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NEI LUOGHI DI LAVORO
LA SICUREZZA E LA SALUTE
EVOLUZIONE NORMATIVA
2
1.	La responsabilità civile e pena-
le del dirigente
Premessa
La definizione propria della figura
del Dirigente ai fini della disciplina
sulla sicurezza ci è fornita dal D.L.vo
n. 81/2008 che lo inquadra come
“garante organizzativo” della sicu-
rezza e igiene del lavoro: si osserva
in proposito come - salve le ecce-
zioni di cui all’art. 17 D.Lgs. 81/08
relative ai doveri propri ed esclusi-
vi del datore di lavoro - gli obblighi
del dirigente hanno un contenuto
del tutto omologo (anzi identico) a
quello degli obblighi richiesti al da-
tore di lavoro, differenziandosi uni-
camente sotto un profilo quantita-
tivo nella misura in cui il dirigente
è tenuto all’adempimento soltanto
nei limiti delle attribuzioni e com-
petenze conferite: l’art. 18 D.Lgs.
81/08, infatti, indica una nutrita
serie di obblighi di organizzazione,
gestione e vigilanza cui sono tenu-
ti tanto il datore di lavoro quanto il
dirigente.
La qualifica di Dirigente comporta
attribuzioni che, per la loro ampiez-
za e per i connessi poteri di auto-
nomia e discrezionalità, consento-
no di adottare scelte operative e di
imprimere, sia pure nell’osservanza
delle direttive di carattere generale
e programmatico del datore di la-
voro, un indirizzo all’attività di tutta
l’azienda o di uno dei rami autono-
mi in cui essa si articola.
Da ciò discende che il dirigente, a
differenza del preposto, si avvi-
cina alla figura del datore di lavo-
ro, tanto da equivalersi agli effetti
sanzionatori del D.Lgs. 81/2008:
infatti l’articolo 55 del Decreto Le-
gislativo del 2008 è dedicato alle
sanzioni del datore di lavoro e diri-
genti mentre l’articolo 56 del Testo
Unico è dedicato alle sanzioni per il
preposto.
Quindi il dirigente condivide in
modo solidale con il datore di lavo-
ro la responsabilità per l’inadem-
pimento degli obblighi imposti dalla
normativa e per l’inadeguatezza in
chiave prevenzionistica delle nor-
me di sicurezza predisposte.
3
Responsabilità civile e penale del
Dirigente
In materia di sicurezza sul lavoro,
il sistema legislativo prevede che
sul datore di lavoro e sul dirigen-
te gravino sia il generale obbli-
go di neminem laedere, espresso
dall’art.2043 c.c., la cui violazione è
fonte di responsabilità extra-con-
trattuale, sia il più specifico ob-
bligo di protezione dell’integrità
psico-fisica del lavoratore sancito
dall’art.2087 c.c. ad integrazione
ex lege delle obbligazioni nascenti
dal contratto di lavoro, la cui vio-
lazione è fonte di responsabilità
contrattuale; sicchè il danno bio-
logico, inteso come danno all’ inte-
grità psicofisica della persona in se
considerato, a prescindere da ogni
possibile rilevanza o conseguenza
patrimoniale della lesione, può in
astratto conseguire sia all’una che
all’altra responsabilità. Mentre la
responsabilità contrattuale rima-
ne a carico dell’impresa, la respon-
sabilità extracontrattuale da fatto
illecito può essere posta diretta-
mente a carico del datore di lavoro
e del dirigente, come conseguenza
del generale obbligo di neminem
laedere espresso dall’art. 2043 c.c.,
secondo il quale “Qualunque fatto
doloso o colposo che cagioni ad al-
tri un fatto ingiusto, obbliga colui
che ha commesso il fatto a risarcire
il danno”.
L’obbligazione di risarcire il danno
che il fatto illecito ha cagionato è
di regola una obbligazione di dare,
avente per oggetto il pagamento di
una somma di denaro, che rappre-
senta l’equivalente monetario del
danno cagionato. E’ tuttavia anche
ammesso, se possibile, il risarci-
mento in forma specifica.
Per distinguere la responsabilità
per danni cagionati del contraente
inadempiente dalla responsabilità
per danni cagionati dal fatto illecito,
si suole parlare della prima come di
responsabilità contrattuale e del-
la seconda come di responsabilità
extracontrattuale.
Per indicare la responsabilità per
4
danni si parla anche più frequente-
mente, di responsabilità civile: la
si contrappone a questo modo alla
responsabilità penale cui è espo-
sto l’autore di un fatto illecito previ-
sto dalla legge come reato. Un me-
desimo fatto, ad esempio omicidio,
doloso o colposo, lesioni personali,
dolose o colpose, può essere fonte
sia di responsabilità penale, consi-
stente nell’assoggettamento alla
pena (reclusione e multa se si trat-
ta di un delitto, arresto o ammenda
se si tratta di contravvenzione), sia
di responsabilità civile, consistente
nell’obbligazione di risarcire il dan-
no.
Il fatto illecito costituisce quindi la
base fondamentale ed insopprimi-
bile sia della responsabilità civile
che della responsabilità penale.
La sanzioni penale contraddistin-
gueformalmentel’illecitopenaleda
ogni altro illecito giuridico: le pene
costituiscono strumenti di dissua-
sione e rieducazione, attraverso
cui ogni società organizzata com-
batte e controlla il fenomeno del-
la criminalità. L’illecito penalmente
rilevante, cioè il fatto criminoso, è
il cd reato, cioè il comportamento
umano commissivo o omissivo
sanzionato penalmente.
I reati si distinguono per il tipo di
pena in delitti e contravvenzioni:
i delitti hanno la caratteristica di
essere generalmente reati di dan-
no e sono sanzionati con l’erga-
stolo, l’arresto e la multa, mentre
le contravvenzioni sono caratte-
rizzate dall’essere generalmente
reati di pericolo e sono sanzionate
con l’arresto e l’ammenda. La con-
travvenzione può essere estinta
con la procedura dell’oblazione, in
applicazione della quale, median-
te il pagamento di una somma di
denaro pari ad un terzo, nel caso
in cui la pena sia solo l’ammenda,
o un mezzo, nel caso in cui il pena
sia alternativamente quella dell’ar-
resto o ammenda, della pena edit-
tale massima, si consegue la tra-
sformazione del reato in sanzione
di tipo amministrativo e la conse-
guente estinzione del reato o con
la procedura della prescrizione,
prevista dal D.Lgs 758/94, consi-
5
stente nell’impartizione da parte
dell’Organo di Vigilanza di istruzioni
per il rispetto della normativa vio-
lata, con l’adempimento delle quali,
il contravventore è ammesso auto-
maticamente al pagamento dell’o-
blazione nella misura di un quanrto
del massimo edittale, cui consegue
l’estinzione del reato.
