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Seminario Interdisciplinare


                               DONO
                  30 novembre 2006 ore 14.00 - 16.00
         FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA, VIA COLUMBIA 1
                       Edificio A – AULA T 29



                               ECONOMIA

                               Sergio Guida


Freeconomics: la dimensione economica del Dono tra antropologia filosofica,
sociologia dei consumi e responsabilità sociale d’impresa.



INDICE




1. PREMESSA

2. DONO, ALTERITA’ E SCAMBIO

3. DONO, SOCIETA’, ECONOMIA

4. DONO, INFORMAZIONE E TECNOLOGIA

5. DONO, IMPRESA E RESPONSABILITA’ SOCIALE

6. L’ESTETICA DEL DONO TRA ECONOMIA E FILOSOFIA

7. CONCLUSIONI

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI


                                                                          1
ABSTRACT



Homo sapiens, homo faber, homo oeconomicus, zoon politikon. . . la classificazione del genere
homo, che si compia sotto auspici scientifici o filosofici, empirici o ideali, è un dato costante della
storia del pensiero. L'uomo vive prima di tutto nella concezione che si fa di se stesso e riflette nelle
sue grandi narrazioni. Da questa si deducono i rapporti con i suoi simili e con il mondo che lo
circonda.

A quale potente definizione di uomo obbedisce la modernità? Quella dell'individuo come "essere di
bisogno", destinato incessantemente ad approntare i mezzi per soddisfare i propri fini, supponendo
che questi ultimi siano illimitati. Si guardino, ad esempio, i grandi generi sotto cui è stata catalogata
l'umanità dalla cultura moderna e affiorerà sempre questo nocciolo duro: l'uomo ricerca
razionalmente il suo migliore interesse e non smette di lavorare, di accumulare, di scambiare o di
conservare...

I concetti di dono e di gratuità analizzati non costituiscono tanto la negazione paradigmatica o la
contraddizione dialettica del calcolo e dell'accumulazione, quanto la loro sfida simbolica, la loro
"parte maledetta", incessantemente soffocata, incessantemente rinascente. Richiamando l'antica
presenza della generosità e della prodigalità, la verifica dei fondamenti dell'economia politica
dimostra come la maggior parte delle società umane abbiano accordato un posto non secondario
all'utilitarismo, tuttavia non mancano esempi di attività di carattere economico che possono
presupporre un rivolgimento di quei valori e codici che pure sembrano dominanti.

Le passioni autoconservative della modernità configurano un rapporto con l'altro essenzialmente
oppositivo e strumentale: in una prima fase l'altro è visto come nemico o rivale nella corsa al potere
e alla ricchezza (homo œconomicus); mentre in una seconda fase l'altro diventa un oggetto opaco e
indifferente, puro specchio della proiezione narcisistica di un Io indebolito nelle proprie stesse
passioni (homo democraticus). Nel primo caso il legame sociale sembra avere una funzione
puramente strumentale tesa alla conservazione e all'affermazione dell'Io; nel secondo caso, esso
viene corroso e messo in crisi dall'apatia di individui atomisticamente chiusi in una sterile logica
identitaria. Già Rousseau e Tocqueville hanno suggerito la possibilità di combattere gli effetti
perversi di questo modello attraverso l'attivazione di passioni altre, rimosse dallo sviluppo della
modernità, e potenzialmente capaci di contrastare l'azione disgregante dell'individualismo
acquisitivo e narcisistico. Oggi l’Economia del Benessere si occupa delle scelte di politica
economica in grado di promuovere il benessere sociale. Questa branca dell'economia ha carattere
"normativo" e si contrappone alla teoria economica "positiva" che analizza il funzionamento del
sistema economico e gli effetti delle azioni umane (comprese le scelte di politica economica) senza
confrontarsi con un determinato sistema di valori.

Mentre le asserzioni della teoria economica positiva (per esempio, quella secondo la quale la
riduzione del tasso di cambio di un paese determina un miglioramento della bilancia dei pagamenti
dello stesso) possono essere confermate o confutate dall'analisi empirica, quelle dell'economia del
benessere si basano su giudizi di valore che hanno carattere etico e non possono essere verificati o
confutati dall'esperienza.

