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OVERLAPPING DISCRETE BOUNDARIES --
GUILMI

26 luglio - 14 agosto 2010

ALESSANDRO CARBONI
OVERLAPPING DISCRETE BOUNDARIES --
GUILMI

26 luglio - 14 agosto 2010

ALESSANDRO CARBONI



Curatori: Federico Bacci, Lucia Giardino

Testi: Lucia Giardino

Direzione tecnica: Federico Bacci, Enzo Fascetto Sivillo


Con la partecipazione del comune e di tutti gli abitanti di
Guilmi
                                                              3
L’importanza di esserci, in Israele, come altrove (1)

Che fosse uno degli obiettivi sin dai primissimi giorni del mio
ultimo viaggio a New York, è un fatto, ma che andassi a visitare
la mostra di Christian Boltanski, No Man’s Land all’Armory Place,
in Park Avenue (2) in un pomeriggio piovoso, dopo una serie
d’incastri non riusciti negli organigrammi del mio calendario, è una
di quelle coincidenze che agevolano i processi di sintonizzazione
con le opere e ne condizionano l’accoglienza o il rigetto. Altro
fattore condizionante fu la presenza, per niente neutra, dell’amica
con cui m’incontrai e che, durante il nostro girovagare all’interno
dell’Armory Place offriva commenti e stimoli al dialogo. Non ho

(1) Nato come performer, Alessandro Carboni fa spesso riferimento all’importanza
di essere fisicamente presente nei luoghi, come corpo. Nell’epoca contemporanea,
in cui, tramite la rete, è facilissimo avere una conoscenza secondaria o essere in situ
solo virtualmente, diventa vitale la presenza, intesa come testimonianza corporea.Cfr.
www.alessandrocarboni.org; ALESSANDRO CARBONI in Il Corpo Urbano, workshop,
Fabbrica Europa, Stazione Leopolda, Firenze, 14 maggio 2010; LUCIA GIARDINO, “Lau
Nay”, in Young Italians. Encounters with Italian Artists Today, Spring 2010; ALESSANDRO
CARBONI, Overlapping Discrete Boundaries – Guilmi 42°0’0’’N 14°29’0’’E, in www.
abitare.it, settembre 2010
(2) Christian Boltanski, No Man’s Land, Armory Place, New York, 14 maggio - 13 giugno
2010.
                                                                                          5
sempre piacere che questo avvenga mentre visito una mostra, ma
le sue osservazioni baritonali fecero da grimaldello all’apertura di
una porta ulteriore della conoscenza e della metafisica (3), più che
ostacolarne i processi.
Avital Cnaani, giovane artista israeliana, in residenza per tre mesi
a New York (4) è scettica sul lavoro di Boltanski: non sopporta
una certa retorica ovvia legata all’olocausto che è puntualmente
associata all’opera del francese e che anch’egli sembra rifiutare,
lasciandola però sottendere. Avital riconosce comunque la forza e
la bellezza di quest’opera. Guardandola dall’alto inizia a raccontare
d’Israele. Non so mai dove l’amica vuole andare a parare: i suoi
dialoghi sono scarni, come il suo inglese, ed è sempre solo a metà
del discorso che riesco a mettere nel contesto ciò che dice. Penso
che sia nostalgica del suo paese, in realtà sta solo scansionando
immagini del territorio da cui proviene, presentandomele come un
dato oggettivo.

In Israele, dice, il paesaggio parla di politica e di uomini. Le luci
parlano di ricchezza e di miseria e di preservazione di uno stato di
fatto. Riconosci subito le comunità ebree: l’illuminazione pubblica
esiste e segue percorsi stradali ordinati, le luci sono calde, gialle,
costose. Gli ebrei sono ricchi e palesano così la loro coesione. I
paesaggi arabi invece, manifestano presenze sporadiche di luci. Sono

(3) Il termine “metafisica” è qui usato nell’accezione che Christian e Luc Boltanski gli
assegnano come proprietà che contraddistingue alcune opere d’arte di alto valore
emozionale. Cfr. OBRIST HANS ULRICH, Interviews, vol. I, pp. 111-127, Charta, 2003.
(4) www.avitalcnaani. isr e www.harlemstudiony.org
quelle delle case private, non pubbliche, a risparmio energetico, che
emettono un bagliore freddo, glaciale.

Guardo l’istallazione di Boltanski e mi accorgo che egli ha fatto
di necessità virtù del buio dell’Armory Place, dando forza ai suoi
isolati di stracci, stesi a terra con il rigore di una mappa modernista,
con l’implacabile luce fredda del neon. Questi rivelano impietosi
l’assenza dei corpi da quella città fantasma, e non concedono
niente: la luce del neon appiattisce i rossi quanto i verdi o i bruni.
E’ qui la potenza dell’istallazione che mi sta di fronte, come Avital
mi sta facendo notare: i suoi commenti si rivelano oggi quanto
mai preziosi per illustrare l’evento che Alessandro Carboni sta
elaborando per Guilmi.