Peraltro, mentre gli illeciti penali
sono tipici, ossia non si può essere
puniti se non per aver commesso
un fatto espressamente previsto
da una norma sanzionatoria entra-
ta in vigore prima del fatto stesso
(art. 25 Cost. e art 1codice penale),
nel campo della responsabilità civi-
le il legislatore non ha provveduto
ad elencare specificamente tutti i
casi in cui un danno deve qualifi-
carsi come ingiusto e pertanto ri-
sarcibile, con la conseguenza che
si assiste ad una proliferazione di
fattispecie risarcibili, con un avan-
zamento ed arretramento continui
della mobile frontiera del danno
ingiusto, non solo ad opera del le-
gislatore, ma anche della giurispru-
denza.
Vale quindi il principio della atipi-
cità dell’illecito civile in contrap-
posizione alla tipicità dell’illecito
penale.
Qualsiasi generalizzazione in ordi-
ne alla posizione del dirigente, sia
ai fini della imputazione di reati, sia
ai fini della responsabilità contrat-
tuale per inadempimento o extra-
contrattuale da fatto illecito, è fo-
riera di equivoci, in quanto bisogna
tenere conto della specifica “com-
petenza” o meglio delle mansioni
affidate al singolo dirigente nello
specifico settore produttivo di cui è
a capo e delle eventuali deleghe.
Invero, la responsabilità solida-
le tra i vari soggetti che rivesto-
no una posizione di garanzia a fini
prevenzionistici può essere esclusa
dall’utilizzo dell’istituto della dele-
ga, sia da parte del datore di lavoro
in favore del dirigente, che da parte
del dirigente nei confronti di altro
soggetto nel rispetto dei requisi-
ti soggettivi e delle forme previste
dalla legge. La giurisprudenza ha
affrontato la tematica della delega
6
soprattutto con riferimento ai casi
di responsabilità penale, tuttavia
occorre evidenziare che attraver-
so l’istituto della delega il datore di
lavoro assume comunque il rischio
economico dell’inadempimen-
to degli obblighi tra i quali rileva
quello della sicurezza: il datore può
quindi andare esente da responsa-
bilità penale per l’omissione delle
cautele doverose, ove questa sor-
ga in virtù della delega imputabile
ad altri, permanendo però sempre
in capo a lui la responsabilità civi-
le. Rileva infatti l’art. 1228 c.c. - per
quanto riguarda la responsabilità
contrattuale - secondo cui “il debi-
tore che nell’adempimento dell’ob-
bligazione si vale dell’opera di ter-
zi risponde anche dei fatti dolosi o
colposi di costoro”. Rileva ancora
l’art. 2049 c.c. – per quanto riguar-
da la responsabilità extracontrat-
tuale - che prevede con termino-
logia arcaica la responsabilità dei
padroni e committenti, secondo il
quale il datore di lavoro risponde
per i danni arrecati dal fatto illecito
dei suoi dipendenti, qualora l’even-
to doloso sia provocato nell’eser-
cizio delle incombenze lavorative
alle quali sono adibiti. Si tratta di
una responsabilità per fatto altrui
o indiretta, prevista per accresce-
re la probabilità che il danneggiato
consegua il ristoro del danno subi-
to. Mentre la responsabilità pena-
le non può che essere personale,
come previsto dalla costituzione
all’art. 27, la responsabilità civile
può dipendere anche da un fatto
altrui, in casi eccezionali che devo-
no essere espressamente previsti
dalla legge. Un tempo si spiegava
il principio in esame ricorrendo al
concetto di colpa presunta del da-
tore di lavoro, per non aver bene
scelto il dipendente o vigilato sul-
la sua attività (cd culpa in eligendo o
culpa in vigilando), mentre oggi cor-
rettamente si sottolinea che parla-
re di una colpa del datore di lavoro
in caso di responsabilità indiretta
sarebbe una finzione: si tratta piut-
tosto di una responsabilità di posi-
zione, in quanto, a tutela dei terzi
danneggiati la legge ritiene più giu-
sto accollare il rischio delle attività
dei dipendenti al soggetto che di
quelle attività si avvale, le orga-
7
nizza e ne conserva i benefici, alla
stregua del rischio di impresa.
Dunque la responsabilità penale è
personale e l’individuazione dei de-
stinatari degli obblighi di preven-
zione dagli infortuni sul lavoro va
compiuta caso per caso, con riferi-
mento alla organizzazione dell’im-
presa e alle mansioni esercitate in
concreto dai singoli (principio di
effettività). Questa nozione pe-
nalistica sostanziale del dirigente
ai fini della sicurezza implica una
circostanza della massima impor-
tanza: il dirigente dal punto di vista
del diritto penale del lavoro, non è
necessariamente colui che opera
in base ad un contratto di lavoro
subordinato con la qualifica di diri-
gente, ma è colui che, anche di fat-
to, svolge compiti prevenzionistici
del tutto assimilabili a quelli spet-
tanti, in senso proprio, ad un sog-
getto che ha il contratto di dirigen-
te. A questo proposito, l’art. 299
del T.U. estende la responsabilità
anche a colui che eserciti di fatto
i poteri direttivi, pur senza una for-
male investitura.
Le responsabilità prevenzionisti-
che sono dunque concorrenti e
non reciprocamente esclusive. Ciò
significa che per il medesimo fatto
illecito possono essere chiamati a
rispondere penalmente e civilmen-
te più soggetti contemporanea-
mente, ciascuno per la violazione
dei doveri imposti dalla normativa,
con la precisazione che mentre la
responsabilità penale è persona-
le, dunque che a ciascun soggetto
verrà applicata la pena che verrà ri-
tenuta equa per sanzionare la sua
condotta commissiva o omissiva, il
danno scaturente dall’illecito sarà
unico, nel senso che la parte offesa
potrà ottenerlo una sola volta, in-
dipendentemente dal numero dei
responsabili.
8
Tornando all’analisi del fatto illeci-
to, esso presenta elementi ogget-
tivi:
1-	 il fatto,
2-	 il danno ingiusto
3-	 il rapporto di causalità fra fat-
to e danno
ed elementi soggettivi:
1-	 il dolo
2-	 la colpa.
