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Testi letterari di carlo alberto turrini

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Testi letterari di carlo alberto turrini

  1. 1. Racconto Le dimensioni dell'amore Mi ero infilato in chiesa giusto per far passare una mezz'oretta, prima di incontrarmi con Oreste per cena. Di questo mi ricordo bene. Poi mi dev'essere capitata una di quelle assenze che raccontano spesso i miei pazienti. Avrei preferito essere vittima piuttosto della sindrome di Stendhal, che almeno non mi avrebbe fatto dubitare delle mie facoltà mentali. Ma qui non ci sono opere d'arte tanto belle da giustificare il vuoto che mi ha preso. Sono entrato alle otto di sera circa. Ora è mezzanotte passata e delle ultime quattro ore non ho alcun ricordo. Come se non bastasse, ho appena scoperto di essere stato chiuso dentro da qualche custode distratto. Potrebbe comunque non essere nemmeno colpa sua. Chissà. Magari non mi ha visto perché questa chiesa è troppo grande per controllarla bene. Magari mi ero nascosto, dato che non so cos'ho fatto finora. Potrei chiamare aiuto, ma che figura ci farei? Già immagino l'ironia dei miei colleghi. Quelli sono pronti a darmi addosso alla minima occasione. Inoltre, anche se sono agnostico mi ripugna mettermi ad urlare in una chiesa. Dato che dovrò starmene qui rinchiuso almeno per un po' cercherò di passare il tempo cercando di ricordare. Si dice: “Medico, cura te stesso”. Se riuscissi a recuperare qualche dettaglio potrò archiviare sta faccenda senza preoccuparmene oltre. Dunque, appena entrato ho notato le solite beghine sedute nei primi banchi con il rosario in mano. C'era un bel fresco, al confronto con la calura di fuori. E dopo? Ora torno all'ingresso e cerco di ripetere i miei stessi movimenti. Qui sono andato a destra e mi sono messo a contemplare la statua di sant'Antonio. Il bimbo in braccio, sorridente, seduto rigido. Un capolavoro di equilibrismo. Il vecchio e il bambino. Puer aeternus. Il senso del tempo nell'inconscio, che non riconosce passato e presente. Abbiamo sempre l'anima del bambino che si sovrappone a ciò che siamo, anche a novant'anni. Sarà forse per questo che a volte gli adulti si innamorano di un bimbo, anche se non hanno alcuna tendenza pedofila. Un solo volto, tra tanti, può far scattare i meccanismi sotterranei dell'innamoramento. E può benissimo essere quello di un bambino. Anche se molti esperti di psiche sostengono di aver capito la genesi dell'amore, io mi guardo bene dal metterci mano. Lì sotto, lo stesso Freud si arrese. E chi sono io per considerarmi più bravo di lui? Appena dopo la statua è appeso un grande quadro orizzontale. A occhio e croce sarà almeno un metro per due. La mano del pittore è buona, ma non eccelsa. Si vede subito il tentativo di imitare Caravaggio, ma è decisamente malriuscito. Ora fa decisamente freddo, e l'aria ha preso un forte odore di incenso. Quando ero piccolo i gesti complicati del prete mi parevano parecchio simili a quelli del prestigiatore. Non comprendevo l'utilità degli svolazzi con le braccia o di quelle mani aperte verso lo spettatore. Si somigliavano finanche nell'abbigliamento. Entrambi indossavano vesti dorate o lucide, con parecchi dettagli elaborati; ghirigori sui risvolti della giacca o sul bordo della pianeta. Ora so che si trattava solo di liturgia, cioè di un espediente di facile impiego per non far vedere il trucco. Ma l'odore dell'incenso, invece, continua a turbarmi assai, anche se ho quarant'anni suonati. Cos'è questo scricchiolio? Sembra il rumore di una persona che si alza da una panca. L'ho sentito tante volte durante la messa. Eppure qui non c'è nessuno oltre a me. Il quadro. Devo concentrarmi sul quadro. Di notte, in un posto così, è facile cadere vittime di qualche