SlideShare ist ein Scribd-Unternehmen logo
1 von 5
Downloaden Sie, um offline zu lesen
03Flores   8-05-2006       13:59      Pagina 31




             Saggi


             Perché il 2 giugno non è diventata
             la festa nazionale dell’Italia?

             di Marcello Flores



                   Ogni anno leggiamo con un senso di curiosità e anche d’invidia il modo
             in cui due grandi democrazie, la Francia e gli Stati Uniti, festeggiano la gior-
             nata dedicata alla loro identità collettiva: il 14 luglio per la Francia e il 4 lu-
             glio per gli Stati Uniti. La festa della “rivoluzione” e la festa dell’“indipen-
             denza” sono qualcosa di più di un richiamo a quell’evento lontano nel tempo,
             per quanto importante e fondativo esso abbia potuto essere. Quelle date sono
             divenute il simbolo dell’identità collettiva dei due paesi e, in qualche modo,
             l’incarnazione delle virtù pubbliche delle loro democrazie. La bandiera e l’in-
             no nazionale, senza quelle date, non avrebbero lo stesso significato e non pro-
             vocherebbero lo stesso scatto d’orgoglio di appartenenza che appare anch’es-
             so, misurato con quello dei cittadini italiani, decisamente straordinario per in-
             tensità e durata.
                   Non si vuole analizzare, naturalmente, quali siano stati i motivi e le moda-
             lità con cui in Francia e negli Stati Uniti l’identità nazionale abbia trovato in una
             data simbolica un momento di sintesi e al tempo stesso di diffusione e di propa-
             gazione. Quelle date, tuttavia, possono costituire un modello e un punto di rife-
             rimento per ragionare perché, in Italia, così non è avvenuto e ancora ci dibattia-
             mo, periodicamente, a cercare di trovare quale possa essere il giorno migliore
             per farlo diventare simbolo della nostra identità collettiva.
                   Nei due decenni successivi alla fine della guerra e alla nascita della Repub-
             blica – come può ricordare chiunque sia cresciuto in quel periodo e abbia fre-
             quentato le scuole primarie e secondarie – due sono state le date che si sono con-
             trapposte e con-divise l’attenzione identitaria e che sono state oggetto di scelte
             simboliche, di celebrazioni pubbliche, di manifestazioni patriottiche e politiche:
             il 25 aprile e il 4 novembre. Anche il 2 giugno, naturalmente, era un giorno di
             festa: ma con caratteristiche certamente diverse e meno rilevanti di quelle che
             venivano invece incarnate dalle altre due giornate.
                   Il 25 aprile, anniversario della Liberazione, rappresentava la data-simbolo
             dell’antifascismo; pur celebrata da tutte le forze politiche costituzionali, e spes-
             so con sincerità e intensità condivise, vedeva la partecipazione maggioritaria del
             “popolo della sinistra”, degli elettori social-comunisti che ritrovavano in que-
             st’occasione quella unità che nell’ambito della politica quotidiana si stava sem-

             «Storia e problemi contemporanei», n. 41, gennaio 2006
03Flores   8-05-2006   13:59   Pagina 32