Il fatto è un comportamento uma-
no commissivo od omissivo: si noti
però che il fatto omissivo è illecito
solo se il soggetto la cui omissione
ha cagionato l’evento o il perico-
lo aveva l’obbligo giuridico di evi-
tarlo. Per effetto della disposizio-
ne generale sancita dall’art. 2087
c.c.14, che pone l’obbligo generale
di adottare misure di tutela dell’in-
tegrità fisica e della personalità
morale dei lavoratori e di quelle
specifiche previste dalla normativa
antinfortunistica, il datore di lavoro
ed il dirigente sono garanti dell’in-
columità fisica e della salvaguardia
della personalità morale dei pre-
statori di lavoro, con la conseguen-
za che, ove non ottemperino ai
previsti obblighi di tutela, l’evento
lesivo generato dalla violazione di
tali obblighi potrà essere imputato
loro sia attraverso un comporta-
mento commissivo, cioè un’azione,
che un comportamento omissivo,
in quanto non impedire un evento
che si ha l’obbligo giuridico di impe-
dire, equivale a cagionarlo.
il danno ingiusto: è la lesione
dell’interesse altrui meritevole di
protezione secondo l’ordinamento
giuridico. Come accennato prece-
dentemente, l’ingiustizia del danno
in materia penale è connotata dalla
tipicità, nel senso che nessuno può
essere punito se non per un fatto
che sia espressamente previsto
dalla legge come reato, mentre l’il-
lecito civile è atipico ed è rimesso
alla valutazione del giudice. La sa-
lute dei lavoratori è bene prima-
rio e la sua lesione integra sempre
comportamento illecito: l’integrità
psicofisica e morale del lavoratore
9
trova riconoscimento giuridico non
soloqualeinteressetutelatodaleg-
gi ordinarie ( si pensi agli artt.581,
582, 590 e 185 c.p. o alÌ’art.5 c.c.) e
da leggi speciali (come l’art.9 dello
statuto dei lavoratori) ma addirittu-
ra da norme di rango costituziona-
le,qualiquellecontenutenell’art.32
Cost. che garantisce la salute come
fondamentale diritto dell’indivi-
duo, nell’art.41 che pone precisi
limiti all’esplicazione dell’iniziativa
economica privata stabilendo, fra
l’ altro, che la stessa non può svol-
gersi “in modo da arrecare danno
alla dignità umana e nell’art.2 che
tutela i diritti inviolabili dell’uomo
anche “nelle formazioni sociali, ove
si svolge la sua personalità” e ri-
chiede l’adempimento dei doveri di
solidarietà sociale”
il rapporto di causalità tra il fat-
to e il danno: significa che l’even-
to dannoso o pericoloso deve
essere conseguenza dell’azione
od omissione, con un rapporto
di causa ad effetto, per cui pos-
sa dirsi che il prio ha cagionato il
secondo.
Quanto all’elemento soggetti-
vo, il dolo è l’intenzione di pro-
vocare l’evento dannoso o pe-
ricoloso. Esso ricorre quando il
risultato dell’azione od omissione
è dall’agente preveduto e voluto
come conseguenza della propria
condotta. Il dolo può essere an-
che eventuale, allorchè il soggetto
non ha avuto l’intenzione specifi-
ca di provocare l’evento dannoso o
pericoloso, ma ha agito o omesso
le cautele doverose, accettando,
scientemente e coscientemente, il
rischio che questo si verificasse. Il
reato è preterintenzionale allor-
chè dall’azione od omissione derivi
un evento dannoso o pericoloso più
grave di quello voluto dall’agente.
La colpa consiste nella mancanza
di volontarietà dell’evento, il quale
si verifica per imprudenza, negli-
genza, imperizia o inosservanza di
leggi, regolamenti, ordini o discipli-
ne.
Per i delitti si risponde solo a tito-
lo di dolo, a meno che il reato non
sia espressamente punito a titolo
di colpa, mentre le contravvenzioni
10
sono punite indifferentemente per
dolo o colpa, a meno che la legge
penale faccia discendere da tale di-
stinzione un diverso effetto giuri-
dico.
Quanto al sistema sanzionatorio,
nel 1930 è stato emanato il Codice
Penale e sono stati evidenziati per
la prima volta i reati in materia di
sicurezza del lavoro. In particolare:
Art. 437 c.p.: Rimozione dolosa di
cautele contro gli infortuni sul lavo-
ro, art. 451 c.p.: Omissione dolosa
di cautele o difese contro i disastri
o infortuni sul lavoro. Alla sicurez-
za sul lavoro si riferivano altresì i
reati previsti dall’ art. 582: lesioni
personali dolose, art. 589: Omici-
dio colposo; 590: Lesioni persona-
li colpose e ancora . Quest’ultima
imputazione consegue nei casi di
infortuni sul lavoro e può essere
punita a querela di parte se la l’in-
fermità che ne è derivata è guarita
entro 40 giorni, mentre è procedi-
bile di ufficio qualora la malattia sia
durata per un periodo superiore a
40 giorni o si siano verificati postu-
mi permanenti.
A questo primo nucleo è seguita la
normativa di settore, che ha indivi-
duato tutta una serie di fattispecie
penalmente rilevanti, sempre più
specifiche e dettagliate, alle quali
si rimanda, consistenti in massima
parte in contravvenzioni.
Delitti e contravvenzioni posso-
no concorrere allorchè il danno (es
morte, lesioni) si è verificato con
la violazione di norme specifiche a
loro volta sanzionate penalmente,
tuttavia, mentre le contravvenzioni
possono essere estinte con il pa-
gamento dell’oblazione, il delitto
permane.
La lesione dell’integrità psico-fi-
sica del lavoratore può consistere
nell’infortunio o nella malattia pro-
fessionale: l’infortunio è l’evento
avvenuto per causa violenta in oc-
casione di lavoro, da cui sia derivata
la morte o una inabilità permanen-
te al lavoro, assoluta o parziale, ov-
vero una inabilità temporanea as-
soluta, che importi l’astensione dal
lavoro, mentre la malattia profes-
sionale è quella dovuta all’azione
11
nociva, lenta e protratta nel tempo,
di un fattore di rischio o comunque
dannoso ad esempio il tipo di lavo-
ro usurante o una sostanza usata
durante le lavorazioni, presente
nell’ambiente in cui si svolge l’atti-
vità lavorativa.
All’infortunio ed alla malattia pro-
fessionale che sono state causate
dall’inadempimento degli obblighi
in materia di sicurezza sul lavoro,
consegue la responsabilità civile
consistente nell’obbligo di risarci-
re il danno derivante dal verificar-
si dell’evento dannoso, secondo
quanto disposto dagli artt. 2043
(responsabilità aquiliana) e 2087 (
responsabilità contrattuale specifi-
ca) Cod. Civ..
