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Rapporto Speciale del World Energy Outlook
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SINTESI
RIDEFINIRE IL QUADRO
ENERGIA-CLIMA
World Energy Outlook Special Report
MAP
ENERGY-CLIMATE
THE
REDRAWING
AGENZIA INTERNAZIONALE PER L’ENERGIA
L’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) è un organismo autonomo istituito nel novembre del 1974. Il suo
compito principale era - ed è tuttora - duplice: favorire la sicurezza energetica dei paesi membri attraverso
un meccanismo di risposta collettiva all’interruzione fisica di forniture petrolifere e fornire ricerche e analisi
autorevoli che suggeriscano ai suoi 28 paesi membri, e non solo, come garantirsi l’accesso a fonti energetiche
affidabili, accessibili e pulite. L’AIE porta avanti un vasto programma di cooperazione energetica che coinvolge i suoi
paesi membri, ciascuno dei quali ha l’obbligo di detenere un livello di scorte petrolifere equivalente a 90 giorni delle
rispettive importazioni nette. Alcuni dei principali obiettivi dell’AIE sono:
n Assicurare ai paesi membri l’accesso a forniture affidabili e consistenti di tutte le forme di energia; in particolare,
mantenendo efficaci strumenti di risposta a situazioni di emergenza dovute a crisi degli approvvigionamenti
petroliferi.
n Promuovere politiche energetiche sostenibili che stimolino, su scala mondiale, la crescita economica e la
protezione dell’ambiente - soprattutto in termini di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra che
contribuiscono al cambiamento climatico.
n Migliorare la trasparenza dei mercati internazionali attraverso la raccolta e l’analisi dei dati energetici.
n Supportare la collaborazione mondiale in materia di tecnologie energetiche al fine di garantire le
future disponibilità di energia e mitigarne l’impatto ambientale, anche grazie al miglioramento
dell’efficienza energetica e allo sviluppo e alla diffusione di tecnologie a basso contenuto di
carbonio.
n Trovare soluzioni alle sfide energetiche mondiali attraverso il coinvolgimento
e il dialogo con i paesi non membri, l’industria, le organizzazioni
internazionali e gli altri attori coinvolti.
I paesi membri dell’AIE sono:
Australia
Austria
Belgio
Canada
Danimarca
Finlandia
Francia
Germania
Giappone
Grecia
Irlanda
Italia
Lussemburgo
Olanda
Nuova Zelanda
Norvegia
Polonia
Portogallo
Regno Unito
Repubblica Ceca
Repubblica di Corea
Repubblica Slovacca
Spagna
Svezia
Svizzera
Stati Uniti
Turchia
Ungheria
Anche la Commissione Europea
partecipa ai lavori dell’AIE.
© OCDE/AIE, 2013
International Energy Agency (IEA)
9 rue de la Fédération
75739 Paris Cedex 15, France
La presente pubblicazione è soggetta a
specifiche restrizioni che ne limitano l’uso
e la distribuzione. I termini e le condizioni
sono disponibili online al seguente indirizzo web:
http://www.iea.org/
termsandconditionsuseandcopyright/
Questo documento è stato originariamente
pubblicato in lingua inglese. Nonostante l’AIE
abbia compiuto ogni sforzo per assicurare che
questa traduzione in italiano sia il più possible
aderente al testo originale inglese, potrebbero esserci
alcune lievi differenze.
Printed in France by
International Energy Agency, June 2013
Photo credits: © GraphicObsession
 
Sintesi 1
Sintesi 
 
Il mondo si sta allontanando dall’obiettivo concordato dai governi di limitare l’aumento 
della  temperatura  media  globale  nel  lungo  termine  entro  i  2  gradi  Celsius  (°C).  Le 
emissioni mondiali di gas ad effetto serra sono in rapida crescita e, a maggio 2013, i livelli di 
concentrazione del diossido di carbonio (CO2) in atmosfera hanno superato la soglia delle 
400 parti per milione per la prima volta da diverse centinaia di millenni. Secondo la maggior 
parte degli studi scientifici in materia, il cambiamento climatico è già in corso e dovremmo 
aspettarci il verificarsi di eventi climatici estremi (come tempeste, inondazioni e ondate di 
calore)  con  maggiore  frequenza  ed  intensità,  così  come  l’aumento  delle  temperature  su 
scala  globale  e  l’innalzamento  del  livello  dei  mari.  Considerando  le  politiche  già 
implementate, o quelle attualmente perseguite, risulta più probabile che l’aumento della 
temperatura media mondiale nel lungo termine sia compreso tra i 3,6 °C e i 5,3 °C (rispetto 
ai  livelli  pre‐industriali)  con  gran  parte  di  questo  incremento  concentrato  nel  secolo  in 
corso. Anche se l’azione intrapresa a livello globale non è ancora sufficiente a contenere 
l’aumento della temperatura  entro i  2° C, questo obiettivo rimane tuttora tecnicamente 
raggiungibile  pur  essendo  estremamente  difficile.  Per  tenere  aperta  la  porta  dei  2°  C,  è 
necessario  intraprendere  un’azione  forte  prima  del  2020,  data  entro  la  quale  entrerà  in 
vigore  un  nuovo  accordo  internazionale  sul  clima.  L’energia  si  pone  al  centro  di  questa 
sfida: il settore energetico conta per circa i due terzi delle emissioni di gas ad effetto serra, 
poiché oltre l’80% del consumo mondiale di energia viene soddisfatto da fonti fossili.  
