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Milano, 29 ottobre 2018
PACE FISCALE SPORTIVA
Pace fiscale sportiva: un provvedimento che aiuterà quegli animatori che mettono tanta passione
nello sport. Con un tetto di 30mila euro.
Ma che cosa è la pace fiscale sportiva? Proviamo ad illustrare le misure per le società sportive
dilettantistiche contenute nella Legge di bilancio.
Come per gli altri contribuenti, alle Ssd e Asd iscritte al Coni è stata concessa la possibilità di
presentare per gli anni di imposta 2013-2016 ancora accertabili, e non oggetto di accertamento o
contenzioso, una “dichiarazione integrativa speciale” per correggere errori o riparare ad omissioni,
integrando gli imponibili dichiarati di non oltre il 30% e nel limite di 100mila euro annui, e
pagando la maggiore Iva dovuta secondo l’aliquota ordinaria (o media) e le altre imposte secondo
l’aliquota del 20%, senza sanzioni ed interessi.
Per gli anni di imposta ancora accertabili e non oggetto di controllo (2013 – 2016), le Ssd e le Asd
iscritte al Coni avranno la possibilità di presentare, per ciascun anno, entro il 31 luglio 2019, una
dichiarazione integrativa speciale per integrare gli imponibili ai fini delle imposte dirette, ritenute,
contributi previdenziali, Irap e Iva, già a suo tempo dichiarati, e correggere errori ed omissioni.
L’integrazione degli imponibili è ammessa, nel limite di 100mila euro annui e non oltre il 30% di
quanto dichiarato. In caso di dichiarazione senza debito di imposte a causa di perdite,
l’integrazione è ammessa sino a 30mila euro.
In relazione al maggior imponibile dichiarato con l’integrativa speciale, per ciascun periodo
d’imposta, verranno calcolate imposte sostitutive determinate applicando un’aliquota: del 20% sul
maggior imponibile, ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive
sui redditi, dei contributi previdenziali e di Irap; del 20% ai fini delle maggiori ritenute; un’aliquota
media ai fini Iva (ove non sia possibile determinare l’aliquota media, l’imposta sostitutiva verrà
determinata secondo l’aliquota ordinaria).
L’integrativa non può essere presentata dalle Ssd e Asd che non hanno presentato le dichiarazioni
anche solo per uno degli anni dal 2013 al 2016.
Inoltre, l’integrativa non può essere presentata nel caso in cui nei confronti delle Ssd e Asd siano
iniziati accessi, o le stesse abbiano notizia di accertamenti intrapresi nei loro confronti.
Per accedere a questa definizione sarà necessario inviare una dichiarazione speciale e pagare
spontaneamente, in un’unica soluzione entro il 31 luglio 2019 o in 10 rate semestrali, l’importo
delle imposte sostitutive determinate secondo le modalità indicate, esclusa la compensazione. In
caso di mancato pagamento delle imposte sostitutive, alle prescritte scadenze, l’invio della
dichiarazione integrativa speciale è titolo per la riscossione delle imposte dovute secondo gli
imponibili integrati.
In presenza di avvisi di accertamento, avvisi di rettifica e liquidazione, atti di recupero, inviti al
contraddittorio, notificati e per i quali, alla data del 24 ottobre 2018, non sono ancora scaduti i
termini di proposizione del ricorso, le Asd e le Ssd potranno regolarizzare la propria posizione con
il versamento di un importo pari al 50% delle maggiori imposte accertate – fatta eccezione per l’Iva
dovuta per intero – ed al 5% delle sanzioni comminate e degli interessi.
Infine, le Ssd e le Asd potranno procedere alla definizione agevolata dei contenziosi pendenti.
La definizione degli avvisi di accertamento ancora impugnabili, così come la definizione agevolata
delle liti pendenti, è tuttavia preclusa e, dunque, non ammessa qualora l’ammontare di ciascuna
imposta accertata o in contestazione sia superiore a 30mila euro.
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IL DECRETO FISCALE E’ STATO PUBBLICATO IN GAZZETTA
Le misure del decreto fiscale sono entrate in vigore il 24.10.2018
In data 23.10.2018 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto fiscale che è entrato in
vigore il 24.10.2018. Si tratta di una data importante non solo per il decorso normativo del decreto,
ma anche perché molte delle disposizioni in esso contenute, prime fra tutte quelle sui
condoni, fanno riferimento a tale data, che costituirà pertanto da spartiacque tra chi ad
esempio potrà usufruire della definizione agevolata dei processi verbali di constatazione (art. 1) –
perché consegnati entro il 24.10.2018 - e chi invece non potrà farlo, perché consegnati
successivamente. Un altro esempio, in tal senso, è il condono relativo allo stralcio delle mini-
cartelle (art. 4): i debiti di importo residuo fino a 1.000 Euro, calcolato fino al 24.10.2018, saranno
automaticamente cancellati dall’Agenzia delle Entrate. Anche la definizione delle liti pendenti (art.
6) è legata alla data di entrata in vigore del decreto: ai fini dell’adesione, infatti, è necessario che
entro il 24.10.2018 sia stato notificato il ricorso alla controparte.
La macchina dei condoni va via veloce e non c’è da perdere tempo per chi intende aderirvi; le
date previste per la definizione di molte sanatorie sono vicine. Basti pensare al termine del
23.11.2018 (30 giorni dal 24.10.2018), per sottoscrivere la proposta di definizione con il fisco di
atti di accertamento (art. 2), risparmiando così sanzioni ed interessi. Si ricorda poi la data del 7
dicembre per coloro che intendono saldare le rate del 2018 della rottamazione-bis ed usufruire, per
le restanti, della rottamazione-ter.
Nella relazione illustrativa al decreto fiscale non è specificato l’importo quantificabile che
deriverebbe dalla dichiarazione integrativa speciale, mentre è stimata una perdita di oltre 41 milioni
di Euro nel 2018 e di 3 milioni di Euro nel 2019 (che poi andranno in positivo per 1,6 miliardi dal
2020, e per oltre 2 miliardi dal 2021) per l’effetto combinato della rottamazione-ter e dello stralcio
delle mini cartelle.
ECO BONUS E SISMA BONUS: BONIFICO ANCHE PER LE IMPRESE MINORI
Il pagamento deve avvenire tramite bonifico, ed il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui è
avvenuto il pagamento, secondo il principio di cassa
Con la risposta all’interpello n. 46/2018, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le imprese che
adottano il principio di cassa devono saldare le spese sostenute per il risparmio energetico e
l’adeguamento antisismico tramite bonifico per poter fruire delle relative detrazioni
d’imposta. Le spese, inoltre, rilevano nel momento dell’effettivo pagamento, secondo il
principio di cassa.
L’istanza di interpello in oggetto era stata inoltrata da una società che, al fine di realizzare degli
alloggi turistici, aveva acquistato delle unità immobiliari ed eseguito interventi di ristrutturazione
edilizia e risparmio energetico. L’impresa adotta il principio di cassa e chiede all’Agenzia delle
Entrate:
se le spese sostenute per l’adeguamento antisismico ed il risparmio energetico si possano
considerare sostenute nel momento dell’effettivo pagamento, con obbligo di utilizzare il bonifico
bancario ai fini della fruizione delle detrazioni fiscali;
oppure se tali spese si considerino effettuate in base al principio di competenza, quindi al
momento in cui le prestazioni si considerano ultimate, con possibilità di pagare con altri mezzi
tracciabili diversi dal bonifico.
L’Agenzia delle Entrate risponde che ai fini della fruizione delle detrazioni fiscali per
ristrutturazione/risparmio energetico, le spese sostenute per riqualificazione energetica e
l’adeguamento antisismico rilevano nel momento dell’effettivo pagamento, secondo il principio di
cassa, con obbligo di effettuare il pagamento tramite bonifico, bancario o postale.
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L’Agenzia giunge a tale conclusione richiamando precedenti documenti di prassi, in particolare:
la Circolare 7/E del 27.04.2018, in cui aveva chiarito che l’obbligo di pagamento tramite
bonifico, previsto per i soggetti persone fisiche private, non vale anche per i titolari di reddito
d’impresa, il cui reddito è determinato secondo il principio di competenza, in quanto il momento
dell’effettivo pagamento non assume rilevanza;
la Circolare 11/E del 13.04.2017, in cui, ricordando che per le imprese in contabilità
semplificata il regime naturale è quello di cassa, evidenzia che si tratta comunque di un sistema
misto, dove alcune componenti continuano a seguire le regole della competenza.
L’Agenzia pertanto conclude che le imprese minori, ai fini delle detrazioni fiscali, devono
certificare le spese sostenute per gli interventi di risparmio energetico e di adeguamento
antisismico attraverso uno strumento di pagamento tracciabile come il bonifico, a prescindere
dall’opzione per la contabilità ordinaria. Pertanto, il diritto alla detrazione scatta nell’anno in cui
è stato effettuato il bonifico.
DICHIARAZIONE INTEGRATIVA SPECIALE, LA VERSIONE DEFINITIVA NEL
DECRETO FISCALE
La dichiarazione integrativa speciale consentirà uno sconto di imposte sui maggiori imponibili
integrati per i periodi d’imposta dal 2013 al 2016.
La dichiarazione integrativa speciale altro non è che una dichiarazione integrativa, da
presentare entro e non oltre il 31.05.2019 (unica finestra temporale concessa) per sanare le
violazioni commesse nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d'imposta compresi tra il
2013 ed il 2016.
Come tutte le dichiarazioni integrative, è necessario che siano state validamente presentate le
dichiarazioni originarie; pertanto, chi ha omesso la presentazione di una dichiarazione, non può
accedere al beneficio dell’integrativa. Attenzione, però, perché nella versione definitiva del decreto
fiscale si dice che l’integrativa speciale è inibita a coloro che non hanno presentato le dichiarazioni
fiscali anche solo per uno dei periodi d’imposta previsti (2013-2016).
Nel decreto fiscale è specificato che deve trattarsi di dichiarazioni dei redditi relative:
ai periodi d’imposta compresi tra il 2013 ed il 2016;
alle seguenti imposte:
o imposte sui redditi e relative addizionali;
o imposte sostitutive delle imposte sui redditi;
o ritenute;
o contributi previdenziali;
o Irap;
o Iva.
