6. “La fotografia come strumento espressivo,
come sintesi di un'emozione, come superficie
piatta sulla quale si traducono i sentimenti.
Specchio della realtà, filtrata dagli occhi dal
cuore e dall'anima: scritta con la luce.
Poesia impalpabile...”
Elena Givone
10. • Come nasce la fotografia?
• Come entra nel panorama dell’arte contemporanea?
• Cosa significa la parola “stile”? Come nasce?
• Cosa significa avere un “concept”?
• Il linguaggio fotografico come nasce?
11. L’obiettivo principale è quello di divertirsi
utilizzando e riscoprendo il nostro amore ed interesse per la
fotografia.
13. “L’arte
oltrepassa i limiti nei quali
il tempo
vorrebbe comprimerla,
e indica il contenuto
del futuro...”
Vasilij Vasil'evič Kandinskij ( Punto, Linea e superficie).
14. "Uno dei compiti principali dell'arte
è sempre stato quello di
creare esigenze
che al momento
non è in grado di soddisfare."
W. Benjamin
15. LINGUAGGIO FOTOGRAFICO
Per la sua natura, la fotografia è strumento o oggetto di studio dell’antropologia e della sociologia visuale, in quanto
rappresentazione iconografica. (letture consigliate per chi non l’avesse mai fatto: “la camera chiara” di Roland Barthes e
“sulla fotografia” di Susan Sontag)
L’ICONA, come la definisce Charles Sanders Peirce, significa rappresentazione attraverso un’immagine.
Secondo Roland Barthes visto che la fotografia è un’immagine, lei possiede un linguaggio CONNOTATIVO ed uno
DENOTATIVO.
IL LINGUAGGIO DENOTATIVO viene rappresentato da tutto quello che si vede nella fotografia, tutto ciò che è
evidente.
IL LINGUAGGIO CONNOTATIVO invece rappresenta le informazioni implicite nella fotografia.
L’inquadratura della foto, il posizionamento della fotocamera, la scelta delle luci, più in alto o più in basso , dando un senso
di superiorità o inferiorità: tutto ciò si tratta di informazioni CONNOTATIVE della fotografia, che generalmente rivelano
il bagaglio sociale e culturale proprio del fotografo e del suo studio.
16. CREARE UN PROPRIO DIZIONARIO
con il quale iniziare a scrivere e a comunicare.
Far si che sia un linguaggio comprensibile vuol dire che devo scrivere con un
linguaggio il più possibile omogeneo
17. Fotografia=φως γραφις
La parola ha origine da due parole greche:
φως [phos] (”luce"),
e γραφις [graphis] (”scrivere”)
Letteralmente quindi fotografia
significa scrivere (grafia) con la luce (fotos) Superfície opaca riflette la luce in forma diffusa
18. Usi della fotografia
La fotografia può essere classificata come tecnologia di confezionamento di
immagini attraendo l’interesse degli scienziati e degli artisti fin dal sua prima
comparsa.
Gli scienziati, usarono le sue capacità per fare registrazioni precise, come ad
esempio Edwards Muybridge nel 1887 nel suo studio della locomozione umana ed
animale.
Gli artisti ugualmente si interessarono a questo aspetto, ed anche tentarono di
esplorarne altri a prescindere dalla rappresentazione fotomeccanica della realtà.
20. Fotografia come arte
L’uomo ha sempre tentato di ritrarre o di fissare i movimenti del mondo, cominciando dai disegni preistorici
degli uomini nelle caverne, passando alla pittura su tela ed alla scultura ,arrivando infine alla fotografia.
In accordo con Roland Barthes, molte persone non considerano la fotografia come arte, a causa del suo essere
facilmente riprodotta, ma la sua vera anima sta nell’interpretare la realtà, non appena viene scattata.
In essa vi sono una serie di simboli organizzati per l’artista e per il fruitore che interpreta a suo piacimento e
completa con più simboli il suo repertorio.
FARE FOTOGRAFIE, NON È SOLO SCHIACCIARE IL BOTTONE.
BISOGNA AVERE SENSIBILITÁ , REGISTRANDO UN MOMENTO UNICO E SINGOLARE.
IL FOTOGRAFO RICREA IL MONDO ESTERNO ATTRAVERSO LA REALITÁ ESTETICA.