               32                                                                   Marcello Flores

               pre più sgretolando a partire dalla sconfitta del 18 aprile 1948. Si trattava di una
               data che, nelle parole e nei messaggi della giornata, aveva un esplicito signifi-
               cato unitario, in cui la Resistenza si ammantava più di tricolore che delle ban-
               diere rosse presenti in maggioranza nelle piazze, anche se si trattava di un mes-
               saggio unitario spesso critico nei confronti del governo e comunque attento a ri-
               vendicare – come obiettivo primario – quello della legittimità politica di tutte le
               forze antifasciste e del ruolo fondante dei partiti antifascisti nella stesura della
               carta costituzionale: indicata come il risultato più significativo della lotta anti-
               fascista.
                     Nei sentimenti di chi partecipava a quella celebrazione, ma anche di chi la
               organizzava e ne curava la coreografia, l’elemento unitario era a volte un omag-
               gio superficiale, anche se sincero, dietro cui si presentava l’immagine di un an-
               tifascismo a forte egemonia comunista anche se lealmente “nazionale” e per
               nulla “rivoluzionario” (fu solo alla fine degli anni ’60 e nei primi anni ’70, in-
               fatti, ad opera della Nuova sinistra, che quella contrapposizione che covava an-
               cora nei sentimenti di molti ex partigiani venne esplicitata in modo chiaro e po-
               lemico). Coerentemente con l’ideologia del partito nuovo togliattiano e con una
               linea che dalla svolta di Salerno arriverà al compromesso storico senza grossi
               tentennamenti, la Liberazione costituiva il prius non soltanto cronologico, ma
               anche politico e ideale della Repubblica e della Costituzione; era in quella da-
               ta, quindi, che andava individuato il fondamento della vita pubblica post-fasci-
               sta uscita dalla guerra. La Costituzione, in qualche modo, veniva valorizzata
               proprio perché risultato della Resistenza più che per il proprio valore intrinse-
               co: come simbolo di quella “unità” tra le forze antifasciste che i comunisti era-
               no stati capaci di proiettare nell’intero dopoguerra malgrado il nuovo contesto
               della guerra fredda e la contrapposizione est-ovest che aveva diviso i partiti che
               avevano firmato insieme il patto costituzionale.
                     La democrazia repubblicana, e la stessa Costituzione, avevano un valore
               particolare proprio perché fondate sull’antifascismo; senza questa connotazio-
               ne avrebbero perso gran parte del fascino che esercitavano sulla sinistra: aliena
               a trovare nella democrazia in sé, senza aggettivi, un valore assoluto che merita-
               va difendere, diffondere e celebrare adeguatamente. Era il carattere “antifasci-
               sta” della Costituzione della Repubblica, infatti, a impedire alla sinistra di con-
               notare come genericamente borghese o liberale l’ordinamento costituzionale.
               Gli aspetti sociali e progressivi insiti nella Carta svolgevano un ruolo positivo
               sulla storia repubblicana solo per la presenza e il condizionamento costante che
               le forze della sinistra svolgevano all’interno del Parlamento e nelle lotte socia-
               li, condizionando il rapporto tra società e stato e rendendo sempre presente, in
               esso, la garanzia dell’antifascismo.
                     La data del 4 novembre costituiva, al contrario, la celebrazione della conti-
               nuità dell’apparato statale e delle istituzioni nazionali sul lungo periodo, inti-
               pendentemente dai regimi che si erano succeduti dal momento dell’unità d’Ita-
               lia in poi. Si celebrava, con il giorno della Vittoria, la Prima guerra mondiale co-
03Flores   8-05-2006    13:59     Pagina 33




             Perché il 2 giugno non è diventata la festa nazionale dell’Italia?               33

             me compimento e conclusione di quel processo di costruzione nazionale, che
             solo la battaglia irredentista sembrava aver portato a soluzione. Su questa data
             potevano convergere i nostalgici del regime fascista e i tanti tiepidi e “qualun-
             quisti” che proprio nell’immediato dopoguerra costituivano un terreno di lotta
             ed egemonia per il consenso ai partiti di massa; ma anche i “servitori” dello sta-
             to in senso più ampio, fossero gli ufficiali di un esercito repubblicano che si fon-
             dava sui valori di quello monarchico o fascista, o una burocrazia che proprio il
             fascismo aveva reso maggiormente autonoma e orgogliosa di sé e incapace nel-
             la sua totalità ad adattarsi fino in fondo alle nuove regole della democrazia, o
             ancora una magistratura che della propria indipendenza si faceva vanto per con-
             tinuare a rappresentare, in gran parte in continuità col fascismo, un puntello so-
             stanziale al potere politico invece che un suo contraltare di garanzia.
                   La versione repubblicana del 4 novembre mescolava il culto della vittoria
             militare – depurato dal mito della vittoria mutilata costruita dal nazionalismo e
             assunto dal fascismo – con una generica pietas per i morti in battaglia e a dife-
             sa della patria, facendone un momento metastorico di sentimento collettivo na-
             zional-popolare, cui poteva aderire pur se senza entusiasmo il popolo della sini-
             stra (in fondo l’interventismo democratico era stato un aspetto non secondario
             della Prima guerra mondiale). In molte occasioni, tuttavia, la rivendicazione na-
             zional-militare della data del 4 novembre fu occasione di contrapposizione, an-
             che se solo raramente esplicita, tra uno schieramento governativo e della destra
             istituzionale cui si aggiungeva l’estrema destra neofascista e l’ala sinistra dello
             schieramento costituzionale; anche se in realtà l’occasione fu più spesso legata
             ad avvenimenti in cui segmenti della società civile ponevano sotto accusa il mi-
             litarismo e la sua tradizione che sopravviveva ancora nell’Italia repubblicana.
             Per il partito di maggioranza e di governo, la Democrazia cristiana, l’esistenza
             del 4 novembre come contraltare e compensazione del 25 aprile rappresentava
             un’occasione unica per riaffermare la propria centralità e moderazione, aderen-
             do a entrambe le date con convinzione ma non completa identificazione, il pro-
             prio conservatorismo ma anche la propria lealtà alle istituzioni democratiche,
             interpretate nel senso di una rottura solo parziale con lo stato fascista e con la
             tradizione monarchica e della riaffermazione della continuità nazionale rivisita-
             ta attraverso la nuova egemonia di quella Chiesa che era stata umiliata proprio
             dal Risorgimento.
                   Il 2 giugno, pur formalmente giornata di festa e commemorazione alla “pa-
             ri” con le altre due date sopra ricordate, finiva per diventare una sorta di scaden-
             za pleonastica e secondaria, il momento “notarile” della nascita della Repubbli-
             ca (quello “sostanziale” venendo considerato il 25 aprile) e quello di puro ri-
             chiamo o sottolineatura del raggiungimento dell’unità nazionale (fissato nel 4
             novembre per rimarcare la continuità in versione clericale col nazionalismo).
             Nessun valore particolare veniva infatti attribuito a quella data da parte del go-
             verno e dei partiti dell’arco costituzionale. Ed essa si presentava come una ce-
             lebrazione ibrida e contraddittoria, che vedeva la ripetizione della parata milita-
03Flores   8-05-2006   13:59   Pagina 34