Attraverso l'integrativa speciale potranno essere integrati gli imponibili dichiarati in origine:
entro il limite di 100.000 Euro:
o per ciascuna imposta;
o e per ciascun periodo d'imposta,
con il limite del 30% di quanto dichiarato;
resta fermo il limite complessivo di 100.000 Euro di imponibile annuo per cui è
possibile l’integrazione, che costituisce pertanto una sorta di plafond massimo.
La diversità, rispetto ad una dichiarazione integrativa normale, è data dal fatto che i maggiori
imponibili che risultano dalle modifiche apportate alla dichiarazione, sconteranno un'imposta
sostitutiva, anziché le imposte ordinarie. L'aliquota dell'imposta sostitutiva sarà più bassa rispetto
alle aliquote ordinarie:
il 20% sul maggior imponibile;
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un'aliquota media ai fini IVA risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle
operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili ed il volume
d’affari dichiarato. Nei casi in cui sia impossibile determinare l’aliquota media si potrà applicare
l’aliquota ordinaria.
Le somme dovute dovranno essere versate, senza possibilità di utilizzare compensazioni di
crediti d’imposta o utilizzo di perdite fiscali pregresse, entro il 31.07.2019 in un’unica soluzione.
In alternativa, sarà possibile il pagamento rateale in 10 rate semestrali di pari importo. In tal caso la
prima rata dovrà essere versata entro il 30.09.2019. Se l’importo dovuto non viene versato in tutto
o in parte, entro i termini previsti, la dichiarazione integrativa speciale è titolo per la riscossione
delle imposte dovute in base agli imponibili in essa indicati e, in questo caso la sanzione
amministrativa applicabile è pari al 30% delle somme non versate, ridotta alla metà in caso di
versamento eseguito entro i trenta giorni successivi alla scadenza stessa.
Alla dichiarazione integrativa speciale si applicano le regole ordinarie delle dichiarazioni
integrative sullo slittamento dei termini di accertamento; pertanto, i termini di decadenza
dovranno essere calcolati a partire dall’anno di presentazione della dichiarazione integrativa,
e non di quella originaria, anche se limitatamente agli elementi oggetto di integrazione.
Non è possibile accedere alla dichiarazione integrativa speciale se il contribuente ha avuto formale
conoscenza di accessi, ispezioni e verifiche o altre attività amministrative di accertamento, come
inviti o questionari.
ACCERTAMENTI, DEFINIZIONE AGEVOLATA ENTRO IL 23 NOVEMBRE 2018
Potranno aderire alla definizione agevolata solo quelli notificati entro il 24.10.2018
Il decreto fiscale prevede la possibilità di definire una serie di atti impositivi, non ancora
impugnati, pagando le sole imposte dovute, senza sanzioni o interessi.
Si tratta, in particolare, degli avvisi di accertamento, di rettifica, di liquidazione e atti di
recupero, notificati entro il 24.10.2018 (data di entrata in vigore del Decreto fiscale), non
impugnati e ancora impugnabili entro la stessa data.
Il versamento dovrà avvenire entro il 23.11.2018 (30 giorni dalla data di entrata in vigore del
Decreto fiscale) oppure, se più ampio, entro il termine di proposizione del ricorso, in un’unica
soluzione o come prima rata, senza possibilità di compensazione. Sarà possibile rateizzare
l’importo dovuto in un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo. Il mancato pagamento di
una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento di quella successiva, comporta la
decadenza dal beneficio della rateazione, e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di
imposta, interessi e sanzioni.
Entro 10 giorni dal versamento dell’importo dovuto, come unica o prima rata, il contribuente deve
far pervenire all’Ufficio la quietanza di pagamento. Nel caso in cui le imposte si riferiscano a più
coobbligati solidali, il perfezionamento da parte di uno vale anche per gli altri.
La definizione agevolata si applica anche:
agli inviti a comparire: entro il 23.11.2018 potranno essere definiti gli inviti a comparire
notificati entro il 24.10.2018, con il versamento delle maggiori somme indicate in tali inviti;
agli accertamenti con adesione sottoscritti entro il 24.10.2018, non ancora perfezionati. I
contribuenti potranno allora versare entro il 13.11.2018 (entro 20 giorni dall’entrata in vigore
del decreto fiscale) le maggiori imposte definite negli accertamenti con adesione ai fini delle
imposte sui redditi, dell’IVA, e delle imposte indirette.
Nel testo del decreto non sono stati richiamati gli atti di contestazione o di irrogazione delle
sanzioni, che quindi sembrerebbero al momento esclusi dalla sanatoria.
Non sono poi definibili tramite la procedura gli atti emessi nell’ambito della procedura di
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collaborazione volontaria («voluntary disclosure»), finalizzata all’emersione delle attività
finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori del territorio dello Stato.
ZONA FRANCA URBANA SISMA 2016: NUOVI BENEFICIARI
Il Mise aggiorna l’elenco dei beneficiari ammessi alle agevolazioni fiscali e contributive previste
per le zone colpite dal sisma del centro Italia del 2016
Con il decreto direttoriale del 22.10.2018 del Ministero dello Sviluppo Economico, sono
stati aggiornati gli elenchi dei beneficiari ammessi alle agevolazioni previste per la Zona franca
urbana (introdotta all’art. 46, DL n. 50/2017), nei comuni delle regioni Lazio, Umbria, Marche e
Abruzzo, colpiti dagli eventi sismici iniziati il 24 agosto 2016.
L’aggiornamento ha comportato l’integrazione degli elenchi allegati al precedente decreto del 28
maggio 2018, con l’ingresso di altri quattro soggetti ammessi all’agevolazione, indicati
all’allegato 3b e 5b del decreto del 22.10.2018.
Si ricorda che le agevolazioni, valevoli per i soli periodi d’imposta 2017-2018, prevedono:
per le imprese, l’esenzione fiscale sulle imposte sui redditi/Irap e Imu, nonché
contributiva/assistenziale (esclusi i premi per l’assicurazione obbligatoria infortunistica);
per i lavoratori autonomi l’esenzione dai contributi previdenziali/assistenziali.
Si ricorda che la Legge di Bilancio 2018 ha modificato la disciplina, prevedendo:
che le agevolazioni spettino anche ai soggetti che hanno la sede principale o l'unità locale
nei comuni di Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo, indicati nell'Allegato 2 al DL 189/2016, che
hanno subìto nel periodo dal 1° novembre 2016 al 28 febbraio 2017 una riduzione del fatturato
almeno pari al 25% rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente (articolo 1, comma
745);
l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali (con esclusione dei
premi per l'assicurazione obbligatoria infortunistica) a favore dei titolari di imprese individuali o di
imprese familiari, che hanno subìto, a seguito del terremoto, una riduzione del fatturato almeno pari
al 25% nel periodo dal 1° settembre 2016 al 31 dicembre 2016, rispetto al corrispondente periodo
del 2015 (articolo 1, comma 746).
PROCESSI VERBALI DI CONSTATAZIONE (PVC): DEFINIZIONE AGEVOLATA NEL
DECRETO FISCALE
Prevista la proroga di due anni dei termini di accertamento per i PVC consegnati entro il
24.10.2018
Il decreto fiscale prevede che i contribuenti possano regolarizzare gli importi che derivano dai
processi verbali di constatazione (PVC), purché consegnati entro il 24.10.2018 (data di entrata
in vigore del decreto fiscale) e purché, sempre entro tale data, non sia stato ancora notificato un
avviso di accertamento o ricevuto un invito al contraddittorio.
Merita sottolineare che la norma fa riferimento al “contenuto integrale dei processi verbali di
constatazione”, facendo presumere, pertanto, che la definizione sia possibile purché venga
definito il contenuto integrale del processo verbale. Questo risulta essere un grosso limite alla
procedura considerato che, tramite il ravvedimento operoso, il contribuente può regolarizzare i
singoli rilievi con un abbattimento delle sanzioni ridotte a 1/5 del minimo.
Potranno essere regolarizzati gli importi in materia di:
imposte sui redditi e relative addizionali;
contributi previdenziali;
ritenute;
imposte sostitutive;
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Irap;
Ivie e Ivafe;
Iva;
presentando la relativa dichiarazione integrativa entro il 31.05.2019, secondo modalità che
saranno stabilite con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.
Le imposte che risulteranno dalla dichiarazione integrativa presentata dovranno essere versate
entro il 31.05.2019 senza applicazione di sanzioni ed interessi. Sarà possibile anche rateizzare
l’importo dovuto in un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo.
E’ esclusa la possibilità di compensazione. Il contribuente, inoltre, non potrà utilizzare ulteriori
perdite pregresse, rispetto a quelle già indicate nella dichiarazione presentata nei termini, per
abbattere i maggiori imponibili risultanti dalla definizione del verbale.
La definizione si considererà perfezionata con la presentazione della dichiarazione entro il
31.05.2019 ed il versamento, sempre entro la stessa data, delle imposte dovute, in un’unica
soluzione o come prima rata.
Il decreto prevede poi, in deroga allo Statuto del contribuente, la proroga di due anni dei termini
di accertamento con riferimento ai periodi d’imposta fino al 31.12.2015, oggetto dei processi
verbali di accertamento che rientrano nell’ambito di applicazione della definizione agevolata. Ci si
chiede se la proroga valga per tutti i PVC – riferiti fino al periodo d’imposta 2015 - per i quali al
31.12.2018 non risultano già spirati i termini di decadenza dell’accertamento, oppure solo per
quelli che saranno oggetto di definizione agevolata.
Normalmente, infatti, quando si presenta una dichiarazione integrativa, i termini di accertamento
decorrono dal momento in cui tale dichiarazione è presentata, ma limitatamente agli elementi
modificativi in essa contenuti. In questo caso, tuttavia, pur trattandosi di una dichiarazione
integrativa, sembra che il legislatore intenda che la proroga di due anni dei termini di accertamento
valga per tutti i processi verbali consegnati entro il 24.10.2018, a prescindere dal fatto che il
contribuente proceda poi con la definizione agevolata.
FATTURA ELETTRONICA DIFFERITA 2019: COME COMPORTARSI
Fatture differite: se elettroniche impossibile retrodatare il documento
L’introduzione dell’obbligo di emettere le fatture esclusivamente in formato elettronico a partire
dal 1°gennaio 2019 sta sollevando non poche perplessità circa l’emissione delle fatture differite.
Cerchiamo di capire cosa è richiesto dalla disciplina attuale e cosa cambierà eventualmente con
l’avvento della fattura elettronica.
