SlideShare ist ein Scribd-Unternehmen logo
1 von 1
Downloaden Sie, um offline zu lesen
16 IL GIORNALE DELL’ARTE Numero 373, marzo 2017
Ci sono almeno tre grandi problemi in Italia,
attualmente. Probabilmente sono anche colle-
gabili fra loro, almeno in parte. Molto sinteti-
camente. Immigrazione, tutela del patrimonio
archeologico e artistico in generale, terremoti.
Per il primo mi viene in mente di quando, de-
cenni fa, frequentavo le aule universitarie a
Venezia, ove non esistevano strutture ricettive
per gli studenti (o adeguate al loro numero). Allora mi pareva che una soluzione fosse a portata
di mano e d’acqua. Requisizione, o affitto, di una delle tante navi traghetto (o quelle
da crociera di vecchia generazione) dismesse o in via di smantellamento, e sua trasfor-
mazione in casa dello studente galleggiante. Cabine esistenti, cucina e sala mensa pure, ampio
garage per attività ricreative e nelle migliori anche attrezzature sanitarie. Bene. Perché non
riproporre questa strana idea per «parcheggiare» a due miglia marine, richiedenti
asilo, profughi o come li vogliamo chiamare? Un ghetto, si dirà! Già, perché i famigerati Cie
che cosa sono? Almeno, magra consolazione ma pur sempre tale, non si avrebbero problemi
per le piccole e grandi comunità locali. Una nave si controlla bene e con piccoli traghetti si pos-
sono affrontare trasbordi a tempo a terra, tenendo la contabilità di arrivi, partenze, fughe. Ci
vorrebbero una trentina di navi. Un paio di queste navi potrebbero andare a prendere questi
poveracci in Libia e portarli poi a Rotterdam (e altrove…), identificandoli durante il tragitto.
Follia e utopia in un mix micidiale, concordo. Tutela dei beni archeologici e artistici. Non tutti i
lavori nel settore sono ad alta qualificazione. Di certo non lo sono strappare erbacce e piantare
prati o fare i custodi guarda sala nei musei. Quest’ultima opzione avrebbe il vantaggio di ren-
dere partecipi questi nostri nuovi concittadini della storia e del passato di questo Paese. Servo-
no soldi? Ma va là, che scoperta! Forse, però, molti meno di quanti se ne sprechino adesso, per
esempio, per la cosiddetta messa in sicurezza, non della gente, ma di monumenti terremotati
che non torneranno mai più a essere quello che erano. Quanto è costato l’intervento sulla
Cattedrale di San Benedetto a Norcia? È stata cosa saggia? Interessante è quello che
ha dichiarato il sismologo Alessandro Martelli a all’«Huffington Post» solo pochi giorni fa su
quello che ci dobbiamo aspettare e sulle prospettive future («Ricostruire i paesi delle zone colpite
dal terremoto come erano e dove erano? In moltissimi casi è sconsigliabile»; 5 febbraio 2017).
In un Paese serio, ben costruito (e qui concordo con il buon senso) non sarebbe successo molto,
e comunque tutte le zone a rischio sarebbero state sgombrate dalle persone entro 72 ore. Chi
promette la ricostruzione dov’era e com’era è un imbroglione e il riferimento, pensavo chiaro, è
ai «veri sciacalli». Poi, di sicuro, ci possiamo raccontare, perché siamo un Paese di bamboccioni
e di falsi maestri, la favoletta buonista della «riconoscibilità delle forme [molto spesso abusive!]
per chi quei luoghi li vive» e «… riannodare il filo della memoria». Banalità, condite con le
immancabili «Tecnologie, competenze ed esperienze qualificate le abbiamo, in tutti i campi»
(cfr. Giuliana Calcani nello scorso numero, p. 13). Per carità, aprite gli occhi e guardate com’è
ridotta questa povera Italia di ricchi marpioni sul Suv che non pagano le tasse. La mia «filosofia
spicciola» ritiene che non ce lo possiamo permettere e, date le premesse, non avrebbe nemmeno
molto senso farlo. Investire milioni e milioni sul nulla, su un territorio che non dà alcuna garan-
zia di tenuta, è sciacallaggio. Che si apra una discussione non può che essere sano.
DOCUMENTIOpinioni&
L’ultimatum di Carmen Thyssen
Madrid. Venticinque anni fa lo Stato spagnolo acquistava dal barone Hans Heinrich Thyssen-Bornemisza (1921-2002) 775 opere in cambio di una sede in cui esporle, il madrileno
Palacio Villahermosa, e di 44.100 milioni di pesetas, cifra molto inferiore al loro valore reale. Nel 1999 la moglie di Thyssen, Carmen «Tita» Cervera firmava con lo Stato un accordo
con cui prestava a titolo gratuito per dieci anni la propria collezione personale. Rinnovato di anno in anno, l’ultimo accordo, scaduto lo scorso 31 gennaio, è stato però prorogato