               34                                                                     Marcello Flores

               re del 4 novembre in forme più edulcorate e meno chiassose (legata in modo
               esplicito alla Nato e all’alleanza atlantica) affiancata all’omaggio retorico alla
               Carta costituzionale festeggiata in forma politico-diplomatica tutta interna al
               Palazzo del potere e che escludeva, nella sostanza, proprio il popolo su cui la
               Carta trovava il suo fondamento. Senza entrare adesso nel dibattito storiografi-
               co sul merito e sui limiti di una “Repubblica dei partiti”, sta di fatto che l’assun-
               zione della partecipazione popolare prevalentemente all’interno del sistema dei
               partiti, anche se con la verifica e la legittimazione del voto elettorale, escludeva
               di trovare un momento simbolico e unitario che fosse tale per l’intera totalità del
               popolo italiano e sulla base dei nuovi valori emersi con la fine della guerra (va-
               lori che incorporavano la Resistenza e l’antifascismo ma non potevano esaurir-
               si in esso) a livello europeo e internazionale oltre che italiano.
                     Lo scarso interesse per il 2 giugno ebbe la consacrazione nella sua aboli-
               zione di fatto, avvenuta nel 1977 ad opera del governo Andreotti-Cossiga con
               il beneplacito di tutte le forze costituzionali, che “spostò” alla prima domeni-
               ca di giugno la celebrazione della Repubblica e alla prima di novembre la
               commemorazione del 4 novembre. La volontà di recuperare alcune tra le trop-
               pe festività infrasettimanali presenti nel nostro calendario colpì, e non certo
               pour cause, proprio la festa che più di tutte avrebbe potuto rappresentare e ce-
               mentare la coesione e l’identità nazionale; e questo nel pieno della discussio-
               ne sul compromesso storico e della strategia di entente nationale o union sa-
               crée, o grande coalizione tra Dc e Pci che l’anno successivo il rapimento Mo-
               ro accelerò e sacrificò al tempo stesso. Mantenere il 25 aprile era indispensa-
               bile all’identità comunista, che stava entrando nella maggioranza e non vole-
               va venir tacciato di cedimento e imborghesimento totale; mentre il 2 giugno
               poteva essere facilmente sacrificato, tenuto conto che esso era stato sempre
               celebrato esclusivamente come vittoria della repubblica sulla monarchia e non
               come voto per l’Assemblea costituente da cui doveva nascere la nuova Italia
               democratica.
                     Quando il presidente Ciampi, durante la breve vita del governo Amato,
               reintrodusse nuovamente il 2 giugno come festività a tutti gli effetti, lo fece nel-
               l’ambito di quel recupero dell’identità nazionale italiana cui si è dedicato come
               parte fondamentale e rilevante del proprio mandato presidenziale. Senza volere
               affrontare criticamente questo aspetto cruciale del settennato Ciampi, che ha
               avuto comunque effetti e risultati importanti sul piano della modificazione del
               costume e degli atteggiamenti legati al problema dell’identità nazionale, biso-
               gna tuttavia sottolineare che il Presidente della repubblica non ha inteso punta-
               re prevalentemente sugli aspetti peculiari e originali del 2 giugno ma sull’inte-
               ro arco di strumenti e simboli utili alla rifondazione dell’identità nazionale de-
               gli italiani. Solo per questo, infatti, ha potuto sostenere, festeggiando la fine del-
               la grande carneficina del 1915-1918, che «il 4 novembre è un tassello essenzia-
               le nel percorso della memoria che ha il suo perno nella festa del 2 giugno, la na-
               scita, per volontà del popolo, della Repubblica».
03Flores   8-05-2006    13:59     Pagina 35




             Perché il 2 giugno non è diventata la festa nazionale dell’Italia?                 35

