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IL KILIMANJARO
Situato nella Tanzania nord-
occidentale, quasi al confine con il
Kenya e a soli 330 km a sud
dell'equatore, il Kilimangiaro è il più
alto massiccio vulcanico inattivo del
continente africano, nonché una
delle più alte vette del mondo (5.895
metri.); si trova all’interno di un Parco
Nazionale che prende il suo nome ed
 è costituito da tre vulcani:

     Kibo, ovvero il cratere centrale, più
    alto rispetto agli altri perchè di
    recente formazione mostra ancora
    segni di attività con numerose e
    suggestive fumarole;

     Mawenzi con i suoi 5.149 metri di
    altitudine, è separato dal Kibo da
    una tundra pianeggiante di circa
    3.000 ettari chiamata “la Sella” o "la
    Sella del Vento". Questa zona
    rappresenta la maggiore area di
    tundra d' altura del continente
    africano ed è proprio qui che nel
    tardo pomeriggio si possono
    osservare spettacolari formazioni
    nuvolose.

    Shira è il cratere più antico e quindi
    dal profilo più dolce (per questo
    viene anche nominato Shira
    Plateau), è situato ad Ovest del
    Kibo ed ha un'altitudine di 3.962
    metri.
Una delle particolarità del
 Kilimangiaro è quella di non far
 parte di alcuna catena montuosa,
 ma di essere un singolo vulcano
 che sorge nel bel mezzo del
 paesaggio africano; la sua sommità
 è ricoperta da un ghiacciaio
 perenne, il Ghiacciaio di Rebmann.
Stratovulcani
gli stratovulcani sono un tipo di vulcano,
 che può presentare:
un magma acido denso e viscoso (con
 alto contenuto di silice), che
 caratterizza eruzioni di tipo esplosivo
 con materiali piroclastici;
un magma basico (con ridotto contenuto
 in silice) meno viscoso, che invece
 caratterizza eruzioni di tipo effusivo
 (con fuoriuscita principalmente di lava),
 potenzialmente meno pericolose;
l'alternanza di eruzioni effusive ed
  esplosive è in proporzioni molto
  variabili e dipende da vulcano a
  vulcano. Talora nel corso della
  stessa eruzione è possibile che si
  passi da una modalità eruttiva
  all'altra.
Gli stratovulcani sono formati
dall'accumulo delle proprie colate
laviche e prodotti piroclastici.
Presentano generalmente una forma
conica piuttosto regolarecon pendii
piuttosto ripidi (fino a 45°). Gli
stratovulcani sono pertanto vulcani
centrali, anche se sono
comunemente presenti diversi centri
eruttivi lungo i fianchi dell'edificio,
spesso allineati lungo zone di frattura.
Le Eruzioni di tali vulcani possono
 essere molto dispotiche dal momento
 che il magma tende ad ostruire il
 camino vulcanico creando un “tappo”;
 soltanto quando le pressioni interne
 sono adeguati a superare
 l'ostruzione, a volte passano migliaia
 di anni, l'eruzione riprende , ma nei
 casi estremi ci può essere
 un'esplosione che può giungere ad
 annientare l'intero vulcano .
Storia
Circa un milione di anni fa, nella
 dolce e ondulata pianura
 dell'Africa orientale si aprirono
 una serie di spaccature
 attraverso le quali fuoriuscì il
 magma. La pianura perse così
 una parte del suo appoggio e
 sprofondò dando origine a una
 grande depressione.
750.000 anni fa una nuova
 colata di lava portò alla nascita
 di un grande sistema
 vulcanico, il Kilimangiaro,
 formato da tre crateri
 principali.
Per lungo tempo i crateri
 crebbero in modo costante,
 seppure lentamente,
 raggiungendo un'altitudine
 approssimativa di 5000 metri,
 fino a quando lo Shira collassò
 - mezzo milione di anni fa -
 sprofondando in una vasta
 caldera che restò inattiva e
 venne inondata dalla lava degli
 altri due coni vulcanici.
Il Mawenzi fu il secondo a
  spegnersi, dopo una grande
  esplosione che ne distrusse il
  margine orientale, dando luogo
  a una profonda gola.
Il Kibo invece si mantenne
  attivo molto più a lungo, fino a
  quando, circa 100 000 anni fa,
  le sue emissioni magmatiche
  investirono il già eroso cratere
  dello Shira, aprirono l'attuale
  precipizio        del      Kibo,
  circondarono il Mawenzi e si
  dispersero a grande distanza
  nella pianura.
