2. Presentazione
Mi presento, sono Martina, una ragazza come molte
altre che ha deciso di seguire un desiderio per
poterlo realizzare. Dopo aver perso metà gamba in
un incidente stradale all’età di 18 anni, ho dovuto
ricominciare quasi da zero per poter riprendermi la
mia vita, la mia normalità. La mia condizione di
disabile non mi si addiceva, volevo sentirmi ancora
abile nel fare qualcosa. Quindi «gambe in spalla» e
via, verso una nuova esperienza, verso un mondo a
me sconosciuto, quello della disabilità. Ho potuto
capire davvero che un disabile è prima di tutto una
persona e che i veri impedimenti a volte sono quelli
mentali, di chi ha pregiudizi o vuole confinare il
«diverso» in una categoria, per sentirsi più al sicuro.
3. Un giorno, stanca di perdere pullman per 5
metri, stanca di non poter andare veloce, correre
spensierata con l’aria che rinfresca il viso sudato, ho
sentito che era giunto il momento di pensare anche
al mio lato sportivo, messo in secondo piano quando
la priorità era quella di tornare a camminare. Così
grazie ad una nuova protesi ho iniziato a correre, così
per provare. Col tempo ho preso sempre più
domestichezza con il nuovo «strumento» e dunque
anche la passione è cresciuta, grazie all’esempio di
ragazzi che si allenavano con me in Spagna l’anno
scorso. Loro amavano l’atletica e mi ha trasmesso
questa voglia di allenarmi con più
costanza, elemento fondamentale per raggiungere
un qualsiasi obiettivo.
4. Londra è arrivata più in fretta di quanto mi sarei
immaginata. Lo stadio, la gente, il boato, gli atleti di tutto
il mondo, essere protagonista e spettatrice di un evento
così unico e grandioso mi ha resa orgogliosa di esser lì, in
rappresentanza del mio paese. Il mio momento era
arrivato, dopo anni di allenamenti e pensieri, notti insonni
in cui mi sognavo la gara più importante. « Ora o mai più!»
pensai.. E così fu! Lo sparo, gli spilli che pervadevano il mio
corpo, la testa svuotata di colpo e le gambe che
andavano da sole, anche la protesi era (ed è) parte di
me. Il sogno si è avverato In quella medaglia ci sono
concentrati gli anni di divertimento e sacrificio, la mia
famiglia sempre al mio fianco, i miei amici che m’han
sempre sostenuta con entusiasmo, gli allenatori che mi
han motivata, la determinazione che dà uno schiaffo alla
beffa della vita con un sorriso, cura di ogni male.
5. Mi chiamano così, ora però devo
continuare a lottare per mantenere o
migliorare le mie prestazioni. È giusto
accontentarsi a volte, ma credo di
avere ancora tanta strada da fare. Il
pensiero che tiene viva la mia voglia di
correre è un po’ la curiosità di capire
qual è il vero limite a cui posso arrivare,
dove sta quel filo oltre il quale non si può
più andare? Vedremo