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ANTONIO FERRANDINA 
ROBERTO ZARRIELLO 
SOCIAL MEDIA MARKETING 
Una guida per i nuovi 
comunicatori digitali 
Autori e curatori: Antonio Ferrandina , Roberto Zarriello 
Contributi: Francesca Ferrara, Massimo Nava 
Collana: Cinquanta minuti - Le guide rapide d’autoformazione 
Dati: pp. 128, 2a edizione, aggiornata 2014 
Codice ISBN: 9788891710192
Presentazione del volume 
Fare business sui social network è oggi una necessità per qualsiasi azienda 
(grande o piccola). Questo libro illustra come utilizzare la Rete per sviluppa-re 
una relazione forte con i clienti e per offrire un servizio di assistenza 
post-vendita efficace, continuo e immediato. 
Troverete anzitutto un quadro chiaro, rapido e aggiornato: 
- Cos’é il marketing on line 
- Cosa è il Social Media Marketing 
- Come sfruttarlo per sviluppare il business aziendale 
- Come organizzare una campagna di Social Media 
- Quanto costa una campagna di Social Media 
Ma soprattutto, troverete una guida (ricchissima di suggerimenti concreti 
e pratici) per impadronirvi degli strumenti dei nuovi Comunicatori Digitali: 
- Come cambia il mestiere dell’Ufficio Stampa 
- Come si comunica sui Social Network 
- Storytelling e content curation 
- L’importanza dei device 
- Consigli utili per il posizionamento in Rete 
- Le best practices in corso 
- I costi della social communication 
- Le agenzie di comunicazione 
- Istituzioni e Social Media 
- La crossmedialità 
Le nuove tecnologie hanno cambiato le regole del marketing e della 
comunicazione. Hanno cambiato anche la società in cui viviamo e noi 
stessi. Questo libro vi accompagnerà in un viaggio tra questi nuovi orizzonti. 
Antonio Ferrandina, esperto di marketing e pianificazione strategica, 
è docente di Marketing presso la LUISS Business School di Roma. 
Roberto Zarriello insegna Scrittura e giornalismo per il web nel Master 
in Nuovi Media all’Università di Foggia. Opera anche come consulente 
ed esperto di social media sia nel pubblico che nel privato.
Indice 
Antonio Ferrandina, Roberto Zarriello, Prefazione 
Le nuove sfide del marketing on line 
(Cos’è il marketing on line; Perché il marketing on line è diverso; 
Come cambia il business on line) 
Cosa è il Social Media Marketing 
(I Social Media; Il Social Media Marketing; Comunicazione tradizionale on 
line e Viral Marketing) 
Come sfruttare il Social Media Marketing per sviluppare il business aziendale 
(Come organizzare una campagna di Social Media; Quanto costa una cam-pagna 
di Social Media) 
Il mestiere dell’Ufficio Stampa 
(Premessa; Quando e come gestire le relazioni con i mass media; 
Gli strumenti dell’informazione: dal comunicato alla cartella stampa; L’ufficio 
stampa nell’era di Internet: le nuove tecnologie per comunicare meglio) 
Massimo Nava: Il nuovo mercato dei Social Media. Social Media oggi (& ieri) 
(Premessa; Old & New Style; Identità e reputazione on line: comunicare, 
coinvolgere e stupire; Appendice A - I Falsi miti; Appendice B - Guida sempli-ficata 
all’uso; Appendice C - Consigli semiseri per essere presenti sui Social 
Network (a cura di Sandro Simone, blogger e scrittore) 
Francesca Ferrara: Gli Strumenti del Comunicatore Digitale 
(Premessa; Quando e come gestire la conversazione in Rete; Gli strumenti 
del comunicatore aziendale; Comunicare sui Social Network; Indicazioni 
per una corretta comunicazione on line; Storytelling e content curation; 
L’importanza dei device; Consigli utili per il posizionamento in Rete...; 
Tra navigate e nuove piattaforme; Decodificazione dei contenuti; Comunica-zione 
aziendale e comunicazione istituzionale; Bandita la superficialità; 
Ecosistema ed ecologia della comunicazione on line; Le best practices 
in corso; I costi della social communication; Le agenzie di comunicazione; 
Content is the King!; Istituzioni e Social Media; La crossmedialità) 
Conclusioni e scenari futuri 
Glossario 
Bibliografia 
Sitografia.
Anteprima: Capitolo gratuito 
4. Il nuovo mercato dei Social media 
Social Media oggi, ieri e domani 
di Massimo Nava 
4.1 Premessa 
“Social media”, “Facebook”, “Contest”, “Whatsapp”, “Marketing online”, 
“mobile”. 
L’era del digitale è arrivata. Smartphone, applicazioni, acquisizioni milionarie 
e Social Network sono ormai una presenza costante negli articoli 
di quotidiani, giornali e riviste cartacee e online. 
Una rivoluzione del quotidiano che ci ha travolti, trascinati dalle abitudini 
degli utenti desiderosi di essere sempre più “connessi” e veloci nel leggere 
notizie e relazionarsi con le proposte che da quel mondo “virtuale” che 
ormai permea ogni aspetto della giornata: dalla scelta sugli acquisti alle amici-zie 
virtuali, dai locali da frequentare ai Call Center, tutto è attraversato da 
un sottile “fil rouge” che lega e connette ogni gesto all’informazione 
disponibile in rete. 
Come normali utenti del web (una volta definiti “utonti”) diamo ormai per scon-tato 
una serie di piccoli gesti che appartengono alla sfera personale 
o lavorativa a noi del tutto estranei appena qualche anno fa. 
Condizionati volontariamente nella percezione di un “nuovo” modo di vivere 
che genera dinamiche e favorisce i più attenti e la crescita di un tessuto 
sociale che non manca di riservare sorprese e, purtroppo, anche alcune 
minacce che ci colgono impreparati o, semplicemente, poco avvezzi alle 
nuove tecnologie. 
Decodificare alcuni significanti a volte è assai difficile benché siano frequenti 
i punti di riferimento in grado di svelarcene la natura e gettare nuova luce 
su dinamiche viviamo ormai insieme, dentro e fuori la rete. 
In questo contesto, mutevole ed eterogeneo, sottoposto a continui scossoni 
e revisioni, si sviluppano i vorticosi meccanismi oggetto di studio di sociologi 
del web e degli esperti di marketing che inondano la rete con le loro previsio-ni, 
analisi e, qualche volta, fraintendimenti destinati a palesarsi nella loro
natura di “meteore” del web. 
La miscellanea di stimoli e informazioni si tramuta così in un calderone ribol-lente 
dove sorgono spontanei nuovi ruoli professionali, strumenti all’avan-guardia, 
trends e opportunità per tutti i partecipanti: dagli utenti comuni agli 
specialisti, dalle agenzie di comunicazione fino alle aziende, stimolate dal 
richiamo di una sfida necessaria per la loro sopravvivenza: l’evoluzione della 
specie (digitale). 
Soprattutto per le aziende ed il loro mondo che si sviluppa intorno agli utenti 
(il loro pubblico naturale), osservare il cambiamento e adattarsi diventa una 
necessità, non sempre compresa fino in fondo (soprattutto in Italia), ma 
in grado di definire vita, sopravvivenza o morte di ogni modello di business. 
Come e perché dare tanta importanza al web e alle sue dinamiche di gruppo 
o valutare la motivazione che dovrebbe spingerci verso di esso, è frutto di una 
serie di considerazioni basilari in grado di dimostrarne l’efficacia ma anche 
i tranelli verso i quali è facile (o semplicemente “comodo”) orientarsi cedendo 
alle lusinghe di sirene opportuniste. 
L’analisi inizia dal confronto tra le vecchie “abitudini” e i nuovi strumenti che 
la rete mette a disposizione di tutte le realtà: produttive, comunicative e sociali 
(volendosi riferire, questa volta, alle relazioni umane ante litteram). 
Considerando i 3 “mondi” come parti di un unico organismo è alla dimensione 
“business” italiana che dedichiamo la nostra attenzione, esplorandone ritmi, 
cambiamenti, novità e direzioni che coinvolgono anche piccole e medie realtà 
desiderose di proiettarsi verso il futuro per non restare troppo ancorate 
ad un passato recente e restìo ad evolversi. 
4.2.Old & New Style 
La nostra esplorazione nasce dal confronto tra il vecchio modo di intendere 
il web (ancora radicato nel nostro territorio, più di quanto non si immagini) 
e il nuovo mondo, dotato di regole, meccaniche e termini chiave che nascon-dono 
dinamiche facilmente accessibili, a portata di click. 
Smaliziate dall’esperienza di vecchie “bolle” esplose dopo l’ euforia collettiva
dell’avvento del web, stimolate e a volte illuse da mercenari sempre presenti 
e vogliose di seguire l’esempio dei big le aziende si trovano spesso a dover 
decidere se e come seguire le novità, anticipandone i rischi oppure restando 
a guardare dietro una finestra fatta di indecisioni e cattivi investimenti. 
Piattaforme sociali, Community e altri concetti erano ieri chiavi di lettura acer-be 
e sebbene iniziassero a mietere consensi tra gli utenti rappresentavano 
comunque una potenzialità avvolta nel mistero (in particolare in quelle fasce 
geografiche dove i riflessi di alcune evoluzioni digitali giungono puntualmente 
“in differita”, come nel nostro caso). 
In quella fase di passaggio, tra l’esplosione dei “Social Network” e l’evoluzio-ne 
di tablet e smartphone che condizionano le necessità di ogni realtà ci si 
è limitati al possedere una mera presenza “fisica” sul web collezionando qual-che 
timida iniziativa promozionale (magari affidata alla persona sbagliata): 
un sito e una pagina facebook (o, peggio, un account personale travestito 
da brand), più o meno curato esteticamente in grado di fornire qualche spunto 
di visibilità che non richiedeva particolari sforzi nel suo mantenimento. 
O così si pensava. 
I Brand, in quest’ottica, respiravano (e lo fanno ancora) la loro mono-direzio-nalità 
fatta di scarsa interazione con gli utenti, richiamati da iniziative e spunti 
grossolani, mal gestiti che traevano spunto (o “clonavano”, letteralmente) ini-ziative 
altrui senza la cura necessaria dimostrata dalla “fonte” originale. 
La parola chiave per tutti era (è) semplicemente “esserci”, in un modo 
o nell’altro. Dimenticando che “Social” e “Conversazioni” non sono modi 
di dire ma un nuovo, concreto approccio all’utenza attiva sul web. 
