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Domande e risposte
   di Economia e Gestione
delle Imprese Internazionali




 Autori: ProfMan & o’Nonno
Appunti d’esame
Economia e Gestione delle Imprese Internazionali                                 Visto su: www.profland.altervista.org




                                                                    “La cultura è ciò che resta
                                                                dopo che si è dimenticato tutto”
                                                                                                        (Herriot)




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Capitolo I

Quali tendenze in cscenze sono oggi richieste? (prof)
La tendenza alla delocalizzazione produttiva, la crescente necessità di disporre di risorse
immateriali, le opportunità nascenti con l’ingresso in campo internazionale dei paesi ad
economia pianificata e la ricerca del mantenimento della posizione competitiva in
ambienti sempre più complessi hanno suggerito una nuova figura di manager con elevata
capacità e professionalità. Ai manager sono oggi richieste: una maggiore conoscenza sia
dell’ambiente interno che esterno per ridurre il rischio e l’incertezza; una maggiore
capacità di dialogo e di interazione con i portatori di culture diverse; capacità di
negoziazione e di ottimizzazione dei rapporti con i vari attori degli ambiti competitivi.
I manager devono quindi acquisire competenze tecnologiche, di mercato, organizzative,
finanziarie e di general management che rappresentano vantaggi firm specific
difficilmente appropriabili da parte dei competitori.

Spiegare la sovrapposizione che spesso si riscontra tra i paradigmi teorici delle strategie
dell’internazionalizzazione e quelli interpretativi delle modalità di attuazione delle strategie. Su quali
argomenti dovrebbero focalizzarsi i due paradigmi?

Descrivere l’Internalization Theory della Reading School e le teorie di Coase e di Williamson
sull’internazionalizzazione.
Secondo i ricercatori della Reading School le imprese multinazionali perseguono
decisioni di crescita dimensionale, mediante investimenti diretti all’estero (creazione di
mercati interni), quando i mercati esterni (soprattutto dei fattori) sono inesistenti o
imperfetti (ad es. per carenze di informazioni o per presenza di opportunismo), le
multinazionali conseguono quindi vantaggi firm specific e godono di una protezione nei
loro mercati interni.
Coase, nella sua teoria istituzionalista, afferma che l’impresa tende a preferire relazioni
cooperative al suo interno, piuttosto che relazioni di mercato, fino a quando i costi
interni di un’ulteriore transazione non siano uguali a quelli effettuati in una struttra di
mercato imperfetta.
Per Williamson (teoria dei costi transazionali) la migliore strategia è quella che persegue
la ricerca dell’efficienza (economizing) nell’ottica dicotomica gerarchia-mercato: le
imprese sviluppano l’attività al proprio interno se i costi di transazione sono minori di
quelli necessari per rivolgersi al mercato.

Descrivere la teoria dei costi transazionali di Williamson. Quali sono i fattori che innalzano i costi di
transazione? (prof)
Secondo la teoria dei costi transazionali di Williamson le imprese perseguono la massima
efficienza decidendo per ogni attività se svilupparla all’interno o rivolgersi al mercato
(ottica dicotomica gerarchia-mercato). Le imprese internalizzano se i costi di transazione
sono minori di quelli di implementazione e viceversa.
I fattori che innalzano i costi di transazione sono: razionalità limitata, atmosfera, piccoli
numeri, asimmetria informativa ed opportunismo.


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Descrivere il paradigma di Bain struttura-performance. Su quali punti gli economisti d’impresa possono
non concordare?
Bain spiegava i risultati delle imprese appartenenti ad uno stesso settore in base alle
caratteristiche strutturali dello stesso, definendo gli elementi-chiave di una struttura le
barriere all’entrata, la situazione concorrenziale e l’elasticità della domanda. L’evidenza
empirica, però, dimostrò che imprese dello stesso settore non avevano sempre le stesse
performance. Bain infatti aveva trascurato l’effetto della leva strategica, che può
permettere all’impresa di raggiungere, utilizzando strutture simili a quelle dei
concorrenti, risultati e posizionamenti competitivi più vantaggiosi.
(manca la seconda parte)

Descrivere il modello del CPV (internazionale) del Vernon e le critiche mosse a tale modello.
Secondo il modello di Vernon, i cambiamenti nel processo produttivo, atti a
standardizzare il processo-prodotto, impongono una scelta ottimale di allocazione delle
risorse tra mercati interni e mercati esteri.
Tra le critiche, Rapp evidenzia che tale modello non spiega l’appropriazione dei vantaggi
firm-specific degli innovatori da parte degli imitatori, che possono acquisire più elevati
vantaggi competitivi quando gli innovatori utilizzino le risorse possedute in modo
distorto.