Da allora malgrado una limitata
 attività, l'agente che
 maggiormente ha influito sul



modellamento del paesaggio è
 stato quello erosivo, che ha
 ridotto la cima alla quota
 attuale conferendole la forma
 che oggi conosciamo.
Le prime notizie conosciute sul
  Kilimangiaro sembrano risalire
  al greco Diogene che lo
  localizzò con sufficiente
  approssimazione.
Il primo uomo bianco che vide le
  sue cime innevate,
  riportandone notizie attendibili,
  fu il missionario Johannes
  Rebmann, l'il maggio 1848.
la pubblicazione della scoperta
  provocò dure critiche, perché
  era «impossibile che ci fosse
  neve all'Equatore», e quindi ciò
  che lui vide come neve si
  ritenne fosse frutto di un
  riflesso delle rocce o il colore
  delle rocce stesse, se non una
  semplice illusione ottica.
Dopo che le sue parole ebbero
 ottenuto un certo credito, non
 tardarono i tentativi di scalata:
 il barone Von der Decken
 arrivò fino a 4300 metri; poco
 dopo Charles New raggiunse il
 passo tra i picchi Mawenzi e
 Kibo a 4420 metri e, infine, nel
 1889 Meyer e Putscheler
 conquistarono la cima.
Il Kilimangiaro e i boschi che lo
  circondano furono dichiarati
  riserva di caccia dal governo
  coloniale tedesco all'inizio del
  XX secolo; nel 1921 gli inglesi
  li trasformarono in riserva
  forestale e, finalmente, nel
  1973 una piccola parte
  dell'area posta sopra i 2700
  metri di quota ottenne il rango
  di Parco Nazionale.
Nome
Non è noto da dove provenga il nome
 Kilimanjaro, ma esistono varie teorie.
Gli esploratori europei adottarono questo
 nome nel 1860, affermando che questo
 era il nome della montagna in lingua
 swahili, supponendo che Kilimanjaro si
 potesse scomporre in Kilima (Swahili
 per "collina", "piccola montagna") e
 Njaro che, per alcune teorie, è un'antica
 parola Swahili per bianco o splendente.
Nel 1880 la montagna, chiamata
 Kilimandscharo in tedesco, divenne
 una parte dell'Africa Orientale Tedesca
 dopo che Karl Peters ebbe persuaso i
 capi locali a firmare i trattati. Nel 1889 il
 Picco Uhuru sul Kibo fu nominato
 Kaiser-Wilhelm-Spitze, nome utilizzato
 nell'Impero tedesco fino alla sua
 sconfitta nel 1918, quando i territori
 divennero parte del Tanganika,
 governato dagli inglesi, e il nome
 venne abbandonato.
Ghiacciaio di Rebmann
Situato presso la sommità del monte
 Kilimanjaro in Tanzania è quel che
 rimane di un'enorme Cappa di
 ghiaccio che coprì la sommità del
 monte. Questa cappa di ghiaccio si
 è ritirata significativamente
 nell'ultimo secolo.
Fra il 1912 ed il 2000, l'82 percento
 del ghiaccio della montagna è
 scomparso.
Lo scioglimento del manto nevoso dei
 ghiacciai del Kilimangiaro, è stato una
 fra gli esempi più spesso citati dagli
 ambientalisti negli ultimi anni per
 mostrare le conseguenze dei
 cambiamenti climatici.
Molto famosa è la scena del
 documentario "Una scomoda verità"
 del premio Nobel per la Pace Al Gore
 che aveva imputato la rapida perdita
 dei ghiacciai proprio al cambiamento
 climatico ad opera dell'uomo.
I ricercatori dell'Università di
  Portsmouth (Inghilterra),dopo 4 anni
  di studi (dal 2004 al 2008) basati su
  misurazioni ed i successivi 2 anni di
  revisione, hanno messo in luce le
  cause più specifiche che potrebbero
  stare dietro alla diminuzione del
  ghiacciaio di Rebmann.