                  Il 2 giugno andava rivendicato come data unica e coerente della democra-
             zia italiana, in qualche modo contrapposta proprio al 4 novembre come festa
             dello Stato che si apriva alla democrazia e ripudiava la guerra. Trasformando il
             25 aprile in una grande festa di popolo, da lasciare gestire prevalentemente ai
             partiti antifascisti, ai comuni e alle organizzazioni di ex partigiani e di cittadini,
             con una più discreta e quindi meno invadente e retorica presenza delle istituzio-
             ni statali. Se non è stato possibile lo si deve alla mancanza di una forza, nell’im-
             mediato dopoguerra, che facesse della democrazia l’orizzonte principale della
             propria azione e del proprio programma; senza subordinare la difesa della de-
             mocrazia alla propria crescita e radicamento e ottenimento del consenso popo-
             lare. Ma anche ai profondi limiti, culturali ed etici prima ancora che politici, dei
             partiti che concorsero a fondare la Repubblica e a costrurine i tasselli fonda-
             mentali.

Weitere ähnliche Inhalte

Mehr von INSMLI

Offerta formativa INSMLI Milano per l'a.s. 2013-14
Offerta formativa INSMLI Milano per l'a.s. 2013-14Offerta formativa INSMLI Milano per l'a.s. 2013-14
Offerta formativa INSMLI Milano per l'a.s. 2013-14INSMLI
 
Nuovo portale INSMLI: alcune anticipazioni
Nuovo portale INSMLI: alcune anticipazioniNuovo portale INSMLI: alcune anticipazioni
Nuovo portale INSMLI: alcune anticipazioniINSMLI
 
Testimonianza di Agide Melloni, autista del 37
Testimonianza di Agide Melloni, autista del 37Testimonianza di Agide Melloni, autista del 37
Testimonianza di Agide Melloni, autista del 37INSMLI
 
Percorsi didattici di costruzione della memoria pubblica
Percorsi didattici di costruzione della memoria pubblicaPercorsi didattici di costruzione della memoria pubblica
Percorsi didattici di costruzione della memoria pubblicaINSMLI
 
La strage di Bologna: le vittime
La strage di Bologna: le vittimeLa strage di Bologna: le vittime
La strage di Bologna: le vittimeINSMLI
 
La strage di Bologna: i titoli dei giornali
La strage di Bologna: i titoli dei giornaliLa strage di Bologna: i titoli dei giornali
La strage di Bologna: i titoli dei giornaliINSMLI
 
La strage di Bologna: per saperne di più
La strage di Bologna: per saperne di piùLa strage di Bologna: per saperne di più
La strage di Bologna: per saperne di piùINSMLI
 
Discorso di Zangheri ai funerali
Discorso di Zangheri ai funeraliDiscorso di Zangheri ai funerali
Discorso di Zangheri ai funeraliINSMLI
 
Medaglia al valore civile a Bologna
Medaglia al valore civile a BolognaMedaglia al valore civile a Bologna
Medaglia al valore civile a BolognaINSMLI
 
Schede NAR e Loggia P2
Schede NAR e Loggia P2Schede NAR e Loggia P2
Schede NAR e Loggia P2INSMLI
 
La strage di Bologna: le notizie battute dalle agenzie
La strage di Bologna: le notizie battute dalle agenzieLa strage di Bologna: le notizie battute dalle agenzie
La strage di Bologna: le notizie battute dalle agenzieINSMLI
 
La strage di Bologna
La strage di BolognaLa strage di Bologna
La strage di BolognaINSMLI
 
Le stragi del secondo dopoguerra nei territori amministrati dall'esercito par...
Le stragi del secondo dopoguerra nei territori amministrati dall'esercito par...Le stragi del secondo dopoguerra nei territori amministrati dall'esercito par...
Le stragi del secondo dopoguerra nei territori amministrati dall'esercito par...INSMLI
 
Le vittime italiane della frontiera orientale (1920-1963)
Le vittime italiane della frontiera orientale (1920-1963)Le vittime italiane della frontiera orientale (1920-1963)
Le vittime italiane della frontiera orientale (1920-1963)INSMLI
 
La deportazione nelle zone di confine
La deportazione nelle zone di confineLa deportazione nelle zone di confine
La deportazione nelle zone di confineINSMLI
 
Il fascismo di confine
Il fascismo di confineIl fascismo di confine
Il fascismo di confineINSMLI
 
Le occupazioni italiane dei Balcani
Le occupazioni italiane dei BalcaniLe occupazioni italiane dei Balcani
Le occupazioni italiane dei BalcaniINSMLI
 
La comunità nazionale slovena e il mito della Trieste slovena
La comunità nazionale slovena e il mito della Trieste slovenaLa comunità nazionale slovena e il mito della Trieste slovena
La comunità nazionale slovena e il mito della Trieste slovenaINSMLI
 