This is the rhythm of the night (5)
Ciò che può facilitare l’analisi di un lavoro è sicuramente il suo
stato di definizione, siglato con la parola “fine” nel momento in cui
se ne dichiari un certa natura. Come accade per la storia, che è
tanto più fumosa, tanto più è con-temporanea, così l’opera d’arte
sfugge completamente all’esame nel momento in cui è in fieri,
semplicemente perché la sua forma finale, platonica, deve ancora
emergere. Questo è tanto più vero per il lavoro di Alessandro

(5) This is the rhythm of the night, è la hit dei Corona, etichetta Dance World Attack, che
dilagò nelle discoteche di tutta Italia subito dopo la sua uscita nel 1993.
                                                                                              7
Carboni, che per sua stessa natura ignora limiti formali, non avendo
a che fare - a parte rari casi - con materiali da plasmare, e che
si compone di varie metodologie e ricerche, ma soprattutto di
“fasi” o “tappe”, che rimangono aperte, manipolando materiali in
costante mutamento, quali tempi (di residenza, di studio ...), esseri
umani (le loro intenzionalità, relazioni), spazi urbani e geografie
extra-urbane.

Il progetto per Guilmi di Alessandro Carboni è, appunto, una tappa
di lavoro del più ampio Overlapping Discrete Boundaries iniziato
nell’inverno 2010 nel Sud-Est Asiatico, che si concluderà, dopo
l’Europa, con un terzo continente. Questa tappa, avendo a che
fare con materiali in costante mutamento, è soggetta a prendere
direzioni diverse nel momento stesso in cui scrivo.
E allora come affrontare l’analisi del lavoro di Alessandro Carboni?
Individuandone le linee guida e gli obiettivi ricorrenti e connaturati
nelle pratiche investigative del suo lavoro, che, dal mio punto di
vista, si possono riassumere con il concetto di “armonia”.

Qui non si sta parlando di complesse corrispondenze musicali,
canonizzate da trattati sette-ottocenteschi, e nemmeno di
poetiche associazioni formali, proprie anche di artisti visivi. Mi
riferisco invece, all’idea più semplice, quasi sensoriale, del concetto
di armonia, intesa come equilibrio degli elementi, come ritmo
interno ed esterno dei singoli strumenti che si mettono in ascolto
per arrivare ad una costruzione senza stonature. L’armonia, come
risultato della considerazione di una serie di pre-esistenze e del
loro indirizzamento, è quella a cui arriva il direttore d’orchestra
che è abile a dirigere. Essa è conseguenza dell’atto che in inglese
suona come to stay tuned, nella doppia accezione che quella lingua gli
assegna: da una parte essere intonato, dall’altra essere sintonizzato,
o prestare attenzione.

L’obiettivo del lavoro di Carboni, che può essere paragonato ad
un concerto in divenire, è questo: l’armonia dei luoghi (e delle
sue esistenze) che percorre e visita. Nel work in progress accorda i
materiali pur rispettandone il suono. Poi li direziona e se ne lascia
direzionare, pronto sempre a ri-indirizzare il suo stesso ritmo.

Quasi a conferma di ciò, è stato sorprendente e rivelatore scoprire,
in questi giorni di contatto costante con l’artista, che egli ripeta a se
stesso, atonalmente ed ad intervalli alterni, un riff che avevo da tanto
accantonato: This is the rhythm of the night... quasi a voler tenere
sempre in mente di non forzare gli eventi, ma di fare un reset e di
acuire l’orecchio per un ascolto che non è mai però emozionale,
come quello del viaggiatore romantico, a cui, comunque, Carboni
è stato paragonato (6). E’ invece quasi scientifico, dove la variante
viene messa in conto più come fattore x, che come ostacolo su cui
crogiolarsi.




(6) PIETRO GAGLIANO’, in Il Corpo Urbano, workshop, Fabbrica Europa, Stazione
Leopolda, Firenze, 14 maggio 2010.
                                                                                9
Overlapping Discrete Boundaries -- Guilmi
Durante i preparativi per Overlapping Discrete Boundaries -- Guilmi
Alessandro Carboni fa indagini a distanza: vuole sapere del territorio
su cui andrà ad intervenire, di cosa si sostiene, qual è la sua storia,
chi sono i suoi abitanti.
Quanti sono.
“Sono pochi” diciamo noi.
Tiriamo in ballo censimenti, statistiche ed osservazioni personali.
“In estate sono il doppio, a causa dei villeggianti. Ma in inverno il
paese è vuoto: i giovani si sono allontanati per un posto di lavoro.”

