1. Giovedi 16.02.2012
Analisi
Il nordista Monti cancella la Banca
del Sud di Tremonti
FRANCESCO CLEMENTE
Del gigante da 7.000 sportelli sognato da Giulio Tremonti e che aveva destato più di
una perplessità è rimasto poco. Mancano banche di credito cooperativo e Popolari e
la rete degli uffici postali (che doveva essere disseminata per tutto il Mezzogiorno)
si è ridotta, da 7.500, a 50. La Banca del Mezzogiorno scompare per decisione del
del nuovo governo, non convinto dall’idea di rendere di nuovo pubblica una banca
che, nel ’94 e ’99, era stata privatizzata.
ECONOMIA
16 febbraio 2012 - 12:04
È nata la Banca del Mezzogiorno, ha le ali spezzate e nessuno se ne è accorto. Gli
ultimi decreti attuativi sui bond sono stati approvati dal governo Monti, ma poco o
nulla rimane dell’istituto di credito per il Sud pensato sin dal 2008 da Tremonti per
finanziare la nascita di nuove imprese e rilanciare l’occupazione. Mancano sia le
banche di credito cooperativo che le Popolari; l’iniziale base operativa teorizzata
dal Tesoro con l’advisor industriale Poste Italiane su 7.500 sportelli si è ridotta ad
una rete di appena 50 uffici postali. Le linee di credito attivate non finanziano la
2. nascita di nuove aziende, ma sostengono solo investimenti a medio e lungo
termine, così come faceva MedioCredito Centrale (Mcc), acquistata poi dalla
società di Massimo Sarmi per formare la cosiddetta “Banca del Sud”.
La Banca del Mezzogiorno (“Banca del Sud” era già attiva a Napoli dal 2006) è
nata dopo un stallo tecnico-istituzionale durato due anni. Prima la scelta
dell’advisor, poi le trattative sull’azionariato con banche di credito cooperativo e
Popolari, infine l’individuazione della governance e il complicato processo di
autorizzazioni legato sia all’acquisizione di Mcc da Unicredit (con l’ok dell’Autorità
garante della concorrenza e del mercato) che all’approvazione dello statuto da
parte di Bankitalia.
BdM è partita il 2 febbraio scorso dopo l’atteso via libera regolamentare di
Palazzo Koch che già a maggio dello scorso anno aveva autorizzato la trattativa
con la società di Dieter Rampl. Il capitale sociale ammonta a poco più di 132 milioni
di euro e nei prossimi due anni, secondo le stime, dovrebbero consentire
finanziamenti per 1,5 miliardi di euro, attraverso parte dei cosiddetti “Tremonti
bond”, autorizzati con decreti attuativi dal governo di Mario Monti. I titoli di risparmio
per il Sud (dal nome dell’ex ministro dell’Economia) ammontano a 3 miliardi di bond
(validi per tutti) con un regime fiscale agevolato del 5% contro il 12,5% di altri
strumenti di pari durata presenti sul mercato. La revisione di bilancio è stata invece
affidata alla Kpmg.
L’intera operazione è costata 350 milioni di euro, di cui 136 milioni per
l’acquisto di Mcc e circa 200 milioni per dare corpo e cassa ad una struttura da
210 dipendenti (per ora). Ma nonostante tutti i quattrini messi sul piatto dallo Stato,
il nuovo istituto di credito si ritrova nella stessa sede del Mediocredito a Roma (via
Piemonte 51) e nel territorio dove è chiamata ad operare non ha né uffici né filiali
proprie: per chiedere prestiti, le imprese del Sud devono prima cercare il logo (sole
mare e tricolore) negli uffici postali e poi mettersi in fila accanto a bollettini e
raccomandate. L’operatività creditizia è infatti all’interno di appena 50 sportelli di
Poste Italiane (per lo più Posteimpresa), presenti in Campania (18), Puglia (13),
Sicilia (10), Sardegna (3), Abruzzo (3), Molise (1), Basilicata (1) e Calabria (1) Un
rete di commercializzazione che a regime, stando alle autorizzazioni di Via
Nazionale, dovrebbe salire fino a 250 sportelli nei prossimi anni.
Nel consiglio di amministrazione di Bdm ci sono tutti: lo stesso Massimo Sarmi
al vertice, Andrea Montanino (già dirigente generale del Tesoro) come
vicepresidente, Franco Carraro e Mauro Marè consiglieri. Dal 16 gennaio scorso,
manca “solo” l’amministratore delegato che ha stilato il piano industriale siglato a
dicembre: Piero Luigi Montani (ex Antonveneta) si è dimesso dopo appena quattro
mesi per andare dritto alla Banca popolare di Milano, dove nel frattempo è stato
nominato consigliere di gestione nel Consiglio di sorveglianza. Tra i dirigenti,
invece, spiccano Piero Cirrito, ex Banco di Sicilia e Credito Siciliano, nominato
capo del settore credito, gli “interni” Antonella Baldino, numero uno della divisione
incentivi, e Paolo Martella a capo di BancoPosta al posto di Carlo Enrico, tra i più
convinti sostenitori dell’iniziativa, ma poi tagliato fuori per le sue presunte ambizioni
da amministratore delegato.