Nei primi anni della “new wave” erano in pochi i “pioneri” ai quali interessava 
davvero interagire correttamente con l’utenza, considerata dai più come 
un gregge da manipolare o come un affezionato pubblico inebetito da TV 
(poco) impegnata. Seguiti a ruota dai più attenti o seguiti pessimamente da 
tanta improvvisazione (mal)celata. 
All’orizzonte, nel frattempo, quello stesso pubblico che presenziava costante 
e fedele il piccolo schermo, iniziava ad interessarsi alla rete: per condividere 
interessi, passioni e consigli, per studiare e aggiornarsi, per divertirsi o per 
interagire con sconosciuti interessanti che sembravano aver qualcosa da dire 
su pagine virtuali a forma di blog o di pagina Facebook.
E’ bastato solo un po’ di più e l’Entertainment e il mobile sono diventati il nuo-vo 
aggregante della quotidianità online favorendo la direzione intrapresa 
da utenti iper-stimolati quali siamo, in grado di costruire su noi stessi trends 
e vettori comunicativi. 
Rapidamente il flusso di utenti che si riversava online cresceva e generava in-torno 
a sé nuove dinamiche destinate a stravolgere il metodo attraverso 
il quale aziende e brands comunicavano con essi. 
Per definire il cambiamento avvenuto è sufficiente citare un esempio acca-demico: 
nell’era pre-social il rapporto tra consumatori e aziende era stabilito 
da queste ultime le quali ne dettavano le direzioni, controllando il flusso di in-formazioni 
e i canali a disposizione degli utenti lasciando poco spazio al vero 
dialogo tra le parti. Questi ultimi si rivolgevano ai siti dei produttori, ad esem-pio, 
per ottenere informazioni sul prodotto o sull’iniziativa da seguire “suben-do” 
la comunicazione in maniera per lo più passiva. 
Dalla nascita dei canali sociali (forum, blog e primi “socials”) e dal loro suc-cessivo 
sviluppo, complice il riversamento in massa degli utenti e l’arrivo 
di devices moderni, i momenti di contatto e di scambio hanno subito una forte 
impennata determinando con decisione il cambiamento nel rapporto utente-utente 
e utente-azienda. 
L’utente “Mario Rossi” ha dunque iniziato a non aver più bisogno dell’azienda 
per essere informato sui suoi prodotti, rivolgendosi piuttosto ad altri consuma-tori 
dai quali attingere esperienza diretta (presumibilmente sincera) per orien-tarsi 
sul reale valore dell’oggetto di interesse. 
In sintesi, se l’unica necessità per i Brands, inizialmente, era quella di 
“apparire”, dotati di una propria identità online, il cambiamento delle abitudini 
ha esercitato su questi l’obbligo di un adattamento con conseguente riorga-nizzazione 
nei confronti del “nuovo mercato”. 
La sfida da affrontare ha iniziato a concentrarsi (e prosegue, di conseguenza) 
su tutti i fronti: necessità strumenti evoluti, linguaggi di comunicazione, staff e 
operatori competenti, strategie coinvolgenti e veloci, rapidità di reazione 
e Ascolto della rete (intesa come capacità di analisi e verifica del mercato 
target). 
Dati alla mano gli istituti demografici hanno iniziato a verificare e poi certifica-re 
la progressiva caduta degli investimenti sui vecchi media (outdoor, carta,
radio, tv) in favore del web (in questo caso genericamente inteso), certifica-zione 
della transizione avvenuta. La sopravvivenza necessaria ha richiesto 
sforzi, fusioni, acquisizioni e adattamenti verso il nuovo equilibrio che oggi 
miscela “vecchi” e “nuovi” media in un riversamento costante tra le due spon-de 
(si pensi alla reciproca influenza tra social media, cinema e serie televisive 
il cui successo può essere decretato sul web con largo anticipo). 
Inserite nel “nuovo mercato” le aziende non potevano più limitarsi ad attirare 
gli utenti verso il proprio sito o attendersi l’efficacia diretta da semplici spot 
promozionali e, seguendo i riferimenti forniti dagli esperti (definiti al meglio 
da un classico del genere: il “manifesto Cluetrain” precursore del cambiamen-to), 
hanno iniziato a muoversi a loro volta verso quegli ambienti popolati dai 
loro clienti, convertendosi (o almeno provandoci) al Social World. 
4.3 Identità e Reputazione online: comunicare, coinvolgere e stupire 
In questa nuova dimensione gli utenti sono il centro dell’universo divenuti 
oggetto di analisi costante e segmentati in modelli permeabili ai quali dedicare 
iniziative e test di mercato. 
Sapersi adattare e maturare in fretta diventa quindi la “mission” di ogni realtà 
desiderosa di non restare troppo indietro per affermare sé stessa e la propria 
identità, valutando la necessità di dedicarsi ad un mercato più ampio oppure 
alla propria “nicchia”, soprattutto all’interno di perimetri come quello italiano, 
poco ricco di utenza attiva e molto affollato. 
Esserci significa mostrarsi ma il vecchio concetto di “immagine aziendale” 
è stato sostituito da una nuova spinta evolutiva che riesca ad essere realmen-te 
coinvolgente rivolgendosi al proprio target, raccolto in gruppi e “comunità” 
(precedentemente analizzate da professionisti di settore) ricettive al proprio 
linguaggio (visivo e contenutistico) e dotato di regole e dinamiche maturate 
insieme con le novità tecnologiche disponibili. 
In questo mondo così frenetico, però, i tranelli e le aspettative deluse sono 
dietro l’angolo, complice una superficialità gestionale da “vecchio modello 
di business“ che va contro ogni evidenza e spinge aziende, Pmi e Brands
a gestire nel peggior modo i propri canali, senza una reale strategia 
e con l’onnipresente “fai da te” facilmente riscontrabile online. 
Un esempio concreto interessa la crescita delle piattaforme principali che 
nel corso degli ultimi mesi hanno concentrato i propri sforzi verso il migliora-mento 
del comparto visivo al punto da condizionare le regole della comunica-zione 
attraverso il (relativamente nuovo) concetto di Visual Marketing. 
Comprenderne motivazioni e finalità è semplice. Reti veloci, devices di ultima 
generazione dagli schermi ad alta risoluzione dalle dimensioni estese (si pen-si 
ai nuovi smartphone, modelli a metà strada tra mini-tablet e maxi-telefonini) 
e diminuzione dei tempi di reazione degli utenti di fronte ad uno schermo han-no 
condizionato fortemente il modello comportamentale dei navigatori il cui 
“primo impatto” con l’immenso flusso di aggiornamenti che ciascun canale 
ci mette a disposizione è condizionato dalla percezione visiva (quindi immagi-ni 
e video, stimoli visivi) che catalizzano l’occhio dell’osservatore spingendolo 
ad approfondire la notizia/aggiornamento. 
Da Facebook a Google, da Linkedin a Twitter e Pinterest i Social principali 
danno maggiore spazio alla personalizzazione del layout ed agli elementi 
grafici quali copertine, immagini allegate, gallery, advertising, video e micro-animazioni 
(si pensi alle note #cinemagraph ed agli stili “flat” e “windows 8” 
divenuti trends in virtù della diffusione dentro e fuori la rete). 
Riuscire dunque a considerare il comparto visivo come il linguaggio dominan-te 
è una necessità ed una opportunità per differenziarsi rispetto a competitors 
ed al mare magnum di proposte che bombardano quaotidianamente gli utenti. 
Una necessità che richiede, di nuovo, professionalità e competenza nella 
gestione della Comunicazione Visiva e della grafica che sostengono la tra-smissione 
della propria immagine aziendale. 
Una corretta gestione grafica ovviamente aiuta ma non basta: è necessario 
ricordare che la creazione e lo sviluppo di una propria identità online richiede 
una interazione puntuale, attenta ed evoluta del pubblico (considerandone 
le necessità e le abitudini), desideroso di rispetto e di stimoli concreti che lo 
mettano in condizioni di essere davvero coinvolto nel seguire i nostri canali. 
Creatività, impegno, professionalità, costanza e “ritmo” nella pubblicazione, 
con un occhio rivolto alle statistiche sono i migliori alleati che si possano desi-
derare. 
L’interazione alla quale ci si riferisce nasce prima dalla buona analisi del pro-prio 
target (pratica non molto diffusa nelle piccole e medie realtà) che vive 
la rete ricercando spazi specifici a volte semplici da delineare grazie alla 
natura stessa delle piattaforme sociali moderne in grado di canalizzare 
le preferenze oltre le aspettative. 
Un esempio concreto: sfatare il mito che tutte le piattaforme sociali siano dei 
“social network”, o che siano utilizzabili solo i canali principali per il posiziona-mento, 
è il primo passo per riuscire a costruire una community di utenti intor-no 
al brand da una posizione privilegiata e non esclusiva. 
Grazie alla struttura di ogni canale, infatti, è possibile identificare, con una 
certa precisione, il pubblico che anima tali piattaforme. I “Socials” non sono 
“strumenti” (nell’accezione passiva del termine) ma un organismo vivo e mu-tevole 
che si sviluppa intorno a masse di utenti e canali cresciuti per soddisfa-re 
necessità diverse adattabili a ciascuna realtà professionale e/o personale. 
Alcune piattaforme sono più ricche di altre ma il “macroverso” che sociale 
è costituito da tanti canali diversi a volte dedicati ad accogliere singole specifi-che 
preferenze e contenuti che possono essere facilmente messi in relazione 
con i “big” di settore contribuendo a migliorare la disposizione del Brand onli-ne. 
Dimostrare questo assioma è semplice: senza contare le numerose 
(e spesso milionarie) acquisizioni/fusioni più o meno famose basti pensare ad 
una strategia moderna “standard” che considera (o dovrebbe farlo) per cia-scun 
canale una predisposizione di contenuti variegata che ne “giustifichi” 
la presenza. 
Il “leit-motiv” consiste nell’evitare il copia-incolla di contenuti tra i canali sfrut-tandone 
le peculiarità superando il concetto di “home site” estendendolo 
in modo deciso al punto che il sito web che ci rappresenta diventi quasi “inuti-le”; 
un sito web “vecchio stile” accoglieva una serie di informazioni (testuali 
e visive) impaginate tramite pulsanti di accesso e una navigazione verticale 
da promuovere online tramite campagne di comunicazione, newsletter, condi-visioni 
social ed iniziative a vari livelli. 
La medesima struttura di quel “vecchio” sito può essere oggi riconvertita 
in modo conveniente (anche perché il “travaso” di link dal web ai social
funziona sempre meno, soprattutto se non sostenuto da particolari interventi 
a pagamento o da una Community attiva): il sito verticale si semplifica fino 
a diventare quasi un “mini-sito” concentrato ed efficace mentre i diversi conte-nuti 
trovano alloggio all’interno dei Socials. 