Carboni finalmente arriva in Abruzzo e mette a confronto i dati da
lui accumulati nel corso dei suoi viaggi, in Asia, quanto in Europa - i
paesi toccati da Overlapping Discrete Boundaries sin dall’inizio del
progetto nel febbraio 2010 - con ciò che si trova di fronte. Alla
prima, l’impressione è che Guilmi non sia affatto un piccolo borgo,
ma che anzi, sia abbastanza esteso, col suo centro storico e persino
con le nuove abitazioni popolari. Arriva in prima serata, le luci
pubbliche già accese, a marcarne la presenza sull’altura di quasi 700
metri. Poi entra in paese e guarda le case: porte sbarrate e assenza
di luci. Non c’è fraintendimento: chi le luci le ha accese, ha anche
le porte aperte, a dare il benvenuto. Qui l’assenza di barlume è
assenza di vita.

E’ così che l’artista decide di intervenire per due dei lavori pensati
per Guilmi e qui messi a punto (7).
L’opera Having No Name presenta l’implacabile verità dello
spopolamento e della chiusura forzata dei luoghi, pubblici o privati
che siano. L’artista giustappone note di viaggio con grafici e schizzi,
a fotografie che non necessitano commento, perché rappresentano
l’ovvio censimento in negativo di quello che il paese è diventato.
Solo porte chiuse e saracinesche abbassate.
I cartelli con la scritta Vendesi spiccano quanto sulla monotonia
delle facciate in pietra che sulla vivacità degli intonaci brillanti. I
portoni senza zerbino ed i vetri, opachi di polvere grassa, delle
doppie finestre in alluminio anodizzato parlano di un’emigrazione
recente - non più tarda di qualche decade fa - quando quegli scempi
venivano presi per migliorie. A volte l’equivoco è in agguato: il
muro sembra abbia una mano di vernice data di fresco; poi

(7) Voler definire numericamente le opere prodotte e concluse a Guilmi dall’artista
significa non tener conto del suo metodo lavorativo, che può consistere anche nella
messa in mostra di “tappe” (ovvero le “fasi intermedie” o “appunti di viaggio”. Cfr.
LUCIA GIARDINO in This is the Rhythm of the Night, alle pagine 7 - 9 della pre-
sente pubblicazione). Schematicamente si può leggere l’evento qui presentato come
composto dell’opera/performance Rethinking Human Energies, di cui rimane un’ampia
documentazione fotografica e video dei preparativi e del suo svolgimento. Parte di
questa era esposta nei locali dello spazio La Pitech insieme a Having No Name, pic-
cola teoria di fotografie di saracinesche e portoni chiusi, giustapposta a note e schizzi
autografi dell’autore; Replacing My Patterns in Guilmi’s Landscape, un loop di 5 video in
cui Alessandro Carboni perlustra il territorio rurale di Guilmi; e una mappa di grandi
dimensioni (Exploring Sinello River, h. 3 metri) di un tracciato GPS, prodotta durante le
esplorazioni, anch’esse ampiamente documentate fotograficamente, del fiume Sinello. I
titoli in inglese di Overlapping Discrete Boundaries e, in generale, di tutta l’opera di Ales-
sandro Carboni, sono dovuti alla natura internazionale del progetto.
                                                                                                 11
Carboni dissolve i dubbi sulle presenze dei luoghi, insistendo su
un’esposizione che, col suo allineamento orizzontale, scongiura -
eppure sfiora - la retorica.

Rethinking Human Energies, è il lavoro più complesso, collaborativo
e relazionale, che Carboni elabora per Guilmi. Nasce a poco a
poco, bussando casa per casa, e chiamando a raccolta ognuno dei
presenti, che si manifesti.
Un lavoro che si espliciterà in una manciata di minuti, ma i cui
tempi di preparazione si sono estesi per giorni ed hanno messo in
campo energie di più persone che includevano forza di persuasione,
intonazione di voci, osservazioni di abitudini private, studi tecnici di
carico di potenza elettrica.
Per un solo momento, performativo di tutti i Guilmesi, le luci
pubbliche, che marcano la presenza del borgo sulla carta politica
italiana, si spegneranno e si accenderanno invece quelle del singolo
che vuole esserci ancora, nonostante lo spopolamento, nonostante
l’economia depressa e il cattivo stato delle strade, nonostante
la chiusura del forno e dell’ultimo ferramenta, nonostante i figli
lontani.
Essere a Guilmi, perché qui, come altrove, “nascere” è “venire alla
luce”. Qui come altrove, l’elettricità è uno di quegli ultimi filamenti
urbani, che rende possibile superare quei discreti confini geografici
(Overlapping Discrete Boundaries).
Filamenti (8)
E’ mai possibile che ogni volta che pensiamo ad un evento per
Guilmi finiamo per parlare di fili, di tessiture, di trame e di ricami?
E’ possibile. E’ possibile perché dai tempi più antichi questo è
quello che fa l’uomo e chi gli dà la vita. Le Parche filano l’esistenza
dell’uomo, il quale, a sua volta, tesse il proprio destino. Penelope
lo disfa, per cercare di cambiarlo. L’uomo intreccia una rete per
pescare e per vestirsi e si tesse una rete di relazioni.
L’uomo s’inserisce in un tessuto urbano.Volente o nolente.
Questo è un fatto, che è perno delle riflessioni del Carboni, specie
nell’ultimo laborioso ed articolato progetto dal titolo Overlapping
Discrete Boundaries. Anche quando esso si sposta in luoghi per
niente urbani, quali la remota campagna cinese o la più familiare
macchia mediterranea, l’attenzione di Carboni genera una certa
prassi e si visualizza in materiali, qui esemplificati con l’opera
Replacing My Patterns in Guilmi’s Landscape, dove l’artista si è spinto
a camminare nel territorio prossimo del borgo, quello che assuefa
la vista di chiunque lo visiti, anche per brevi periodi, trovando così
una chiave per esperirlo.