solo per tre mesi. La baronessa infatti chiede ora allo Stato un «un quadro legale che tuteli il valore della collezione e garantisca l’accessibilità e la mobilità delle opere, al fine di
aumentare la loro visibilità internazionale». Si parla di 429 opere, valutate 800 milioni di euro. Tita si è spesso lamentata della mancanza di liquidità e non ha esitato a vendere
all’estero opere del Museo. Nel 2015 ha anche alienato la Villa Favorita di Lugano per una cifra intorno ai 66 milioni di euro. In attesa che si decida il destino della sua collezione
(pare che anche Putin sia interessato all'acquisto), il 26 marzo Carmen Thyssen aprirà ad Andorra un nuovo centro espositivo con 26 opere della sua raccolta. q Roberta Bosco
Il re nudo
L’Italia non ha voluto salvarsi da terremoti
e calamità: ecco come, quando e perché
Politica, ideologia, burocrazia e miopia hanno cinicamente liquidato la possibilità
di preservarci: le non scelte sono i responsabili effettivi dei morti e dei disastri
che affliggono l’Italia. Eppure sapevamo. I piani non sono certo mancati
Un mese dopo il novembre 1966 dell’al-
luvione di Firenze, uno dei vecchi go-
verni di centro-sinistra, ancora compo-
sti da figure che la politica sapevano
che cosa fosse e soprattutto a che cosa
servisse, istituisce una «Commissio-
ne per lo studio della sistemazione
idraulica e della difesa del suolo
in Italia». La presiede l’ing. Giulio De
Marchi, che così conclude i lavori nel
1970: «L’alluvione del 1966 ha posto in asso-
luta evidenza la necessità e l’urgenza di af-
frontare il problema della difesa idraulica e
del suolo contro gli eventi idrogeologici in un
quadro più vasto, nel quale tutti i moltepli-
ci aspetti di esso fossero convenientemente
considerati».
Il 29 giugno 1973 viene presentata a
Urbino la «Prima relazione naziona-
le sull’ambiente». Ideata, finanziata
e coordinata da uno degli importanti
gruppi industriali italiani nel mondo,
l’Eni, alla sua realizzazione partecipa-
no centri di ricerca, laboratori scienti-
fici di grandi industrie, istituti, univer-
sità, organizzazioni, enti, insomma il
meglio del pensiero scientifico italiano
e internazionale, compresi la Fao, l’O-
nu e la Nasa. Uno dei gruppi di lavoro
è dedicato alla tutela del patrimonio
artistico. È la prima volta che si metto-
no in rapporto patrimonio artistico e
ambiente, chiarendo che dal secondo
viene ogni possibile danno al primo.
Ideatore e coordinatore di questa se-
zione è Giovanni Urbani.
La «Prima relazione sull’ambiente»
resta anche l’ultima. A farla fallire in
partenza è l’ideologica e demagogica
(ma anche un poco casareccia) oppo-
sizione dell’allora Partito comunista
(Pci), che chiama a Urbino per stron-
carla con certezza uno dei propri ver-
tici: Giovanni Berlinguer. La vicenda è
raccontata anni dopo in un libro da un
testimone diretto, Marcello Colitti, al-
lora alto dirigente dell’Eni:
«Si disse che erano bastati i dieci minuti
dell’intervento di Giovanni Berlinguer all’i-
naugurazione di quella Prima relazione
per fare naufragare tutto. Cioè per segnare
l’atto di morte del tentativo dell’Eni di con-
quistare un ruolo istituzionale nel settore
dell’ecologia. Un grande lavoro e un’équipe
di qualità risultarono sprecati. La relazio-
ne sui problemi ambientali e ecologici nel
Paese non fu più rifatta e la Tecneco, la
società che era stata appositamente creata
entro l’ambito Snam Progetti e della quale
Franco Briatico doveva dopo qualche tempo
diventare presidente, fallì prima di nascere.
Da allora, al discorso ecologico italiano è
mancato per molti anni un elemento fonda-
mentale: un centro di rilevazione e di elabo-
razione che avesse i mezzi per operare e la
capacità tecnica e imprenditoriale, oltre alla
credibilità verso il pubblico».
Così riporta «l’Unità» (30 giugno 1973)
l’intervento statalista fatto a Urbino da
Giovanni Berlinguer contro la «Prima
relazione»: «La funzione della impresa
pubblica [l’Eni] non può essere dunque quel-
la che si è configurata nella “Prima relazio-
ne”: se essa vuole sostituirsi alle Regioni e ai
Comuni nel delineare l’assetto del territorio
o nel gestire i beni indivisibili della collettivi-
tà come il suolo e le acque, se l’impresa pub-
blica vuole “diventare agenzia ambientale
