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Educare alla parità
parlando di Beni
culturali
Maria Antonietta Spadaro
18 marzo 2021
Art. 3 della Costituzione Italiana
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione
politica, economica e sociale del Paese.
La discriminazione di genere esiste nel linguaggio e si ripropone nelle
pratiche sociali e culturali intersecandosi con i paradigmi
rappresentativi di discriminazione sociale anche nella sfera artistica.
Le lotte che le donne hanno dovuto sostenere per emergere in campo
artistico sono incredibili, ne ricorderemo alcune:
l’architettrice romana Plautilla Bricci, fu nel sec. XVII la prima donna
ad occuparsi di architettura, Artemisia Gentileschi, Sofonisba
Anguissola, Rosalba Carriera, Élisabeth Vigée Le Brun, Tamara De
Lempscha, Frida Kahlo, ecc. Altre, come la scultrice Camille
Claudel, finirono internate come pazze. Ma se in vita qualcuna emerse
poi venne dimenticata, oscurandone la memoria.
G. B. Moroni, Il sarto, (1570)
Leonor Fini (1907-1996), Donna che cuce, (1970)
Educare al pensiero critico
Finiamo di considerare le donne tra le categorie disagiate: Poverina, è solo una donna!
Lo sviluppo del pensiero critico è l’obiettivo principale dell’insegnamento nella Scuola. Ogni disciplina,
attraverso le proprie linee curriculari, dovrebbe impostare la didattica proprio in quel senso, orientare cioè
i giovani verso la lettura critica del presente. Perché ciò che è avvenuto finora non è detto che sia giusto.
Per esempio è necessario soffermarsi su fatti che vengono considerati ‘normali’:
- Nei libri di Storia dell’arte (di tutte le storie) la percentuale di donne è dello 0,01%, forse meno
- Strade, piazze, ecc. intestate a donne in Italia sono il 4-5 % del totale e sempre sante o regine
- Le sindache in Italia sono solo il 15 % del totale.
Perché succede questo? Ecco iniziamo coll’insinuare il dubbio: facciamo conoscere quelle personalità
femminili messe ingiustamente da parte dalla storia, scomode perché avrebbero oscurato i colleghi
uomini, quella metà del genere umano, che ha sempre schiacciato la metà ‘debole’.
Nelle scuole occorre evidenziare gli episodi artistici del territorio, della città in cui si vive, quelle poche
opere realizzate da donne, le quali hanno lottato contro pregiudizi, arroganti discriminazioni, ridicolizzate
nella loro voglia di imporsi in professioni per tanto tempo a loro precluse.
L’unica differenza reale tra i due generi?
Le donne creano la vita, procreano altri esseri umani, sono fisicamente diverse, meno forti nella
muscolatura degli uomini. L’unico campo infatti in cui gli uomini sono superiori è nello sport.
Per questo motivo si disputano gare distinte per i due sessi. Ma la legge 91/1981, recitava: “Sono sportivi
professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori che esercitano l’attività
sportiva […] regolamentate e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali,
secondo le norme emanate dalle federazioni stesse”… e le donne? Solo nel 2020 un provvedimento di
legge equipara le donne ai colleghi maschi, estendendo anche a loro le tutele sul professionismo sportivo.
Tuttavia, mi risulta che le federazioni sportive non si sono ancora pronunciate per questo passaggio, per
loro non indolore, da dilettanti a professioniste!
Plautilla Bricci (Roma 1616-1705)
Fu la prima ‘architettrice’ che si ricordi, ma fu anche pittrice molto apprezzata in vita e membro
dell’Accademia di San Luca. Non si hanno notizie circa la sua formazione artistica, ma il padre
viveva in un ambiente di pittori, allievi del Cavalier d’Arpino, nella cui bottega lavorò
Caravaggio. Amica di suor Maria Eufrasia della Croce, sorella di Elpidio Benedetti - agente del
Mazzarino e poi del re di Francia a Roma - da lui, col quale divennero molto amici, ebbe affidati
i due importanti lavori cui si deve la fama. Infatti progettò la villa Benedetti (1663), sulla via
Aurelia presso porta S. Pancrazio, denominata, per la sua forma, il Vascello, e nel 1664 il
Benedetti incaricò Plautilla di decorare la cappella di San Luigi (terza a sinistra), nella chiesa di
San Luigi dei Francesi, grazie ai suoi rapporti con la Francia.
https://www.progettostoriadellarte.it/2020/11/25/plautilla-bricci-ritratto-di-una-rinnegata/
[Melania Mazzucco, L’architettrice]
Madonna col Bambino, 1640 ca., S. M. in Montesanto,
Roma
La Villa di Elpidio Benedetti,
detta il Vascello, sulla viaAurelia
a Roma, 1663.
Qui vediamo in un disegno il
prospetto della villa verso il
giardino, un’incisione di G. Vasi
(1761), con la monumentale
costruzione vista dalla strada, e
un’incisione ottocentesca, poco
prima della distruzione.
In entrambe sullo sfondo Villa
Corsini, anch’essa demolita.
Villa Benedetti
Si tratta di un progetto molto originale poiché il prospetto maggiore non
dava sulla strada ma guardava verso il giardino, mentre quello su strada
appariva come un vascello che sfida le onde. Alla base infatti la pietra di
costruzione non è squadrata ma crea un mosso effetto scenografico. Fu
distrutta nel 1849, durante l’assedio di Roma, pertanto non possiamo
giudicare la ricchezza e l’originalità dei motivi architettonici e pittorici
ormai perduti. I dipinti erano di Pietro da Cortona e della stessa Bricci.
Dipinti di
Plautilla
Bricci
Natività della Vergine, 1660
La presentazione del sacro
cuore di Gesù al Padre Eterno,
1672, lunetta in alto
La natività e la decollazione di
San Giovanni Battista,1675,
entrambe a Poggio Mirteto
P.Bricci, la sontuosa cappella di San Luigi
in San Luigi dei Francesi a Roma (1675)
Sofonisba Anguissola (Cremona 1535-Palermo 1625)
Nata dalla nobile famiglia degli Anguissola di Cremona, fu una delle prime esponenti
femminili della pittura europea e partecipò come figura di spicco alla vita artistica
delle corti italiane, data anche la sua competenza letteraria e musicale, ebbe una fitta
corrispondenza con i più famosi artisti del suo tempo. Fu citata anche nelle Vite di
Giorgio Vasari grazie a Michelangelo il quale sosteneva che la giovane fanciulla
avesse talento. Fu il padre di Sofonisba a scrivere a Michelangelo e a mandargli i
disegni della figlia. Fra quei disegni c'era anche un Fanciullo morso da un granchio,
nel quale la giovanissima artista cremonese, allora poco più che ventenne, aveva colto
l'espressione del dolore infantile con un'invenzione che piacque molto al grande
artista fiorentino. Quella smorfia di dolore fermata da Sofonisba la ritroviamo poi nel
Ragazzo morso dal ramarro di Caravaggio. Nel 1559 Sofonisba approdò alla corte di
Filippo II di Spagna, come dama di corte della regina, Isabella. Fu la ritrattista della
famiglia reale fino alla morte, 1568, della sua protettrice. Tuttavia alcuni suoi ritratti
vennero successivamente attribuiti a un altro pittore …
Nel 1573 sposò il nobile siciliano Fabrizio Moncada e si trasferì in Sicilia nel palazzo
dei Moncada a Paternò. Con la morte del marito, avvenuta nel 1578 in mare,
Sofonisba lasciò la Sicilia per raggiungere la Liguria. La pittrice lombarda, conobbe e
sposò, in seconde nozze, il nobile genovese Orazio Lomellini a Pisa nel 1579.
Tornata nel 1615 con il nuovo marito a
Palermo, dove egli aveva numerosi
interessi, Sofonisba continuò a dipingere
nonostante un forte calo della vista, ma
alla lunga questo problema le impedì di
continuare a esercitare la sua arte, non
prima di raggiungere una grandissima
fama, tanto che il celebre Antoon van
Dyck, succedutole come ritrattista
ufficiale della corte spagnola, confessò
tutta la sua ammirazione per l'arte di
Sofonisba Anguissola, che incontrò
personalmente verso la fine della vita
della pittrice, nel 1624 a Palermo presso
la corte del viceré di Sicilia Emanuele
Filiberto di Savoia. Sofonisba
Anguissola morì l'anno dopo, il 16
novembre1625, e fu sepolta nella chiesa
di San Giorgio, appartenente alla
Nazione Genovese di Palermo.