Il settore energetico è fondamentale nella lotta al cambiamento climatico 
Nonostante i risultati positivi conseguiti in alcuni paesi, nel 2012 il livello mondiale delle 
emissioni di CO2 legate all’energia è aumentato dell’1,4% raggiungendo il record storico 
di  31,6  gigatonnellate  (Gt).  I  paesi  non‐OCSE  contano  oggi  per  il  60%  delle  emissioni 
globali, in aumento rispetto al 45% del 2000. Nel 2012, è stata la Cina a fornire il maggior 
contributo  all’incremento  delle  emissioni  mondiali  di  CO2;  tuttavia,  la  crescita  delle 
emissioni cinesi è stata una delle più basse registrate nell’ultimo decennio, principalmente 
grazie  alla  diffusione  delle  energie  rinnovabili  e  ad  un  significativo  miglioramento 
dell’intensità energetica della sua economia. Negli Stati Uniti, l’aumento dell’utilizzo del gas 
naturale  nella  generazione  elettrica  a  discapito  del  carbone  ha  contribuito  a  ridurre  le 
emissioni  di  200  milioni  di  tonnellate (Mt),  riportandole  al  livello  registrato  a  metà  degli 
anni novanta. Tuttavia, questi incoraggianti trend che hanno interessato Cina e Stati Uniti 
potrebbero invertirsi. In Europa, nonostante il maggior consumo di carbone, le emissioni 
sono diminuite di 50 Mt come conseguenza della recessione economica, della crescita delle 
rinnovabili  e  dei  limiti  al  livello  di  emissioni  imposti  ai  settori  industriale  ed  elettrico.  In 
Giappone, le emissioni sono aumentate di 70 Mt, in quanto gli sforzi profusi per migliorare 
l’efficienza  energetica  non  hanno  pienamente  controbilanciato  l’incremento  dell’uso  di 
fonti fossili necessario per compensare il minor ricorso al nucleare. Anche tenendo conto 
delle politiche attualmente perseguite, all’orizzonte 2020 le emissioni mondiali di gas ad 
effetto serra legate all’energia sono attese superare di 4 Gt di CO2 equivalente (CO2–eq) la 
©OECD/IEA,2013
 
2 World Energy Outlook | Rapporto Speciale
soglia  coerente  con  l’obiettivo  dei  2°C,  il  che  evidenzia  la  portata  della  sfida  che  dovrà 
essere affrontata entro la fine del decennio in corso.   
Quattro politiche energetiche possono mantenere fattibile l’obiettivo dei 2°C  
Presentiamo  il  nostro  Scenario  4‐per‐2 °C,  in  cui  proponiamo  l’implementazione  di 
quattro misure politiche che possono contribuire a tenere aperta la porta dei 2 °C fino al 
2020 a costi netti nulli. Rispetto al livello altrimenti atteso, queste politiche diminuirebbero 
le  emissioni  di  gas  ad  effetto  serra  di  3,1 Gt  CO2‐eq  nel  2020  –  l’80%  della  riduzione 
necessaria per muoversi lungo una traiettoria di emissioni coerente con l’obiettivo dei 2 °C. 
In questo modo si guadagnerebbe tempo prezioso mentre le negoziazioni internazionali sul 
clima proseguono in vista dell’importante Conferenza delle Parti che si terrà a Parigi nel 
2015  e  mentre  si  definiscono  le  politiche  nazionali  necessarie  all’implementazione  di  un 
atteso  accordo  internazionale.  Le  politiche  indicate  nello  Scenario  4‐per‐2 °C  sono  state 
selezionate  in  quanto  rispondenti  ad  alcuni  requisiti  di  cruciale  importanza:  possono 
generare significative riduzioni delle emissioni legate all’energia entro il 2020 (una sorta di 
“ponte”  per  future  azioni);  si  basano  unicamente  su  tecnologie  esistenti;  sono  già  state 
adottate  e  provate  in  diversi  paesi;  infine,  considerate  nel  loro  complesso,  una  loro 
adozione diffusa non comprometterebbe la crescita economica in nessun paese o regione.  
Le quattro politiche in questione sono: 
 Adottare misure specifiche per l’efficienza energetica (da cui deriverebbe il 49% dei 
risparmi emissivi). 
 Limitare la costruzione e l’uso delle centrali di generazione a carbone meno efficienti 
(21%). 
 Minimizzare  le  emissioni  di  metano  (CH4)  durante  la  produzione  di  petrolio  e  gas 
naturale (18%). 
 Accelerare la (parziale) eliminazione dei sussidi al consumo di fonti fossili (12%). 
Misure di efficienza energetica mirate consentirebbero di ridurre le emissioni mondiali 
legate all’energia di 1,5 Gt nel 2020, un livello prossimo a quello corrente della Russia. 
Queste politiche includono  l’adozione di standard di prestazione energetica nei seguenti 
settori:  nel  residenziale  e  terziario  per  illuminazione,  nuovi  dispositivi  elettrici  e  nuovi 
impianti  di  riscaldamento  e  condizionamento;  nell’industria  per  i  motori  elettrici;  nei 
trasporti per i veicoli stradali. Circa il 60% della riduzione complessiva di emissioni avviene 
nel settore residenziale e terziario. Nei paesi in cui queste politiche di efficienza energetica 
sono già state attuate, come nell’Unione Europea, in Giappone, negli Stati Uniti e in Cina, è 
necessario procedere ad un loro rafforzamento o ampliamento. Altri paesi devono invece 
provvedere ad introdurle. Tutti i paesi dovranno anche intraprendere azioni di supporto per 
superare  le  barriere  che  ostacolano  la  loro  effettiva  attuazione.  A  livello  mondiale, 
l’ammontare di investimenti aggiuntivi necessari per attuare queste misure raggiungerebbe 
i 200 miliardi di dollari all’orizzonte 2020 ma verrebbe più che compensato dalla riduzione 
della fattura energetica.  
