Didattica di base dell'Italiano per stranieri. prof. Ballero
1. Vivere in Italia. L’italiano per il lavoro e la cittadinanza
Didattica base per l’insegnamento dell’italiano L2 ad adulti
Corso per docenti/operatori/volontari
L’apprendimento di una lingua seconda
Le fasi dell’interlingua.
Modalità, difficoltà e tempi d’acquisizione
Lodi – Lunedì 21 novembre 2011
giuseppeballero@yahoo.it
2. Articolazione del terzo incontro
1. La lingua e la didattica: alcune definizioni
2. Sillabo, programma, curricolo, approccio e
metodo
3. Apprendimento e acquisizione
4. L’unità didattica o lezione?
5. L’interlingua e le sue fasi
6. Come affrontare le prime difficoltà
nell’apprendimento dell’italiano
7. Gli errori ricorrenti degli alunni arabofoni,
ispanofoni, cinesi
8. Un esempio concreto: l’attività di produzione
libera orale
3. Una seconda lingua (Ciliberti, 1994; Tronconi, 2001)
Lingua materna (L1 - LM)
Lingua straniera (LS)
Lingua seconda
L2
Lingua etnica (LE)
Lingua per gli immigrati (LI)
4. Lingua straniera (LS)
• Lingua non materna che, normalmente,
non è usata dallo studente fuori della
classe.
• E’ studiata quindi in un ambiente nel
quale viene parlata solo a scuola ed
appresa solitamente in un contesto
istituzionale.
5. Lingua seconda
• Lingua diversa dalla materna che è presente
nell’ambiente che circonda gli studenti o è usata in
situazioni di vita quotidiana.
• Può essere una lingua non insegnata ma solo
appresa in un contesto cosiddetto “naturale”, in
“apprendimento spontaneo” senza cioè un tentativo
sistematico e intenzionale di impararla.
6. Lingua due (L2) o seconda lingua (Ciliberti, 1994)
• Supera la distinzione tra “lingua straniera”
e “lingua seconda”.
• Si intende genericamente una lingua che
non è la lingua madre.
7. (Adattamento da M. Santipolo, 2003)
Lingua straniera Lingua seconda
• la motivazione deve essere • motivazione
continuamente creata e immediata e basata
stimolata su bisogni
strumentali
• input linguistico
l’input linguistico è
totalmente controllato e portato direttamente
fornito dall’insegnante che dagli studenti, vario
programma quanta e quale e non controllabile
lingua fornire agli studenti e
in quale progressione
8. (Adattamento da M. Santipolo, 2003)
Lingua straniera Lingua seconda
• l’insegnante propone situazioni • la lingua, anche in
fittizie e scopi fittizi per situazione di
esercitare la lingua apprendimento formale,
serve per scopi reali e per
inserirsi nell’ambiente
• i riferimenti culturali sono • aspetti culturali diretti,
mediati dall’insegnante o dai
senza mediazioni, con
materiali didattici e si
riferiscono ad un mondo lontano possibilità di causare
conflitti con la cultura di
origine
9. Lingua Etnica (LE) – Lingua per immigrati (LI)
(Adattamento da E. Tronconi, 2001)
• La lingua etnica (LE) è la lingua della comunità di
origine di una persona quando questa lingua non è
più la sua lingua materna, ma è comunque
presente nell’ambiente della comunità culturale di
riferimento ed è usata nell’ambito familiare (è la
lingua dei figli, nipoti o pronipoti degli emigrati)
• La “lingua per gli immigrati” (LI) viene appresa sia
in un contesto scolastico (apprendimento
formalizzato), sia spontaneamente e cioè tramite
l’interazione coi nativi (apprendimento spontaneo)
10. Sillabo, programma, curricolo
(Adattamento da L. Cini, 2001)
PROGRAMMA
rimanda alla tradizione italiana e cioè a documenti ufficiali in cui si
descrivono i contenuti, le finalità e gli obiettivi da raggiungere in una
determinata materia e nei vari gradi di scuola – Nuovi programmi per la
SM
CURRICOLO
include tutte le decisioni rilevanti che riguardano il processo di
insegnamento-apprendimento: partendo dall’analisi dei bisogni dello
studente cerca di integrare i contenuti (sillabo) con le mete educative, gli
obiettivi specifici, i processi e la metodologia dell’insegnamento; indica i
tempi, le modalità di esecuzione; elabora possibili meccanismi di
feedback e le prove per verificare il raggiungimento delle finalità
prefisse – non solo che cosa insegnare, ma come insegnarlo
SILLABO (o corpus)
si riferisce alla descrizione dei contenuti specifici da insegnare in un
corso. Si tratta in genere di vere e proprie liste di materiali, (sillabi
morfosintattici, pragmatici, lessicali, ecc.) – Livelli soglia
11. Approccio e metodo (Adattamento da P.E. Balboni, 2002)
APPROCCIO
E’ l’impostazione teorica dell’insegnamento: sulla base delle scienze
del linguaggio, delle scienze psicologiche e di quelle dell’educazione gli
approcci definiscono le coordinate scientifiche per proporre dei metodi.
