1. La storia oggi
si deve pensare la storia senza fideismo, avendo chiara coscienza
della pericolosità delle strutture di senso, per l’inclinazione a
generare ferrei schemi normativi
si deve essere consapevoli che senza limpidi riferimenti allo
svolgimento storico e senza la capacità di comprenderne il senso si
può tutt'al più conservare l'esistente, non certo promuoverne e
governarne il mutamento.
E’ un tratto costitutivo della nostra cultura e antropologia.
Riguarda il soggetto (individuale e collettivo), il suo costituirsi e
pensarsi come soggetto, il disporre di un’idea della storia come
vicenda coerente, leggibile e, in qualche misura, prevedibile.
giovedì 22 novembre 12
2. La storia oggi
Potere pensare il passato e il futuro come articolazioni di un
continuum logico non è qualcosa di cui si possa fare a meno. Ma
una premessa indispensabile per il costituirsi di un rapporto tra
soggetto e realtà.
Senza una idea della storia come unità di senso - senza una nuova
filosofia della storia - ci si può tutt'al più contrapporre
episodicamente a quanto non si accetta, provocando crisi locali e
ponendo ostacoli contingenti. Ma non si può mettere in moto alcun
processo di trasformazione, nel quale occorre sapere da dove si
viene e dove - e perché - si intende andare: e, soprattutto, chi si
è e che cosa si vuole.
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3. La storia è spesso un racconto finalizzato a legittimare
un ordine gerarchico fra centri di potere o fra ceti, a
spiegare perché chi ha vinto, o chi vince, o chi vincerà
aveva, ha, avrà dalla sua un percorso causale e
temporale con radici lontane e prospettive future.
Delimita le appartenenze, legittima i gruppi di potere e
le scelte politiche, individua nessi di casualità e di
derivazione dell'attualità da ciò che l'ha preceduta,
ritrova o inventa radici e tradizioni al fine di ricostruire
l'identità
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4. Uso pubblico della storia
Espressione coniata nel 1986 da Jünger Habermas che distingueva
tra lavoro scientifico dello storico e il dibattito pubblico sui mezzi
di comunicazione. In seguito la divulgazione storica connessa al
dibattito politico assume un valore tendenzialmente negativo.
Nicola Gallerano (1993) sostenne che l´uso pubblico della storia
non è una pratica da rifiutare pregiudizialmente -> non esiste
opposizione di principio tra divulgazione e attività scientifica
Propone la distinzione:
1. Uso pubblico della storia
2.Abuso politico della storia specialmente per la "storia politica"
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5. Uso pubblico della storia
LA STORIA COINCIDE COL SUO USO PUBBLICO, nel senso che è
sempre RACCONTATA e serve nella misura in cui è ACQUISITA.
Rapporto elettivo costante ma non lineare tra lo storico e il potere.
NESSUNA STRATEGIA POLITICA E' POSSIBILE SENZA UNA BASE
STORICA
Sforzo di CONTROLLO COSTANTE da parte del potere politico nei
confronti della storia e di suo USO ai propri fini:
• Monumenti * Toponomastica
• Cerimonie pubbliche * Finanziamento alla ricerca
• Definizione delle materie di insegnamento e dei programmi
• Chiusura/apertura degli archivi
• Commissioni parlamentari
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9. La storia e il pubblico
Raphael Samuel, The History Workshop Movement
(1966) -> vuole fare uscire la storia dal “ghetto”
accademico e porre lo studio della storia in relazione con
i problemi del presente, la politica e le ideologie
contemporanee. Storici impegnati ad analizzare le
problematiche sociali e politiche e capaci di diffondere le
loro idee e le loro analisi anche presso la gente comune.
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10. A cosa serve la storia?
Roy Rosenzweig e David Thelen, The Presence of the Past:
Popular uses of History in American life, 1998 http://
chnm.gmu.edu/survey/ -> inchiesta su quanto e come gli
Americani capiscono del loro passato. Lo studio della storia
non è cosa confinata nel passato perché quello che conta è
l’uso della storia nel presente (the availability of usable
pasts rather the the pastness of history) -> quale tipo di
mediazione ed autorità professionale gli storici pubblici
devono fornire in rapporto ad un uso pubblico e popolare
della storia da parte della gente comune?
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11. Storia e pubblico
Fare storia significa serve anche a indagare sulle tensioni tra
memorie individuali e collettive (gruppo, famiglia, comunità, città,
nazione) in prospettiva storica
Oggi, con la rete, si costruiscono molteplici luoghi collettivi di
memoria e di ricostruzione di identità. Si creano spazi di identità
comuni per le minoranze che non avrebbero la possibilità di
raggrupparsi [..]. Solo spostandosi nel virtuale, approdando nel
web stesso e nei siti, tali identità marginali, dimenticate,
sorpassate dalla storia, riescono a riprendere vita e consistenza
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