Fra i fattori di questa diminuzione dei
 ghiacci, sono emerse alcune
 sorprese: il riscaldamento globale
 non sembra infatti essere la causa
 primaria. Le analisi svolte hanno
 infatti dimostrato come il
 disboscamento sempre più pesante
 alle falde del Kilimangiaro sia la
 causa dei grandi scombussolamenti
 climatici anche ad alta quota.
il riscaldamento diurno genera un flusso
   d'aria calda ed umida che risale il
   pendio della montagna; il ruolo degli
   alberi, in questo fenomeno è molto
   importante in quanto sono in grado di
   fornire maggior vapore acqueo, che
   viene rilasciato nell'atmosfera
   attraverso la traspirazione.
Il disboscamento alle pendici del monte
ha ridotto negli ultimi decenni l'apporto
d'aria umida, contribuendo ad una
complessiva riduzione delle precipitazioni
nevose, le uniche in grado di rimpinguare
le riserve di ghiaccio e riflettere le
radiazioni luminose.la riduzione di
questa fonte preziosa d'umidità, insieme
agli altri coefficienti legati ai cambiamenti
climatici, comporta peraltro la presenza in
alta quota d'aria sempre più rarefatta che
sfavorisce i fenomeni nevosi.
Inoltre, la sempre minore presenza di
  alberi sulle pendici a trattenere
  l'acqua, ha creato grandi zone
  paludose a valle; Dove prima
  c'erano giraffe ed elefanti ora sono
  arrivati i flamingo, una specie di
  fenicottero tipico delle zone
  acquitrinose, mai visti in passato da
  quelle parti.
È convinzione degli scienziati
 dell'United Nations Environment
 Programme che, entro il 2020, la
 più alta cima dell'Africa avrà già
 perso tutta la neve; Per tentare
 almeno di rallentare lo scioglimento
 del ghiaccio, da qualche anno, sulle
 vette del Kilimangiaro, giganteschi
 teli di plastica impermeabili, sono
 stati poggiati sul ghiaccio per
 proteggerlo dal sole.
L' idea l'ha avuta Euan Nisbet che
 aveva però precisato: «La
 protezione di plastica isolante non
 risolverà il problema, la neve -
 anche se più lentamente -
 continuerà a sciogliersi». I teli
 Servono solo in attesa di un
 efficace progetto di riforestazione
 delle pendici.
Il Parco
Il parco nazionale del Kilimanjaro è uno
   dei principali parchi della Tanzania,
   Con una superficie di 756 km². Nel
   1910 fu dichiarato riserva naturale dal
   governo coloniale tedesco. Nel 1921
   divenne riserva forestale. Nel 1973
   l'area sopra la linea degli alberi (2.700
   m) fu riclassificata come Parco
   nazionale e fu aperta al pubblico
   accesso nel 1977. Il parco fu dichiarato
   Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO
Il Parco si trova nella parte
  nordorientale della Tanzania al confine
  con il Kenya, nella zona equatoriale
  africana. L'ingresso principale si trova
  a 1.870 m di altitudine.
I quasi 6000 metri d'altezza del
  Kilimangiaro spiegano perché
  partendo dalla zona circostante e
  andando verso il cratere si incontrino
  via via tutte le zone climatiche e le
  fasce di vegetazione della Terra.
Flora
La vegetazione del parco può essere
 suddivisa in quattro zone:
    la zona della foresta pluviale (da
 1.800 m a 2.700 m), ricca di rigogliosa
 vegetazione dominata dagli alberi ad
 alto fusto;
    la zona della brughiera (da 2.700 m
 a 4.000 m), abitata prevalentemente da
 specie arbustifere;
la zona del deserto d'alta quota
(da 4.000 m a 5.000 m), desertica e
desolata;
  la zona sommitale (da 5.000 m a
5.895 m), spesso coperta dalle nevi
e soggetta a condizioni climatiche
estreme.
Zona della foresta pluviale
Questa è certamente la fascia più ricca di specie
  vegetali, dominata da alberi ad alto fusto dalle
  chiome rigoglioAccanto ai quali crescono anche
  alberi di dimensioni più ridotte mentre tra si
  incontrano specie erbacee caratteristiche come
  le orchidee.
Nel versante nord e ovest la foresta riceve meno
  piogge e qui si incontrano specie differenti: alti e
  contorti esemplari di ginepro (Juniperus procera),
  e due specie di olivo.
A quote più elevate gli alberi si diradano. Si
  osservano esemplari isolati di varie specie tra cui i
   grandi alberi della canfora africana che possono
  raggiungere i 40 metri d'altezza.