In un mondo dominato dalla comunicazione visiva, la fotografia viene ad accrescere il nostro patrimonio, può
essere o non essere arte, tutto dipende dal contesto, dal momento, dalle icone presenti nell’immagine.
Tocca allo spettatore interpretare l’immagine, accrescere con lei il suo repertorio e sentimento.
21. Nella fotografia si incontrano l’assenza , il ricordo, la separazione di ciò che si
ama, delle persone care, gioie dolori....
Per alcune persone fotografare significa imitare o copiare qualcosa che già
esiste, per alcune significa rappresentare la realtà, per altre semplicemente
prolungare quel momento all’infinito.
La fotografia cattura un istante , lo mette in evidenza e non smette di avere
trasformazioni.
Guardando una fotografia è importante valorizzare il salto tra il momento che
l’oggetto fu fotografato ed il presente che si contempla l’immagine, osservare
come la fotografia possa registrare per sempre momenti storici e sociologici.
22. Secondo alucuni sociologi, questi elementi sono:
-il fotografo come agente
-il fotografo, la macchina fotografica e il mondo, ovvero, l’atto fotografico in se, e la
fenomenologia di questo atto;
- la macchina fotografica come mezzo, e la fotografia in se stessa come oggetto;
- la relazione della fotografia con il referente;
- la distribuzione fotografica, quindi la sua riproduzione:
- la ricezione della foto , dal fruitore, quindi l’atto dell’osservarla.
23. È nella ripresa fotografica che una persona ricerca le emozioni, qualcosa che prima non
aveva sentito.
La fotografia è capace di ferire, di commuovere o di animare una persona.
Per ognuno offre un tipo di sentimento.
Nella composizione del significato della foto secondo Barthes vi sono 3 fattori principali:
il fotografo (operatore)
l’oggetto (spectrum)
l’osservatore (spettatore)
24. Il fotogrfafo lancia il suo sguardo su di un argomento, e comincia a fotografare
secondo al suo punto di vista.
L’oggetto , quindi il modello, si modifica di fronte di una lente, simulando cose che
non è.
Nel caso dell’osservatore, lui genera un campo di significati, utilizzando tutto il
suo repertorio e alterando ancora una volta l’immagine.
25. Barthes osserva ancora che la presenza di due elemanti nella fotografia:
ciò che il fotografo vuole trasmettere è chiamato STUDIUM, ossia ciò
che è intenzionale.
Già quando vi è un dettaglio che non fu pre-costruito dall’autore, riceve il nome
di PUNCTUM.
Quest’ultimo genera un altro significato per l’osservatore, che lo filtra e lo mixa
con la sua interpretazione.
27. Riconoscere lo STUDIUM vuol dire scontrarsi ed incontrarsi con le intenzioni del
fotografo, entrare in armonia con esse, approvarle, mettere in discussione i propri filtri :
uno scontro tra produttore e consumatore.
Il PUNTCTUM non sei tu che vai a cercarlo , talvolta, è lui che viene a cercare te, come una
freccia, che viene e ti trafigge.
30. Per mezzo della fotografia si scopre la capacità di avere differenti livelli di emozioni
che stanno nascosti nella memoria.
Si possono anche scoprire nuovi significati in quei momenti che non erano espliciti,
nuovi lati oscuri , o significati più reconditi, nascosti dentro alla realtà e dentro di noi.
31. Noi diventiamo il filtro della realtà, i nostri occhi, il nostro cuore, quindi la
nostra mente, si uniscono, per dare vita ad un’emozione tradotta su di una
superficie piatta.
32. Le immagini apparentemente sono silenziose,
ma sempre provocano
e ti conducono
in una serie di discorsi infiniti
intorno a loro....
34. Arte e Fotografia
La fotografia è presente in tutti gli aspetti della nostra cultura visiva.
Eppure, se proviamo a citare dieci fotografi a caso, è probabile che
abbiano ben poco in comune.
Non molto, infatti, accomuna l’immaginario fotografico del
giornalismo, della moda, del sistema legale, dell’architettura, della
pubblicità, della medicina, della geografia, dell’antropologia,
dell’industria cinematografica, dei fotografi dilettanti e così via.
35. Altrettanto variegate sono le espressioni della fotografia nell’arte, proposte da
autori che coprono un ampio spettro di idoneità artistiche:
- i “fotografi d’arte”
- gli “artisti”
- gli “artisti fotografi”
- gli “artisti che fanno uso della fotografia”
- i “fotografi”.
