepire il senso del sacrificio col quale la nostra meità della Persona viene a far coscientemente parte della forza vitale, dell'Anima Mundi, noi siamo in Psiche. Molti sono sicuramente gli elementi che se pur interessanti sono sfuggiti alla mia attenzione, probabilmente troppo legata al modus operandi di un tossicologo, e lascio alla lettura dello splendido volume degli Atti il compito di meglio testimoniare l’idea, la metodologia di lavoro e i risultati della Prof.ssa Corradi Musi, alla quale, assieme al gruppo di studio da Lei costituito, va interamente il merito di aver riportato luce sull’ala nascosta della nostra anima: i miti non sono mai avvenuti nella storia, accadono sempre.