Sofonisba Anguissola, La Madonna
dell’Itria, 1578, Chiesa Madre di Santa
Maria dell’Alto di Paternò (CT)
Restaurata da Domenico Cretti presso il
Museo Civico Ala Ponzone di Cremona è
in atto esposta alla mostra di Palazzo Reale
a Milano, Le signore dell’arte, del 2021.
L'opera forse più importante e grande che
Sofonisba realizzò a Paternò nel 1578.
Da Milano farà ritorno in Sicilia nel 2022.
Sofonisba Anguissola (Cremona 1535-
Palermo 1625),
- Ritratto di Filippo II di Spagna, 1565 ca
- Ritratto di Elisabetta di Valois, 1562 ca
Sofonisba Anguissola
(Cremona 1535-Palermo 1625),
Ritratto, 1591
Sofonisba ritratta da Anton van
Dyck a Palermo il 12 luglio
1624
Artemisia Gentileschi (Roma 1593- Natoli 1653)
Figlia del noto artista Orazio, che la avviò alla pittura nel clima di passaggio dal
manierismo al barocco. La sua pittura passionale e a volte cruenta risente della
violenza espressiva del Caravaggio. Dopo la vicenda dello stupro, da parte del pittore
Agostino Tassi, e il relativo processo (che la vide accusare il suo violentatore al punto
da sottoporsi allo schiacciamento dei pollici per confermare l'attendibilità delle sue
accuse), che destò scalpore nella Roma dell'epoca, nel 1612 Artemisia - forse per
rendere meno pesante la propria situazione - sposò il fiorentino Pierantonio Stiattesi
trasferendosi a Firenze. Viaggiò molto tra Roma e Firenze, realizzando una serie di
importanti opere e facendo molte amicizie tra cui Galileo Galilei, con il quale si
scambieranno a lungo lettere. Nel 1621 partì con il padre alla volta di Genova, ma
l'anno seguente tornò a Roma per rimanervi tre anni. Nel 1627 circa si trasferì a
Napoli dove i suoi lavori riscossero un certo successo. Inoltre qui Artemisia instaurò
fecondi scambi culturali con pittori locali quali Bernardo Cavallino, Massimo
Stanzione, Francesco Guarino. Tra il 1639 e il 1641 si recò in Inghilterra, su richiesta
del re e per assistere il padre anziano e malato, fino alla morte di questi, lavorando a
più riprese per la corte e l'aristocrazia. Poi ritornò a Napoli, dove morì nel 1653.
Artemisia Gentileschi
(1593-1653),
Autoritratto come
allegoria della pittura
(1638)
Artemisia Gentileschi
(1593-1653), Giuditta e
Oloferne (1613)
Artemisia
Gentileschi
(Roma 1593-Napoli
1653), Autoritratto
come suonatrice di
liuto
Rosalia Novelli
(Monreale 1628-1688)
Figlia del famoso pittore monrealese
Pietro Novelli e di Costanza Adamo,
Rosalia Novelli sin da piccola
ricevette una buona istruzione e
frequentò la bottega del padre Pietro,
luogo d’incontro di pittori e
personaggi illustri. Secondo una
tradizione non documentata fu
insegnante di disegno e pittura della
ceroplasta Anna Fortino.
Subì l’influenza dei modi paterni, ma
anche della celebre Sofonisba.
Sant’Anna, Maria bambina, San
Gioacchino e Sant’Agnese di
Montepulciano, Chiesa di San Domenico
a Palermo
Anna Fortino (1673-1749) Cristo deposto, ceroplastica, Museo Diocesano
Palermo. Fu allieva di RosaliaNovelli
Rosalba Carriera (Venezia 7.10.
1675-15.4.1757) studiò sin da piccola
musica, pittura e ricamo, quest’ultima
attività era la più normale tra le coetanee.
Invece Rosalba si distaccò dagli stereotipi
del tempo, si levò di dosso il clichè della
damina frivola fondando addirittura un
circolo dove partecipavano illustri artisti
e letterati. Coltivò la passione per la
pittura, ricevendo riconoscimenti in tutta
Europa e commissioni per i suoi ritratti
da principi e principesse, arrivando fino
in Francia da Luigi XV. Durante il
soggiorno Parigino fece parte
dell’Accademia Reale, mentre era a
lavorare per Pierre Crozat. Riuscì anche a
entrare all’Accademia nazionale di San
Luca a Roma.
Nei ritratti a pastello di Rosalba Carriera
colpiscono i particolari dei volti: riusciva a
trasporre in pittura tutto ciò che vedeva,
rendendo con profondo realismo anche i
caratteri delle figure ritratte. In particolare
nei ritratti femminili, mai leziosi, i visi
risultano incredibilmente morbidi e delicati;
i vestiti, le perle, i merletti vengono messi
in risalto da una luce sempre molto viva e
particolarmente piena di grazia. Rosalba
aveva una grande attenzione per i tessuti,
probabilmente perché iniziò a disegnare
merletti per la madre.
L’artista, che non si sposò mai; ebbe forse
un solo grande amore, ricambiato, per
l’artista francese AntoineWatteau.
Ritratto di Antoine Watteau
Élisabeth Vigée Le Brun (Paris 1755-1842)
la geniale ritrattista prediletta da MarieAntoinette
1755 figlia di un pastellista visse in campagna fino a sei anni; tornata a Paris in collegio divenne
famosa per disegnare dappertutto, non solo nei quaderni ma anche sulle pareti!
A 11 anni tornò a casa e il padre, stupito dalla sua incredibile bravura, le predisse un futuro di
grande artista. Alla morte di questi, Élisabeth, disperata si immerse nell’arte del disegno e già a
15 anni, guidata dalla madre, si poteva considerare pittrice professionista.
1768 la madre, parrucchiera, si risposò con un ricco gioielliere e la famiglia si trasferì in rue
Saint-Honoré, di fronte al Palais Royal.
1770 giunse dall’Austria Marie Antoinette, divenendo Regina di Francia.
1775 Élisabeth donò due suoi ritratti all’Accademia reale di pittura e scultura dove venne
ammessa solo nel 1783 insieme alla sua rivale Adélaïde Labille-Guiard.
1775 nozze tra Élisabeth Vigée e Jean-Baptiste-Pierre Le Brun, pittore ma soprattutto bravo
mercante, ciò favorì in un certo senso la fortuna della moglie.
1780 ormai affermata artista diede alla luce la figlia Julie: sembra che continuasse a dipingere
anche durante le prime contrazioni, e a fatica lasciò i suoi pennelli per partorire.
1783 fu ammessa all’Accademia d’arte. Nonostante le maldicenze e le continue avance dei
suoi spasimanti, a causa della sua radiosa femminilità, l’artista era così presa dal lavoro da
condurre nel complesso un’esistenza virtuosa. Divenne la ritrattista ufficiale della regina e fu
contesa da tutti i nobili che le richiedono ritratti.
Nel 1801 scrisse: Tutto quello che ho dovuto sinora sopportare mi convince che la mia sola
felicità l’ho trovata nella pittura.
Nel 1789, nello studio del pittore Gabriel Briard, incontrò il pittore Joseph Vernet, beneficiando dei
suoi consigli e della sua protezione. Conobbe anche Hubert Robert e J. Baptiste Greuze, sarà
apprezzata anche da J.L.David.
L’artista mostra uno spirito razionale, pragmatico, non lascia niente al caso o al furor creativo. E’ il
periodo dell’Enciclopedie (1851, 1880), così anche il processo creativo della pittura va analizzato e
reso trasmissibile. Élisabeth Vigée-Lebrun scrisse infatti Conseils pour la peinture du portrait, 1769.
Anziana scrisse Souvenir, 1835-37, memorie della sua vita e dei suoi viaggi.
L’Illuminismo condurrà al Neoclassico, di cui Elisabeth intuisce il profondo significato passando,
nella produzione più tarda, dai valori ancorati al rococò a modi meno frivoli, preannunciando talvolta
il romanticismo.
Non era certo l’aspetto rivoluzionario del neoclassicismo che la interessava.
L’artista attingeva a modelli aulici: Raffaello, per i sentimenti, i fiamminghi per la brillantezza
cromatica, Rubens per la luce e Van Dick per esplorazione delle fisionomie e dei dettagli. Aveva
conosciuto le opere di questi artisti nei suoi viaggi, ma ancor prima nella casa del marito, mercante
d’arte, che la sollecitava a studiare i modi di questi maestri.