Non andremo a perderci in pedanti classificazioni, ma bensì ad indagare le molteplici
sensibilità che accompagnano la fotografia nelle sue applicazioni artistiche.
Per riscoprire come costruire un nostro linguaggio, accompagnandolo ad uno “stile”
fotografico e dunque alla realizzazione di un concept.
36. Nel corso degli ultimi trent’anni l’arte è diventata sempre più fotografica.
Perchè affermiamo questo e non che è stata piuttosto la fotografia ad avvicinarsi
all’arte?
Perchè ciò equivarrebbe a postulare la natura unitaria del mezzo mentre in realtà è
l’arte ad essersi appropriata della fotografia secondo modalità e per ragioni diverse,
non certo riconoscendola come mezzo specifico dalle credenziali altrettanto
specifiche.
La fotografia come ben sappiamo nasce in Francia nel 1859.
37. diamo un rapido sguardo al passato per scoprire o ripassare insieme come è nata la
fotografia per arrivare ai giorni nostri, alla tecnologia, al consumo e alla produzione
rapida delle immagini.
Questo tuffo nel passato ci aiuterà a comprendere come far fronte a tutti gli
strumenti che abbiamo a disposizione oggi, a capire quali utilizzare sperimentando il
più possibile, ma soprattutto a non avere mai paure ne certezze.
38. Come nasce la Fotografia?
• Chalon sur Saonne, Francia, estate dell'anno 1826.
Questa è la prima 'fotografia' della storia
dell'umanità. Nicéphore Niepce la ottenne
cospargendo di bitume di giudea una lastra di peltro
per eliografia. Essa ritrae il cortile della sua casa
visto dalla finestra della sua stanza. Il tempo di
esposizione era incredibilmente lungo: 8 ore!
Il risultato della lunga posa è visibile anche dalla
luce del sole che illumina le facciate delle case sia di
sinistra che di destra. Oggi l'immagine è conservata
presso l'Università del Texas ad Austin (USA).
39. • Nel 1835 Daguerre con l’aiuto delle scoperte fatte da Niepce sviluppò una tecnica
utilizzando sali all’alogenuro d’argento su di una lastra di metallo, chiamato :
daguerreotipo.
Daguerre era un impresario teatrale, specializzato nel diorama,
attraverso il quale si mettevano in scena delle proiezioni di immagini
dipinte. Nel gennaio del 1939, le modifiche che Daguerre aveva
apportato alla scoperta di Niepce, ormai defunto, erano mature, e
venne contattato direttamente dallo Stato Francese che proponeva
l’acquisto della scoperta.
Il procedimento venne reso pubblico il 19 agosto 1839, quando, in una
riunione dell'Accademia delle Scienze e dell'Accademia delle Belle
arti, venne presentato nei particolari tecnici all'assemblea e alla folla
radunatesi all'esterno.
Aragò descrisse la storia e la tecnica legata al dagherrotipo, inoltre
presentò una relazione del pittore Paul Delaroche, in cui furono
esaltati i minuziosi dettagli dell'immagine e dove si affermò che gli
artisti e gli incisori non erano minacciati dalla fotografia, anzi potevano
utilizzare il nuovo mezzo per lo studio e l'analisi delle vedute.
40. Alternative nate in contemporanea alla nascita
ufficiale della fotografia:
-William Fox Talbot, si affrettò a rendere pubbliche la sue
scoperte, documentando esperimenti risalenti al 1835.
Si trattava di un foglio di carta immerso in sale da cucina e
nitrato d'argento, asciugato e coperto con piccoli oggetti
come foglie, piume o pizzo, quindi esposto alla luce. Sul
foglio di carta compariva il negativo dell'oggetto che il 28
febbraio 1835 Talbot intuì come trasformare in positivo
utilizzando un secondo foglio in trasparenza.
Utilizzò una forte soluzione di sale o di ioduro di
potassio che rendeva meno sensibili gli elementi d'argento
per rallentare il processo di dissoluzione dell'immagine.
Insomma Talbot aveva inventato il CALOTIPO, o meglio il
nostro amato negativo in bianco e nero, ma ancora non
aveva scoperto il modo di fissarlo.