Descrivere il pensiero della Penrose sull’impresa e sull’espansione (anche internazionale) dell’impresa.
L’Autrice vede l’imprese come un insieme di risorse produttive, fisiche ed umane: la
diversa combinazione di queste risorse fornisce all’impresa un insieme di servizi da
utilizzare nel processo produttivo, questi servizi variano poi in base alle conoscenze che
il personale dell’impresa ha. La spinta all’espansione è data proprio dalla non piena
utilizzazione di queste risorse. La Penrose accenna solo all’esistenza di tipologie di
diversificazione “connesse al mercato”, quando afferma che l’impresa che si immette in
nuovi mercati con beni già in produzione ottiene gli stessi risultati a quelli raggiunti con
la diversificazione. Dato poi che vengono differenziate le scelte di diversificazione a
seconda che siano attuate nelle aree di specializzazione (base produttiva e area di
mercato) dell’impresa o in nuove aree, in altri termini in base ai cambiamenti
dell’ambiente esterno, si può intuire come sia necessario ampliare lo stock di conoscenze
dell’impresa nel caso in cui la conquista di nuovi “gruppi geografici” comporti un
allontanamento dalle aree di mercato familiari.

Descrivere le ipotesi Rumelt sulla diversificazione internazionale. Tali ipotesi si sono dimostrate,
successivamente, robuste?
La diversificazione internazionali viene definita come un’entrata in nuovi mercati che
implicava necessariamente uno sviluppo delle competenze manageriali delle imprese; si
realizza anche quando l’impresa si internazionalizza attraverso processi di integrazione o
di collaborazione. Rumelt sosteneva quindi l’esistenza di una relazione positiva tra
performance della diversificazione e livello di internazionalizzazione, numerose le
critiche: alcuni sostenevano che tale relazione non si dimostrava così significante, altri
che addirittura la relazione fosse inversa. Rumelt allora aggiunse che la relazione, di
qualunque tipo, porta comunque ad un aumento delle performance d’impresa.
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Sono presenti nel pensiero di Ansoff le strategie dell’internazionalizzazione (implicitamente o
esplicitamente)?
Con Ansoff le strategie di sviluppo vengono teorizzate, utilizzando due parametri: la
missione (l’obiettivo che l’impresa dà ai suoi prodotti in diversi mercati) e la tipologia di
prodotti (scelta di ampliamento produttivo verso prodotti nuovi o già esistenti).

                                                   Prodotti                        Strategie
                                                                                   prodotto/mercato
                                              Attuali             Nuovi            (Ansoff)


                                           Penetrazione del
                                Attuali                     Sviluppo prodotti
                                              mercato
                                                                                                       Missioni

                                             Sviluppo del
                                 Nuovi                        Diversificazione
                                               mercato
Il     processo       di
sviluppo internazionale può essere visto, implicitamente, nello sviluppo del mercato e
nella diversificazione, ma solo se i segmenti di mercato sono considerati dal punto di
vista geografico e solo se la diversità territoriale si traduce in una clientela diversa.

Descrivere i concetti di globalizzazione per Ohmae e per Porter (strategie delle imprese nei settori
globali) e le critiche mosse a tali concetti.
Per Ohmae…
Per Porter…
                                                                                 Strategie delle
                                           Configurazione                        imprese nei settori
                                           Decentramento      Concentrazione     globali (Porter)



                                  Alto     IDE coordinato         Globale
        Coordinamento

                                                                Exp. con
                                 Basso     Multidomestica
                                                              MKT decentrato

Quali sono le dimensioni alla base del diamante della competizione delle nazioni di Porter? Quali
critiche sono state mosse a tale modello?
Porter, ponendo l’ottica sulla globalizzazione di un Paese, individua 4 determinanti: la
rivalità delle imprese nel mercato domestico, il livello di sofisticazione della domanda, la
presenza di fornitori e di servizi di supporto e la presenza di dotazioni specifiche.
Le critiche partono: dalla non considerazione della cultura dominante e del ruolo del
Governo, dal fatto che i quattro criteri-guida sono talmente ampi da dare scarse


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indicazioni ai policy makers e dalla domanda “esiste ancora una stretta connessione
impresa-paese d’origine?”.