Nei suoi ritratti riusciva a esprimere una sensibilità epidermica ed emotiva con una grazia
sorprendente: riusciva a rendere belle anche le modelle più insignificanti. Intratteneva donne e uomini
con una conversazione spontanea e i tempi delle sedute erano sempre brevi. Quando scoppiò la
rivoluzione, prudentemente Elisabeth partì con la figlia, lasciando la città, il marito e i suoi beni. Fu
così che divenne la ritrattista contesa dalle principali corti europee: Roma, Napoli, Vienna, Londra,
San Pietroburgo, ecc. paesi dove lasciò molti capolavori, mentre si rifiutava di leggere i giornali, non
volendo sapere quali dei suoi amici fossero stati ghigliottinati a Parigi. Morirono tutti. Dopo l’esilio
durato 12 anni, l’artista aveva trovato nel 1802 una Francia molto cambiata, in particolare aveva perso
tutte le sue amicizie giustiziate con la ghigliottina. Scelse pertanto di vivere a Londra dal 1803 al
1805, poi tornò a Parigi e infine nel 1810 di stabilì a Louveciennes dove è sepolta.
Autoritratto e ritratto della figlia
Ritratto di Marie Antoinette
il doppio ritratto delle nipotine di
Caterina di Russia
Annetta Turrisi Colonna
(Palermo 1820-1848) è un’artista di
temperamento che muore a soli 28 anni.
Lo dimostrano le sue opere accademiche
e soprattutto questo piccolo paesaggio
conservato alla Gam di Palermo. Quanti
pittori nella prima metà dell’800 hanno
dipinto qualcosa di simile?
O’Tama Kiyohara (Tokyo
1861-1939)
Sposò lo scultore palermitano,
Vincenzo Ragusa, conosciuto a Tokyo
nel 1877 quando egli in quella città
fondò su incarico dell’imperatore la
scuola d’arte occidentale. Tornando
con lui a Palermo nel 1822 vi rimase
per 51 anni. Da una formazione
orientale, la sua pittura troverà modi
espressivi propri del naturalismo
ottocentesco occidentale. Insieme al
marito in Giappone collezionarono
4200 oggetti d’arte e artigianato del
luogo, che portarono a Palermo
fondando una scuola d’arte orientale.
O’Tama riprodusse a Tokyo ad acquerello alcuni degli oggetti di quella collezione
descrivendoli con una fedeltà impressionante. Poiché il Ministero non permise a Ragusa di
insegnare i modi e le tecniche orientali in Italia, imponendogli anche la chiusura del
museo con la sua collezione, egli fu costretto a venderla al museo Pigorini di Roma, dove
ancora è conservata ma non esposta. Ho esposto nella mostra allestita nel 2019 al Palazzo
reale di Palermo, O’Tama, Migrazione di Stili, alcuni degli acquerelli di O’Tama
confrontandoli con gli oggetti, prestati per l’occasione dal museo romano.
O’Tama Kiyohara, La notte dell’Ascensione, 1891
Educare alla parità parlando di Beni culturali
O’Tama Kiyohara (Tokyo 1861-1939), Il Trionfo di Bacco, m. 6x2
Educare alla parità parlando di Beni culturali
Berthe Morisot (Bourges 1841-
Parigi 1895)
Una delle più grandi artiste
dell’Impressionismo, nella sua vita
ha dovuto lottare contro i pregiudizi
di chi trovava disdicevole per una
donna la professione di pittrice, tanto
che, nel suo certificato di morte, sarà
identificata come “senza
professione”. Berthe nonostante il
notevole talento, non potè essere
accettata all’Acc. di Belle Arti in
quanto donna; frequentò quindi lo
studio del pittore accademico Joseph
Guichard, che la presentò a Corot,
sotto la cui guida imparò a dipingere
en plein air.
Nel 1864 fu ammessa al
Salon e vi partecipò
regolarmente fino al 1873.
Inseritasi nel gruppo
impressionista, nel 1874
sposò Eugène Manet, fratello
di Edouard, da cui avrà una
figlia, Julie. Edouard le farà
ben 11 ritratti.
Considerata l’unica donna
nell’ambito
dell’impressionismo, è
invece una tra tante,
ovviamente sconosciute
perché non erano imparentate
con artisti …
Berthe Morisot (1841-1895),
La culla, 1872
Camille Claudel (1864-1943)
Abbandonata dal compagno, il noto Auguste
Rodin, nel 1913, alla morte del padre, la
madre la farà internare per presunti problemi
di salute mentale, non ritenuti dai medici tali
da non poter vivere normalmente …
Benedetta Cappa Marinetti
(Roma 1897-1977)
Pittrice e scrittrice di area futurista,
era moglie di F. T. Marinetti, che
nel 1909 aveva fondato il
Futurismo, pubblicando sulle
pagine de Le Figaro il famoso
Manifesto. Benedetta, donna
straordinariamente bella e
intelligente, ha creato opere tra le
più interessanti del suo tempo, ma
naturalmente quasi dimenticate. Nel
2015 in una mostra sul Futurismo
allestita al Guggenheim di NY,
sembra che le opere più acclamate
siano state quelle di Benedetta,
realizzate per il Palazzo delle Poste
di Palermo nel 1934. Anche a
Palermo pochi le conoscono…
Palazzo delle Poste, Palermo, Sala delle conferenze
Il Palazzo fu progettato dall’Architetto Angiolo Mazzoni, all’interno si trovano ambienti in cui
il progettista si espresse in termini futuristi, facendo intervenire artisti di quell’area.
Nell’esplosione di colori di questa sala sono i cinque grandi pannelli di Benedetta Cappa, sul
tema delle comunicazioni con motivi dell’aeropittura.
Benedetta Cappa
Marinetti (Roma
1897-1977), Porto
Educare alla parità parlando di Beni culturali
Sonia Terk Delaunay (Odessa
1885-Parigi 1979)
Dalla Russia a Parigi seguì la
vorticosa vita intellettuale della
capitale francese dei primi decenni del
sec. XX. Sposò nel 1910 Robert
Delaunay e insieme porteranno avanti
una ricerca artistica non lontana dagli
esiti del cubismo (orfico). Una pittura
che affida ai giochi cromatici un ruolo
fondamentale. Sonia dalla pittura
trasferì alla moda le sue invenzioni
formali, con risultati di grande e
piacevole effetto. Arazzi e tessuti
rimangono a testimoniare la sua ricca
creatività.
Educare alla parità parlando di Beni culturali
Sonia Delaunay (1885-1979),
esercizi di moda
Tamara de Lempicka (Varsavia 1898-Messico 1980), è stata un’artista
che ha avuto grandi riconoscimenti in vita, pur non avendo sposato artisti.
Dopo la morte vi fu un periodo di silenzio sulla sua opera, ma da qualche anno
si moltiplicano le mostre a lei dedicate e sempre più vivo è l’interesse per i
suoi straordinari dipinti. Fuggita dalla Russia in seguito alla rivoluzione del
1917, si trasferì a Parigi, poi fu in America e ancora in Europa. Il suo
inconfondibile stile (Decò) si nutre di spunti futuristi e cubisti, ma anche della
grande pittura del Rinascimento e del Manierismo italiani, ma sempre nel suo
unico sofisticato linguaggio.
Tamara de Lempicka (Varsavia
1898-Messico 1980)
Educare alla parità parlando di Beni culturali
Georgia O’Keeffe
1887 nasce nel Wisconsin da una famiglia di coltivatori e compie i primi studi
1905 studia a Chicago e poi nel 1907 a NewYork
1916 conosce Alfred Stieglitz (1864-1946) e con lui inizia ad esporre
1924 diventa sua modella e si sposano
1929 si innamora dei paesaggi del New Mexico
1940 acquista Ghost Ranch a Santa Fé
1936 riceve da E. Arden 10.000 $ per un grande dipinto in una palestra a NY
1946 vedova, si trasferisce nel New Mexico
1977 riceve dal Presidente Gerald Ford la Medaglia Presidenziale della Libertà
1986 muore a Santa Fé (New Mexico)
Individualista e determinata Georgia ha
cercato la propria strada nel mondo dell’arte.
Dopo NY, nell’ambiente incontaminato del
Nuovo Messico ha trovato il luogo dove la sua
vita ha finito con identificarsi con l’arte stessa.