piccola allucinazione. Il dipinto rappresenta l'ascensione al cielo di un vescovo. Al centro, un capannello di preti e suore segue il protagonista nel suo moto verso l'alto. Un po' più in là, alcune donne piangono. Altre si tengono una mano sulla fronte per non farsi abbagliare dal fulgore. Seduto per terra, anche un neonato addita il vescovo guardando la scena con gli occhi spalancati. La mescolanza di nobili e plebei è tipica dei dipinti settecenteschi. Segno che già allora i pittori avevano ben presente il concetto di target group; la pubblicità del prodotto “dio” doveva arrivare indistintamente a tutti. Solo un cagnolino tratteggiato nell'angolo sinistro si distrae addentando un pezzetto di carne. Stavo per lasciar perdere questo grande quadro dell'ovvio, ma c'è un'incongruenza interessante. Tra i contadini raffigurati sullo sfondo spicca il volto di porcellana di un pastorello. Nessun altro viso è riprodotto con altrettanta cura. Eppure, la mano è la stessa. Sono abbastanza esperto d'arte da poter credere che il dipinto sia opera di un solo artista. Forse provava una passione proibita per quel giovinetto. Perciò lo immortalò con un'attenzione speciale, mettendoci il meglio
  2. 2. della sua abilità. Ma può succedere il contrario? Ci si può invaghire perdutamente di un volto che non esiste, se non sulla tela? Io penso di si. Ho conosciuto adolescenti che tenevano appeso in camera un poster di Marilyn Monroe e, malgrado fossero in piena tempesta ormonale, non avrebbero mai fantasticato di scoparla. Ora però è meglio se torno alla mia bizzarra amnesia. Dunque, a questo punto mi pare di aver risalito la navata. Come mi aspettavo, ecco il classico altare dedicato alla madonna che schiaccia il serpente. Ne ho viste decine, senza osservarle davvero. Sono stereotipi del bene, non donne reali e desiderabili. Il solito mantello azzurro cosparso di stelle. L'espressione paziente e solenne, il volto. Il volto è... In quel preciso momento, il dottor Severino D ricordò ogni istante trascorso nelle ultime ore. Era rimasto per tutto il tempo a fissare negli occhi la madonna dipinta. Lei gli aveva parlato. Lo aveva ascoltato. Sorridendo, gli aveva tirato fuori il grumo di dolori e segrete aspirazioni che stava lì da sempre, appeno sotto la superficie della coscienza. Per l'uomo, abituato a nascondersi dietro un lettino da psicanalisi, era stata un'emozione troppo forte. Ad ogni modo, non era pazzo e non stava nemmeno per diventarlo. Si nascose in un confessionale e attese che la chiesa iniziasse a riempirsi per la prima messa del mattino. Poi, uscì mescolandosi alla folla. Negli anni successivi continuò a visitare la chiesa ogni giorno, fosse solo per qualche minuto. Chi lo conosceva come agnostico, finì per sospettare che il dottor D avesse ritrovato la fede in dio. Invece, aveva trovato l'amore; un sentimento vero, seppure a due sole dimensioni. Poesia Sotto le unghie Ora. Adesso. L’incendio di autunno si propaga all’anima. Niente è dovuto per questo. Se di amore si tratta, è un sentimento finalmente gratuito. L’offerta speciale della terra. Colori che esistono da soli. Di contrabbando, mi riesce persino il raro vizio della felicità. Non ho neppure bisogno di allontanarmi da me stesso. Ci facciamo compagnia con il verde del muschio, io ed me, senza più distrazioni. Il mondo degli umani potrebbe bruciare, ma non importa, qui. Qui è tutto magistralmente elegante, raffinato, prezioso. Qui è dove il sentiero si addentra nel folto degli alberi. E c’è un odore che mi rappresenta. Un suono aspirato dal naso e diffuso giù nelle caverne dell’intimo. Mano dorata dal sole che coglie uva velata di una muffa antica. Ora. Adesso. Spunta una lacrima dal ciglio. La gratitudine fluisce dal corpo con un sospiro. Posso andare a casa, la via è breve.