41. Sir John Herschel,
all'oscuro delle sperimentazioni dei
colleghi, utilizzò i sali d'argento ma, grazie
alle precedenti esperienze con l'iposolfito
di sodio che si accorse sciogliere
l'argento, ottenne un fissaggio migliore
proprio utilizzando questa sostanza. Ne
parlò a Talbot e insieme pubblicarono la
scoperta che venne subito adottata anche Herschel By M. Cameron William Henry Fox Talbot
da Daguerre. La sostanza cambiò in
seguito nome in tiosolfato di sodio, anche
se rimase conosciuta come iposolfito. Ad
Herschel venne attribuita anche
l'introduzione dei termini fotografia,
negativo e positivo.
Louis Daguerre Louis Nicephor Niepce
43. Dalla Pop Art all’Arte Concettuale
Al di fuori della Pop Art, cresceva l’interesse verso la capacità “evidenziale” che la
fotografia aveva accumulato nel corso del secolo precedente, ponendosi al servizio della
scienza, della legge, dell’informazione e di altri settori istituzionali.
Gli artisti negli anni 60 iniziano ad abbracciare appieno la fotografia come mezzo
espressivo, come la sintesi e la rappresentazione perfetta, ma forse più significativo per i
futuri rapporti tra fotografia e arte è invece l’Arte Concettuale, termine coniato a
posteriori per un’arte che vuole mettere al primo posto le idee, l’indagine e le
definizioni .
44. L’Arte Concettuale si traduce in una pratica cerebrale, teorica e politica, volta a
scandagliare la natura della comunicazione, dell’arte e degli artisti ma anche capace
di sbarazzarsi dello stile dell’autore e degli orpelli dell’individualità artistica.
E’ il linguaggio, il mezzo dell’Arte Concettuale, lo strumento con il quale provare a
disfarsi degli oggetti e porre in primo piano le idee.
Come un pensiero ben formato, la sua bellezza deriva dalla chiarezza delle idee.
Così nasce il termine “concept” da concetto.
47. IL CONCEPT
è la base della proposta creativa,
è LA TUA IDEA,
è quel sottile “fil rouge” che tiene legate le nostre foto l’una all’altra.
Ovvero il risultato di tutta la vostra analisi e ricerca, tradotto in valori emozionali.
Attenzione, non è il progetto completo, ma l'idea creativa che sta alla base.
È bene che nel progetto dobbiate descrivere il concept, per fare una premessa a
quello che mostrerete.
È importante scrivere poco, perché le immagini si spiegano da sole, ed è il primo
impatto che conta: se funzionano, non hanno bisogno di spiegazioni.
48. CONSIGLI PRATICI
-Attraverso l’osservazione e l’analisi critica delle proprie fotografie, definire gli obiettivi che si
desiderano raggiungere nel campo fotografico.
-La costruzione di un proprio stile avviene attraverso la costruzione di un linguaggio; una ricerca
individuale sulle nostre esigenze ed emozioni.
-Porsi domande basilari alle quali tenteremo di rispondere tramite l’utilizzo della fotografia.
Domande dove l’intervento della conoscenza tecnica del mezzo fotografico diventa l’ultima
componente fondamentale del processo fotografico.
Individuare delle identità espressive personali che ci permetteranno di decodificare il mondo reale per
mezzo del linguaggio fotografico.
49. Ricapitolando:
per realizzare un progetto fotografico è fondamentale:
-Avere sviluppato un proprio linguaggio fotografico (il che significa avere una
coerenza stilistica nelle immagini che produco)
-Essere consapevoli di ciò che vogliamo dire e come dirlo, dunque intorno a questo
concetto sviluppare il nostro “concept”
-Decidere il mezzo più adeguato a rappresentare le mie esigenze, a trasformare le
mie emozioni su di una superficie piatta.
Dunque pensare a quale fotocamera è più adatta e per quale motivo ( se sceglierò
di fotografare in banco ottico piuttosto che con un’usa e getta dovrò avere le mie
motivazioni che almeno per un’istante, esulino dal piacere dell’utilizzo dello
strumento stesso)
50. Devo sempre essere in grado di giustificare le scelte che faccio,
poichè ogni scelta che faccio verrà considerata una scelta stilistica,
una possibile chiave di lettura per il fruitore.
51. Strumenti fondamentali per la realizzazione di un
progetto:
- l’utilizzo della tecnica per la realizzazione di un progetto artistico è tanto
fondamentale quanto inutile. Dobbiamo conoscere la tecnica perfettamente per
poi poterci sbarazzare di lei. E’ un po’ come andare in bici...