©OECD/IEA,2013
 
Sintesi 3
Assicurare che non vengano costruiti nuovi impianti a carbone a pressione subcritica e 
limitare l’uso di quelli meno efficienti già in funzione ridurrebbe le emissioni di 640 Mt 
nel 2020 e contribuirebbe anche a contenere l’inquinamento atmosferico a livello locale. 
A  livello  mondiale,  l’uso  di  questi  impianti  risulterebbe  inferiore  di  un  quarto  rispetto  a 
quello altrimenti atteso nel 2020. In parallelo, aumenterebbe la quota di energia elettrica 
prodotta da fonti rinnovabili (da circa il 20% attuale al 27% nel 2020), così come quella 
generata  da  gas  naturale.  Politiche  volte  a  ridurre  il  peso  delle  centrali  a  carbone 
inefficienti,  come  la  definizione  di  livelli  standard  di  emissione  e  di  inquinamento 
atmosferico e l’imposizione di un prezzo sulla CO2, esistono già in diversi paesi. Nel nostro 
Scenario 4‐per‐2 °C, i maggiori risparmi emissivi si verificano in Cina, Stati Uniti e India, tutti 
paesi che dispongono di un parco di generazione prevalentemente alimentato a carbone.  
Le  emissioni  di  metano  in  atmosfera  durante  la  fase  di  produzione  di  petrolio  e  gas 
naturale  risulterebbero  quasi  dimezzate  nel  2020  rispetto  ai  livelli  che  altrimenti  si 
conseguirebbero.  Nel  2010,  le  operazioni  di  estrazione  di  petrolio  e  gas  naturale  hanno 
rilasciato 1,1 Gt CO2‐eq di metano, potente  gas ad effetto serra. Questi rilasci, ascrivibili 
all’uso delle pratiche di gas venting e gas flaring, corrispondono al doppio della produzione 
di gas naturale della Nigeria. Ridurre l’entità di questi rilasci in atmosfera rappresenta una 
strategia  efficace  e  complementare  a  quella  di  riduzione  delle  emissioni  di  CO2.  Le 
tecnologie necessarie a tale scopo sono già disponibili e accessibili a costi relativamente 
contenuti  e  in  alcuni  paesi  sono  già  state  adottate  politiche  di  questo  tipo,  come  gli 
standard di performance negli Stati Uniti. Nello Scenario 4‐per‐2° C, le maggiori riduzioni 
interessano Russia, Medio Oriente, Stati Uniti e Africa.  
Accelerare la parziale eliminazione dei sussidi alle fonti fossili ridurrebbe le emissioni di 
CO2  di  360 Mt  nel  2020  e  consentirebbe  l’attuazione  di  politiche  per  l’efficienza 
energetica. Nel 2011, i sussidi alle fonti fossili ammontavano a 523 miliardi di dollari, circa 
sei volte l’entità degli incentivi a favore delle energie rinnovabili. Attualmente, il 15% delle 
emissioni mondiali di CO2 riceve un incentivo di 110 dollari per tonnellata nella forma di 
sussidi alle fonti fossili mentre l’imposizione di un prezzo sulla CO2 riguarda solo l’8%. Le 
crescenti difficoltà dei budget statali rafforzano la necessità di una riforma dei sussidi ai 
combustibili fossili in molti paesi importatori ed esportatori e negli ultimi anni è aumentato 
il consenso politico necessario per muoversi in questa direzione. I paesi membri del G‐20 e 
dell’Asia‐Pacific  Economic  Cooperation  (APEC)  si  sono  impegnati  ad  eliminare  i  sussidi 
inefficienti alle fonti fossili e molti stanno procedendo verso l’attuazione di questa politica. 
E’ necessario adattarsi agli effetti del cambiamento climatico  
Il  settore  energetico  non  è  immune  dagli  impatti  fisici  del  cambiamento  climatico  e  si 
deve quindi adattare ad essi. Nel delineare i punti di vulnerabilità del sistema energetico, 
abbiamo  identificato  impatti  improvvisi  e  distruttivi  (causati  da  eventi  metereologici 
estremi) che presentano rischi per le centrali elettriche e le reti, per gli impianti del petrolio 
e del gas naturale, per i parchi eolici e altre infrastrutture. Altri impatti sono più graduali, 
come la variazione della domanda di riscaldamento e di condizionamento, l’aumento del 
livello del mare per le infrastrutture costiere, il cambiamento dei pattern climatici per gli 
©OECD/IEA,2013
 
4 World Energy Outlook | Rapporto Speciale
impianti  idroelettrici  e  la  scarsità  d’acqua  per  le  centrali  elettriche.  Danni  al  sistema 
energetico  possono  anche  generare  significative  ricadute  su  altri  servizi  cruciali.  Per 
migliorare la capacità di adattamento del sistema energetico al cambiamento climatico, i 
governi devono ideare e implementare politiche opportune che incentivino un processo di 
adattamento  prudente,  mentre  il  settore  privato  dovrebbe  valutare  i  rischi  e  gli  impatti 
associati alla questione climatica come parte delle sue decisioni di investimento.   