Nell'ambito di questa branca dell'economia si è sviluppata una teoria che definisce le condizioni da
soddisfare per determinare una distribuzione delle risorse in grado di massimizzare il benessere
sociale. Tra queste condizioni in un'economia di mercato devono sussistere: l'esistenza di mercati
perfettamente competitivi, il corretto funzionamento dei canali di trasmissione delle informazioni,

                                                                                                       2
l'assenza di effetti esterni (o "esternalità", effetti cioè che ricadono sull'insieme della collettività o su
una sua parte, come ad esempio l'inquinamento) e di "beni pubblici puri" (come la difesa
nazionale). Poiché queste condizioni difficilmente possono essere soddisfatte, molti economisti
ritengono che il mercato non sia in grado di determinare in modo automatico (cioè senza
l'intervento dello stato) un'allocazione delle risorse disponibili che massimizzi il benessere sociale.

Si può dunque provare a verificare l'esistenza, nella società contemporanea, di forme fattuali di
legame fondate su passioni comunitarie e su un sentimento di philía che riaffiora dentro la crisi del
legame sociale, prefigurandone la ricomposizione in forme inedite anche nei rapporti economici,
adeguate alla complessità della società democratica. Si tratta dunque di scommettere sulla
possibilità di rintracciare, nella struttura antropologica degli individui, passioni alternative a quelle
peculiari del paradigma utilitaristico, nelle quali emerga come prioritaria la tensione comunitaria, il
desiderio del legame; passioni che interpretano l'altro come costitutivo dell'identità dell'Io. La
scommessa consiste nel supporre che gli uomini non siano motivati solo dal desiderio di
acquisire, che riduce il legame sociale a puro strumento di fini individualistici; ma che
agiscano anche spinti da un insieme di motivazioni, come la generosità e il desiderio di dare,
l'alleanza e l'amicizia, che fanno del legame sociale il fine stesso dell'azione. Questa scommessa
è ciò che, sia pure nelle diverse prospettive, accomuna gli autori che si riconoscono nella teoria del
dono e nella necessità di costruire un paradigma alternativo a quello utilitaristico: tra questi, M.
Mauss, A. Caillé, J.T. Godbout.
Tesi di fondo di Caillè, ad esempio, è che «nell’azione sociale certo entrano il calcolo e l’interesse,
materiale e immateriale, ma che non c’è solo questo: ci sono anche l’obbligo, la spontaneità,
l’amicizia e la solidarietà, in breve c’è il dono». Al di là di una società puramente contrattualistica,
fondata sulla logica del dare e dell’avere, la "logica del dono" caratterizza a un livello profondo i
rapporti umani e garantisce l’uomo tecnologico dal rischio di cadere in una visione puramente
utilitaristica della vita.

Il tema avrebbe potuto essere sviluppato anche in relazione a quell’ambito della famiglia che, già
nel rapporto fra uomo e donna, e ancor più nella relazione genitori-figli, è sollecitato a porsi nella
prospettiva del "dono" ed è insieme minacciato dalla tentazione del perfetto bilanciamento dei diritti
e dei doveri e di una reciprocità, dunque, di tipo contrattualistica piuttosto che emozionale e vitale.

Nella pratica del dono, sostiene Godbout, la società è come condotta al di là di se stessa, così come
l'individuo mette in gioco ]a propria identità. Il rischio del dono, infatti, è il rischio dell'identità.
Perché si dona? Si chiede Godbout. "Per collegarsi, mettersi in presa con la vita, per rompere la
solitudine, trasmettere, appartenere a qualche cosa". Ogni dono è la ripetizione della nascita,
dell'arrivo della vita, un salto misterioso al di fuori di ogni determinismo. Né ipocrita né strumentale
e neppure residuale, come spesso si sostiene oggi, l'esperienza del dono si rivela essere fondamento
stesso di ogni società, la sua stessa condizione di sopravvivenza. Esso ci collega all'imprevisto, alla
libertà, al mistero, alla nostra stessa natura di animali sociali.