-avere sempre bene in mente come vogliamo fotografare:
-quali ottiche e corpo macchina utilizzare,
-l’utilizzo di un trepiedi (fondamentale per ritratto e paesaggi).
-l’utilizzo di eventuali pannelli illuminati o luci esterne .
52. Questi gli strumenti per me fondamentali quando parto per un viaggio, dove ancora
non so bene cosa e come svilupperò il mio progetto ma so sicuramente quali
strumenti utilizzerò per scrivere e con quale linguaggio.
53. La borsa: quanto più distante è il viaggio tanto più attrezzatura mi porto.
54. scelta dell’attrezzatura
Partiamo dal presupposto che ognuno deve scegliere il mezzo fotografico che più gli si confaccia,
il mezzo è lo strumento che tradurrà le nostre emozioni su di una superficie piatta.
Dunque è fondamentale avere bene chiaro quale mezzo utilizzare.
La possibilità di realizzare immagini discrete oggi ci viene fornita da tutte le tipologie di strumenti
in nostro possesso.
La possibilità di realizzare delle fotografie eccellenti ci viene fornita dal nostro background
culturale e dal nostro criterio progettuale.
55. La mia attrezzatura:
-fotocamera reflex digitale
-fotocamera compatta digitale
-fotocamera di tipo polaroid
-fotocamera a pellicola (nel mio caso di grande formato, poichè è il mezzo
con il quale ho sempre fotografato prima di passare al digitale, poichè mi
permette di filtrare la realtà in modo equidistante e mi permette di
selezionare in modo pragmatico ancora prima di scattare)
-cavalletto
-reflector
-luce a led
-quaderno
-computer portatile
-scotch di carta
69. a Sarajevo nel 2006, quando ancora ero una studente.
Decido di fotografare gli adolescenti, perchè mi incuriosiscono,
e perchè dovendo parlare delle mine antiuomo realizzo che sono loro
per me i migliori rappresentanti di questa problematica.
Coloro che nascono durante e subito dopo una guerra che semina terrore
e mine antiuomo , e loro che ne vivono tutte le conseguenze più prossime.
Crescere in questi luoghi minati.
70. il concept in questo caso sono le mine antiuomo, e tutte le conseguenze che ne
derivano: dunque crescere in questi luoghi.
Decido di ritrarre questa generazione ambientata nei suoi spazi, e di alternarli a
paesaggi minati ed ai contenitori nei quali erano costretti a crescere anzichè poter
usufruire degli spazi verdi.
Tentando di sintetizzare le mie emozioni, ed il senso di precarietà, fragilità e
frustrazione che vivevo in quei luoghi.
76. successivamente a questo progetto, decido che la mia ricerca doveva dunque
incentrarsi sugli adolescenti, su quella fase della vita quando la nostra identità si
forma.
Dunque la preadolescenza, il passaggio dall’essere bambini all’essere adolescenti.
Il concept si trasforma e prende un respiro più ampio, dalle mine anituomo
all’identità.
Se notate il tutto è strettamente legato.
82. decido dunque di mixare più media, per raccontare più emozioni diverse, un po’
come in quella fase della nostra vita, come quando si passa dal giorno alla notte
molto rapidamente, dall’essere felici all’essere tristi, dal ridere al piangere.
dunque ogni media serviva per filtrare emozioni diverse in modo diverso.
Alcune foto erano fatte da me, e quelle in polaroid dai soggetti che fotografavo,
che mi raccontavano emozioni legate ai luoghi...
83. insomma una vera e propria indagine, sociale, emozionale da sintetizzare in
immagini.
84. decido dunque di andare oltre, di capire come rendere più movimentate le mie
immagini unendo un forte spirito documentaristico ad uno fortemente concettuale.
85. Passeggiando per le strade di Madrid, mi rendo conto che la gente soffre, che corre
veloce e che non ha quasi più sogni...
se non quello di passeggiare anzichè passare tutto il tempo sottoterra in
metropolitana per spostarsi da un lato all’altro della città.
88. decido di percorrere la linea della metropolitana più lunga che c’è a Madrid e ad
ogni fermata chiedere alle persone di sostare sulla griglia di sfogo dell’aria della
metro, ed immaginare di avere un tappeto volante, di liberare le ali della fantasia, e
per una volta immaginare che sia il tappeto a trasportarli.