Gli incredibili fiori di
Georgia O’Keeffe
Educare alla parità parlando di Beni culturali
Frida Kahlo (Messico 1907-1954)
Figura complessa dalla vita travagliata, anche per problemi di salute (fu
vittima di un tragico incidente che la segnerà per la vita), era legata alla
rivoluzione messicana, anche per aver sposato l’artista Diego Rivera. La
sua è una pittura visionaria, spesso autobiografica. Quando dopo
l’incidente fu costretta a letto, i genitori le misero uno specchio sul soffitto
così potè realizzare la serie dei suoi autoritratti. Il folklore messicano unito
a surreali composizioni rendono la sua pittura carica di emozione.
La magica sorpresa di trovare un leone nell’armadio, dove credevi di
trovare le camicie.
Ho provato ad affogare i miei dolori, e mi hanno insegnato a nuotare.
La sua Casa Azul è ora il Museo Frida Kahlo, a Coyoacán, un sobborgo di
Città del Messico.
Educare alla parità parlando di Beni culturali
Educare alla parità parlando di Beni culturali
Topazia Alliata (Palermo 19013-Roma 2015)
Figlia del principe Enrico Alliata di Villafranca, a Bagheria da ragazza fu fidanzata di
Renato Guttuso, entrambi appassionati di pittura. Topazia desiderava frequentare l’Acc.
di BB.AA. di Palermo, ma in quanto donna non le era concesso. Per l’intervento
autorevole del padre, fu accolta alla Scuola libera del nudo, insieme ad altre ragazze.
Raccontava Topazia di aver disegnato in Accademia un’infinità di uomini visti di spalle
… In seguito, nel 1935, sposò Fosco Maraini con cui ebbe tre figlie, tra cui la famosa
scrittrice Dacia.
Topazia ritratta da Renato Guttuso,
due autoritari e ritratto di Fosco
Lia Pasqualino Noto (Palermo 1909-1998)
Lia Noto sposò il Dott. Guglielmo Pasqualino. Negli anni ‘30
fece parte con Guttuso e gli scultori Barbera e Franchina del
Gruppo dei Quattro, una delle esperienze artistiche italiane più
rilevanti del periodo tra le due guerre. Per un certo tempo
l’artista, giocando col cognome del marito, decise di firmare le
opere ‘Pasqualino Noto’, perché come donna non veniva presa in
considerazione …
Carol Rama (Torino 1918-2015)
E’ stata una delle artiste più trasgressive in assoluto. I primi lavori riflettono le angosce e le
fantasie di una giovane che ha vissuto aspetti traumatici della vita (come il suicidio del padre e
la malattia della madre). La sua prima mostra nel 1943 a Torino fu censurata per oscenità. Lei è
suggestionata dalla clinica psichiatrica dove fu ricoverata la madre e poi dal laboratorio di
pellicceria della stessa. Ha trattato il tema dell’erotismo all’epoca impensabile per una donna.
Nella lunga carriera ha ricevuto tanti riconoscimenti prestigiosi
e nel 2003 il Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia.
La prima è un’opera del 1938 e l’altra del 1940
Carol Rama
Senza titolo del 1949-50
Le siringhe del 1967
Carol Rama (Torino 1918-2015)
Nel 1971 con Liza Minnelli
e Andy Warhol a NY
Intervista a Carol Rama del
1983
Carol nel suo studio anni
90
Sortilegi 1986
Senza titolo (gomme) 1988
Carol ha anticipato linguaggi artistici come il Post-Human,
il Post-Organico, il New Neurotic Realism, la Bad
Painting, scegliendo una posizione nel complesso defilata,
perché scomoda a molti. I riconoscimenti veri al suo lavoro
d’artista sono giunti solo a partire dal 1980 da parte, non a
caso, di una donna, Lea Vergine, curatrice della mostra
milanese L’altra metà dell’avanguardia, in cui emergeva la
sua inconsueta personalità. Ancora Lea Vergine, nel 1985,
curava a Milano la mostra Carol Rama, eroica, esotica,
eretica. Carol da giovane era stata più volte sia alla
Biennale di Venezia (1948, ’50, ’56) che alla Quadriennale
di Roma (1948, ’51, ’55, ’59, ‘72). E’ ritornata alla
Biennale di Venezia nel 1993 con una personale curata da
Achille Bonito Oliva e ancora, nel 2003, per ricevere il
riconoscimento più ambito: il Leone d’oro alla carriera.
Pina Calì (1905-49)
Autoritratto
Maria Grazia Di Giorgio, (1910-1996),
Bovaro e Pescatrice, anni ‘30
M. Grazia Di Giorgio ha realizzato molti ritratti, eleganti composizioni
con vasi liberty e disegni a china sul giardino di Villa Trabia a Palermo.
M. Grazia Di Giorgio, Via Crucis
M. G. Di Giorgio, Vento sul Bosforo
Carla Accardi (1924-2014)
è stata un’artista siciliana
che ha vissuto quasi sempre
a Roma. Nel 1947 fondò
insieme ad altri artisti
(Antonio Sanfilippo, Pietro
Consagra, Dorazio, Attardi
ed altri) il Gruppo Forma 1,
rifiutando l’arte figurativa ed
esprimendosi attraverso
l’astrattismo.
Carla Accardi
(Trapani 1924-Roma 2014)
Educare alla parità parlando di Beni culturali
Educare alla parità parlando di Beni culturali
Architette a Palermo che hanno scritto, progettato e restaurato
nel sec. XX, ma come al solito dimenticate …
Alba Gulì (1928-91)
Margherita De Simone (1932-1990)
Luciana Natoli (1936-1978)
Anna Maria Fundarò (1936-1999)
con Ettore Sottsass
Rosalia la Franca (1947-1994)
Silvana Braida (1930-2001)
Architetti rivoluzionari del XX sec. come Wright, Le Corbusier e Mies van der Rohe hanno
avuto compagne o collaboratrici straordinarie ovviamente sono state messe da parte sia da
loro che dalla storia. Anche nel Bauhaus le donne non potevano seguire i corsi di
progettazione, ma solo quelli di tessitura e ceramica (adatti alle donne). Alcune di loro sono
riuscite a sfondare per la loro caparbietà, per far dire agli uomini: Si è brava come un
uomo!
Gae Aulenti (1927-2012)
Architetta e designer di fama
internazionale, ha firmato
progetti come il parigino Museo
d’Orsay, il museo della Catalogna
a Barcellona e tanto altro.
L’ultimo suo capolavoro è stato il
ripristino di Palazzo Branciforte a
Palermo (nella foto la biblioteca).
Dal 2004 Anisa (Associazione
Nazionale Insegnanti Storia dell’Arte),
per l’educazione all’arte, ha
organizzato ogni anno il ciclo di
conferenze Arte al femminile,
Trattatando circa 150 artiste di ogni
tempo e luogo.
ArteDonna
100 anni di arte
femminile in Sicilia
Albergo delle Povere
Palermo
2012
Maria Accascina (1898-1979) e
Jole Bovio Marconi (1897 -1986)
Due donne che nel campo dell’arte hanno dato moltissimo
alla Sicilia e non solo. La prima storica dell’arte e delle arti
applicate e la seconda archeologa
Angela Daneu Lattanzi (1901-1985)
Nata ad Alessandria d’Egitto, dove compì
gli studi, nel ‘20 a Roma frequentò
l’Università e l’Accademia di Santa
Cecilia. Sposata con lo storico Emilio
Lavagnino e diresse importanti
biblioteche. Nel ’37, dopo le seconde
nozze con Antonio Daneu, fu a Palermo a
dirigere la Biblioteca nazionale, e qui nel
corso della guerra opererà eroicamente
per salvare preziosi e rari volumi.
Esperta di codici miniati, fu anche
pittrice e figura di grande spessore
intellettuale e umano.
La visual culture femminista
nell’arte contemporanea
Superare la distinzione tra
storia biologica del corpo e
considerazioni culturali e sociali
che lo riguardano, è stata la
svolta decisiva che ha portato
al linguaggio performativo di
tante artiste degli ultimi decenni.
Il corpo è il luogo della violenza
subita dalle donne, ma anche il luogo
della differenza e della discriminazione.
Esso, sempre al centro dell’interesse
artistico dalla preistoria ad oggi,
nel nostro tempo ha assunto un
nuovo valore.
Il corpo non è in antitesi con lo spirito.
Nel 2018 è stata la prima donna ad
esporre a Palazzo Strozzi a Firenze.
Marina Abramovic (Belgrado 1946; vive a NewYork)
Ana Mendieta (L’Avana 1948-NY 1985). Ha un'infanzia felice,
ma nel 1961 lei e la sorella Raquelin vengono sradicate e portate
negli Stati Uniti, nell’ambito dell’operazione Peter Pan, un piano
anticomunista per "salvare" i bambini cubani all’indomani della
rivoluzione castrista. Inizia così un pellegrinaggio da un campo di
rifugiati ad un orfanotrofio, o in famiglie adottive, che le
procurerà una grave depressione.