Rappresenta il punto di leva teorico di ogni formatore e valutatore.
Un approccio può essere fondato o infondato sulla base delle proprie
teorie glottodidattiche.
METODO
I metodi traducono le teorie, scelte e stabilite da un approccio, in
modelli operativi, in materiali didattici, in modalità d’uso, in
teconologie didattiche
Un metodo non può essere buono o cattivo o giusto o sbagliato, può
essere adeguato o inadeguato a realizzare l’approccio che gli sta alla
base o coerente o incoerente con l’approccio di riferimento.
TECNICA
Una tecnica glottodidattica è praticamente un'attività che realizza in
classe le indicazioni del metodo e le finalità dell'approccio.
12. Processo o prodotto?
(Rielaborazione da da Catizone,Humphris,Micarelli,1997)
“Si può portare un cavallo all’acqua, ma non si può costringerlo a bere”
recita un vecchio adagio inglese.
L’insegnante può prefiggersi un “sillabo”, ma non potrà mai prevedere
quando e quanto di esso e sarà appreso dallo studente.
L’insegnamento/apprendimento ad approccio comunicativo proprio per
questo si articola in unità didattiche e cioè attraverso determinate
“esperienze” ed attività che tentano di raggiungere il “prodotto”
(inteso come il risultato tangibile di una certa attività) in un processo
di apprendimento “ciclico”.
L’aver posto al centro dell’insegnamento l’uso della lingua e non la
struttura ha determinato innanzitutto uno stravolgimento della
tradizionale sequenza con cui venivano proposte le varie strutture
grammaticali e sintattiche ed appunto la “progressione ciclica” di
esse.
Decidere a priori un sillabo morfosintattico diventa quindi un’impresa
ardua.
13. Krashen
(S. Krashen, 1977,1981,1982)
Apprendimento
Acquisizione
14. Apprendimento (S. Krashen, 1977)
• Processo razionale e volontario basato sulla memoria a
medio termine: la competenza appresa è una
competenza a termine e non definitiva
• Competenza che si attiva molto più lentamente del
processo reale della comunicazione e quindi non si ha il
tempo di farvi ricorso se non come controllo formale
• E’ possibile quindi utilizzarla nella produzione scritta,
ma non in quella orale
• (E’ un processo governato dall’emisfero sinistro del cervello a cui si
affidano i compiti di natura analitica, sequenziale, logica)
15. Acquisizione (S. Krashen, 1977)
• Processo inconscio che entra a far parte
stabile della competenza comunicativa
• Sulla competenza acquisita si basa la
produzione linguistica orale
• (Sfrutta sia le strategie globali dell’emisfero destro del cervello (a
cui si affidano i compiti di natura globalistica, simultanea,
analogica) sia quelle analitiche dell’emisfero sinistro)
FILTRO AFFETTIVO
16. Per l’Acquisizione
(Adattamento da P. Diadori, 2001)
Per imparare una lingua straniera non basta studiarla, ma
occorre acquisirla attraverso il coinvolgimento in attività
significative sia sul piano cognitivo che su quello
“affettivo”.
La programmazione viene fatta sulla base delle funzioni
che si intendono via via presentare, mentre la trattazione
della grammatica avviene secondo una progressione
ciclica, considerando lo stesso elemento più di una volta e
sotto aspetti diversi.
Si afferma il concetto di unità didattica intesa come un
complesso di procedure atte a presentare la lingua nella
sua pienezza comunicativa: superamento degli approcci
formalistici e strutturali e della lezione.
17. L’Unità Didattica
Lezione
deriva dalla “lectio” tipica dei testi classici e dell’istruzione religiosa:
l’atto didattico pone l’obiettivo (il testo sacro) al centro
dell’attenzione, il sacerdote-maestro lo comunica in maniera frontale
e incontestabile (P.E. Balboni, 2002)
Unità didattica
• “una cellula apprenditiva sulla quale il docente interviene per
favorire la trasformazione da percezione-conoscenza ad
apprendimento-abilità” (F. Martignon, 1987)
• una struttura di base, un contenitore che include una rete (non
sequenza) di “unità di apprendimento” (P.E. Balboni, 2002)
Nella lezione si espone una sequenza di nozioni, nell’unità didattica le
nozioni e le attività sono offerte in una rete creando un senso globale
che supera la linearità dei momenti di insegnamento e
apprendimento.