Per semplificare: disponiamo di cataloghi, flyer e documentazione? 
Da Pinterest a Slideshare fino ad Issuu e simili abbiamo tutto ciò che ci serve 
per la pubblicazione (magari da condividere proprio all’interno del “mini-sito” 
con un classico “embed”); Video, foto, backstage e contenuti creativi sono l’i-deale 
per Instagram, Youtube, Behance, Vimeo, lo stesso Pinterest e simili; 
si vuol condividere notizie e comunicati? Valutiamo l’uso di un blog esterno 
che potrebbe permettere ai contenuti di “uscire” dal sito e viaggiare in rete 
grazie alle piattaforme come Google Blogger, Wordpress, Linkedin (che di re-cente 
ha aggiunto una sezione “blog” per gli utenti) e il noto Tumblr divenuto 
proprietà di Yahoo. 
Le potenzialità sono infinite e guidate dalla creatività dello stratega di turno 
che, dati alla mano, può strutturare un flusso personalizzato e opportuno fino 
a coinvolgere strumenti come Whatsapp per gestire la propria utenza (nell’ot-tica 
del #socialcaring di cui si parla già da un po’ di tempo anche in Italia), 
applicazioni con messaggi “a tempo” per iniziative specifiche e Geolocalizza-zione 
aggiornata alle abitudini “mobile” che, attraverso nomi noti quali Four-square 
(aggiornatosi recentemente) e Tripadvisor possono essere considera-re 
valide “avanguardie” sul territorio. 
Non solo Facebook, dunque, ma un insieme capillare di piattaforme importan-ti, 
più o meno conosciute all’interno delle quali intercettare il nostro pubblico 
migliore spinto a sviluppare la propria vita digitale in maniera intelligente, 
assecondandosi e sviluppando una migliore affinità con il web secondo il pro-prio 
orientamento. 
Il concetto fondamentale è il seguente: ciascun utente pur essendo presente 
(registrato) all’interno di più canali è probabilmente attivo solo all’interno 
di quelle piattaforme che meglio si adattano alle sue preferenze innate (non 
solo professionali), alla potenzialità di relazionarsi con altri utenti ed alla “velo-cità 
di reazione” in risposta alla voglia di pubblicazione di un contenuto 
qualsiasi.
Tali scelte, subordinate a mode, trends, tecnologia e quotidianità sono poi 
oggetto di “Ascolto” e analisi e codificati nella profilazione del target necessa-rio 
alle aziende per sviluppare la strategia, adeguandola alla presenza delle 
diverse “nicchie di mercato” corrispondenti al profilo identificato. 
Al frutto di questa analisi continua faranno seguito le scelte di posizionamento 
e sviluppo della propria identità online, distribuita secondo necessità. 
Il passaggio successivo consiste poi in un secondo concetto chiave, pilastro 
della continuità in rete per ogni Brand: la “Reputation”. 
Se il concetto di “Identità” consiste nella capacità di trasmissione dell’azienda 
e dei suoi valori, quello di “reputazione” va tradotto nella percezione “restitu-ita” 
dal pubblico ideale di quell’azienda in risposta alla sua presenza online, 
migliorandosi per convertire la Reputazione in effetti tangibili proficui per 
l’azienda. 
Superando l’associazione del concetto con i Brands sufficientemente forti 
da stimolare autonomamente una buona reputazione online (nell’ottica del co-nosciuto 
“tribe-marketing” dominio di marchi famosi, per lo più) ci rivolgiamo 
altrove, verso quelle realtà per le quali godere di una buona reputazione 
sul web significa disporre di un valore aggiunto importante. 
Generare la giusta reputazione significa saper interagire con il proprio pubbli-co 
in modo concreto: a volte con iniziative e creatività che lo coinvolgano 
e stimolino, altre mantenendo attivo il canale di comunicazione in modo intelli-gente 
(ricordandosi di non considerare i Socials come banali canali pubblicita-ri) 
fino alla corretta gestione della critica negativa, puntando a dialogare 
con gli utenti a tutti i livelli. 
Non solo “presenzialismo”, appunto, ma #engagement e linguaggio di comu-nicazione 
mirata, con semplicità e creatività. 
Non stupisce dunque che le aziende più attente che ottengono i migliori ri-sultati 
si dotino di interi Staff e di agenzie specializzate messe a disposizione 
del loro pubblico online, un cambiamento importante (non ancora compreso 
da troppe aziende italiane) destinato a sostituire, ad esempio, il più classico 
front-end (il call center telefonico) all’interno di una rivoluzione già in atto
che fa capo al citato #socialcaring. 
Identità, reputazione e coinvolgimento, ma anche tante iniziative e nuovi modi 
di utilizzare le piattaforme già esistenti, rivolti al cambiamento nelle preferenze 
degli utenti e stabilendo la linea di confine con il passato, evitando gli ostacoli 
relativi. 
Come sviluppare, dunque, una buona strategia di rete e quali sono i tranelli 
più comuni nella gestione dei nostri canali online? 
La prima necessità, seguendo le logiche precedenti, sarà di certo quella 
di innestare online correttamente l’identità del Brand, coordinata e coerente 
in ogni canale, integrando Vision e Mission aziendale ad una gestione della 
propria immagine in linea seguendo le preferenze degli utenti e predisponen-dosi 
alle necessità di adattamento del web moderno: Tempistica di reazione 
(in risposta alle sollecitazioni dagli utenti oppure agli eventi che coinvolgono 
il “buzz online” e possono offrirci spunti eccellenti), Design attento al Mobile, 
Applicazioni, Creatività multimediali e specializzazione di settore. 
Il meccanismo promozionale tipico nasce di solito intorno ad una pagina 
di riferimento (un blog, un sito oppure una “landing page” creativa) che pre-senta 
il Brand, un suo prodotto oppure un’iniziativa proponendone i contenuti 
principali: che si tratti di una campagna singola o di una permanenza conti-nuativa 
essa accoglie i diversi aspetti della comunicazione sviluppata aggre-gando 
tutte le altre rappresentazioni online previste (non più solo dalla pagina 
web ai Social ma, oggi, dai Social alla pagina web) divenendo un punto 
di riferimento, raccolta e rilancio per l’utenza target suggerendo altri spunti 
“sociali” secondo strategia. 
Tutti i contenuti dell’iniziativa saranno ovviamente ereditati (e adattati) dai 
canali previsti, coniugandosi eventualmente con iniziative offline (un ottimo 
sostegno per le iniziative online) costruendo un “ciclo” vitale che dentro e fuori 
il web alimenta e costruisce la propria “Brand Community”. 
La diversità di ogni piattaforma e, conseguentemente, del suo pubblico, 
ci spingerà a valutare approcci differenti secondo i casi, evitando di “duplica-re” 
i contenuti della pagina di riferimento per offrire all’utente una motivazione
concreta affinchè ci segua su canali diversi (mostrandosi più spesso a quell’u-tente 
durante le fasi “sociali” della sua quotidianità). 
In sintesi è fondamentale diversificare la comunicazione online all’interno 
delle piattaforme sociali evitando di “clonare” sé stessi e offrendo, se possibi-le, 
spunti sulla propria realtà diversi secondo opportunità: video, comunicati, 
profili, iniziative, news e partecipativi, sviluppati adeguatamente, per presen-tare 
la realtà aziendale in modo completo e attraverso differenti “linguaggi” 
(visivi, dialogativi, ecc..), manipolati ciascuno in rapporto al proprio format 
e al pubblico di quel canale. 
L’approccio suggerito è riconducibile ad un altro termine frequente negli arti-coli 
degli specialisti: si parla di #storytelling traducibile, per semplificare, nella 
capacità di “raccontare una storia” immaginandone la disposizione dei capitoli 
all’interno dei vari canali online, ciascuno con una “parte della storia” 
da illustrare. 
L’appeal estetico-gestionale dei nostri canali però, da solo non basta e biso-gna 
superare la credenza che un’azienda sia di per sé interessante per gli 
utenti anche senza alcun impegno concreto verso il proprio pubblico (creden-za 
purtroppo ancora molto diffusa nel perimetro italiano). 
Nel contesto presentato manca infatti un tassello fondamentale che fornisca 
una chiara motivazione agli utenti convincendoli a seguirci oppure a generare, 
più semplicemente, il giusto feeling verso la realtà che ci riguarda. 
Il riferimento punta ai “contenuti” che vanno ben oltre le semplici “news” 
su prodotti, oltre gli sconti da mercato (spesso ignoranti di limiti e regolamenti) 
e simili ma si riferisce alla capacità di essere trasversalmente coinvolgenti, 
provando ad evitare la monotonia tipica dei canali esclusivamente 
promozionali. 
Inutile il voler concentrare messaggi pubblicitari percepiti alla fine come vero 
e proprio “spam”, una cattiva abitudine ignorante delle opportunità strategiche 
che le Conversazioni Sociali sanno offrire legando al segmento commerciale 
di interesse stimoli visivi e segnalazioni speciali. Spunti disponibili in abbon-danza 
in rete con indicatori di successo facili da interpretare (numero di like, 
condivisioni e commenti sull’articolo originale, ad esempio).
Infine, in aggiunta alle ultime considerazioni è fondamentale soffermarsi 
sul significato del concetto “dare visibilità alle nostre iniziative” che di solito, 
attraverso il semplice passa-parola (e con i “limiti” indotti dalle piattaforme che 
puntano a monetizzare la presenza degli utenti e delle aziende) non offre 
una adeguata esposizione né il raggiungimento del target desiderato. 
Google AdWords, Social Ads (Facebook, Twitter, Linkedin, Google Plus ecc..), 
circuiti e concessionarie pubblicitarie, campagne dem, comarketing ecc… 
Gli strumenti a nostra disposizione sono tanti, facilmente accessibili e adatti 
a qualsiasi budget si abbia a disposizione per affiancare le nostre iniziativa 
garantendoci penetrazione e visibilità sia in fase di lancio che nella fasi suc-cessive. 
Senza voler citare la rivoluzione di Facebook che ad inizio 2014 ha vincolato 
la visibilità alla promozione di post e campagne è giusto ricordare alle Azien-de 
quanto sia normale e fisiologico di ogni mercato dover pagare un vettore 
della nostra comunicazione che ci aiuti e sostenga favorendoci grazie alle 
potenzialità della buona profilazione ottenuta da quei Social ai quali ci rivol-giamo. 
