CONVEGNO: ECONOMIA, AMBIENTE, BENE COMUNE – FOLIGNO 12 GEN 2013 Daniela Quieti Relazione
1. CONVEGNO: ECONOMIA – AMBIENTE – BENE COMUNE
FOLIGNO Sabato 12 Gennaio 2013 - Sala Conferenze di Palazzo Trinci - Piazza della Repubblica
RELAZIONE
Daniela Quieti
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2. “Molti si sgomentano davanti alle enormi distanze nel tempo e nello spazio di questo forse
infinito universo, molti pensano che la nostra specie sia minuscola e insignificante di fronte
all’universo. Eppure, quando mi capita di osservare quel bello spettacolo della natura che è un
cielo stellato, mi meraviglio pensando come semplicemente analizzando la luce di quei deboli
puntini luminosi che sono le stelle, semplicemente osservando i moti di quei puntini sulla volta
celeste, da questo granello di sabbia che è la nostra Terra di fronte all’universo, nel giro di poche
migliaia di anni la nostra mente sia stata capace di comprendere, secolo dopo secolo, l’immensità
dell’universo e i meccanismi che lo governano”.
Ho desiderato introdurre le mie riflessioni sul tema “Economia-Ambiente-Bene Comune” con
queste significative parole della scienziata Margherita Hack, perché mi è sembrato che lei abbia
saputo cogliere la premessa e l’essenza di ogni considerazione possibile sul cosmo, la terra e
l’ambiente che ci ospitano per poi svilupparne le implicazioni economiche che ne derivano.
Nell’universo infinito, in quell’universo che ognuno di noi rappresenta c’è sempre la
consapevolezza dei nostri limiti? Siamo in grado di guardarci intorno e riconoscere i doni del
Creato? E siamo in grado d’integrarci con la terra, l’aria, l’acqua, gli alberi, gli animali; di
costruire una vita compatibile con questi beni non solo preziosi ma inestimabili, cui non possiamo
recare offese irreversibili senza mettere a rischio la nostra stessa sopravvivenza? Le parole
essenziali, a mio parere, per non rinunciare al progresso economico, al benessere al quale
aspiriamo e che tutti vorremmo fosse ecumenico, sono compatibilità e sostenibilità. Sì alla
produzione di energia, senza la quale gli ospedali, i treni, le navi si fermerebbero ma no
all’inquinamento dell’aria, allo sfruttamento dissennato delle risorse, alla distruzione delle foreste
che ci assicurano l’ossigeno per respirare, allo sversamento di petrolio in mare o nelle falde
acquifere, allo smaltimento improprio di rifiuti, alla cementificazione selvaggia. E ancora, come
non tutelare una fonte di ricchezza grande come il mare, con le sue infinite possibilità vitali quali
la pesca, il turismo, le cure mediche e come non tutelare le montagne, le sorgenti, i ghiacciai,
anch’essi fonte di benessere fisico ed economico. Ma non tutti sono convinti che questi beni che
ci circondano siano un “bene comune” cioè un bene che non è patrimonio esclusivo di pochi ma,
al contrario, di tutti, e tutti abbiamo l’obbligo di concorrere a non distruggerlo o anche,
semplicemente, a non deturparlo.
Siamo nella terra di San Francesco, che aveva una tale coscienza dell’ambiente tanto da chiamare
sorelle e fratelli tutti gli elementi della Natura vivente. L’angoscia per il destino del pianeta in cui
viviamo oggi rivela l’attualità e la validità del messaggio contenuto nel “Cantico delle Creature”,
da cui traspare una purezza di sentire tale da far nascere in ciascuno di noi, credente o non
credente, un desiderio di salvezza universale.
L’ecologia ha assunto una portata di ordine esistenziale, filosofico e antropologico, a causa della
minaccia ambientale che ci sovrasta.
Noi, uomini del XXI secolo, siamo gli eredi del pensiero moderno che fa capo a Cartesio, il quale,
nel suo “Discorso sul metodo” dice: “Conoscendo la forza e le azioni del fuoco, dell’acqua, delle
stelle, del cielo e di tutti gli altri corpi che ci circondano, con la stessa chiarezza con cui noi
conosciamo i diversi mestieri dei nostri artigiani, potremmo allo stesso modo impiegare quei
corpi in tutti i loro usi peculiari, e diventare così padroni e possessori della natura”.