dello Stato”, essa incontrerà dalle forze poli-
tiche e culturali dai poteri regionali, dall’in-
terno stesso dell’amministrazione pubblica
una insormontabile opposizione».
La posizione del Pci era non solo lonta-
na dalla realtà dei problemi ma lesiva
dell’interesse nazionale per le ragioni
appena dette da Colitti. Non basta a
salvarla la sua storicizzazione al 1973:
la lunga marcia del Pci per raggiunge-
re il potere in Italia vedeva una tappa
fondamentale nell’istituzione avvenu-
ta tre anni prima, nel 1970, delle Re-
gioni, però attive a pieno regime solo
da un anno, cioè da quando era stata
trasferita loro la materia in urbanistica
e lavori pubblici (Dpr 8/72). I fallimen-
tari risultati ottenuti da Regioni ed
Enti locali nella gestione dello svilup-
po urbanistico e del controllo dell’am-
biente nel mezzo secolo che separa il
1972 dall’oggi, sono sotto gli occhi di
tutti.
Il terzo tentativo è del 1976. Dopo
molte peripezie (il Piano è pronto dal
1974), l’Istituto centrale del restauro
(Icr), allora diretto da Giovanni Urbani,
presenta il «Piano pilota per la con-
servazione programmata dei beni
culturali in Umbria». Un lavoro di
ricerca durato anni in collaborazione
con la Tecneco, la società dell’Eni di
cui si è appena detto, poi con il Cnr,
alcuni centri di ricerca industriali e un
certo numero di Università italiane e
straniere. Il Piano pone al centro del
problema conservativo il rapporto tra
patrimonio artistico e ambiente e in-
troduce per la prima volta nella tutela
il tema del rischio ambientale: sismi-
co, idrogeologico, da inquinamento,
sociologico ecc. Quel Piano, prima an-
cora che uno strumento di salvaguar-
dia del patrimonio artistico, è un di-
spositivo di pianificazione territoriale
definito con ogni precisione.
E qui bisogna aprire un inciso. Nel
1974 viene istituito il Ministero dei
Beni culturali. A volerlo fortemente è
Bruno Zanardi,
restauratore, docente
universitario e
polemista nel nome
d’Urbani
Contromano
Il «com’era dov’era»
è un imbroglio
Paesaggio stutelato
Le norme di immediata promulgazione
in relazione ai due eventi sismici che
hanno colpito l’Italia centrale svinco-
lano la ricostruzione da ogni regola
ordinaria di controllo edilizio del terri-
torio e dalle norme di prescrizione di
tutela rispetto al patrimonio culturale
monumentale e paesaggistico. Il legi-
slatore conferisce infatti al Commissa-
rio straordinario Vasco Errani poteri di
superamento delle procedure ordinarie
di autorizzazione paesaggistica e mo-
numentale in fase di ricostruzione (...).
L’80% del territorio delle 4 regioni col-
pite dal sisma, 130 comuni interessati,
è sottoposto a regime di tutela paesag-
gistica (...). L’ordinanza n. 4 del 28 no-
vembre 2016 sui poteri del Commissa-
rio al terremoto Errani che ne precisa
l’applicabilità agli edifici dichiarati di in-
teresse culturale previa autorizzazone
della Direzione generale archeologia,
Belle arti e paesaggio (...), un’ulteriore
deligittimazione delle Soprintendenze.
q Paolo Berdini
«il manifesto», 5 febbraio 2017
Graffiti
Prevenzione azzerata
Dopo mezzo secolo stiamo ancora
pagando i mutui accesi per il terremo-
to del Belice (1968) e finiremo fra un
anno. Per quello dell'Irpinia (1980) ter-
mineremo nel 2013 e l'anno dopo per
il sisma umbro-marchigiano del 1997.
Fondi che (...) sono serviti a ricostruire,
a rattoppare, a inseguire vecchie emer-
genze. Spendendo però cinque volte di
più di quanto sarebbe servito a preve-
nire gli effetti di quelle scosse tremen-
de. «Prevedere non si può, ma prevenire
sì», ha affermato ad un seminario al Di-
partimento di Architettura di Roma Tre,
Roberto De Marco (...). In Italia la pre-
venzione si è fermata per decenni alla
classificazione (...) «Amatrice, classifica-
ta fin dal 1909 e già colpita da terremoti,
è stata triturata. Norcia, con due buone
ricostruzioni, ha subito danni ridotti» (...).
E se il vertice dei Mibact avesse deciso
di puntellare le chiese di Norcia all'indo-
mani della prima scossa, tutto sarebbe
in piedi. Roba da dimissioni in blocco.
q Vittorio Emiliani
«il Fatto Quotidiano», 4 febbraio 2017
continua a p. 20, i col.
Devastazione e macerie ad Amatrice, in Lazio, dopo il sisma dello scorso agosto
©Riproduzioneriservata
Giovanni Curatola,
professore ordinario
di Archeologia e Storia
dell’arte musulmana
Università degli Studi
di Udine

