1. Banca Nazionale del Lavoro
Gruppo BNP Paribas
Via Vittorio Veneto 119
00187 Roma
Autorizzazione del Tribunale
di Roma n. 159/2002
del 9/4/2002
Le opinioni espresse
non impegnano la
responsabilità
della banca.
I consumi delle famiglie italiane durante le ultime
tre recessioni
(trimestre precedente l’avvio della recessione = 100; valori
concatenati)
101
Recessione 1992-93 Recessione 2008-09 Recessione 2011-12
100
99
98
97 97,2
96
95,8
95
94
93 93,7
92
Q2 1992
Q3 1992
Q4 1992
Q1 1993
Q2 1993
Q3 1993
Q1 2008
Q2 2008
Q3 2008
Q4 2008
Q1 2009
Q2 2009
Q1 2012
Q2 2012
Q3 2012
Q4 2012
Q1 2011
Q2 2011
Q3 2011
Q4 2011
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat.
Nel confronto con le passate recessioni, la fase attuale presenta una particolarità: la
brusca caduta della spesa privata. Nel 2012, ciascun cittadino italiano ha speso in
media 15.880 euro. Rispetto all’anno precedente sono stati tagliati 283 euro di
13
consumi pro-capite. Oltre al calo dei redditi, le decisioni di spesa risentono delle
perdite subite dalla ricchezza finanziaria. Nel 2006 ogni italiano deteneva in media
63mila euro di attività finanziarie; nel 2012 si è scesi a 57mila. In termini reali la
flessione supera il 20%. Pesa, inoltre, il sensibile peggioramento del clima di fiducia
12 aprile dei consumatori, che appare anche più intenso di quello immaginabile dato il contesto
2013 generale.
Direttore responsabile:
Giovanni Ajassa
tel. 0647028414
giovanni.ajassa@bnlmail.com
2. 12 aprile 2013
setesettembresette
SettsettembreAgost
o 2008
Una recessione guidata dai consumi
P. Ciocca 06-47028431 – paolo.ciocca@bnlmail.com
Nel confronto con le passate recessioni, la fase attuale presenta una
particolarità: la brusca caduta della spesa privata. Nel 2012, i consumi delle
famiglie sono scesi di oltre il 4%. Mai era accaduto dalla metà del secolo scorso.
Nel 2012, ciascun cittadino italiano ha speso in media 15.880 euro. Rispetto
all’anno precedente sono stati tagliati 283 euro di consumi pro-capite. Oltre ad
aver ridotto la spesa per i consumi più facilmente comprimibili, come il vestiario
e le calzature, la crisi ha indotto le famiglie italiane a rivedere i propri
comportamenti anche nella spesa per gli alimentari.
Le famiglie italiane soffrono prima di tutto il calo dei redditi. Il potere d’acquisto,
misurato dal reddito disponibile pro-capite si è ridotto negli ultimi cinque anni di
oltre il 10% in termini reali, conseguenza soprattuto della deludente crescita
delle retribuzioni, che non ha garantito la copertura dell’inflazione. A livello
settoriale, pesano le brusche flessioni registrate nel comparto delle
Amministrazioni pubbliche come anche in quello delle attività finanziarie.
Le decisioni di spesa risentono, inoltre, delle perdite subite dalla ricchezza
finanziaria. Nel 2006 ogni italiano deteneva in media 63mila euro di attività
finanziarie; nel 2012 si è scesi a 57mila. In termini reali la flessione supera il 20%.
Un ultimo aspetto guida i consumi delle famiglie: il sensibile peggioramento del
clima di fiducia, che appare anche più intenso di quello immaginabile dato il
contesto generale. Il confronto tra famiglie e imprese segnala come in entrambi i
casi la fiducia sia scesa su livelli più bassi delle medie di lungo periodo. Nel caso
delle famiglie sono stati, però, raggiunti valori che non erano mai stati
sperimentati in passato.
Scende il Pil, crollano i consumi
Nel 2012, la flessione del Pil in Italia si è avvicinata al 2,5%. Con l’esclusione del 2009,
si tratta del calo più ampio degli ultimi sessanta anni. La recessione dello scorso anno
presenta caratteristiche che la accomunano a quella della prima parte degli anni
Novanta, mentre emergono differenze rispetto al 2009.
