La morte del Padrino Vito Rizzuto segna la fine di un'era nell'organizzazione criminale canadese di stampo mafiosa. Quali sono i nuovi scenari e cosa succederà? All'interno le interviste al giornalista Adrian Humphreys del The National Post e allo scrittore Antonio Nicaso.
(Pubblicato sul mensile Narcomafie, numero 1, anno 2014)
1. Sathiyam
Scacco
al Padrino
Si è spento in un letto d’ospedale il boss di Montréal Vito
Rizzuto. Era il patriarca della famiglia mafiosa più influente
del Nord America. Sulla sua morte, però, sorgono diversi dubbi
e il sospetto di una cospirazione interna alla famiglia
di Saul Caia
4 | gennaio 2014 | narcomafie
Mafia in Canada
2. Il Padrino Vito Rizzuto è mor-
to. La notizia è di quelle che
paralizzano l’informazione e
non solo. A pochi giorni dal
Natale, Montréal è sconvolta
dall’annuncio diffuso da quo-
tidiani e radio. In pochissime
ore anche i social network ri-
lanciano la news.
Perché Vito Rizzuto non è sola-
mente “The Teflon Don”, come
lo hanno ribattezzato i media
canadesi, non è semplicemente
il figlio del vecchio “campiere”
emigrato da Cattolica-Eraclea,
o il capofamiglia della princi-
pale organizzazione mafiosa
del Nord America.
Vito è l’anello di congiunzione
tra la “malavita” e il mondo
affaristico, imprenditoriale e
politico del paese.
Il Padrino era stato ricovera-
to d’urgenza nella notte del
21 dicembre, all’ospedale di
Sacré-Coeur, nella capitale
del Québec. Le sue condizioni
sembravano inizialmente stabi-
li. Le telecamere stazionavano
davanti alla clinica, in cerca di
unpossibileaggiornamento.Poi
una complicazione polmonare
ha aggravato la situazione.
«Posso dirvi che è morto nel
nostro ospedale per cause na-
turali – spiega Maude Hébert
-Chaput portavoce della cli-
nica – ma è l’unico commen-
to che farò per rispetto della
famiglia».
Devozione e rispetto. Nelle
ore successive si susseguono
filmati e interviste che rico-
struiscono la vita del boss. La
nascita dell’impero mafioso
fatto di sangue e compromessi,
con affari e investimenti che
spaziano dal narcotraffico agli
appalti per l’edilizia, ai casinò
e ai centri scommesse. Fondi
neri nascosti in diversi paradisi
fiscali pronti per essere riciclati
in attività lecite, come l’appal-
to per il Ponte sullo Stretto o
il marchio “Made in Italy” da
diffondere in mezza Europa. Le
vicende giudiziarie e l’estradi-
zione negli Stati Uniti per la
condanna di omicidio.
Oltre settecento persone si re-
cano, nei giorni successivi, alla
cappella di famiglia “Loreto” a
St. Léonard, appartenente agli
stessi Rizzuto, per omaggiare i
parenti con le condoglianze.
La giornata è gelida: auto-
mobili di grossa cilindrata
sono posteggiate all’interno
dell’ampio parcheggio, dalla
quale scendono uomini con
lunghi cappotti e occhiali da
sole, accompagnati da donne
in pelliccia e che sfoggiano
preziosi gioielli. Lentamente si
compone una fila, ordinata, che
di ora in ora diventa sempre
più lunga.
A poca distanza, rigorosamente
in borghese, ci sono gli ufficiali
del Servizio di Polizia della
Città di Montréal (Spvm), della
Royal Canadian Mounted Po-
lice (Rcmp) e della Sûreté du
Québec (Sq).
Con grossi obiettivi fotografa-
no e immortalano i volti dei
presenti, scrutando possibili
“amici” o “nemici” dei Rizzuto
per ricostruire il nuovo organi-
gramma dell’organizzazione.
La bara d’oro. La storia si
ripete nel giorno del funerale,
celebrato nella chiesa di Notre
Dame de la Défense, nella Lit-
tle Italy di Montréal, lo stesso
luogo che accolse l’esequie del
padre Niccolo e del figlio Nick
Junior. Intorno alla chiesa, il
perimetro è blindato.