Zona della brughiera
Nella totale assenza di alberi la zona della
 brughiera è popolata da fitti cuscini di Erica
 arborea. Le piante più singolari di questa zona
 sono comunque il senecio gigante
 (Dendrosenecio kilimanjari), caratteristica pianta
 dal lungo tronco che regge una ampia e carnosa
 rosetta fogliare, e la Lobelia deckenii, una specie
 della famiglia delle Campanulacee che cresce fino
 ad 3 metri di altezza, con grandi spighe verticali
 claviformi.
Completano il paesaggio numerose altre specie
 meno appariscenti ma che offrono una varietà di
 sfumature cromatiche.
Zona del deserto d'alta quota
La vita vegetale in questa zona è limitata ad alcune
  specie erbacee dalla sviluppata capacità di
  adattamento a condizioni ambientali poco
  favorevoli come ad esempio muschi e licheni.
Zona sommitale
A causa delle condizioni climatiche estreme di
  questa zona (basse temperature, radiazioni solari
  molto intense, ossigeno rarefatto) sono poche le
  specie vegetali che riescono a sopravvivere.
Tra di esse si possono annoverare l'erbacea
  Helichrysum newii e i licheni della specie
  Xanthoria elegans.
Fauna
Il parco è ricchissimo di specie
  animali: sono state censite oltre
  140 specie di mammiferi incluse 7
  specie di primati.
Nella zona delle falde, nonostante il
 crescente sfruttamento agricolo abbia
 modificato il territorio, sopravvive una
 popolazione di qualche centinaia di
 elefanti (Loxodonta africana) e non è
 raro incontrare anche qualche
 esemplare di bufalo nero (Syncerus
 caffer) e di leopardo (Panthera pardus).
 Il rinoceronte nero (Diceros bicornis),
 una volta presente in questa area, è
 adesso estinto.
Tra i mammiferi che popolano la foresta
 pluviale vanno menzionate differenti
 specie di primati: il babbuino (Papio
 cynocephalus), il cercopiteco
 (Cercopithecus mitis), il colobo orsino
 (Colobus polykomos), la guereza
 (Colobus guereza) ed alcune specie di
 Galago. Al di sopra della linea degli
 alberi le specie di mammiferi più
 significative sono l' antilope , numerose
 specie di roditori e di insettivori.
Sono state censite circa 180 specie di
 uccelli, la maggior parte delle quali
 abitano la zona di foresta pluviale.
Meritano infine una menzione una rara
 specie di farfalla, la Papilio sjoestedti,
 nota anche come Kilimanjaro
 swallowtail, che vive anche a
 Ngorongoro e sul Monte Meru, e una
 sua sottospecie di colore nero, la
 Papilio sjoestedti ssp. atavus, che si
 trova solo sul Kilimanjaro.

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Il Kilimanjaro

  • 2. Situato nella Tanzania nord- occidentale, quasi al confine con il Kenya e a soli 330 km a sud dell'equatore, il Kilimangiaro è il più alto massiccio vulcanico inattivo del continente africano, nonché una delle più alte vette del mondo (5.895 metri.); si trova all’interno di un Parco Nazionale che prende il suo nome ed è costituito da tre vulcani:
  • 3. Kibo, ovvero il cratere centrale, più alto rispetto agli altri perchè di recente formazione mostra ancora segni di attività con numerose e suggestive fumarole;
  • 4. Mawenzi con i suoi 5.149 metri di altitudine, è separato dal Kibo da una tundra pianeggiante di circa 3.000 ettari chiamata “la Sella” o "la Sella del Vento". Questa zona rappresenta la maggiore area di tundra d' altura del continente africano ed è proprio qui che nel tardo pomeriggio si possono osservare spettacolari formazioni nuvolose.
  • 5. Shira è il cratere più antico e quindi dal profilo più dolce (per questo viene anche nominato Shira Plateau), è situato ad Ovest del Kibo ed ha un'altitudine di 3.962 metri.
  • 6. Una delle particolarità del Kilimangiaro è quella di non far parte di alcuna catena montuosa, ma di essere un singolo vulcano che sorge nel bel mezzo del paesaggio africano; la sua sommità è ricoperta da un ghiacciaio perenne, il Ghiacciaio di Rebmann.
