2. Situato nella Tanzania nord-
occidentale, quasi al confine con il
Kenya e a soli 330 km a sud
dell'equatore, il Kilimangiaro è il più
alto massiccio vulcanico inattivo del
continente africano, nonché una
delle più alte vette del mondo (5.895
metri.); si trova all’interno di un Parco
Nazionale che prende il suo nome ed
è costituito da tre vulcani:
3.
Kibo, ovvero il cratere centrale, più
alto rispetto agli altri perchè di
recente formazione mostra ancora
segni di attività con numerose e
suggestive fumarole;
4.
Mawenzi con i suoi 5.149 metri di
altitudine, è separato dal Kibo da
una tundra pianeggiante di circa
3.000 ettari chiamata “la Sella” o "la
Sella del Vento". Questa zona
rappresenta la maggiore area di
tundra d' altura del continente
africano ed è proprio qui che nel
tardo pomeriggio si possono
osservare spettacolari formazioni
nuvolose.
5.
Shira è il cratere più antico e quindi
dal profilo più dolce (per questo
viene anche nominato Shira
Plateau), è situato ad Ovest del
Kibo ed ha un'altitudine di 3.962
metri.
6. Una delle particolarità del
Kilimangiaro è quella di non far
parte di alcuna catena montuosa,
ma di essere un singolo vulcano
che sorge nel bel mezzo del
paesaggio africano; la sua sommità
è ricoperta da un ghiacciaio
perenne, il Ghiacciaio di Rebmann.
7. Stratovulcani
gli stratovulcani sono un tipo di vulcano,
che può presentare:
un magma acido denso e viscoso (con
alto contenuto di silice), che
caratterizza eruzioni di tipo esplosivo
con materiali piroclastici;
un magma basico (con ridotto contenuto
in silice) meno viscoso, che invece
caratterizza eruzioni di tipo effusivo
(con fuoriuscita principalmente di lava),
potenzialmente meno pericolose;
8. l'alternanza di eruzioni effusive ed
esplosive è in proporzioni molto
variabili e dipende da vulcano a
vulcano. Talora nel corso della
stessa eruzione è possibile che si
passi da una modalità eruttiva
all'altra.
9. Gli stratovulcani sono formati
dall'accumulo delle proprie colate
laviche e prodotti piroclastici.
Presentano generalmente una forma
conica piuttosto regolarecon pendii
piuttosto ripidi (fino a 45°). Gli
stratovulcani sono pertanto vulcani
centrali, anche se sono
comunemente presenti diversi centri
eruttivi lungo i fianchi dell'edificio,
spesso allineati lungo zone di frattura.
10. Le Eruzioni di tali vulcani possono
essere molto dispotiche dal momento
che il magma tende ad ostruire il
camino vulcanico creando un “tappo”;
soltanto quando le pressioni interne
sono adeguati a superare
l'ostruzione, a volte passano migliaia
di anni, l'eruzione riprende , ma nei
casi estremi ci può essere
un'esplosione che può giungere ad
annientare l'intero vulcano .
11. Storia
Circa un milione di anni fa, nella
dolce e ondulata pianura
dell'Africa orientale si aprirono
una serie di spaccature
attraverso le quali fuoriuscì il
magma. La pianura perse così
una parte del suo appoggio e
sprofondò dando origine a una
grande depressione.
12. 750.000 anni fa una nuova
colata di lava portò alla nascita
di un grande sistema
vulcanico, il Kilimangiaro,
formato da tre crateri
principali.
13. Per lungo tempo i crateri
crebbero in modo costante,
seppure lentamente,
raggiungendo un'altitudine
approssimativa di 5000 metri,
fino a quando lo Shira collassò
- mezzo milione di anni fa -
sprofondando in una vasta
caldera che restò inattiva e
venne inondata dalla lava degli
altri due coni vulcanici.
14. Il Mawenzi fu il secondo a
spegnersi, dopo una grande
esplosione che ne distrusse il
margine orientale, dando luogo
a una profonda gola.
15. Il Kibo invece si mantenne
attivo molto più a lungo, fino a
quando, circa 100 000 anni fa,
le sue emissioni magmatiche
investirono il già eroso cratere
dello Shira, aprirono l'attuale
precipizio del Kibo,
circondarono il Mawenzi e si
dispersero a grande distanza
nella pianura.
16. Da allora malgrado una limitata
attività, l'agente che
maggiormente ha influito sul
modellamento del paesaggio è
stato quello erosivo, che ha
ridotto la cima alla quota
attuale conferendole la forma
che oggi conosciamo.
17. Le prime notizie conosciute sul
Kilimangiaro sembrano risalire
al greco Diogene che lo
localizzò con sufficiente
approssimazione.
Il primo uomo bianco che vide le
sue cime innevate,
riportandone notizie attendibili,
fu il missionario Johannes
Rebmann, l'il maggio 1848.
18. la pubblicazione della scoperta
provocò dure critiche, perché
era «impossibile che ci fosse
neve all'Equatore», e quindi ciò
che lui vide come neve si
ritenne fosse frutto di un
riflesso delle rocce o il colore
delle rocce stesse, se non una
semplice illusione ottica.