Weitere ähnliche Inhalte

Ähnlich wie L’ultimatum di Carmen Thyssen - Il Giornale dell'Arte n.373 marzo 2017 pg.17

Ähnlich wie L’ultimatum di Carmen Thyssen - Il Giornale dell'Arte n.373 marzo 2017 pg.17 (20)

Ticonzero news n. 97
Ticonzero news n. 97Ticonzero news n. 97
Ticonzero news n. 97
 
Ticonzero news n. 69
Ticonzero news n. 69Ticonzero news n. 69
Ticonzero news n. 69
 
Terra Nostra
Terra NostraTerra Nostra
Terra Nostra
 
Pieghevole20141023
Pieghevole20141023Pieghevole20141023
Pieghevole20141023
 
Più infrastrutture e meno ecologismo per arginare i danni da terremoto
Più infrastrutture e meno ecologismo per arginare i danni da terremotoPiù infrastrutture e meno ecologismo per arginare i danni da terremoto
Più infrastrutture e meno ecologismo per arginare i danni da terremoto
 
News 47 dicembre 2014
News 47 dicembre 2014News 47 dicembre 2014
News 47 dicembre 2014
 
Il terremoto dell’irpinia storia controversa e memoria difficile carpi 2013
Il terremoto dell’irpinia storia controversa e memoria difficile carpi 2013Il terremoto dell’irpinia storia controversa e memoria difficile carpi 2013
Il terremoto dell’irpinia storia controversa e memoria difficile carpi 2013
 
Ticonzero news n. 61
Ticonzero news n. 61Ticonzero news n. 61
Ticonzero news n. 61
 
Terra Nostra
Terra NostraTerra Nostra
Terra Nostra
 
WWF: SI RIPARTA DAL VAJONT PER RIPENSARE IL TERRITORIO
WWF: SI RIPARTA DAL VAJONT  PER RIPENSARE IL TERRITORIOWWF: SI RIPARTA DAL VAJONT  PER RIPENSARE IL TERRITORIO
WWF: SI RIPARTA DAL VAJONT PER RIPENSARE IL TERRITORIO
 
Salvatore Settis
Salvatore SettisSalvatore Settis
Salvatore Settis
 
La Protezione Civile In Italia
La Protezione Civile In ItaliaLa Protezione Civile In Italia
La Protezione Civile In Italia
 
News 39 marzo 2014
News 39 marzo 2014News 39 marzo 2014
News 39 marzo 2014
 
CieloSopraEsquilino-Numero46.pdf
CieloSopraEsquilino-Numero46.pdfCieloSopraEsquilino-Numero46.pdf
CieloSopraEsquilino-Numero46.pdf
 
Vajont, perdonare chi?
Vajont, perdonare chi?Vajont, perdonare chi?
Vajont, perdonare chi?
 