Per assistere all’ultimo saluto
sono accorsi in centinaia. Le
stime delle autorità riferiscono
di quasi mille persone. I gior-
nalisti, al quale è stato vietato
l’accesso, sono ammassati agli
angoli della strade, sui balconi
delle case o nascosti dietro le
siepi. Le corone di fiori sono
decine e ognuna recita una
dedica personalizzata. Dalla
semplice scritta “Nonno” o
“Addio amico mio”, alla de-
corazione floreale a forma di
borsa da golf, lo sport amato
dal boss, che riporta la scritta
“Vito”.
Poi ci sono quelle inviate dagli
“amici”, dalla famiglia ’ndran-
ghetista dei Cotroni e della
gang degli Hells Angles in cui
c’è scritto “Steve”, mentre a
bordo della strada è parcheg-
giato un furgoncino con la ban-
diera dei Mohawk Warriors, i
militanti dell’omonimo gruppo
in favore dei nativi americani
residenti nel Québec.
La presenza dei media provoca
brevi attimi di tensione, quan-
do un giovane familiare colpi-
sce l’obiettivo della telecame-
ra che lo stava riprendendo
mentre usciva dalla macchina
davanti la chiesa.
Rientra tutto nella normalità
quando arriva il carro funebre,
seguito da una decina di limou-
sine. La bara placcata in oro,
come già avvenuto per il figlio
Nick Junior, viene portata in
spalla all’interno della chiesa
da otto necrofori.
Gli sguardi impassibili dei
presenti, seguiti dal segno del-
la croce, accompagnano l’en-
trata del feretro. Seduta nella
panca principale c’è la moglie
Giovanna con i figli Leonardo
e Libertina, dietro parenti e
amici accorsi da ogni parte
del Canada e degli Stati Uniti.
Sorgono diversi
dubbi sulla scelta
di concedere un
ultimo saluto
al Padrino durante
una cerimonia
solenne e pubblica.
Nei giorni successivi
un ampio dibattito
prende spunto
dall’articolo del
giornalista Adrian
Humphreys che per
«The National Post»
raccoglie le
dichiarazioni dello
stesso Monsignor
Incaltalupo:
«La Chiesa non
rifiuta nessuno»
5 | gennaio 2014 | narcomafie
3. AntonioNicaso,giornalistaeautore
di diversi libri sulla ’ndrangheta,
ultimoAcquasantissima:LaChiesa
e la 'ndrangheta (Mondadori, 2013)
insiemeaNicolaGratteri,procurato-
re della Dda di Reggio Calabria. Da
diversiannisioccupadellevicende
dellafamigliaRizzuto,perquestogli
abbiamo chiesto se la stampa abbia
sottovalutatolecondizionidisalute
del Padrino o, peggio, non fosse al
corrente della sua malattia.
«Purtroppo sono stato l’unico a
chiedere l’autopsia, invano, perché
nessuno ha raccolto il mio sugge-
rimento a fare chiarezza. Alcune
fonti, mi avevano informato degli
ultimimovimentidiRizzuto,descri-
vendolo come un uomo che viveva
in modo frenetico. Dopo un primo
periodo in cui si era quasi defilato,
ultimamente era molto visibile, era
più sicuro di sé, faceva il giro dei
baredeiristoranti,incontravamolte
persone e persino la notte in cui si
è sentito male aveva brindato con
amici e conoscenti festeggiando
il Natale.
Poco tempo prima un suo nemico
(Giuseppe De Vito avvelenato a
luglio nel carcere di Donnacona
in Quebéc, ndr.) era stato elimi-
nato con il cianuro, che provoca
gli stessi effetti riscontrati prima
della morte di Rizzuto, cioè pro-
blemi polmonari con conseguente
arresto cardiaco. Questo insieme
di indizi presentava uno scenario
diverso dalle fonti ufficiali, che
invece confermano il decesso per
cause naturali riconducibili ad un
tumore ai polmoni».
Resta quindi un alone di mistero
dietro la morte del Padrino, c’è
la possibilità che qualcuno si sia
voluto sbarazzare di Rizzuto con
il cianuro?