I processi di integrazione di tre generazioni di italiani a Delft
I processi di integrazione di tre generazioni di italiani a DelftI processi di integrazione di tre generazioni di italiani a Delft
I processi di integrazione di tre generazioni di italiani a DelftINSMLI
 
«Semo stadi sai contenti de sentir le vostre vosi». Emigrazione e comunicazio...
«Semo stadi sai contenti de sentir le vostre vosi». Emigrazione e comunicazio...«Semo stadi sai contenti de sentir le vostre vosi». Emigrazione e comunicazio...
«Semo stadi sai contenti de sentir le vostre vosi». Emigrazione e comunicazio...INSMLI
 

Mehr von INSMLI (20)

Offerta formativa INSMLI Milano per l'a.s. 2013-14
Offerta formativa INSMLI Milano per l'a.s. 2013-14Offerta formativa INSMLI Milano per l'a.s. 2013-14
Offerta formativa INSMLI Milano per l'a.s. 2013-14
 
Nuovo portale INSMLI: alcune anticipazioni
Nuovo portale INSMLI: alcune anticipazioniNuovo portale INSMLI: alcune anticipazioni
Nuovo portale INSMLI: alcune anticipazioni
 
Testimonianza di Agide Melloni, autista del 37
Testimonianza di Agide Melloni, autista del 37Testimonianza di Agide Melloni, autista del 37
Testimonianza di Agide Melloni, autista del 37
 
Percorsi didattici di costruzione della memoria pubblica
Percorsi didattici di costruzione della memoria pubblicaPercorsi didattici di costruzione della memoria pubblica
Percorsi didattici di costruzione della memoria pubblica
 
La strage di Bologna: le vittime
La strage di Bologna: le vittimeLa strage di Bologna: le vittime
La strage di Bologna: le vittime
 
La strage di Bologna: i titoli dei giornali
La strage di Bologna: i titoli dei giornaliLa strage di Bologna: i titoli dei giornali
La strage di Bologna: i titoli dei giornali
 
La strage di Bologna: per saperne di più
La strage di Bologna: per saperne di piùLa strage di Bologna: per saperne di più
La strage di Bologna: per saperne di più
 
Discorso di Zangheri ai funerali
Discorso di Zangheri ai funeraliDiscorso di Zangheri ai funerali
Discorso di Zangheri ai funerali
 
Medaglia al valore civile a Bologna
Medaglia al valore civile a BolognaMedaglia al valore civile a Bologna
Medaglia al valore civile a Bologna
 
Schede NAR e Loggia P2
Schede NAR e Loggia P2Schede NAR e Loggia P2
Schede NAR e Loggia P2
 
La strage di Bologna: le notizie battute dalle agenzie
La strage di Bologna: le notizie battute dalle agenzieLa strage di Bologna: le notizie battute dalle agenzie
La strage di Bologna: le notizie battute dalle agenzie
 
La strage di Bologna
La strage di BolognaLa strage di Bologna
La strage di Bologna
 
Le stragi del secondo dopoguerra nei territori amministrati dall'esercito par...
Le stragi del secondo dopoguerra nei territori amministrati dall'esercito par...Le stragi del secondo dopoguerra nei territori amministrati dall'esercito par...
Le stragi del secondo dopoguerra nei territori amministrati dall'esercito par...
 
Le vittime italiane della frontiera orientale (1920-1963)
Le vittime italiane della frontiera orientale (1920-1963)Le vittime italiane della frontiera orientale (1920-1963)
Le vittime italiane della frontiera orientale (1920-1963)
 
La deportazione nelle zone di confine
La deportazione nelle zone di confineLa deportazione nelle zone di confine
La deportazione nelle zone di confine
 
Il fascismo di confine
Il fascismo di confineIl fascismo di confine
Il fascismo di confine
 
Le occupazioni italiane dei Balcani
Le occupazioni italiane dei BalcaniLe occupazioni italiane dei Balcani
Le occupazioni italiane dei Balcani
 
La comunità nazionale slovena e il mito della Trieste slovena
La comunità nazionale slovena e il mito della Trieste slovenaLa comunità nazionale slovena e il mito della Trieste slovena
La comunità nazionale slovena e il mito della Trieste slovena
 
I processi di integrazione di tre generazioni di italiani a Delft
I processi di integrazione di tre generazioni di italiani a DelftI processi di integrazione di tre generazioni di italiani a Delft
I processi di integrazione di tre generazioni di italiani a Delft
 
«Semo stadi sai contenti de sentir le vostre vosi». Emigrazione e comunicazio...
«Semo stadi sai contenti de sentir le vostre vosi». Emigrazione e comunicazio...«Semo stadi sai contenti de sentir le vostre vosi». Emigrazione e comunicazio...
«Semo stadi sai contenti de sentir le vostre vosi». Emigrazione e comunicazio...
 