Anticipare la politica climatica può essere una fonte di vantaggio competitivo 
Le implicazioni finanziarie derivanti dall’attuazione di politiche climatiche più forti non 
sono  uniformi  all’interno  dell’industria  energetica  e  le  strategie  delle  imprese  vi  si 
dovranno  adeguare  di  conseguenza.  Seguendo  un  percorso  coerente  con  l’obiettivo  dei 
2 °C,  le  entrate  nette  generate  dalle  centrali  nucleari  e  dagli  impianti  alimentati  a  fonti 
rinnovabili già esistenti aumenterebbero di 1.800 miliardi di dollari (in dollari 2011) da oggi 
al  2035,  mentre  quelle  associate  alle  centrali  a  carbone  esistenti  diminuirebbero  di  un 
ammontare analogo. Delle nuove centrali a fonti fossili, l’8% verrebbe dismesso prima che 
l’investimento  sia  pienamente  recuperato.  Circa  il  30%  dei  nuovi  impianti  alimentati  a 
combustibili fossili verrebbe dotato (da subito o tramite interventi di retrofit) di sistemi di 
CCS,  tecnologia  che  agisce  come  strategia  di  protezione  degli  asset  e  permette  la 
commercializzazione  di  una  maggiore  quantità  di  fonti  fossili.  Un  ritardo 
nell’implementazione dei sistemi di CCS aumenterebbe il costo della decarbonizzazione del 
settore elettrico di 1.000 miliardi di dollari e causerebbe minori entrate per i produttori di 
combustibili fossili, specie di carbone. Anche muovendosi lungo la traiettoria dei 2°C, non 
sarebbe necessario interrompere la produzione in nessun giacimento attivo di petrolio o 
gas prima del suo esaurimento naturale. Alcuni campi la cui produzione deve essere ancora 
avviata non verranno sviluppati prima del 2035, il che significa che circa il 5‐6% delle riserve 
provate di petrolio e gas non inizierà a recuperare i relativi costi di esplorazione prima di 
quel momento.  
Rimandare  al  2020  l’implementazione  di  una  più  incisiva  azione  climatica  avrebbe  un 
costo: si eviterebbe di investire 1.500 miliardi di dollari in tecnologie a basso contenuto di 
carbonio  prima  del  2020,  ma  successivamente  sarebbero  necessari  investimenti 
aggiuntivi per 5.000 miliardi di dollari per ritornare lungo una traiettoria coerente con 
l’obiettivo dei 2° C. Pertanto, ritardare ulteriormente l’azione, anche alla fine del corrente 
decennio,  comporterebbe  costi  addizionali  significativi  per  il  settore  energetico  e 
aumenterebbe il rischio che gli asset energetici vengano dismessi prima della fine della loro 
vita utile. I paesi in via di sviluppo, data la forte crescita attesa della domanda di energia, 
potranno trarre maggior vantaggio investendo il prima possibile in infrastrutture a basso 
contenuto di carbonio e più efficienti, in quanto ciò riduce il rischio di dismettere prima del 
dovuto o di dover eseguire, in un secondo momento, interventi di retrofit sugli impianti ad 
alta intensità di carbonio.  
©OECD/IEA,2013
OUTLOOK
ENERGY
WORLD
2 0 1 3
RELEASE: 12 NOVEMBER
www.worldenergyoutlook.org
Igovernihannocongiuntamentedecisocheènecessariolimitarel’aumento
della temperatura media mondiale entro i 2o
C e a tale scopo sono state
avviate negoziazioni internazionali sul clima. Tuttavia, prima del 2015 non
verrà raggiunto alcun accordo e prima del 2020 non entreranno in vigore
nuovi obblighi di legge cui conformarsi. Al contempo, anche se molti paesi
stanno intraprendendo nuove azioni, il mondo si sta progressivamente
allontanando dalla traiettoria che deve seguire.
Ilsettoreenergeticoèlaprincipalefontediemissionidigasserraclimalteranti
la cui limitazione rappresenta un’imprescindibile linea di azione. Il
World Energy Outlook ha pubblicato per diversi anni analisi dettagliate
circa il contributo dell’energia al cambiamento climatico. Tuttavia, in un
contesto di grandi preoccupazioni economiche internazionali, emergono
allarmanti segnali indicativi della perdita di importanza della questione
climatica nelle agende politiche dei governi. Questo Rapporto Speciale
cerca di riassegnarle la giusta priorità, dimostrando che il problema può
essere affrontato a costi netti nulli.
Il Rapporto:
„„ Descrive lo stato attuale e l’evoluzione attesa in materia di clima
globale e di politica energetica – cosa sta accadendo e cosa è (ancora)
necessario fare?
„„ Delinea quattro misure specifiche per il settore energetico che possono
essere rapidamente ed efficacemente implementate, a costi netti nulli,
e che contribuiscono a mantenere attuabile l’obiettivo dei 2o
C, mentre
nel frattempo proseguono le negoziazioni internazionali sul clima.
„„ Indica azioni finalizzate a conseguire ulteriori riduzioni delle emissioni
dopo il 2020.
„„ Dimostra che il settore energetico deve occuparsi sin da ora, nel suo
stesso interesse, dei rischi impliciti del cambiamento climatico – sia
che si tratti di impatti fisici che di conseguenze derivanti da azioni più
drastiche implementate dai governi in un secondo momento, quando
la necessità di ridurre le emissioni diventerà perentoria.