Come noto, l’art. 21 del DPR 633/1972 conferisce la possibilità di emettere la fattura relativa ad un
insieme di operazioni effettuate nel corso del mese nei confronti di uno stesso soggetto, in un
esemplare “riassuntivo” entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.
In particolare, il comma 4 dell’art. 21 in esame recita: “per le cessioni di beni la cui consegna o
spedizione risulta da documento di trasporto o da altro documento idoneo… nonché per le
operazioni di servizi individuabili attraverso idonea documentazione, effettate nello stesso mese
solare nei confronti del medesimo soggetto, può essere emessa una sola fattura, recante il
dettaglio delle operazioni, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle
medesime”.
In caso di fatturazione differita è importante ricordare che il momento di esigibilità dell’Iva
coincide con quello di effettuazione dell’operazione; in considerazione di quanto detto, l’imposta
non dovrà essere contabilizzata a debito nel mese di emissione della fattura, ma nel mese in cui le
operazioni si considerano effettuate.
Purtroppo, nel corso degli anni si è generata una prassi scorretta, anche conseguentemente al fatto
che alcuni programmi non erano attrezzati per separare il momento di esigibilità dell’imposta da
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quello di emissione/registrazione della fattura, per cui molti contribuenti, per ovviare a tale
problema, erano soliti emettere fatture differite (entro il 15 del mese successivo), ma recanti la data
dell’ultimo giorno del mese di esigibilità. La fattura deve, infatti, essere emessa entro un
determinato lasso di tempo, 24 ore se si tratta di fattura immediata e 15 giorni se si tratta di fattura
differita, ma deve recare la data del giorno in cui realmente viene emessa. Pertanto, una fattura
emessa in data 9 febbraio, relativa al mese di gennaio, dovrà riportare come data fattura il 9
febbraio e non potrà essere retrodatata al 31 gennaio.
Pare opportuno ricordare in questo contesto che, se la registrazione di una fattura immediata può
essere posta in essere entro 15 giorni dalla data di emissione, la registrazione di una fattura differita
deve essere contestuale alla sua emissione in base a quanto disciplinato dall’art. 23 DPR 633/1972.
Con l’entrata in vigore della fattura elettronica cambia esclusivamente la modalità di
emissione e non la disciplina sottostante. Inoltre, proprio in virtù del processo di
informatizzazione della fattura, sarà impossibile emettere una fattura con una data anteriore rispetto
a quella di reale predisposizione ed invio del documento. Per la corretta applicazione della
disciplina in termini di liquidazione periodica Iva sarà, quindi, necessario che tutti i programmi di
contabilità diano la possibilità di distinguere il momento di fatturazione/registrazione dal periodo in
cui l’iva esposta dovrà rientrare nella liquidazione di competenza.
ONERE DI CONSERVAZIONE DELLE FATTURE ELETTRONICHE 2019: SCADENZA
31/01/2021
Può la Pec rappresentare uno strumento per la conservazione della fattura elettronica?
Tra le domande che i contribuenti hanno posto al quotidiano Il Sole 24 Ore, alcune sono rivolte alla
conservazione della fattura elettronica ed in particolare qualcuno si è chiesto se la posta
elettronica certificata possa rappresentare un valido strumento per la conservazione delle e-
fatture.
La conservazione delle fatture elettroniche può avvenire esclusivamente seguendo le regole dettate
dal combinato disposto tra il DPCM del 3 dicembre 2013 ed il DM 17 giugno 2014. La
conservazione delle fatture elettroniche, così come di altri contenuti che si vogliano conservare con
forza legale, deve essere predisposta in uno dei formati previsti dal Decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri appena menzionato.
I documenti informatici rilevanti ai fini tributari devono avere le caratteristiche
dell'immodificabilità, dell'integrità, dell'autenticità e della leggibilità, e possono essere conservati
in uno dei vari formati previsti; potrebbe essere scelto un formato differente da quelli stabiliti per
legge, purché il soggetto responsabile della conservazione motivi la scelta nel manuale di
conservazione.
Ritornando sulla possibilità di utilizzare la Pec come strumento atto alla conservazione, è
opportuno ricordare che la posta elettronica certificata è in grado di attestare esclusivamente
l’avvenuta ricezione di un’e-mail e che tale attestazione non si estende al contenuto dell’atto se si
tratta di un allegato. Inoltre, la Pec non sarebbe in grado di riprodurre la fattura elettronica o
qualsiasi altro atto conservando la validità nel tempo del suo contenuto giuridico. Sostanzialmente
quindi, pur rappresentando uno strumento complementare nel processo di fatturazione elettronica,
ad oggi la pec non può garantirne la conservazione.
Tuttavia, qualora il problema fosse rappresentato solo dalla conservazione della fattura elettronica,
poiché per la predisposizione e l’invio si è già provveduto, ricordiamo che l’Agenzia delle Entrate
ha messo a disposizione un apposito servizio, del tutto gratuito, per consentire la conservazione
delle fatture elettroniche in base alle disposizioni di legge. Per accedervi, è necessario sottoscrivere
un accordo di servizio di durata triennale che, se non dovesse essere disdetto, si rinnoverà
automaticamente per ulteriori tre anni. L’Amministrazione finanziaria si impegna a conservare le
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fatture elettroniche per un periodo di 15 anni a partire dal momento in cui il contribuente o il suo
delegato, abbia ottenuto la ricevuta di avvio del servizio elaborata dal sistema.
Infine, ricordiamo che la conservazione della fattura elettronica deve avvenire entro il terzo mese
successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa e, quindi, per le fatture
emesse nel 2019, l’obbligo di conservazione dovrà essere adempiuto entro il 31 gennaio 2021.
E-FATTURA 2019: NESSUNA PROROGA MA ALLO STUDIO “L’EMISSIONE
PROLUNGATA”
Minimo ritardo nell’emissione potrebbe diventare regola di non sanzionabilità
Nella legge di Bilancio 2019 rientreranno sicuramente alcuni “correttivi” in materia di fatturazione
elettronica. Se, tuttavia, una proroga è impossibile, sia per questioni di gettito, sia perché sembra
che andrebbero in tilt i controlli incrociati programmati per il 2019, è realistico pensare che si
metterà mano sul sistema sanzionatorio e, molto probabilmente, anche su qualche altro aspetto
tecnico che potrebbe in qualche modo semplificarne l’approccio a partire dal 1° gennaio 2019.
In base a quanto detto dal quotidiano Il Sole 24 Ore, sembrerebbe che al vaglio ci sia la possibilità
di un’emissione prolungata. Attualmente, secondo quanto previsto dalla disciplina vigente,
la fattura elettronica immediata deve essere emessa entro la mezzanotte del giorno in cui avviene
la cessione di beni o il pagamento della prestazione di servizi. Probabilmente l’emissione
prolungata potrebbe intervenire in maniera strutturale e, quindi, andrebbe ad incidere anche su quei
soggetti per cui non vi è obbligo di emettere fattura in formato elettronico. Verrebbero coinvolti da
questa modifica quindi anche i soggetti forfettari, i soggetti che adottano il regime di vantaggio
(c.d. minimi) e gli agricoltori in regime speciale per i quali l’obbligo di mettere fattura rimane
cartaceo.
Inoltre, è necessario comunque specificare che l’Amministrazione finanziaria sul punto si è già
espressa con la Circolare 13/E/2018 tranquillizzando i contribuenti sul tema emissione, in quanto
nella Circolare si legge che dal “minimo ritardo, comunque tale da non pregiudicare la corretta
liquidazione dell'imposta” non dovrebbe derivare una violazione sanzionabile “in fase di prima
applicazione delle nuove disposizioni, considerato anche il necessario adeguamento tecnologico
richiesto alla platea di soggetti coinvolti e le connesse difficoltà organizzative”. Attualmente, però,
sembra che si voglia istituire una vera e propria norma sul tema.
Sicuramente potrebbe essere d’aiuto concedere qualche giorno in più per poter emettere la fattura,
senza necessariamente invadere il campo della fattura differita, purché venga indicato il momento
in cui sia stata effettuata l’operazione oppure, basterebbe che fosse specificato cosa si intende per
“minimo ritardo” affinché si tramuti, per prassi, in un tempo certo entro il quale non si incorre in
alcuna sanzione.
FATTURA ELETTRONICA, SANZIONI SOFT PER I PRIMI SEI MESI DEL 2019
Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ha chiesto l’ampliamento del regime di favore
per le sanzioni per tutto il il 2019
Il decreto fiscale prevede l’attenuazione delle sanzioni in materia di fattura elettronica per i
primi sei mesi del 2019. La disposizione mira a non posticipare ulteriormente l’entrata in vigore
della fatturazione elettronica, prevista per il 1° gennaio 2019, ma al contempo è tesa a ridurre gli
effetti negativi dei possibili ritardi dei sistemi informatici, volti a recepire le novità.
E’ previsto in particolare:
che non siano applicate sanzioni in caso di fattura elettronica emessa entro il termine di
effettuazione della liquidazione periodica Iva (mensile o trimestrale);
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l’applicazione di una sanzione ridotta dell'80% se la fattura elettronica è emessa entro
il termine di effettuazione della liquidazione periodica Iva (mensile o trimestrale) del periodo
successivo.
Nella relazione illustrativa al decreto fiscale è indicato che le attenuazioni delle sanzioni sono
riconosciute anche con riferimento al cessionario/committente che abbia erroneamente detratto
l’imposta oppure non abbia provveduto a regolarizzare. In particolare, il cessionario che abbia
detratto l’imposta in assenza di una fattura elettronica, eviterà comunque le sanzioni se il
documento è emesso entro i termini della propria liquidazione periodica; sarà invece soggetto alle
sanzioni, seppur in misura ridotta, se la regolarizzazione avviene entro i termini della liquidazione
periodica successiva.
Resta comunque impregiudicato il ricorso al ravvedimento operoso.
Si segnala che il 24.10.2018 l’Ordine dei Dottori Commercialisti ha chiesto, durante
l’audizione alla Commissione finanze alla Camera dedicata al decreto semplificazioni (AC
1074), che la sospensione delle sanzioni si applichi per un anno intero, e non solo per i primi sei
mesi del 2019.