Questa sussistenza di una dupli-
ce responsabilità comporta una
duplice regolamentazione in ma-
teria di prescrizione, infatti, men-
tre per l’azione di risarcimento
per la responsabilità contrattuale
ex art.2087 Cod.Civ. è di 10 anni,
quella in materia di responsabilità
aquiliana ex art. 2043 Cod.Civ. è di
5 anni, che si fanno decorrere dal
verificarsi dell’evento dannoso e
non anche da un eventuale aggra-
vamento derivante dall’infortunio.(
Cass.Lav. 21 febbraio 2004,n.3498).
Tutela assicurativa
Fin dalla fine dell’800 è stato isti-
tuto l’INAIL, Istituto Nazionale per
gli infortuni sul lavoro, a cui sono
obbligatoriamente iscritti i lavo-
ratori a cura e spese del datore di
lavoro. Tale assicurazione obbliga-
toria tutela il lavoratore in caso di
infortunio e di malattia professio-
nale, intervenendo in ogni caso al-
lorchè la malattia superi 3 giorni,
corrispondendo al lavoratore, oltre
al danno patrimoniale per non ave-
re potuto percepire lo stipendio e
per le spese mediche, una indenni-
tà commisurata alla infermità che
è conseguita all’infortunio o alla
malattia professionale, in ragio-
ne della diminuzione della capaci-
tà lavorativa, liquidata in base ad
una apposita tabella. L’indennizzo
viene corrisposto a partire dal 6%
di invalidità, in un’unica soluzione
una tantum fino al 15% e con la li-
12
quidazione di una rendita a partire
dal 16% di invalidità. La liquidazio-
ne dell’indennizzo tiene conto del
danno biologico e della perdita del-
la capacità lavorativa, ma non copre
interamente il danno, per cui resta
a carico del datore di lavoro e/o del
dirigente responsabile, la liquida-
zione del danno differenziale, allor-
chè il lavoratore ne faccia richiesta.
Nel caso in cui il lavoratore infor-
tunato voglia agire giudizialmen-
te per ottenere il risarcimento del
danno, sarà tenuto a dimostrare,
il nesso di causalità tra l’evento
lesivo e l’espletamento della pre-
stazione lavorativa, mentre, se-
condo quanto previsto dal regime
probatorio previsto dall’art. 1218
Cod. Civ., spetterà al Datore di La-
voro congiuntamente al Dirigente
Responsabile, l’onere di provare di
aver adempiuto agli obblighi pre-
visti dalla legge in materia anti-in-
fortunistica. (Cass.Lav. 21 dicembre
1998, n.12763; Cass. Lav. 25 maggio
2006,n. 12445).
Nell’accertamento della respon-
sabilità e nella valutazione del
danno risarcibile, si dovrà inoltre
tener conto anche dell’eventua-
le concorso di colpa del lavoratore
ex art. 1227 Cod.Civ, cioè si dovrà
valutare se tale condotta sia stata
o meno imprevedibile, anche se la
sola imprudenza o negligenza del
lavoratore, non comportano il venir
meno dell’obbligo di risarcimento.
Nel caso in cui, invece, tale condot-
ta sia imputabile a fatto doloso del
lavoratore, o ad un suo comporta-
mento abnorme, viene esclusa la
responsabilità ex art. 2087 Cod.Civ.
Nel caso di responsabilità penale,
l’INAIL può richiedere in via di re-
gresso, la restituzione di quanto
corrisposto al lavoratore per l’in-
fortunio o la malattia professiona-
le.
E’ opportuno allora prevedere una
tutela assicurativa privata, che sol-
levi il datore di lavoro ed il dirigente
dai rischi inerenti l’adempimento
degli obblighi in materia di sicu-
rezza in senso ampio, cioè sia per il
danno differenziale che per l’azione
di regresso INAIL.
Le polizze di assicurazione posso-
no tutelare il Dirigente sia sotto il
profilo della Responsabilità Civile,
13
sia per quanto riguarda l’assisten-
za legale e tecnica, ma non posso-
no coprire, ovviamente, la respon-
sabilità penale derivante da pene
detentive o sanzioni accessorie,
che è personale.
Per quanto riguarda invece le san-
zioni penali pecuniarie (multa e
ammenda), esse possono essere
imputate ex art. 196 e 197 Cod.
Pen. all’Ente o all’Azienda di cui il
trasgressore è dipendente. Posso-
no altresì essere inserite nel rischio
assicurato.
Un elemento particolare nel con-
tratto di assicurazione è rappre-
sentato dalla durata della polizza,
infatti deve essere tale da coprire
tutta la durata della prescrizione
del rischio garantito, cioè deve co-
prire l’assicurato per il tempo occo-
rente ad una eventuale azione ri-
sarcitoria contro di lui, cioè 10 anni
in caso di responsabilità contrat-
tuale e 5 anni in caso di responsa-
bilità aquiliana.
Venendo ora ai profili che la polizza
assicurativa tutela, il primo è quello
della garanzia per la Responsabili-
tà civile, che fa si che l’assicurato
venga sollevato dall’obbligazione
risarcitoria nei confronti del dan-
neggiato.
Tale tipologia di assicurazione è
disciplinata dall’art.1917 Cod.Civ.,
che stabilisce che, nel concetto di
responsabilità civile assicurata, sia
compresa sia quella contrattuale
che quella aquiliana; inoltre con-
sente all’assicurazione di gesti-
re, per proprio conto o per conto
dell’assicurato, l’intera pratica ri-
sarcitoria.
Il secondo ambito di operatività
della polizza di assicurazione è la
garanzia per l’Assistenza Tecnica,
cioè, l’assicurazione, può farsi cari-
co dell’onere di fornire la provvista
necessaria per l’assistenza legale e
peritale necessaria nel giudizio.
Sia nell’uno che nell’altro caso, sarà
previsto un massimale, cioè un li-
mite massimo di indennizzo.
Il terzo ambito di operatività è l’a-
zione di regresso INAIL: nel caso
in cui l’Ente eroghi prestazioni sa-
nitarie ed economiche, questo può
rivalersi nei confronti del soggetto
civilmente responsabile esercitan-
do L’AZIONE DI REGRESSO, entro il
14
termine speciale di prescrizione di 3 anni.