La rivoluzione dell’UD (che poi è quella dell’approccio comunicativo ed
umanistico-affettivo) consiste non solo nel mettere lo studente al
centro dell’azione didattica, ma soprattutto sono i processi acquisitivi
dello studente ad essere al centro dell’attenzione.
18. L’unità didattica e l’approccio comunicativo
(Rielaborazione da S. Maffei, 2007)
L’unità didattica è un modello che prende le mosse all’interno
dell’approccio comunicativo e quindi privilegia:
La pragmalinguistica: non insegniamo più le strutture di una lingua in
modo astratto, bensì insegniamo il modo in cui la lingua, attraverso
determinate strutture, trasporta determinati significati (M. Spagnesi,
2001)
Lo sviluppo dell’interazione orale (interlingua)
L’approccio induttivo (no all’insegnamento tradizionale della
morfosintassi)
La centralità dello studente (età, stile cognitivo, motivazione, background
culturale, ecc.) e soprattutto la centralità dei processi acquisitivi
Le tecniche e attività didattiche comunicative (problem solving, role
play, ecc.) e non gli esercizi di ripetizione di stampo comportamentista
La presentazione della lingua nella sua pienezza comunicativa e quindi
non più lezioni monotematiche bensì UD che comprendano tutti gli
aspetti dell’insegnamento (culturali, pragmatici, grammaticali, ecc.)
19. Analisi contrastiva (Adattamento da A. Benucci, 2001)
Sviluppo dell’ analisi contrastiva (a partire anni ’50): transfer
negativo se strutture diverse tra LM e L2, positivo se strutture
simili, ma:
1. non sempre la previsione dell’errore è azzeccata e molti errori non
vengono spiegati dal transfer negativo (insegnanti-linguisti) e
studenti di LM diversa producono stessi errori
2. esistono quindi meccanismi e sequenze di apprendimento naturali ed
universali comuni a tutti gli apprendenti una L2, indipendentemente
dall’età, dalla lingua materna e dal contesto d’apprendimento;
3. non sempre l’acquisizione è facilitata in presenza di sistemi
linguistici simili o viceversa (falsi amici)
4. classi formate con alunni di lingua madre diversa
5. fattori di natura psicologica, sociale e soprattutto metodologica
(approccio comunicativo ed umanistico-affettivo)
6. il sillabo ispirato all’analisi contrastiva facilmente segue un
approccio tradizionale o strutturalista
7. preferibile l’analisi degli errori fatta a posteriori
20. Interlingua - L. Selinker, 1969, 1972
Sistema linguistico in evoluzione di chi apprende una L2
La conoscenza parziale del singolo alunno in un dato
momento del processo di apprendimento
Il continuum di sviluppo, intermedio, di graduale
avvicinamento alla lingua bersaglio
Lingua “a mezza via” tra la lingua madre e la lingua
straniera, soggetta a processi di accomodazione ai
nuovi dati con cui ogni apprendente viene in contatto
21. Interlingua (Adattamento da A. Benucci, 2001)
Con il ridimensionamento dell’importanza dell’analisi
contrastiva si è sviluppata sempre più l’analisi degli errori
(fatta a posteriori e non quindi a priori con l’analisi
contrastiva) giungendo ad un diverso concetto dell’errore
Concezione diversa degli errori: non più visti come
indicazione di fallimento di apprendimento, bensì come
strategie di apprendimento
Per gli studiosi di glottodidattica gli errori sono segnali del
processo di appropriazione di un nuovo sistema linguistico e
indicatori del grado di competenza nella L2; sono utili per
pianificare, organizzare e verificare il lavoro di classe ed i
curricoli.
22. Interlingua
• Se gli errori sono “false ipotesi” e se le ipotesi
sono necessarie all’apprendimento di una lingua
l’uso dell’interlingua è la condizione necessaria
per poterla sviluppare
• Input ricco e vario – esercitare l’interlingua
“… dobbiamo imparare ad accettare gli errori nell’uso della
seconda lingua come una funzione dell’acquisizione della
seconda lingua” (Savignon)
23. Le fasi dell’apprendimento linguistico
(Adattamento da Lo Duca, 2003 - M. Clementi, 2011)
L’interlingua è un vero e proprio “sistema” in quanto dentro
la sua illogicità, incoerenza, incostanza dei vari errori fatti
dall’apprendente vi è una “sistematicità”.
