3. Si deve tendere a tassare il reddito vero del contribuente, non il
reddito presunto. Reddito vero è quello che in ogni famiglia
resta dopo aver pagato gli interessi sul mutuo dell’abitazione
principale o il canone di locazione, le bollette di casa, le spese
per le ripazioni e le manutenzioni della stessa, le spese
scolastiche dei figli. Altri oneri si possono individuare nel
dettaglio. Resta chiaro che quelle spese dovrebbero essere
“oneri deducibili” e non solo detraibili; occorre cioè che
abbassino il reddito annuale, non l’Irpef sullo stesso. Almeno
finchè avremo un’Irpef progressiva – cosa detestabile.
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4. Ogni persona sopporta oggi sopporta costi reali per poi pagare imposte su un reddito
“di carta”. Occorre che si possa dedurre (non detrarre) i costi certi e non voluttuari:
1.
le spese professionali per compilare la dichiarazione dei redditi (oggi
indeducibili);
2.
le spese professionali sostenute per i grandi momenti della vita: separazione,
divorzio, successione, testamenti, sistemazioni patrimoniali;
3.
le spese per assistere i propri anziani;
4.
il vestiario e i generi alimentari, che vanno coperti con detrazioni forfetarie
aggiornate;
5.
le spese per l'autovettura e per i trasporti in generale.
Una volta fatto questo, possiamo eliminare progressivamente le attuali detrazioni
ridicole per i familiari a carico e quelle legate alla produzione del reddito.
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5. La progressività tributaria è un fattore di spinta
all’evasione e alla non produzione, perchè disistimola a
produrre maggiori redditi la cui utilità è sempre più
marginale a mano a mano che aumentano gli scaglioni
Irpef.
Si dovrebbe tendere a tassare con un’aliquota Irpef
unica i redditi di impresa e di lavoro autonomo
professionale. E a tassare solo gli utili non reinvestiti
nell’azienda o nello Studio.
ROBERTO MAZZANTI
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6. Per le società commerciali e per le ditte individuali
propongo un intervento che metta a regime la
possibilità di optare per la tassazione Ires e cioè
rendendo la società l’unico soggetto passivo ai fini
delle imposte dirette, fintanto che l’utile non sia
effettivamente distribuito ai soci.
Lo scopo è quello di tassare l’utile personale solo
quando effettivamente distribuito.
ROBERTO MAZZANTI
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7. Si dovrebbe tendere a tassare il reddito di impresa nel momento in cui è realmente
disponibile.
Date le difficoltà insite nell’adozione di un vero e proprio criterio di cassa nella
determinazione del reddito delle imprese, si potrebbero introdurre dei correttivi a quello
di competenza, in presenza di crediti (ma anche di debiti) particolarmente rilevanti,
rinviando la loro tassazione almeno in parte al momento dell’effettiva percezione, ad
esempio mediante fondi rischi e risconti.
In cambio dell’agevolazione, si potrebbe pensare all’adozione del regime ordinario
obbligatorio per la contabilità per chi non vi fosse tenuto ed alla redazione del bilancio
con i criteri civilistici da allegare alla dichiarazione dei redditi, per consentire un
controllo più incisivo all’Agenzia delle Entrate.
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8. Per le microattività, con volumi di ricavi particolarmente bassi,
si potrebbe pensare all’introduzione di un’imposta sul reddito
minima forfetaria annuale, in cambio dell’eliminazione di ogni
onere contabile e dichiarativo, Iva inclusa. Si può pensare ad
un sistema sanzionatorio severo in caso di sforamento del
limite senza immediato cambio di regime. Fare salva la
possibilità di dimostrare di dover pagare imposte più basse
mediante la tenuta della contabilità ordinaria e della
presentazione di tutte le dichiarazioni previste dalla legge per i
normali contribuenti.
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9. Vista la caduta di ogni segreto bancario, sono da
abolire gli Studi di settore, il redditometro, i parametri
e tutti gli strumenti di determinazione presuntiva di
ricavi o di redditi.
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