Quali trade-off occorre ricercare nelle scelte relative alla configurazione ed al coordinamento? (e perchè?)
Riguardo alla configurazione: tra la possibilità di accentrare le decisioni da prendere
(concentrazione geografica) ed una strategia più pronta a decentrare (dispersione
geografica), al fine di cogliere le specificità locali; saper scegliere la giusta posizione
significa anche scegliere tra economie di scala e accelerazione dell’apprendimento.
Per il coordinamento: tra il controllo stretto dell’apprendimento, cosicché i manager
centrali possano creare sinergie positive, e la libertà dei manager periferici, in modo da
stimolare la creatività e la responsabilità degli stessi

Quali vantaggi si conseguono nell’agire globale (alla Porter)?

Descrivere compiutamente il paradigma dell’internazionalizzazione basato sullo sviluppo delle
competenze distintive.
Le competenze distintive sono da intendere come i modi in cui l’impresa riesce a
combinare ed utilizzare gruppi di risorse, tali da renderla quasi unica sul mercato: lo
sviluppo può essere discontinuo (acquisizione di nuove risorse e conoscenze
significativamente diverse) o tendenziale (conoscenze dello stesso tipo).
Il patrimonio può essere cumulato a somma positiva (quando competenze nuove e
significativamente diverse si aggiungono alle precedenti) o a somma negativa o nulla
(quando le nuove sostituiscono le precedenti).

                                Sviluppo delle Competenze Distintive
                                                                                                        Competenze distintive e
                                            Discontinuo          Tendenziale
                                                                                                        strategie d’impresa

                                  A
                               somma       Diversificazione      Espansione
                               positiva
                                                                                              Patrimonio
                                  A                                                           Cumulato
                               somma
                                             Riconversione       Ricentraggio
                              negativa
                               o nulla


Descrivere il “circolo virtuoso” che si instaura tra conoscenze e strategie di sviluppo.

In sintonia con la scuola di Uppsala, processi di internazionalizzazione e processo di apprendimento
presentano punti di omogeneità e di difformità: quali?

Descrivere il parallelismo che può riscontrarsi tra il paradigma delle strategie
dell’internazionalizzazione, basato sullo sviluppo delle competenze distintive, ed il paradigma dello
sviluppo innovativo (traiettorie tecnologiche).
Il circolo virtuoso che si instaura in entrambi i casi. (risposta da ampliare)

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Descrivere il concetto di internazionalizzazione per diversificazione. Quali vantaggi discendono
dall’operare in cluster omogenei di Paesi? (riferire anche il pensiero di Teece).

Quali pericoli discendono da una internazionalizzazione per diversificazione di tipo conglomerale?
Innanzitutto con l’ingresso in nuovi mercati crescono le esigenze conoscitive dei
manager, di conseguenza, con l’aumentare della distanza, cresce anche l’incertezza degli
stessi e l’esposizione al rischio delle imprese. Tale incertezza, inoltre, può portare nei
manager ad un’inerzia ed ad accentuare gli scopi opportunistici (ottica di breve periodo).
Nascono poi gli stessi problemi di una diversificazione in business indipendenti, tanto
che il minor rischio finanziario, dovuto al frazionamento, è compensato dal maggior
rischio derivante dalla non conoscenza.
Ancora, se non si assume nuovo capitale umano, si rischia di distogliere eccessivamente
le proprie risorse dalle attività consolidate, per spostarle sulle nuove; se si innestano
nuovi manager, possono emergere conflitti interorganizzativi con quelli preesistenti.
Infine le nuove problematiche nascenti e gli sforzi fatti per risolverle impediscono lo
sviluppo di routine, peggiorando il livello di coordinamento.