Analizzando la vicenda, personal-
mente a me il dubbio era sorto.
Diciamo che l’ipotesi non è stata
solo una mia idea, sono dubbi che
avevano e hanno molti addetti ai la-
vori, ma anche figure interne all’in-
telligence canadese, che seguivano
ormai da molti anni i movimenti
di Rizzuto, parlano di un uomo in
salute, che non stesse affrontando
il calvario della malattia, anzi lo
avevano visto brindare e tornare a
casa alle 2 del mattino.
Tra l’altro Rizzuto aveva accennato
in passato, in un’udienza prima
della condanna negli Stati Uniti, di
aver riscontrato durante un control-
lo una macchia sospetta, ma aveva
sempre detto che bisognava fare un
ulteriore accertamento. Mi avevano
informatocheunavoltarientratoda-
gli States, Rizzuto aveva svolto dei
controlli e non era risultato nulla,
tra l’altro doveva ancora rinnovare
il tesserino sanitario.
Aldilà delle rivalità esterne, chi
sarebbe stato favorito dalla morte
di Rizzuto?
Vito Rizzuto era un uomo che pen-
sava meno agli affari e più alla
vendetta personale. La mafia è un
ragno che tesse la sua tela e vive di
relazioni, questi rapporti erano stati
recentemente messi a nudo dalla
CommissioneCharbonneau,quindi
all’internodell’organizzazionec’era
anche chi pensava di ricucire gli
strappi piuttosto che dare corpo
alla vendetta, che era considerata
un aspetto personale.
In quest’ottica si può valutare la
possibilità di qualcuno che abbia
voluto approfittare della scomparsa
del Padrino per mettere una pietra
sul passato e guardare al futuro.
Sangue e affari sono incompatibili,
perché nel momento in cui usi la
violenza per importi e controllare
il territorio, o per vendicare tradi-
menti patiti e subiti, pregiudichi la
possibilitàdigestirecontranquillità
le attività lucrose ed illecite dell’or-
ganizzazione. Nel momento in cui
prediligi la vendetta, pregiudichi
gli affari.
Adesso come cambia il quadro
interno nella famiglia Rizzuto, chi
prenderà il posto di Vito?
Ci sono due ipotesi. Se Rizzuto era
consapevole di dover morire per la
sua malattia, ha avuto la possibilità
di dare indicazioni sulla successio-
ne;allora,contuttaprobabilità,avrà
puntato su una figura in grado di
completare il suo lavoro, portando
a termine la sua vendetta. In questo
primo quadro, nei prossimi mesi
assisteremo nuovamente a vicende
di violenza, in quanto è chiaro a
tutti che nella “lista nera” di Rizzu-
to c’erano altri nomi oltre a quelli
già uccisi in questi mesi.
Se invece non ha avuto la possi-
bilità di indicare un successore, si
potrebbe prospettare un “interim”,
anche perché è difficile sostituire
una figura carismatica come Vito
Rizzuto su due piedi, e il posto
verrebbe assegnato a qualcuno che
si trova fuori, dato che moltissimi
esponenti della famiglia sono an-
cora in carcere e stanno scontan-
do la condanna per l’operazione
Colosseum.
Una delle ipotesi più accreditate
potrebbe essere quella di Rocco
Sollecito?
Sì, Rocco Sollecito potrebbe essere
uno di quelli che condurrebbe “ad
interim” gli affari della famiglia.
Anche se bisogna ammettere che
Sollecito e il figlio, essendo di
origine pugliese, potrebbero non
essere le persone giuste, soprat-
tutto perché i pugliesi nell’organi-
gramma della famiglie non hanno
abbastanza forza per esprimere un
loro rappresentante ai vertici di
un’organizzazione che ha sempre
avuto calabresi e siciliani al co-
mando. Ad ogni modo, se la scelta
ricadrà su Sollecito sarà chiaro che
la strategia della famiglia punterà a
ricucire gli strappi provocati dalla
CommissioneCharbonneau.Senon
vengono ristabiliti i rapporti con la
politica, la finanza, l’imprenditoria,
e il mondo delle banche, l’orga-
nizzazione subirà nuovi scossoni
in quanto non può sopravvivere
senza questi rapporti.