Come nel 1993, la contrazione del prodotto è spiegata interamente dalla domanda
interna. Tutte le tre componenti, consumi privati, spesa pubblica e investimenti, hanno
fornito un contributo negativo alla crescita, sebbene di intensità differente. Come
all’inizio degli anni Novanta, anche nel 2012, una parte rilevante della caduta del Pil è il
risultato della restrizione della politica fiscale che, secondo le stime della Banca d’Italia,
ha sottratto circa un punto percentuale alla crescita dello scorso anno. Inoltre, sia nel
1993 sia nel 2012, il contributo della domanda estera netta è risultato positivo, come
effetto di una brusca flessione delle importazioni, che all’inizio degli anni Novanta fu più
ampia, e di una crescita delle esportazioni, moderata nel 2012, mentre risultò
sostenuta nel 1993. Nel 2009, l’economia italiana aveva, invece, sofferto soprattutto la
brusca caduta delle esportazioni, mentre la spesa pubblica si era mantenuta su un
sentiero leggermente espansivo. Nel confronto con l’inizio degli anni Novanta, la fase
attuale presenta, però, un’importante differenza: nel 1993, circa la metà del contributo
negativo della domanda interna era spiegata dagli investimenti; nel 2012 quasi il 60%
deve essere attribuito ai consumi.
La particolarità della fase attuale, che la rende unica rispetto alle esperienze passate
risiede, dunque, nella brusca caduta della spesa privata. Il calo registrato dagli
2
3. 12 aprile 2013
setesettembresette
SettsettembreAgost
o 2008
investimenti, sebbene significativo, risulta, infatti, meno ampio sia di quello del 2009 sia
di quello del 1993. La flessione dei consumi ha, invece, superato il 4%. Mai era
accaduto dalla metà del secolo scorso.
Pil e componenti durante le tre I consumi delle famiglie italiane durante
principali recessioni degli ultimi venti le ultime tre recessioni
anni in Italia (trimestre precedente l’avvio della recessione = 100;
(valori %; contributi alla crescita del Pil) valori concatenati)
6 101
Recessione 1992-93 Recessione 2008-09 Recessione 2011-12
100
4
99
2
98
0 97 97,2
-2 96
95,8
95
-4
94
-6
93 93,7
-8 92
Q2 1992
Q3 1992
Q4 1992
Q1 1993
Q2 1993
Q3 1993
Q1 2008
Q2 2008
Q3 2008
Q4 2008
Q1 2009
Q2 2009
Q1 2012
Q2 2012
Q3 2012
Q4 2012
Q1 2011
Q2 2011
Q3 2011
Q4 2011
1993 2009 2012
Consumi Spesa pubblica Investimenti Export nette Scorte Pil
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
Data la particolarità del fenomeno appare utile approfondirlo, andando ad analizzare
prima di tutto come le famiglie hanno modificato i propri comportamenti di spesa, per
poi esaminare le cause che stanno dietro questi andamenti, in termini di reddito,
ricchezza, fiducia.
Gli italiani riducono il valore della spesa,…
Per comprendere come cinque anni di crisi abbiano guidato le decisioni di spesa delle
famiglie italiane è necessario considerare non il valore dei consumi a livello aggregato
quanto il dato pro-capite.
Nel 2012, ciascun cittadino ha speso in media 15.880 euro. Rispetto all’anno
precedente sono stati tagliati 283 euro di consumi, un calo prossimo al 2%. Negli ultimi
20 anni, solo nel 2009 si era assistito ad una flessione del valore della spesa pro-
capite. I risparmi hanno interessato quasi tutte le categorie di beni e servizi, risultando
intensi per il vestiario e le calzature e per le comunicazioni, che comprendono oltre alla
spesa per i servizi telefonici anche l’acquisto di tutte le tipologie di apparati di
comunicazione. Oltre a quelli che possono essere considerati consumi più facilmente
comprimibili, la severità della crisi ha indotto le famiglie a risparmiare anche nella
spesa per alimentari (-1%), destinando a questo raggruppamento di beni poco più di
2.200 euro. Da sottolinare come, dal 1990, solo nel 2009 e nel 2012 siano state
registrate flessioni nella spesa pro-capite per alimentari.