I tragitti del Carboni ne hanno cambiato le ombre, i suoni, ne hanno
invaso i solchi, smussato gli avvallamenti, hanno seminato chicchi in
campi di grano e battuto concimi dietro la porcilaia, hanno cambiato

(8) MARC AUGE’, Pour une anthropologie de la mobilité, 2009; trad. Guendalina Carbo-
nelli, Per un’antropologia della mobilità, Milano, Jaca Book, 2010
                                                                                       13
il percorso degli insetti. Questa è la forza della presenza dell’uomo
nel paesaggio (9), indipendentemente dal suo stadio di progresso e
civiltà, dalla sua educazione o estrazione sociale, dal punto di vista
da cui lo si guardi.
Il punto di vista è un fattore ambiguo: mentre il paesaggio resta
immutabile nei video di documentazione dei percorsi dell’artista, egli
cambia scala, percorrendo distanze apparentemente infinitesimali,
in realtà magnificate dalla sua stessa presenza.
L’esperire fa la differenza: l’uomo che cammina sulla terra (l’artista),
ne raccoglie la polvere, si graffia con i rovi, alza le braccia per non
affondare nel ruscello. Ma tutto è soggetto a cambio di scala e,
portato all’eccesso, il processo di rifocalizzazione continua annulla
le distanze, dissolvendone le barriere.

Tale dissolvenza è, ancora una volta, ciò che conferma la continuità,
il flusso, la perspirazione continua tra il macro ed il micro, l’interno
e l’esterno, l’urbano ed il rurale. E’ ciò che conferma la presenza
inevitabile del tessuto tramato dall’uomo, anche dove sembra che
esso scompaia e si perda nei rovi della vegetazione più fitta. E’
il filamento che rimane a testimoniare che abbiamo tramato nel
sistema dell’era moderna.

Mentre è in azione, Alessandro trova sempre conferma che le
strutture urbane che l’uomo si è costruito esistono ovunque, in
città, come in campagna, nelle metropoli, come negli eremi. La

(9) Cfr. nota 1
convalida è la carta lisa, appiattita sotto fili d’erba macilenti, di
una Vigorsol, ultimo filamento della distribuzione del commercio
globale.


                                                      Lucia Giardino,
                                             Agosto - Settembre 2010




                                                                        15
FONTI ON LINE E BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

www.alessandrocarboni.org
www.abitare.it
http://avitalcnaani.com
www.harlemstudiony.org
AUGE’ M., Pour une anthropologie de la mobilité, 2009; trad. Guendalina
Carbonelli, Per un’antropologia della mobilità, Milano, Jaca Book, 2010
CARBONI A. ,GAGLIANO’ P., MI A., Il Corpo Urbano, workshop, Fabbrica
Europa, Stazione Leopolda, Firenze, 14 maggio 2010
CARBONI A., Overlapping Discrete Boundaries – Guilmi 42°0’0’’N 14°29’0’’E,
in www.abitare.it, settembre 2010
FIORENTINO R., Guilmi Attraverso i Secoli, Renato Cannarsa Editore , Vasto,
1987
GIARDINO L., Young Italians. Encounters with Italian Artists Today, Spring
2010.
OBRIST H. U., Interviews, vol. I-II, Charta, 2003.
WRIGHT J. K., Terrae Incognitae: The Place of Imagination in “Geography
Annals of the Association of American Geographers” # 37, 1937, pp. 37
- 45.
Un ringraziamento particolare
a tutti gli abitanti di Guilmi, senza i quali Overlapping Discrete
Boundaries -- Guilmi non sarebbe stato possibile,
a Virginia e Mariano Di Santo, Lucio Perrucci, Cesidio Lizzi, Carlo
Racciatti, Pino Di Ciano,
a Fabiana Fabiani, Alessandro Luciani, Danilo Perrucci, Paolo Rac-
ciatti, Tiziana Racciatti, Domenico Santilli
e a Leonardo Giardino, Teresa Ciccarone, Elena Morando, Dora
Ciccarone, Donato Sabatini