Lavoro con il mio sangue e il mio corpo
Regina José Galindo (Città del Guatemala 1974). La sua opera ruota
attorno all’uso della propria corporeità per denunciare la violenza contro
le donne e più in generale quella sociale, politica e culturale della società.
Nelle sue performance, che definisce «atti di psicomagia» a sottolinearne
la carica emotiva e la sofferenza di cui si fanno portatrici, l’artista opera
con gestualità aggressiva sui propri limiti fisici e psicologici e trasforma
così il proprio corpo nel teatro di un conflitto permanente. Nella foto la
performance del 2015 all’Orto Botanico di Palermo.

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Educare alla parità parlando di Beni culturali

  • 1. Educare alla parità parlando di Beni culturali Maria Antonietta Spadaro 18 marzo 2021
  • 2. Art. 3 della Costituzione Italiana Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. La discriminazione di genere esiste nel linguaggio e si ripropone nelle pratiche sociali e culturali intersecandosi con i paradigmi rappresentativi di discriminazione sociale anche nella sfera artistica. Le lotte che le donne hanno dovuto sostenere per emergere in campo artistico sono incredibili, ne ricorderemo alcune: l’architettrice romana Plautilla Bricci, fu nel sec. XVII la prima donna ad occuparsi di architettura, Artemisia Gentileschi, Sofonisba Anguissola, Rosalba Carriera, Élisabeth Vigée Le Brun, Tamara De Lempscha, Frida Kahlo, ecc. Altre, come la scultrice Camille Claudel, finirono internate come pazze. Ma se in vita qualcuna emerse poi venne dimenticata, oscurandone la memoria. G. B. Moroni, Il sarto, (1570) Leonor Fini (1907-1996), Donna che cuce, (1970)
  • 3. Educare al pensiero critico Finiamo di considerare le donne tra le categorie disagiate: Poverina, è solo una donna! Lo sviluppo del pensiero critico è l’obiettivo principale dell’insegnamento nella Scuola. Ogni disciplina, attraverso le proprie linee curriculari, dovrebbe impostare la didattica proprio in quel senso, orientare cioè i giovani verso la lettura critica del presente. Perché ciò che è avvenuto finora non è detto che sia giusto. Per esempio è necessario soffermarsi su fatti che vengono considerati ‘normali’: - Nei libri di Storia dell’arte (di tutte le storie) la percentuale di donne è dello 0,01%, forse meno - Strade, piazze, ecc. intestate a donne in Italia sono il 4-5 % del totale e sempre sante o regine - Le sindache in Italia sono solo il 15 % del totale. Perché succede questo? Ecco iniziamo coll’insinuare il dubbio: facciamo conoscere quelle personalità femminili messe ingiustamente da parte dalla storia, scomode perché avrebbero oscurato i colleghi uomini, quella metà del genere umano, che ha sempre schiacciato la metà ‘debole’. Nelle scuole occorre evidenziare gli episodi artistici del territorio, della città in cui si vive, quelle poche opere realizzate da donne, le quali hanno lottato contro pregiudizi, arroganti discriminazioni, ridicolizzate nella loro voglia di imporsi in professioni per tanto tempo a loro precluse. L’unica differenza reale tra i due generi? Le donne creano la vita, procreano altri esseri umani, sono fisicamente diverse, meno forti nella muscolatura degli uomini. L’unico campo infatti in cui gli uomini sono superiori è nello sport. Per questo motivo si disputano gare distinte per i due sessi. Ma la legge 91/1981, recitava: “Sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori che esercitano l’attività sportiva […] regolamentate e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse”… e le donne? Solo nel 2020 un provvedimento di legge equipara le donne ai colleghi maschi, estendendo anche a loro le tutele sul professionismo sportivo. Tuttavia, mi risulta che le federazioni sportive non si sono ancora pronunciate per questo passaggio, per loro non indolore, da dilettanti a professioniste!
  • 4. Plautilla Bricci (Roma 1616-1705) Fu la prima ‘architettrice’ che si ricordi, ma fu anche pittrice molto apprezzata in vita e membro dell’Accademia di San Luca. Non si hanno notizie circa la sua formazione artistica, ma il padre viveva in un ambiente di pittori, allievi del Cavalier d’Arpino, nella cui bottega lavorò Caravaggio. Amica di suor Maria Eufrasia della Croce, sorella di Elpidio Benedetti - agente del Mazzarino e poi del re di Francia a Roma - da lui, col quale divennero molto amici, ebbe affidati i due importanti lavori cui si deve la fama. Infatti progettò la villa Benedetti (1663), sulla via Aurelia presso porta S. Pancrazio, denominata, per la sua forma, il Vascello, e nel 1664 il Benedetti incaricò Plautilla di decorare la cappella di San Luigi (terza a sinistra), nella chiesa di San Luigi dei Francesi, grazie ai suoi rapporti con la Francia. https://www.progettostoriadellarte.it/2020/11/25/plautilla-bricci-ritratto-di-una-rinnegata/ [Melania Mazzucco, L’architettrice] Madonna col Bambino, 1640 ca., S. M. in Montesanto, Roma
  • 5. La Villa di Elpidio Benedetti, detta il Vascello, sulla viaAurelia a Roma, 1663. Qui vediamo in un disegno il prospetto della villa verso il giardino, un’incisione di G. Vasi (1761), con la monumentale costruzione vista dalla strada, e un’incisione ottocentesca, poco prima della distruzione. In entrambe sullo sfondo Villa Corsini, anch’essa demolita.
  • 6. Villa Benedetti Si tratta di un progetto molto originale poiché il prospetto maggiore non dava sulla strada ma guardava verso il giardino, mentre quello su strada appariva come un vascello che sfida le onde. Alla base infatti la pietra di costruzione non è squadrata ma crea un mosso effetto scenografico. Fu distrutta nel 1849, durante l’assedio di Roma, pertanto non possiamo giudicare la ricchezza e l’originalità dei motivi architettonici e pittorici ormai perduti. I dipinti erano di Pietro da Cortona e della stessa Bricci.
  • 7. Dipinti di Plautilla Bricci Natività della Vergine, 1660 La presentazione del sacro cuore di Gesù al Padre Eterno, 1672, lunetta in alto La natività e la decollazione di San Giovanni Battista,1675, entrambe a Poggio Mirteto
  • 8. P.Bricci, la sontuosa cappella di San Luigi in San Luigi dei Francesi a Roma (1675)
  • 9. Sofonisba Anguissola (Cremona 1535-Palermo 1625) Nata dalla nobile famiglia degli Anguissola di Cremona, fu una delle prime esponenti femminili della pittura europea e partecipò come figura di spicco alla vita artistica delle corti italiane, data anche la sua competenza letteraria e musicale, ebbe una fitta corrispondenza con i più famosi artisti del suo tempo. Fu citata anche nelle Vite di Giorgio Vasari grazie a Michelangelo il quale sosteneva che la giovane fanciulla avesse talento. Fu il padre di Sofonisba a scrivere a Michelangelo e a mandargli i disegni della figlia. Fra quei disegni c'era anche un Fanciullo morso da un granchio, nel quale la giovanissima artista cremonese, allora poco più che ventenne, aveva colto l'espressione del dolore infantile con un'invenzione che piacque molto al grande artista fiorentino. Quella smorfia di dolore fermata da Sofonisba la ritroviamo poi nel Ragazzo morso dal ramarro di Caravaggio. Nel 1559 Sofonisba approdò alla corte di Filippo II di Spagna, come dama di corte della regina, Isabella. Fu la ritrattista della famiglia reale fino alla morte, 1568, della sua protettrice. Tuttavia alcuni suoi ritratti vennero successivamente attribuiti a un altro pittore … Nel 1573 sposò il nobile siciliano Fabrizio Moncada e si trasferì in Sicilia nel palazzo dei Moncada a Paternò. Con la morte del marito, avvenuta nel 1578 in mare, Sofonisba lasciò la Sicilia per raggiungere la Liguria. La pittrice lombarda, conobbe e sposò, in seconde nozze, il nobile genovese Orazio Lomellini a Pisa nel 1579.