Tale azione, oltre che nei confronti del Datore di La-
voro, quale primo responsabile, potrà anche essere
esercitata nei confronti della persona giuridica il cui
organo amministrativo abbia commesso il reato fonte
di responsabilità, civilmente obbligato, riconoscendo
però a tale persona giuridica la possibilità di rivalsa nei
confronti della persona fisica responsabile.
L’art.2 L. 123/07 ha previsto l’obbligo della notizia
all’INAIL, da parte del P.M., in ipotesi di avvio dell’azio-
ne penale per i delitti previsti e puniti dagli artt.589 o
590 C.P., con violazione delle norme anti-infortunisti-
che, affinché l’Istituto possa costituirsi Parte Civile o
svolgere azione di rivalsa al termine del procedimento
penale. Pertanto si tratta di un rischio concreto.
Avverso tale rischio di rivalsa è possibile stipulare ap-
posita polizza assicurativa, che interverrà nel caso in
cui iene allorchè l’INAIL richiede le prestazioni erogate
al dipendente.
La responsabilità civile e penale e la tutela assicurativa

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La responsabilità civile e penale e la tutela assicurativa

  • 1. NEI LUOGHI DI LAVORO LA SICUREZZA E LA SALUTE EVOLUZIONE NORMATIVA
  • 2. 2 1. La responsabilità civile e pena- le del dirigente Premessa La definizione propria della figura del Dirigente ai fini della disciplina sulla sicurezza ci è fornita dal D.L.vo n. 81/2008 che lo inquadra come “garante organizzativo” della sicu- rezza e igiene del lavoro: si osserva in proposito come - salve le ecce- zioni di cui all’art. 17 D.Lgs. 81/08 relative ai doveri propri ed esclusi- vi del datore di lavoro - gli obblighi del dirigente hanno un contenuto del tutto omologo (anzi identico) a quello degli obblighi richiesti al da- tore di lavoro, differenziandosi uni- camente sotto un profilo quantita- tivo nella misura in cui il dirigente è tenuto all’adempimento soltanto nei limiti delle attribuzioni e com- petenze conferite: l’art. 18 D.Lgs. 81/08, infatti, indica una nutrita serie di obblighi di organizzazione, gestione e vigilanza cui sono tenu- ti tanto il datore di lavoro quanto il dirigente. La qualifica di Dirigente comporta attribuzioni che, per la loro ampiez- za e per i connessi poteri di auto- nomia e discrezionalità, consento- no di adottare scelte operative e di imprimere, sia pure nell’osservanza delle direttive di carattere generale e programmatico del datore di la- voro, un indirizzo all’attività di tutta l’azienda o di uno dei rami autono- mi in cui essa si articola. Da ciò discende che il dirigente, a differenza del preposto, si avvi- cina alla figura del datore di lavo- ro, tanto da equivalersi agli effetti sanzionatori del D.Lgs. 81/2008: infatti l’articolo 55 del Decreto Le- gislativo del 2008 è dedicato alle sanzioni del datore di lavoro e diri- genti mentre l’articolo 56 del Testo Unico è dedicato alle sanzioni per il preposto. Quindi il dirigente condivide in modo solidale con il datore di lavo- ro la responsabilità per l’inadem- pimento degli obblighi imposti dalla normativa e per l’inadeguatezza in chiave prevenzionistica delle nor- me di sicurezza predisposte.
  • 3. 3 Responsabilità civile e penale del Dirigente In materia di sicurezza sul lavoro, il sistema legislativo prevede che sul datore di lavoro e sul dirigen- te gravino sia il generale obbli- go di neminem laedere, espresso dall’art.2043 c.c., la cui violazione è fonte di responsabilità extra-con- trattuale, sia il più specifico ob- bligo di protezione dell’integrità psico-fisica del lavoratore sancito dall’art.2087 c.c. ad integrazione ex lege delle obbligazioni nascenti dal contratto di lavoro, la cui vio- lazione è fonte di responsabilità contrattuale; sicchè il danno bio- logico, inteso come danno all’ inte- grità psicofisica della persona in se considerato, a prescindere da ogni possibile rilevanza o conseguenza patrimoniale della lesione, può in astratto conseguire sia all’una che all’altra responsabilità. Mentre la responsabilità contrattuale rima- ne a carico dell’impresa, la respon- sabilità extracontrattuale da fatto illecito può essere posta diretta- mente a carico del datore di lavoro e del dirigente, come conseguenza del generale obbligo di neminem laedere espresso dall’art. 2043 c.c., secondo il quale “Qualunque fatto doloso o colposo che cagioni ad al- tri un fatto ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. L’obbligazione di risarcire il danno che il fatto illecito ha cagionato è di regola una obbligazione di dare, avente per oggetto il pagamento di una somma di denaro, che rappre- senta l’equivalente monetario del danno cagionato. E’ tuttavia anche ammesso, se possibile, il risarci- mento in forma specifica. Per distinguere la responsabilità per danni cagionati del contraente inadempiente dalla responsabilità per danni cagionati dal fatto illecito, si suole parlare della prima come di responsabilità contrattuale e del- la seconda come di responsabilità extracontrattuale. Per indicare la responsabilità per
  • 4. 4 danni si parla anche più frequente- mente, di responsabilità civile: la si contrappone a questo modo alla responsabilità penale cui è espo- sto l’autore di un fatto illecito previ- sto dalla legge come reato. Un me- desimo fatto, ad esempio omicidio, doloso o colposo, lesioni personali, dolose o colpose, può essere fonte sia di responsabilità penale, consi- stente nell’assoggettamento alla pena (reclusione e multa se si trat- ta di un delitto, arresto o ammenda se si tratta di contravvenzione), sia di responsabilità civile, consistente nell’obbligazione di risarcire il dan- no. Il fatto illecito costituisce quindi la base fondamentale ed insopprimi- bile sia della responsabilità civile che della responsabilità penale. La sanzioni penale contraddistin- gueformalmentel’illecitopenaleda ogni altro illecito giuridico: le pene costituiscono strumenti di dissua- sione e rieducazione, attraverso cui ogni società organizzata com- batte e controlla il fenomeno del- la criminalità. L’illecito penalmente rilevante, cioè il fatto criminoso, è il cd reato, cioè il comportamento umano commissivo o omissivo sanzionato penalmente. I reati si distinguono per il tipo di pena in delitti e contravvenzioni: i delitti hanno la caratteristica di essere generalmente reati di dan- no e sono sanzionati con l’erga- stolo, l’arresto e la multa, mentre le contravvenzioni sono caratte- rizzate dall’essere generalmente reati di pericolo e sono sanzionate con l’arresto e l’ammenda. La con- travvenzione può essere estinta con la procedura dell’oblazione, in applicazione della quale, median- te il pagamento di una somma di denaro pari ad un terzo, nel caso in cui la pena sia solo l’ammenda, o un mezzo, nel caso in cui il pena sia alternativamente quella dell’ar- resto o ammenda, della pena edit- tale massima, si consegue la tra- sformazione del reato in sanzione di tipo amministrativo e la conse- guente estinzione del reato o con la procedura della prescrizione, prevista dal D.Lgs 758/94, consi-
