103 cassazione penale, sez. 3, 16 gennaio 2013, n. 2285 - rischi interferenti ed elaborazione del duvri
1. Cassazione Penale, Sez. 3, 16 gennaio 2013, n. 2285 - Rischi
interferenti ed elaborazione del DUVRI
Mercoledì 30 Gennaio 2013 16:40
Cassazione Penale, Sez. 3, 16 gennaio 2013, n. 2285 - Rischi interferenti ed elaborazione del
DUVRI
Rischio da Interferenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENTILE Mario - Presidente
Dott. MULLIRI Guicla I. - Consigliere
Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere
Dott. ANDREAZZA Gastone - rel. Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro M. - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(Omissis), n. a (Omissis);
avverso la sentenza del Tribunale di Roma in data 18/10/2011;
2. udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. IZZO
Gioacchino che ha concluso per il rigetto;
udito l'Avv. (Omissis), che si è riportato ai motivi.
Fatto
1. Con sentenza del 18/10/2011 il Tribunale di Roma ha dichiarato estinto nei confronti di (Omissis)
per intervenuta prescrizione il reato di cui al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 7, comma 2,
e articolo 89, lettera a) per non avere egli assicurato il coordinamento degli interventi di prevenzione
e protezione dai rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte
nell'esecuzione di un'opera presso i lavori della centrale (Omissis).
2. Hanno proposto ricorso per cassazione i difensori dell'imputato lamentando, con un unico motivo,
l'erronea applicazione del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 26 e 90 come modificati dal
Decreto Legislativo n. 106 del 2009 nonchè il travisamento del fatto in rapporto a specifiche prove
documentali acquisite nel corso del giudizio. Premette che committente dei lavori di specie, consistiti
nella manutenzione di un commutatore della (Omissis) Spa affidata alla (Omissis) S.r.l. di cui
l'imputato era responsabile, è stata la predetta (Omissis) e che l'imputato ha, nel corso di detti lavori,
avuto a subire lesioni gravi da parte del responsabile della (Omissis) S.p.a. (Omissis), condannato
infatti, per tale reato, dal Tribunale di Roma con sentenza del 26/05/2011; precisa che in detta
sentenza si è sottolineato che la (Omissis) non ha fornito il piano di sicurezza coordinato, la cui
predisposizione era contemplata dallo stesso contratto di appalto. Ciò posto, censura la
considerazione della sentenza impugnata secondo cui spettava anche a (Omissis), per legge e per
contratto, di redigere il piano di sicurezza coordinato; infatti, a mente del punto 4 di tale contratto,
tale obbligo incombeva sulla sola (Omissis) (di qui deducendosi il travisamento del fatto), mentre, in
virtù di legge, a seguito dell'introduzione del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 26, comma
3, e articolo 90 l'obbligo di predisposizione del D.u.v.r.i. (documento unico di valutazione dei rischi da
interferenze, già piano di coordinamento per la sicurezza) gravava ancora una volta sulla sola
committente e non anche sull'appaltatore; in particolare sottolinea che il Decreto Legislativo n. 81
cit., articolo 55, comma 5, lettera d) prevede la sanzione penale, in caso di omessa predisposizione,
per il "datore di lavoro committente", e richiama in proposito la giurisprudenza in tal senso anche
anteriore alla introduzione della norma.
Diritto
3. Va anzitutto precisato che, in tema di lavori eseguiti a seguito di contratto d'appalto o d'opera, il
Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 7, comma 2, prevedeva che i "datori di lavoro",
genericamente indicati, dovessero cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione
dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto (lettera a) e dovessero
3. diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva (lettera b); sempre l'articolo 7, al
comma 3, prevedeva poi che spettasse al "datore di lavoro" promuovere il coordinamento di cui al
comma 2, lettera b).
Successivamente, con il Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 9, comma 2, si era precisato che
la redazione ovvero l'accettazione e la gestione da parte dei "singoli datori di lavoro" dei piani di
sicurezza e coordinamento secondo quanto definito dall'articolo 12 costituisse "adempimento delle
norme previste ... dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 7, comma 1, lettera b), e comma 2",
in tal modo riferendo anche l'obbligo redazione di detti piani ai datori di lavoro indifferentemente
intesi.