Descrivere il concetto di strategie di ricentraggio. Quali strategie di ricentraggio sono state poste in essere
dalle grandi imprese internazionali e perché?

Descrivere almeno tre casi tra quelli di break up, di asset swap e di specializzazione incrociata posti in
essere dalle grandi imprese internazionali.

Descrivere le determinanti della specializzazione cui sembrano tendere le moderne economie.
Attualmente, come si specializzano le imprese?
In un’ottica macro-economica, la specializzazione, a cui sembrano tendere le moderne
economie, sembra basarsi oltre che sulle differenze di costo delle produzioni dei vari
paesi, anche su altre determinanti come la globalizzazione dei mercati degli input e degli
output, che ha portato le imprese a concentrarsi su quelle competenze più facilmente
coordinabili dal management aziendale, e come la maggiore penetrabilità dei mercati
(date le minori barriere all’entrata), che ha spinto il management ad assumere
comportamenti più difendibili e, di riflesso, le grandi imprese ad acquisire una leadership
in specifiche attività.
Le imprese si specializzano oltre che per prodotto anche per fasi di lavorazione o per
attività della catena del valore, questo comporta una esternalizzazione ad es. anche del
marketing, della ricerca, della logistica, ecc.

Quali erano le determinanti “tradizionali” delle scelte di internazionalizzazione?
Prima degli anni ’70 le determinanti erano: la rivalità oligopolistica delle imprese
(soprattutto statunitensi); i minori costi del lavoro all’estero; il continuo apprezzamento
del dollaro; la limitatezza delle competenze produttive e tecnologiche,
l’internazionalizzazione era usata per sfruttare meglio le competenze possedute.



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Per Chandler solo dopo fasi iniziali di start-up e di sviluppo nei core business e dopo
aver acquisito un sostenibile e duraturo vantaggio nei business intrapresi, le imprese si
internazionalizzano, in modo da mantenere il proprio tasso di crescita.

Quali sono le determinanti delle scelte di internazionalizzazione nell’ottica delle moderne imprese?
Assumendo un mercato aperto e che nuove attività permettano all’azienda di colmare
“vuoti di offerta”, le determinanti moderne sono:
• l’esistenza di risorse e conoscenze non utilizzate (alla Penrose);
• la necessità di monitorare comportamenti di mercati, produzioni, settori (apertura di
    finestre cognitive), per cogliere le opportunità che possono emergere.
Le finestre cognitive vengono “aperte” per apprendere i meccanismi di mercato
prevalenti (finestre di mercato) o per conoscere ed appropriarsi delle tecnologie
innovative (finestre tecnologiche), aprire delle finestre conoscitive permette, quindi, di
agire in anticipo sui concorrenti.

È vero affermare che il “nuovo modo di competere”dei managers è centrato maggiormente sul sapere e
sulla conoscenza, piuttosto che sui profitti e sulla redditività? (Se no, perché?). Quali sfide ambientali
devono oggi essere affrontate dai managers?
Per acquisire migliori posizioni competitive e per poter effettuare dei cambiamenti,
occorre conoscere, acquisire informazioni e saperle interpretare, soprattutto in ambito
internazionale. Quanto detto sembrerebbe ipotizzare un nuovo modo di competere del
manager centrato sul sapere e sulla conoscenza, piuttosto che sui profitti e sulla
redditività: questo però non è vero in quanto la conoscenza e la redditività sono variabili
interdipendenti. La prima, infatti, crea le premesse per raggiungere una maggiore
efficacia ed efficienza imprenditoriale, la seconda aumenta con l’acquisizione di migliori
posizionamenti competitivi.
Inoltre non è possibile pensare ad un ambiente esterno stabile ed immutato nel tempo,
visto che: le nuove tecnologie hanno diminuito le barriere all’entrata, incrementando così
la concorrenza tra le imprese, e hanno modificato, in intensità e volume, la domanda; i
nuovi materiali hanno permesso la creazione di molti prodotti concorrenti o sostitutivi;
con l’ampliarsi dei mercati di sbocco, la lontananza degli stessi e le difficoltà finanziarie e
valutarie di molti paesi crescono gli ostacoli, maggiorati dall’esistenza di asimmetrie
culturali tra paesi diversi.