NEI RAPPORTI B2B NON C’E’ OBBLIGO DI FIRMA DIGITALE
Per trasmettere le fatture elettroniche tramite il SdI, una Srl può usare una qualsiasi firma digitale,
non essendo necessaria la firma dell’amministratore o di persone opportunamente delegate
Nelle fatture elettroniche aventi ad oggetto rapporti B2B, a differenza di quanto previsto nei
rapporti con la PA, la firma digitale non è obbligatoria. Però, nel caso in cui la firma fosse apposta,
ne sarà verificata la validità dal SdI; e se da tale verifica si dovesse avere esito negativo, si avrà lo
scarto della fattura. I formati ammessi per firmare elettronicamente la fattura sono i seguenti:
– CADES–BES (Cms Advanced Electronic Signatures) con struttura aderente alla specifica
pubblica ETSI TS 101 733 V1.7.4, così come previsto dalla normativa vigente in materia a partire
dal 1° settembre 2010;
– XADES–BES (Xml Advanced Electronic Signatures), con struttura aderente alla specifica
pubblica ETSI TS 101 903 versione 1.4.1, così come previsto dalla normativa vigente in materia a
partire dal 1° settembre 2010; firmate in formato XADES con certificato di firma elettronica
rilasciato dall’Agenzia delle Entrate.
La firma dovrà appartenere al soggetto che emette la fattura, quindi: al cedente/prestatore, se la
emette direttamente (nel caso di Società dovrà appartenere al rappresentante legale); al terzo
incaricato, se è quest’ultimo delegato alla predisposizione della fattura dal cedente/committente,
che invierà un flusso di dati da aggregare per la compilazione del documento finale. A prescindere
dal soggetto che appone la firma, la responsabilità fiscale resta sempre in capo al
cedente/prestatore.
LA CASELLA PEC NON VALE PER LA CONSERVAZIONE
Per una Srl che intende avvalersi della Pec per l’invio delle fatture elettroniche nel formato Xml
(firmate digitalmente) al SdI e per la ricezione dal SdI delle fatture di fornitori, la Pec NON è
sufficiente per la conservazione dei documenti digitali trasmessi e/o ricevuti?
La Pec non è uno strumento considerato valido al fine della conservazione delle fatture
elettroniche, ma è solo un canale di trasmissione delle stesse. Come precisato dal provvedimento
del 30 aprile 2018, i cedenti/prestatori ed i cessionari/committenti residenti o stabiliti in Italia
possono conservare elettronicamente, secondo quanto stabilito dal DM Economia e Finanze del 17
giugno 2014, le fatture elettroniche e le note di variazione trasmesse e ricevute attraverso lo Sdi,
utilizzando il servizio gratuito messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, conforme alle
10. 10
disposizioni del DPCM del 3 dicembre 2013, previa sottoscrizione dell’accordo di conservazione.
In caso non si volesse usufruire del servizio gratuito dell’Agenzia, la conservazione può essere
svolta in base a quanto stabilito dal DPCM del 3 dicembre 2013: all’interno della struttura
organizzativa del soggetto produttore dei documenti informatici da conservare; affidandola, in
modo totale o parziale, ad altri soggetti, pubblici o privati che offrono idonee garanzie
organizzative e tecnologiche, anche accreditati come conservatori presso l’agenzia per l’Italia
digitale.
LA PROCEDURA PER L’INVIO AL CIRCOLO SENZA PARTITA IVA
Chiarimenti circa l’emissione di e–fattura a carico di un circolo ricreativo o associazione sportiva
dilettantistica che non possiede la partita Iva, bensì solo il codice fiscale.
Dal 1° gennaio 2019, se il rapporto con un soggetto che non è titolare di partita Iva e che opera solo
con il codice fiscale viene certificato con fattura, sarà soggetto a fattura elettronica. Quest’ultima
dovrà essere predisposta ed inviata al SdI seguendo le regole previste per i consumatori finali. In
effetti, la norma (art. 1 comma 909 della legge 205/2017, di Bilancio 2018) prevede che la fattura
sia messa a disposizione nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate; che il cliente ha
diritto, a meno che rinunci, ad ottenere, oltre alla fattura elettronica, un documento analogico
(cartaceo) ovvero un documento via email; il consumatore potrà sempre accedere nell’area
riservata dell’Agenzia, attraverso il sistema di identità digitale Spid oppure l’utilizzo della Carta
nazionale dei servizi (Cns) o, ancora, con le credenziali Fisconline, e consultare o scaricare la
fattura elettronica trasmessa dal cedente/prestatore.
PRIVACY: SOTTO TUTELA TUTTI I DATI CHE CONSENTONO
L’IDENTIFICAZIONE
Regolamento GDPR: qualsiasi informazione distintiva è equipollente al nome anagrafico. Tocca al
«titolare» valutare la probabilità che terzi identifichino l’interessato. Il caso delle immagini della
videosorveglianza.
Il decreto di adeguamento al regolamento GDPR (Dlgs 101/2018) recepisce in toto la nozione di
«dato personale» in continuità con la precedente legislazione UE. Pertanto, sono da ritenersi attuali
le elaborazioni concettuali e le applicazioni maturate prima del Dlgs 101/2018 e del GDPR, con
riguardo all’opinione n. 4/2007 del «Gruppo di lavoro ex art. 29».
L’articolo 4, n. 1, del GDPR definisce il dato personale come «qualsiasi informazione riguardante
una persona fisica identificata o identificabile (“interessato”)». L’identificazione/identificabilità
dell’interessato è un requisito essenziale: non basta l’astratto collegamento del dato con una
persona, ma occorre che quest’ultima sia singolarmente identificata o almeno possa esserlo;
altrimenti, l’informazione rimane anonima e, quindi, estranea alle tutele del Regolamento.
Malgrado l’apparente chiarezza della norma, nella pratica quotidiana ci si interroga su cosa vada
realmente considerato «dato personale» in un determinato contesto.
Per consolidata impostazione, non occorre arrivare a conoscere il nome della persona, ma è
sufficiente che questa venga distinta dagli altri membri di un gruppo. Ne deriva l’equipollenza,
quanto alla nozione di dato personale, tra nome anagrafico e qualsiasi altro elemento informativo o
complesso di elementi informativi – anche se detenuti da titolari diversi – ugualmente dotati di
attitudine distintiva (immagini, suoni, codice identificativo, descrizione). Nemmeno rileva che la
persona sia individuabile da chiunque: ciò che determina l’applicazione delle tutele privacy e data
protection è, invece, che essa possa essere distinta o riconosciuta con ragionevole probabilità
almeno da qualcuno. Inoltre, dalla premessa che solo alcuni soggetti siano in grado di individuare
l’interessato, non deriva la conseguenza che una certa informazione sia «dato personale» solo
11. 11
rispetto a costoro, e non agli altri: questo implica che il titolare del trattamento potrebbe anche non
conoscere l’identità dell’interessato, né avere modo di determinarla.
Nelle più complesse ipotesi, il collegamento tra identificativo e persona fisica non si configura in
termini di certezza, bensì di mera possibilità (ad esempio, l’immagine del volto di un soggetto non
ancora identificato, ma che possa esserlo). Secondo l’articolo 4, n. 1, GDPR «si considera
identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente», ossia,
secondo l’interpretazione del Gruppo ex art. 29, attraverso un collegamento dell’identificativo
rispetto alla persona fisica di tipo immediato (nome) o mediato (codice fiscale), il quale ultimo
consente l’identificazione soltanto attraverso un’operazione ulteriore (confronto con specimen,
registri o elenchi).
Ai fini della nozione di identificabilità è essenziale il criterio della «ragionevole probabilità», nel
senso che non ha pregio qualsiasi identificazione possibile, bensì, secondo il Considerando n. 26
GDPR, solo quella a cui si possa pervenire tenendo conto dei mezzi che è probabile verranno
utilizzati dal titolare o da un terzo.
La «ragionevole probabilità» va intesa come probabilità «qualificata», ossia con un margine di
verificazione apprezzabile. Il legislatore UE fornisce parametri di riferimento alla stregua dei quali
determinare se l’utilizzo dei mezzi di identificazione appaia o no ragionevolmente probabile: per il
Considerando n. 26 occorre guardare all’insieme dei fattori obiettivi, tra cui i costi ed il tempo
necessario per l’identificazione, tenendo conto sia delle tecnologie disponibili, sia degli sviluppi
tecnologici. Nella valutazione del rischio, il Gruppo ex art. 29 suggerisce un approccio ex ante,
integrato da verifiche periodiche, che tengano conto dello stato dell’arte e del mutamento dei
contesti rilevanti: in particolare, per stabilire se le informazioni in suo possesso soggiacciano alla
disciplina del GDPR e della normativa interna, il titolare del trattamento deve valutare in ottica
prognostica ogni fattore (tipologia dei dati trattati, finalità del trattamento, interessi di terzi a
conoscerli ecc.) potenzialmente idoneo ad incidere sulla ragionevole probabilità che altri
pervengano all’identificazione dell’interessato. È il caso delle immagini della videosorveglianza,
che vanno sempre considerate dati personali, in quanto la finalità del trattamento è proprio quella di
pervenire all’identificazione degli interessati laddove necessario; e ciò ancorché, nella pratica, non
tutti i soggetti ripresi siano identificabili.
DPO OBBLIGATORIO PER CHI PROFILA LA CLIENTELA
Rilevante il rapporto tra trattamento dei dati e core business
La nomina del Data Protection Officer prevista dal GDPR è obbligatoria in tre casi: se il
trattamento è svolto da un’autorità pubblica o da un organismo pubblico; se le attività principali del
titolare o del responsabile del trattamento consistono in trattamenti che richiedono il monitoraggio
degli interessati su larga scala; se le attività principali del titolare o del responsabile consistono nel
trattamento di categorie particolari di dati personali.
Il maggiore sforzo interpretativo riguarda la nozione di «attività principali». Il regolamento
puntualizza che, nel privato, le attività principali del titolare del trattamento riguardano le sue
attività primarie. Le Linee guida del «Gruppo di lavoro ex art. 29» chiariscono che con attività
principali devono intendersi le operazioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi perseguiti
dal titolare o dal responsabile del trattamento, compreso il caso in cui il trattamento è «componente
inscindibile» dalle attività.
Ad esempio, l’impresa di sorveglianza di centri commerciali: l’attività principale consiste nella
sorveglianza e questa non sarebbe possibile senza trattare dati personali, da cui l’obbligo di
nominare un DPO.
Nell’esempio è intuibile il carattere di inscindibilità che lega il trattamento dei dati al core business
dell’azienda. Il lavoro interpretativo può, tuttavia, condurre a ritenere obbligatorio il DPO anche in
12. 12
situazioni meno definite come le aziende che si occupano di produzione e vendita di beni e che
svolgono attività di raccolta e trattamento massivo di dati personali dei consumatori (ad esempio,
attraverso i cookies installati sui siti internet).