A completamento dello scenario possiamo considerare iniziative di marketing 
non-convenzionale dentro e fuori la rete (necessarie a stimolare la curiosità 
del pubblico target desideroso di Creatività e Originalità), co-marketing (l’unio-ne 
fa la forza) e l’inclusione di professionisti specializzati nel dialogo sociale 
(al bando l’improvvisazione e il “riciclo” di figure di altri settori ai fini del rispar-mio 
economico), figure chiave della promozionale online che crescono insie-me 
con la rete e possono fare la differenza tra un’azione di successo e una 
scialba iniziativa tra le tante troppo simili. 
4.3 Appendice – I Falsi miti 
Leggendo le mie parole i più smaliziati si renderanno conto di alcuni riferimen-ti 
ai “pericoli” che una gestione superficiale della strategia online può incon-trare, 
favorita da una ignoranza diffusa e una incapacità di associare il valore 
della promozione (e del merito) al successo dell’azienda. 
Necessario dunque analizzare quei riferimenti, seppur brevemente, definendo
“protagonisti” e momenti topici che possono favorire il rallentamento 
o fallimento delle nostre iniziative. 
1- Il ROI (ritorno sull’investimento) 
Il primo errore, il più comune, è quello di considerare il web e le piattaforme 
sociali come un meccanismo adatto a “vendere di più”. Come ben sanno gli 
addetti ai lavori comunicare online, stabilire relazioni sociali o guadagnare 
ampie fette di pubblico non significa automaticamente aumentare le vendite 
o guadagnare nuovi clienti. 
Tra variabili geografiche, temporali e trends è importante aver coscienza della 
rete in qualità di potenziale amplificatrice della nostra realtà il cui valore reale 
o percepito è demandato a dinamiche che possono essere esterne al web. 
Una buona strategia serve a penetrare all’interno di quelle masse di utenti 
citate, essa è però subordinata all’azienda coinvolta, alla sua natura e alla 
capacità di “collaborare” o di seguirne gli spunti. 
La qualità reale del Brand e del prodotto non può essere sovvertita comple-tamente 
all’interno dell’universo Sociale dove oggi è facile svelare gli inganni 
informandosi, verificando e confrontandosi, al contrario di quanto succedeva 
in precedenza, in altri contesti, in presenza di “utonti” e non di utenti. 
Esistono però delle dinamiche, invece, che possono favorire la velocità di rea-zione 
dell’utente rispetto al prodotto (si pensi all’accordo Twitter-Amazon rela-tivo 
all’acquisto tramite “tweet”): in questo senso, quale che sia la strategia 
in uso, limitare il numero di “click” tra i vari passaggi, dalla promozione fino 
ad arrivare all’acquisto online oppure all’informazione desiderata, migliora 
la reputazione e favorisce la finalizzazione dell’atto. 
2 – La ricerca del numero, i finti fan e gli utenti attivi 
Quotidiani e riviste online oggi presentano il panorama seducente del web, 
ricchissimo di utenti di ogni tipo che vivono la loro quotidianità online 
(soprattutto grazie al mobile). A giudicare dai numeri di alcune piattaforme 
i dati sembrerebbero dargli ragione e l’affanno per le aziende (e le agenzie 
che ne curano gli interessi) è quello di garantire a queste un numero sempre 
maggiore di “fan”. 
Scartando l’ovvia necessità di avere un pubblico in crescita dobbiamo però
ricordare a noi stessi che la rete è popolata da diverse tipologie di utenza 
non sempre utile: dai tanti iscritti inattivi (su ogni piattaforma) agli account 
multipli degli operatori di settore che si moltiplicano a vista d’occhio, fino 
ad arrivare ai semplici “disinteressati”, ai “poco attenti” ed ai poco evoluti. 
Volendo semplificare: non basta puntare alla massa ed al numero di like per 
guadagnare davvero visibilità e avere un ritorno concreto sulle proprie inizia-tive 
(accettando magari di acquistare “al Kg” utenti e amicizie fasulle per le 
nostre pagine venduti da mercenari e truffatori senza scrupoli) ma, molto più 
importante, raccogliere adesioni da un pubblico attivo e orientato (scegliendo 
bene le proprie “nicchie target” da stimolare con intelligenza e coinvolgere con 
creatività). 
3 – Spam, promozione e canali aziendali 
Navigando online è facile intercettare attività massificate di vero e proprio 
spam a cura di aziende che traducono i termini “strategia” e “web intrusion” 
con “bombardamento pubblicitario”, libera (e dannosa) associazione che 
si verifica attraverso l’apertura indiscriminata di account che hanno il solo sco-po 
di pubblicare messaggi promozionali, magari automatizzati (quindi ignoran-do 
le regole sulla necessità di rispondere adeguatamente e velocemente agli 
utenti), di rado adattati alla realtà che ci si trova davanti, contrario al concetto 
di “Reputazione” di cui sopra. 
La reazione degli utenti infastiditi dalla noncuranza di aziende e presunti 
“professionisti” di settore (privi di esperienza, a bassissimo costo e auto-eletti 
“esperti”) sembra non interessare alle aziende (in particolare quelle italiane) 
che tra ridicolaggini, banalità e “fail” più o meno epici, dimostrano di essere 
davvero in ritardo sul fronte della comunicazione moderna, con tutte le conse-guenze 
del caso e le ripercussioni sul loro business. 
4 – L’offline e le email sono “morte” 
Un errore da evitare è ritenere che il web da solo basti a garantire la buona 
riuscita di una campagna di comunicazione sugli utenti (nuovi o già acquisiti) 
oppure considerare scollegati il mondo online e quello reale, privando l’uno 
e l’altro di coerenza, potenza espressiva e continuità nelle iniziative previste. 
Capita sovente che alcune aziende disdegnino gli importanti riferimenti offerti
dal mercato e dai professionisti di settore: doveroso quindi sottolineare quan-to 
siano ancora utili strumenti come l’email (sviluppata in modo adeguato ad 
opera di professionisti di settore) e la gestione di database di utenti (acquisiti 
o da acquisire in seguito, anche all’interno di un punto vendita, ad esempio, 
a seguito di una campagna online) per comunicare con il proprio target. 
5 – Cosa c’è oltre Facebook, Twitter, Linkedin e Youtube? 
Un errore di valutazione piuttosto comune consiste nel confinare le proprie 
attività all’interno delle piattaforme più popolate ove riversare ogni sforzo. 
Al contrario, la vastità di piattaforme online e la varietà di strumenti e appli-cazioni 
si offrono come ottimo spunto per migliorare la qualità della presenza 
online e le relazioni sociali. 
Per raggiungere un buon livello di Conversazione sociale, infatti, è importan-te 
riuscire a diversificare la presenza online, come affermato in precedenza, 
mettendo a frutto anche i contenuti che gli utenti di ogni piattaforma propon-gono 
a ciclo continuo, rastrellando contenuti interessanti e, dove possibile, 
l’attenzione di utenti target al loro interno. 
Una caso studio di esempio, inventato, è rappresentato da un’ipotetica 
azienda eno-gastrononomica che decida di presentarsi in rete posizionando 
la propria identità e promuovendo prodotti e iniziative seguendo la logica 
della “diversificazione” e seguita da uno staff o da un’agenzia creativa esterna 
competente. 
Tale azienda, dotata di un blog (sul sito o su piattaforma social, con esposizio-ne 
di ricette, schede prodotto, partecipativi) potrebbe ad esempio decidere 
di gestire: 
- un account su Youtube e/o Instagram per presentare materiali visivi (video 
e foto, inclusi backstages di preparazione) dedicati alla produzione (contenuti 
da linkare all’interno degli articoli del blog); 
- una presenza su Skype e Whatsapp per stabilire un contatto diretto con 
il servizio clienti prodotti o con figure specializzate nella “consulenza” culinaria 
(una sorta di “tutor” dei fornelli) 
- apertura a gruppi (Fb, G+, Linkedin), forum e community tematiche ove inte-ragire 
con gli utenti rispondendo a domande in linea con il proprio segmento
commerciale, evitando accuratamente lo spam ma presentando la propria 
realtà indirettamente (risalire da un nick alla pagina di riferimento di un ac-count 
è un’attività frequente da parte degli utenti); 
- Facebook Fan Page multimediale (con parte delle pubblicazioni derivanti 
dagli altri canali) che sia di collegamento con il blog e presenti network 
ed attività, magari sostenuta dall’esistenza di un eventuale account personale 
(reale) di un collaboratore dell’azienda (un cuoco o un esperto enologo) che 
presentando il proprio profilo (magari all’interno di LinkedIn, in qualità 
di dipendente della relativa pagina aziendale) si proponga come “influencer” 
e “volto umano” dell’azienda. 
Data la struttura delle fan pages, sarebbero ipotizzabili anche altre attività 
complementari di “raccolta” e contatto generiche o di coinvolgimento 
(Advertgame, Gallery, ecc.. e advertising di vario genere). 
- Account Twitter, con gestione opportuna delle “liste” e dei tools comple-mentari, 
all’interno del quale conversare con utenti target in grado di fornire 
riferimenti specifici da rilanciare: segnalazione di eventi (magari in collabora-zione 
con un account sul rinnovato Foursquare e TripAdvisor per valorizzare 
location, punti vendita e/o attività sul territorio), contatto con i web influencer 
dedicati alla cucina e al vino, recensioni e dialogo con presenze orientate ai 
temi chiave dell’azienda e dotate, a loro volta, di un pubblico al quale puntare 
(proponendosi senza cedere alla tentazione di farsi pubblicità gratuita ma 
offrendo un contributo reale alle conversazioni sociali) e così via. 
- Vimeo, Tumblr e Pinterest per rintracciare/ripubblicare risorse tematiche 
(account, foto, video, animazioni, segnalazioni) da veicolare all’interno 
dei propri canali garantendosi al contempo un’ulteriore area di raccolta di con-tenuti 
giudicati interessanti all’interno di fervide realtà densamente popolate. 
Altre piattaforme possono essere usate in modo creativo e diverso per otte-nere 
una distribuzione omogenea della presenza online nell’ottica del “social 
seo” di cui si parla spesso ricordando che non solo ciascun Social “riversa” 
contenuti all’interno dei motori di ricerca principali (con ovvie limitazioni) 
ma ciascun canale è esso stesso un motore di ricerca che fornisce risultati 
dalle proprie pagine. 
