Slide presentate al VII Summit italiano di architettura dell'informazione di Bologna il 16 novembre 2013
http://www.architecta.it/iasummit2013/digitale-e-reale/
1. VII Summit Italiano di Architettura dell’Informazione / Bologna 15 –16 novembre 2013
Iperlocalità
La rete come sistema operativo
per il territorio
Sergio Maistrello
50. + possono dare forma alle proprie narrazioni
cittadini/associazioni/aziende
- ne sono ancora poco consapevoli
SERGIO MAISTRELLO, 2013
51.
52.
53.
54.
55.
56.
57. + operano in sinergia con il filtro distribuito
giornalisti
cittadini/associazioni/aziende
- non hanno più delega esclusiva a informare
SERGIO MAISTRELLO, 2013
64. + sono garanti dei nuovi processi civici
istituzioni
cittadini/associazioni/aziende
- si giocano legittimazione e rappresentanza
SERGIO MAISTRELLO, 2013
Ho preso la residenza dentro la rete per la prima volta nel 1996, al 6272 di SouthBeach, dentro Geocities. Geocities era un servizio che permetteva di aprire pagine Web amatoriali, uno dei primi dedicati a quanti entravano nel Web con la velleità di costruire un ambiente in cui tutti erano nello stesso tempo autori e fruitori di contenuti. A metà degli anni ’90, Geocities era diviso in città e in vicinati: il mio aveva la fama di un luogo dove ritrovarsi e chiacchierare senza impegno, ma c’erano quartieri per gli hobby e gli interessi più in voga: dalla politica (Capitol Hill) alle scienze (Cape Canaveral), dalla musica classica (Vienna) agli stili di vita alternativi (West Hollywood), dalle collezioni di fumetti giapponesi (Tokio) agli sport estremi (Pipeline), e perfino un parco giochi riservato ai bambini (Enchanted Forest).
Geocities riproduceva sull’allora giovanissimo World Wide Web alcune metafore di tipo geografico e sociale legate alla vita reale. Oggi potremmo definirle ingenue, se non tenessimo conto del fatto che dieci anni fa Internet era un ambiente nuovo e poco conosciuto, quanto meno al di fuori dei circoli accademici e scientifici. L’analogia con la realtà era un primo, efficace strumento per esplorarlo: ogni quartiere era composto da una strada che collegava tra loro le costruzioni, a ciascuna delle quali corrispondeva la pagina personale di un iscritto identificata da un numero civico progressivo. Le villette di Geocities erano punti di presenza dei pionieri della Rete e il primo tentativo, necessariamente immaturo, di mettere in connessione i contenuti di tutti attraverso contesti arbitrari e tuttavia intuitivi.
Stiamo parlando di qualche decina di milioni di precoci esploratori. Siamo ai piedi di una scalata che oggi vede un po’ meno della metà della popolazione umana interconnessa in rete
Per chi usava la rete in quegli anni - soprattutto per coloro che si connettevano a al di fuori dagli Stati Uniti, dove la densità era notevolmente maggiore - era il ritrovarsi in uno spazio altro
Uno spazio altro costituito dai primi siti, accuratamente catalogati da Yahoo! dentro un albero dei contenuti diventato nel giro di pochi anni ingestibile
O Nei newsgroup di Usenet, una delle prima forme autoctone di comunità in rete
Virtuale era la parola che usavamo più spesso per definire questo spazio altro
A questo mondo virtuale cercavamo di dare una forma. La ricerca di analogie geografiche contagiava anche i primi portali - ricordate i portali? Il più poderoso fallimento dell’uomo nella strada verso la comprensione del funzionamento di Internet. Questo sito, Planet Oasis, rappresentava la rete come una metropoli e abbinava a ciascun grattacielo il link a un importante fornitore di informazioni.
Le nostre acerbe attività in rete davano vita nuove ipotetiche cartografie. L’uomo interconnesso dava forma a continenti ed navigava oceani in funzione dei propri interessi e delle vicende sociali che costruiva intorno a sé.