L’analisi dei dati provenienti dalla profilazione e dalle scelte di vendita consente di avere un’idea
precisa non solo dei trend di mercato, ma anche del profilo commerciale del cliente. Di
conseguenza, il trattamento dei dati personali e la promozione del brand rappresentano due
momenti cardine.
Infatti, i dati costituiscono la base di partenza per l’elaborazione della strategia commerciale ed il
feedback valutativo della medesima, ma soprattutto sono funzionali a far incontrare domanda ed
offerta in modo efficiente per l’impresa. Le strategie di marketing mirato finiscono, dunque, per
saldare l’attività di promozione alla fase di vendita in modo molto più stretto. In questo senso non
può escludersi che tali attività costituiscano una componente inscindibile dalle attività di
produzione e vendita svolte in via principale ed impongano la nomina del DPO.
GDPR: MODELLO DI REGISTRO DELLE ATTIVITA’ DI TRATTAMENTO
SEMPLIFICATO PER LE PMI
Il Garante per la Privacy pubblica il "registro semplificato" delle attività di trattamento del titolare
e del responsabile per PMI e fornisce chiarimenti sulle informazioni che deve contenere
Modello di Registro delle attività di trattamento semplificato per le PMI e regole meno
stringenti per imprese, professionisti ed attività con un solo dipendente, recentemente pubblicato
sul sito del Garante per la protezione dei dati, il quale ha fornito ulteriori chiarimenti in merito alla
tenuta di tale registro.
Ricordiamo che l’art. 30 del Regolamento (EU) n. 679/2016 (di seguito “RGPD”) prevede tra
gli adempimenti principali del titolare e del responsabile del trattamento la tenuta del registro
delle attività di trattamento, un documento contenente le principali informazioni relative alle
operazioni di trattamento svolte dal titolare e, se nominato, dal responsabile del trattamento.
Costituisce uno dei principali elementi di accountability del titolare, in quanto strumento idoneo a
fornire un quadro aggiornato dei trattamenti in essere all’interno della propria organizzazione,
indispensabile per ogni attività di valutazione o analisi del rischio e, dunque, preliminare rispetto a
tali attività.
Il registro deve avere forma scritta, anche elettronica, e deve essere esibito su richiesta al Garante.
In merito alle piccole realtà aziendali e, alla luce di quanto previsto dall'articolo 30, il Garante
fornisce alcuni esempi di piccole e medie imprese e piccoli professionisti tenuti all’obbligo di
redazione del registro, ad esempio:
esercizi commerciali, esercizi pubblici o artigiani con almeno un dipendente (bar,
ristoranti, officine, negozi, piccola distribuzione, ecc.) e/o che trattino dati sanitari dei clienti (es.
parrucchieri, estetisti, ottici, odontotecnici, tatuatori ecc.);
liberi professionisti con almeno un dipendente e/o che trattino dati sanitari e/o dati
relativi a condanne penali o reati (es. commercialisti, notai, avvocati, osteopati, fisioterapisti,
farmacisti, medici in generale);
associazioni, fondazioni e comitati ove trattino “categorie particolari di dati” e/o dati
relativi a condanne penali o reati
(i.e. organizzazioni di tendenza; associazioni a tutela di soggetti c.d. “vulnerabili” quali ad esempio
malati, persone con disabilità, ex detenuti ecc.; associazioni che perseguono finalità di prevenzione
e contrasto delle discriminazioni di genere, razziali, basate sull’orientamento sessuale, politico o
religioso, ecc.; associazioni sportive con riferimento ai dati sanitari trattati; partiti e
movimenti politici; sindacati; associazioni e movimenti a carattere religioso);
13. 13
il condominio ove tratti “categorie particolari di dati” (es. delibere per interventi volti
al superamento ed all’abbattimento delle barriere architettoniche ai sensi della L. n. 13/1989;
richieste di risarcimento danni comprensive di spese mediche relativi a sinistri avvenuti all’interno
dei locali condominiali).
Tuttavia, nonostante l'obbligo di tenuta del registro esteso alle PMI, le imprese ed organizzazioni
con meno di 250 dipendenti obbligate potranno comunque beneficiare di alcune misure di
semplificazione, potendo circoscrivere l’obbligo di redazione del registro alle sole specifiche
attività di trattamento sopra individuate (es. ove il trattamento delle categorie particolari di dati si
riferisca a quelli inerenti un solo lavoratore dipendente, il registro potrà essere predisposto e
mantenuto esclusivamente con riferimento a tale limitata tipologia di trattamento).
Al di fuori dei casi di tenuta obbligatoria del Registro, anche alla luce del considerando 82 del
RGPD, il Garante ne raccomanda la redazione a tutti i titolari e responsabili del trattamento, in
quanto strumento che, fornendo piena contezza del tipo di trattamenti svolti, contribuisce a meglio
attuare, con modalità semplici ed accessibili a tutti, il principio di accountability e, al contempo, ad
agevolare in maniera dialogante e collaborativa l’attività di controllo del Garante stesso.
A seguito di questi recenti chiarimenti è stato pubblicato il Modello di Registro delle attività di
trattamento semplificato per le PMI e, nelle FAQ aggiornate dal Garante, indicanti anche le
informazioni che deve contenere il Registro e le modalità per la sua conservazione ed il suo
aggiornamento.
PRIVACY 2018: COSA DEVE CONTENERE IL REGISTRO TRATTAMENTO DATI
Registro delle attività di trattamento: il Garante chiarisce cosa deve contenere il registro del
trattamento dei dati previsto nel nuovo GDPR 2018/2019
Ancora dubbi da una parte e chiarimenti dall'altra in merito alla disciplina Privacy, dopo l'entrata in
vigore del Nuovo Regolamento Europeo per il trattamento dei dati. Come specificato nelle FAQ
del Garante, sono tenuti a redigere il Registro le imprese o le organizzazioni con almeno 250
dipendenti e - al di sotto dei 250 dipendenti - qualunque titolare o responsabile che effettui
trattamenti che possano presentare rischi, anche non elevati, per i diritti e le libertà delle persone o
che effettui trattamenti non occasionali di dati oppure trattamenti di particolari categorie di dati
(come i dati biometrici, dati genetici, quelli sulla salute, sulle convinzioni religiose, sull’origine
etnica etc.), o anche di dati relativi a condanne penali e a reati.
Tali ultimi soggetti possono comunque beneficiare di alcune misure di semplificazione, potendo
circoscrivere l’obbligo di redazione del registro alle sole specifiche attività di trattamento sopra
individuate; per esempio, ove il trattamento delle categorie particolari di dati si riferisca a quelli
inerenti un solo lavoratore dipendente, il registro potrà essere predisposto e mantenuto
esclusivamente con riferimento a tale limitata tipologia di trattamento.
In particolare, in base alle FAQ pubblicate recentemente sul sito del Garante della Privacy, il
regolamento deve contenere:
Finalità del trattamento
Indicazione delle finalità distinta per tipologie di trattamento e la base
giuridica dello stesso, come ad esempio:
trattamento dei dati dei dipendenti per la gestione del rapporto
di lavoro;
trattamento dei dati di contatto dei fornitori per la gestione
degli ordini
14. 14
Descrizione delle categorie
di interessati e delle
categorie di dati personali
Specifica sia delle tipologie di interessati (clienti, fornitori,
dipendenti) sia dei dati personali oggetto di trattamento come per
esempio:
dati anagrafici,
dati sanitari,
dati biometrici,
dati genetici,
dati relativi a condanne penali o reati, ecc.;
Categorie di destinatari a
cui i dati sono stati o
saranno comunicati
Vanno riportati gli altri titolari cui siano comunicati i dati, anche come
solo suddividendoli per categoria, come per esempio gli enti
previdenziali cui debbano essere trasmessi i dati dei dipendenti per
adempiere agli obblighi contributivi;
Trasferimenti di dati
personali verso un Paese
terzo o un’organizzazione
internazionale
Contiene l’informazione relativa ai trasferimenti di dati unitamente
all’indicazione relativa al Paese/i terzo/i cui i dati sono trasferiti e alle
“garanzie” adottate ai sensi del capo V del RGPD come per esempio:
decisioni di adeguatezza,
norme vincolanti d’impresa,
clausole contrattuali tipo
Termini ultimi previsti per
la cancellazione delle
diverse categorie di dati
Deve individuare i tempi di cancellazione per tipologia e finalità di
trattamento;
Descrizione generale delle
misure di sicurezza
Contiene le misure tecnico-organizzative adottate dal titolare. Le
misure di sicurezza possono essere descritte in forma riassuntiva e
sintetica, o comunque idonea a dare un quadro generale e complessivo
di tali misure in relazione alle attività di trattamento svolte, con
possibilità di fare rinvio per una valutazione più dettagliata a
documenti esterni.
Ovviamente, può essere riportata nel registro qualsiasi altra informazione che il titolare o il
responsabile ritengano utile indicare (ad es. le modalità di raccolta del consenso, le eventuali
valutazioni di impatto effettuate, l’indicazione di eventuali “referenti interni” individuati dal
titolare in merito ad alcune tipologie di trattamento, ecc).
ISCRIZIONE AL VIES: REQUISITO FORMALE PER LA SOGGETTIVITA’ IVA
Mancata inclusione VIES: per le operazioni transazionali si è comunque soggetti passivi IVA. A
chiarirlo la norma di comportamento 204
"In base alla Direttiva Comunitaria IVA il possesso di un numero identificativo IVA non è
condizione sostanziale per l’attribuzione dello status di soggetto passivo. Di conseguenza,
la mancata inclusione nella banca dati VIES di un operatore italiano non pregiudica il suo
diritto a essere considerato soggetto passivo nei rapporti transnazionali. Il principio vale, a
maggior ragione, nell’ambito dei servizi perché il controllo basato sull’incrocio degli identificativi
VIES e sulle dichiarazioni Intrastat, nella normativa euro-unionale e in quella nazionale, ha una
valenza limitata alle sole cessioni di beni transfrontaliere."
E’ questa la massima contenuta nella Norma di comportamento n. 204 pubblicata recentemente
dall'AIDC, l'Associazione Italiana dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili. Pertanto, come
chiarito nel documento, non è il possesso dell'identificativo IVA o l'iscrizione al VIES ciò che
determina la soggettività passiva ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.