A partire da ricerche recenti, la riflessione mostra che anche nel dono tra sconosciuti - come
nel caso dell’open source (ad es. Blog e scambi P2P) - l'esperienza che si configura è quella di
un debito positivo verso gli altri.

In particolare, l’Open source espone il concetto della economia del dono, tipica delle comunità
rurali antiche dove chi crea risorse non le vende, ma le scambia con gli altri sulla base di
regole e convenzioni non scritte sostanzialmente impostate sul concetto di reciprocità.
Il blogger e lo scrittore di software open di fatto aderiscono a questo paradigma mettendo a
disposizione le proprie idee e il risultato del loro lavoro in una comunità fatta di relazioni e di
scambi con il risultato di amplificare enormemente il risultato del proprio lavoro.

                                                                                                           3
Del resto la dimensione stessa del fenomeno blog e la quantità di software gratuito anche di grande
qualità che si trova oggi in rete sono la chiara testimonianza di un fenomeno con basi solidissime, al
punto che “Il medium di riferimento dell'economia del dono è quello che i blogger
conversando stanno costruendo. I blogger che si regalano vicendevolmente il loro tempo e le
loro idee, in questo modo creando una miniera di beni relazionali, sono la dimostrazione del
valore di ciò che non ha prezzo”.

La generosità è la spontaneità donatrice, ma due sono i modi della generosità che ci è dato
conoscere. Da una parte sta la generosità come "cifra della sovrabbondanza", là dove il donare
dipende da un surplus di vitalità anonima, indifferente, impersonale, come nella concezione
dell'"Uno" di Plotino che dà perché non può non dare, producendo un continuo eccesso.
Questa generosità come libero movimento naturale della vita contrappone il "paradigma della
spesa" al "paradigma dell'utile", intorno al quale si sono costituite le moderne scienze della vita. La
stessa dottrina dell'evoluzione, infatti, ci dice che la vita è organizzata secondo la massimizzazione
della capacità di sopravvivenza - del "voler avere di più" di vita -, sì che la selezione naturale
privilegia ciò che è utile per soddisfare questo impulso.

Ma aldilà dell'utile sta anche quel "sufficit" che pare sia stata l'ultima parola pronunciata da Kant
morente. "Sufficit" - "è abbastanza" - ci insegna un altro tipo di generosità, la generosità come
"cifra della rinuncia", quella generosità di cui la povertà di Socrate, esibita agli ateniesi sulla scena
del processo, è testimonianza.
La generosità "come cifra della rinuncia" è l'atto d'amore che cambia noi stessi prima di cambiare
gli altri. Se la generosità come sovrabbondanza sommerge gli altri con l'immensa marea di cose che
possediamo e, anche se donate, continuiamo a possedere e a produrre secondo abitudine, la
generosità come rinuncia consiste, nella sua essenza, nella capacità di fermarsi e di fare spazio agli
altri, nell'accettare di sentirci limitati e finiti.
Tra economia e filosofia, la generosità come povertà e rinuncia è, quindi, individuale, differente,
personale. Detto altrimenti, il dono non è la cosa donata, ma è il donatore. Il dono della filosofia è
quello "stile di vita", quella "cura dell'anima", quella padronanza dell'essere rispetto all'illimitatezza
dell'avere, che interrompe la catena rettilinea del chiedere e dell'ottenere, che ne chiude il cerchio.

L'unico dono possibile è il dono che noi facciamo della nostra cura: del nostro tempo, dei
nostri pensieri, dei nostri gesti, del nostro lavoro. E' il prendersi cura dell'altro che nel dono si
manifesta. Quando, nei nostri doni banali, nei doni di tutti i giorni, diciamo "è solo un
pensiero", forse, senza saperlo, del dono diciamo la cosa più importante.

D’altronde, nell’epoca della globalizzazione e, dopo il disastro dell’11 settembre, anche della crisi
di una forte identità nazionale come quella USA, sembra prendere forma – come nella precedente
fin de siècle – un diffuso desiderio di una dimensione collettiva fondata sul presupposto della
condivisione, ispirata alle emozioni più che alla razionalità e al potere, per superare l’appiattimento
e la crisi di certi modelli etici e culturali, prima che economici.