Senonché, un po’ per volta, il numero di persone è aumentato esponenzialmente e il livello di dettaglio è aumentato di conseguenza
Un po’ per volta i nostri vicini sono arrivati in rete e oggi possiamo cominciare a costruire reti di relazioni
anche in una dimensione non soltanto locale (la città), ma iperlocale (il quartiere, la via, il condominio). Il punto non è – a scanso di equivoci – sostituire i rapporti personali con quelli mediati dal computer, ma portare i processi virtuosi di internet anche nel nostro condominio
Con quali effetti? Il più evidente è che stiamo rappresentando con cura inedita la complessità delle nostre vite e delle nostre comunità. La realtà è sempre più complessa e i mezzi di comunicazione, di governo e di produzione tradizionali (di massa) per loro costituzione non sono altrettanto scalabili
Oggi abbiamo a disposizione una mappa sempre più accurata, quasi in scala 1:1
La nostra comunità è per definizione una rete sociale. Facciamo parte di diversi gruppi sociali in funzione delle nostre specializzazioni e dei nostri interessi, entriamo in relazione con altre persone, la nostra vita è perfettamente rappresentata dal grafo sociale
E allora uno strumento reticolare come internet, che lavora sull’espressione delle persone e delle specializzazioni di ciascuno, non può che aderirvi in modo naturale
La rete è dunque il naturale sistema operativo della civiltà contemporanea.
Non però un sistema operativo, come si potrebbe pensare, per la pubblicazione di contenuti. Se ieri il valore consisteva nei contenuti, nella possibilità di pubblicare contenuti, oggi invece il valore sta…
…nelle relazioni. Il contenuto e la possibilità di pubblicare sono per così dire un dato acquisito, ciò che fa la differenza è la capacità di mettere in relazione tra loro persone e contenuti.
E dunque che cosa sta succedendo?
Succede che tutti fanno tutto.
Ognuno ha accesso a strumenti di espressione, che sono semplici, economici e diffusi.
Condividiamo il nostro punto di vista sul mondo, le nostre esperienze, le nostre competenze
E quando dico tutti non mi riferisco più a un soggetto aggregato, il pubblico dei mass media, ma a individui. Ognuno produce contenuti, costruisce relazioni, condivide esperienze in modo individuale, personale.
Individui, ma strettamente interconnessi tra di loro. Tutti interagiscono potenzialmente con tutti
Capite che questo cambia la geografia della società. Passiamo da una società disegnata in funzione delle deleghe necessarie e delle mediazioni imprescindibili a una società dove ciascuno interagisce direttamente con ogni altro nodo, e dove ogni contenuto entra in relazione con ogni altro contenuto (o, più probabilmente per ora a innesti ibridi tra ibridi)
Se salta la gerarchia, saltano anche i filtri. Oggi tutto è potenzialmente disponibile subito e ovunque, soltanto per il fatto che qualcuno, da qualche parte, ha ritenuto opportuno che così fosse
Il filtro in realtà c’è ed è distribuito. Le nostre scelte, ogni volta che interagiamo con un contenuto, lo commentiamo, lo rilanciamo, facciamo like sui social network, a livello aggregato formano un filtro umano e collettivo che distilla segnali dal caos apparente della rete
Che cosa filtriamo? Con che cosa entriamo in relazione? Non con siti, ma con atomi di informazione. Dicevamo della riduzione dei processi a una dimensione individuale. La rete riduce in realtà ogni processo della comunicazione a una dimensione atomica. Vale per le persone, ma vale anche per i contenuti: non il sito ma la singola unità di contenuto, non il giornale ma la notizia, non il blog ma il post, non il social network ma il singolo messaggio di stato
Dalla costruzione di senso alla frammentazione del senso: il senso diventa sempre più funzione di esigenze, percorsi e ricombinazioni personali, soggettivi
Cambia completamente il modo in cui la società racconta sé stessa, il modo in cui si percepisce, cambia la logica operativa, cambiano i sistemi di sintesi del senso e di distillazione del valore. Stiamo ridisegnando la forma della società così hanno fatto in precedenza i sistemi di comunicazione di massa o l’industrializzazione. La differenza è che questa volta i protagonisti sono ci sono miliardi di persone, piccoli azionisti di minoranza di questo cambiamento
Come cambia la narrazione? Non è più necessariamente quella di stampo giornalistico/editoriale, basata sulle variazioni sulla banalità che diventano notizia. La notiziabilità si sposta nel campo del soggettivo, dipende da ciò che mi interessa in un certo momento. Se sono in un negozio mi è utile conoscere la provenienza e la storia di un prodotto. Se aspetto l’autobus mi è utile conoscere ogni aggiornamento in tempo reale. Se sto scegliendo un corso di yoga mi è utile avere a portata di mano tutte le proposte disponibili e la loro varietà.