15. 15
Entrando nel merito, la norma di comportamento AIDC 204 per prima cosa distingue gli elementi
sostanziali per la qualifica ai fini IVA nella legislazione nazionale e nelle norme europee,
basandosi anche sulle sentenze della Corte di Giustizia.
In particolare, la Direttiva IVA CE 112/2006 qualifica il soggetto passivo come "chiunque esercita
in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un'attività economica, indipendentemente dallo scopo o
dai risultati di detta attività". Il regolamento 904/2010 prevede la creazione di una banca dati VIES
nella quale confluiscono le informazioni degli utenti in possesso di un numero identificativo IVA
che hanno fatto richiesta di iscrizione in tale archivio. Si ricorda che il VIES è l'acronimo di VAT
Information Exchange System, un sistema di scambio di informazioni tra Paesi membri della
Comunità Europea istituto al fine di consentire una corretta fiscalità.
In più riprese, con una giurisprudenza ormai consolidata, la Corte di Giustizia Europea ha
affermato che l'utilizzo dell'identificativo IVA è un elemento formale e non sostanziale
dell'operazione. Infatti, il requisito della soggettività passiva si verifica se un operatore chiunque
esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un'attività economica, indipendentemente dallo
scopo o dai risultati di detta attività, senza ulteriori vincoli. Pertanto, benché sia fondamentale
l'identificativo IVA ai fini del controllo e del sistema unionale, non si può trasformare un requisito
formale in requisito sostanziale.
TRASFERTE LAVORO DIPENDENTE: VALIDO L’ESTRATTO CONTO DELLA
CARTA AZIENDALE
Attestazione delle spese di trasferta tramite l’estratto conto del datore di lavoro, stampato su
supporto cartaceo: è idoneo ai fini della non imponibilità della spesa stessa in capo al dipendente
Nell’ipotesi in cui il dipendente svolga la propria attività fuori della sede naturale in cui è tenuto
contrattualmente a svolgere le proprie mansioni, è stabilito che le spese di trasporto sostenute dal
datore di lavoro in occasione di trasferte fuori del territorio comunale dei propri dipendenti, non
concorrono alla formazione del reddito del lavoratore.
Per documentare tali spese di trasporto, affinché possano essere considerate non imponibili ai
fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente, è valida l’attestazione di pagamento di
cui all’estratto conto della carta, intestata al datore stesso, rilasciato dall’emittente dello strumento
elettronico (tali spese sono successivamente confermate attraverso la validazione della nota spese).
Questo in sintesi il chiarimento fornito dall'Agenzia delle Entrate con la Risposta 22/2018 del 4
ottobre 2018, all’interpello posto da una società che, per la gestione delle trasferte dei propri
dipendenti, si avvale di una procedura informatica attraverso la quale l’interessato inserisce tutte le
informazioni necessarie per ottenere dal datore di lavoro il nulla osta allo svolgimento del servizio
fuori dalla normale sede di lavoro.
L'Agenzia precisa anche che in applicazione del principio di onnicomprensività, che governa la
determinazione del reddito di lavoro dipendente, “… le somme e i valori in genere, a qualunque
titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al
rapporto di lavoro” costituiscono reddito di lavoro dipendente (art. 51, co. 1, TUIR).
Tuttavia, il comma 5 prevede un particolare regime di favore nell’ipotesi di trasferta del
lavoratore, ovvero nell’ipotesi in cui il dipendente è chiamato a svolgere la propria attività fuori
della sede naturale in cui è tenuto contrattualmente a svolgere le proprie mansioni. In queste ipotesi
per le spese di trasporto, è statuito che “Le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori
del territorio comunale concorrono a formare il reddito … al netto delle spese di …
trasporto….”. Pertanto, non devono essere imputate al lavoratore, le spese di trasporto sostenute
dal datore di lavoro per consentire al proprio dipendente di svolgere l’attività lavorativa al di fuori
della normale sede di lavoro.
16. 16
In merito alla valenza probatoria della documentazione delle spese di trasporto, è stato
specificato che per escludere dal reddito imponibile del lavoratore i citati rimborsi, non è
necessario che detta documentazione, giustificativa dell’effettività del costo sostenuto, sia
intestata al soggetto che effettua la trasferta, dal momento che per dimostrare che uno specifico
onere è stato sostenuto in occasione dello svolgimento della prestazione lavorativa al di fuori della
normale sede di lavoro, è sufficiente che le spese stesse risultino sostenute nei luoghi e nel
tempo di svolgimento delle trasferte stesse e che siano attestate dal dipendente mediante nota
riepilogativa.
Nel caso in esame, l’estratto conto della carta di pagamento trasmesso, su supporto cartaceo, al
datore di lavoro, individua per ciascuna transazione:
la data d’acquisto del biglietto aereo/ferroviario,
il nome del passeggero e il codice identificativo del dipendente,
il centro di costo,
il codice identificativo del viaggio;
il prestatore d’opera con descrizione della prestazione,
ovvero per gli acquisti di biglietti aerei, la ragione sociale della compagnia aerea, il
numero del biglietto elettronico, la classe di prenotazione, data della partenza/check-in, itinerario di
viaggio, infine la valuta e l’importo pagato.
Tali informazioni presenti nell’estratto conto emesso in formato cartaceo dalla società che rilascia
la carta, che sono successivamente confermate attraverso la validazione della nota spese,
redatta sempre in forma cartacea, da parte del dipendente destinatario della prestazione al rientro
dalla trasferta, risultano quindi idonee ad attestare l’effettivo spostamento della sede di lavoro e
l’utilizzo del servizio di trasporto da parte del dipendente, nonostante i documenti elettronici di
trasporto rilasciati dai diversi vettori non siano stampati ed allegati alla relativa nota spese.
Resta inteso che i citati documenti di trasporto elettronici dovranno essere conservati in formato
elettronico al fine di un eventuale riscontro in sede di controllo.
PAGAMENTO RETRIBUZIONI CON STRUMENTI TRACCIATI – ULTERIORI
CHIARIMENTI
Dallo scorso 1° luglio 2018 i compensi spettanti ai dipendenti devono essere pagati tramite
strumenti tracciati, tema del quale abbiamo dato conto in precedenti nostre Newsletters.
In data 10 settembre 2018 l’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) è intervenuto con ulteriori
chiarimenti riguardanti le effettive modalità di pagamento consentite: di seguito riepiloghiamo
brevemente le indicazioni fornite nell’ambito di tale disciplina.
Modalità di pagamento
Secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 910, L. 205/2017, i datori di lavoro o committenti
corrispondono ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un
ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:
a) bonifico sul conto identificato dal codice Iban indicato dal lavoratore;
b) strumenti di pagamento elettronico;
c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia
aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento (l’INL ammette l’ipotesi in cui il
pagamento delle retribuzioni venga effettuato al lavoratore in contanti presso lo sportello bancario
ove il datore di lavoro abbia aperto e risulti intestatario di un conto corrente o conto di
pagamento ordinario soggetto alle dovute registrazioni).
d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo
comprovato impedimento, ad un suo delegato. L'impedimento s'intende comprovato quando il
delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o
17. 17
collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni. In questo caso l’INL ammette
anche il vaglia postale, purché vi sia l'indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario
e la clausola di non trasferibilità (il rilascio di assegni circolari, vaglia postali e cambiari, di
importo inferiore a 1.000 euro può essere richiesto, per iscritto, dal cliente senza la clausola di non
trasferibilità) e vengano esplicitati nella causale i dati essenziali dell’operazione (indicazione del
datore di lavoro che effettua il versamento e del lavoratore beneficiario, data ed importo
dell’operazione ed il mese di riferimento della retribuzione).
Per ciascuna delle citate modalità di pagamento, il documento richiamato reca, inoltre, le modalità
di verifica che gli uffici possono mettere in campo e le informazioni che saranno richieste agli
istituti finanziari per la verifica del rispetto della normativa.
Indennità e rimborsi
Di particolare interesse è la precisazione riguardante le componenti della paga che sono interessate
dalla disciplina in oggetto.
Il divieto di pagamento in contanti riguarda, in via generale, ciascun elemento della retribuzione ed
ogni anticipo della stessa.
In tema di indennità e rimborsi, componenti spesso erogati a dipendenti e collaboratori, l’INL
precisa quanto segue:
l’obbligo di pagamento tracciato si riferisce soltanto alle somme erogate a titolo di
retribuzione; pertanto, l’utilizzo di detti strumenti non è obbligatorio per la corresponsione di
somme dovute a diverso titolo, quali ad esempio quelle imputabili a spese che i lavoratori
sostengono nell’interesse del datore di lavoro e nell’esecuzione della prestazione (ad esempio
anticipi e/o rimborso spese di viaggio, vitto, alloggio), che potranno, quindi, continuare ad essere
corrisposte in contanti. Tali somme sono, infatti, erogate esclusivamente a titolo di rimborso
(chiaramente documentato) e hanno natura solo restitutoria;
al contrario, per quanto riguarda l’indennità di trasferta (quale la diaria per il rimborso
forfettario delle spese sostenute), in considerazione della natura “mista” della stessa (risarcitoria e
retributiva solo quando superi un determinato importo ed abbia determinate caratteristiche), è
necessario ricomprendere le relative somme nell’ambito degli obblighi di tracciabilità.
LA LEGGE DI BILANCIO 2019 PROROGA I BONUS CASA
Sembra che saranno prorogati per tutto il 2019 il bonus ristrutturazione, il bonus risparmio
energetico, il bonus mobili ed il bonus verde.
Dalla lettura del Documento Programmatico di Bilancio, trasmesso il 15.10.2018 a Bruxelles,
emerge che sono confermate anche per il 2019 le detrazioni sulla casa: bonus
ristrutturazioni al 50%, ecobonus con il doppio binario del 50% e 65%, bonus mobili al 50%
e bonus verde.
Per quanto riguarda il bonus ristrutturazioni, sembra che non ci saranno novità; è
prevista la sua conferma per tutto il 2019 con la detrazione al 50% su un importo massimo di
96.000 Euro, da suddividere in dieci quote annuali.
La detrazione per gli interventi di risparmio energetico (chiamato anche ecobonus)
continuerà per tutto il 2019, con lo sconto base del 65% per la “generalità” degli interventi di
riqualificazione energetica. Salvo modifiche, verrà prorogata anche la detrazione al 50% per le
altre tipologie di interventi di risparmio energetico che, allo stato attuale, dopo le modifiche
apportate dalla Legge di bilancio 2018, riguardano: acquisto e posa in opera di finestre
comprensive di infissi, di schermature solari, di impianti di climatizzazione invernale con impianti
dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, e tramite caldaie a
condensazione ad efficienza più bassa. Le rate sono da suddividere sempre nell'arco di dieci anni.