Essendo un processo di acquisizione di competenze
linguistiche in continua evoluzione l’interlingua si presenta
in fasi diverse:
(fase silente)
fase iniziale prebasica
fase intermedia basica
fase avanzata post basica
24. Interlingua: fase iniziale - prebasica
(B. D’Annunzio/G. Serragiotto – M.G. Lo Duca, 2003 - M. Clementi, 2011)
Caratterizzata dalla preferenza per mezzi pragmatici di
comunicazione (pragmatic mode) in cui la morfologia è assente
o casuale e la sintassi è rudimentale:
utilizzo di codici prossemici a completamento della
comunicazione (ampio uso della gestualità)
assenza di articoli. e preposizioni – uso sovraesteso dell’articolo
“la” (“la bambino”)
primo tentativo di concordanza di genere segue la rima (“la
penna”, “la problema”, “lavagna nera”, “lavagna granda”)
verbi all’infinito o participio accompagnato da avverbi di tempo
(“io andare prima”, “io fatto dopo”)
mancata concordanza tra sostantivo e aggettivo
utilizzo invariato della negazione (“no piace libro”, “no andare”)
omissione, scarso uso della copula (“quella mia sorella”)
25. Interlingua: fase intermedia - basica
(B. D’Annunzio/G. Serragiotto – M.G. Lo Duca, 2003 - M. Clementi, 2011)
Il pragmatic mode, senza essere del tutto abbandonato, viene
gradualmente sostituito da una modalità più grammaticale, il
syntactic mode. Nella fase basica si avvia lo sviluppo della
morfologia e la sintassi si articola soprattutto attraverso frasi
coordinate.
acquisizione pronomi personali soggetto (io, tu, lui, lei, noi, voi, loro)
acquisizione degli avverbi temporali (oggi, ieri, domani, dopo, prima)
collocazione degli eventi in successione temporale (poi, dopo)
concordanza tra sostantivo e aggettivo
acquisizione di forme verbali sempre più pertinenti che spesso però
non vengono ancora flesse: presente, participio passato, passato
prossimo ma spesso senza ausiliare (“andato casa”), imperfetto ma nei
contesti più semplici, condizionale, futuro
uso di dovere, potere nel presente e condizionale (devo, dovrei)
26. Interlingua: fase avanzata - post basica
(B. D’Annunzio/G. Serragiotto – M.G. Lo Duca, 2003 - M. Clementi, 2011)
La fase post basica vede un graduale e costante avvicinamento alla
lingua bersaglio:
compaiono desinenze e concordanze
gli articoli e le preposizioni iniziano ad essere usati in modo
corretto
appaiono sempre più i verbi ausiliari e le copule
anche la sintassi si fa più complessa: vengono affiancati alla
paratassi i primi tentativi di proposizioni subordinate, in primo
luogo causali e temporali, più tardi finali, relative, soggettive ed
oggettive quindi anche l’uso graduale di congiuntivo e
condizionale anche in forma declinata
sempre più i verbi vengono declinati
27. E’ importante… (Adattamento da M. Clementi, 2011)
conoscere le abilità linguistiche nella lingua materna, quali
abilità l’apprendente ha acquisito nel suo Paese, cioè se è
scolarizzato, se sa leggere e sa scrivere, se conosce
l’alfabeto latino
che il laboratorio linguistico (l’aula) sia un luogo di
accoglienza, dove sentirsi bene ed un luogo di
apprendimento anche emotivo (anche e forse soprattutto per
gli adulti)
che in esso vi siano i segni delle provenienze e delle culture
d’origine (planisferi, cartine geografiche, scritte e libri nelle
L1, collegamenti internet, ecc.) e le tracce delle storie
personali (viaggi, immagini, foto, storie, autobiografie, ecc.)
28. Alunni arabofoni: quale lingua?
(Adattamento da M. Distaso 2002)
lingua classica o letteraria (del Corano) – arabo classico
lingue nazionali orali (scritte solo occasionalmente) –
(egiziano, marocchino, tunisino, ecc.) e dialetti (berbero,
palestinese rurale, urbano, siriano centrale, settentrionale, ecc.)
lingua standard - scritta (e orale nei mezzi di comunicazione
di massa – telegiornali, ma non nelle commedie) uniforme dal
Marocco all’Egitto e nella quale si scrivono quasi la totalità delle
comunicazioni scritte (giornali, libri, ecc.)