  • 7. Stratovulcani gli stratovulcani sono un tipo di vulcano, che può presentare: un magma acido denso e viscoso (con alto contenuto di silice), che caratterizza eruzioni di tipo esplosivo con materiali piroclastici; un magma basico (con ridotto contenuto in silice) meno viscoso, che invece caratterizza eruzioni di tipo effusivo (con fuoriuscita principalmente di lava), potenzialmente meno pericolose;
  • 8. l'alternanza di eruzioni effusive ed esplosive è in proporzioni molto variabili e dipende da vulcano a vulcano. Talora nel corso della stessa eruzione è possibile che si passi da una modalità eruttiva all'altra.
  • 9. Gli stratovulcani sono formati dall'accumulo delle proprie colate laviche e prodotti piroclastici. Presentano generalmente una forma conica piuttosto regolarecon pendii piuttosto ripidi (fino a 45°). Gli stratovulcani sono pertanto vulcani centrali, anche se sono comunemente presenti diversi centri eruttivi lungo i fianchi dell'edificio, spesso allineati lungo zone di frattura.
  • 10. Le Eruzioni di tali vulcani possono essere molto dispotiche dal momento che il magma tende ad ostruire il camino vulcanico creando un “tappo”; soltanto quando le pressioni interne sono adeguati a superare l'ostruzione, a volte passano migliaia di anni, l'eruzione riprende , ma nei casi estremi ci può essere un'esplosione che può giungere ad annientare l'intero vulcano .
  • 11. Storia Circa un milione di anni fa, nella dolce e ondulata pianura dell'Africa orientale si aprirono una serie di spaccature attraverso le quali fuoriuscì il magma. La pianura perse così una parte del suo appoggio e sprofondò dando origine a una grande depressione.
  • 12. 750.000 anni fa una nuova colata di lava portò alla nascita di un grande sistema vulcanico, il Kilimangiaro, formato da tre crateri principali.
  • 13. Per lungo tempo i crateri crebbero in modo costante, seppure lentamente, raggiungendo un'altitudine approssimativa di 5000 metri, fino a quando lo Shira collassò - mezzo milione di anni fa - sprofondando in una vasta caldera che restò inattiva e venne inondata dalla lava degli altri due coni vulcanici.
  • 14. Il Mawenzi fu il secondo a spegnersi, dopo una grande esplosione che ne distrusse il margine orientale, dando luogo a una profonda gola.
  • 15. Il Kibo invece si mantenne attivo molto più a lungo, fino a quando, circa 100 000 anni fa, le sue emissioni magmatiche investirono il già eroso cratere dello Shira, aprirono l'attuale precipizio del Kibo, circondarono il Mawenzi e si dispersero a grande distanza nella pianura.
  • 16. Da allora malgrado una limitata attività, l'agente che maggiormente ha influito sul modellamento del paesaggio è stato quello erosivo, che ha ridotto la cima alla quota attuale conferendole la forma che oggi conosciamo.
  • 17. Le prime notizie conosciute sul Kilimangiaro sembrano risalire al greco Diogene che lo localizzò con sufficiente approssimazione. Il primo uomo bianco che vide le sue cime innevate, riportandone notizie attendibili, fu il missionario Johannes Rebmann, l'il maggio 1848.
  • 18. la pubblicazione della scoperta provocò dure critiche, perché era «impossibile che ci fosse neve all'Equatore», e quindi ciò che lui vide come neve si ritenne fosse frutto di un riflesso delle rocce o il colore delle rocce stesse, se non una semplice illusione ottica.
  • 19. Dopo che le sue parole ebbero ottenuto un certo credito, non tardarono i tentativi di scalata: il barone Von der Decken arrivò fino a 4300 metri; poco dopo Charles New raggiunse il passo tra i picchi Mawenzi e Kibo a 4420 metri e, infine, nel 1889 Meyer e Putscheler conquistarono la cima.
  • 20. Il Kilimangiaro e i boschi che lo circondano furono dichiarati riserva di caccia dal governo coloniale tedesco all'inizio del XX secolo; nel 1921 gli inglesi li trasformarono in riserva forestale e, finalmente, nel 1973 una piccola parte dell'area posta sopra i 2700 metri di quota ottenne il rango di Parco Nazionale.
  • 21. Nome Non è noto da dove provenga il nome Kilimanjaro, ma esistono varie teorie. Gli esploratori europei adottarono questo nome nel 1860, affermando che questo era il nome della montagna in lingua swahili, supponendo che Kilimanjaro si potesse scomporre in Kilima (Swahili per "collina", "piccola montagna") e Njaro che, per alcune teorie, è un'antica parola Swahili per bianco o splendente.