Nonostante la flessione del 2009 e del 2012, nel quinquennio di crisi il valore dei
consumi pro-capite è aumentato del 2%. Questa crescita nasconde andamenti
differenziati tra le singole categorie di beni e servizi. Durante la recessione i
consumatori hanno ridotto la quantità di risorse destinate al vestiario e alle calzature,
alle comunicazioni e ai trasporti. Un aumento della spesa ha interessato il comparto
degli alberghi e ristoranti ed anche, con maggiore intensità, quello dell’abitazione
3
4. 12 aprile 2013
setesettembresette
SettsettembreAgost
o 2008
(+18%). Anche guardando il complesso dei cinque anni di crisi, emerge come le
famiglie siano state indotte a risparmiare nella spesa per alimentari.
I consumi pro-capite degli italiani per I consumi pro-capite degli italiani per
tipologia di beni e servizio tipologia di beni e servizio
(valori correnti; var. % 2012/2011) (valori correnti; % del totale)
Altro Alimentari e bevande Bevande alcoliche e
Abit., acqua, elettr., gas ed altri combustibili Alberghi e ristoranti 9% non alcoliche tabacco
10% 14% 3%
Bevande alcoliche e tabacco
Alberghi e ristoranti Istruzione
1%
Istruzione
Alimentari e bevande non alcoliche
Totale Ricreazione e cultura Vestiario e calzature
7% 7%
Trasporti
Sanità
Mobili, elettrod. e manutenzione casa Comunicazioni Abit., acqua, elettr.,
2% gas ed altri
Ricreazione e cultura combustibili
24%
Comunicazioni Trasporti
13%
Vestiario e calzature Mobili, elettrod. e
Sanità manutenzione casa
-10 -8 -6 -4 -2 0 2 4 6 3% 7%
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
Cinque anni di crisi hanno contribuito a modificare i comportamenti di spesa degli
italiani. Alcuni trend erano già emersi nei periodi precedenti. In venti anni si è assistito
ad una riduzione del peso degli alimentari, passati dal 19% del totale dei consumi pro-
capite del 1990 al 14% del 2012. Parte di questo fenomeno trova forse spiegazione
nella maggiore importanza acquisita dal comparto degli alberghi e ristoranti, risultato
anche di un cambiamento nelle abitudini di vita e di lavoro. Nel confronto con il 1990, si
è ridotto il peso dell’abbigliamento e delle calzature, sceso dal 10% al 7%, mentre è
aumentato molto quello del comparto dell’abitazione, dal 16% al 24%. Il peso delle
comunicazioni è cresciuto, risultando nel 2012 pari a più del doppio di quello
dell’istruzione.
Nell’analizzare come sono cambiati i comportamenti di spesa è opportuno considerare
anche l’andamento dei prezzi, che hanno avuto dinamiche molto differenti tra i singoli
raggruppamenti di beni e servizi. In venti anni l’indice relativo al capitolo delle
comunicazioni si è ridotto di circa un terzo, mentre quello del comparto abitazione è
quasi triplicato e quello dell’istruzione più che raddoppiato. I prezzi degli alimentari e
bevande non alcoliche sono aumentati dal 1990 di quasi l’80%. Per comprendere,
quindi, a fondo quanto accaduto alle abitudini di spesa delle famiglie italiane è
necessario passare dai valori correnti a quelli concatenati, considerandoli sempre pro-
capite.
…ma soprattutto la quantità di beni e servizi consumati
Analizzando non l’andamento dei valori spesi, ma la dinamica della quantità di beni e
servizi consumati appare con chiarezza la criticità della situazione che interessa le
famiglie italiane.