Resta da vedere se il terzo millennio riuscirà ad essere più forte del disincanto, e se un mondo in cui
perfino l’università deve funzionare secondo i principi dell’economia di mercato saprà superare la
fredda ragione capitalista (come direbbe Mauss), e riscoprire il lato meno prosaico (e quindi più
poetico) delle relazioni umane.


Roma, 30 novembre 2006


                                                                                                        4
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

·       Adam Smith, An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, 1776 ,trad. it.
Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni, ISEDI, Milano.
·       Alain Caillé, Le tiers paradigme. Anthropologie philosophique du don, trad. it. Il terzo
paradigma. Antropologia filosofica del dono, Bollati Boringhieri, Torino.
  ·     Andrea Tagliapietra, Il dono del filosofo. Il dono della filosofia in Rivista Telematica
“XÁOS. Giornale di confine", Anno I, n.2 luglio - ottobre 2002.
·       Benedetto Vecchi, Un logo in nome dell’intelletto comune, Il Manifesto - 14.04.06.
·       Charles Champetier, Homo consumans. Morte e rinascita del dono, Arianna Editrice.
·       Claudio Risé, Felicità è donarsi. Contro la cultura del narcisismo e per la scoperta
dell'altro, Sperling & Kupfer.
·       Emile Benveniste, Dono e scambio nel vocabolario indoeuropeo, in Id., Problemi di
linguistica generale, Milano, Il Saggiatore.
·       Ferdinand Tönnies, Gemeinschaft und Gesellschaft, trad. it. Comunità e società, Comunità,
Milano.
·       Genevieve Vaughan, L'Economia del dono in Athanor - The Gift Anno XV, nuova serie, n.
8, 2004, Meltemi.
·       Gian Luca Rivalta, L'Economia del Dono e l’ipotesi del Management Postmoderno:
divagazioni, dubbi, speranze pubblicato il 27 gennaio 2003 su Rivista Telematica Bloom –
Frammenti di Organizzazione.
·       Hannah Arendt, Vita Activa. La condizione umana, Bompiani.
·       Jacques T.Godbout, Il linguaggio del dono, Bollati Boringhieri.
·       Jurgen Habermas, L’inclusione dell’altro, Feltrinelli.
·       Karl Polany, The Great Trasformation, trad. it. La grande trasformazione, Einaudi, Torino.
·       Marcel Mauss, Essai sur le don. Forme et raison de l'échange dans les sociétés archaiques
(1923-24), trad. it. Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, Piccola
Biblioteca Einaudi, Scienze Sociali.
·       Marco Deriu, Il dono in una società di mercato, in Rivista Telematica Missione Oggi, Aprile
2004.
·       Michel Bauwens, The Political Economy of Peer Production, 2005 Arthur and Marilouise
Kroker, Editors , trad. it. Economia Peer To Peer Come Approccio Alternativo Alla Produzione in
Rivista Telematica Masternewmedia.org
(masternewmedia.org/it/economia_P2P/un_approccio_alternativo_alla_produzione_20060303.htm)
·       Michel Tournier, Lo specchio delle idee, Garzanti.
·       Nicoletta Pireddu, Antropologi alla corte della bellezza. Decadenza ed economia simbolica
nell’Europa fin de siècle, Edizioni Fiorini.
·       Pier Paolo Baretta, La Responsabilita`sociale dell'Impresa e il ruolo delle parti sociali in
Rivista Telematica Culture e Impresa Fondazione Ansaldo Genova-Milano, n. 3 ,aprile 2006.
·       Serge Latouche, Quale "economia plurale"?A proposito del ritorno del dono in Rivista
Telematica Ora Locale, n.27 , dicembre 2001-gennaio 2002.
·       Simone Santini, L'Economia del Dono conviene?, pubblicato l’08 Maggio 2005 su Rivista
Telematica Clarissa – CLAR.
·       Stefania De Donatis, Antropologia filosofica del dono: uno scambio simbolico,
Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia, anno 7 (2005).
·       Wikipedia, voce Sistemi di scambio non monetario, sito Internet.