Il Cielo Sopra Esquilino
Il Cielo Sopra EsquilinoIl Cielo Sopra Esquilino
Il Cielo Sopra Esquilino
 
Ticonzero news n. 119
Ticonzero news n. 119Ticonzero news n. 119
Ticonzero news n. 119
 
Lavoce9
Lavoce9Lavoce9
Lavoce9
 
Irpinia 1980 stefano ventura
Irpinia 1980 stefano venturaIrpinia 1980 stefano ventura
Irpinia 1980 stefano ventura
 
SALVIAMO IL VENETO
SALVIAMO IL VENETOSALVIAMO IL VENETO
SALVIAMO IL VENETO
 

Mehr von Roberta Bosco

Quattro mostre dopo la lunga attesa - Il Giornale dell'Arte n.376, Giugno 201...
Quattro mostre dopo la lunga attesa - Il Giornale dell'Arte n.376, Giugno 201...Quattro mostre dopo la lunga attesa - Il Giornale dell'Arte n.376, Giugno 201...
Quattro mostre dopo la lunga attesa - Il Giornale dell'Arte n.376, Giugno 201...Roberta Bosco
 
Il Prado all’esperto di Rinascimento italiano
Il Prado all’esperto di Rinascimento italianoIl Prado all’esperto di Rinascimento italiano
Il Prado all’esperto di Rinascimento italianoRoberta Bosco
 
EL PAÍS 14 Dec 2016 Paco Cao
EL PAÍS 14 Dec 2016 Paco CaoEL PAÍS 14 Dec 2016 Paco Cao
EL PAÍS 14 Dec 2016 Paco CaoRoberta Bosco
 
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città socia...
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città socia...2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città socia...
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città socia...Roberta Bosco
 
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La nuova Barce...
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La nuova Barce...2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La nuova Barce...
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La nuova Barce...Roberta Bosco
 
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città della...
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città della...2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città della...
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città della...Roberta Bosco
 
“Todo un año” 2016 Revista Solarmag 02 p295-p303
“Todo un año” 2016 Revista Solarmag 02 p295-p303“Todo un año” 2016 Revista Solarmag 02 p295-p303
“Todo un año” 2016 Revista Solarmag 02 p295-p303Roberta Bosco
 

Mehr von Roberta Bosco (7)

Quattro mostre dopo la lunga attesa - Il Giornale dell'Arte n.376, Giugno 201...
Quattro mostre dopo la lunga attesa - Il Giornale dell'Arte n.376, Giugno 201...Quattro mostre dopo la lunga attesa - Il Giornale dell'Arte n.376, Giugno 201...
Quattro mostre dopo la lunga attesa - Il Giornale dell'Arte n.376, Giugno 201...
 
Il Prado all’esperto di Rinascimento italiano
Il Prado all’esperto di Rinascimento italianoIl Prado all’esperto di Rinascimento italiano
Il Prado all’esperto di Rinascimento italiano
 
EL PAÍS 14 Dec 2016 Paco Cao
EL PAÍS 14 Dec 2016 Paco CaoEL PAÍS 14 Dec 2016 Paco Cao
EL PAÍS 14 Dec 2016 Paco Cao
 
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città socia...
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città socia...2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città socia...
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città socia...
 
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La nuova Barce...
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La nuova Barce...2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La nuova Barce...
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La nuova Barce...
 
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città della...
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città della...2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città della...
2016 DOVE Corriere della sera - Guida alla nuova Barcellona - "La città della...
 
“Todo un año” 2016 Revista Solarmag 02 p295-p303
“Todo un año” 2016 Revista Solarmag 02 p295-p303“Todo un año” 2016 Revista Solarmag 02 p295-p303
“Todo un año” 2016 Revista Solarmag 02 p295-p303
 