Il problema è questo voler diventare padroni della natura fino al punto di abusare di essa.
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3. L’esperienza dimostra che la natura quando subisce, restituisce la violenza subita producendo
conseguenze incontrollabili. Dovremmo recuperare un approccio anche spirituale con l’”anima mundi”,
con la natura, degna di rispetto perché non è opera nostra, ma di una sacralità che ci supera nel segno
della riconciliazione dell’uomo con Dio, con se stesso e con gli altri uomini. Il dilemma ambientale non è
solo scientifico, tecnico e politico, ma anche culturale, morale e religioso. La scienza non stabilisce ciò
che è buono e giusto, bisogna affidarsi all’etica di una fraternità universale orientata al “bene comune”.
La progressiva devastazione del patrimonio naturalistico, e quindi, del benessere umano, scaturiscono da
insensibilità ecologica individuale e collettiva, o da ritardi decisionali.
L’uomo travisa spesso il passo della “Genesi” in cui Dio gli affida la sovranità sulle creature della Terra.
Non significa essere il conquistatore assoluto del complesso ecosistema del quale è parte integrante, in
osmosi con il creato. Tuttavia non si possono attribuire le iniquità ricorrenti dell’homo sapiens alla
scienza.
Grazie a essa abbiamo trasformato la caverna in casa, la mortalità per infezioni in salvezza; ma anche la
clava in bomba atomica, le frecce in cannoni, la purezza del cielo in inquinamento globale. La scienza è
potere e come ogni potere può mutarsi in distruzione.
Noi dobbiamo adattarci alla Natura e non viceversa, evitando quelli che il filsofo Francis Bacon
chiamava gli “experimenta fructifera” (l’utilitarismo selvaggio che sfrutta le risorse della Terra come se
fossero inesauribili, e così la offende e la depaupera contro l’interesse stesso dell’umanità), ma
ricercando gli “esperimenta lucifera” (quelli che illuminano gli uomini e studiano le cause profonde delle
cose naturali).
Gli uomini sono le uniche creature della terra capaci di creare letteratura, con le conseguenti ricadute
comportamentali, ambientali e socio-economiche.
Il mondo culturale esorta al rispetto dell’ecosistema dando voce a un umanesimo non antropocentrico,
ma in grado di realizzare rapporti di giusta convivenza dell’uomo con le altre specie e con l’ambiente. Il
poeta Jacques Prevert, per esempio, nella sua raccolta di poesie Alberi già nel 1976, osservava: “Un
tempo / gli alberi / erano persone come noi / Ma più solidi / più felici / più innamorati forse / più saggi”.
Ma gli alberi perdono identità in chi ne violenta l’evoluzione.
La modernità ha infranto l’originaria armonia fra il creato e gli esseri viventi ma la letteratura, la poesia
in modo particolare, continua a farsi portavoce della natura, perché essa, come ha sostenuto Jung, non è
soltanto un “ozio nobile”, ma una voce che nasce dalla logica profonda dell’inconscio. Rispettare la
natura significa rispettare il nostro futuro, perché esso non diventi una “marginalità” amara e degradante,
come quella descritta da Pier Paolo Pasolini in un passo de “La religione del mio tempo”: “è morta una
terra arrisa / da religiosa luce, col suo nitore / contadino di campi e casolari; / è morta una madre che è
mitezza e candore / mai turbati in un tempo di solo male; ed è morta un’epoca della nostra esistenza, che
in un mondo destinato a umiliare / fu luce morale e resistenza”.
Vorrei aggiungere alcuni versi dalla poesia I fiumi di Ungaretti, scritti nella trincea della prima guerra
mondiale: “mi sono riconosciuto / una docile fibra / dell'universo / Il mio supplizio / è quando / non mi
credo / in armonia”.
Dante e il buco nella fascia dell'ozono, Montale e l'effetto serra, Shakespeare e la deforestazione possono
avere in comune l’anelito a ritrovare l’antico stupore dei presocratici sull’attuale disincanto, o al convito
della conoscenza di Platone.