Perché il 2 giugno non è diventata la festa nazionale dell’Italia?

  • 1. 03Flores 8-05-2006 13:59 Pagina 31 Saggi Perché il 2 giugno non è diventata la festa nazionale dell’Italia? di Marcello Flores Ogni anno leggiamo con un senso di curiosità e anche d’invidia il modo in cui due grandi democrazie, la Francia e gli Stati Uniti, festeggiano la gior- nata dedicata alla loro identità collettiva: il 14 luglio per la Francia e il 4 lu- glio per gli Stati Uniti. La festa della “rivoluzione” e la festa dell’“indipen- denza” sono qualcosa di più di un richiamo a quell’evento lontano nel tempo, per quanto importante e fondativo esso abbia potuto essere. Quelle date sono divenute il simbolo dell’identità collettiva dei due paesi e, in qualche modo, l’incarnazione delle virtù pubbliche delle loro democrazie. La bandiera e l’in- no nazionale, senza quelle date, non avrebbero lo stesso significato e non pro- vocherebbero lo stesso scatto d’orgoglio di appartenenza che appare anch’es- so, misurato con quello dei cittadini italiani, decisamente straordinario per in- tensità e durata. Non si vuole analizzare, naturalmente, quali siano stati i motivi e le moda- lità con cui in Francia e negli Stati Uniti l’identità nazionale abbia trovato in una data simbolica un momento di sintesi e al tempo stesso di diffusione e di propa- gazione. Quelle date, tuttavia, possono costituire un modello e un punto di rife- rimento per ragionare perché, in Italia, così non è avvenuto e ancora ci dibattia- mo, periodicamente, a cercare di trovare quale possa essere il giorno migliore per farlo diventare simbolo della nostra identità collettiva. Nei due decenni successivi alla fine della guerra e alla nascita della Repub- blica – come può ricordare chiunque sia cresciuto in quel periodo e abbia fre- quentato le scuole primarie e secondarie – due sono state le date che si sono con- trapposte e con-divise l’attenzione identitaria e che sono state oggetto di scelte simboliche, di celebrazioni pubbliche, di manifestazioni patriottiche e politiche: il 25 aprile e il 4 novembre. Anche il 2 giugno, naturalmente, era un giorno di festa: ma con caratteristiche certamente diverse e meno rilevanti di quelle che venivano invece incarnate dalle altre due giornate. Il 25 aprile, anniversario della Liberazione, rappresentava la data-simbolo dell’antifascismo; pur celebrata da tutte le forze politiche costituzionali, e spes- so con sincerità e intensità condivise, vedeva la partecipazione maggioritaria del “popolo della sinistra”, degli elettori social-comunisti che ritrovavano in que- st’occasione quella unità che nell’ambito della politica quotidiana si stava sem- «Storia e problemi contemporanei», n. 41, gennaio 2006
  • 2. 03Flores 8-05-2006 13:59 Pagina 32 32 Marcello Flores pre più sgretolando a partire dalla sconfitta del 18 aprile 1948. Si trattava di una data che, nelle parole e nei messaggi della giornata, aveva un esplicito signifi- cato unitario, in cui la Resistenza si ammantava più di tricolore che delle ban- diere rosse presenti in maggioranza nelle piazze, anche se si trattava di un mes- saggio unitario spesso critico nei confronti del governo e comunque attento a ri- vendicare – come obiettivo primario – quello della legittimità politica di tutte le forze antifasciste e del ruolo fondante dei partiti antifascisti nella stesura della carta costituzionale: indicata come il risultato più significativo della lotta anti- fascista. Nei sentimenti di chi partecipava a quella celebrazione, ma anche di chi la organizzava e ne curava la coreografia, l’elemento unitario era a volte un omag- gio superficiale, anche se sincero, dietro cui si presentava l’immagine di un an- tifascismo a forte egemonia comunista anche se lealmente “nazionale” e per nulla “rivoluzionario” (fu solo alla fine degli anni ’60 e nei primi anni ’70, in- fatti, ad opera della Nuova sinistra, che quella contrapposizione che covava an- cora nei sentimenti di molti ex partigiani venne esplicitata in modo chiaro e po- lemico). Coerentemente con l’ideologia del partito nuovo togliattiano e con una linea che dalla svolta di Salerno arriverà al compromesso storico senza grossi tentennamenti, la Liberazione costituiva il prius non soltanto cronologico, ma anche politico e ideale della Repubblica e della Costituzione; era in quella da- ta, quindi, che andava individuato il fondamento della vita pubblica post-fasci- sta uscita dalla guerra. La Costituzione, in qualche modo, veniva valorizzata proprio perché risultato della Resistenza più che per il proprio valore intrinse- co: come simbolo di quella “unità” tra le forze antifasciste che i comunisti era- no stati capaci di proiettare