Rapporto Speciale del World Energy Outlook
RIDEFINIRE IL QUADRO ENERGIA-CLIMA
For more information, and the free download of this report, please visit:
www.worldenergyoutlook.org/energyclimatemap

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  • 1. Rapporto Speciale del World Energy Outlook Italian translation SINTESI RIDEFINIRE IL QUADRO ENERGIA-CLIMA World Energy Outlook Special Report MAP ENERGY-CLIMATE THE REDRAWING
  • 2. AGENZIA INTERNAZIONALE PER L’ENERGIA L’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) è un organismo autonomo istituito nel novembre del 1974. Il suo compito principale era - ed è tuttora - duplice: favorire la sicurezza energetica dei paesi membri attraverso un meccanismo di risposta collettiva all’interruzione fisica di forniture petrolifere e fornire ricerche e analisi autorevoli che suggeriscano ai suoi 28 paesi membri, e non solo, come garantirsi l’accesso a fonti energetiche affidabili, accessibili e pulite. L’AIE porta avanti un vasto programma di cooperazione energetica che coinvolge i suoi paesi membri, ciascuno dei quali ha l’obbligo di detenere un livello di scorte petrolifere equivalente a 90 giorni delle rispettive importazioni nette. Alcuni dei principali obiettivi dell’AIE sono: n Assicurare ai paesi membri l’accesso a forniture affidabili e consistenti di tutte le forme di energia; in particolare, mantenendo efficaci strumenti di risposta a situazioni di emergenza dovute a crisi degli approvvigionamenti petroliferi. n Promuovere politiche energetiche sostenibili che stimolino, su scala mondiale, la crescita economica e la protezione dell’ambiente - soprattutto in termini di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra che contribuiscono al cambiamento climatico. n Migliorare la trasparenza dei mercati internazionali attraverso la raccolta e l’analisi dei dati energetici. n Supportare la collaborazione mondiale in materia di tecnologie energetiche al fine di garantire le future disponibilità di energia e mitigarne l’impatto ambientale, anche grazie al miglioramento dell’efficienza energetica e allo sviluppo e alla diffusione di tecnologie a basso contenuto di carbonio. n Trovare soluzioni alle sfide energetiche mondiali attraverso il coinvolgimento e il dialogo con i paesi non membri, l’industria, le organizzazioni internazionali e gli altri attori coinvolti. I paesi membri dell’AIE sono: Australia Austria Belgio Canada Danimarca Finlandia Francia Germania Giappone Grecia Irlanda Italia Lussemburgo Olanda Nuova Zelanda Norvegia Polonia Portogallo Regno Unito Repubblica Ceca Repubblica di Corea Repubblica Slovacca Spagna Svezia Svizzera Stati Uniti Turchia Ungheria Anche la Commissione Europea partecipa ai lavori dell’AIE. © OCDE/AIE, 2013 International Energy Agency (IEA) 9 rue de la Fédération 75739 Paris Cedex 15, France La presente pubblicazione è soggetta a specifiche restrizioni che ne limitano l’uso e la distribuzione. I termini e le condizioni sono disponibili online al seguente indirizzo web: http://www.iea.org/ termsandconditionsuseandcopyright/ Questo documento è stato originariamente pubblicato in lingua inglese. Nonostante l’AIE abbia compiuto ogni sforzo per assicurare che questa traduzione in italiano sia il più possible aderente al testo originale inglese, potrebbero esserci alcune lievi differenze. Printed in France by International Energy Agency, June 2013 Photo credits: © GraphicObsession
  • 3.   Sintesi 1 Sintesi    Il mondo si sta allontanando dall’obiettivo concordato dai governi di limitare l’aumento  della  temperatura  media  globale  nel  lungo  termine  entro  i  2  gradi  Celsius  (°C).  Le  emissioni mondiali di gas ad effetto serra sono in rapida crescita e, a maggio 2013, i livelli di  concentrazione del diossido di carbonio (CO2) in atmosfera hanno superato la soglia delle  400 parti per milione per la prima volta da diverse centinaia di millenni. Secondo la maggior  parte degli studi scientifici in materia, il cambiamento climatico è già in corso e dovremmo  aspettarci il verificarsi di eventi climatici estremi (come tempeste, inondazioni e ondate di  calore)  con  maggiore  frequenza  ed  intensità,  così  come  l’aumento  delle  temperature  su  scala  globale  e  l’innalzamento  del  livello  dei  mari.  Considerando  le  politiche  già  implementate, o quelle attualmente perseguite, risulta più probabile che l’aumento della  temperatura media mondiale nel lungo termine sia compreso tra i 3,6 °C e i 5,3 °C (rispetto  ai  livelli  pre‐industriali)  con  gran  parte  di  questo  incremento  concentrato  nel  secolo  in  corso. Anche se l’azione intrapresa a livello globale non è ancora sufficiente a contenere  l’aumento della temperatura  entro i  2° C, questo obiettivo rimane tuttora tecnicamente  raggiungibile  pur  essendo  estremamente  difficile.  Per  tenere  aperta  la  porta  dei  2°  C,  è  necessario  intraprendere  un’azione  forte  prima  del  2020,  data  entro  la  quale  entrerà  in  vigore  un  nuovo  accordo  internazionale  sul  clima.  