  • 22. Nel 1880 la montagna, chiamata Kilimandscharo in tedesco, divenne una parte dell'Africa Orientale Tedesca dopo che Karl Peters ebbe persuaso i capi locali a firmare i trattati. Nel 1889 il Picco Uhuru sul Kibo fu nominato Kaiser-Wilhelm-Spitze, nome utilizzato nell'Impero tedesco fino alla sua sconfitta nel 1918, quando i territori divennero parte del Tanganika, governato dagli inglesi, e il nome venne abbandonato.
  • 23. Ghiacciaio di Rebmann Situato presso la sommità del monte Kilimanjaro in Tanzania è quel che rimane di un'enorme Cappa di ghiaccio che coprì la sommità del monte. Questa cappa di ghiaccio si è ritirata significativamente nell'ultimo secolo. Fra il 1912 ed il 2000, l'82 percento del ghiaccio della montagna è scomparso.
  • 24. Lo scioglimento del manto nevoso dei ghiacciai del Kilimangiaro, è stato una fra gli esempi più spesso citati dagli ambientalisti negli ultimi anni per mostrare le conseguenze dei cambiamenti climatici. Molto famosa è la scena del documentario "Una scomoda verità" del premio Nobel per la Pace Al Gore che aveva imputato la rapida perdita dei ghiacciai proprio al cambiamento climatico ad opera dell'uomo.
  • 25. I ricercatori dell'Università di Portsmouth (Inghilterra),dopo 4 anni di studi (dal 2004 al 2008) basati su misurazioni ed i successivi 2 anni di revisione, hanno messo in luce le cause più specifiche che potrebbero stare dietro alla diminuzione del ghiacciaio di Rebmann.
  • 26. Fra i fattori di questa diminuzione dei ghiacci, sono emerse alcune sorprese: il riscaldamento globale non sembra infatti essere la causa primaria. Le analisi svolte hanno infatti dimostrato come il disboscamento sempre più pesante alle falde del Kilimangiaro sia la causa dei grandi scombussolamenti climatici anche ad alta quota.
  • 27. il riscaldamento diurno genera un flusso d'aria calda ed umida che risale il pendio della montagna; il ruolo degli alberi, in questo fenomeno è molto importante in quanto sono in grado di fornire maggior vapore acqueo, che viene rilasciato nell'atmosfera attraverso la traspirazione.
  • 28. Il disboscamento alle pendici del monte ha ridotto negli ultimi decenni l'apporto d'aria umida, contribuendo ad una complessiva riduzione delle precipitazioni nevose, le uniche in grado di rimpinguare le riserve di ghiaccio e riflettere le radiazioni luminose.la riduzione di questa fonte preziosa d'umidità, insieme agli altri coefficienti legati ai cambiamenti climatici, comporta peraltro la presenza in alta quota d'aria sempre più rarefatta che sfavorisce i fenomeni nevosi.
  • 29. Inoltre, la sempre minore presenza di alberi sulle pendici a trattenere l'acqua, ha creato grandi zone paludose a valle; Dove prima c'erano giraffe ed elefanti ora sono arrivati i flamingo, una specie di fenicottero tipico delle zone acquitrinose, mai visti in passato da quelle parti.
  • 30. È convinzione degli scienziati dell'United Nations Environment Programme che, entro il 2020, la più alta cima dell'Africa avrà già perso tutta la neve; Per tentare almeno di rallentare lo scioglimento del ghiaccio, da qualche anno, sulle vette del Kilimangiaro, giganteschi teli di plastica impermeabili, sono stati poggiati sul ghiaccio per proteggerlo dal sole.
  • 31. L' idea l'ha avuta Euan Nisbet che aveva però precisato: «La protezione di plastica isolante non risolverà il problema, la neve - anche se più lentamente - continuerà a sciogliersi». I teli Servono solo in attesa di un efficace progetto di riforestazione delle pendici.