  • 10. Tornata nel 1615 con il nuovo marito a Palermo, dove egli aveva numerosi interessi, Sofonisba continuò a dipingere nonostante un forte calo della vista, ma alla lunga questo problema le impedì di continuare a esercitare la sua arte, non prima di raggiungere una grandissima fama, tanto che il celebre Antoon van Dyck, succedutole come ritrattista ufficiale della corte spagnola, confessò tutta la sua ammirazione per l'arte di Sofonisba Anguissola, che incontrò personalmente verso la fine della vita della pittrice, nel 1624 a Palermo presso la corte del viceré di Sicilia Emanuele Filiberto di Savoia. Sofonisba Anguissola morì l'anno dopo, il 16 novembre1625, e fu sepolta nella chiesa di San Giorgio, appartenente alla Nazione Genovese di Palermo.
  • 11. Sofonisba Anguissola, La Madonna dell’Itria, 1578, Chiesa Madre di Santa Maria dell’Alto di Paternò (CT) Restaurata da Domenico Cretti presso il Museo Civico Ala Ponzone di Cremona è in atto esposta alla mostra di Palazzo Reale a Milano, Le signore dell’arte, del 2021. L'opera forse più importante e grande che Sofonisba realizzò a Paternò nel 1578. Da Milano farà ritorno in Sicilia nel 2022.
  • 12. Sofonisba Anguissola (Cremona 1535- Palermo 1625), - Ritratto di Filippo II di Spagna, 1565 ca - Ritratto di Elisabetta di Valois, 1562 ca
  • 14. Sofonisba ritratta da Anton van Dyck a Palermo il 12 luglio 1624
  • 15. Artemisia Gentileschi (Roma 1593- Natoli 1653) Figlia del noto artista Orazio, che la avviò alla pittura nel clima di passaggio dal manierismo al barocco. La sua pittura passionale e a volte cruenta risente della violenza espressiva del Caravaggio. Dopo la vicenda dello stupro, da parte del pittore Agostino Tassi, e il relativo processo (che la vide accusare il suo violentatore al punto da sottoporsi allo schiacciamento dei pollici per confermare l'attendibilità delle sue accuse), che destò scalpore nella Roma dell'epoca, nel 1612 Artemisia - forse per rendere meno pesante la propria situazione - sposò il fiorentino Pierantonio Stiattesi trasferendosi a Firenze. Viaggiò molto tra Roma e Firenze, realizzando una serie di importanti opere e facendo molte amicizie tra cui Galileo Galilei, con il quale si scambieranno a lungo lettere. Nel 1621 partì con il padre alla volta di Genova, ma l'anno seguente tornò a Roma per rimanervi tre anni. Nel 1627 circa si trasferì a Napoli dove i suoi lavori riscossero un certo successo. Inoltre qui Artemisia instaurò fecondi scambi culturali con pittori locali quali Bernardo Cavallino, Massimo Stanzione, Francesco Guarino. Tra il 1639 e il 1641 si recò in Inghilterra, su richiesta del re e per assistere il padre anziano e malato, fino alla morte di questi, lavorando a più riprese per la corte e l'aristocrazia. Poi ritornò a Napoli, dove morì nel 1653.
  • 19. Rosalia Novelli (Monreale 1628-1688) Figlia del famoso pittore monrealese Pietro Novelli e di Costanza Adamo, Rosalia Novelli sin da piccola ricevette una buona istruzione e frequentò la bottega del padre Pietro, luogo d’incontro di pittori e personaggi illustri. Secondo una tradizione non documentata fu insegnante di disegno e pittura della ceroplasta Anna Fortino. Subì l’influenza dei modi paterni, ma anche della celebre Sofonisba. Sant’Anna, Maria bambina, San Gioacchino e Sant’Agnese di Montepulciano, Chiesa di San Domenico a Palermo
  • 20. Anna Fortino (1673-1749) Cristo deposto, ceroplastica, Museo Diocesano Palermo. Fu allieva di RosaliaNovelli
  • 21. Rosalba Carriera (Venezia 7.10. 1675-15.4.1757) studiò sin da piccola musica, pittura e ricamo, quest’ultima attività era la più normale tra le coetanee. Invece Rosalba si distaccò dagli stereotipi del tempo, si levò di dosso il clichè della damina frivola fondando addirittura un circolo dove partecipavano illustri artisti e letterati. Coltivò la passione per la pittura, ricevendo riconoscimenti in tutta Europa e commissioni per i suoi ritratti da principi e principesse, arrivando fino in Francia da Luigi XV. Durante il soggiorno Parigino fece parte dell’Accademia Reale, mentre era a lavorare per Pierre Crozat. Riuscì anche a entrare all’Accademia nazionale di San Luca a Roma.
  • 22. Nei ritratti a pastello di Rosalba Carriera colpiscono i particolari dei volti: riusciva a trasporre in pittura tutto ciò che vedeva, rendendo con profondo realismo anche i caratteri delle figure ritratte. In particolare nei ritratti femminili, mai leziosi, i visi risultano incredibilmente morbidi e delicati; i vestiti, le perle, i merletti vengono messi in risalto da una luce sempre molto viva e particolarmente piena di grazia. Rosalba aveva una grande attenzione per i tessuti, probabilmente perché iniziò a disegnare merletti per la madre. L’artista, che non si sposò mai; ebbe forse un solo grande amore, ricambiato, per l’artista francese AntoineWatteau. Ritratto di Antoine Watteau
  • 23. Élisabeth Vigée Le Brun (Paris 1755-1842) la geniale ritrattista prediletta da MarieAntoinette 1755 figlia di un pastellista visse in campagna fino a sei anni; tornata a Paris in collegio divenne famosa per disegnare dappertutto, non solo nei quaderni ma anche sulle pareti! A 11 anni tornò a casa e il padre, stupito dalla sua incredibile bravura, le predisse un futuro di grande artista. Alla morte di questi, Élisabeth, disperata si immerse nell’arte del disegno e già a 15 anni, guidata dalla madre, si poteva considerare pittrice professionista. 1768 la madre, parrucchiera, si risposò con un ricco gioielliere e la famiglia si trasferì in rue Saint-Honoré, di fronte al Palais Royal. 1770 giunse dall’Austria Marie Antoinette, divenendo Regina di Francia. 1775 Élisabeth donò due suoi ritratti all’Accademia reale di pittura e scultura dove venne ammessa solo nel 1783 insieme alla sua rivale Adélaïde Labille-Guiard. 1775 nozze tra Élisabeth Vigée e Jean-Baptiste-Pierre Le Brun, pittore ma soprattutto bravo mercante, ciò favorì in un certo senso la fortuna della moglie. 1780 ormai affermata artista diede alla luce la figlia Julie: sembra che continuasse a dipingere anche durante le prime contrazioni, e a fatica lasciò i suoi pennelli per partorire. 1783 fu ammessa all’Accademia d’arte. Nonostante le maldicenze e le continue avance dei suoi spasimanti, a causa della sua radiosa femminilità, l’artista era così presa dal lavoro da condurre nel complesso un’esistenza virtuosa. Divenne la ritrattista ufficiale della regina e fu contesa da tutti i nobili che le richiedono ritratti. Nel 1801 scrisse: Tutto quello che ho dovuto sinora sopportare mi convince che la mia sola felicità l’ho trovata nella pittura.
  • 24. Nel 1789, nello studio del pittore Gabriel Briard, incontrò il pittore Joseph Vernet, beneficiando dei suoi consigli e della sua protezione. Conobbe anche Hubert Robert e J. Baptiste Greuze, sarà apprezzata anche da J.L.David. L’artista mostra uno spirito razionale, pragmatico, non lascia niente al caso o al furor creativo. E’ il periodo dell’Enciclopedie (1851, 1880), così anche il processo creativo della pittura va analizzato e reso trasmissibile. Élisabeth Vigée-Lebrun scrisse infatti Conseils pour la peinture du portrait, 1769. Anziana scrisse Souvenir, 1835-37, memorie della sua vita e dei suoi viaggi. L’Illuminismo condurrà al Neoclassico, di cui Elisabeth intuisce il profondo significato passando, nella produzione più tarda, dai valori ancorati al rococò a modi meno frivoli, preannunciando talvolta il romanticismo. Non era certo l’aspetto rivoluzionario del neoclassicismo che la interessava. L’artista attingeva a modelli aulici: Raffaello, per i sentimenti, i fiamminghi per la brillantezza cromatica, Rubens per la luce e Van Dick per esplorazione delle fisionomie e dei dettagli. Aveva conosciuto le opere di questi artisti nei suoi viaggi, ma ancor prima nella casa del marito, mercante d’arte, che la sollecitava a studiare i modi di questi maestri. Nei suoi ritratti riusciva a esprimere una sensibilità epidermica ed emotiva con una grazia sorprendente: riusciva a rendere belle anche le modelle più insignificanti. Intratteneva donne e uomini con una conversazione spontanea e i tempi delle sedute erano sempre brevi. Quando scoppiò la rivoluzione, prudentemente Elisabeth partì con la figlia, lasciando la città, il marito e i suoi beni. Fu così che divenne la ritrattista contesa dalle principali corti europee: Roma, Napoli, Vienna, Londra, San Pietroburgo, ecc. paesi dove lasciò molti capolavori, mentre si rifiutava di leggere i giornali, non volendo sapere quali dei suoi amici fossero stati ghigliottinati a Parigi. Morirono tutti. Dopo l’esilio durato 12 anni, l’artista aveva trovato nel 1802 una Francia molto cambiata, in particolare aveva perso tutte le sue amicizie giustiziate con la ghigliottina. Scelse pertanto di vivere a Londra dal 1803 al 1805, poi tornò a Parigi e infine nel 1810 di stabilì a Louveciennes dove è sepolta.