Nel 2012, la quantità di beni e servizi consumati in media da ciascun italiano si è ridotta
del 4,4%, portando il calo dei cinque anni di crisi a quasi l’8%. Guardando i singoli
capitoli di spesa emergono aspetti interessanti. Tra il 2007 e il 2012, la quantità di
alimentari e bevande non alcoliche consumata in media da ogni italiano si è ridotta di
oltre il 12%. Più ampio il calo nel comparto dell’abbigliamento e calzature (-16,2%) e in
4
5. 12 aprile 2013
setesettembresette
SettsettembreAgost
o 2008
quello dei trasporti (-21,4%). Viceversa, sono rimaste sostanzialmente invariate le
quantità consumate nel segmento delle comunicazioni, in quello della ricreazione e
cultura, in quello della sanità e in quello dell’abitazione. Una riduzione ha interessato il
comparto dell’istruzione.
I consumi pro-capite degli italiani per I consumi pro-capite degli italiani per
tipologia di beni e servizi tipologia di beni e servizi
(valori concatenati; var. % 2012/2007) (valori concatentati; 1990=100)
485
Abit., acqua, elettr., gas ed altri combustibili
Sanità 435
Comunicazioni 385
Ricreazione e cultura 335
Alberghi e ristoranti
285
Totale
235
Istruzione
185
Mobili, elettrod. e manutenzione casa
Alimentari e bevande non alcoliche 135
Bevande alcoliche e tabacco 85
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2012
2011
Vestiario e calzature
Trasporti Alimentari e bevande non alcoliche Vestiario e calzature
Sanità Comunicazioni
-25 -20 -15 -10 -5 0 5 Istruzione Alberghi e ristoranti
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
Estendendo l’analisi agli ultimi venti anni emergono ulteriori aspetti di interesse. Dal
1990 al 2012, le quantità di beni e servizi consumate in media da ciascun italiano sono
aumentate del 12%. Una riduzione ha interessato solo 4 dei 12 raggruppamenti di beni
e servizi considerati. Le quantità di prodotti alimentari e bevande non alcoliche
consumate si sono ridotte in poco più di venti anni del 6%. Più ampio il calo nel
comparto delle bevande alcoliche e tabacchi (-23,5%) e in quello del vestiario e
calzature (-13,1%). Nel confronto tra il 2012 e il 1990, aumenti significativi sono stati,
invece, registrati nel comparto della sanità e in quello delle comunicazioni.
Dietro i cambiamenti nelle decisioni di spesa delle famiglie italiane vi sono motivazioni
differenti. Il raddoppio delle quantità consumate nel settore sanitario trova in grave
spiegazione nel significativo invecchiamento della popolazione e degli stili di vita. Altri
andamenti trovano, invece, spiegazione in cambiamenti nella scala delle priorità: da
segnalare a tale proposito come in venti anni nel comparto delle comunicazioni le
quantità siano aumentate di 4,5 volte, mentre in quello dell’istruzione siano rimaste
sostanzialmente invariate.
L’effetto della crisi appare, però, evidente guardando il calo nel comparto
dell’abbigliamento e calzature, ma soprattutto l’inattesa brusca flessione delle quantità
consumate di generi alimentari. In questo comparto, la crisi ha portato quanto meno ad
una razionalizzazione dei consumi, con l’eliminazione del superfluo.
Consumi: un problema di reddito…
I consumi risentono prima di tutto delle deboli condizioni reddituali delle famiglie. Nel
confronto internazionale, il nostro Paese appare in una situazione di svantaggio.
Secondo un recente studio della Bce, il reddito medio di una famiglia era pari nel 2010
a 34mila euro: oltre 2mila in meno della Francia, quasi 10mila in meno della Germania.
La crisi ha ulteriormente aggravato le condizioni reddituali delle famiglie italiane. Il
reddito lordo disponibile pro-capite, dopo aver recuperato tra il 2010 e il 2011 solo una
5
6. 12 aprile 2013
setesettembresette
SettsettembreAgost
o 2008
piccola parte della flessione registrata nella precedente recessione, ha iniziato a ridursi
nuovamente durante tutto lo scorso anno. Nel 2012, il calo in termini nominali ha
superato il 2%. Negli ultimi venti anni solo nel 2009 era stata registrata una flessione.
La complessità della situazione nella quale si trovano le famiglie appare con maggiore
chiarezza passando dai valori nominali a quelli reali. Il potere d’acquisto dei
consumatori italiani, misurato dal reddito lordo disponibile pro-capite in termini reali,
rappresentativo della quantità di beni e servizi che ciascun cittadino può acquistare,
risulta in calo ininterrotto da oltre cinque anni. Nel solo 2012, la flessione ha superato il
5%. Dall’inizio della recessione sono stati persi oltre 10 punti percentuali. Il reddito
lordo disponibile pro-capite in termini reali è sceso sul livello più basso dal Duemila.