  • 5. 5 stente nell’impartizione da parte dell’Organo di Vigilanza di istruzioni per il rispetto della normativa vio- lata, con l’adempimento delle quali, il contravventore è ammesso auto- maticamente al pagamento dell’o- blazione nella misura di un quanrto del massimo edittale, cui consegue l’estinzione del reato. Peraltro, mentre gli illeciti penali sono tipici, ossia non si può essere puniti se non per aver commesso un fatto espressamente previsto da una norma sanzionatoria entra- ta in vigore prima del fatto stesso (art. 25 Cost. e art 1codice penale), nel campo della responsabilità civi- le il legislatore non ha provveduto ad elencare specificamente tutti i casi in cui un danno deve qualifi- carsi come ingiusto e pertanto ri- sarcibile, con la conseguenza che si assiste ad una proliferazione di fattispecie risarcibili, con un avan- zamento ed arretramento continui della mobile frontiera del danno ingiusto, non solo ad opera del le- gislatore, ma anche della giurispru- denza. Vale quindi il principio della atipi- cità dell’illecito civile in contrap- posizione alla tipicità dell’illecito penale. Qualsiasi generalizzazione in ordi- ne alla posizione del dirigente, sia ai fini della imputazione di reati, sia ai fini della responsabilità contrat- tuale per inadempimento o extra- contrattuale da fatto illecito, è fo- riera di equivoci, in quanto bisogna tenere conto della specifica “com- petenza” o meglio delle mansioni affidate al singolo dirigente nello specifico settore produttivo di cui è a capo e delle eventuali deleghe. Invero, la responsabilità solida- le tra i vari soggetti che rivesto- no una posizione di garanzia a fini prevenzionistici può essere esclusa dall’utilizzo dell’istituto della dele- ga, sia da parte del datore di lavoro in favore del dirigente, che da parte del dirigente nei confronti di altro soggetto nel rispetto dei requisi- ti soggettivi e delle forme previste dalla legge. La giurisprudenza ha affrontato la tematica della delega
  • 6. 6 soprattutto con riferimento ai casi di responsabilità penale, tuttavia occorre evidenziare che attraver- so l’istituto della delega il datore di lavoro assume comunque il rischio economico dell’inadempimen- to degli obblighi tra i quali rileva quello della sicurezza: il datore può quindi andare esente da responsa- bilità penale per l’omissione delle cautele doverose, ove questa sor- ga in virtù della delega imputabile ad altri, permanendo però sempre in capo a lui la responsabilità civi- le. Rileva infatti l’art. 1228 c.c. - per quanto riguarda la responsabilità contrattuale - secondo cui “il debi- tore che nell’adempimento dell’ob- bligazione si vale dell’opera di ter- zi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro”. Rileva ancora l’art. 2049 c.c. – per quanto riguar- da la responsabilità extracontrat- tuale - che prevede con termino- logia arcaica la responsabilità dei padroni e committenti, secondo il quale il datore di lavoro risponde per i danni arrecati dal fatto illecito dei suoi dipendenti, qualora l’even- to doloso sia provocato nell’eser- cizio delle incombenze lavorative alle quali sono adibiti. Si tratta di una responsabilità per fatto altrui o indiretta, prevista per accresce- re la probabilità che il danneggiato consegua il ristoro del danno subi- to. Mentre la responsabilità pena- le non può che essere personale, come previsto dalla costituzione all’art. 27, la responsabilità civile può dipendere anche da un fatto altrui, in casi eccezionali che devo- no essere espressamente previsti dalla legge. Un tempo si spiegava il principio in esame ricorrendo al concetto di colpa presunta del da- tore di lavoro, per non aver bene scelto il dipendente o vigilato sul- la sua attività (cd culpa in eligendo o culpa in vigilando), mentre oggi cor- rettamente si sottolinea che parla- re di una colpa del datore di lavoro in caso di responsabilità indiretta sarebbe una finzione: si tratta piut- tosto di una responsabilità di posi- zione, in quanto, a tutela dei terzi danneggiati la legge ritiene più giu- sto accollare il rischio delle attività dei dipendenti al soggetto che di quelle attività si avvale, le orga-
  • 7. 7 nizza e ne conserva i benefici, alla stregua del rischio di impresa. Dunque la responsabilità penale è personale e l’individuazione dei de- stinatari degli obblighi di preven- zione dagli infortuni sul lavoro va compiuta caso per caso, con riferi- mento alla organizzazione dell’im- presa e alle mansioni esercitate in concreto dai singoli (principio di effettività). Questa nozione pe- nalistica sostanziale del dirigente ai fini della sicurezza implica una circostanza della massima impor- tanza: il dirigente dal punto di vista del diritto penale del lavoro, non è necessariamente colui che opera in base ad un contratto di lavoro subordinato con la qualifica di diri- gente, ma è colui che, anche di fat- to, svolge compiti prevenzionistici del tutto assimilabili a quelli spet- tanti, in senso proprio, ad un sog- getto che ha il contratto di dirigen- te. A questo proposito, l’art. 299 del T.U. estende la responsabilità anche a colui che eserciti di fatto i poteri direttivi, pur senza una for- male investitura. Le responsabilità prevenzionisti- che sono dunque concorrenti e non reciprocamente esclusive. Ciò significa che per il medesimo fatto illecito possono essere chiamati a rispondere penalmente e civilmen- te più soggetti contemporanea- mente, ciascuno per la violazione dei doveri imposti dalla normativa, con la precisazione che mentre la responsabilità penale è persona- le, dunque che a ciascun soggetto verrà applicata la pena che verrà ri- tenuta equa per sanzionare la sua condotta commissiva o omissiva, il danno scaturente dall’illecito sarà unico, nel senso che la parte offesa potrà ottenerlo una sola volta, in- dipendentemente dal numero dei responsabili.