  3. 3. Poesia Nudi siamo di fronte all'assoluto senza orologi, finzione, pudori. Al cospetto della morte quando incontriamo la bellezza o la prima volta che conosciamo l'amore. Racconto breve Chi stabilisce le regole del gioco? Stava guidando nel caotico traffico dell'ora di punta, quando il cellulare emise il solito doppio bip di che segnalava un messaggio in arrivo. Era di certo la sua amante. L'aveva lasciata al parcheggio dieci minuti prima, perciò pensò che gli avesse mandato una frase romantica destinata ad elevare il significato delle dure ore che avevano appena trascorso insieme. Le donne hanno sovente bisogno di giustificare una condotta particolarmente lasciva con parole come amore, passione sfrenata, eccetera. Doveva stare attento alla strada, quindi non lesse subito il messaggio. Infine, qualche chilometro più avanti la coda si dissolse. Fu allora che prese il telefono e lesse il messaggio, reggendo il volante in qualche modo. Ciò che vidi lo inorridì. Al centro del piccolo schermo c'era il babau che non gli faceva visita da quando lo sognò per l'ultima volta poco dopo aver compiuto sei anni. Ora il babau si era nascosto dietro una maligna sequenza di parole: “L'attuale situazione economica richiede anche alla nostra azienda dei tagli, dolorosi ma necessari. Pertanto, La attendiamo lunedì prossimo per la firma del suo licenziamento. Buon week end”. Licenziato. A casa. Fired. Registrò a malapena quelle frasi, mentre vedeva benissimo il demone che le aveva inviate, come a dire: “sono tornato, e stavolta non mi sfuggirai.” rialzò gli occhi costringendosi a guardare di nuovo la strada. Fu una fortuna, perché l'auto che lo precedeva si era fermata, forse per lasciar passare un animale. Frenò d'istinto, fermandosi a pochi centimetri dall'ostacolo. Ma non provò alcun sollievo per lo scampato pericolo. Per contrasto, il mondo fuori dell'abitacolo gli parve nitido e colorato come non lo aveva mai visto. Quella sensazione durò solo un attimo. Il mostro nello schermo era più importante. Significava la fine di un agio frenetico fatto di cocaina e lusso. I figli che non avrebbero potuto fare l'università. La moglie che lo avrebbe abbandonato di lì a poco. Nessuna pietà per i perdenti. Sulle prime, pensò di usare la pistola che teneva nel comodino per cancellare tutto. Fare tabula rasa. Evaporare. Eppure, lui aveva sempre fatto parte del carro dei vincitori. Negli ultimi due anni aveva mandato a casa un esercito di operai senza farsi il minimo scrupolo. Ordini della Direzione. Appunto. Il suo stipendio era cresciuto così, e con esso la stima di amici e colleghi, nonché la disponibilità sessuale di moglie e varie amanti. Non si era mai illuso di essere amato, ma sapeva come sedurre, con il luccichio di un brillante o il relax di una crociera esotica. Magari, dopo tante gratificazioni, la moglie avrebbe accettato una fine scritta da un proiettile calibro ventidue. Per i figli però non funzionava lo stesso cinismo. Comunque la guardasse, doveva ammettere con sé stesso che loro erano incolpevoli. Così, decise che la sua uscita di scena sarebbe stata più teatrale. A casa non fece parola del babau e si comportò come sempre, arrivando a far credere alla moglie di amarla come non mai. Il lunedì mattina i dirigenti della sua azienda erano soliti incontrarsi per sbrigare gli affari della settimana. Lui attese che fossero tutti seduti nella grande sala riunioni, entrò e fece fuoco. Gli servirono due caricatori per regolare i conti con la sua personale esperienza del capitalismo liberale. Il biglietto di spiegazione, lasciato in bella vista sul cruscotto della sua berlina, finì subito su tutti i giornali. Da allora, i produttori di babau divennero molto prudenti. Il suicidio non era più l'unica opzione degli sconfitti.
  4. 4. Racconto Posizione: 30° 0′ 21.64 La storia che stai per leggere è solo frutto della mia fantasia e non ha alcun fondamento reale. “Vieni via da lì’. In pieno sole potresti mandare un riflesso:” Il soldato Alfred Robytzec si mosse lentamente, fino a raggiungere il suo capitano dietro la duna. Non si era accorto di essere facilmente visibile anche da lontano, nella sterminata prateria del deserto di Kalahari. “Ora. Ascoltami bene, dobbiamo attendere il segnale del drone, prima di terminare l’incarico. Ci muoveremo solo quando avremo la certezza di non avere testimoni. Mi sono spiegato? Non siamo qui per fare i turisti. Tanto meno in questo postaccio di merda. Anch’io sto sudando sette camicie e se trovo il genio che ha inventato queste tute gliele faccio mangiare fino alle scarpe: Ok?” “Sissignore signor capitano. Starò più attento.” Nella testa del soldato si era insinuato un fastidioso ronzio, come di un motore elettrico su di giri, e la voce gracchiante del suo superiore nell’interfono non faceva che aggravare quel malessere. Intorno a loro, la piana arida era