L’energia  si  pone  al  centro  di  questa  sfida: il settore energetico conta per circa i due terzi delle emissioni di gas ad effetto serra,  poiché oltre l’80% del consumo mondiale di energia viene soddisfatto da fonti fossili.   Il settore energetico è fondamentale nella lotta al cambiamento climatico  Nonostante i risultati positivi conseguiti in alcuni paesi, nel 2012 il livello mondiale delle  emissioni di CO2 legate all’energia è aumentato dell’1,4% raggiungendo il record storico  di  31,6  gigatonnellate  (Gt).  I  paesi  non‐OCSE  contano  oggi  per  il  60%  delle  emissioni  globali, in aumento rispetto al 45% del 2000. Nel 2012, è stata la Cina a fornire il maggior  contributo  all’incremento  delle  emissioni  mondiali  di  CO2;  tuttavia,  la  crescita  delle  emissioni cinesi è stata una delle più basse registrate nell’ultimo decennio, principalmente  grazie  alla  diffusione  delle  energie  rinnovabili  e  ad  un  significativo  miglioramento  dell’intensità energetica della sua economia. Negli Stati Uniti, l’aumento dell’utilizzo del gas  naturale  nella  generazione  elettrica  a  discapito  del  carbone  ha  contribuito  a  ridurre  le  emissioni  di  200  milioni  di  tonnellate (Mt),  riportandole  al  livello  registrato  a  metà  degli  anni novanta. Tuttavia, questi incoraggianti trend che hanno interessato Cina e Stati Uniti  potrebbero invertirsi. In Europa, nonostante il maggior consumo di carbone, le emissioni  sono diminuite di 50 Mt come conseguenza della recessione economica, della crescita delle  rinnovabili  e  dei  limiti  al  livello  di  emissioni  imposti  ai  settori  industriale  ed  elettrico.  In  Giappone, le emissioni sono aumentate di 70 Mt, in quanto gli sforzi profusi per migliorare  l’efficienza  energetica  non  hanno  pienamente  controbilanciato  l’incremento  dell’uso  di  fonti fossili necessario per compensare il minor ricorso al nucleare. Anche tenendo conto  delle politiche attualmente perseguite, all’orizzonte 2020 le emissioni mondiali di gas ad  effetto serra legate all’energia sono attese superare di 4 Gt di CO2 equivalente (CO2–eq) la  ©OECD/IEA,2013
  • 4.   2 World Energy Outlook | Rapporto Speciale soglia  coerente  con  l’obiettivo  dei  2°C,  il  che  evidenzia  la  portata  della  sfida  che  dovrà  essere affrontata entro la fine del decennio in corso.    Quattro politiche energetiche possono mantenere fattibile l’obiettivo dei 2°C   Presentiamo  il  nostro  Scenario  4‐per‐2 °C,  in  cui  proponiamo  l’implementazione  di  quattro misure politiche che possono contribuire a tenere aperta la porta dei 2 °C fino al  2020 a costi netti nulli. Rispetto al livello altrimenti atteso, queste politiche diminuirebbero  le  emissioni  di  gas  ad  effetto  serra  di  3,1 Gt  CO2‐eq  nel  2020  –  l’80%  della  riduzione  necessaria per muoversi lungo una traiettoria di emissioni coerente con l’obiettivo dei 2 °C.  In questo modo si guadagnerebbe tempo prezioso mentre le negoziazioni internazionali sul  clima proseguono in vista dell’importante Conferenza delle Parti che si terrà a Parigi nel  2015  e  mentre  si  definiscono  le  politiche  nazionali  necessarie  all’implementazione  di  un  atteso  accordo  internazionale.  Le  politiche  indicate  nello  Scenario  4‐per‐2 °C  sono  state  selezionate  in  quanto  rispondenti  ad  alcuni  requisiti  di  cruciale  importanza:  possono  generare significative riduzioni delle emissioni legate all’energia entro il 2020 (una sorta di  “ponte”  per  future  azioni);  si  basano  unicamente  su  tecnologie  esistenti;  sono  già  state  adottate  e  provate  in  diversi  paesi;  infine,  considerate  nel  loro  complesso,  una  loro  adozione diffusa non comprometterebbe la crescita economica in nessun paese o regione.   Le quattro politiche in questione sono:   Adottare misure specifiche per l’efficienza energetica (da cui deriverebbe il 49% dei  risparmi emissivi).   Limitare la costruzione e l’uso delle centrali di generazione a carbone meno efficienti  (21%).   Minimizzare  le  emissioni  di  metano  (CH4)  durante  la  produzione  di  petrolio  e  gas  naturale (18%).   Accelerare la (parziale) eliminazione dei sussidi al consumo di fonti fossili (12%).  Misure di efficienza energetica mirate consentirebbero di ridurre le emissioni mondiali  legate all’energia di 1,5 Gt nel 2020, un livello prossimo a quello corrente della Russia.  Queste politiche includono  l’adozione di standard di prestazione energetica nei seguenti  settori:  nel  residenziale  e  terziario  per  illuminazione,  nuovi  dispositivi  elettrici  e  nuovi  impianti  di  riscaldamento  e  condizionamento;  nell’industria  per  i  motori  elettrici;  nei  trasporti per i veicoli stradali. Circa il 60% della riduzione complessiva di emissioni avviene  nel settore residenziale e terziario. Nei paesi in cui queste politiche di efficienza energetica  sono già state attuate, come nell’Unione Europea, in Giappone, negli Stati Uniti e in Cina, è  necessario procedere ad un loro rafforzamento o ampliamento. Altri paesi devono invece  provvedere ad introdurle. Tutti i paesi dovranno anche intraprendere azioni di supporto per  superare  le  barriere  che  ostacolano  la  loro  effettiva  attuazione.  A  livello  mondiale,  l’ammontare di investimenti aggiuntivi necessari per attuare queste misure raggiungerebbe  i 200 miliardi di dollari all’orizzonte 2020 ma verrebbe più che compensato dalla riduzione  della fattura energetica.   ©OECD/IEA,2013