Omicidioo
mortenaturale?
Colloquio con
Antonio Nicaso:
“Non c’è stata
l’autopsia
e restano
molti dubbi”
6 | gennaio 2014 | narcomafie
4. La vicenda sembra
non quadrare,
non si capisce
per quale motivo
le autorità canadesi
non abbiano
effettuato l’autopsia
sul corpo, fugando
ogni dubbio
sulla morte
del mafioso più
influente del paese
La chiesa è gremita: chi è ar-
rivato in ritardo può assistere
solamente fuori dell’ingresso
principale. La messa recitata
da Monsignor Igino Incanta-
lupo è interamente in lingua
italiana. Un funerale semplice
e con un forte sentimento di
riverenza nei confronti del
boss defunto, racconteranno
alcuni presenti.
La messa contestata. Eppure
sorgono diversi dubbi sulla
scelta di concedere un ultimo
saluto al Padrino durante una
cerimonia solenne e pubblica.
Nei giorni successivi un am-
pio dibattito prende spunto
dall’articolo del giornalista
e scrittore Adrian Humph-
reys che per «The National
Post» raccoglie le dichiara-
zioni dello stesso Monsignor
Incaltalupo: «La Chiesa non
rifiuta nessuno. Era cristiano
e aveva il diritto di avere un
funerale nella Casa di Dio».
Dello stesso avviso anche il
portavoce dell’Arcidiocesi di
Toronto, Neil Mac Carthy: «Un
funerale non è una valutazio-
ne della vita di un individuo
o di contributi. È un’opportu-
nità per noi di pregare per il
defunto e la famiglia che ne
piangono la scomparsa».
Nell’articolo viene riporta-
ta la storia di John “Johnny
Pops” Papalia, rappresentante
della famiglia mafiosa dei
Magaddino di Buffalo, per
la quale ricopriva il ruolo di
caporegime nel Sud dell’On-
tario, tra Hamilton e Toronto.
Figlio di emigrati calabresi,
inizia la carriera come spac-
ciatore, dopo diversi arresti
e condanne venne persino
coinvolto nella famosa inchie-
sta “French Connection”, per
il traffico internazionale di
eroina da Marsiglia al Nord
America, tra gli anni 60 e
70, che coinvolgeva le più
importanti famiglie mafiose
dell’epoca.
Quando morì, la Chiesa Cat-
tolica canadese negò la con-
cessione di una struttura e
di una funzione religiosa per
i funerali; la famiglia dopo
mille proteste si dovette ac-
contentare di una semplice
benedizione, fatta da un prete
in una cappella privata.
Ucciso dal cianuro? Ma il dub-
bio più grande è legato a quello
che realmente è successo. In
tanti sono rimasti stupiti della
morte improvvisa. Già poche
ore dopo la notizia, il giorna-
lista André Cédilot, autore di
diversi libri sui Rizzuto, aveva
spiegato che se il boss fosse
stato ammalato, la stampa lo
avrebbe certamente saputo e
confidava che sarebbe stata
“l’autopsia a determinare le
cause del decesso”.
Dello stesso avviso anche Anto-
nio Nicaso, il quale ha ribadito
di aver espressamente chiesto
l’autopsia senza che nessuno
abbia realmente accolto “l’in-
vito a fare chiarezza”.
I comunicati ufficiali parlano
di una morte dovuta a cause
naturali, l’arresto cardiaco era
un conseguente peggioramento
delle condizioni di salute ri-
conducibili alla chemioterapia
che il boss stava facendo per
curare il cancro ai polmoni.
Eppure la vicenda sembra non
quadrare, e non si capisce per
quale motivo le autorità cana-
desi non abbiano effettuato
l’autopsia, fugando ogni dub-
bio sulla morte del mafioso
più influente del Paese. Ad
arricchire l’aura di mistero si
aggiunge un altro tassello. Lo
scorso giugno, nella prigione
federale di Donnacona, sempre
in Québec, viene trovato senza
vita e all’interno della sua cel-
la Giuseppe De Vito, 45enne
ex componente della famiglia
Rizzuto. Solo più tardi sarà
reso noto che il decesso era
dovuto, anche in questo caso,
a un arresto cardiaco provo-
cato dalla somministrazione
di cianuro.