Letteratura ed ecologia procedono parallelamente nella missione di costruire una coscienza naturalistica
con il contributo di tutti e invitano a riflettere sul fatto che l'uomo non è padrone ma passeggero sulla
Terra, e il suo passaggio è vincolato a un comportamento armonioso ed etico nei riguardi dell’ambiente,
di se stesso e degli altri, affinché la terra non appaia desolata, come quella descritta da Eliot, negli anni
‘20 del secolo scorso, o come quella minacciata dalla follia tecnologica intuita da Svevo nell'ultima
emblematica pagina de La coscienza di Zeno.
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Letteratura ed ecologia procedono parallelamente nella missione di costruire una coscienza
naturalistica con il contributo di tutti e invitano a riflettere sul fatto che l'uomo non è padrone ma
passeggero sulla Terra, e il suo passaggio è vincolato a un comportamento armonioso ed etico nei
riguardi dell’ambiente, di se stesso e degli altri, affinché la terra non appaia desolata, come
quella descritta da Eliot, negli anni ‘20 del secolo scorso, o come quella minacciata dalla follia
tecnologica intuita da Svevo nell'ultima emblematica pagina de La coscienza di Zeno.
Cari giovani, qualche riflessione diretta specialmente a voi, che siete la generazione dalle cui
scelte dipenderà il futuro universale della qualità della vita.
Le catastrofi ambientali accrescono la drammaticità dell’inquinamento del nostro habitat.
“Cronache di tragedie annunciate”, si potrebbero dire! Ma di fronte a questi disastri gli Stati non
reagiscono con un “pensiero univoco” sulla gravità della situazione e sui rimedi. La classe
dirigente mondiale mostra ritardo nel governare gli aspetti negativi del progresso tecnologico e
neppure gli scienziati sono d’accordo fra loro. Assistiamo all’aumento esponenziale di mortalità
per cancro o malattie polmonari, mancanza di acqua potabile, pescatori senza più pesce da
pescare, aria irrespirabile nelle città, radiazioni, cibi immangiabili, minacce nucleari… questa
meravigliosa Natura “il vicario di Dio onnipotente” violentata invece che persuasa (Epicuro). E
allora, non ci resta che piangere? No, non siamo così disperati, vogliamo reagire alle politiche
mondiali scorrette sull’ambiente. Ci vuole, forse, una “rivoluzione culturale” che punti su voi
giovani, che, cominciando dalle scuole elementari, insegni, con ostinazione martellante, il
rispetto per l’ambiente in cui siamo nati e che ci circonda, le cose giuste da fare e quelle non
giuste da evitare. Voi, giovani, sarete la nuova classe dirigente. Vi guarderete intorno e direte:
“ma cosa stiamo facendo? Stiamo distruggendo il Creato, l’aria, il mare, il verde, gli animali, noi
stessi. Cosa stiamo preparando per i nostri figli?”. E allora vi preoccuperete e metterete in atto
politiche corrette per l’ambiente. Nasceranno generazioni che saranno sintonizzate con la natura,
che capiranno che dobbiamo fare dei sacrifici per tutti se vogliamo amarci, che la civiltà è
“verità, bellezza, avventura, arte, pace”. Spero che tutto ciò avvenga, che la “nostra”
determinazione eroica vinca la disperazione.
Desidero concludere con alcune citazioni sulla natura che mi sembrano particolarmente
suggestive: “La Natura non fa nulla d’inutile” (Aristotele), e “Gli uomini, anche geni, hanno
bisogno dell’ambiente (don Luigi Sturzo).
Infine, egregi professori, colto pubblico, e, permettetemi, cari studenti, ancora a voi mi rivolgo in
particolare. Vi esorto a osservare la natura con fiducia, con speranza, anche come fonte di
occupazione e reddito, tanta è la generosità che essa ci dispensa. Plinio il Vecchio affermava che
è tutt’altro che facile dire se la natura si sia dimostrata per l’uomo una madre generosa o una
spietata matrigna. Per quanto mi riguarda non ho dubbi: la natura è l’immagine di un Dio buono e
misericordioso.
Ringrazio l’Associazione Culturale VADO, nella persona del suo Presidente il Dott. Donato
Vallescura, i Kiwanis Club e tutti coloro che hanno concorso a organizzare questo Convegno per
gli obiettivi che perseguono, e che mi hanno dato la possibilità di svolgere queste mie
considerazioni.
E ringrazio voi, giovani, per la vostra attenzione.
Daniela Quieti
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