Capitolo II


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Quali sono i motivi che inducono ad affermare che lo studio della variabile culturale risulta un valido
strumento di supporto alle analisi strategiche sull’internazionalizzazione? Quali sono i motivi che
hanno portato allo sviluppo delle ricerche sul tema del cross-cultural management?

Descrivere almeno tre concetti, tra quelli proposti nel testo, di cultura delle organizzazioni. Nei contesti
e nelle organizzazioni possono convivere più culture: quali sono queste culture per Martin e Siehl?
Kroeber: insieme di patterns di comportamento trasmessi attraverso artefatti.
Hofstede: programmazione mentale collettiva, importanza dell’educazione.
Harris: come un iceberg, dove la punta sono gli artefatti e la parte nascosta le
determinanti.
Martin e Siehl: valori condivisi dalla maggioranza, convive con la sottocultura e la
controcultura.
(concetti da ampliare)

Descrivere il concetto di cultura per Schein, le espressioni visibili e le motivazioni invisibili sulla base
delle quali essa viene analizzata (sempre secondo Schein).
La cultura è vista come un insieme di assunti sviluppati per l’adattamento esterno e
l’integrazione interna, si individuano i valori, i miti, gli eroi e i riti.
(concetto da ampliare)

Quali analisi sono svolte nei filoni di studio nei quali si segmenta il tema del cross-cultural
management? Quali metafore descrivono le diverse Nazioni per Tosi?
Il cross-cultural management descrive i comportamenti degli individui, provenienti da
culture diverse, all’interno delle organizzazioni e le diversità culturali esistenti tra
organizzazioni di contesti culturalmente diversi, si divide in: cross-cultural research e
cross-national research.
Tosi individua 4 metafore per descrivere altrettanti macro-aree ambientali: il football per
la cultura americana (spirito di squadra e agonismo), l’orchestra sinfonica per quella
tedesca (ordine, precisione e necessità di un leader), il giardino giapponese per il
Giappone (lavoro di gruppo, armonia e fiducia) ed infine l’opera per l’Italia ed i Paesi
latini (passione, istinto, creatività e coinvolgimento emotivo)

Descrivere l’approccio delle metafore di Trompenaars sulla cultura dei diversi paesi e delle imprese in essi
operanti.
Nella “Famiglia” è importante il ruolo del “padre” e, di conseguenza, nelle imprese la
leadership è attribuita e non guadagnata. La “Torre Eiffel” si fonda sul ruolo del capo e
nelle imprese sono carenti le relazioni personali. Nell’Incubatrice si riconosce che i fini
dell’organizzazione devono essere subordinati al soddisfacimento degli individui. Il
“missile teleguidato” presenta orientamento al gruppo e spirito di uguaglianza.


                          Uguaglianz           Incubatrice         Missile teleguidato
                              a               (paesi nordici)           (USA – UK)


                                                   Famiglia            Torre Eiffel
                           Gerarchia        (Giappone, Italia e     (Germania, Austria,
                                                 Spagna)          Paesi Bassi e Danimarca)                       9/40
                                               Orientamento           Orientamento
                                                al singolo             al gruppo
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Economia e Gestione delle Imprese Internazionali                            Visto su: www.profland.altervista.org




Cosa studia il cross-cultural management? Descrivere il modello di Hofstede. (prof)
Il cross-cultural management studia il comportamento all’interno dell’impresa di
individui che provengono da culture diverse e le possibilità di interazione tra individui
che provengono da culture diverse.
Il modello di Hofstede prevede 4 dimensioni: la distanza gerarchica, il grado di
accettazione dell’incertezza, l’individualismo/collettivismo, la mascolinità/femminilità.