nell’intero dopoguerra malgrado il nuovo contesto della guerra fredda e la contrapposizione est-ovest che aveva diviso i partiti che avevano firmato insieme il patto costituzionale. La democrazia repubblicana, e la stessa Costituzione, avevano un valore particolare proprio perché fondate sull’antifascismo; senza questa connotazio- ne avrebbero perso gran parte del fascino che esercitavano sulla sinistra: aliena a trovare nella democrazia in sé, senza aggettivi, un valore assoluto che merita- va difendere, diffondere e celebrare adeguatamente. Era il carattere “antifasci- sta” della Costituzione della Repubblica, infatti, a impedire alla sinistra di con- notare come genericamente borghese o liberale l’ordinamento costituzionale. Gli aspetti sociali e progressivi insiti nella Carta svolgevano un ruolo positivo sulla storia repubblicana solo per la presenza e il condizionamento costante che le forze della sinistra svolgevano all’interno del Parlamento e nelle lotte socia- li, condizionando il rapporto tra società e stato e rendendo sempre presente, in esso, la garanzia dell’antifascismo. La data del 4 novembre costituiva, al contrario, la celebrazione della conti- nuità dell’apparato statale e delle istituzioni nazionali sul lungo periodo, inti- pendentemente dai regimi che si erano succeduti dal momento dell’unità d’Ita- lia in poi. Si celebrava, con il giorno della Vittoria, la Prima guerra mondiale co-
  • 3. 03Flores 8-05-2006 13:59 Pagina 33 Perché il 2 giugno non è diventata la festa nazionale dell’Italia? 33 me compimento e conclusione di quel processo di costruzione nazionale, che solo la battaglia irredentista sembrava aver portato a soluzione. Su questa data potevano convergere i nostalgici del regime fascista e i tanti tiepidi e “qualun- quisti” che proprio nell’immediato dopoguerra costituivano un terreno di lotta ed egemonia per il consenso ai partiti di massa; ma anche i “servitori” dello sta- to in senso più ampio, fossero gli ufficiali di un esercito repubblicano che si fon- dava sui valori di quello monarchico o fascista, o una burocrazia che proprio il fascismo aveva reso maggiormente autonoma e orgogliosa di sé e incapace nel- la sua totalità ad adattarsi fino in fondo alle nuove regole della democrazia, o ancora una magistratura che della propria indipendenza si faceva vanto per con- tinuare a rappresentare, in gran parte in continuità col fascismo, un puntello so- stanziale al potere politico invece che un suo contraltare di garanzia. La versione repubblicana del 4 novembre mescolava il culto della vittoria militare – depurato dal mito della vittoria mutilata costruita dal nazionalismo e assunto dal fascismo – con una generica pietas per i morti in battaglia e a dife- sa della patria, facendone un momento metastorico di sentimento collettivo na- zional-popolare, cui poteva aderire pur se senza entusiasmo il popolo della sini- stra (in fondo l’interventismo democratico era stato un aspetto non secondario della Prima guerra mondiale). In molte occasioni, tuttavia, la rivendicazione na- zional-militare della data del 4 novembre fu occasione di contrapposizione, an- che se solo raramente esplicita, tra uno schieramento governativo e della destra istituzionale cui si aggiungeva l’estrema destra neofascista e l’ala sinistra dello schieramento costituzionale; anche se in realtà l’occasione fu più spesso legata ad avvenimenti in cui segmenti della società civile ponevano sotto accusa il mi- litarismo e la sua tradizione che sopravviveva ancora nell’Italia repubblicana. Per il partito di maggioranza e di governo, la Democrazia cristiana, l’esistenza del 4 novembre come contraltare e compensazione del 25 aprile rappresentava un’occasione unica per riaffermare la propria centralità e moderazione, aderen- do a entrambe le date con convinzione ma non completa identificazione, il pro- prio conservatorismo ma anche la propria lealtà alle istituzioni democratiche, interpretate nel senso di una rottura solo parziale con lo stato fascista e con la tradizione monarchica e della riaffermazione della continuità nazionale rivisita- ta attraverso la nuova egemonia di quella Chiesa che era stata umiliata proprio dal Risorgimento. Il 2 giugno, pur formalmente giornata di festa e commemorazione alla “pa- ri” con le altre due date sopra ricordate, finiva per diventare una sorta di scaden- za pleonastica e secondaria, il momento “notarile” della nascita della Repubbli- ca (quello “sostanziale” venendo considerato il 25 aprile) e quello di puro ri- chiamo o sottolineatura del raggiungimento dell’unità nazionale (fissato nel 4 novembre per rimarcare la continuità in versione clericale col nazionalismo). Nessun valore particolare veniva infatti attribuito a quella data da parte del go- verno e dei partiti dell’arco costituzionale. Ed essa si presentava come una ce- lebrazione ibrida e contraddittoria, che vedeva la ripetizione della parata milita-