Differenti le reazioni.
Ma ancora non sapevo cosa sarebbe successo neanche 6 mesi dopo.
95. voglio fare qualcosa di diverso ma ancora non so bene cosa, voglio poter aiutare
quei bambini che vivono nelle favelas, ma semplicemente fotografando la loro
situazione o le loro case non aggiunge nulla ne a loro, ne a me e ne a chi vedrà le
foto
96. parlando con il mio curatore mi ricordo del tappeto volante iniziato a Madrid e lo
pensiamo come concept per un altro lavoro commissionato (che poi sfumò)...
97. decido di comprare un tappeto volante , mi invento una storia che piaccia ai bambini
e volo in favelas
99. “C’erano una volta un mago ed un bambino molto povero.
Quando il mago incontrò il bambino, gli svelò un segreto:
solo credendo fortemente nei propri sogni, avrebbe avuto la possibilità di
realizzarli.
Gli parlò di luoghi incantati e meravigliosi poco lontano da lì, di mestieri
sconosciuti e di possibilità infinite che lui avrebbe potuto provare solo se fosse
riuscito a immaginarle.
Con sé portava un tappeto.
Un tappeto magico sul quale già diverse persone avevano volato.
Bastavano un pizzico di fantasia e tanti sogni.
Chiudendo forte gli occhi e sognando, la sua mente si sarebbe liberata per un
attimo e lo avrebbe aiutato a volare dove lui desiderasse.
Raccontò il mago.
Il bambino chiuse gli occhi ed iniziò a sognare, e a volare per la prima volta”.
100. Questa era la storia che raccontavo ai bambini che andavo a trovare nelle favelas
di Palhoça, a Florianopolis nel sud del Brasile nello stato di Santa Catarina.
Volevo sapere dove sarebbero andati se avessero potuto volare via, dove li
avrebbero portati le ali della loro fantasia, che mondo sarebbero riusciti a vedere
immaginando di guardarlo dall’alto.
Purtroppo, una gran parte di loro non è stata capace di immaginare nulla.
103. il concept qui è il riuscire a regalare a questi bambini un sogno e a condividerlo con
il fruitore.
Dunque sognare di volare su di un tappeto volante...
105. e grazie al mio curatore, raggiungo una ONG che lavora a Salvador de Bahia
che mi permette di entrare nei carceri minorili e di realizzare il mio progetto.
106. qui, sento che il mio progetto sta prendendo dunque la forma giusta,
la privazione della libertà rende flying away un progetto completo.
Un sogno, quello di volare, di andare ovunque, di utilizzare la nostra mente
per poter realizzare questo sogno.
Vari i risvolti emotivi e psicologici.
Veri i sogni dei ragazzi, che mi raccontavano e scrivevano sul mio taccuino, dopo
essersi autoscattati una foto.
111. dunque capiamo quanto lungo possa essere un processo creativo e quanti anni ci
possano andare per scoprire che senso hanno le foto che facciamo.
L’importante è avere un linguaggio e qualcosa da dire.
Chiamatelo concept chiamatela idea, chiamatela come vi pare.
Ma oggi non è solo più sufficiente scattare delle buone foto, è necessario dire
qualcosa con esse.
112. vi allego due ricette fondamentali per lavorare meglio,
essere creativi produttivi e vivere anche meglio.
113. COME LAVORARE MEGLIO:
1- fai una cosa per volta
2- conosci il problema
3- impara ad ascoltare
4- impara a fare domande
5- distingui il senso dall’insensato
6- accetta i cambi come inevitabili
7- ammetti gli errori
8- dillo in forma semplice
9- stai calmo
10- sorridi!
114. RICETTA PER UNA LUNGA E
MIGLIORE VITA
1- Non abituarsi mai a nulla
2- tieni vivo il bambino che c’è in te
3- mantieni la tua curiosità viva
4- fidati del tu intuito
5- rendi le cose semplici
6- di “SI” con passione
7- innamorati follemente del mondo
8- ricordati : OGGI è il GIORNO GIUSTO!
115. e poi non dimenticate di divertirvi, di non pensare mai che la fotografia come arte
possa essere un lavoro, ma è un sogno!
realizzate immagini che vi emozionano, sicuramente emozioneranno anche chi le
vedrà!
116. ...se credi in te stesso, gli altri ti seguiranno...
(proverbio cinese)