Descrivere compiutamente le dimensioni del modello di Hofstede sulla cultura delle organizzazioni.
L’Autore evidenzia le differenze culturali in base a 4 dimensioni:
• controllo dell’incertezza: il modo in cui una società si sente minacciata da situazioni
   incerte e cerca di evitarle, se il controllo è debole (USA) c’è accettazione dei rischi e
   tolleranza, se è forte (Giappone e Italia) si ricercano verità assolute, ovvero
   prevalgono le regole;
• distanza gerarchica: misura il livello di accettazione del potere e la sua ineguale
   distribuzione nell’organizzazione, è elevata nell’Africa nera, dove la classe media è
   stabile, e bassa in Germania e negli USA, dove c’è la chiusura della classe dominante;
• individualismo/collettivismo: misura il livello di interazione tra gli individui e tra i
   gruppi, collettivista è il Giappone, individualisti i paesi anglosassoni;
• mascolinità/femminilità: individua modelli di comportamento e stili manageriali delle
   organizzazioni, la cultura maschile (USA, Germania, Giappone ed Italia) preferisce
   che le decisioni siano prese dal singolo, in quella femminile (Paesi nordici) le decisioni
   spettano al gruppo e non si deve interferire nella vita privata dei dipendenti.

Cosa intende Trompenaars (nel suo approccio cultura-strategia) per universalismo/particolarismo e
quali limiti discendono dalle due configurazioni? Descrivere almeno altre tre dimensioni considerate da
Trompenaars, sempre nello stesso modello.

Quali ricerche ed a quali risultati sono pervenuti alcuni studi posti in essere nel filone del cross-national
research?
Questo filone analizza la cultura dei paesi occidentali e ha come ipotesi implicita che il
funzionamento delle organizzazioni sia correlato alla cultura del contesto.
Alcuni studi hanno collegato il Modello di Hofstede con il “diamante” di Porter, i
risultati hanno dimostrato che la cultura è una variabile che esplicitamente può agire sul
vantaggio competitivo di una nazione, in quanto il controllo dell’incertezza e la tendenza
al collettivismo determinano il livello dell’apertura al cambiamento e l’interazione degli
operatori di un determinato paese. Infatti l’avversione al rischio costituisce un deterrente
allo sviluppo di alcuni settori dell’economia (es. Svizzera), il collettivismo può far
superare l’avversione al rischio (es. Giappone).




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Come può avvenire efficacemente un cambiamento culturale nelle organizzazioni (ricordare, al riguardo,
anche il pensiero di Lakatos)? Come influiscono le diversità culturali sull’andamento delle
collaborazioni?

Quale legame (subordinazione o interdipendenza) è emerso negli studi e nelle ricerche tra cultura
nazionale e cultura d’impresa? Spiegare i concetti di neo-localismo e di radicamento (cui perviene
Varaldo).

Negli anni 50-60 vigeva nelle grandi multinazionali americane l’ipotesi di convergenza, o anche
l’assunto “one size fits all”. Spiegare questi assunti e le conseguenze sui essi portano.
Le multinazionali americane ritenevano che l’attività manageriale potesse basarsi su
principi universalmente validi e che le pratiche manageriali statunitensi potessero essere
esportate con successo ovunque, contribuendo così a società sempre più omogenee.
La realtà ha poi smentito questo assunto, affermando che le diversità culturali richiedono
una differenziazione degli stili manageriali e dei meccanismi di governo d’impresa. Dopo
la caduta del vecchio assunto, le moderne multinazionali sono diventati ambienti
policentrici, in cui si accettano (o dovrebbero accettarsi) le diversità.

Quali sono le determinanti dello spirito collettivista e quali caratteristiche della cultura giapponese
portano ad enfatizzare lo sviluppo di forme collaborative all’interno del sistema paese?
Le determinanti sono da ricercarsi soprattutto nel confucianesimo e nello scintoismo:
Confucio dice che per crescere occorre che l'individuo sia permeato da alcune
caratteristiche, quali la perseveranza (fissare un obiettivo senza mai abbandonarlo), la
parsimonia (non sprecare risorse), il senso del pudore (valutare bene gli scopi perseguiti);
infine e possedere una scala di priorità negli obiettivi. Tutte queste caratteristiche sono
legate da un orientamento al lungo termine.
Per i giapponesi, il buon esito di un rapporto collaborativo dipende dall'impegno, dalla
fiducia, dalla buona fede dei partner e dalla reciproca convinzione che la collaborazione
rende gli attori più forti, in quanto possessori di conoscenze e competenze
complementari. Il modello giapponese costituisce una solida base per lo sviluppo di
forme collaborative, in quanto l’impresa è intesa come comunità, è forte lo spirito di
gruppo e qualsiasi decisione è frutto di una concertazione collettiva. I rapporti interni
sono, quindi, informali, e questa informalità, se estesa anche all’esterno dell’impresa, può
garantire il successo di un’alleanza. In Giappone anche le istituzioni svolgono un ruolo
decisivo per la creazione di un sistema di alleanze strategiche: il MITI favorisce
direttamente accordi di cooperazione sia tra aziende nazionali, sia con quelle estere.