3. Il progetto del governo Berlusconi è stato ridimensionato e con alcuni
paradossi. A rileggere i programmi fissati con la Finanziaria 2010 (legge 191 del
23 dicembre 2009) e poi consegnati nelle mani del mai del tutto operativo
“Comitato promotore, la “Banca del Sud” avrebbe dovuto servirsi dell’ampia rete di
banche di credito cooperativo e Popolari e, tra le altre cose, sostenere di forza la
nascita di nuove imprese, l’imprenditoria giovanile e femminile. Nella nuova Bdm,
invece, di soci privati nemmeno l’ombra (anche se a capo del Comitato c’era
proprio Augusto dell’Erba, presidente della Federazione Puglia e Basilicata delle
Bcc) e le linee di credito attivate non prevedono un solo euro a start up né
agevolazioni a iniziative imprenditoriali con particolar riferimento a età o genere.
Nelle lunghe trattative sull’azionariato forte, l’unico accordo con Bcc e
Popolari era stato trovato sul funding da affidare alla Cassa depositi e prestiti
(70% in mano al Tesoro e 30% a fondazioni bancarie). Per il resto, tutti gli attori
sono rimasti ai blocchi di partenza: Poste Italiane in prima linea con i progetti di
sviluppo sul banking (favoriti dai provvedimenti del Tesoro), Bcc e Popolari convinte
al contrario della scarsa esperienza bancaria della società di Sarmi e perciò
irremovibili nel chiedere il controllo di almeno il 60% della futura “Banca del Sud”.
Le intese, in realtà, sono tramontate anche per i malumori intorno
all’operazione dello Stato su Mcc. Bcc e Popolari sono infatti rimaste al palo per
mesi con un interrogativo: perché spendere soldi per rendere di nuovo pubblica una
banca già privatizzata negli anni ’94 e ’99, rinominarla in “Banca del Mezzogiorno –
Mcc” sapendo già in anticipo di legarne l’accesso al credito sempre al Fondo di
garanzia per le Pmi gestito unicamente dallo stesso MedioCredito?
Le linee di finanziamento di Bdm, “linea impresa” e “linea
agricoltura”, escludono poi dai crediti anche enti finanziari e assicurativi,
amministrazioni o controllate pubbliche, attività di famiglie e convivenze come
datori di lavoro, organizzazioni ed organismi extraterritoriali, imprese no profit o in
fase di start up. Per ottenere i finanziamenti, le aziende, dichiarate
“economicamente e finanziariamente sane” in base ai dati contabili degli ultimi due
esercizi, devono aver sede legale in una delle otto regioni del Sud e aprire uno dei
due conti di Poste per l’accredito diretto (Conto BancoPosta in Proprio e Conto
BancoPosta Impresa).
In ogni caso, la “linea impresa” mette a disposizione di micro, piccole e medie
imprese mutui da 10mila fino a 200mila euro con rate mensili e durata fino a 10
anni (minimo 18 mesi) per investimenti o esigenze finanziarie collegate all’attività
d’impresa (escluso il consolidamento delle passività) ammissibili al Fondo di
Garanzia Pmi (legge 662/96). La “linea agricoltura”, invece, prevede gli stessi
crediti ad aziende agricole, agroalimentari o ittiche, ma con pagamenti fino a sei
mesi per spese di miglioramento fondiario, innovazione tecnologica e commerciale
dei prodotti, costruzione e acquisto di beni immobili, ammissibili al Fondo di
garanzia in mano alla Società di gestione fondi per l’agroalimentare (Sgfa) e
all’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea).
4. E MedioCredito? Se Banca del Mezzogiorno svolgerà attività di banca di
garanzia (compresi i consorzi di garanzia collettiva dei fidi), Mcc continuerà a
gestire fondi pubblici (comunitari, nazionali e regionali) e strumenti agevolativi per il
sistema produttivo nazionale.
I dubbi restano ancora molti. A cominciare da quelli del governo Monti sui riflessi
che la Banca dovrebbe avere a breve-lungo termine sul mercato del lavoro nel Sud
come teorizzato da Tremonti. Poi, come spiegato in qualche modo dal ministro
dello Sviluppo economico (e primo ad di Poste dal ‘98 al 2002), Corrado Passera,
intorno alla prospettiva finanziaria della banca se si procederà allo scorporo di
Bancoposta da Poste Italiane. In più, in relazione alle scelte dei cacciatori di teste
(su tutti la Russel Reynolds) per il successore di Montani sulla poltrona di
amministratore delegato.
Il famoso “gigante con 7mila sportelli” sognato da Tremonti si è seduto e, non
da ultimo, sembra scemato soprattutto il feeling con i vertici di Via XX Settembre. Il
cambio di passo è anche nella stessa conferenza stampa per il lancio della Banca:
in pompa magna nel marzo di due anni fa alla presenza di Berlusconi, Tremonti,
Claudio Scajola (titolare del Mise) e Vittorio Grilli, allora vice direttore generale del
Tesoro e oggi viceministro nel governo tecnico; del tutto in sordina il 9 febbraio
scorso quando per la presentazione ufficiale è stato scelto il Senato e all’appello
mancavano Monti, Passera e lo stesso Grilli. C’erano soltanto l’ex sottosegretario
all’Economia, Antonio Gentile (Pdl), e come ovvio Tremonti che un minuto prima
annunciava depositi personali in BdM e un secondo dopo sosteneva che «a volte
sono le banche a fare le rapine». Se ne sarà accorta la Banca del Mezzogiorno?
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