Resta quindi l’ipotesi plausi-
bile che qualcuno possa aver
avvelenato Vito Rizzuto. Una
cospirazione alle spalle di un
uomo che a 67 anni stava rivi-
vendo una seconda giovinezza,
fatta di violenza e vendetta.
La riconquista del potere era
accompagnata dalla crescente
escalation di sangue che aveva
visto in poco tempo cadere di-
versi antagonisti. Tra questi Joe
Di Maulo, suocero di Raynald
Desjardin, e poche settimane fa
anche Moreno Gallo, freddato
addirittura in Messico. Forse
qualcuno dentro la famiglia
aveva paura che la sete di ven-
detta offuscasse il giudizio del
Padrino, deciso a fare piazza
pulita con il passato. Oppure
che la nuova ondata di omici-
di avrebbe destabilizzato gli
affari, già ampiamente turbati
dall’inchiesta condotta dalla
Commissione Charbonneau
che aveva reso pubblica l’in-
filtrazione della mafia negli
ambienti politici, economici e
imprenditoriali del paese.
Complotti, vendette, sangue e
tante ipotesi arricchiscono una
storia senza fine, in ballo c’è
l’interesse economico-politico
del Canada e le sorti della fa-
miglia mafiosa più influente
del paese: i Rizzuto.
7 | gennaio 2014 | narcomafie
5. Adrian Humphreys, giornalista del
“The National Post”, specializzato in
criminalitàorganizzataeautoredilibri
sullamafiacanadese,comeTheSixth
Family:VitoRizzutoeilcollassodella
mafia americana (Armando Curcio
Editore,2009)scrittoinsiemeaLamothe
Lee, “The Enforcere”, che racconta le
vicende dello ’ndranghetista Johnny
Papalia e infine The Weasel,lastoria
di Marvin Elkind confidente delle
autorità canadesi.
VitoRizzutoèstatouncarismatico
boss. In questi ultimi anni aveva
riorganizzato la famiglia e la mafia
di Montréal. Adesso con la morte
del Padrino si cercherà un nuovo
successore, chi sono i candidati e
come cambia la mafia in Canada?
La morte improvvisa di Vito Rizzuto
lascia un vuoto enorme nel mondo
della malavita del Nord America. Era
un uomo singolare, dai molti talenti,
un pacificatore ma anche un uomo
d’affariconunamentestrategica.Aveva
ottenuto tutto quello che nessuno era
riuscitoafareprimadelsuoarrivo.Pen-
socheilnuovocaposaràdellafazione
siciliana,ovveroqualcunointernoalla
famigliaelegatodarapportidisangue
odimatrimoni.Tuttavianonèescluso
che si possa formare una sorta di con-
siglio di controllo, come già avvenuto
in Ontario, dove le organizzazioni
decidono in sinergia. Dopo tutto, il
Canada è un paese multiculturale
sempreprontoasperimentarenuove
idee, anche quelle naturali.
Le pagine dei quotidiani canadesi
hanno mostrato notevole stupore
per la morte improvvisa di Rizzuto.
Alcuni tuoi colleghi, come André
Cedilot e Antonio Nicaso, hanno
chiesto invano che fosse effettuata
l’autopsia, ma le autorità l’hanno
negata. C’è il sospetto che il boss
possa essere stato ucciso?
Non vedo perché le autorità non
abbianopresoledovuteprecauzioni,
conducendoun’indaginedettagliata
sulle cause della morte di un uomo
chehavissutotuttalasuavitaintrisa
dimalavita,intrighi,violenzaemiste-
ro. Anche se può sembrare inverosi-
mile,comesipuòescluderecheVito
Rizzutosiastatoucciso?Pocoprima
dellasuamorte,unexsociomafioso
che si era staccato dal clan Rizzuto
morì nel carcere per avvelenamento
da cianuro (Giuseppe De Vito, ndr.).