19. Dopo che le sue parole ebbero
ottenuto un certo credito, non
tardarono i tentativi di scalata:
il barone Von der Decken
arrivò fino a 4300 metri; poco
dopo Charles New raggiunse il
passo tra i picchi Mawenzi e
Kibo a 4420 metri e, infine, nel
1889 Meyer e Putscheler
conquistarono la cima.
20. Il Kilimangiaro e i boschi che lo
circondano furono dichiarati
riserva di caccia dal governo
coloniale tedesco all'inizio del
XX secolo; nel 1921 gli inglesi
li trasformarono in riserva
forestale e, finalmente, nel
1973 una piccola parte
dell'area posta sopra i 2700
metri di quota ottenne il rango
di Parco Nazionale.
21. Nome
Non è noto da dove provenga il nome
Kilimanjaro, ma esistono varie teorie.
Gli esploratori europei adottarono questo
nome nel 1860, affermando che questo
era il nome della montagna in lingua
swahili, supponendo che Kilimanjaro si
potesse scomporre in Kilima (Swahili
per "collina", "piccola montagna") e
Njaro che, per alcune teorie, è un'antica
parola Swahili per bianco o splendente.
22. Nel 1880 la montagna, chiamata
Kilimandscharo in tedesco, divenne
una parte dell'Africa Orientale Tedesca
dopo che Karl Peters ebbe persuaso i
capi locali a firmare i trattati. Nel 1889 il
Picco Uhuru sul Kibo fu nominato
Kaiser-Wilhelm-Spitze, nome utilizzato
nell'Impero tedesco fino alla sua
sconfitta nel 1918, quando i territori
divennero parte del Tanganika,
governato dagli inglesi, e il nome
venne abbandonato.
23. Ghiacciaio di Rebmann
Situato presso la sommità del monte
Kilimanjaro in Tanzania è quel che
rimane di un'enorme Cappa di
ghiaccio che coprì la sommità del
monte. Questa cappa di ghiaccio si
è ritirata significativamente
nell'ultimo secolo.
Fra il 1912 ed il 2000, l'82 percento
del ghiaccio della montagna è
scomparso.
24. Lo scioglimento del manto nevoso dei
ghiacciai del Kilimangiaro, è stato una
fra gli esempi più spesso citati dagli
ambientalisti negli ultimi anni per
mostrare le conseguenze dei
cambiamenti climatici.
Molto famosa è la scena del
documentario "Una scomoda verità"
del premio Nobel per la Pace Al Gore
che aveva imputato la rapida perdita
dei ghiacciai proprio al cambiamento
climatico ad opera dell'uomo.
25. I ricercatori dell'Università di
Portsmouth (Inghilterra),dopo 4 anni
di studi (dal 2004 al 2008) basati su
misurazioni ed i successivi 2 anni di
revisione, hanno messo in luce le
cause più specifiche che potrebbero
stare dietro alla diminuzione del
ghiacciaio di Rebmann.
26. Fra i fattori di questa diminuzione dei
ghiacci, sono emerse alcune
sorprese: il riscaldamento globale
non sembra infatti essere la causa
primaria. Le analisi svolte hanno
infatti dimostrato come il
disboscamento sempre più pesante
alle falde del Kilimangiaro sia la
causa dei grandi scombussolamenti
climatici anche ad alta quota.
27. il riscaldamento diurno genera un flusso
d'aria calda ed umida che risale il
pendio della montagna; il ruolo degli
alberi, in questo fenomeno è molto
importante in quanto sono in grado di
fornire maggior vapore acqueo, che
viene rilasciato nell'atmosfera
attraverso la traspirazione.
28. Il disboscamento alle pendici del monte
ha ridotto negli ultimi decenni l'apporto
d'aria umida, contribuendo ad una
complessiva riduzione delle precipitazioni
nevose, le uniche in grado di rimpinguare
le riserve di ghiaccio e riflettere le
radiazioni luminose.la riduzione di
questa fonte preziosa d'umidità, insieme
agli altri coefficienti legati ai cambiamenti
climatici, comporta peraltro la presenza in
alta quota d'aria sempre più rarefatta che
sfavorisce i fenomeni nevosi.
29. Inoltre, la sempre minore presenza di
alberi sulle pendici a trattenere
l'acqua, ha creato grandi zone
paludose a valle; Dove prima
c'erano giraffe ed elefanti ora sono
arrivati i flamingo, una specie di
fenicottero tipico delle zone
acquitrinose, mai visti in passato da
quelle parti.
30. È convinzione degli scienziati
dell'United Nations Environment
Programme che, entro il 2020, la
più alta cima dell'Africa avrà già
perso tutta la neve; Per tentare
almeno di rallentare lo scioglimento
del ghiaccio, da qualche anno, sulle
vette del Kilimangiaro, giganteschi
teli di plastica impermeabili, sono
stati poggiati sul ghiaccio per
proteggerlo dal sole.