  • 8. 8 Tornando all’analisi del fatto illeci- to, esso presenta elementi ogget- tivi: 1- il fatto, 2- il danno ingiusto 3- il rapporto di causalità fra fat- to e danno ed elementi soggettivi: 1- il dolo 2- la colpa. Il fatto è un comportamento uma- no commissivo od omissivo: si noti però che il fatto omissivo è illecito solo se il soggetto la cui omissione ha cagionato l’evento o il perico- lo aveva l’obbligo giuridico di evi- tarlo. Per effetto della disposizio- ne generale sancita dall’art. 2087 c.c.14, che pone l’obbligo generale di adottare misure di tutela dell’in- tegrità fisica e della personalità morale dei lavoratori e di quelle specifiche previste dalla normativa antinfortunistica, il datore di lavoro ed il dirigente sono garanti dell’in- columità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei pre- statori di lavoro, con la conseguen- za che, ove non ottemperino ai previsti obblighi di tutela, l’evento lesivo generato dalla violazione di tali obblighi potrà essere imputato loro sia attraverso un comporta- mento commissivo, cioè un’azione, che un comportamento omissivo, in quanto non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impe- dire, equivale a cagionarlo. il danno ingiusto: è la lesione dell’interesse altrui meritevole di protezione secondo l’ordinamento giuridico. Come accennato prece- dentemente, l’ingiustizia del danno in materia penale è connotata dalla tipicità, nel senso che nessuno può essere punito se non per un fatto che sia espressamente previsto dalla legge come reato, mentre l’il- lecito civile è atipico ed è rimesso alla valutazione del giudice. La sa- lute dei lavoratori è bene prima- rio e la sua lesione integra sempre comportamento illecito: l’integrità psicofisica e morale del lavoratore
  • 9. 9 trova riconoscimento giuridico non soloqualeinteressetutelatodaleg- gi ordinarie ( si pensi agli artt.581, 582, 590 e 185 c.p. o alÌ’art.5 c.c.) e da leggi speciali (come l’art.9 dello statuto dei lavoratori) ma addirittu- ra da norme di rango costituziona- le,qualiquellecontenutenell’art.32 Cost. che garantisce la salute come fondamentale diritto dell’indivi- duo, nell’art.41 che pone precisi limiti all’esplicazione dell’iniziativa economica privata stabilendo, fra l’ altro, che la stessa non può svol- gersi “in modo da arrecare danno alla dignità umana e nell’art.2 che tutela i diritti inviolabili dell’uomo anche “nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità” e ri- chiede l’adempimento dei doveri di solidarietà sociale” il rapporto di causalità tra il fat- to e il danno: significa che l’even- to dannoso o pericoloso deve essere conseguenza dell’azione od omissione, con un rapporto di causa ad effetto, per cui pos- sa dirsi che il prio ha cagionato il secondo. Quanto all’elemento soggetti- vo, il dolo è l’intenzione di pro- vocare l’evento dannoso o pe- ricoloso. Esso ricorre quando il risultato dell’azione od omissione è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria condotta. Il dolo può essere an- che eventuale, allorchè il soggetto non ha avuto l’intenzione specifi- ca di provocare l’evento dannoso o pericoloso, ma ha agito o omesso le cautele doverose, accettando, scientemente e coscientemente, il rischio che questo si verificasse. Il reato è preterintenzionale allor- chè dall’azione od omissione derivi un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente. La colpa consiste nella mancanza di volontarietà dell’evento, il quale si verifica per imprudenza, negli- genza, imperizia o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipli- ne. Per i delitti si risponde solo a tito- lo di dolo, a meno che il reato non sia espressamente punito a titolo di colpa, mentre le contravvenzioni
  • 10. 10 sono punite indifferentemente per dolo o colpa, a meno che la legge penale faccia discendere da tale di- stinzione un diverso effetto giuri- dico. Quanto al sistema sanzionatorio, nel 1930 è stato emanato il Codice Penale e sono stati evidenziati per la prima volta i reati in materia di sicurezza del lavoro. In particolare: Art. 437 c.p.: Rimozione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavo- ro, art. 451 c.p.: Omissione dolosa di cautele o difese contro i disastri o infortuni sul lavoro. Alla sicurez- za sul lavoro si riferivano altresì i reati previsti dall’ art. 582: lesioni personali dolose, art. 589: Omici- dio colposo; 590: Lesioni persona- li colpose e ancora . Quest’ultima imputazione consegue nei casi di infortuni sul lavoro e può essere punita a querela di parte se la l’in- fermità che ne è derivata è guarita entro 40 giorni, mentre è procedi- bile di ufficio qualora la malattia sia durata per un periodo superiore a 40 giorni o si siano verificati postu- mi permanenti. A questo primo nucleo è seguita la normativa di settore, che ha indivi- duato tutta una serie di fattispecie penalmente rilevanti, sempre più specifiche e dettagliate, alle quali si rimanda, consistenti in massima parte in contravvenzioni. Delitti e contravvenzioni posso- no concorrere allorchè il danno (es morte, lesioni) si è verificato con la violazione di norme specifiche a loro volta sanzionate penalmente, tuttavia, mentre le contravvenzioni possono essere estinte con il pa- gamento dell’oblazione, il delitto permane. La lesione dell’integrità psico-fi- sica del lavoratore può consistere nell’infortunio o nella malattia pro- fessionale: l’infortunio è l’evento avvenuto per causa violenta in oc- casione di lavoro, da cui sia derivata la morte o una inabilità permanen- te al lavoro, assoluta o parziale, ov- vero una inabilità temporanea as- soluta, che importi l’astensione dal lavoro, mentre la malattia profes- sionale è quella dovuta all’azione