  • 5.   Sintesi 3 Assicurare che non vengano costruiti nuovi impianti a carbone a pressione subcritica e  limitare l’uso di quelli meno efficienti già in funzione ridurrebbe le emissioni di 640 Mt  nel 2020 e contribuirebbe anche a contenere l’inquinamento atmosferico a livello locale.  A  livello  mondiale,  l’uso  di  questi  impianti  risulterebbe  inferiore  di  un  quarto  rispetto  a  quello altrimenti atteso nel 2020. In parallelo, aumenterebbe la quota di energia elettrica  prodotta da fonti rinnovabili (da circa il 20% attuale al 27% nel 2020), così come quella  generata  da  gas  naturale.  Politiche  volte  a  ridurre  il  peso  delle  centrali  a  carbone  inefficienti,  come  la  definizione  di  livelli  standard  di  emissione  e  di  inquinamento  atmosferico e l’imposizione di un prezzo sulla CO2, esistono già in diversi paesi. Nel nostro  Scenario 4‐per‐2 °C, i maggiori risparmi emissivi si verificano in Cina, Stati Uniti e India, tutti  paesi che dispongono di un parco di generazione prevalentemente alimentato a carbone.   Le  emissioni  di  metano  in  atmosfera  durante  la  fase  di  produzione  di  petrolio  e  gas  naturale  risulterebbero  quasi  dimezzate  nel  2020  rispetto  ai  livelli  che  altrimenti  si  conseguirebbero.  Nel  2010,  le  operazioni  di  estrazione  di  petrolio  e  gas  naturale  hanno  rilasciato 1,1 Gt CO2‐eq di metano, potente  gas ad effetto serra. Questi rilasci, ascrivibili  all’uso delle pratiche di gas venting e gas flaring, corrispondono al doppio della produzione  di gas naturale della Nigeria. Ridurre l’entità di questi rilasci in atmosfera rappresenta una  strategia  efficace  e  complementare  a  quella  di  riduzione  delle  emissioni  di  CO2.  Le  tecnologie necessarie a tale scopo sono già disponibili e accessibili a costi relativamente  contenuti  e  in  alcuni  paesi  sono  già  state  adottate  politiche  di  questo  tipo,  come  gli  standard di performance negli Stati Uniti. Nello Scenario 4‐per‐2° C, le maggiori riduzioni  interessano Russia, Medio Oriente, Stati Uniti e Africa.   Accelerare la parziale eliminazione dei sussidi alle fonti fossili ridurrebbe le emissioni di  CO2  di  360 Mt  nel  2020  e  consentirebbe  l’attuazione  di  politiche  per  l’efficienza  energetica. Nel 2011, i sussidi alle fonti fossili ammontavano a 523 miliardi di dollari, circa  sei volte l’entità degli incentivi a favore delle energie rinnovabili. Attualmente, il 15% delle  emissioni mondiali di CO2 riceve un incentivo di 110 dollari per tonnellata nella forma di  sussidi alle fonti fossili mentre l’imposizione di un prezzo sulla CO2 riguarda solo l’8%. Le  crescenti difficoltà dei budget statali rafforzano la necessità di una riforma dei sussidi ai  combustibili fossili in molti paesi importatori ed esportatori e negli ultimi anni è aumentato  il consenso politico necessario per muoversi in questa direzione. I paesi membri del G‐20 e  dell’Asia‐Pacific  Economic  Cooperation  (APEC)  si  sono  impegnati  ad  eliminare  i  sussidi  inefficienti alle fonti fossili e molti stanno procedendo verso l’attuazione di questa politica.  E’ necessario adattarsi agli effetti del cambiamento climatico   Il  settore  energetico  non  è  immune  dagli  impatti  fisici  del  cambiamento  climatico  e  si  deve quindi adattare ad essi. Nel delineare i punti di vulnerabilità del sistema energetico,  abbiamo  identificato  impatti  improvvisi  e  distruttivi  (causati  da  eventi  metereologici  estremi) che presentano rischi per le centrali elettriche e le reti, per gli impianti del petrolio  e del gas naturale, per i parchi eolici e altre infrastrutture. Altri impatti sono più graduali,  come la variazione della domanda di riscaldamento e di condizionamento, l’aumento del  livello del mare per le infrastrutture costiere, il cambiamento dei pattern climatici per gli  ©OECD/IEA,2013