Analizzando questo dato e guardando all’insieme degli ultimi dodici anni è, però,
opportuna una precisazione: la perdita di potere d’acquisto appare così ampia,
riportando i consumatori italiani molto indietro nel tempo, non solo perché la flessione
degli ultimi cinque anni è significativa, ma anche perché la dinamica del periodo
precedente la crisi era risultata particolarmente deludente.
Il potere d’acquisto dei consumatori Le retribuzioni lorde per unità di lavoro
italiani dipendente in termini reali
(reddito lordo disponibile pro-capite in termini reali; I (valori concatenati; prezzi anno 2005; 2008=100)
trim. 2000=100)
106 105,8 106
104
104
102
102
100
100 98
96
98
94
96
92
2008 2009 2010 2011 2012
94
Agricoltura Industria
92,5
92 Manifatturiero Costruzioni
I 2000
I 2001
I 2002
I 2003
I 2004
I 2005
I 2006
I 2007
I 2008
I 2009
I 2010
I 2012
III 2000
III 2001
III 2002
III 2003
III 2004
III 2005
III 2006
III 2007
II 2009
III 2009
III 2010
III 2012
I 2011
III 2011
Servizi Attività finanziarie e assicurative
Amministrazioni pubbliche Totale
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
Sono diversi i fattori che pesano sulla dinamica reddituale. Oltre al brusco calo dei
redditi da capitale, risultato sia del basso livello dei tassi di interesse sia della limitata
distribuzione dei dividendi, le famiglie soffrono il peggioramento delle condizioni del
mercato del lavoro. Negli ultimi cinque anni, in Italia sono stati persi circa 800mila posti
di lavoro. Oltre al calo dell’occupazione, la crisi ha, però, colpito con particolare
severità anche il potere d’acquisto delle retribuzioni.
Nel 2012, le retribuzioni lorde per unità di lavoro dipendente sono state pari a 28.689
euro. Una crescita dell’1% rispetto all’anno precedente, la più bassa degli ultimi dodici
anni, che si confronta con un aumento dei prezzi pari a circa il 3%. Il potere d’acquisto
delle retribuzioni per unità di lavoro dipendente si è conseguentemente ridotto di quasi
il 2%, con una perdita che negli ultimi due anni ha superato i 3 punti percentuali.
Tra il 2008 e il 2012, il potere d’acquisto delle retribuzioni per unità di lavoro
dipendente risulta rimasto sostanzialmente invariato. Di particolare interesse quanto
accaduto a livello settoriale. Solo due dei principali comparti considerati hanno
registrato una flessione delle retribuzioni reali per unità di lavoro. Nel settore delle
Amministrazioni pubbliche, la restrizione della politica fiscale ha determinato in solo
6
7. 12 aprile 2013
setesettembresette
SettsettembreAgost
o 2008
due anni un calo di oltre il 6%. Ancora più ampia la perdita di potere d’acquisto delle
retribuzioni nel settore delle attività finanziarie e assicurative: nel confronto tra il 2012 e
il 2008 sono stati persi oltre 7 punti percentuali.
…ricchezza…
Oltre al deludente andamento delle retribuzioni, le decisioni di spesa risentono delle
perdite subite dal patrimonio finanziario delle famiglie.
Analizzando gli ultimi quindici anni, il punto di massimo era stato raggiunto nel 2006,
quando il totale delle attività finanziarie possedute dalle famiglie italiane valeva poco
più di 3.700 miliardi di euro. Dal 2006 al 2012 la perdita complessiva è prossima ai 300
miliardi. Di particolare interesse quanto accaduto ai valori pro-capite. Nel 2006 ogni
italiano deteneva in media 63mila euro di attività finanziarie; nel 2012 si è scesi a
57mila, un calo del 10%. Anche per le attività finanziarie è importante confrontare le
dinamiche dei valori nominali con l’inflazione. Emerge in questo modo in tutta la sua
severità l’ampiezza delle perdite subite negli ultimi anni: tra il 2006 e il 2012 il valore
pro-capite delle attività finanziarie si è ridotto in termini reali di oltre il 20%.