solcata da continue raffiche di vento che facevano rotolare gli sterpi e alzavano una fine coltre di sabbia. Certo, il loro equipaggiamento era più che adeguato, ma Robytzec era claustrofobico e sentirsi rinchiuso in quella specie di scafandro lo metteva parecchio a disagio. Quando aveva accettato l’incarico, solleticato dalla promessa di un’istantanea promozione, non ne aveva considerato i lati negativi. Comunque, ormai era troppo tardi per tirarsi indietro. Ad aggravare la situazione, gli era venuta una gran voglia di fumarsi una cicca, anche se aveva smesso da anni. Si sentì un crepitio, poi una voce trasmise il comando tanto atteso. “Potete procedere. Ricordatevi di non mettervi sottovento”. I due si scambiarono un’occhiata di intesa, fecero alcuni passi verso lo spazio aperto, si girarono, infine il capitano Bradley aprì il coperchio del contenitore in alluminio che conteneva l’arma da testare. Dentro, ad un temperatura di circa 50° sotto zero, era stivate quattro fiale di cristallo sintetico a prova d’urto. Sull’etichetta, oltre ad una formula chimica che per i due era incomprensibile, erano riportate le istruzioni di attivazione. Coordinandosi a fatica, impacciati dalle tute protettive, ruotarono la tripla chiusura di sicurezza e alzarono le fiale davanti a sé, poi le aprirono del tutto lanciandole in più lontano possibile. Non si aspettavano alcun effetto visibile, perché quelle non erano armi nel senso normale del termine, eppure attesero per qualche istante fissando il punto dov’erano cadute. Rifecero tutta la procedura con altre due fiale, infine si girarono per tornare al riparo della duna, in attesa dell’elicottero che li avrebbe riportati a casa. “Senti. So che non dovremmo parlarne, ma tu sai che diavoleria c’era là dentro?” “Sicuro di volerlo sapere” potresti non dormirci la notte…” “Certo che voglio sapere come ho fatto a meritarmi i gradi di caporale. Su, sputi il rospo.” “Abbiamo appena scatenato la più devastante epidemia di tutti i tempi. La Peste Nera al confronto fu un raffreddore.” Alfred Robytzec mandò giù a vuoto. In un attimo, gli tornarono alla mente i racconti sull’equipaggio dell’Enola Gay che aveva letto da adolescente. Un enorme senso di colpa pesava come un macigno sulle loro coscienze, anche se in fondo erano stati solo degli esecutori di ordini altrui. E ora due soli uomini avevano fatto qualcosa di peggio, molto peggio. Passò un po’ di tempo, prima che ritrovasse una qualche forma di pensiero razionale. “Ma perché lo hanno fatto? Chi stiamo combattendo?” Stiamo per sconfiggere la piaga più terribile dei nostri tempi. Mai sentito parlare di sovrappopolazione? Soltanto qui in Africa vivono, se così si può dire, oltre un miliardo di persone. E il totale mondiale è sopra i sette miliardi e mezzo. Tra poco avremmo dovuto diventare cannibali. Così hanno deciso di dare una sfoltita. Ma non preoccuparti. Per noi e le nostre famiglie è già disponibile il vaccino.” Era un ragionamento mostruoso, ma filava come l’olio. Il soldato Robytzec non fece altre domande. Dopo alcuni minuti si sentì il ronzio di un elicottero in avvicinamento e appena lo avvistarono i due iniziarono ad andargli incontro. Avevano entrambi una gran fretta di andarsene dal quella landa inospitale. Il capitano camminava davanti. Sapeva che Alfred Robytzec era stato condannato a morte. Il veleno doveva essere già in viaggio dall’interno della tuta verso il respiratore. Bradley era cinico, ma non fino a voler vedere morire uno dei suoi uomini migliori. Perciò preferì sopravanzarlo di qualche passo. In quel momento gli arrivò nelle cuffie la musica solenne dell’inno nazionale.
  5. 5. Pensò che fosse un modo di dargli il bentornato da parte della sua squadra. Fece in altro passo, poi perse l’equilibrio e cadde facendo una mezza piroetta. Non erano stati di parola, quando gli avevano raccontato di aver bisogno di un resoconto puntuale della missione. I sogni di gloria, o quantomeno di carriera, finirono lì anche per lui. Ma se avesse avuto la fortuna di tornare alla vita civile con la lauta pensione che gli avevano prospettato, le cose non sarebbero state tanto più rosee. Per l’epidemia, qualche burlone aveva scelto un nome quasi buffo, ispirandosi a Cibola, la città dei sogni perversi inventata da Stephen King per un romanzo horror intitolato -L’Ombra dello scorpione-; . Dopo due anni, quando aveva già prodotto miliardi di morti, il virus mutò e fu impossibile salvarsi, per chiunque. I rifugi costruiti dall’elite per “svernare” in attesa di un mondo nuovo diventarono altrettanti cimiteri o, se vogliamo, altrettanti monumenti alla follia del potere. Alla fine, rimase in vita circa il cinque per cento della popolazione mondiale. E se vi ho raccontato questa storia è perché il caso ha voluto che anch’io faccia parte dei sopravvissuti.

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