L’ultimatum di Carmen Thyssen - Il Giornale dell'Arte n.373 marzo 2017 pg.17

  • 1. 16 IL GIORNALE DELL’ARTE Numero 373, marzo 2017 Ci sono almeno tre grandi problemi in Italia, attualmente. Probabilmente sono anche colle- gabili fra loro, almeno in parte. Molto sinteti- camente. Immigrazione, tutela del patrimonio archeologico e artistico in generale, terremoti. Per il primo mi viene in mente di quando, de- cenni fa, frequentavo le aule universitarie a Venezia, ove non esistevano strutture ricettive per gli studenti (o adeguate al loro numero). Allora mi pareva che una soluzione fosse a portata di mano e d’acqua. Requisizione, o affitto, di una delle tante navi traghetto (o quelle da crociera di vecchia generazione) dismesse o in via di smantellamento, e sua trasfor- mazione in casa dello studente galleggiante. Cabine esistenti, cucina e sala mensa pure, ampio garage per attività ricreative e nelle migliori anche attrezzature sanitarie. Bene. Perché non riproporre questa strana idea per «parcheggiare» a due miglia marine, richiedenti asilo, profughi o come li vogliamo chiamare? Un ghetto, si dirà! Già, perché i famigerati Cie che cosa sono? Almeno, magra consolazione ma pur sempre tale, non si avrebbero problemi per le piccole e grandi comunità locali. Una nave si controlla bene e con piccoli traghetti si pos- sono affrontare trasbordi a tempo a terra, tenendo la contabilità di arrivi, partenze, fughe. Ci vorrebbero una trentina di navi. Un paio di queste navi potrebbero andare a prendere questi poveracci in Libia e portarli poi a Rotterdam (e altrove…), identificandoli durante il tragitto. Follia e utopia in un mix micidiale, concordo. Tutela dei beni archeologici e artistici. Non tutti i lavori nel settore sono ad alta qualificazione. Di certo non lo sono strappare erbacce e piantare prati o fare i custodi guarda sala nei musei. Quest’ultima opzione avrebbe il vantaggio di ren- dere partecipi questi nostri nuovi concittadini della storia e del passato di questo Paese. Servo- no soldi? Ma va là, che scoperta! Forse, però, molti meno di quanti se ne sprechino adesso, per esempio, per la cosiddetta messa in sicurezza, non della gente, ma di monumenti terremotati che non torneranno mai più a essere quello che erano. Quanto è costato l’intervento sulla Cattedrale di San Benedetto a Norcia? È stata cosa saggia? Interessante è quello che ha dichiarato il sismologo Alessandro Martelli a all’«Huffington Post» solo pochi giorni fa su quello che ci dobbiamo aspettare e sulle prospettive future («Ricostruire i paesi delle zone colpite dal terremoto come erano e dove erano? In moltissimi casi è sconsigliabile»; 5 febbraio 2017). In un Paese serio, ben costruito (e qui concordo con il buon senso) non sarebbe successo molto, e comunque tutte le zone a rischio sarebbero state sgombrate dalle persone entro 72 ore. Chi promette la ricostruzione dov’era e com’era è un imbroglione e il riferimento, pensavo chiaro, è ai «veri sciacalli». Poi, di sicuro, ci possiamo raccontare, perché siamo un Paese di bamboccioni e di falsi maestri, la favoletta buonista della «riconoscibilità delle forme [molto spesso abusive!] per chi quei luoghi li vive» e «… riannodare il filo della memoria». Banalità, condite con le immancabili «Tecnologie, competenze ed esperienze qualificate le abbiamo, in tutti i campi» (cfr. Giuliana Calcani nello scorso numero, p. 13). Per carità, aprite gli occhi e guardate com’è ridotta questa povera Italia di ricchi marpioni sul Suv che non pagano le tasse. La mia «filosofia spicciola» ritiene che non ce lo possiamo permettere e, date le premesse, non avrebbe nemmeno molto senso farlo. Investire milioni e milioni sul nulla, su un territorio che non dà alcuna garan- zia di tenuta, è sciacallaggio. Che si apra una discussione non può che essere sano. DOCUMENTIOpinioni& L’ultimatum di Carmen Thyssen Madrid. Venticinque anni fa lo Stato spagnolo acquistava dal barone Hans Heinrich Thyssen-Bornemisza (1921-2002) 775 opere in cambio di una sede in cui esporle, il madrileno Palacio Villahermosa, e di 44.100 milioni di pesetas, cifra molto inferiore al loro valore reale. Nel 1999 la moglie di Thyssen, Carmen «Tita» Cervera firmava con lo Stato un accordo con cui prestava a titolo gratuito per dieci anni la propria collezione personale. Rinnovato di anno