Oggi la situazione linguistica nei paesi arabi è quindi
caratterizzata dalla diglossia, ovvero dall’esistenza di due varietà
linguistiche, una dialettale e locale (parlata) e una standard e
internazionale: quest’ultima varietà non è lingua madre di
nessun arabo e viene impiegata esclusivamente come mezzo di
comunicazione scritta, oppure nella trasmissione orale di discorsi
ufficiali e formali, situazione che ricorda quella del latino, anche
se con un ambito molto meno limitato.
Vocabolario
29. Alunni arabofoni (Adattamento da M. Clementi, 2011)
nell’alfabeto arabo mancano P, V, C dolce
non esistono inizi di parola con doppia consonante (STagno,
GNomo)
le vocali in uso sono: A, I, U (brevi), mentre mancano E e O
hanno un unico articolo al- che viene unito al sostantivo cui si
riferisce
i numeri arabi hanno una grafia diversa (il 5 apparirà come uno
zero e il 6 sembrerà un sette, con l’aggravante che in arabo si
chiama "sitta").
Quindi:
- i al posto di e
- b al posto di p
- assenza di lettere maiuscole
30. Alunni cinesi (Adattamento da Manuel Barbera)
1) incapacità di discernere tra "l" e "r“ - anche nello scritto (“rolo”
invece di “loro ”; “male ” invece di “mare ”)
2) incapacità di discernere tra "b" e "p" (“lipro” invece di “libro”)
e di discernere tra "d " e "t ” (“lendo” invece di “lento”)
3) le doppie ("lattro" per “ladro” - "ccuadro“ invece di “quadro”)
4) le maiuscole
5) gli articoli
6) la coniugazione dei verbi infinito e presente sovraesteso, quasi
mai si esprimono al futuro o all'imperfetto (memorizzazione)
7) gli avverbi a sinistra del verbo ("Lei solo parlare cinese" ,"Tu
ancora prendere treno“)
8) pronome relativo ignorato
9) assenza di connettivi
31. Alunni ispanofoni (Rielaborazione da M. Clementi, 2011)
l’accento (“farmacia”)
le doppie
non differenziazione tra “B “e “V”
omissione dell’articolo (“mi casa ”)
persistenza “E “davanti ai nomi che iniziano per “S“
A /Ha – E/E’
accusativo personale “chiamare a Maria”
falsi amici
32. Produzione Libera Orale
(Adattamento da L. Micarelli, 1991)
Per lo studente:
Poche regole:
• cercare di farsi capire
• comunicare senza farsi inbire dalla ricerca della
correttezza
Pochi divieti:
• non usare mai parole della lingua madre
• non usare il vocabolario
33. Produzione Libera Orale
(Adattamento da L. Micarelli, 1991)
Per l’insegnante (un ruolo diverso - molti divieti) :
• Non c’è intervento sulle forme prodotte dagli studenti, né
durante né dopo
• Non prende appunti sulle forme sbagliate prodotte dagli
studenti
• Non circola tra gli studenti con l’intenzione di ascoltare
• Non c’è invito ad usare determinate strutture linguistiche,
se non indotte dal tipo di produzione
• Non c’è un commento sulla “qualità” (correttezza) del
prodotto, semmai un commento positivo sulla quantità del
parlato
34. Produzione Libera Orale
(Adattamento da L. Micarelli, 1991)
DUE MODALITA’ POSSIBILI:
CONTESTO REALE DELL’AULA (Racconta le tue vacanza, il
weekend, un film, la tua famiglia, ecc.)
• Non c’è finzione
• Lo studente è lo studente reale
• Mette in gioco le parti di sé più personali
CONTESTO COMUNICATIVO SIMULATO (Discuti con la
persona con cui hai avuto un incidente, invita una ragazza a uscire, ecc. – Role
Play)
• L’alunno deve immaginare, simulare
• Mette in gioco parti di sé più creative e fantasiose
• Il contesto è più ludico
35. Produzione Libera Orale
(Adattamento da L. Micarelli, 1991)
Obiettivi:
Sviluppare l’abilità del parlare
Usare l’interlingua (condizione necessaria per poterla
sviluppare)
Offrire le condizioni per scatenare il parlato tra gli
studenti
Far crescere sicurezza nei propri mezzi
Incentivare la motivazione basata sul piacere di
apprendere
Suscitare un’atmosfera gioiosa e un contesto di
apprendimento positivo
36. Produzione Libera Orale
(L. Micarelli, 1991)
Contesto di apprendimento
I
S S S S S S
Contesto comunicativo
S S S S S S