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Prevista la proroga di un anno anche per il bonus mobili legato agli interventi di
ristrutturazione, per il quale è prevista la detrazione al 50% su un ammontare massimo di spesa
pari a € 10.000, computata indipendentemente dall’importo delle spese sostenute per i lavori di
recupero del patrimonio edilizio. Si ricorda che il bonus è previsto a favore dei soggetti che
sostengono spese per l’acquisto di mobili/grandi elettrodomestici rientranti nella categoria A+ (A
per i forni) finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di interventi di recupero del patrimonio
edilizio, per il quale si fruisce della relativa detrazione.
Proroga di un anno anche per il bonus verde al 36%, inaugurato proprio quest'anno
con la Legge di Bilancio 2018, e legato agli interventi di cura, ristrutturazione ed irrigazione del
verde privato. Si tratta di una detrazione prevista per le spese sostenute per la “sistemazione a
verde”, impianti di irrigazione, pozzi/coperture a verde/giardini pensili, nel limite massimo di spesa
di € 5.000.
MODELLO REDDITI PF 2018, IL 31 OTTOBRE SCADE L’INVIO TELEMATICO
Sempre entro il 31 ottobre vanno presentati anche i Modelli Redditi SP/SC 2018, nonché il
Modello IRAP 2018
Manca poco per la scadenza di invio del Modello Redditi PF 2018. Il termine quest'anno scade
infatti il 31 ottobre, grazie allo slittamento dei termini - normalmente fissati al 30.09 - previsto
dalla Legge di Bilancio 2018. Si ricorda che il maggiore termine è stato concesso solo per
quest'anno per coloro che sono soggetti all'invio dello spesometro (tra cui rientrano per l'appunto
anche le persone fisiche titolari di Partita Iva). Si presume pertanto che, una volta che verrà abolito
lo spesometro (dal 2019, salvo modifiche), la scadenza - almeno per tali soggetti - tornerà al 30
settembre.
Per ora, comunque, occupiamoci della scadenza di quest'anno che, essendo stata procrastinata già a
gennaio, non ha necessitato di proroghe dell'ultima ora.
Ricordiamo che il Modello Redditi PF 2018 deve essere ormai presentato telematicamente, in
quanto è scaduto il 02.07.2018 (il 30 giugno quest'anno cadeva di sabato) il termine per presentarlo
in forma cartacea. Si ricorda, in ogni caso, che la presentazione cartacea è consentita solo a coloro
che:
pur possedendo redditi che possono essere dichiarati con il mod. 730, non possono
presentare il mod. 730;
pur potendo presentare il mod. 730, devono dichiarare alcuni redditi o comunicare dati
utilizzando i relativi quadri del modello Redditi (RM, RT, RW);
devono presentare la dichiarazione per conto di contribuenti deceduti.
L'invio telematico può avvenire:
direttamente dal contribuente (attraverso i servizi Fisconline o Entratel, in base ai requisiti
posseduti per il conseguimento dell’abilitazione);
tramite intermediario abilitato (commercialisti, Caf, ecc …).
Sul sito internet dell'Agenzia delle Entrate è disponibile il software per l'invio del modello.
La dichiarazione si considererà presentata nel giorno in cui è conclusa la ricezione dei dati da
parte dell’Agenzia delle Entrate. Per provare la presentazione della dichiarazione occorre
conservare la comunicazione attestante l’avvenuto ricevimento dei dati, rilasciata sempre per
via telematica, consultabile nella Sezione “Ricevute” del sito internet dell’Agenzia delle Entrate,
riservata agli utenti registrati ai servizi telematici. La comunicazione di ricezione può in ogni caso
essere richiesta senza limiti di tempo (sia dal contribuente che dall’intermediario) a qualunque
Ufficio dell’Agenzia delle Entrate.
Si ricorda che, sempre entro il 31 ottobre, devono essere inviati anche i modelli Redditi:
SP delle Società di persone;
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SC delle Società di capitali (per i soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno
solare);
nonché il Modello IRAP.
In questi ultimi casi l'invio è possibile solo per via telematica.
PRONTA LA NUOVA GUIDA DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE SUL RISPARMIO
ENERGETICO
In sintesi, il contenuto della guida ed un riepilogo delle novità sulla detrazione per il risparmio
energetico in vigore dal 2018
Sul sito dell'Agenzia delle Entrate è disponibile la guida aggiornata sulle "Agevolazioni fiscali
per il risparmio energetico", che recepisce le nuove regole sui controlli recentemente stabiliti dal
ministero dello Sviluppo Economico, e le novità sulle detrazioni per la riqualificazione energetica
in vigore dal 2018.
Si ricorda che la Legge di Bilancio 2018 ha creato un doppio binario per la detrazione sul
risparmio energetico, prevedendo un'aliquota al:
65%, per la generalità degli interventi (comprese le caldaie a condensazione in classe A e
dotate di sistemi di termoregolazione evoluti);
50%, per l'acquisto e posa in opera di finestre (comprensive di infissi), schermature solari,
impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse
combustibili.
Ha, inoltre, previsto nuove tipologie di lavori per cui è possibile chiedere la detrazione del
65%, si tratta di:
acquisto e posa in opera di micro-cogeneratori (fino ad un valore massimo di detrazione di
100mila Euro) in sostituzione di impianti esistenti, a condizione che l'intervento determini un
risparmio di energia primaria almeno del 20%;
sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di apparecchi
ibridi, costituiti da pompa di calore integrata con caldaia a condensazione;
acquisto e posa in opera di generatori d'aria calda a condensazione.
La Legge di Bilancio 2018 ha apportato una modifica rilevante anche riguardo la cessione del
credito, ossia alla possibilità di cedere il credito corrispondente alla detrazione spettante (utile nei
casi di incapienza). Dal 2018, infatti, è possibile cedere il credito anche per gli interventi di
riqualificazione energetica realizzati sulle singole unità immobiliari, e non solo per quelli sulle
parti comuni condominiali, come previsto fino al 2017. In base alle nuove regole in vigore dal 2018
il credito può essere ceduto ai fornitori che hanno effettuato gli interventi o ad altri soggetti privati,
con esclusione delle banche e degli intermediari finanziari. Soltanto i contribuenti che ricadono
nella “no tax area”, ovvero gli incapienti (i contribuenti che hanno un’imposta annua dovuta
inferiore alle detrazioni spettanti) possono cedere il credito anche a banche ed intermediari
finanziari.
Con il decreto dell'11.05.2018, in attuazione a quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2018, sono
state fornite le procedure e le modalità con cui l'ENEA effettuerà i controlli volti ad accertare
la sussistenza delle condizioni per la fruizione delle detrazioni fiscali previste per gli interventi
di risparmio energetico. In pratica, entro il 30 giugno di ciascun anno, l'ENEA elabora un
programma di controlli a campione sulla base delle istanze presentate tramite il proprio sito
Internet per accedere alla detrazione fiscale, relative ad interventi conclusi entro il 31.12 dell’anno
precedente. L'interessato sarà informato dell'avvio del procedimento di controllo attraverso
lettera raccomandata a/r oppure Pec. Entro 30 giorni da tale comunicazione, il soggetto sottoposto a
controllo dovrà inviare all'ENEA tutta la documentazione (qualora non trasmessa) ordinariamente
prevista per la tipologia di intervento effettuata. Ricevuta la documentazione, entro 90 giorni,
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l'ENEA comunica all'interessato l'esito del controllo. Su almeno il 3% del campione annualmente
selezionato per i controlli, saranno effettuate anche verifiche sul luogo di esecuzione degli
interventi, comunicando il sopralluogo con un preavviso di almeno 15 giorni. Sugli accertamenti
eseguiti l'Enea avviserà l'Agenzia delle Entrate mediante una relazione motivata.
SOTTOSCRITTO L’ACCORDO TRA IL CONI E GVM CARE & RESEARCH
È stato firmato l'accordo tra CONI e GVM Care & Research che conferma il binomio Sport-Salute
Nella seconda metà di ottobre, è stato firmato a Roma un accordo biennale tra il CONI (Comitato
Olimpico Nazionale Italiano) e GVM Care & Research , alla presenza di Giovanni Malagò
(presidente CONI) ed Ettore Sansavini (presidente GVM Care & Research): un accordo che ha
ufficializzato la collaborazione tra l’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport ed i medici GVM
nella salvaguardia della salute degli atleti. Il sodalizio vede l’Ospedale San Carlo di Nancy di
Roma come sede designata ed, eventualmente, il coinvolgimento di altre strutture GVM dislocate
in 9 regioni d’Italia – in totale 26 ospedali e 4 poliambulatori.
La convenzione prevede che i pazienti siano vistati anche dagli specialisti di GVM Care &
Research presso gli ambulatori dell’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport e, dopo le prime fasi
di diagnosi, gli atleti potranno essere trasferiti, se necessario, all’Ospedale San Carlo di Nancy per
completare eventuali trattamenti, anche tramite ricovero privato. Alla base delle terapie previste
non mancheranno tecnologie diagnostiche avanzate, tecniche operatorie mininvasive e percorsi di
riabilitazione. Un’altra sfera contemplata nell’accordo è quella educativa: nel progetto è prevista la
promozione di temi salienti, quali Medicina dello Sport ed Alimentazione, attraverso un
programma che promette l’integrazione degli studenti in attività legate al benessere ed alla
Medicina sportiva, oltre che studi specialistici e ricerca nel settore.
UFFICIALE LA CANDIDATURA DI MILANO-CORTINA PER LE OLIMPIADI 2026
Presentata all'attenzione del sindaco di Cortina la richiesta di un referendum consultivo che possa
decidere della candidatura italiana di Milano-Cortina alle Olimpiadi 2026.
In data 9 ottobre, a seguito della 133^ sessione a Buenos Aires, il CIO (Comitato Internazionale
Olimpico) ha reso ufficiali le tre possibili candidate che potrebbero ospitare le Olimpiadi invernali
nel 2026: insieme alla località canadese Calgary ed alla città svedese Stoccolma, compare
l’opzione italiana di Milano-Cortina.