La previsione dell'articolo 7, abrogata dal Decreto Legislativo n. 81 del 2008, è stata, con riferimento
testuale agli "obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione", letteralmente
ripresa dall'articolo 26, comma 2, dello stesso Decreto Legislativo n. 81 che ha riferito gli obblighi di
cooperazione e coordinamento di cui sopra ai "datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori"; lo
stesso Decreto Legislativo da ultimo citato ha poi sanzionato, all'art, 55 comma 5 lettera d), "il datore
di lavoro e il dirigente" per la violazione, tra gli altri, anche dell'articolo 26, comma 2". L'articolo 26,
comma 3, recependo in parte ed ampliando il previgente contenuto del Decreto Legislativo n. 626
del 1994, articolo 7, comma 3, ha invece previsto che sia il "datore di lavoro committente" a dover
"promuovere la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico
documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è
possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze".
Ciò posto, risulta pertanto che, sulla base della normativa introdotta dal Decreto Legislativo n. 81 del
2008, sono oggi configurabili, tra gli altri, in relazione all'aspetto della prevenzione in caso di appalto,
due distinti e non sovrapponibili obblighi, ovvero, da un lato, quello di coordinare gli interventi di
protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, imposto ai "datori di lavoro"
genericamente denominati "ivi compresi i subappaltatori" (obbligo contemplato appunto dall'articolo
26 comma 2 ed autonomamente sanzionato dall'articolo 55, comma 5, lettera d), e, da un altro,
quello di promuovere la cooperazione ed il coordinamento elaborando il documento di valutazione
dei rischi (obbligo contemplato dall'articolo 26, comma 3, parimenti distintamente sanzionato
dall'articolo 55, comma 5, lettera d), imposto testualmente al solo "datore di lavoro committente" e
non anche come, in precedenza, era per effetto del necessario coordinamento tra le già ricordate
previsioni del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 7, comma 2, e del Decreto Legislativo n.
494 del 1996, articolo 9, comma 2, ai datori di lavoro non committenti.
3.1. A ciò consegue, pertanto, che la condotta di omessa elaborazione del documento di valutazione
dei rischi, in precedenza denominato dalla legge quale piano di sicurezza e coordinamento, debba
essere oggi ritenuto un reato proprio del "datore di lavoro committente", senza possibilità di
estensione del medesimo, pena, diversamente, la violazione del principio di tassatività della legge
penale, al datore di lavoro appaltatore.
Va aggiunto che, del resto, lo stesso articolo 26, comma 3 cit., sul punto integrato dal Decreto
Legislativo 3 agosto 2009, n. 106, articolo 16, comma 2, lettera a), ne impone l'adeguamento "in
funzione dell'evoluzione dei lavori, servizi e forniture", sicchè l'unico soggetto in condizione di poter
procedere a tale adeguamento non può che essere il committente. In definitiva, così come la
redazione del "documento di
4. stesso essere delegato a terzi (presupponendo peraltro pur sempre la delega che l'obbligo gravi sul
medesimo datore di lavoro), sicchè estendere un tale obbligo a soggetto terzo, nel caso di specie il
lavoratore autonomo appaltatore, peraltro infortunatosi, snaturerebbe la ratio della norma che vuole
che sia evidentemente il datore di lavoro committente a rendere edotti dei rischi le ditte appaltatrici.
Nè in senso contrario parrebbe potersi valorizzarsi il precedente rappresentato da Sez. 4, n. 43111 del
09/10/2008, Cupidi e altri, Rv. 241369 (menzionata anche nella sentenza impugnata), che, trattando
della redazione del piano operativo di sicurezza e non del D.u.v.r.i., e citando in motivazione, quali
parametri normativi di riferimento, il Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 17 e 18 appare
evidentemente riferirsi agli obblighi generali di ogni datore di lavoro rispetto alla tutela dei propri
lavoratori al di fuori di esigenze di coordinamento derivanti da lavori eseguiti in appalto, non
considerate, infatti, da tali previsioni. Va, in particolare, aggiunto che, se è vero che l'articolo 18
lettera p) prevede, tra gli obblighi del "datore di lavoro", quello dell'elaborazione del "documento di
cui all'articolo 26, comma 3" (ovvero, appunto, il D.u.v.r.i,), il datore di lavoro in oggetto non può
essere se non quello testualmente e specificamente citato dallo stesso articolo 26 comma 3, ovvero il
datore di lavoro "committente". Va anzi sottolineata, ad ulteriore conferma, sotto un profilo
sistematico, del fatto che il richiamo effettuato dalla lettera p) dell'articolo 18 non può considerarsi
come introduttivo di un obbligo anche per i datori di lavoro non committenti, una ulteriore
considerazione. La violazione dell'articolo 18, lettera p), prima parte (ovvero appunto quella
dell'obbligo di redazione del documento di cui all'articolo 26, comma 3) è, a ben vedere, sprovvista di
sanzione, giacchè la lettera e) dell'articolo 55 sanziona unicamente, con l'ammenda da 2.000 a 4.000
Euro, "la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera ... p), seconda parte", ovvero, segnatamente, la
violazione dell'obbligo di consegna tempestiva di copia al rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza. Se quindi il legislatore avesse voluto configurare, per la mancata elaborazione del
documento di cui all'articolo 26, comma 3, un illecito penale per tutti i datori di lavoro "in genere",
avrebbe dovuto evidentemente prevedere una sanzione ad hoc, il non averlo fatto, scegliendo invece
di sanzionare, attraverso il già menzionato articolo 55, comma 5, lettera d), unicamente la sola
specifica violazione dell'articolo 26, comma 3, ossia la violazione di un obbligo posto a carico del solo
"datore di lavoro committente", come recita l'incipit dello stesso comma 3, non può che essere
indicativo della non pertinenza rispetto all'obbligo in oggetto della previsione dell'articolo 18.