  • 11. 11 nociva, lenta e protratta nel tempo, di un fattore di rischio o comunque dannoso ad esempio il tipo di lavo- ro usurante o una sostanza usata durante le lavorazioni, presente nell’ambiente in cui si svolge l’atti- vità lavorativa. All’infortunio ed alla malattia pro- fessionale che sono state causate dall’inadempimento degli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro, consegue la responsabilità civile consistente nell’obbligo di risarci- re il danno derivante dal verificar- si dell’evento dannoso, secondo quanto disposto dagli artt. 2043 (responsabilità aquiliana) e 2087 ( responsabilità contrattuale specifi- ca) Cod. Civ.. Questa sussistenza di una dupli- ce responsabilità comporta una duplice regolamentazione in ma- teria di prescrizione, infatti, men- tre per l’azione di risarcimento per la responsabilità contrattuale ex art.2087 Cod.Civ. è di 10 anni, quella in materia di responsabilità aquiliana ex art. 2043 Cod.Civ. è di 5 anni, che si fanno decorrere dal verificarsi dell’evento dannoso e non anche da un eventuale aggra- vamento derivante dall’infortunio.( Cass.Lav. 21 febbraio 2004,n.3498). Tutela assicurativa Fin dalla fine dell’800 è stato isti- tuto l’INAIL, Istituto Nazionale per gli infortuni sul lavoro, a cui sono obbligatoriamente iscritti i lavo- ratori a cura e spese del datore di lavoro. Tale assicurazione obbliga- toria tutela il lavoratore in caso di infortunio e di malattia professio- nale, intervenendo in ogni caso al- lorchè la malattia superi 3 giorni, corrispondendo al lavoratore, oltre al danno patrimoniale per non ave- re potuto percepire lo stipendio e per le spese mediche, una indenni- tà commisurata alla infermità che è conseguita all’infortunio o alla malattia professionale, in ragio- ne della diminuzione della capaci- tà lavorativa, liquidata in base ad una apposita tabella. L’indennizzo viene corrisposto a partire dal 6% di invalidità, in un’unica soluzione una tantum fino al 15% e con la li-
  • 12. 12 quidazione di una rendita a partire dal 16% di invalidità. La liquidazio- ne dell’indennizzo tiene conto del danno biologico e della perdita del- la capacità lavorativa, ma non copre interamente il danno, per cui resta a carico del datore di lavoro e/o del dirigente responsabile, la liquida- zione del danno differenziale, allor- chè il lavoratore ne faccia richiesta. Nel caso in cui il lavoratore infor- tunato voglia agire giudizialmen- te per ottenere il risarcimento del danno, sarà tenuto a dimostrare, il nesso di causalità tra l’evento lesivo e l’espletamento della pre- stazione lavorativa, mentre, se- condo quanto previsto dal regime probatorio previsto dall’art. 1218 Cod. Civ., spetterà al Datore di La- voro congiuntamente al Dirigente Responsabile, l’onere di provare di aver adempiuto agli obblighi pre- visti dalla legge in materia anti-in- fortunistica. (Cass.Lav. 21 dicembre 1998, n.12763; Cass. Lav. 25 maggio 2006,n. 12445). Nell’accertamento della respon- sabilità e nella valutazione del danno risarcibile, si dovrà inoltre tener conto anche dell’eventua- le concorso di colpa del lavoratore ex art. 1227 Cod.Civ, cioè si dovrà valutare se tale condotta sia stata o meno imprevedibile, anche se la sola imprudenza o negligenza del lavoratore, non comportano il venir meno dell’obbligo di risarcimento. Nel caso in cui, invece, tale condot- ta sia imputabile a fatto doloso del lavoratore, o ad un suo comporta- mento abnorme, viene esclusa la responsabilità ex art. 2087 Cod.Civ. Nel caso di responsabilità penale, l’INAIL può richiedere in via di re- gresso, la restituzione di quanto corrisposto al lavoratore per l’in- fortunio o la malattia professiona- le. E’ opportuno allora prevedere una tutela assicurativa privata, che sol- levi il datore di lavoro ed il dirigente dai rischi inerenti l’adempimento degli obblighi in materia di sicu- rezza in senso ampio, cioè sia per il danno differenziale che per l’azione di regresso INAIL. Le polizze di assicurazione posso- no tutelare il Dirigente sia sotto il profilo della Responsabilità Civile,
  • 13. 13 sia per quanto riguarda l’assisten- za legale e tecnica, ma non posso- no coprire, ovviamente, la respon- sabilità penale derivante da pene detentive o sanzioni accessorie, che è personale. Per quanto riguarda invece le san- zioni penali pecuniarie (multa e ammenda), esse possono essere imputate ex art. 196 e 197 Cod. Pen. all’Ente o all’Azienda di cui il trasgressore è dipendente. Posso- no altresì essere inserite nel rischio assicurato. Un elemento particolare nel con- tratto di assicurazione è rappre- sentato dalla durata della polizza, infatti deve essere tale da coprire tutta la durata della prescrizione del rischio garantito, cioè deve co- prire l’assicurato per il tempo occo- rente ad una eventuale azione ri- sarcitoria contro di lui, cioè 10 anni in caso di responsabilità contrat- tuale e 5 anni in caso di responsa- bilità aquiliana. Venendo ora ai profili che la polizza assicurativa tutela, il primo è quello della garanzia per la Responsabili- tà civile, che fa si che l’assicurato venga sollevato dall’obbligazione risarcitoria nei confronti del dan- neggiato. Tale tipologia di assicurazione è disciplinata dall’art.1917 Cod.Civ., che stabilisce che, nel concetto di responsabilità civile assicurata, sia compresa sia quella contrattuale che quella aquiliana; inoltre con- sente all’assicurazione di gesti- re, per proprio conto o per conto dell’assicurato, l’intera pratica ri- sarcitoria. Il secondo ambito di operatività della polizza di assicurazione è la garanzia per l’Assistenza Tecnica, cioè, l’assicurazione, può farsi cari- co dell’onere di fornire la provvista necessaria per l’assistenza legale e peritale necessaria nel giudizio. Sia nell’uno che nell’altro caso, sarà previsto un massimale, cioè un li- mite massimo di indennizzo. Il terzo ambito di operatività è l’a- zione di regresso INAIL: nel caso in cui l’Ente eroghi prestazioni sa- nitarie ed economiche, questo può rivalersi nei confronti del soggetto civilmente responsabile esercitan- do L’AZIONE DI REGRESSO, entro il
  • 14. 14 termine speciale di prescrizione di 3 anni. Tale azione, oltre che nei confronti del Datore di La- voro, quale primo responsabile, potrà anche essere esercitata nei confronti della persona giuridica il cui organo amministrativo abbia commesso il reato fonte di responsabilità, civilmente obbligato, riconoscendo però a tale persona giuridica la possibilità di rivalsa nei confronti della persona fisica responsabile. L’art.2 L. 123/07 ha previsto l’obbligo della notizia all’INAIL, da parte del P.M., in ipotesi di avvio dell’azio- ne penale per i delitti previsti e puniti dagli artt.589 o 590 C.P., con violazione delle norme anti-infortunisti- che, affinché l’Istituto possa costituirsi Parte Civile o svolgere azione di rivalsa al termine del procedimento penale. Pertanto si tratta di un rischio concreto. Avverso tale rischio di rivalsa è possibile stipulare ap- posita polizza assicurativa, che interverrà nel caso in cui iene allorchè l’INAIL richiede le prestazioni erogate al dipendente.