Una candidatura già presentata e promossa dal presidente della Regione Lombardia, Attilio
Fontana, lo scorso 11 ottobre a Mosca dove è avvenuto l’incontro con il governatore della Regione
di Mosca, Andrei Vorobyev.
Di fatto, è stata presentata da parte di un gruppo di cittadini ampezzani una richiesta di
referendum consultivo al sindaco di Cortina, Gianpietro Ghedina. Se ne fa carico Roberta de
Zanna, che fu in prima linea già nell’aprile 2015 per l’organizzazione del referendum inerente alla
candidatura ai Campionati del mondo di sci alpino 2021: favorevole ai Mondiali di sci risultò il
59,32% contro il 40,68% equivalente a 897 voti dei 2.218 totali registrati alle urne.
La candidatura olimpica di Milano e Cortina d'Ampezzo coinvolge dure regioni: viene da chiedersi
se un referendum debba interessare soltanto Cortina o tutti i territori coinvolti.
Sembrano comunque lontane le polemiche che avevano visto protagonista la candidatura made in
Italy, quando Torino rifiutava di essere il terzo vertice della proposta e Milano respingeva le
motivazioni politiche che avrebbero potuto prevalere su quelle sportive e territoriali.
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PISCINE PRIVATE AD USO COLLETTIVO: SCIA OBBLIGATORIA SOLO PER LE
ATTIVITA’ DI RECENTE APERTURA
Approvata la nuova disposizione legislativa che vede obbligatorio il pagamento della SCIA solo
per le attività più recenti
Nuovi aggiornamenti riguardo alla proposta normativa presentata dal PD, primo firmatario il
capogruppo Leonardo Marras. In data 9 ottobre 2018 il Consiglio regionale della Toscana ha
approvato, unanimemente, la nuova legge che rivede vecchie disposizioni riguardo alle piscine
private ad uso collettivo. A dispetto di quanto accaduto con la legge regionale 8 del 2006, i
titolari delle piscine già in esercizio al momento dell’entrata in vigore della suddetta legge – 26
febbraio 2010 – sono sollevati dall’onere di pagare la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio
Attività).
In estate, il Consiglio regionale aveva sostenuto all’unanimità una mozione d’emergenza a favore
di quelle attività erroneamente penalizzate dalla vigilanza della Asl, che richiedeva la SCIA a
strutture già in servizio. Sono 3.000 le attività turistico-ricettive in Toscana grate alla Commissione
per aver preso in considerazione il problema e fatto sì che il Consiglio regionale intervenisse
prontamente.
IL BANDO SPORT MISSIONE COMUNE 2018: 18 MILIONI DI EURO
Ricordiamo quanto già indicato in nostre precedenti Newsletter, ovvero che il 24 maggio 2018
l'Istituto per il Credito Sportivo e l'Associazione Nazionale Comuni Italiani hanno sottoscritto,
per la terza volta, un protocollo d'intesa a favore dello sport, che prevede la concessione di
contributi in conto interessi sui mutui per impianti sportivi. Ha preso così vita il bando “Sport
Missione Comune 2018”, grazie al quale saranno stanziati 18 milioni di euro di contributi per i
Comuni italiani, un finanziamento finalizzato allo sviluppo ed al miglioramento
dell'impiantistica sportiva, anche scolastica.
Il bando è rivolto ai Comuni, alle Unioni di Comuni, ai Comuni in forma associata ed alle Città
Metropolitane che vogliano realizzare interventi relativi alla costruzione, ampliamento,
attrezzatura, miglioramento, ristrutturazione, efficientamento energetico, completamento e messa a
norma di impianti sportivi e/o strumentali all’attività sportiva, anche a servizio delle scuole, con
particolare riguardo al cofinanziamento a carico degli enti dei mutui di provvista BEI a totale
carico dello Stato nell’ambito del “Piano triennale di Edilizia Scolastica relativo al periodo 2018-
2020”.
A partire dalle ore 10.00 del 5 luglio i soggetti interessati dovevano inviare le proprie istanze
tramite la PEC (dell’Ente richiedente stesso) all’indirizzo PEC icsanci2018@legalmail.it .
Il termine ultimo per l'invio è stato fissato entro e non oltre le ore 24.00 del 5 dicembre 2018.
In seguito, sarà l’ICS che provvederà a comunicare gli esiti e l’eventuale ammissione preliminare a
contributo con valore di notifica ai soggetti interessati ed all’ANCI (di norma entro 20 giorni dal
ricevimento).
Nello specifico, i fondi avranno la seguente ripartizione:
1/3 per gli interventi realizzati dai Comuni fino a 5.000 abitanti (per ciascun soggetto è
previsto un importo massimo complessivo pari a 2 milioni di euro);
1/3 per i Comuni non capoluogo fino a 100.000 abitanti e Unioni di Comuni o Comuni in
forma associata (per ciascun soggetto è previsto un importo massimo complessivo pari a 4 milioni
di euro);
1/3 per i Comuni capoluogo, Città Metropolitane e Comuni superiori a 100.000 abitanti
(per ciascun soggetto è previsto un importo massimo complessivo pari a 6 milioni di euro).
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Si tratta di un protocollo importantissimo non solo per il consistente stanziamento di fondi a tasso
zero dedicato ai Comuni italiani, bensì per il valore simbolico che la collaborazione di ANCI e ICS
ha ormai assunto, saldandosi per il terzo anno consecutivo con nuove progettualità, come ad
esempio l’edilizia scolastica. Inoltre, con tale accordo ICS condivide con ANCI l'ambizioso
obiettivo di favorire un microsviluppo territoriale che comporta la creazione di occupazione stabile
e socialità diffusa.
LA DEDUCIBILITA’ DELLE SPONSORIZZAZIONI
Ai sensi dell'articolo 108, D.P.R. 917/1986, costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate
per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l'immagine dell'impresa e a potenziarne le possibilità
di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per
la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla
pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell'attività svolta. Pertanto, le spese di
sponsorizzazione costituiscono spese deducibili ove il soggetto, comunque, tragga dallo
sfruttamento del segno distintivo un ‘utilità per il potenziale incremento della propria attività
commerciale (cfr. sentenze n. 27198/20104, n. 4518/2013, n. 4516/2013 e n. 6548/2012). |
Cassazione – ordinanza n. 24046 – 21 giugno 2018 – 3 ottobre 2018
TROVATA LA CONTABILITA’ IN NERO SCATTA L’INDUTTIVO
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la “contabilità in nero”, costituita da appunti
personali e informazioni dell'imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei
requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall'articolo 39, D.P.R. 600/1973, dovendo
ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli articoli 3709 e ss., cod. civ. tutti i
documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti di impresa, ovvero
rappresentino la situazione patrimoniale dell'imprenditore ed il risultato economico dell'attività
svolta. Ne consegue che detta “contabilità in nero" per il suo valore probatorio, legittima di per sé,
e a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all'accertamento induttivo
di cui all'articolo 39, D.P.R. 600/1973, incombendo al contribuente l'onere di fornire la prova
contraria, al fine di contestare l'atto impositivo notificatogli (cfr. sentenze n. 20094/2014 e n.
24051/2011).
Cassazione – sentenza n. 24275 – 22 maggio 2018 – 4 ottobre 2018
NELLA VERIFICA FISCALE E’ LEGITTIMO CHIEDERE DI APRIRE UNA BORSA
libera della Procura è necessario soltanto in caso di apertura coattiva
È legittima l'apertura di una borsa senza l'autorizzazione della Procura se una dipendente presente
al momento della verifica non si oppone espressamente. La norma, infatti, richiede il
provvedimento del giudice solo per l'apertura coattiva.
A fornire questo principio è la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 24306 depositata il 4 ottobre
2018.
L'Agenzia delle Entrate notificava ad una Società un avviso di accertamento fondato anche sulle
risultanze di un conto corrente intestato ad una persona fisica.
Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario e tra i diversi motivi la Società
eccepiva che l'acquisizione dei dati del conto corrente era stata effettuata illegittimamente, perché
avvenuta aprendo una borsa chiusa previa autorizzazione di una dipendente dell'azienda non
delegata a prestare assistenza in sede di indagini.
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Il giudice di prime cure respingeva il ricorso, ma la sentenza veniva riformata in appello; in
particolare, la CTR riteneva illegittima l'acquisizione dei citati documenti bancari.
L'Agenzia ricorreva così in Cassazione lamentando un'errata interpretazione della norma.
L'art. 52 del DPR 633/72 al terzo comma prevede che è in ogni caso necessaria l'autorizzazione del
procuratore della Repubblica o dell'autorità giudiziaria più vicina per procedere, durante l'accesso,
a perquisizioni personali e all'apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli
e simili e per l'esame di documenti.
I giudici di legittimità sul punto hanno innanzi tutto affermato che per l'apertura di borse, secondo
quanto previsto dalla norma, è richiesta l'autorizzazione del procuratore della Repubblica solo nel
caso di apertura coattiva. Ne consegue che non è necessaria quando l'attività di ricerca si svolga
con la collaborazione del contribuente. Nella specie, doveva ritenersi legittima l'acquisizione della
documentazione custodita all'interno di una borsa poiché un dipendente dell'impresa aveva
consentito l'apertura senza sollevare alcuna contestazione.
La decisione è importante poiché chiarisce un dubbio che spesso si presenta in occasione di
verifiche fiscali. Come evidenziato nella pronuncia, infatti, l'autorizzazione è necessaria solo
nell'ipotesi in cui l'apertura di armadi, cassetti, pieghi sigillati o anche borse avvenga
coattivamente. La norma, a ben vedere, non definisce il concetto di “apertura coattiva” e, quindi,
non è espressamente indicato se occorra un rifiuto espresso da parte del contribuente o sia
sufficiente una mancata richiesta all'apertura da parte dei verificatori stante la posizione di
“soggezione” del contribuente in questa fase del controllo. Secondo la pronuncia, l'assenza di una
contestazione espressa da parte della dipendente, sebbene non delegata all'assistenza alle indagini,
è di per sé sufficiente a legittimare l'apertura.
Va da sé, che l'opposizione dell'interessato deve risultare espressamente nel verbale. Occorre però
ricordare che, in tale ipotesi, l'autorizzazione della Procura non presuppone la sussistenza di indizi
di evasione, risultando, pertanto, una sorta di mero atto formale (dovuto) che vanifica quindi
l'interesse effettivo ad opporsi all'apertura.
Lo Studio rimane a disposizione per qualsiasi chiarimento ed assistenza
Studio Cassinis
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