Il valore si sposta sempre più sulla rappresentazione del banale, dell’ordinario. Lo scarto sostanziale del nostro tempo sta nel far parlare gli oggetti e le azioni che non fanno notizia oppure la fanno in luoghi e circostanze imprevedibili, distanti dai circuiti organizzati
È quello che in altri contesti chiamiamo storytelling, anche se personalmente rifuggo quel retrogusto di confezione, di palcoscenico, di artificialità a cui spesso il termine è abbinato. È una pratica perfino più semplice, più elementare, ma soprattutto più artigianale
In un ecosistema formato da individui che manipolano unità di contenuto accelerati da relazioni senza limiti di tempo né spazio, noi alteriamo anche il rapporto dei nostri contenuti con il tempo e lo spazio. Non pubblichiamo più soltanto una notizia di oggi, che ha un significato in funzione di un contesto più o meno implicito. Noi produciamo contenuti che, persistendo nella memoria persistente della rete, producono effetti differenti in tempi diversi e in prospettive differenti, spesso al di là o al di fuori dal controllo di chi li ha prodotti originariamente
Concentriamoci ora sul tema, la rete come sistema operativo del territorio
Ovvero quella che chiamiamo
Il dato di partenza è che oggi anche in una città di dimensioni contenute abbiamo raggiunto una massa critica di persone interconnesse
Se fino a una manciata di anni fa le fonti di informazione per un territorio erano quasi esclusivamente i suoi giornali locali, oggi il numero delle fonti e dei flussi informativi sta crescendo esponenzialmente grazie a tutti i luoghi della rete in cui le persone pubblicano contenuti e condividono frammenti di conoscenza
E non soltanto persone. Possiamo conoscere in tempo reale – queste immagini si riferiscono a strumenti esistenti nella mia città, come immagino in molte altre città - le rilevazioni meteo, il livello del fiume, i dati sulla qualità dell’aria, lo stato della circolazione stradale e ferroviaria.
Ma anche la disponibilità di posti liberi nei parcheggi, la densità del traffico locale
Migliaia di sensori producono informazioni in continuazione e ci aiutano a leggere in profondità il nostro territorio. Questa è una collezione di indicatori in tempo reale su Londra, per esempio (la trovate su http://citydashboard.org/london/). È la base di ciò che chiamiamo smart city, anche se tendiamo a confondere la conoscenza con i sensori che producono conoscenza.
Il territorio già parla, e parla tanto. La mappa è un’ottima metafora per l’accesso alle informazioni, soprattutto quando ci riferiamo a una porzione contenuta di territorio. Questo in particolare è un’immagine presa da Geofeedia, un servizio (ora solo a pagamento) che consente di selezionare porzioni di mappa e visualizzare tutti i contenuti social che vi sono georeferenziati.
O al bel progetto, peraltro proprio bolognese, dei Percorsi emotivi
Via Sante Vincenzi, 49/51 40138 Bologna
Che aspettano soltanto di entrare in relazioni con altri
al di fuori dei contenitori tradizionali, dei siti che li hanno rilanciati
Al di fuori dei contenitori tradizionali, dei siti che li hanno rilanciati. Le piattaforme di gestione dei contenuti più mature sono piattaforme di lancio: immettono l’atomo di senso nell’ecosistema dei contenuti, ne sostengono la vita, accolgono le relazioni e lo archiviano in modo sistematico. Non lo trattengono, ne favoriscono la circolazione.
Cambiano gli strumenti, cambia la narrazione, cambia la forma della società. Cambiano evidentemente anche i ruoli. Chi lo capisce prima e si organizza di conseguenza (come sistema) ottiene un importante vantaggio competitivo. Questa è una sfida al territorio e ai suoi attori principali. Che per semplicità ho diviso in tre macrocategorie: cittadini/settore privato, giornalisti e istituzioni
Non devono più aspettare un microfono per esprimersi, elemosinare trafiletti sul giornale. Hanno qualcosa da dire o da comunicare? Con un investimento nullo e qualche decina di minuti lo possono dire al mondo.
Sono ancora schiavi degli istinti legati alla produzione e all’informazione di massa.
“non serve appartenete a una grossa organizzazione per compiere una grande azione” De Biase
29 milioni di persone connesse, 24 milioni su Facebook, 17 milioni ogni giorno
Ma pensate anche a
Sulla mappa si costruiscono Inchieste partecipate, come accade
Profilati di alluminio - Paolo
Addetti professionali alla circolazione dell’informazione
Alla ricerca di nuovi punti di equiibrio tra due estremi
Le istituzioni sono chiamate a uno sforzo titanico di credibilità e supporto civico, a garanzia dei processi in evoluzione.