Qualche esempio rapido sul valore di network “secondari”: Behance Network
o Flickr possono essere utilizzati per la pubblicazione di creatività o fotogra-fie 
d’autore legati alla gamma di prodotti dell’azienda eno-gastronomica (un 
escamotage per dare senso alla presenza su quei canali e spingere gli utenti 
al loro interno a seguirci anche al loro interno); Slideshare può raccogliere 
infografiche, guide rapide e riferimenti legati ai prodotti, alle ricette che li ri-guardano 
ed a trends e consumi alimentari; Issuu può accogliere il catalogo 
dei prodotti, esponendone l’intera gamma oppure il singolo prodotto con tutte 
le sue caratteristiche. 
L’esplorazione dei canali potrebbe continuare citandone altri da integrare 
in una strategia (valutando, di volta in volta, anche la reale capacità dell’azien-da 
di seguirne lo sviluppo nel corso del tempo) oppure l’integrazione 
di attività di contatto verso blogger di settore in grado di sostenerci 
(più o meno spontaneamente). 
La conclusione alla quale si vuole puntare è dunque la dimostrazione di come 
si possa variare stile e approccio all’interno della varietà di canali esistenti 
mettendoci in condizioni di comunicare in modo diverso e coinvolgente moti-vando 
i fan dell’azienda a segurila nelle sue diverse rappresentazioni, garan-tendosi 
la possibilità di essere presente in più momenti della vita quotidiana 
“digitale” di ogni utente. 
Massimo Nava
Social Media Manager: guida per i nuovi comunicatori digitali (capitolo gratuito)

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  • 1.
  • 2. ANTONIO FERRANDINA ROBERTO ZARRIELLO SOCIAL MEDIA MARKETING Una guida per i nuovi comunicatori digitali Autori e curatori: Antonio Ferrandina , Roberto Zarriello Contributi: Francesca Ferrara, Massimo Nava Collana: Cinquanta minuti - Le guide rapide d’autoformazione Dati: pp. 128, 2a edizione, aggiornata 2014 Codice ISBN: 9788891710192
  • 3. Presentazione del volume Fare business sui social network è oggi una necessità per qualsiasi azienda (grande o piccola). Questo libro illustra come utilizzare la Rete per sviluppa-re una relazione forte con i clienti e per offrire un servizio di assistenza post-vendita efficace, continuo e immediato. Troverete anzitutto un quadro chiaro, rapido e aggiornato: - Cos’é il marketing on line - Cosa è il Social Media Marketing - Come sfruttarlo per sviluppare il business aziendale - Come organizzare una campagna di Social Media - Quanto costa una campagna di Social Media Ma soprattutto, troverete una guida (ricchissima di suggerimenti concreti e pratici) per impadronirvi degli strumenti dei nuovi Comunicatori Digitali: - Come cambia il mestiere dell’Ufficio Stampa - Come si comunica sui Social Network - Storytelling e content curation - L’importanza dei device - Consigli utili per il posizionamento in Rete - Le best practices in corso - I costi della social communication - Le agenzie di comunicazione - Istituzioni e Social Media - La crossmedialità Le nuove tecnologie hanno cambiato le regole del marketing e della comunicazione. Hanno cambiato anche la società in cui viviamo e noi stessi. Questo libro vi accompagnerà in un viaggio tra questi nuovi orizzonti. Antonio Ferrandina, esperto di marketing e pianificazione strategica, è docente di Marketing presso la LUISS Business School di Roma. Roberto Zarriello insegna Scrittura e giornalismo per il web nel Master in Nuovi Media all’Università di Foggia. Opera anche come consulente ed esperto di social media sia nel pubblico che nel privato.
  • 4. Indice Antonio Ferrandina, Roberto Zarriello, Prefazione Le nuove sfide del marketing on line (Cos’è il marketing on line; Perché il marketing on line è diverso; Come cambia il business on line) Cosa è il Social Media Marketing (I Social Media; Il Social Media Marketing; Comunicazione tradizionale on line e Viral Marketing) Come sfruttare il Social Media Marketing per sviluppare il business aziendale (Come organizzare una campagna di Social Media; Quanto costa una cam-pagna di Social Media) Il mestiere dell’Ufficio Stampa (Premessa; Quando e come gestire le relazioni con i mass media; Gli strumenti dell’informazione: dal comunicato alla cartella stampa; L’ufficio stampa nell’era di Internet: le nuove tecnologie per comunicare meglio) Massimo Nava: Il nuovo mercato dei Social Media. Social Media oggi (& ieri) (Premessa; Old & New Style; Identità e reputazione on line: comunicare, coinvolgere e stupire; Appendice A - I Falsi miti; Appendice B - Guida sempli-ficata all’uso; Appendice C - Consigli semiseri per essere presenti sui Social Network (a cura di Sandro Simone, blogger e scrittore) Francesca Ferrara: Gli Strumenti del Comunicatore Digitale (Premessa; Quando e come gestire la conversazione in Rete; Gli strumenti del comunicatore aziendale; Comunicare sui Social Network; Indicazioni per una corretta comunicazione on line; Storytelling e content curation; L’importanza dei device; Consigli utili per il posizionamento in Rete...; Tra navigate e nuove piattaforme; Decodificazione dei contenuti; Comunica-zione aziendale e comunicazione istituzionale; Bandita la superficialità; Ecosistema ed ecologia della comunicazione on line; Le best practices in corso; I costi della social communication; Le agenzie di comunicazione; Content is the King!; Istituzioni e Social Media; La crossmedialità) Conclusioni e scenari futuri Glossario Bibliografia Sitografia.
  • 5. Anteprima: Capitolo gratuito 4. Il nuovo mercato dei Social media Social Media oggi, ieri e domani di Massimo Nava 4.1 Premessa “Social media”, “Facebook”, “Contest”, “Whatsapp”, “Marketing online”, “mobile”. L’era del digitale è arrivata. Smartphone, applicazioni, acquisizioni milionarie e Social Network sono ormai una presenza costante negli articoli di quotidiani, giornali e riviste cartacee e online. Una rivoluzione del quotidiano che ci ha travolti, trascinati dalle abitudini degli utenti desiderosi di essere sempre più “connessi” e veloci nel leggere notizie e relazionarsi con le proposte che da quel mondo “virtuale” che ormai permea ogni aspetto della giornata: dalla scelta sugli acquisti alle amici-zie virtuali, dai locali da frequentare ai Call Center, tutto è attraversato da un sottile “fil rouge” che lega e connette ogni gesto all’informazione disponibile in rete. Come normali utenti del web (una volta definiti “utonti”) diamo ormai per scon-tato una serie di piccoli gesti che appartengono alla sfera personale o lavorativa a noi del tutto estranei appena qualche anno fa. Condizionati volontariamente nella percezione di un “nuovo” modo di vivere che genera dinamiche e favorisce i più attenti e la crescita di un tessuto sociale che non manca di riservare sorprese e, purtroppo, anche alcune minacce che ci colgono impreparati o, semplicemente, poco avvezzi alle nuove tecnologie. Decodificare alcuni significanti a volte è assai difficile benché siano frequenti i punti di riferimento in grado di svelarcene la natura e gettare nuova luce su dinamiche viviamo ormai insieme, dentro e fuori la rete. In questo contesto, mutevole ed eterogeneo, sottoposto a continui scossoni e revisioni, si sviluppano i vorticosi meccanismi oggetto di studio di sociologi del web e degli esperti di marketing che inondano la rete con le loro previsio-ni, analisi e, qualche volta, fraintendimenti destinati a palesarsi nella loro
  • 6. natura di “meteore” del web. La miscellanea di stimoli e informazioni si tramuta così in un calderone ribol-lente dove sorgono spontanei nuovi ruoli professionali, strumenti all’avan-guardia, trends e opportunità per tutti i partecipanti: dagli utenti comuni agli specialisti, dalle agenzie di comunicazione fino alle aziende, stimolate dal richiamo di una sfida necessaria per la loro sopravvivenza: l’evoluzione della specie (digitale). Soprattutto per le aziende ed il loro mondo che si sviluppa intorno agli utenti (il loro pubblico naturale), osservare il cambiamento e adattarsi diventa una necessità, non sempre compresa fino in fondo (soprattutto in Italia), ma in grado di definire vita, sopravvivenza o morte di ogni modello di business. Come e perché dare tanta importanza al web e alle sue dinamiche di gruppo o valutare la motivazione che dovrebbe spingerci verso di esso, è frutto di una serie di considerazioni basilari in grado di dimostrarne l’efficacia ma anche i tranelli verso i quali è facile (o semplicemente “comodo”) orientarsi cedendo alle lusinghe di sirene opportuniste. L’analisi inizia dal confronto tra le vecchie “abitudini” e i nuovi strumenti che la rete mette a disposizione di tutte le realtà: produttive, comunicative e sociali (volendosi riferire, questa volta, alle relazioni umane ante litteram). Considerando i 3 “mondi” come parti di un unico organismo è alla dimensione “business” italiana che dedichiamo la nostra attenzione, esplorandone ritmi, cambiamenti, novità e direzioni che coinvolgono anche piccole e medie realtà desiderose di proiettarsi verso il futuro per non restare troppo ancorate ad un passato recente e restìo ad evolversi. 4.2.Old & New Style La nostra esplorazione nasce dal confronto tra il vecchio modo di intendere il web (ancora radicato nel nostro territorio, più di quanto non si immagini) e il nuovo mondo, dotato di regole, meccaniche e termini chiave che nascon-dono dinamiche facilmente accessibili, a portata di click. Smaliziate dall’esperienza di vecchie “bolle” esplose dopo l’ euforia collettiva
  • 7. dell’avvento del web, stimolate e a volte illuse da mercenari sempre presenti e vogliose di seguire l’esempio dei big le aziende si trovano spesso a dover decidere se e come seguire le novità, anticipandone i rischi oppure restando a guardare dietro una finestra fatta di indecisioni e cattivi investimenti. Piattaforme sociali, Community e altri concetti erano ieri chiavi di lettura acer-be e sebbene iniziassero a mietere consensi tra gli utenti rappresentavano comunque una potenzialità avvolta nel mistero (in particolare in quelle fasce geografiche dove i riflessi di alcune evoluzioni digitali giungono puntualmente “in differita”, come nel nostro caso). In quella fase di passaggio, tra l’esplosione dei “Social Network” e l’evoluzio-ne di tablet e smartphone che condizionano le necessità di ogni realtà ci si è limitati al possedere una mera presenza “fisica” sul web collezionando qual-che timida iniziativa promozionale (magari affidata alla persona sbagliata): un sito e una pagina facebook (o, peggio, un account personale travestito da brand), più o meno curato esteticamente in grado di fornire qualche spunto di visibilità che non richiedeva particolari sforzi nel suo mantenimento. O così si pensava. I Brand, in quest’ottica, respiravano (e lo fanno ancora) la loro mono-direzio-nalità fatta di scarsa interazione con gli utenti, richiamati da iniziative e spunti grossolani, mal gestiti che traevano spunto (o “clonavano”, letteralmente) ini-ziative altrui senza la cura necessaria dimostrata dalla “fonte” originale. La parola chiave per tutti era (è) semplicemente “esserci”, in un modo o nell’altro. Dimenticando che “Social” e “Conversazioni” non sono modi di dire ma un nuovo, concreto approccio all’utenza attiva sul web. Nei primi anni della “new wave” erano in pochi i “pioneri” ai quali interessava davvero interagire correttamente con l’utenza, considerata dai più come un gregge da manipolare o come un affezionato pubblico inebetito da TV (poco) impegnata. Seguiti a ruota dai più attenti o seguiti pessimamente da tanta improvvisazione (mal)celata. All’orizzonte, nel frattempo, quello stesso pubblico che presenziava costante e fedele il piccolo schermo, iniziava ad interessarsi alla rete: per condividere interessi, passioni e consigli, per studiare e aggiornarsi, per divertirsi o per interagire con sconosciuti interessanti che sembravano aver qualcosa da dire su pagine virtuali a forma di blog o di pagina Facebook.