Fotografie e disegni di Alessandro Carboni


Sponsor Tecnici
FAIL di Fabrizio Barbieri
19
Con il patrocinio del Comune di Guilmi

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Rethinking Human Energies, Guilmi Catalogue exhibition

  • 1. OVERLAPPING DISCRETE BOUNDARIES -- GUILMI 26 luglio - 14 agosto 2010 ALESSANDRO CARBONI
  • 2.
  • 3. OVERLAPPING DISCRETE BOUNDARIES -- GUILMI 26 luglio - 14 agosto 2010 ALESSANDRO CARBONI Curatori: Federico Bacci, Lucia Giardino Testi: Lucia Giardino Direzione tecnica: Federico Bacci, Enzo Fascetto Sivillo Con la partecipazione del comune e di tutti gli abitanti di Guilmi 3
  • 4.
  • 5. L’importanza di esserci, in Israele, come altrove (1) Che fosse uno degli obiettivi sin dai primissimi giorni del mio ultimo viaggio a New York, è un fatto, ma che andassi a visitare la mostra di Christian Boltanski, No Man’s Land all’Armory Place, in Park Avenue (2) in un pomeriggio piovoso, dopo una serie d’incastri non riusciti negli organigrammi del mio calendario, è una di quelle coincidenze che agevolano i processi di sintonizzazione con le opere e ne condizionano l’accoglienza o il rigetto. Altro fattore condizionante fu la presenza, per niente neutra, dell’amica con cui m’incontrai e che, durante il nostro girovagare all’interno dell’Armory Place offriva commenti e stimoli al dialogo. Non ho (1) Nato come performer, Alessandro Carboni fa spesso riferimento all’importanza di essere fisicamente presente nei luoghi, come corpo. Nell’epoca contemporanea, in cui, tramite la rete, è facilissimo avere una conoscenza secondaria o essere in situ solo virtualmente, diventa vitale la presenza, intesa come testimonianza corporea.Cfr. www.alessandrocarboni.org; ALESSANDRO CARBONI in Il Corpo Urbano, workshop, Fabbrica Europa, Stazione Leopolda, Firenze, 14 maggio 2010; LUCIA GIARDINO, “Lau Nay”, in Young Italians. Encounters with Italian Artists Today, Spring 2010; ALESSANDRO CARBONI, Overlapping Discrete Boundaries – Guilmi 42°0’0’’N 14°29’0’’E, in www. abitare.it, settembre 2010 (2) Christian Boltanski, No Man’s Land, Armory Place, New York, 14 maggio - 13 giugno 2010. 5
  • 6. sempre piacere che questo avvenga mentre visito una mostra, ma le sue osservazioni baritonali fecero da grimaldello all’apertura di una porta ulteriore della conoscenza e della metafisica (3), più che ostacolarne i processi. Avital Cnaani, giovane artista israeliana, in residenza per tre mesi a New York (4) è scettica sul lavoro di Boltanski: non sopporta una certa retorica ovvia legata all’olocausto che è puntualmente associata all’opera del francese e che anch’egli sembra rifiutare, lasciandola però sottendere. Avital riconosce comunque la forza e la bellezza di quest’opera. Guardandola dall’alto inizia a raccontare d’Israele. Non so mai dove l’amica vuole andare a parare: i suoi dialoghi sono scarni, come il suo inglese, ed è sempre solo a metà del discorso che riesco a mettere nel contesto ciò che dice. Penso che sia nostalgica del suo paese, in realtà sta solo scansionando immagini del territorio da cui proviene, presentandomele come un dato oggettivo. In Israele, dice, il paesaggio parla di politica e di uomini. Le luci parlano di ricchezza e di miseria e di preservazione di uno stato di fatto. Riconosci subito le comunità ebree: l’illuminazione pubblica esiste e segue percorsi stradali ordinati, le luci sono calde, gialle, costose. Gli ebrei sono ricchi e palesano così la loro coesione. I paesaggi arabi invece, manifestano presenze sporadiche di luci. Sono (3) Il termine “metafisica” è qui usato nell’accezione che Christian e Luc Boltanski gli assegnano come proprietà che contraddistingue alcune opere d’arte di alto valore emozionale. Cfr. OBRIST HANS ULRICH, Interviews, vol. I, pp. 111-127, Charta, 2003. (4) www.avitalcnaani. isr e www.harlemstudiony.org