31. L' idea l'ha avuta Euan Nisbet che
aveva però precisato: «La
protezione di plastica isolante non
risolverà il problema, la neve -
anche se più lentamente -
continuerà a sciogliersi». I teli
Servono solo in attesa di un
efficace progetto di riforestazione
delle pendici.
32. Il Parco
Il parco nazionale del Kilimanjaro è uno
dei principali parchi della Tanzania,
Con una superficie di 756 km². Nel
1910 fu dichiarato riserva naturale dal
governo coloniale tedesco. Nel 1921
divenne riserva forestale. Nel 1973
l'area sopra la linea degli alberi (2.700
m) fu riclassificata come Parco
nazionale e fu aperta al pubblico
accesso nel 1977. Il parco fu dichiarato
Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO
33. Il Parco si trova nella parte
nordorientale della Tanzania al confine
con il Kenya, nella zona equatoriale
africana. L'ingresso principale si trova
a 1.870 m di altitudine.
I quasi 6000 metri d'altezza del
Kilimangiaro spiegano perché
partendo dalla zona circostante e
andando verso il cratere si incontrino
via via tutte le zone climatiche e le
fasce di vegetazione della Terra.
34. Flora
La vegetazione del parco può essere
suddivisa in quattro zone:
la zona della foresta pluviale (da
1.800 m a 2.700 m), ricca di rigogliosa
vegetazione dominata dagli alberi ad
alto fusto;
la zona della brughiera (da 2.700 m
a 4.000 m), abitata prevalentemente da
specie arbustifere;
35. la zona del deserto d'alta quota
(da 4.000 m a 5.000 m), desertica e
desolata;
la zona sommitale (da 5.000 m a
5.895 m), spesso coperta dalle nevi
e soggetta a condizioni climatiche
estreme.
36. Zona della foresta pluviale
Questa è certamente la fascia più ricca di specie
vegetali, dominata da alberi ad alto fusto dalle
chiome rigoglioAccanto ai quali crescono anche
alberi di dimensioni più ridotte mentre tra si
incontrano specie erbacee caratteristiche come
le orchidee.
Nel versante nord e ovest la foresta riceve meno
piogge e qui si incontrano specie differenti: alti e
contorti esemplari di ginepro (Juniperus procera),
e due specie di olivo.
A quote più elevate gli alberi si diradano. Si
osservano esemplari isolati di varie specie tra cui i
grandi alberi della canfora africana che possono
raggiungere i 40 metri d'altezza.
37. Zona della brughiera
Nella totale assenza di alberi la zona della
brughiera è popolata da fitti cuscini di Erica
arborea. Le piante più singolari di questa zona
sono comunque il senecio gigante
(Dendrosenecio kilimanjari), caratteristica pianta
dal lungo tronco che regge una ampia e carnosa
rosetta fogliare, e la Lobelia deckenii, una specie
della famiglia delle Campanulacee che cresce fino
ad 3 metri di altezza, con grandi spighe verticali
claviformi.
Completano il paesaggio numerose altre specie
meno appariscenti ma che offrono una varietà di
sfumature cromatiche.
38. Zona del deserto d'alta quota
La vita vegetale in questa zona è limitata ad alcune
specie erbacee dalla sviluppata capacità di
adattamento a condizioni ambientali poco
favorevoli come ad esempio muschi e licheni.
39. Zona sommitale
A causa delle condizioni climatiche estreme di
questa zona (basse temperature, radiazioni solari
molto intense, ossigeno rarefatto) sono poche le
specie vegetali che riescono a sopravvivere.
Tra di esse si possono annoverare l'erbacea
Helichrysum newii e i licheni della specie
Xanthoria elegans.
40. Fauna
Il parco è ricchissimo di specie
animali: sono state censite oltre
140 specie di mammiferi incluse 7
specie di primati.
41. Nella zona delle falde, nonostante il
crescente sfruttamento agricolo abbia
modificato il territorio, sopravvive una
popolazione di qualche centinaia di
elefanti (Loxodonta africana) e non è
raro incontrare anche qualche
esemplare di bufalo nero (Syncerus
caffer) e di leopardo (Panthera pardus).
Il rinoceronte nero (Diceros bicornis),
una volta presente in questa area, è
adesso estinto.
42. Tra i mammiferi che popolano la foresta
pluviale vanno menzionate differenti
specie di primati: il babbuino (Papio
cynocephalus), il cercopiteco
(Cercopithecus mitis), il colobo orsino
(Colobus polykomos), la guereza
(Colobus guereza) ed alcune specie di
Galago. Al di sopra della linea degli
alberi le specie di mammiferi più
significative sono l' antilope , numerose
specie di roditori e di insettivori.
43. Sono state censite circa 180 specie di
uccelli, la maggior parte delle quali
abitano la zona di foresta pluviale.
Meritano infine una menzione una rara
specie di farfalla, la Papilio sjoestedti,
nota anche come Kilimanjaro
swallowtail, che vive anche a
Ngorongoro e sul Monte Meru, e una
sua sottospecie di colore nero, la
Papilio sjoestedti ssp. atavus, che si
trova solo sul Kilimanjaro.