  • 8. E’ bastato solo un po’ di più e l’Entertainment e il mobile sono diventati il nuo-vo aggregante della quotidianità online favorendo la direzione intrapresa da utenti iper-stimolati quali siamo, in grado di costruire su noi stessi trends e vettori comunicativi. Rapidamente il flusso di utenti che si riversava online cresceva e generava in-torno a sé nuove dinamiche destinate a stravolgere il metodo attraverso il quale aziende e brands comunicavano con essi. Per definire il cambiamento avvenuto è sufficiente citare un esempio acca-demico: nell’era pre-social il rapporto tra consumatori e aziende era stabilito da queste ultime le quali ne dettavano le direzioni, controllando il flusso di in-formazioni e i canali a disposizione degli utenti lasciando poco spazio al vero dialogo tra le parti. Questi ultimi si rivolgevano ai siti dei produttori, ad esem-pio, per ottenere informazioni sul prodotto o sull’iniziativa da seguire “suben-do” la comunicazione in maniera per lo più passiva. Dalla nascita dei canali sociali (forum, blog e primi “socials”) e dal loro suc-cessivo sviluppo, complice il riversamento in massa degli utenti e l’arrivo di devices moderni, i momenti di contatto e di scambio hanno subito una forte impennata determinando con decisione il cambiamento nel rapporto utente-utente e utente-azienda. L’utente “Mario Rossi” ha dunque iniziato a non aver più bisogno dell’azienda per essere informato sui suoi prodotti, rivolgendosi piuttosto ad altri consuma-tori dai quali attingere esperienza diretta (presumibilmente sincera) per orien-tarsi sul reale valore dell’oggetto di interesse. In sintesi, se l’unica necessità per i Brands, inizialmente, era quella di “apparire”, dotati di una propria identità online, il cambiamento delle abitudini ha esercitato su questi l’obbligo di un adattamento con conseguente riorga-nizzazione nei confronti del “nuovo mercato”. La sfida da affrontare ha iniziato a concentrarsi (e prosegue, di conseguenza) su tutti i fronti: necessità strumenti evoluti, linguaggi di comunicazione, staff e operatori competenti, strategie coinvolgenti e veloci, rapidità di reazione e Ascolto della rete (intesa come capacità di analisi e verifica del mercato target). Dati alla mano gli istituti demografici hanno iniziato a verificare e poi certifica-re la progressiva caduta degli investimenti sui vecchi media (outdoor, carta,
  • 9. radio, tv) in favore del web (in questo caso genericamente inteso), certifica-zione della transizione avvenuta. La sopravvivenza necessaria ha richiesto sforzi, fusioni, acquisizioni e adattamenti verso il nuovo equilibrio che oggi miscela “vecchi” e “nuovi” media in un riversamento costante tra le due spon-de (si pensi alla reciproca influenza tra social media, cinema e serie televisive il cui successo può essere decretato sul web con largo anticipo). Inserite nel “nuovo mercato” le aziende non potevano più limitarsi ad attirare gli utenti verso il proprio sito o attendersi l’efficacia diretta da semplici spot promozionali e, seguendo i riferimenti forniti dagli esperti (definiti al meglio da un classico del genere: il “manifesto Cluetrain” precursore del cambiamen-to), hanno iniziato a muoversi a loro volta verso quegli ambienti popolati dai loro clienti, convertendosi (o almeno provandoci) al Social World. 4.3 Identità e Reputazione online: comunicare, coinvolgere e stupire In questa nuova dimensione gli utenti sono il centro dell’universo divenuti oggetto di analisi costante e segmentati in modelli permeabili ai quali dedicare iniziative e test di mercato. Sapersi adattare e maturare in fretta diventa quindi la “mission” di ogni realtà desiderosa di non restare troppo indietro per affermare sé stessa e la propria identità, valutando la necessità di dedicarsi ad un mercato più ampio oppure alla propria “nicchia”, soprattutto all’interno di perimetri come quello italiano, poco ricco di utenza attiva e molto affollato. Esserci significa mostrarsi ma il vecchio concetto di “immagine aziendale” è stato sostituito da una nuova spinta evolutiva che riesca ad essere realmen-te coinvolgente rivolgendosi al proprio target, raccolto in gruppi e “comunità” (precedentemente analizzate da professionisti di settore) ricettive al proprio linguaggio (visivo e contenutistico) e dotato di regole e dinamiche maturate insieme con le novità tecnologiche disponibili. In questo mondo così frenetico, però, i tranelli e le aspettative deluse sono dietro l’angolo, complice una superficialità gestionale da “vecchio modello di business“ che va contro ogni evidenza e spinge aziende, Pmi e Brands
  • 10. a gestire nel peggior modo i propri canali, senza una reale strategia e con l’onnipresente “fai da te” facilmente riscontrabile online. Un esempio concreto interessa la crescita delle piattaforme principali che nel corso degli ultimi mesi hanno concentrato i propri sforzi verso il migliora-mento del comparto visivo al punto da condizionare le regole della comunica-zione attraverso il (relativamente nuovo) concetto di Visual Marketing. Comprenderne motivazioni e finalità è semplice. Reti veloci, devices di ultima generazione dagli schermi ad alta risoluzione dalle dimensioni estese (si pen-si ai nuovi smartphone, modelli a metà strada tra mini-tablet e maxi-telefonini) e diminuzione dei tempi di reazione degli utenti di fronte ad uno schermo han-no condizionato fortemente il modello comportamentale dei navigatori il cui “primo impatto” con l’immenso flusso di aggiornamenti che ciascun canale ci mette a disposizione è condizionato dalla percezione visiva (quindi immagi-ni e video, stimoli visivi) che catalizzano l’occhio dell’osservatore spingendolo ad approfondire la notizia/aggiornamento. Da Facebook a Google, da Linkedin a Twitter e Pinterest i Social principali danno maggiore spazio alla personalizzazione del layout ed agli elementi grafici quali copertine, immagini allegate, gallery, advertising, video e micro-animazioni (si pensi alle note #cinemagraph ed agli stili “flat” e “windows 8” divenuti trends in virtù della diffusione dentro e fuori la rete). Riuscire dunque a considerare il comparto visivo come il linguaggio dominan-te è una necessità ed una opportunità per differenziarsi rispetto a competitors ed al mare magnum di proposte che bombardano quaotidianamente gli utenti. Una necessità che richiede, di nuovo, professionalità e competenza nella gestione della Comunicazione Visiva e della grafica che sostengono la tra-smissione della propria immagine aziendale. Una corretta gestione grafica ovviamente aiuta ma non basta: è necessario ricordare che la creazione e lo sviluppo di una propria identità online richiede una interazione puntuale, attenta ed evoluta del pubblico (considerandone le necessità e le abitudini), desideroso di rispetto e di stimoli concreti che lo mettano in condizioni di essere davvero coinvolto nel seguire i nostri canali. Creatività, impegno, professionalità, costanza e “ritmo” nella pubblicazione, con un occhio rivolto alle statistiche sono i migliori alleati che si possano desi-
  • 11. derare. L’interazione alla quale ci si riferisce nasce prima dalla buona analisi del pro-prio target (pratica non molto diffusa nelle piccole e medie realtà) che vive la rete ricercando spazi specifici a volte semplici da delineare grazie alla natura stessa delle piattaforme sociali moderne in grado di canalizzare le preferenze oltre le aspettative. Un esempio concreto: sfatare il mito che tutte le piattaforme sociali siano dei “social network”, o che siano utilizzabili solo i canali principali per il posiziona-mento, è il primo passo per riuscire a costruire una community di utenti intor-no al brand da una posizione privilegiata e non esclusiva. Grazie alla struttura di ogni canale, infatti, è possibile identificare, con una certa precisione, il pubblico che anima tali piattaforme. I “Socials” non sono “strumenti” (nell’accezione passiva del termine) ma un organismo vivo e mu-tevole che si sviluppa intorno a masse di utenti e canali cresciuti per soddisfa-re necessità diverse adattabili a ciascuna realtà professionale e/o personale. Alcune piattaforme sono più ricche di altre ma il “macroverso” che sociale è costituito da tanti canali diversi a volte dedicati ad accogliere singole specifi-che preferenze e contenuti che possono essere facilmente messi in relazione con i “big” di settore contribuendo a migliorare la disposizione del Brand onli-ne. Dimostrare questo assioma è semplice: senza contare le numerose (e spesso milionarie) acquisizioni/fusioni più o meno famose basti pensare ad una strategia moderna “standard” che considera (o dovrebbe farlo) per cia-scun canale una predisposizione di contenuti variegata che ne “giustifichi” la presenza. Il “leit-motiv” consiste nell’evitare il copia-incolla di contenuti tra i canali sfrut-tandone le peculiarità superando il concetto di “home site” estendendolo in modo deciso al punto che il sito web che ci rappresenta diventi quasi “inuti-le”; un sito web “vecchio stile” accoglieva una serie di informazioni (testuali e visive) impaginate tramite pulsanti di accesso e una navigazione verticale da promuovere online tramite campagne di comunicazione, newsletter, condi-visioni social ed iniziative a vari livelli. La medesima struttura di quel “vecchio” sito può essere oggi riconvertita in modo conveniente (anche perché il “travaso” di link dal web ai social
  • 12. funziona sempre meno, soprattutto se non sostenuto da particolari interventi a pagamento o da una Community attiva): il sito verticale si semplifica fino a diventare quasi un “mini-sito” concentrato ed efficace mentre i diversi conte-nuti trovano alloggio all’interno dei Socials. Per semplificare: disponiamo di cataloghi, flyer e documentazione? Da Pinterest a Slideshare fino ad Issuu e simili abbiamo tutto ciò che ci serve per la pubblicazione (magari da condividere proprio all’interno del “mini-sito” con un classico “embed”); Video, foto, backstage e contenuti creativi sono l’i-deale per Instagram, Youtube, Behance, Vimeo, lo stesso Pinterest e simili; si vuol condividere notizie e comunicati? Valutiamo l’uso di un blog esterno che potrebbe permettere ai contenuti di “uscire” dal sito e viaggiare in rete grazie alle piattaforme come Google Blogger, Wordpress, Linkedin (che di re-cente ha aggiunto una sezione “blog” per gli utenti) e il noto Tumblr divenuto proprietà di Yahoo. Le potenzialità sono infinite e guidate dalla creatività dello stratega di turno che, dati alla mano, può strutturare un flusso personalizzato e opportuno fino a coinvolgere strumenti come Whatsapp per gestire la propria utenza (nell’ot-tica del #socialcaring di cui si parla già da un po’ di tempo anche in Italia), applicazioni con messaggi “a tempo” per iniziative specifiche e Geolocalizza-zione aggiornata alle abitudini “mobile” che, attraverso nomi noti quali Four-square (aggiornatosi recentemente) e Tripadvisor possono essere considera-re valide “avanguardie” sul territorio. Non solo Facebook, dunque, ma un insieme capillare di piattaforme importan-ti, più o meno conosciute all’interno delle quali intercettare il nostro pubblico migliore spinto a sviluppare la propria vita digitale in maniera intelligente, assecondandosi e sviluppando una migliore affinità con il web secondo il pro-prio orientamento. Il concetto fondamentale è il seguente: ciascun utente pur essendo presente (registrato) all’interno di più canali è probabilmente attivo solo all’interno di quelle piattaforme che meglio si adattano alle sue preferenze innate (non solo professionali), alla potenzialità di relazionarsi con altri utenti ed alla “velo-cità di reazione” in risposta alla voglia di pubblicazione di un contenuto qualsiasi.