                                                                                                  5

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Freeconomics la dimensione economica del dono tra antropologia filosofica, sociologia dei consumi e responsabilità sociale d’impresa. 2006

  • 1. Seminario Interdisciplinare DONO 30 novembre 2006 ore 14.00 - 16.00 FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA, VIA COLUMBIA 1 Edificio A – AULA T 29 ECONOMIA Sergio Guida Freeconomics: la dimensione economica del Dono tra antropologia filosofica, sociologia dei consumi e responsabilità sociale d’impresa. INDICE 1. PREMESSA 2. DONO, ALTERITA’ E SCAMBIO 3. DONO, SOCIETA’, ECONOMIA 4. DONO, INFORMAZIONE E TECNOLOGIA 5. DONO, IMPRESA E RESPONSABILITA’ SOCIALE 6. L’ESTETICA DEL DONO TRA ECONOMIA E FILOSOFIA 7. CONCLUSIONI RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 1
  • 2. ABSTRACT Homo sapiens, homo faber, homo oeconomicus, zoon politikon. . . la classificazione del genere homo, che si compia sotto auspici scientifici o filosofici, empirici o ideali, è un dato costante della storia del pensiero. L'uomo vive prima di tutto nella concezione che si fa di se stesso e riflette nelle sue grandi narrazioni. Da questa si deducono i rapporti con i suoi simili e con il mondo che lo circonda. A quale potente definizione di uomo obbedisce la modernità? Quella dell'individuo come "essere di bisogno", destinato incessantemente ad approntare i mezzi per soddisfare i propri fini, supponendo che questi ultimi siano illimitati. Si guardino, ad esempio, i grandi generi sotto cui è stata catalogata l'umanità dalla cultura moderna e affiorerà sempre questo nocciolo duro: l'uomo ricerca razionalmente il suo migliore interesse e non smette di lavorare, di accumulare, di scambiare o di conservare... I concetti di dono e di gratuità analizzati non costituiscono tanto la negazione paradigmatica o la contraddizione dialettica del calcolo e dell'accumulazione, quanto la loro sfida simbolica, la loro "parte maledetta", incessantemente soffocata, incessantemente rinascente. Richiamando l'antica presenza della generosità e della prodigalità, la verifica dei fondamenti dell'economia politica dimostra come la maggior parte delle società umane abbiano accordato un posto non secondario all'utilitarismo, tuttavia non mancano esempi di attività di carattere economico che possono presupporre un rivolgimento di quei valori e codici che pure sembrano dominanti. Le passioni autoconservative della modernità configurano un rapporto con l'altro essenzialmente oppositivo e strumentale: in una prima fase l'altro è visto come nemico o rivale nella corsa al potere e alla ricchezza (homo œconomicus); mentre in una seconda fase l'altro diventa un oggetto opaco e indifferente, puro specchio della proiezione narcisistica di un Io indebolito nelle proprie stesse passioni (homo democraticus). Nel primo caso il legame sociale sembra avere una funzione puramente strumentale tesa alla conservazione e all'affermazione dell'Io; nel secondo caso, esso viene corroso e messo in crisi dall'apatia di individui atomisticamente chiusi in una sterile logica identitaria. Già Rousseau e Tocqueville hanno suggerito la possibilità di combattere gli effetti perversi di questo modello attraverso l'attivazione di passioni altre, rimosse dallo sviluppo della modernità, e potenzialmente capaci di contrastare l'azione disgregante dell'individualismo acquisitivo e narcisistico. Oggi l’Economia del Benessere si occupa delle scelte di politica economica in grado di promuovere il benessere sociale. Questa branca dell'economia ha carattere "normativo" e si contrappone alla teoria economica "positiva" che analizza il funzionamento del sistema economico e gli effetti delle azioni umane (comprese le scelte di politica economica) senza confrontarsi con un determinato sistema di valori. Mentre le asserzioni della teoria economica positiva (per esempio, quella