  • 7. quelle delle case private, non pubbliche, a risparmio energetico, che emettono un bagliore freddo, glaciale. Guardo l’istallazione di Boltanski e mi accorgo che egli ha fatto di necessità virtù del buio dell’Armory Place, dando forza ai suoi isolati di stracci, stesi a terra con il rigore di una mappa modernista, con l’implacabile luce fredda del neon. Questi rivelano impietosi l’assenza dei corpi da quella città fantasma, e non concedono niente: la luce del neon appiattisce i rossi quanto i verdi o i bruni. E’ qui la potenza dell’istallazione che mi sta di fronte, come Avital mi sta facendo notare: i suoi commenti si rivelano oggi quanto mai preziosi per illustrare l’evento che Alessandro Carboni sta elaborando per Guilmi. This is the rhythm of the night (5) Ciò che può facilitare l’analisi di un lavoro è sicuramente il suo stato di definizione, siglato con la parola “fine” nel momento in cui se ne dichiari un certa natura. Come accade per la storia, che è tanto più fumosa, tanto più è con-temporanea, così l’opera d’arte sfugge completamente all’esame nel momento in cui è in fieri, semplicemente perché la sua forma finale, platonica, deve ancora emergere. Questo è tanto più vero per il lavoro di Alessandro (5) This is the rhythm of the night, è la hit dei Corona, etichetta Dance World Attack, che dilagò nelle discoteche di tutta Italia subito dopo la sua uscita nel 1993. 7
  • 8. Carboni, che per sua stessa natura ignora limiti formali, non avendo a che fare - a parte rari casi - con materiali da plasmare, e che si compone di varie metodologie e ricerche, ma soprattutto di “fasi” o “tappe”, che rimangono aperte, manipolando materiali in costante mutamento, quali tempi (di residenza, di studio ...), esseri umani (le loro intenzionalità, relazioni), spazi urbani e geografie extra-urbane. Il progetto per Guilmi di Alessandro Carboni è, appunto, una tappa di lavoro del più ampio Overlapping Discrete Boundaries iniziato nell’inverno 2010 nel Sud-Est Asiatico, che si concluderà, dopo l’Europa, con un terzo continente. Questa tappa, avendo a che fare con materiali in costante mutamento, è soggetta a prendere direzioni diverse nel momento stesso in cui scrivo. E allora come affrontare l’analisi del lavoro di Alessandro Carboni? Individuandone le linee guida e gli obiettivi ricorrenti e connaturati nelle pratiche investigative del suo lavoro, che, dal mio punto di vista, si possono riassumere con il concetto di “armonia”. Qui non si sta parlando di complesse corrispondenze musicali, canonizzate da trattati sette-ottocenteschi, e nemmeno di poetiche associazioni formali, proprie anche di artisti visivi. Mi riferisco invece, all’idea più semplice, quasi sensoriale, del concetto di armonia, intesa come equilibrio degli elementi, come ritmo interno ed esterno dei singoli strumenti che si mettono in ascolto per arrivare ad una costruzione senza stonature. L’armonia, come risultato della considerazione di una serie di pre-esistenze e del
  • 9. loro indirizzamento, è quella a cui arriva il direttore d’orchestra che è abile a dirigere. Essa è conseguenza dell’atto che in inglese suona come to stay tuned, nella doppia accezione che quella lingua gli assegna: da una parte essere intonato, dall’altra essere sintonizzato, o prestare attenzione. L’obiettivo del lavoro di Carboni, che può essere paragonato ad un concerto in divenire, è questo: l’armonia dei luoghi (e delle sue esistenze) che percorre e visita. Nel work in progress accorda i materiali pur rispettandone il suono. Poi li direziona e se ne lascia direzionare, pronto sempre a ri-indirizzare il suo stesso ritmo. Quasi a conferma di ciò, è stato sorprendente e rivelatore scoprire, in questi giorni di contatto costante con l’artista, che egli ripeta a se stesso, atonalmente ed ad intervalli alterni, un riff che avevo da tanto accantonato: This is the rhythm of the night... quasi a voler tenere sempre in mente di non forzare gli eventi, ma di fare un reset e di acuire l’orecchio per un ascolto che non è mai però emozionale, come quello del viaggiatore romantico, a cui, comunque, Carboni è stato paragonato (6). E’ invece quasi scientifico, dove la variante viene messa in conto più come fattore x, che come ostacolo su cui crogiolarsi. (6) PIETRO GAGLIANO’, in Il Corpo Urbano, workshop, Fabbrica Europa, Stazione Leopolda, Firenze, 14 maggio 2010. 9
  • 10. Overlapping Discrete Boundaries -- Guilmi Durante i preparativi per Overlapping Discrete Boundaries -- Guilmi Alessandro Carboni fa indagini a distanza: vuole sapere del territorio su cui andrà ad intervenire, di cosa si sostiene, qual è la sua storia, chi sono i suoi abitanti. Quanti sono. “Sono pochi” diciamo noi. Tiriamo in ballo censimenti, statistiche ed osservazioni personali. “In estate sono il doppio, a causa dei villeggianti. Ma in inverno il paese è vuoto: i giovani si sono allontanati per un posto di lavoro.” Carboni finalmente arriva in Abruzzo e mette a confronto i dati da lui accumulati nel corso dei suoi viaggi, in Asia, quanto in Europa - i paesi toccati da Overlapping Discrete Boundaries sin dall’inizio del progetto nel febbraio 2010 - con ciò che si trova di fronte. Alla prima, l’impressione è che Guilmi non sia affatto un piccolo borgo, ma che anzi, sia abbastanza esteso, col suo centro storico e persino con le nuove abitazioni popolari. Arriva in prima serata, le luci pubbliche già accese, a marcarne la presenza sull’altura di quasi 700 metri. Poi entra in paese e guarda le case: porte sbarrate e assenza di luci. Non c’è fraintendimento: chi le luci le ha accese, ha anche le porte aperte, a dare il benvenuto. Qui l’assenza di barlume è assenza di vita. E’ così che l’artista decide di intervenire per due dei lavori pensati per Guilmi e qui messi a punto (7).
  • 11. L’opera Having No Name presenta l’implacabile verità dello spopolamento e della chiusura forzata dei luoghi, pubblici o privati che siano. L’artista giustappone note di viaggio con grafici e schizzi, a fotografie che non necessitano commento, perché rappresentano l’ovvio censimento in negativo di quello che il paese è diventato. Solo porte chiuse e saracinesche abbassate. I cartelli con la scritta Vendesi spiccano quanto sulla monotonia delle facciate in pietra che sulla vivacità degli intonaci brillanti. I portoni senza zerbino ed i vetri, opachi di polvere grassa, delle doppie finestre in alluminio anodizzato parlano di un’emigrazione recente - non più tarda di qualche decade fa - quando quegli scempi venivano presi per migliorie. A volte l’equivoco è in agguato: il muro sembra abbia una mano di vernice data di fresco; poi (7) Voler definire numericamente le opere prodotte e concluse a Guilmi dall’artista significa non tener conto del suo metodo lavorativo, che può consistere anche nella messa in mostra di “tappe” (ovvero le “fasi intermedie” o “appunti di viaggio”. Cfr. LUCIA GIARDINO in This is the Rhythm of the Night, alle pagine 7 - 9 della pre- sente pubblicazione). Schematicamente si può leggere l’evento qui presentato come composto dell’opera/performance Rethinking Human Energies, di cui rimane un’ampia documentazione fotografica e video dei preparativi e del suo svolgimento. Parte di questa era esposta nei locali dello spazio La Pitech insieme a Having No Name, pic- cola teoria di fotografie di saracinesche e portoni chiusi, giustapposta a note e schizzi autografi dell’autore; Replacing My Patterns in Guilmi’s Landscape, un loop di 5 video in cui Alessandro Carboni perlustra il territorio rurale di Guilmi; e una mappa di grandi dimensioni (Exploring Sinello River, h. 3 metri) di un tracciato GPS, prodotta durante le esplorazioni, anch’esse ampiamente documentate fotograficamente, del fiume Sinello. I titoli in inglese di Overlapping Discrete Boundaries e, in generale, di tutta l’opera di Ales- sandro Carboni, sono dovuti alla natura internazionale del progetto. 11
  • 12. Carboni dissolve i dubbi sulle presenze dei luoghi, insistendo su un’esposizione che, col suo allineamento orizzontale, scongiura - eppure sfiora - la retorica. Rethinking Human Energies, è il lavoro più complesso, collaborativo e relazionale, che Carboni elabora per Guilmi. Nasce a poco a poco, bussando casa per casa, e chiamando a raccolta ognuno dei presenti, che si manifesti. Un lavoro che si espliciterà in una manciata di minuti, ma i cui tempi di preparazione si sono estesi per giorni ed hanno messo in campo energie di più persone che includevano forza di persuasione, intonazione di voci, osservazioni di abitudini private, studi tecnici di carico di potenza elettrica. Per un solo momento, performativo di tutti i Guilmesi, le luci pubbliche, che marcano la presenza del borgo sulla carta politica italiana, si spegneranno e si accenderanno invece quelle del singolo che vuole esserci ancora, nonostante lo spopolamento, nonostante l’economia depressa e il cattivo stato delle strade, nonostante la chiusura del forno e dell’ultimo ferramenta, nonostante i figli lontani. Essere a Guilmi, perché qui, come altrove, “nascere” è “venire alla luce”. Qui come altrove, l’elettricità è uno di quegli ultimi filamenti urbani, che rende possibile superare quei discreti confini geografici (Overlapping Discrete Boundaries).