  • 13. Tali scelte, subordinate a mode, trends, tecnologia e quotidianità sono poi oggetto di “Ascolto” e analisi e codificati nella profilazione del target necessa-rio alle aziende per sviluppare la strategia, adeguandola alla presenza delle diverse “nicchie di mercato” corrispondenti al profilo identificato. Al frutto di questa analisi continua faranno seguito le scelte di posizionamento e sviluppo della propria identità online, distribuita secondo necessità. Il passaggio successivo consiste poi in un secondo concetto chiave, pilastro della continuità in rete per ogni Brand: la “Reputation”. Se il concetto di “Identità” consiste nella capacità di trasmissione dell’azienda e dei suoi valori, quello di “reputazione” va tradotto nella percezione “restitu-ita” dal pubblico ideale di quell’azienda in risposta alla sua presenza online, migliorandosi per convertire la Reputazione in effetti tangibili proficui per l’azienda. Superando l’associazione del concetto con i Brands sufficientemente forti da stimolare autonomamente una buona reputazione online (nell’ottica del co-nosciuto “tribe-marketing” dominio di marchi famosi, per lo più) ci rivolgiamo altrove, verso quelle realtà per le quali godere di una buona reputazione sul web significa disporre di un valore aggiunto importante. Generare la giusta reputazione significa saper interagire con il proprio pubbli-co in modo concreto: a volte con iniziative e creatività che lo coinvolgano e stimolino, altre mantenendo attivo il canale di comunicazione in modo intelli-gente (ricordandosi di non considerare i Socials come banali canali pubblicita-ri) fino alla corretta gestione della critica negativa, puntando a dialogare con gli utenti a tutti i livelli. Non solo “presenzialismo”, appunto, ma #engagement e linguaggio di comu-nicazione mirata, con semplicità e creatività. Non stupisce dunque che le aziende più attente che ottengono i migliori ri-sultati si dotino di interi Staff e di agenzie specializzate messe a disposizione del loro pubblico online, un cambiamento importante (non ancora compreso da troppe aziende italiane) destinato a sostituire, ad esempio, il più classico front-end (il call center telefonico) all’interno di una rivoluzione già in atto
  • 14. che fa capo al citato #socialcaring. Identità, reputazione e coinvolgimento, ma anche tante iniziative e nuovi modi di utilizzare le piattaforme già esistenti, rivolti al cambiamento nelle preferenze degli utenti e stabilendo la linea di confine con il passato, evitando gli ostacoli relativi. Come sviluppare, dunque, una buona strategia di rete e quali sono i tranelli più comuni nella gestione dei nostri canali online? La prima necessità, seguendo le logiche precedenti, sarà di certo quella di innestare online correttamente l’identità del Brand, coordinata e coerente in ogni canale, integrando Vision e Mission aziendale ad una gestione della propria immagine in linea seguendo le preferenze degli utenti e predisponen-dosi alle necessità di adattamento del web moderno: Tempistica di reazione (in risposta alle sollecitazioni dagli utenti oppure agli eventi che coinvolgono il “buzz online” e possono offrirci spunti eccellenti), Design attento al Mobile, Applicazioni, Creatività multimediali e specializzazione di settore. Il meccanismo promozionale tipico nasce di solito intorno ad una pagina di riferimento (un blog, un sito oppure una “landing page” creativa) che pre-senta il Brand, un suo prodotto oppure un’iniziativa proponendone i contenuti principali: che si tratti di una campagna singola o di una permanenza conti-nuativa essa accoglie i diversi aspetti della comunicazione sviluppata aggre-gando tutte le altre rappresentazioni online previste (non più solo dalla pagina web ai Social ma, oggi, dai Social alla pagina web) divenendo un punto di riferimento, raccolta e rilancio per l’utenza target suggerendo altri spunti “sociali” secondo strategia. Tutti i contenuti dell’iniziativa saranno ovviamente ereditati (e adattati) dai canali previsti, coniugandosi eventualmente con iniziative offline (un ottimo sostegno per le iniziative online) costruendo un “ciclo” vitale che dentro e fuori il web alimenta e costruisce la propria “Brand Community”. La diversità di ogni piattaforma e, conseguentemente, del suo pubblico, ci spingerà a valutare approcci differenti secondo i casi, evitando di “duplica-re” i contenuti della pagina di riferimento per offrire all’utente una motivazione
  • 15. concreta affinchè ci segua su canali diversi (mostrandosi più spesso a quell’u-tente durante le fasi “sociali” della sua quotidianità). In sintesi è fondamentale diversificare la comunicazione online all’interno delle piattaforme sociali evitando di “clonare” sé stessi e offrendo, se possibi-le, spunti sulla propria realtà diversi secondo opportunità: video, comunicati, profili, iniziative, news e partecipativi, sviluppati adeguatamente, per presen-tare la realtà aziendale in modo completo e attraverso differenti “linguaggi” (visivi, dialogativi, ecc..), manipolati ciascuno in rapporto al proprio format e al pubblico di quel canale. L’approccio suggerito è riconducibile ad un altro termine frequente negli arti-coli degli specialisti: si parla di #storytelling traducibile, per semplificare, nella capacità di “raccontare una storia” immaginandone la disposizione dei capitoli all’interno dei vari canali online, ciascuno con una “parte della storia” da illustrare. L’appeal estetico-gestionale dei nostri canali però, da solo non basta e biso-gna superare la credenza che un’azienda sia di per sé interessante per gli utenti anche senza alcun impegno concreto verso il proprio pubblico (creden-za purtroppo ancora molto diffusa nel perimetro italiano). Nel contesto presentato manca infatti un tassello fondamentale che fornisca una chiara motivazione agli utenti convincendoli a seguirci oppure a generare, più semplicemente, il giusto feeling verso la realtà che ci riguarda. Il riferimento punta ai “contenuti” che vanno ben oltre le semplici “news” su prodotti, oltre gli sconti da mercato (spesso ignoranti di limiti e regolamenti) e simili ma si riferisce alla capacità di essere trasversalmente coinvolgenti, provando ad evitare la monotonia tipica dei canali esclusivamente promozionali. Inutile il voler concentrare messaggi pubblicitari percepiti alla fine come vero e proprio “spam”, una cattiva abitudine ignorante delle opportunità strategiche che le Conversazioni Sociali sanno offrire legando al segmento commerciale di interesse stimoli visivi e segnalazioni speciali. Spunti disponibili in abbon-danza in rete con indicatori di successo facili da interpretare (numero di like, condivisioni e commenti sull’articolo originale, ad esempio).