Le attività finanziarie delle famiglie Le attività finanziarie delle famiglie
italiane pro-capite in termini reali italiane nel 2012
(valori concatenati; prezzi del 2010; euro) (III trimestre; miliardi di euro; % del totale)
Riserve tecniche
68.346 assicurazione; Depositi a vista;
67.000 691; 20% 649; 19%
62.000
Fondi comuni;
274; 8% Altri depositi ; 500;
15%
57.000
53.429
52.000 Titoli a BT; 17; 0%
Azioni e
partecipazioni;
637; 18% Titoli a M./L.T.;
47.000 674; 20%
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012*
2012: III trimestre Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Banca d’Italia
Banca d’Italia e Istat
Questi andamenti sono il frutto di dinamiche differenti tra le singole tipologie di
strumenti finanziari. Il valore delle azioni e partecipazioni è sceso tra il 2006 e il 2012 di
quasi 370 miliardi di euro. Un calo superiore ai 100 miliardi ha interessato i fondi
comuni. Negli anni della crisi, le famiglie italiane hanno accresciuto in maniera
significativa il valore dei depositi, passati da 984 miliardi del 2006 a 1.149 miliardi del
2012. Una flessione ha, invece, interessato i titoli a breve termine, rappresentati per la
quasi totalità dai titoli di stato, mentre la componente a lungo termine è aumentata,
grazie in particolare alle obbligazioni delle istituzioni finanziarie e monetarie.
Ovviamente, questi cambiamenti nei valori delle singole tipologie di attività finanziarie
detenute sono il risultato sia degli andamenti delle quotazioni sia il frutto di uno
spostamento di risorse da uno strumento ad un altro. Quello che emerge confrontando
la composizione del portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie italiane del 2012
con quella del 2006 è un graduale riposizionamento verso strumenti meno rischiosi. Le
azioni oggi rappresentano meno di un quinto del totale, mentre nel 2006 il loro peso
7
8. 12 aprile 2013
setesettembresette
SettsettembreAgost
o 2008
era pari al 27%. La quota dei depositi ha raggiunto un terzo, con un aumento di circa 7
punti percentuali.
…e fiducia
Oltre agli aspetti reddituali e patrimoniali, i consumi risentono di un sensibile
peggioramento del clima di fiducia, che risulta anche più intenso di quello immaginabile
dato il contesto generale appena descritto. Tale considerazione appare evidente
confrontando l’andamento degli ultimi mesi con quanto accaduto in passato. Durante la
precedente recessione, il peggioramento era apparso meno profondo. Il calo era
iniziato prima dell’entrata dell’Italia in recessione, ed il punto di minimo era stato
raggiunto mentre l’economia stava ancora proseguendo la sua fase di contrazione. In
poco più di anno, da marzo 2007 a luglio 2008, l’indice aveva perso oltre 15 punti.
Dopo aver recuperato quasi interamente, è iniziata una nuova fase di peggioramento,
risultata particolarmente intensa tra la metà del 2011 e la metà del 2012, che ha eroso
completamente il recupero dei mesi precedenti. L’indice è in questo modo sceso sui
livelli più bassi dalla metà degli anni Novanta.
La fiducia dei consumatori e quella delle I giudizi dei consumatori italiani sulle
imprese manifatturiere in Italia condizioni economiche delle famiglie
(indice destagionalizzato) (indice destagionalizzato)
130 0
120 -10
-20
110
-30
100
-40
90 -50
80 -60
-70
70
lug-03
set-04
nov-05
giu-06
lug-10
nov-12
mar-01
apr-05
mar-08
set-11
apr-12
dic-02
dic-09
ott-01
feb-04
ott-08
gen-00
ago-00
mag-02
gen-07
ago-07
mag-09
feb-11
-80
gen-00
ago-00
mar-01
ott-01
mag-02
dic-02
lug-03
feb-04
set-04
apr-05
nov-05
giu-06
gen-07
ago-07
mar-08
ott-08
mag-09
dic-09
lug-10
feb-11
set-11
apr-12
nov-12
Imprese Consumatori Media LT fiducia imprese Media LT fiducia consumatori
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
Un’ulteriore conferma della criticità del momento che interessa le famiglie italiane
emerge dal confronto con quanto sta accadendo al comparto delle imprese.