  • 13. Filamenti (8) E’ mai possibile che ogni volta che pensiamo ad un evento per Guilmi finiamo per parlare di fili, di tessiture, di trame e di ricami? E’ possibile. E’ possibile perché dai tempi più antichi questo è quello che fa l’uomo e chi gli dà la vita. Le Parche filano l’esistenza dell’uomo, il quale, a sua volta, tesse il proprio destino. Penelope lo disfa, per cercare di cambiarlo. L’uomo intreccia una rete per pescare e per vestirsi e si tesse una rete di relazioni. L’uomo s’inserisce in un tessuto urbano.Volente o nolente. Questo è un fatto, che è perno delle riflessioni del Carboni, specie nell’ultimo laborioso ed articolato progetto dal titolo Overlapping Discrete Boundaries. Anche quando esso si sposta in luoghi per niente urbani, quali la remota campagna cinese o la più familiare macchia mediterranea, l’attenzione di Carboni genera una certa prassi e si visualizza in materiali, qui esemplificati con l’opera Replacing My Patterns in Guilmi’s Landscape, dove l’artista si è spinto a camminare nel territorio prossimo del borgo, quello che assuefa la vista di chiunque lo visiti, anche per brevi periodi, trovando così una chiave per esperirlo. I tragitti del Carboni ne hanno cambiato le ombre, i suoni, ne hanno invaso i solchi, smussato gli avvallamenti, hanno seminato chicchi in campi di grano e battuto concimi dietro la porcilaia, hanno cambiato (8) MARC AUGE’, Pour une anthropologie de la mobilité, 2009; trad. Guendalina Carbo- nelli, Per un’antropologia della mobilità, Milano, Jaca Book, 2010 13
  • 14. il percorso degli insetti. Questa è la forza della presenza dell’uomo nel paesaggio (9), indipendentemente dal suo stadio di progresso e civiltà, dalla sua educazione o estrazione sociale, dal punto di vista da cui lo si guardi. Il punto di vista è un fattore ambiguo: mentre il paesaggio resta immutabile nei video di documentazione dei percorsi dell’artista, egli cambia scala, percorrendo distanze apparentemente infinitesimali, in realtà magnificate dalla sua stessa presenza. L’esperire fa la differenza: l’uomo che cammina sulla terra (l’artista), ne raccoglie la polvere, si graffia con i rovi, alza le braccia per non affondare nel ruscello. Ma tutto è soggetto a cambio di scala e, portato all’eccesso, il processo di rifocalizzazione continua annulla le distanze, dissolvendone le barriere. Tale dissolvenza è, ancora una volta, ciò che conferma la continuità, il flusso, la perspirazione continua tra il macro ed il micro, l’interno e l’esterno, l’urbano ed il rurale. E’ ciò che conferma la presenza inevitabile del tessuto tramato dall’uomo, anche dove sembra che esso scompaia e si perda nei rovi della vegetazione più fitta. E’ il filamento che rimane a testimoniare che abbiamo tramato nel sistema dell’era moderna. Mentre è in azione, Alessandro trova sempre conferma che le strutture urbane che l’uomo si è costruito esistono ovunque, in città, come in campagna, nelle metropoli, come negli eremi. La (9) Cfr. nota 1
  • 15. convalida è la carta lisa, appiattita sotto fili d’erba macilenti, di una Vigorsol, ultimo filamento della distribuzione del commercio globale. Lucia Giardino, Agosto - Settembre 2010 15
  • 16. FONTI ON LINE E BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE www.alessandrocarboni.org www.abitare.it http://avitalcnaani.com www.harlemstudiony.org AUGE’ M., Pour une anthropologie de la mobilité, 2009; trad. Guendalina Carbonelli, Per un’antropologia della mobilità, Milano, Jaca Book, 2010 CARBONI A. ,GAGLIANO’ P., MI A., Il Corpo Urbano, workshop, Fabbrica Europa, Stazione Leopolda, Firenze, 14 maggio 2010 CARBONI A., Overlapping Discrete Boundaries – Guilmi 42°0’0’’N 14°29’0’’E, in www.abitare.it, settembre 2010 FIORENTINO R., Guilmi Attraverso i Secoli, Renato Cannarsa Editore , Vasto, 1987 GIARDINO L., Young Italians. Encounters with Italian Artists Today, Spring 2010. OBRIST H. U., Interviews, vol. I-II, Charta, 2003. WRIGHT J. K., Terrae Incognitae: The Place of Imagination in “Geography Annals of the Association of American Geographers” # 37, 1937, pp. 37 - 45.
  • 17.
  • 18. Un ringraziamento particolare a tutti gli abitanti di Guilmi, senza i quali Overlapping Discrete Boundaries -- Guilmi non sarebbe stato possibile, a Virginia e Mariano Di Santo, Lucio Perrucci, Cesidio Lizzi, Carlo Racciatti, Pino Di Ciano, a Fabiana Fabiani, Alessandro Luciani, Danilo Perrucci, Paolo Rac- ciatti, Tiziana Racciatti, Domenico Santilli e a Leonardo Giardino, Teresa Ciccarone, Elena Morando, Dora Ciccarone, Donato Sabatini Fotografie e disegni di Alessandro Carboni Sponsor Tecnici FAIL di Fabrizio Barbieri
  • 19. 19
  • 20. Con il patrocinio del Comune di Guilmi