Questoepisodiocidimostrachequel
metodoequeimezzidimortesonoa
disposizionedeimafiosidiMontréal.
VitoRizzutoerasanoerobusto,tanto
darestarefuoridicasanelleoreprima
della sua morte, essendo stato visto
in locali notturni e bar. Lui non era
una persona indebolita o debilitata
come vorrebbero farci credere.
Nel tuo ultimo articolo hai pubbli-
camente chiesto: “Perché a Vito
Rizzuto è stato concesso un fune-
rale nella chiesa cattolica di Mon-
tréal?” Nel 2010 a Siculiana, un
prete celebrò una messa religiosa
per il vecchio boss Agostino Cun-
trera, ucciso in Canada, e nel ser-
mone sottolineò come quell’uomo
fosse “onesto e generoso”. Forse,
come evidenziavi tu, sarebbe stato
meglio una semplice benedizione
del corpo, come avvenuto nel caso
di John Papalia?
La netta differenza di come la Chie-
sa Cattolica ha gestito la morte dei
due noti mafiosi in Canada è stata
scioccante.JohnPapalia,rappresen-
tantemafiosonellacittàdiHamilton
nella regione dell’Ontario, era stato
condannato per traffico di eroina e
coinvoltonelgiocod’azzardo,estor-
sione, corruzione, frode e violenza.
Alla sua morte non solo gli venne
negata una messa cattolica, ma alla
famiglia venne vietato l’utilizzo di
qualsiasichiesaperilfunerale.Venne
solo benedetta la bara da un parroco
inunastrutturafunebreprivata.Vito
Rizzutoèstatocondannatoperracket
eomicidio,quest’ultimascontatacon
l’estradizionenegliStatiUniti.Come
per Papalia, Rizzuto nella sua vita
ha commesso gli stessi reati. Le loro
storiesispecchianonella“malavita”.
AlloraperchélaChiesahapresouna
forte posizione morale in un caso e
nonnell’altro?Moltepersonehanno
espresso il dubbio se consentire un
funeralepubblicoaRizzuto.Lagente
ha detto che sembrava come se la
Chiesa di Roma stesse mettendo il
suo timbro di approvazione sulla
bara di un mafioso.
L’inchiesta condotta dalla Commis-
sione Charbonneau ha evidenziato
la commistione tra mafia, politica
e imprenditoria anche in un paese
lontano dall’Italia come il Canada,
forse non abituato a vicende di
mafia. Come vive la popolazione
canadese la lotta alla criminali-
tà organizzata? È cosciente del
problema?
LaCommissioneCharbonneauèstata
unanecessariasvegliapericanadesi,
per denunciare la misura in cui la
mafia si infiltra nell’economia le-
gale del paese. La maggior parte dei
canadesi ha visto la mafia come una
frangia,un’organizzazionecriminale
che non aveva alcun impatto sulla
loro vita, a meno che non si entrasse
incontattodirettoconloroattraverso
il gioco d’azzardo, le droghe o altri
crimini.Larealtàèchelamafia,ormai
datempo,haincrociatolasuastrada
conlasocietàtradizionale,attraverso
lepersonepolitiche,gliuominid’af-
fari, la magistratura, i funzionari del
paese.L’inchiestadellacommissione
ha mostrato che la mafia danneggia
tutti,anchequellichevivonounavita
lontano da interazioni dirette con i
criminali. Il prezzo dei progetti dei
lavori pubblici e delle infrastrutture
sono stati notevolmente gonfiati a
causa dell’infiltrazione della mafia,
mentreipartitipoliticihannoricevu-
tofinanziamentiattraversodonazioni
provenienti da dubbie fonti.
È stato uno shock per molti cittadini.
Unrisultatoimportantedellacommis-
sione è che serve come avvertimento
perimprenditoriefunzionaripubblici,
perchéilororapporticonimafiosipo-
trebberodiventareungiornoquestioni
imbarazzanti,talidadoversidimettere
e scusare con l’elettorato.
“ComeselaChiesadiRoma
avessemessoiltimbrodiapprovazione
sullabaradiunmafioso”
Intervista a
Adrian Humphreys
8 | gennaio 2014 | narcomafie