Ovviamente, anche la fiducia del settore manifatturiero risente delle condizioni
economiche generali. Il peggioramento appare, però, meno intenso. Negli ultimi mesi
l’indice di fiducia delle imprese si è mantenuto stabile poco sotto 90, un valore circa 15
punti più basso del massimo raggiunto ad aprile del 2011, ma quasi 20 punti più alto
del minimo toccato durante la precedente recessione.
Il confronto tra le famiglie e le imprese segnala, dunque, come in entrambi i casi la
fiducia sia scesa negli ultimi mesi, posizionandosi su livelli più bassi delle medie di
lungo periodo. Ma, nel caso delle famiglie sono stati raggiunti valori che non erano mai
stati sperimentati in passato. Tale differenza trova forse spiegazione nel beneficio che
le imprese traggono da una domanda estera ancora in crescita, compensando anche
solo in parte le difficoltà interne al paese. Tale considerazione trova conferma
nell’analisi delle singole componenti dell’indice di fiducia delle famiglie. Il dato
complessivo risente del sensibile peggioramento delle valutazioni sulle condizioni
8
9. 12 aprile 2013
setesettembresette
SettsettembreAgost
o 2008
economiche delle famiglie e sulle prospettive future. Il deterioramento del giudizio sulle
condizioni generali del paese appare, invece, meno rilevante.
Alcune considerazioni conclusive
I dati fin qui analizzati mostrano con chiarezza le difficoltà che le famiglie italiane
affrontano, risultato prevalentemente di cinque anni di crisi, ma in parte anche frutto di
andamenti non soddisfacenti registrati negli anni precedenti. Le famiglie nell’affrontare
le criticità di questo periodo hanno potuto fino ad ora fare affidamento su un livello di
ricchezza maggiore di quello riscontrabile nelle altre economie. Alcuni aspetti meritano,
però, di essere sottolineati. La maggiore ricchezza netta delle famiglie italiane è
prevalentemente il risultato di due fattori: una più elevata diffusione delle attività reali e
una minore incidenza dell’indebitamento. Secondo il recente studio della Bce, circa il
70% delle famiglie italiane ha una casa di proprietà. In Francia si scende al 55%, in
Germania al 44%. Il valore mediano delle attività reali possedute dalle famiglie risulta
conseguentemente più alto di quello rilevabile nelle altre principali economie europee.
Viceversa, sia la diffusione sia il valore del debito risulta per le famiglie italiane più
basso, anche se nel confronto con la Germania a fronte di una diffusione molto più
contenuta il valore mediano è leggermente più alto. Considerazione simile per le
attività finanziarie: la quota di persone che nel nostro Paese possiede una qualsiasi
tipologia di attività finanziaria è inferiore a quella degli altri paesi, con un valore
mediano più basso.
Il confronto con le altre principali economie europee mostra, dunque, come la maggiore
solidità patrimoniale delle famiglie italiane sia senza dubbio il risultato del più basso
indebitamento, ma principalmente rappresenti la conseguenza del maggior valore delle
attività reali. Ma, il caso italiano si caratterizza soprattutto per il ruolo centrale delle
abitazioni, che nel nostro Paese rappresentano oltre l’85% del totale del valore delle
attività reali delle famiglie. Un peso circa 10 punti percentuali più alto di quello
registrato in Germania. La sostanziale stabilità che ha interessato i prezzi delle
abitazioni fino a tutto il 2011 ha reso questa una situazione di particolare vantaggio. Gli
ultimi dati pubblicati dall’Istat hanno, però, mostrato come il calo dei redditi, ma
soprattutto i cambiamenti apportati al regime fiscale, abbiano portato, oltre che ad un
forte rallentamento delle compravendite, ad un calo dei prezzi, che comincia ad
assumere dimensioni di rilevo. Tra la fine del 2011 e la fine del 2012, i prezzi delle
case si sono ridotti in termini nominali di circa il 5%. La perdita per le famiglie appare
rilevante.