Pensate a quante informazioni vanno sprecate al volgere di ogni amministrazione
Punto di partenza
Ipotetico e ideale punto di arrivo
Non annulla le differenze di ruolo e di responsabilità, ma le sposta all’interno di un ecosistema reticolare che eleva i nodi essenziali, quelli che per funzione o capacità meglio servono la circolazione dell’informazione e la costruzione di relazioni, al rango di hub. Come in una mappa delle rotte aeree: tutti gli aeroporti sono nodi della stessa rete, ma Trieste, Bologna e Roma hanno ruoli, importanza e capacità differenti
Che cosa può favorire questo processo?
Non possiamo contare su regole vincolanti imposte dall'alto, dobbiamo agire necessariamente sulle buone pratiche che emergono dal basso. Non c'è più l'arbitro che fischia il rigore, la comunità deve lavorare in modo condiviso sui premi e sulle sanzioni che, agendo sulla reputazione dei singoli nodi, favoriscano il rispetto di alcuni principi condivisi
Principi come l'accuratezza, l'imparzialità, l'indipendenza, la legalità, per ispirarsi al metodo giornalistico, una delle poche cose che a noi giornalisti resta da offrire alla società. O come le indicazioni sul trattamento e l’esplicitazioni delle fonti che stanno alla base del lavoro editoriale di Wikipedia.
Io ultimamente mi sono interessato molto di fact checking
Non il format
Ricostruire i dati di fatto a posteriori è un processo costoso e inefficiente: aveva senso quando il giornalismo, la politica, il mondo erano meno complessi e la narrazione lineare. I tempi sono forse maturi perché il processo s'inverta, redistribuendo più equamente i costi sociali della verifica: non è più soltanto chi legge a dover ricostruire le catene di validazione dei fatti di un testo a valle del processo, ma è soprattutto chi scrive a dover facilitare a monte l'accesso al substrato di riferimenti oggettivi sui quali sono costruite le sue tesi.
Chi vuole che le proprie idee circolino deve renderle facilmente accessibili, conoscibili, confrontabili. Ma soprattutto interconnesse con la «ragnatela percorribile della conoscenza», come direbbe Weinberger, che in anticipo sulla sensibilità collettiva da tempo sostiene come la
trasparenza sia la nuova oggettività. Trasparenza non è rispondere alle domande che vengono poste in modo più o meno legittimo, trasparenze è rispondere prima che venga fatta la domanda
I fatti, il substrato di riferimenti oggettivi che diamo ai nostri contributi, è la colla che tiene insieme i nostri ragionamenti. E noi alla nostra comunità
Questi processi saranno favoriti anche da nuove piattaforme, soprattutto a livello civico. Media civici. La discussione su questi strumenti sta passando un po’ sottotraccia, come se fosse riserva di matematici e sviluppatori, in realtà è un ragionamento sul sistema civico, perché
Spostano il livello delle regole nel codice: il modo in cui le costruiamo influisce sui processi e dà forma ai risultati
Partecipazione che non si limita più a una votazione quinquennale su un universo chiuso di opzioni, ma continuativa e aperta a nuove opzioni
Concludo. È un passaggio culturale, non tecnologico. Servono investimenti nella divulgazione sana e serena dei processi di cui abbiamo parlato
Qualità del sistema dipende dalle scelte ecologiche del singolo
Sistema che premia la costruzione sulla distruzione
Non più noi vs loro: le nostre debolezze indeboliscono il sistema, le nostre virtù lo rafforzano
Se vogliamo che l'ecosistema civico migliori ed evolva, dobbiamo, ciascuno nel nostro piccolo, dare il buon esempio, contribuire alla diffusione di culture e competenze digitali, agire in modo rigoroso sia nella pubblicazione di contenuti sia nella selezione, aggregazione e valorizzazione dei contenuti altrui.
Una parola per concludere
Responsabilità di capire che cosa sta succedendo
Responsabilità di capire come ciascuno di noi è coinvolto in questo cambiamento
Responsabilità di capire in che modo possiamo aiutare la nostra comunità a trarne il massimo vantaggio, posti anche i tempi grami che stiamo vivendo
Responsabilità di inventare, tutti i giorni, il presente migliore possibile