Infine, ad ulteriore conforto di quanto sin qui detto, va aggiunto che il Decreto Legislativo n. 81 del
2008, articolo 29, comma 4, prevede che "Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), e
quello di cui all'articolo 26, comma 3, devono essere custoditi presso l'unità produttiva alla quale si
riferisce la valutazione dei rischi". è infatti evidente che se spetta al datore di lavoro "committente",
ossia a colui che ha "la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di
lavoro autonomo" (articolo 26, comma 1), la custodia del D.u.v.r.i., tale obbligo non può che essere la
conseguenza del fatto che è lui stesso che lo elabora, coordinandosi con l'appaltatore ed
assumendosene la paternità, nonchè mettendolo a disposizione degli organi di vigilanza in caso di
accesso ispettivo presso il luogo di lavoro ove si svolge l'attività in appalto.
4. Posto allora quanto sopra, nella specie, all'imputato, quale legale rappresentante della ditta
appaltatrice ..., risulta essere stato contestato il reato, accertato in data 26/02/2007 e previsto dalla
previgente normativa, di cui al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 7, comma 2, e articolo 89,
lettera a) essendosi appunto allo stesso testualmente addebitata la condotta di non avere egli
"assicurato il coordinamento degli interventi di protezione dai rischi cui erano esposti i lavoratori". La
5. interventi di prevenzione e protezione dai rischi (vedi pag. 3 della sentenza: "assunto del P.M. è che
l'odierno imputato non avesse ottemperato all'obbligo normativamente previsto di redigere un piano
di coordinamento degli interventi di prevenzione protezione dai rischi che fosse comune ai vari
soggetti in quei cantieri operanti"), obbligo invece, per quanto appena detto, inesigibile, posto che lo
stesso non poteva non ricadere, quanto meno successivamente all'entrata in vigore del Decreto
Legislativo n. 81 del 2008, ed in forza dell'articolo 2 c.p., se non sulla sola committente, e
concentrando le proprie considerazioni unicamente su tale, fondamentalmente ultroneo, aspetto, ha,
così facendo, mancato di illustrare gli ulteriori elementi, ove sussistenti, dimostrativi del mancato
coordinamento addebitato.
La sentenza andrebbe dunque annullata con rinvio per omessa motivazione, essendo tuttavia la
regressione del giudizio conseguente impedita dalla maturata prescrizione, già rilevata del resto dal
giudice di primo grado; infatti, come costantemente enunciato da questa Corte, in presenza di una
causa di estinzione del reato non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della
sentenza impugnata perchè l'inevitabile rinvio della causa all'esame del giudice di merito dopo la
pronuncia di annullamento è incompatibile con l'obbligo dell'immediata declaratoria di
proscioglimento stabilito dall'articolo 129 c.p.p. (tra le tante, Sez. 4, n. 40799 del 18/09/2008, P.G. in
proc. Merli, Rv. 241474). Nè il ricorrente ha evidenziato, al di là delle esatte puntualizzazioni in ordine
alla insussistenza dello specifico obbligo di redazione del D.u.v.r.i., elementi indicativi della non
sussistenza, sotto il profilo dell'articolo 129 c.p.p., della violazione del più generale obbligo di
assicurazione del coordinamento degli interventi di protezione.
Ne consegue come il ricorso debba essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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