  • 16. Infine, in aggiunta alle ultime considerazioni è fondamentale soffermarsi sul significato del concetto “dare visibilità alle nostre iniziative” che di solito, attraverso il semplice passa-parola (e con i “limiti” indotti dalle piattaforme che puntano a monetizzare la presenza degli utenti e delle aziende) non offre una adeguata esposizione né il raggiungimento del target desiderato. Google AdWords, Social Ads (Facebook, Twitter, Linkedin, Google Plus ecc..), circuiti e concessionarie pubblicitarie, campagne dem, comarketing ecc… Gli strumenti a nostra disposizione sono tanti, facilmente accessibili e adatti a qualsiasi budget si abbia a disposizione per affiancare le nostre iniziativa garantendoci penetrazione e visibilità sia in fase di lancio che nella fasi suc-cessive. Senza voler citare la rivoluzione di Facebook che ad inizio 2014 ha vincolato la visibilità alla promozione di post e campagne è giusto ricordare alle Azien-de quanto sia normale e fisiologico di ogni mercato dover pagare un vettore della nostra comunicazione che ci aiuti e sostenga favorendoci grazie alle potenzialità della buona profilazione ottenuta da quei Social ai quali ci rivol-giamo. A completamento dello scenario possiamo considerare iniziative di marketing non-convenzionale dentro e fuori la rete (necessarie a stimolare la curiosità del pubblico target desideroso di Creatività e Originalità), co-marketing (l’unio-ne fa la forza) e l’inclusione di professionisti specializzati nel dialogo sociale (al bando l’improvvisazione e il “riciclo” di figure di altri settori ai fini del rispar-mio economico), figure chiave della promozionale online che crescono insie-me con la rete e possono fare la differenza tra un’azione di successo e una scialba iniziativa tra le tante troppo simili. 4.3 Appendice – I Falsi miti Leggendo le mie parole i più smaliziati si renderanno conto di alcuni riferimen-ti ai “pericoli” che una gestione superficiale della strategia online può incon-trare, favorita da una ignoranza diffusa e una incapacità di associare il valore della promozione (e del merito) al successo dell’azienda. Necessario dunque analizzare quei riferimenti, seppur brevemente, definendo
  • 17. “protagonisti” e momenti topici che possono favorire il rallentamento o fallimento delle nostre iniziative. 1- Il ROI (ritorno sull’investimento) Il primo errore, il più comune, è quello di considerare il web e le piattaforme sociali come un meccanismo adatto a “vendere di più”. Come ben sanno gli addetti ai lavori comunicare online, stabilire relazioni sociali o guadagnare ampie fette di pubblico non significa automaticamente aumentare le vendite o guadagnare nuovi clienti. Tra variabili geografiche, temporali e trends è importante aver coscienza della rete in qualità di potenziale amplificatrice della nostra realtà il cui valore reale o percepito è demandato a dinamiche che possono essere esterne al web. Una buona strategia serve a penetrare all’interno di quelle masse di utenti citate, essa è però subordinata all’azienda coinvolta, alla sua natura e alla capacità di “collaborare” o di seguirne gli spunti. La qualità reale del Brand e del prodotto non può essere sovvertita comple-tamente all’interno dell’universo Sociale dove oggi è facile svelare gli inganni informandosi, verificando e confrontandosi, al contrario di quanto succedeva in precedenza, in altri contesti, in presenza di “utonti” e non di utenti. Esistono però delle dinamiche, invece, che possono favorire la velocità di rea-zione dell’utente rispetto al prodotto (si pensi all’accordo Twitter-Amazon rela-tivo all’acquisto tramite “tweet”): in questo senso, quale che sia la strategia in uso, limitare il numero di “click” tra i vari passaggi, dalla promozione fino ad arrivare all’acquisto online oppure all’informazione desiderata, migliora la reputazione e favorisce la finalizzazione dell’atto. 2 – La ricerca del numero, i finti fan e gli utenti attivi Quotidiani e riviste online oggi presentano il panorama seducente del web, ricchissimo di utenti di ogni tipo che vivono la loro quotidianità online (soprattutto grazie al mobile). A giudicare dai numeri di alcune piattaforme i dati sembrerebbero dargli ragione e l’affanno per le aziende (e le agenzie che ne curano gli interessi) è quello di garantire a queste un numero sempre maggiore di “fan”. Scartando l’ovvia necessità di avere un pubblico in crescita dobbiamo però
  • 18. ricordare a noi stessi che la rete è popolata da diverse tipologie di utenza non sempre utile: dai tanti iscritti inattivi (su ogni piattaforma) agli account multipli degli operatori di settore che si moltiplicano a vista d’occhio, fino ad arrivare ai semplici “disinteressati”, ai “poco attenti” ed ai poco evoluti. Volendo semplificare: non basta puntare alla massa ed al numero di like per guadagnare davvero visibilità e avere un ritorno concreto sulle proprie inizia-tive (accettando magari di acquistare “al Kg” utenti e amicizie fasulle per le nostre pagine venduti da mercenari e truffatori senza scrupoli) ma, molto più importante, raccogliere adesioni da un pubblico attivo e orientato (scegliendo bene le proprie “nicchie target” da stimolare con intelligenza e coinvolgere con creatività). 3 – Spam, promozione e canali aziendali Navigando online è facile intercettare attività massificate di vero e proprio spam a cura di aziende che traducono i termini “strategia” e “web intrusion” con “bombardamento pubblicitario”, libera (e dannosa) associazione che si verifica attraverso l’apertura indiscriminata di account che hanno il solo sco-po di pubblicare messaggi promozionali, magari automatizzati (quindi ignoran-do le regole sulla necessità di rispondere adeguatamente e velocemente agli utenti), di rado adattati alla realtà che ci si trova davanti, contrario al concetto di “Reputazione” di cui sopra. La reazione degli utenti infastiditi dalla noncuranza di aziende e presunti “professionisti” di settore (privi di esperienza, a bassissimo costo e auto-eletti “esperti”) sembra non interessare alle aziende (in particolare quelle italiane) che tra ridicolaggini, banalità e “fail” più o meno epici, dimostrano di essere davvero in ritardo sul fronte della comunicazione moderna, con tutte le conse-guenze del caso e le ripercussioni sul loro business. 4 – L’offline e le email sono “morte” Un errore da evitare è ritenere che il web da solo basti a garantire la buona riuscita di una campagna di comunicazione sugli utenti (nuovi o già acquisiti) oppure considerare scollegati il mondo online e quello reale, privando l’uno e l’altro di coerenza, potenza espressiva e continuità nelle iniziative previste. Capita sovente che alcune aziende disdegnino gli importanti riferimenti offerti
  • 19. dal mercato e dai professionisti di settore: doveroso quindi sottolineare quan-to siano ancora utili strumenti come l’email (sviluppata in modo adeguato ad opera di professionisti di settore) e la gestione di database di utenti (acquisiti o da acquisire in seguito, anche all’interno di un punto vendita, ad esempio, a seguito di una campagna online) per comunicare con il proprio target. 5 – Cosa c’è oltre Facebook, Twitter, Linkedin e Youtube? Un errore di valutazione piuttosto comune consiste nel confinare le proprie attività all’interno delle piattaforme più popolate ove riversare ogni sforzo. Al contrario, la vastità di piattaforme online e la varietà di strumenti e appli-cazioni si offrono come ottimo spunto per migliorare la qualità della presenza online e le relazioni sociali. Per raggiungere un buon livello di Conversazione sociale, infatti, è importan-te riuscire a diversificare la presenza online, come affermato in precedenza, mettendo a frutto anche i contenuti che gli utenti di ogni piattaforma propon-gono a ciclo continuo, rastrellando contenuti interessanti e, dove possibile, l’attenzione di utenti target al loro interno. Una caso studio di esempio, inventato, è rappresentato da un’ipotetica azienda eno-gastrononomica che decida di presentarsi in rete posizionando la propria identità e promuovendo prodotti e iniziative seguendo la logica della “diversificazione” e seguita da uno staff o da un’agenzia creativa esterna competente. Tale azienda, dotata di un blog (sul sito o su piattaforma social, con esposizio-ne di ricette, schede prodotto, partecipativi) potrebbe ad esempio decidere di gestire: - un account su Youtube e/o Instagram per presentare materiali visivi (video e foto, inclusi backstages di preparazione) dedicati alla produzione (contenuti da linkare all’interno degli articoli del blog); - una presenza su Skype e Whatsapp per stabilire un contatto diretto con il servizio clienti prodotti o con figure specializzate nella “consulenza” culinaria (una sorta di “tutor” dei fornelli) - apertura a gruppi (Fb, G+, Linkedin), forum e community tematiche ove inte-ragire con gli utenti rispondendo a domande in linea con il proprio segmento
  • 20. commerciale, evitando accuratamente lo spam ma presentando la propria realtà indirettamente (risalire da un nick alla pagina di riferimento di un ac-count è un’attività frequente da parte degli utenti); - Facebook Fan Page multimediale (con parte delle pubblicazioni derivanti dagli altri canali) che sia di collegamento con il blog e presenti network ed attività, magari sostenuta dall’esistenza di un eventuale account personale (reale) di un collaboratore dell’azienda (un cuoco o un esperto enologo) che presentando il proprio profilo (magari all’interno di LinkedIn, in qualità di dipendente della relativa pagina aziendale) si proponga come “influencer” e “volto umano” dell’azienda. Data la struttura delle fan pages, sarebbero ipotizzabili anche altre attività complementari di “raccolta” e contatto generiche o di coinvolgimento (Advertgame, Gallery, ecc.. e advertising di vario genere). - Account Twitter, con gestione opportuna delle “liste” e dei tools comple-mentari, all’interno del quale conversare con utenti target in grado di fornire riferimenti specifici da rilanciare: segnalazione di eventi (magari in collabora-zione con un account sul rinnovato Foursquare e TripAdvisor per valorizzare location, punti vendita e/o attività sul territorio), contatto con i web influencer dedicati alla cucina e al vino, recensioni e dialogo con presenze orientate ai temi chiave dell’azienda e dotate, a loro volta, di un pubblico al quale puntare (proponendosi senza cedere alla tentazione di farsi pubblicità gratuita ma offrendo un contributo reale alle conversazioni sociali) e così via. - Vimeo, Tumblr e Pinterest per rintracciare/ripubblicare risorse tematiche (account, foto, video, animazioni, segnalazioni) da veicolare all’interno dei propri canali garantendosi al contempo un’ulteriore area di raccolta di con-tenuti giudicati interessanti all’interno di fervide realtà densamente popolate. Altre piattaforme possono essere usate in modo creativo e diverso per otte-nere una distribuzione omogenea della presenza online nell’ottica del “social seo” di cui si parla spesso ricordando che non solo ciascun Social “riversa” contenuti all’interno dei motori di ricerca principali (con ovvie limitazioni) ma ciascun canale è esso stesso un motore di ricerca che fornisce risultati dalle proprie pagine. Qualche esempio rapido sul valore di network “secondari”: Behance Network
  • 21. o Flickr possono essere utilizzati per la pubblicazione di creatività o fotogra-fie d’autore legati alla gamma di prodotti dell’azienda eno-gastronomica (un escamotage per dare senso alla presenza su quei canali e spingere gli utenti al loro interno a seguirci anche al loro interno); Slideshare può raccogliere infografiche, guide rapide e riferimenti legati ai prodotti, alle ricette che li ri-guardano ed a trends e consumi alimentari; Issuu può accogliere il catalogo dei prodotti, esponendone l’intera gamma oppure il singolo prodotto con tutte le sue caratteristiche. L’esplorazione dei canali potrebbe continuare citandone altri da integrare in una strategia (valutando, di volta in volta, anche la reale capacità dell’azien-da di seguirne lo sviluppo nel corso del tempo) oppure l’integrazione di attività di contatto verso blogger di settore in grado di sostenerci (più o meno spontaneamente). La conclusione alla quale si vuole puntare è dunque la dimostrazione di come si possa variare stile e approccio all’interno della varietà di canali esistenti mettendoci in condizioni di comunicare in modo diverso e coinvolgente moti-vando i fan dell’azienda a segurila nelle sue diverse rappresentazioni, garan-tendosi la possibilità di essere presente in più momenti della vita quotidiana “digitale” di ogni utente. Massimo Nava