  • 25. Autoritratto e ritratto della figlia
  • 26. Ritratto di Marie Antoinette il doppio ritratto delle nipotine di Caterina di Russia
  • 27. Annetta Turrisi Colonna (Palermo 1820-1848) è un’artista di temperamento che muore a soli 28 anni. Lo dimostrano le sue opere accademiche e soprattutto questo piccolo paesaggio conservato alla Gam di Palermo. Quanti pittori nella prima metà dell’800 hanno dipinto qualcosa di simile?
  • 28. O’Tama Kiyohara (Tokyo 1861-1939) Sposò lo scultore palermitano, Vincenzo Ragusa, conosciuto a Tokyo nel 1877 quando egli in quella città fondò su incarico dell’imperatore la scuola d’arte occidentale. Tornando con lui a Palermo nel 1822 vi rimase per 51 anni. Da una formazione orientale, la sua pittura troverà modi espressivi propri del naturalismo ottocentesco occidentale. Insieme al marito in Giappone collezionarono 4200 oggetti d’arte e artigianato del luogo, che portarono a Palermo fondando una scuola d’arte orientale.
  • 29. O’Tama riprodusse a Tokyo ad acquerello alcuni degli oggetti di quella collezione descrivendoli con una fedeltà impressionante. Poiché il Ministero non permise a Ragusa di insegnare i modi e le tecniche orientali in Italia, imponendogli anche la chiusura del museo con la sua collezione, egli fu costretto a venderla al museo Pigorini di Roma, dove ancora è conservata ma non esposta. Ho esposto nella mostra allestita nel 2019 al Palazzo reale di Palermo, O’Tama, Migrazione di Stili, alcuni degli acquerelli di O’Tama confrontandoli con gli oggetti, prestati per l’occasione dal museo romano.
  • 30. O’Tama Kiyohara, La notte dell’Ascensione, 1891
  • 32. O’Tama Kiyohara (Tokyo 1861-1939), Il Trionfo di Bacco, m. 6x2
  • 34. Berthe Morisot (Bourges 1841- Parigi 1895) Una delle più grandi artiste dell’Impressionismo, nella sua vita ha dovuto lottare contro i pregiudizi di chi trovava disdicevole per una donna la professione di pittrice, tanto che, nel suo certificato di morte, sarà identificata come “senza professione”. Berthe nonostante il notevole talento, non potè essere accettata all’Acc. di Belle Arti in quanto donna; frequentò quindi lo studio del pittore accademico Joseph Guichard, che la presentò a Corot, sotto la cui guida imparò a dipingere en plein air.
  • 35. Nel 1864 fu ammessa al Salon e vi partecipò regolarmente fino al 1873. Inseritasi nel gruppo impressionista, nel 1874 sposò Eugène Manet, fratello di Edouard, da cui avrà una figlia, Julie. Edouard le farà ben 11 ritratti. Considerata l’unica donna nell’ambito dell’impressionismo, è invece una tra tante, ovviamente sconosciute perché non erano imparentate con artisti … Berthe Morisot (1841-1895), La culla, 1872
  • 36. Camille Claudel (1864-1943) Abbandonata dal compagno, il noto Auguste Rodin, nel 1913, alla morte del padre, la madre la farà internare per presunti problemi di salute mentale, non ritenuti dai medici tali da non poter vivere normalmente …
  • 37. Benedetta Cappa Marinetti (Roma 1897-1977) Pittrice e scrittrice di area futurista, era moglie di F. T. Marinetti, che nel 1909 aveva fondato il Futurismo, pubblicando sulle pagine de Le Figaro il famoso Manifesto. Benedetta, donna straordinariamente bella e intelligente, ha creato opere tra le più interessanti del suo tempo, ma naturalmente quasi dimenticate. Nel 2015 in una mostra sul Futurismo allestita al Guggenheim di NY, sembra che le opere più acclamate siano state quelle di Benedetta, realizzate per il Palazzo delle Poste di Palermo nel 1934. Anche a Palermo pochi le conoscono…
  • 38. Palazzo delle Poste, Palermo, Sala delle conferenze Il Palazzo fu progettato dall’Architetto Angiolo Mazzoni, all’interno si trovano ambienti in cui il progettista si espresse in termini futuristi, facendo intervenire artisti di quell’area. Nell’esplosione di colori di questa sala sono i cinque grandi pannelli di Benedetta Cappa, sul tema delle comunicazioni con motivi dell’aeropittura.
  • 41. Sonia Terk Delaunay (Odessa 1885-Parigi 1979) Dalla Russia a Parigi seguì la vorticosa vita intellettuale della capitale francese dei primi decenni del sec. XX. Sposò nel 1910 Robert Delaunay e insieme porteranno avanti una ricerca artistica non lontana dagli esiti del cubismo (orfico). Una pittura che affida ai giochi cromatici un ruolo fondamentale. Sonia dalla pittura trasferì alla moda le sue invenzioni formali, con risultati di grande e piacevole effetto. Arazzi e tessuti rimangono a testimoniare la sua ricca creatività.
  • 44. Tamara de Lempicka (Varsavia 1898-Messico 1980), è stata un’artista che ha avuto grandi riconoscimenti in vita, pur non avendo sposato artisti. Dopo la morte vi fu un periodo di silenzio sulla sua opera, ma da qualche anno si moltiplicano le mostre a lei dedicate e sempre più vivo è l’interesse per i suoi straordinari dipinti. Fuggita dalla Russia in seguito alla rivoluzione del 1917, si trasferì a Parigi, poi fu in America e ancora in Europa. Il suo inconfondibile stile (Decò) si nutre di spunti futuristi e cubisti, ma anche della grande pittura del Rinascimento e del Manierismo italiani, ma sempre nel suo unico sofisticato linguaggio.
  • 45. Tamara de Lempicka (Varsavia 1898-Messico 1980)
  • 47. Georgia O’Keeffe 1887 nasce nel Wisconsin da una famiglia di coltivatori e compie i primi studi 1905 studia a Chicago e poi nel 1907 a NewYork 1916 conosce Alfred Stieglitz (1864-1946) e con lui inizia ad esporre 1924 diventa sua modella e si sposano 1929 si innamora dei paesaggi del New Mexico 1940 acquista Ghost Ranch a Santa Fé 1936 riceve da E. Arden 10.000 $ per un grande dipinto in una palestra a NY 1946 vedova, si trasferisce nel New Mexico 1977 riceve dal Presidente Gerald Ford la Medaglia Presidenziale della Libertà 1986 muore a Santa Fé (New Mexico)
  • 48. Individualista e determinata Georgia ha cercato la propria strada nel mondo dell’arte. Dopo NY, nell’ambiente incontaminato del Nuovo Messico ha trovato il luogo dove la sua vita ha finito con identificarsi con l’arte stessa.
  • 49. Gli incredibili fiori di Georgia O’Keeffe
  • 51. Frida Kahlo (Messico 1907-1954) Figura complessa dalla vita travagliata, anche per problemi di salute (fu vittima di un tragico incidente che la segnerà per la vita), era legata alla rivoluzione messicana, anche per aver sposato l’artista Diego Rivera. La sua è una pittura visionaria, spesso autobiografica. Quando dopo l’incidente fu costretta a letto, i genitori le misero uno specchio sul soffitto così potè realizzare la serie dei suoi autoritratti. Il folklore messicano unito a surreali composizioni rendono la sua pittura carica di emozione. La magica sorpresa di trovare un leone nell’armadio, dove credevi di trovare le camicie. Ho provato ad affogare i miei dolori, e mi hanno insegnato a nuotare. La sua Casa Azul è ora il Museo Frida Kahlo, a Coyoacán, un sobborgo di Città del Messico.