secondo la quale la riduzione del tasso di cambio di un paese determina un miglioramento della bilancia dei pagamenti dello stesso) possono essere confermate o confutate dall'analisi empirica, quelle dell'economia del benessere si basano su giudizi di valore che hanno carattere etico e non possono essere verificati o confutati dall'esperienza. Nell'ambito di questa branca dell'economia si è sviluppata una teoria che definisce le condizioni da soddisfare per determinare una distribuzione delle risorse in grado di massimizzare il benessere sociale. Tra queste condizioni in un'economia di mercato devono sussistere: l'esistenza di mercati perfettamente competitivi, il corretto funzionamento dei canali di trasmissione delle informazioni, 2
  • 3. l'assenza di effetti esterni (o "esternalità", effetti cioè che ricadono sull'insieme della collettività o su una sua parte, come ad esempio l'inquinamento) e di "beni pubblici puri" (come la difesa nazionale). Poiché queste condizioni difficilmente possono essere soddisfatte, molti economisti ritengono che il mercato non sia in grado di determinare in modo automatico (cioè senza l'intervento dello stato) un'allocazione delle risorse disponibili che massimizzi il benessere sociale. Si può dunque provare a verificare l'esistenza, nella società contemporanea, di forme fattuali di legame fondate su passioni comunitarie e su un sentimento di philía che riaffiora dentro la crisi del legame sociale, prefigurandone la ricomposizione in forme inedite anche nei rapporti economici, adeguate alla complessità della società democratica. Si tratta dunque di scommettere sulla possibilità di rintracciare, nella struttura antropologica degli individui, passioni alternative a quelle peculiari del paradigma utilitaristico, nelle quali emerga come prioritaria la tensione comunitaria, il desiderio del legame; passioni che interpretano l'altro come costitutivo dell'identità dell'Io. La scommessa consiste nel supporre che gli uomini non siano motivati solo dal desiderio di acquisire, che riduce il legame sociale a puro strumento di fini individualistici; ma che agiscano anche spinti da un insieme di motivazioni, come la generosità e il desiderio di dare, l'alleanza e l'amicizia, che fanno del legame sociale il fine stesso dell'azione. Questa scommessa è ciò che, sia pure nelle diverse prospettive, accomuna gli autori che si riconoscono nella teoria del dono e nella necessità di costruire un paradigma alternativo a quello utilitaristico: tra questi, M. Mauss, A. Caillé, J.T. Godbout. Tesi di fondo di Caillè, ad esempio, è che «nell’azione sociale certo entrano il calcolo e l’interesse, materiale e immateriale, ma che non c’è solo questo: ci sono anche l’obbligo, la spontaneità, l’amicizia e la solidarietà, in breve c’è il dono». Al di là di una società puramente contrattualistica, fondata sulla logica del dare e dell’avere, la "logica del dono" caratterizza a un livello profondo i rapporti umani e garantisce l’uomo tecnologico dal rischio di cadere in una visione puramente utilitaristica della vita. Il tema avrebbe potuto essere sviluppato anche in relazione a quell’ambito della famiglia che, già nel rapporto fra uomo e donna, e ancor più nella relazione genitori-figli, è sollecitato a porsi nella prospettiva del "dono" ed è insieme minacciato dalla tentazione del perfetto bilanciamento dei diritti e dei doveri e di una reciprocità, dunque, di tipo contrattualistica piuttosto che emozionale e vitale. Nella pratica del dono, sostiene Godbout, la società è come condotta al di là di se stessa, così come l'individuo mette in gioco ]a propria identità. Il rischio del dono, infatti, è il rischio dell'identità. Perché si dona? Si chiede Godbout. "Per collegarsi, mettersi in presa con la vita, per rompere la solitudine, trasmettere, appartenere a qualche cosa". Ogni dono è la ripetizione della nascita, dell'arrivo della vita, un salto misterioso al di fuori di ogni