Nel valutare in prospettiva le condizioni complessive delle famiglie italiane, riflettendo
sugli interventi opportuni per fornire un solido sostegno ai consumi, occorre, dunque,
tener conto degli effetti che potrebbero derivare dal permanere di una situazione del
mercato immobiliare caratterizzata da una crescente difficoltà di concludere le
transazioni, rendendo di fatto il patrimonio più difficilmente liquidabile, e prezzi
conseguentemente in discesa.
.
9
10. Un cruscotto della congiuntura: alcuni indicatori
Indice Itraxx Eu Financial Indice Vix
400
350 60
300
50
250
200 40
150 30
100
Index Itraxx EU Financial Sector
20
50
0 10
lug-12
set-12
nov-12
lug-11
set-11
nov-11
mar-12
mar-13
mar-11
gen-12
mag-12
gen-13
gen-11
mag-11
0
gen-12
gen-13
mag-12
gen-11
mag-11
lug-12
set-12
nov-12
lug-11
set-11
nov-11
mar-12
mar-13
Fonte: Thomson Reuters mar-11
Fonte: Thomson Reuters
I premi al rischio passano da 175 pb a 157 pb. L’indice Vix nell’ultima settimana scende a
quota 12.
Cambio euro/dollaro e quotazioni Brent Prezzo dell’oro
(Usd per barile) (Usd l’oncia)
130 1,5 2.000
125 1,45 1.900
120 1.800
1,4
115
1,35 1.700
110
1.600
1,3
105
1.500
1,25
100
1.400
Brent scala sin.(in Usd) 1,2
95
Cambio euro/dollaro sc.ds. 1.300
90 1,15
gen-11 mag-11 set-11 gen-12 mag-12 set-12 gen-13 1.200
gen-12
mag-12
gen-13
gen-11
mag-11
lug-12
set-12
nov-12
lug-11
set-11
nov-11
mar-12
mar-13
mar-11
Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters
Il tasso di cambio €/$ a 1,31. Il petrolio di Il prezzo dell’oro sale a 1.565 dollari l’oncia.
qualità Brent quota $105 al barile.
10
11. Borsa italiana: indice Ftse Mib Tassi dei benchmark decennali:
differenziale con la Germania
(punti base)
24.000
1.400
22.000 1.200
1.000
20.000
800
18.000
600
16.000 400
200
14.000
0
giu-12
lug-12
set-12
nov-12
giu-11
lug-11
set-11
apr-12
nov-11
mar-12
mar-13
apr-13
mar-11
apr-11
dic-12
dic-11
gen-12
feb-12
mag-12
ago-12
ott-12
gen-13
feb-13
gen-11
feb-11
mag-11
ago-11
ott-11
12.000
Italia Spagna Irlanda Portogallo
Fonte: Thomson Reuters Fonte: elab. Servizio Studi BNL su dati Thomson
Reuters
Il Ftse Mib, in ripresa sale oltre quota I differenziali con il Bund sono pari a 513 pb
16.000. per il Portogallo, 256 pb per l’Irlanda, 336 pb
per la Spagna e 307 pb per l’Italia.
Indice Baltic Dry Euribor 3 mesi
(val. %)
12.000
6
10.000
5
8.000
4
6.000 3
4.000 2
2.000 1
0 0
gen-08
ott-08
gen-09
ott-09
gen-10
ott-10
gen-12
ott-12
gen-13
gen-11
ott-11
lug-08
lug-09
lug-10
lug-12
apr-08
apr-09
apr-10
lug-11
apr-12
apr-13
apr-11
set-06
set-07
set-08
set-09
set-10
set-12
set-11
gen-07
gen-08
gen-09
gen-10
gen-12
gen-13
mag-07
mag-08
mag-09
mag-10
mag-12
gen-11
mag-11
Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters
L’indice, su valori minimi, nell’ultima L’euribor 3m si muove intorno a 0,21%.
settimana rimane sotto quota 900.
Il presente documento è stato preparato nell’ambito della propria attività di ricerca economica da BNL-
Gruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP
Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in
questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato
divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere
considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come
un’offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari.
11