in anno, l’ultimo accordo, scaduto lo scorso 31 gennaio, è stato però prorogato solo per tre mesi. La baronessa infatti chiede ora allo Stato un «un quadro legale che tuteli il valore della collezione e garantisca l’accessibilità e la mobilità delle opere, al fine di aumentare la loro visibilità internazionale». Si parla di 429 opere, valutate 800 milioni di euro. Tita si è spesso lamentata della mancanza di liquidità e non ha esitato a vendere all’estero opere del Museo. Nel 2015 ha anche alienato la Villa Favorita di Lugano per una cifra intorno ai 66 milioni di euro. In attesa che si decida il destino della sua collezione (pare che anche Putin sia interessato all'acquisto), il 26 marzo Carmen Thyssen aprirà ad Andorra un nuovo centro espositivo con 26 opere della sua raccolta. q Roberta Bosco Il re nudo L’Italia non ha voluto salvarsi da terremoti e calamità: ecco come, quando e perché Politica, ideologia, burocrazia e miopia hanno cinicamente liquidato la possibilità di preservarci: le non scelte sono i responsabili effettivi dei morti e dei disastri che affliggono l’Italia. Eppure sapevamo. I piani non sono certo mancati Un mese dopo il novembre 1966 dell’al- luvione di Firenze, uno dei vecchi go- verni di centro-sinistra, ancora compo- sti da figure che la politica sapevano che cosa fosse e soprattutto a che cosa servisse, istituisce una «Commissio- ne per lo studio della sistemazione idraulica e della difesa del suolo in Italia». La presiede l’ing. Giulio De Marchi, che così conclude i lavori nel 1970: «L’alluvione del 1966 ha posto in asso- luta evidenza la necessità e l’urgenza di af- frontare il problema della difesa idraulica e del suolo contro gli eventi idrogeologici in un quadro più vasto, nel quale tutti i moltepli- ci aspetti di esso fossero convenientemente considerati». Il 29 giugno 1973 viene presentata a Urbino la «Prima relazione naziona- le sull’ambiente». Ideata, finanziata e coordinata da uno degli importanti gruppi industriali italiani nel mondo, l’Eni, alla sua realizzazione partecipa- no centri di ricerca, laboratori scienti- fici di grandi industrie, istituti, univer- sità, organizzazioni, enti, insomma il meglio del pensiero scientifico italiano e internazionale, compresi la Fao, l’O- nu e la Nasa. Uno dei gruppi di lavoro è dedicato alla tutela del patrimonio artistico. È la prima volta che si metto- no in rapporto patrimonio artistico e ambiente, chiarendo che dal secondo viene ogni possibile danno al primo. Ideatore e coordinatore di questa se- zione è Giovanni Urbani. La «Prima relazione sull’ambiente» resta anche l’ultima. A farla fallire in partenza è l’ideologica e demagogica (ma anche un poco casareccia) oppo- sizione dell’allora Partito comunista (Pci), che chiama a Urbino per stron- carla con certezza uno dei propri ver- tici: Giovanni Berlinguer. La vicenda è raccontata anni dopo in un libro da un testimone diretto, Marcello Colitti, al- lora alto dirigente dell’Eni: «Si disse che erano bastati i dieci minuti dell’intervento di Giovanni Berlinguer all’i- naugurazione di quella Prima relazione per fare naufragare tutto. Cioè per segnare l’atto di morte del tentativo dell’Eni di con- quistare un ruolo istituzionale nel settore dell’ecologia. Un grande lavoro e un’équipe di qualità risultarono sprecati. La relazio- ne sui problemi ambientali e ecologici nel Paese non fu più rifatta e la Tecneco, la società che era stata appositamente creata entro l’ambito Snam Progetti e della quale Franco Briatico doveva dopo qualche tempo diventare presidente, fallì prima di nascere. Da allora, al discorso ecologico italiano è mancato per molti anni un elemento fonda- mentale: un centro di rilevazione e di elabo- razione che avesse i mezzi per operare e la capacità tecnica e imprenditoriale, oltre alla credibilità verso il pubblico». Così riporta «l’Unità» (30 giugno 1973) l’intervento statalista fatto a Urbino da Giovanni Berlinguer contro la «Prima relazione»: «La funzione della impresa pubblica [l’Eni] non può essere dunque quel- la che si è configurata nella “Prima relazio- ne”: se essa vuole sostituirsi alle Regioni e ai Comuni nel delineare l’assetto del territorio o nel gestire i beni indivisibili della collettivi- tà come il suolo e le acque, se l’impresa pub- blica vuole “diventare agenzia ambientale dello