  • 54. Topazia Alliata (Palermo 19013-Roma 2015) Figlia del principe Enrico Alliata di Villafranca, a Bagheria da ragazza fu fidanzata di Renato Guttuso, entrambi appassionati di pittura. Topazia desiderava frequentare l’Acc. di BB.AA. di Palermo, ma in quanto donna non le era concesso. Per l’intervento autorevole del padre, fu accolta alla Scuola libera del nudo, insieme ad altre ragazze. Raccontava Topazia di aver disegnato in Accademia un’infinità di uomini visti di spalle … In seguito, nel 1935, sposò Fosco Maraini con cui ebbe tre figlie, tra cui la famosa scrittrice Dacia. Topazia ritratta da Renato Guttuso, due autoritari e ritratto di Fosco
  • 55. Lia Pasqualino Noto (Palermo 1909-1998)
  • 56. Lia Noto sposò il Dott. Guglielmo Pasqualino. Negli anni ‘30 fece parte con Guttuso e gli scultori Barbera e Franchina del Gruppo dei Quattro, una delle esperienze artistiche italiane più rilevanti del periodo tra le due guerre. Per un certo tempo l’artista, giocando col cognome del marito, decise di firmare le opere ‘Pasqualino Noto’, perché come donna non veniva presa in considerazione …
  • 57. Carol Rama (Torino 1918-2015) E’ stata una delle artiste più trasgressive in assoluto. I primi lavori riflettono le angosce e le fantasie di una giovane che ha vissuto aspetti traumatici della vita (come il suicidio del padre e la malattia della madre). La sua prima mostra nel 1943 a Torino fu censurata per oscenità. Lei è suggestionata dalla clinica psichiatrica dove fu ricoverata la madre e poi dal laboratorio di pellicceria della stessa. Ha trattato il tema dell’erotismo all’epoca impensabile per una donna. Nella lunga carriera ha ricevuto tanti riconoscimenti prestigiosi e nel 2003 il Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia. La prima è un’opera del 1938 e l’altra del 1940
  • 58. Carol Rama Senza titolo del 1949-50 Le siringhe del 1967
  • 59. Carol Rama (Torino 1918-2015) Nel 1971 con Liza Minnelli e Andy Warhol a NY Intervista a Carol Rama del 1983 Carol nel suo studio anni 90
  • 60. Sortilegi 1986 Senza titolo (gomme) 1988 Carol ha anticipato linguaggi artistici come il Post-Human, il Post-Organico, il New Neurotic Realism, la Bad Painting, scegliendo una posizione nel complesso defilata, perché scomoda a molti. I riconoscimenti veri al suo lavoro d’artista sono giunti solo a partire dal 1980 da parte, non a caso, di una donna, Lea Vergine, curatrice della mostra milanese L’altra metà dell’avanguardia, in cui emergeva la sua inconsueta personalità. Ancora Lea Vergine, nel 1985, curava a Milano la mostra Carol Rama, eroica, esotica, eretica. Carol da giovane era stata più volte sia alla Biennale di Venezia (1948, ’50, ’56) che alla Quadriennale di Roma (1948, ’51, ’55, ’59, ‘72). E’ ritornata alla Biennale di Venezia nel 1993 con una personale curata da Achille Bonito Oliva e ancora, nel 2003, per ricevere il riconoscimento più ambito: il Leone d’oro alla carriera.
  • 62. Maria Grazia Di Giorgio, (1910-1996), Bovaro e Pescatrice, anni ‘30
  • 63. M. Grazia Di Giorgio ha realizzato molti ritratti, eleganti composizioni con vasi liberty e disegni a china sul giardino di Villa Trabia a Palermo.
  • 64. M. Grazia Di Giorgio, Via Crucis
  • 65. M. G. Di Giorgio, Vento sul Bosforo
  • 66. Carla Accardi (1924-2014) è stata un’artista siciliana che ha vissuto quasi sempre a Roma. Nel 1947 fondò insieme ad altri artisti (Antonio Sanfilippo, Pietro Consagra, Dorazio, Attardi ed altri) il Gruppo Forma 1, rifiutando l’arte figurativa ed esprimendosi attraverso l’astrattismo.
  • 70. Architette a Palermo che hanno scritto, progettato e restaurato nel sec. XX, ma come al solito dimenticate … Alba Gulì (1928-91) Margherita De Simone (1932-1990) Luciana Natoli (1936-1978)
  • 71. Anna Maria Fundarò (1936-1999) con Ettore Sottsass Rosalia la Franca (1947-1994) Silvana Braida (1930-2001) Architetti rivoluzionari del XX sec. come Wright, Le Corbusier e Mies van der Rohe hanno avuto compagne o collaboratrici straordinarie ovviamente sono state messe da parte sia da loro che dalla storia. Anche nel Bauhaus le donne non potevano seguire i corsi di progettazione, ma solo quelli di tessitura e ceramica (adatti alle donne). Alcune di loro sono riuscite a sfondare per la loro caparbietà, per far dire agli uomini: Si è brava come un uomo!
  • 72. Gae Aulenti (1927-2012) Architetta e designer di fama internazionale, ha firmato progetti come il parigino Museo d’Orsay, il museo della Catalogna a Barcellona e tanto altro. L’ultimo suo capolavoro è stato il ripristino di Palazzo Branciforte a Palermo (nella foto la biblioteca).
  • 73. Dal 2004 Anisa (Associazione Nazionale Insegnanti Storia dell’Arte), per l’educazione all’arte, ha organizzato ogni anno il ciclo di conferenze Arte al femminile, Trattatando circa 150 artiste di ogni tempo e luogo.
  • 74. ArteDonna 100 anni di arte femminile in Sicilia Albergo delle Povere Palermo 2012
  • 75. Maria Accascina (1898-1979) e Jole Bovio Marconi (1897 -1986) Due donne che nel campo dell’arte hanno dato moltissimo alla Sicilia e non solo. La prima storica dell’arte e delle arti applicate e la seconda archeologa
  • 76. Angela Daneu Lattanzi (1901-1985) Nata ad Alessandria d’Egitto, dove compì gli studi, nel ‘20 a Roma frequentò l’Università e l’Accademia di Santa Cecilia. Sposata con lo storico Emilio Lavagnino e diresse importanti biblioteche. Nel ’37, dopo le seconde nozze con Antonio Daneu, fu a Palermo a dirigere la Biblioteca nazionale, e qui nel corso della guerra opererà eroicamente per salvare preziosi e rari volumi. Esperta di codici miniati, fu anche pittrice e figura di grande spessore intellettuale e umano.
  • 77. La visual culture femminista nell’arte contemporanea Superare la distinzione tra storia biologica del corpo e considerazioni culturali e sociali che lo riguardano, è stata la svolta decisiva che ha portato al linguaggio performativo di tante artiste degli ultimi decenni. Il corpo è il luogo della violenza subita dalle donne, ma anche il luogo della differenza e della discriminazione. Esso, sempre al centro dell’interesse artistico dalla preistoria ad oggi, nel nostro tempo ha assunto un nuovo valore. Il corpo non è in antitesi con lo spirito. Nel 2018 è stata la prima donna ad esporre a Palazzo Strozzi a Firenze. Marina Abramovic (Belgrado 1946; vive a NewYork)
  • 78. Ana Mendieta (L’Avana 1948-NY 1985). Ha un'infanzia felice, ma nel 1961 lei e la sorella Raquelin vengono sradicate e portate negli Stati Uniti, nell’ambito dell’operazione Peter Pan, un piano anticomunista per "salvare" i bambini cubani all’indomani della rivoluzione castrista. Inizia così un pellegrinaggio da un campo di rifugiati ad un orfanotrofio, o in famiglie adottive, che le procurerà una grave depressione. Lavoro con il mio sangue e il mio corpo
  • 79. Regina José Galindo (Città del Guatemala 1974). La sua opera ruota attorno all’uso della propria corporeità per denunciare la violenza contro le donne e più in generale quella sociale, politica e culturale della società. Nelle sue performance, che definisce «atti di psicomagia» a sottolinearne la carica emotiva e la sofferenza di cui si fanno portatrici, l’artista opera con gestualità aggressiva sui propri limiti fisici e psicologici e trasforma così il proprio corpo nel teatro di un conflitto permanente. Nella foto la performance del 2015 all’Orto Botanico di Palermo.