  • 32. Il Parco Il parco nazionale del Kilimanjaro è uno dei principali parchi della Tanzania, Con una superficie di 756 km². Nel 1910 fu dichiarato riserva naturale dal governo coloniale tedesco. Nel 1921 divenne riserva forestale. Nel 1973 l'area sopra la linea degli alberi (2.700 m) fu riclassificata come Parco nazionale e fu aperta al pubblico accesso nel 1977. Il parco fu dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO
  • 33. Il Parco si trova nella parte nordorientale della Tanzania al confine con il Kenya, nella zona equatoriale africana. L'ingresso principale si trova a 1.870 m di altitudine. I quasi 6000 metri d'altezza del Kilimangiaro spiegano perché partendo dalla zona circostante e andando verso il cratere si incontrino via via tutte le zone climatiche e le fasce di vegetazione della Terra.
  • 34. Flora La vegetazione del parco può essere suddivisa in quattro zone: la zona della foresta pluviale (da 1.800 m a 2.700 m), ricca di rigogliosa vegetazione dominata dagli alberi ad alto fusto; la zona della brughiera (da 2.700 m a 4.000 m), abitata prevalentemente da specie arbustifere;
  • 35. la zona del deserto d'alta quota (da 4.000 m a 5.000 m), desertica e desolata; la zona sommitale (da 5.000 m a 5.895 m), spesso coperta dalle nevi e soggetta a condizioni climatiche estreme.
  • 36. Zona della foresta pluviale Questa è certamente la fascia più ricca di specie vegetali, dominata da alberi ad alto fusto dalle chiome rigoglioAccanto ai quali crescono anche alberi di dimensioni più ridotte mentre tra si incontrano specie erbacee caratteristiche come le orchidee. Nel versante nord e ovest la foresta riceve meno piogge e qui si incontrano specie differenti: alti e contorti esemplari di ginepro (Juniperus procera), e due specie di olivo. A quote più elevate gli alberi si diradano. Si osservano esemplari isolati di varie specie tra cui i grandi alberi della canfora africana che possono raggiungere i 40 metri d'altezza.
  • 37. Zona della brughiera Nella totale assenza di alberi la zona della brughiera è popolata da fitti cuscini di Erica arborea. Le piante più singolari di questa zona sono comunque il senecio gigante (Dendrosenecio kilimanjari), caratteristica pianta dal lungo tronco che regge una ampia e carnosa rosetta fogliare, e la Lobelia deckenii, una specie della famiglia delle Campanulacee che cresce fino ad 3 metri di altezza, con grandi spighe verticali claviformi. Completano il paesaggio numerose altre specie meno appariscenti ma che offrono una varietà di sfumature cromatiche.
  • 38. Zona del deserto d'alta quota La vita vegetale in questa zona è limitata ad alcune specie erbacee dalla sviluppata capacità di adattamento a condizioni ambientali poco favorevoli come ad esempio muschi e licheni.
  • 39. Zona sommitale A causa delle condizioni climatiche estreme di questa zona (basse temperature, radiazioni solari molto intense, ossigeno rarefatto) sono poche le specie vegetali che riescono a sopravvivere. Tra di esse si possono annoverare l'erbacea Helichrysum newii e i licheni della specie Xanthoria elegans.
  • 40. Fauna Il parco è ricchissimo di specie animali: sono state censite oltre 140 specie di mammiferi incluse 7 specie di primati.
  • 41. Nella zona delle falde, nonostante il crescente sfruttamento agricolo abbia modificato il territorio, sopravvive una popolazione di qualche centinaia di elefanti (Loxodonta africana) e non è raro incontrare anche qualche esemplare di bufalo nero (Syncerus caffer) e di leopardo (Panthera pardus). Il rinoceronte nero (Diceros bicornis), una volta presente in questa area, è adesso estinto.
  • 42. Tra i mammiferi che popolano la foresta pluviale vanno menzionate differenti specie di primati: il babbuino (Papio cynocephalus), il cercopiteco (Cercopithecus mitis), il colobo orsino (Colobus polykomos), la guereza (Colobus guereza) ed alcune specie di Galago. Al di sopra della linea degli alberi le specie di mammiferi più significative sono l' antilope , numerose specie di roditori e di insettivori.
  • 43. Sono state censite circa 180 specie di uccelli, la maggior parte delle quali abitano la zona di foresta pluviale. Meritano infine una menzione una rara specie di farfalla, la Papilio sjoestedti, nota anche come Kilimanjaro swallowtail, che vive anche a Ngorongoro e sul Monte Meru, e una sua sottospecie di colore nero, la Papilio sjoestedti ssp. atavus, che si trova solo sul Kilimanjaro.