  • 6.   4 World Energy Outlook | Rapporto Speciale impianti  idroelettrici  e  la  scarsità  d’acqua  per  le  centrali  elettriche.  Danni  al  sistema  energetico  possono  anche  generare  significative  ricadute  su  altri  servizi  cruciali.  Per  migliorare la capacità di adattamento del sistema energetico al cambiamento climatico, i  governi devono ideare e implementare politiche opportune che incentivino un processo di  adattamento  prudente,  mentre  il  settore  privato  dovrebbe  valutare  i  rischi  e  gli  impatti  associati alla questione climatica come parte delle sue decisioni di investimento.    Anticipare la politica climatica può essere una fonte di vantaggio competitivo  Le implicazioni finanziarie derivanti dall’attuazione di politiche climatiche più forti non  sono  uniformi  all’interno  dell’industria  energetica  e  le  strategie  delle  imprese  vi  si  dovranno  adeguare  di  conseguenza.  Seguendo  un  percorso  coerente  con  l’obiettivo  dei  2 °C,  le  entrate  nette  generate  dalle  centrali  nucleari  e  dagli  impianti  alimentati  a  fonti  rinnovabili già esistenti aumenterebbero di 1.800 miliardi di dollari (in dollari 2011) da oggi  al  2035,  mentre  quelle  associate  alle  centrali  a  carbone  esistenti  diminuirebbero  di  un  ammontare analogo. Delle nuove centrali a fonti fossili, l’8% verrebbe dismesso prima che  l’investimento  sia  pienamente  recuperato.  Circa  il  30%  dei  nuovi  impianti  alimentati  a  combustibili fossili verrebbe dotato (da subito o tramite interventi di retrofit) di sistemi di  CCS,  tecnologia  che  agisce  come  strategia  di  protezione  degli  asset  e  permette  la  commercializzazione  di  una  maggiore  quantità  di  fonti  fossili.  Un  ritardo  nell’implementazione dei sistemi di CCS aumenterebbe il costo della decarbonizzazione del  settore elettrico di 1.000 miliardi di dollari e causerebbe minori entrate per i produttori di  combustibili fossili, specie di carbone. Anche muovendosi lungo la traiettoria dei 2°C, non  sarebbe necessario interrompere la produzione in nessun giacimento attivo di petrolio o  gas prima del suo esaurimento naturale. Alcuni campi la cui produzione deve essere ancora  avviata non verranno sviluppati prima del 2035, il che significa che circa il 5‐6% delle riserve  provate di petrolio e gas non inizierà a recuperare i relativi costi di esplorazione prima di  quel momento.   Rimandare  al  2020  l’implementazione  di  una  più  incisiva  azione  climatica  avrebbe  un  costo: si eviterebbe di investire 1.500 miliardi di dollari in tecnologie a basso contenuto di  carbonio  prima  del  2020,  ma  successivamente  sarebbero  necessari  investimenti  aggiuntivi per 5.000 miliardi di dollari per ritornare lungo una traiettoria coerente con  l’obiettivo dei 2° C. Pertanto, ritardare ulteriormente l’azione, anche alla fine del corrente  decennio,  comporterebbe  costi  addizionali  significativi  per  il  settore  energetico  e  aumenterebbe il rischio che gli asset energetici vengano dismessi prima della fine della loro  vita utile. I paesi in via di sviluppo, data la forte crescita attesa della domanda di energia,  potranno trarre maggior vantaggio investendo il prima possibile in infrastrutture a basso  contenuto di carbonio e più efficienti, in quanto ciò riduce il rischio di dismettere prima del  dovuto o di dover eseguire, in un secondo momento, interventi di retrofit sugli impianti ad  alta intensità di carbonio.   ©OECD/IEA,2013
  • 7. OUTLOOK ENERGY WORLD 2 0 1 3 RELEASE: 12 NOVEMBER www.worldenergyoutlook.org
  • 8. Igovernihannocongiuntamentedecisocheènecessariolimitarel’aumento della temperatura media mondiale entro i 2o C e a tale scopo sono state avviate negoziazioni internazionali sul clima. Tuttavia, prima del 2015 non verrà raggiunto alcun accordo e prima del 2020 non entreranno in vigore nuovi obblighi di legge cui conformarsi. Al contempo, anche se molti paesi stanno intraprendendo nuove azioni, il mondo si sta progressivamente allontanando dalla traiettoria che deve seguire. Ilsettoreenergeticoèlaprincipalefontediemissionidigasserraclimalteranti la cui limitazione rappresenta un’imprescindibile linea di azione. Il World Energy Outlook ha pubblicato per diversi anni analisi dettagliate circa il contributo dell’energia al cambiamento climatico. Tuttavia, in un contesto di grandi preoccupazioni economiche internazionali, emergono allarmanti segnali indicativi della perdita di importanza della questione climatica nelle agende politiche dei governi. Questo Rapporto Speciale cerca di riassegnarle la giusta priorità, dimostrando che il problema può essere affrontato a costi netti nulli. Il Rapporto: „„ Descrive lo stato attuale e l’evoluzione attesa in materia di clima globale e di politica energetica – cosa sta accadendo e cosa è (ancora) necessario fare? „„ Delinea quattro misure specifiche per il settore energetico che possono essere rapidamente ed efficacemente implementate, a costi netti nulli, e che contribuiscono a mantenere attuabile l’obiettivo dei 2o C, mentre nel frattempo proseguono le negoziazioni internazionali sul clima. „„ Indica azioni finalizzate a conseguire ulteriori riduzioni delle emissioni dopo il 2020. „„ Dimostra che il settore energetico deve occuparsi sin da ora, nel suo stesso interesse, dei rischi impliciti del cambiamento climatico – sia che si tratti di impatti fisici che di conseguenze derivanti da azioni più drastiche implementate dai governi in un secondo momento, quando la necessità di ridurre le emissioni diventerà perentoria. Rapporto Speciale del World Energy Outlook RIDEFINIRE IL QUADRO ENERGIA-CLIMA For more information, and the free download of this report, please visit: www.worldenergyoutlook.org/energyclimatemap