determinismo. Né ipocrita né strumentale e neppure residuale, come spesso si sostiene oggi, l'esperienza del dono si rivela essere fondamento stesso di ogni società, la sua stessa condizione di sopravvivenza. Esso ci collega all'imprevisto, alla libertà, al mistero, alla nostra stessa natura di animali sociali. A partire da ricerche recenti, la riflessione mostra che anche nel dono tra sconosciuti - come nel caso dell’open source (ad es. Blog e scambi P2P) - l'esperienza che si configura è quella di un debito positivo verso gli altri. In particolare, l’Open source espone il concetto della economia del dono, tipica delle comunità rurali antiche dove chi crea risorse non le vende, ma le scambia con gli altri sulla base di regole e convenzioni non scritte sostanzialmente impostate sul concetto di reciprocità. Il blogger e lo scrittore di software open di fatto aderiscono a questo paradigma mettendo a disposizione le proprie idee e il risultato del loro lavoro in una comunità fatta di relazioni e di scambi con il risultato di amplificare enormemente il risultato del proprio lavoro. 3
  • 4. Del resto la dimensione stessa del fenomeno blog e la quantità di software gratuito anche di grande qualità che si trova oggi in rete sono la chiara testimonianza di un fenomeno con basi solidissime, al punto che “Il medium di riferimento dell'economia del dono è quello che i blogger conversando stanno costruendo. I blogger che si regalano vicendevolmente il loro tempo e le loro idee, in questo modo creando una miniera di beni relazionali, sono la dimostrazione del valore di ciò che non ha prezzo”. La generosità è la spontaneità donatrice, ma due sono i modi della generosità che ci è dato conoscere. Da una parte sta la generosità come "cifra della sovrabbondanza", là dove il donare dipende da un surplus di vitalità anonima, indifferente, impersonale, come nella concezione dell'"Uno" di Plotino che dà perché non può non dare, producendo un continuo eccesso. Questa generosità come libero movimento naturale della vita contrappone il "paradigma della spesa" al "paradigma dell'utile", intorno al quale si sono costituite le moderne scienze della vita. La stessa dottrina dell'evoluzione, infatti, ci dice che la vita è organizzata secondo la massimizzazione della capacità di sopravvivenza - del "voler avere di più" di vita -, sì che la selezione naturale privilegia ciò che è utile per soddisfare questo impulso. Ma aldilà dell'utile sta anche quel "sufficit" che pare sia stata l'ultima parola pronunciata da Kant morente. "Sufficit" - "è abbastanza" - ci insegna un altro tipo di generosità, la generosità come "cifra della rinuncia", quella generosità di cui la povertà di Socrate, esibita agli ateniesi sulla scena del processo, è testimonianza. La generosità "come cifra della rinuncia" è l'atto d'amore che cambia noi stessi prima di cambiare gli altri. Se la generosità come sovrabbondanza sommerge gli altri con l'immensa marea di cose che possediamo e, anche se donate, continuiamo a possedere e a produrre secondo abitudine, la generosità come rinuncia consiste, nella sua essenza, nella capacità di fermarsi e di fare spazio agli altri, nell'accettare di sentirci limitati e finiti. Tra economia e filosofia, la generosità come povertà e rinuncia è, quindi, individuale, differente, personale. Detto altrimenti, il dono non è la cosa donata, ma è il donatore. Il dono della filosofia è quello "stile di vita", quella "cura dell'anima", quella padronanza dell'essere rispetto all'illimitatezza dell'avere, che interrompe la catena rettilinea del chiedere e dell'ottenere, che ne chiude il cerchio. L'unico dono possibile è il dono che noi facciamo della nostra cura: del nostro tempo, dei nostri pensieri, dei nostri gesti, del nostro lavoro. E' il prendersi cura dell'altro che nel dono si manifesta. Quando, nei nostri doni banali, nei doni di tutti i giorni, diciamo "è solo un pensiero", forse, senza saperlo, del dono diciamo la cosa