Stato”, essa incontrerà dalle forze poli- tiche e culturali dai poteri regionali, dall’in- terno stesso dell’amministrazione pubblica una insormontabile opposizione». La posizione del Pci era non solo lonta- na dalla realtà dei problemi ma lesiva dell’interesse nazionale per le ragioni appena dette da Colitti. Non basta a salvarla la sua storicizzazione al 1973: la lunga marcia del Pci per raggiunge- re il potere in Italia vedeva una tappa fondamentale nell’istituzione avvenu- ta tre anni prima, nel 1970, delle Re- gioni, però attive a pieno regime solo da un anno, cioè da quando era stata trasferita loro la materia in urbanistica e lavori pubblici (Dpr 8/72). I fallimen- tari risultati ottenuti da Regioni ed Enti locali nella gestione dello svilup- po urbanistico e del controllo dell’am- biente nel mezzo secolo che separa il 1972 dall’oggi, sono sotto gli occhi di tutti. Il terzo tentativo è del 1976. Dopo molte peripezie (il Piano è pronto dal 1974), l’Istituto centrale del restauro (Icr), allora diretto da Giovanni Urbani, presenta il «Piano pilota per la con- servazione programmata dei beni culturali in Umbria». Un lavoro di ricerca durato anni in collaborazione con la Tecneco, la società dell’Eni di cui si è appena detto, poi con il Cnr, alcuni centri di ricerca industriali e un certo numero di Università italiane e straniere. Il Piano pone al centro del problema conservativo il rapporto tra patrimonio artistico e ambiente e in- troduce per la prima volta nella tutela il tema del rischio ambientale: sismi- co, idrogeologico, da inquinamento, sociologico ecc. Quel Piano, prima an- cora che uno strumento di salvaguar- dia del patrimonio artistico, è un di- spositivo di pianificazione territoriale definito con ogni precisione. E qui bisogna aprire un inciso. Nel 1974 viene istituito il Ministero dei Beni culturali. A volerlo fortemente è Bruno Zanardi, restauratore, docente universitario e polemista nel nome d’Urbani Contromano Il «com’era dov’era» è un imbroglio Paesaggio stutelato Le norme di immediata promulgazione in relazione ai due eventi sismici che hanno colpito l’Italia centrale svinco- lano la ricostruzione da ogni regola ordinaria di controllo edilizio del terri- torio e dalle norme di prescrizione di tutela rispetto al patrimonio culturale monumentale e paesaggistico. Il legi- slatore conferisce infatti al Commissa- rio straordinario Vasco Errani poteri di superamento delle procedure ordinarie di autorizzazione paesaggistica e mo- numentale in fase di ricostruzione (...). L’80% del territorio delle 4 regioni col- pite dal sisma, 130 comuni interessati, è sottoposto a regime di tutela paesag- gistica (...). L’ordinanza n. 4 del 28 no- vembre 2016 sui poteri del Commissa- rio al terremoto Errani che ne precisa l’applicabilità agli edifici dichiarati di in- teresse culturale previa autorizzazone della Direzione generale archeologia, Belle arti e paesaggio (...), un’ulteriore deligittimazione delle Soprintendenze. q Paolo Berdini «il manifesto», 5 febbraio 2017 Graffiti Prevenzione azzerata Dopo mezzo secolo stiamo ancora pagando i mutui accesi per il terremo- to del Belice (1968) e finiremo fra un anno. Per quello dell'Irpinia (1980) ter- mineremo nel 2013 e l'anno dopo per il sisma umbro-marchigiano del 1997. Fondi che (...) sono serviti a ricostruire, a rattoppare, a inseguire vecchie emer- genze. Spendendo però cinque volte di più di quanto sarebbe servito a preve- nire gli effetti di quelle scosse tremen- de. «Prevedere non si può, ma prevenire sì», ha affermato ad un seminario al Di- partimento di Architettura di Roma Tre, Roberto De Marco (...). In Italia la pre- venzione si è fermata per decenni alla classificazione (...) «Amatrice, classifica- ta fin dal 1909 e già colpita da terremoti, è stata triturata. Norcia, con due buone ricostruzioni, ha subito danni ridotti» (...). E se il vertice dei Mibact avesse deciso di puntellare le chiese di Norcia all'indo- mani della prima scossa, tutto sarebbe in piedi. Roba da dimissioni in blocco. q Vittorio Emiliani «il Fatto Quotidiano», 4 febbraio 2017 continua a p. 20, i col. Devastazione e macerie ad Amatrice, in Lazio, dopo il sisma dello scorso agosto ©Riproduzioneriservata Giovanni Curatola, professore ordinario di Archeologia e Storia dell’arte musulmana Università degli Studi di Udine