  • 4. 03Flores 8-05-2006 13:59 Pagina 34 34 Marcello Flores re del 4 novembre in forme più edulcorate e meno chiassose (legata in modo esplicito alla Nato e all’alleanza atlantica) affiancata all’omaggio retorico alla Carta costituzionale festeggiata in forma politico-diplomatica tutta interna al Palazzo del potere e che escludeva, nella sostanza, proprio il popolo su cui la Carta trovava il suo fondamento. Senza entrare adesso nel dibattito storiografi- co sul merito e sui limiti di una “Repubblica dei partiti”, sta di fatto che l’assun- zione della partecipazione popolare prevalentemente all’interno del sistema dei partiti, anche se con la verifica e la legittimazione del voto elettorale, escludeva di trovare un momento simbolico e unitario che fosse tale per l’intera totalità del popolo italiano e sulla base dei nuovi valori emersi con la fine della guerra (va- lori che incorporavano la Resistenza e l’antifascismo ma non potevano esaurir- si in esso) a livello europeo e internazionale oltre che italiano. Lo scarso interesse per il 2 giugno ebbe la consacrazione nella sua aboli- zione di fatto, avvenuta nel 1977 ad opera del governo Andreotti-Cossiga con il beneplacito di tutte le forze costituzionali, che “spostò” alla prima domeni- ca di giugno la celebrazione della Repubblica e alla prima di novembre la commemorazione del 4 novembre. La volontà di recuperare alcune tra le trop- pe festività infrasettimanali presenti nel nostro calendario colpì, e non certo pour cause, proprio la festa che più di tutte avrebbe potuto rappresentare e ce- mentare la coesione e l’identità nazionale; e questo nel pieno della discussio- ne sul compromesso storico e della strategia di entente nationale o union sa- crée, o grande coalizione tra Dc e Pci che l’anno successivo il rapimento Mo- ro accelerò e sacrificò al tempo stesso. Mantenere il 25 aprile era indispensa- bile all’identità comunista, che stava entrando nella maggioranza e non vole- va venir tacciato di cedimento e imborghesimento totale; mentre il 2 giugno poteva essere facilmente sacrificato, tenuto conto che esso era stato sempre celebrato esclusivamente come vittoria della repubblica sulla monarchia e non come voto per l’Assemblea costituente da cui doveva nascere la nuova Italia democratica. Quando il presidente Ciampi, durante la breve vita del governo Amato, reintrodusse nuovamente il 2 giugno come festività a tutti gli effetti, lo fece nel- l’ambito di quel recupero dell’identità nazionale italiana cui si è dedicato come parte fondamentale e rilevante del proprio mandato presidenziale. Senza volere affrontare criticamente questo aspetto cruciale del settennato Ciampi, che ha avuto comunque effetti e risultati importanti sul piano della modificazione del costume e degli atteggiamenti legati al problema dell’identità nazionale, biso- gna tuttavia sottolineare che il Presidente della repubblica non ha inteso punta- re prevalentemente sugli aspetti peculiari e originali del 2 giugno ma sull’inte- ro arco di strumenti e simboli utili alla rifondazione dell’identità nazionale de- gli italiani. Solo per questo, infatti, ha potuto sostenere, festeggiando la fine del- la grande carneficina del 1915-1918, che «il 4 novembre è un tassello essenzia- le nel percorso della memoria che ha il suo perno nella festa del 2 giugno, la na- scita, per volontà del popolo, della Repubblica».
  • 5. 03Flores 8-05-2006 13:59 Pagina 35 Perché il 2 giugno non è diventata la festa nazionale dell’Italia? 35 Il 2 giugno andava rivendicato come data unica e coerente della democra- zia italiana, in qualche modo contrapposta proprio al 4 novembre come festa dello Stato che si apriva alla democrazia e ripudiava la guerra. Trasformando il 25 aprile in una grande festa di popolo, da lasciare gestire prevalentemente ai partiti antifascisti, ai comuni e alle organizzazioni di ex partigiani e di cittadini, con una più discreta e quindi meno invadente e retorica presenza delle istituzio- ni statali. Se non è stato possibile lo si deve alla mancanza di una forza, nell’im- mediato dopoguerra, che facesse della democrazia l’orizzonte principale della propria azione e del proprio programma; senza subordinare la difesa della de- mocrazia alla propria crescita e radicamento e ottenimento del consenso popo- lare. Ma anche ai profondi limiti, culturali ed etici prima ancora che politici, dei partiti che concorsero a fondare la Repubblica e a costrurine i tasselli fonda- mentali.