più importante. D’altronde, nell’epoca della globalizzazione e, dopo il disastro dell’11 settembre, anche della crisi di una forte identità nazionale come quella USA, sembra prendere forma – come nella precedente fin de siècle – un diffuso desiderio di una dimensione collettiva fondata sul presupposto della condivisione, ispirata alle emozioni più che alla razionalità e al potere, per superare l’appiattimento e la crisi di certi modelli etici e culturali, prima che economici. Resta da vedere se il terzo millennio riuscirà ad essere più forte del disincanto, e se un mondo in cui perfino l’università deve funzionare secondo i principi dell’economia di mercato saprà superare la fredda ragione capitalista (come direbbe Mauss), e riscoprire il lato meno prosaico (e quindi più poetico) delle relazioni umane. Roma, 30 novembre 2006 4
  • 5. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI · Adam Smith, An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, 1776 ,trad. it. Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni, ISEDI, Milano. · Alain Caillé, Le tiers paradigme. Anthropologie philosophique du don, trad. it. Il terzo paradigma. Antropologia filosofica del dono, Bollati Boringhieri, Torino. · Andrea Tagliapietra, Il dono del filosofo. Il dono della filosofia in Rivista Telematica “XÁOS. Giornale di confine", Anno I, n.2 luglio - ottobre 2002. · Benedetto Vecchi, Un logo in nome dell’intelletto comune, Il Manifesto - 14.04.06. · Charles Champetier, Homo consumans. Morte e rinascita del dono, Arianna Editrice. · Claudio Risé, Felicità è donarsi. Contro la cultura del narcisismo e per la scoperta dell'altro, Sperling & Kupfer. · Emile Benveniste, Dono e scambio nel vocabolario indoeuropeo, in Id., Problemi di linguistica generale, Milano, Il Saggiatore. · Ferdinand Tönnies, Gemeinschaft und Gesellschaft, trad. it. Comunità e società, Comunità, Milano. · Genevieve Vaughan, L'Economia del dono in Athanor - The Gift Anno XV, nuova serie, n. 8, 2004, Meltemi. · Gian Luca Rivalta, L'Economia del Dono e l’ipotesi del Management Postmoderno: divagazioni, dubbi, speranze pubblicato il 27 gennaio 2003 su Rivista Telematica Bloom – Frammenti di Organizzazione. · Hannah Arendt, Vita Activa. La condizione umana, Bompiani. · Jacques T.Godbout, Il linguaggio del dono, Bollati Boringhieri. · Jurgen Habermas, L’inclusione dell’altro, Feltrinelli. · Karl Polany, The Great Trasformation, trad. it. La grande trasformazione, Einaudi, Torino. · Marcel Mauss, Essai sur le don. Forme et raison de l'échange dans les sociétés archaiques (1923-24), trad. it. Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, Piccola Biblioteca Einaudi, Scienze Sociali. · Marco Deriu, Il dono in una società di mercato, in Rivista Telematica Missione Oggi, Aprile 2004. · Michel Bauwens, The Political Economy of Peer Production, 2005 Arthur and Marilouise Kroker, Editors , trad. it. Economia Peer To Peer Come Approccio Alternativo Alla Produzione in Rivista Telematica Masternewmedia.org (masternewmedia.org/it/economia_P2P/un_approccio_alternativo_alla_produzione_20060303.htm) · Michel Tournier, Lo specchio delle idee, Garzanti. · Nicoletta Pireddu, Antropologi alla corte della bellezza. Decadenza ed economia simbolica nell’Europa fin de siècle, Edizioni Fiorini. · Pier Paolo Baretta, La Responsabilita`sociale dell'Impresa e il ruolo delle parti sociali in Rivista Telematica Culture e Impresa Fondazione Ansaldo Genova-Milano, n. 3 ,aprile 2006. · Serge Latouche, Quale "economia plurale"?A proposito del ritorno del dono in Rivista Telematica Ora Locale, n.27 , dicembre 2001-gennaio 2002. · Simone Santini, L'Economia del Dono conviene?, pubblicato l’08 Maggio 2005 su Rivista Telematica Clarissa – CLAR. · Stefania De Donatis, Antropologia filosofica del dono: uno scambio simbolico, Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia, anno 7 (2005). · Wikipedia, voce Sistemi di scambio non monetario, sito Internet. 5