2. Leuca, 865
Comparvero all’alba, notati da alcuni
dei nostri servitori che lavoravano nei
campi: si stagliavano sull’orizzonte
chiaro del sole nascente con le loro
barche di legno dondolanti con fare
pigro sulle acque chiare e appena mosse
del mare.
Avevano urlato “Barche! Barche
all’orizzonte!” ed io e mio marito,
incuriositi dalle voci che si
sovrapponevano in un misto di
eccitazione e paura, decidemmo di
andare a vedere che cosa stesse
accadendo.
3. Quando le barche si avvicinarono
ulteriormente, un uomo si pose a
prua, avvolto nel suo imponente mantello
nero.
Guardava la terra a cui si avvicinava
con occhi duri e malinconici, che
sembravano portare con loro il dolore di
un qualcosa di amato e perduto.
Dietro di lui, altre figure avvolte in
abiti neri erano sedute a coppie, e
volgevano gli occhi speranzosi verso la
riva. Gli uomini con più decisione, le
donne quasi con tenerezza.
4. Li vedemmo sbarcare sulla nostra terra,
aiutati dai servitori a tirare la barca a riva.
Appena sceso dall’imbarcazione sulla soffice
sabbia bianca, l’uomo che era a prua parlò,
alzando le mani al cielo, scoprendo un
crocifisso sul suo petto: “Abitanti di questa
meravigliosa terra, veniamo in pace.
Siamo monaci fuggiti dalla nostra amata
terra, la Cappadocia. In nome di Dio,
di suo figlio Gesù Cristo e della Vergine,
vi preghiamo di lasciarci accampare per una
notte, una sola, poi riprenderemo il nostro
cammino altrove.”
5. Guardai mio marito, rivolgendogli uno
sguardo supplicante e preoccupato per
quegli uomini e quelle donne che avevano
attraversato il mare per salvarsi. Dissi,
guardando la servitù: “Sono cristiani
come noi. Accogliamoli, dopotutto
abbiamo molte stanze, aiutiamo questi
poveri uomini.”.
Con un cenno d’assenso egli mi diede il
permesso, e subito lo abbracciai, per poi
dirigermi da quello che sembrava l’abate.
Qui abbozzai un inchino, e
guardandolo negli occhi addolorati, gli
assicurai la nostra completa disponibilità.
6. Vidi la speranza nascere nei suoi occhi
come il sole stava nascendo alle sue spalle,
pieno di tenere sfumature che
macchiavano allegramente il cielo:
sembrava una splendida giornata per
pensare al futuro, un nuovo futuro radioso.
L’alba di un nuovo giorno si leggerva
negli occhi dell’abate, “Oh grazie,
grazie, gentile signora! Che Dio possa
benedirvi!” mi rispose con entusiasmo.
7. Gli sorrisi, e lo condussi nella nostra
masseria, grande edificio che, dalla
collina, dominava tutti i possedimenti verdi
e lussureggianti di quella parte di mondo
così generosa che abitavamo. Lì, dove il
sole era sempre caldo e materno ed il mare
un ponte per il meraviglioso oriente.
8. Sistemai i monaci e le loro mogli in
diverse stanze. Ci informarono sul motivo
della loro fuga, poi m’intrattenni con le
donne, fui confidente delle loro paure, dei
loro racconti pieni di terrore.
Mi parlarono delle persecuzioni
iconoclaste che l’imperatore ora seduto in
trono, Leone III Isaurico, stava
mettendo in atto in tutto l’impero
bizantino.
Mi descrissero con orrore le terribili
torture che i monaci erano costretti a
subire. Venivano imprigionati e bruciati,
tutte le immagini sacre distrutte a
martellate.
9. Le loro voci tremavano al solo pensiero,
mentre parlando tenevano lo sguardo
basso. Inoltre, mi parlarono dell’ordine
dei seguaci di San Basilio: uomini
di cultura, studiavano i testi sacri,
convivevano pacificamente nelle
“Cittadelle” fondate da San
Basilio da Cesarea, anch’esso dottore
della chiesa.
10. Il giorno dopo, come d’accordo, partirono.
L’abate mi prese da parte, mi ringraziò di
cuore, in nome del fondatore dell’ordine,
San Basilio.
Benedicendoci e sperando per la nostra
felicità, s’incamminarono per un polveroso
sentiero tra le colline, e, quando divennero
piccole figure nere all’orizzonte, come erano
al loro arrivo, mi trovai a pensare:
11. Ce la faranno questi uomini e queste donne
di fede a salvare la propria identità?
Lasceranno ai posteri il loro sapere, la
cultura, la fede che li anima?
Solo Dio può saperlo …