Quali sono le determinanti dello spirito individualista e quali caratteristiche della “cultura”
anglosassone influiscono sullo sviluppo di forme collaborative all’interno del sistema-paese?

Quali sono le possibili conseguenze negative che discendono da un comportamento opportunistico dei
managers d’impresa? Descrivere almeno due esperienze in USA, descrittive dell’individualismo e
dell’instabilità delle relazioni.



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Descrivere le due esperienze giapponesi che aiutano a comprendere l’ottica proiettata verso il futuro delle
imprese giapponesi.

Descrivere le due esperienze giapponesi che aiutano a comprendere la stabilità delle relazioni poste in
essere con imprese giapponesi.

Descrivere la tipologia di ambiente culturale definita monolitica (e la categorizzazione che la
contraddistingue – modello di Cox e Blake). Quali caratteristiche definiscono gli ambienti
multiculturali? (prof)
Si definisce monolitico il contesto caratterizzato da categorizzazione e conflitto. Nel
contesto monolitico esiste un’unica cultura dominante e qualsiasi diversità viene rifiutata
perché ingenererebbe incertezze tra i membri del gruppo. L’accettazione ed il rifiuto si
basano su elementi superficiali, quali la razza, il colore della pelle e la lingua.
Nei contesti multiculturali, nei casi in cui prevale l’individualismo, le relazioni sono facili
da avviare ma instabili, al contrario dei casi in cui prevale il collettivismo, le relazioni
sono stabili ma difficili da avviare.

Descrivere le tipologie di contesti ambientali in funzione del livello di accettazione delle diversità e dei
confronti tra culture (I chiave di lettura).
La classificazione dei contesti è stata fatta in base: al tipo di processo cognitivo adottato
dalla cultura dominante in un’area nel processo di accettazione delle diversità; al livello di
interazioni poste in essere nell’area tra i portatori di culture diverse.

                                                                           Contesti                            Tipologie di contesti
                         Pluralismo                                       Multiculturali                       ambientali
                         delle idee                              Contesti
                                                               Pluriculturali                      Accettazione
                                                                                                   delle diversità
                      Categorizzazione             Contesti
                                                   Monolitici
                                                   Conflitto                    Dialogo

                                                    Spirito di appartenenza al gruppo

Perché si afferma che non esiste un modello unico e rappresentativo d’impresa europea? Quali
caratteristiche contraddistinguono le imprese italiane?
Per le imprese europee risulta difficile definire un modello unico in quanto esistono
ancora politiche industriali nazionali di tipo interventista e difensivo, che contribuiscono
all’isolamento dei singoli mercati, e legislazioni non uniformi nei vari paesi. L’evidenza
empirica dimostra che in Europa le imprese hanno modelli di riferimento opposti per
concezione di mercato, per struttura e modalità di controllo, per sistemi informativi.
Nella situazione italiana, il principale ostacolo alle relazioni collaborative (anche a livello
domestico) è rappresentato dalla scarsa disponibilità del proprietario-imprenditore a
rinunciare al potere decisionale con la delega di autorità e funzioni. Inoltre l’ottica è di


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breve periodo, c’è conflitto tra gruppi culturali diversi e l’enfasi è posta
sull’individualismo.

Dopo aver definito il significato di contesto pluriculturali, illustrare le situazioni di apertura al
networking internazionale che possono configurarsi tra partners di diversi contesti (II chiave di lettura).
I contesti pluriculturali può presentare diversi livelli di adattamento tra politiche e
strumenti di attuazione, per cui, anche se si accettano le diversità, possono generarsi
conflitti interculturali; viceversa, se ci sono processi di interazione, questi possono essere
inefficaci se le minoranze sono costrette a subire i gruppi dominanti.

                       Contesti
                                           Relazioni instabili      Relazioni stabili                    Apertura al
                      multicultural                                                                      networking
                                           (facili da avviare)    (difficili da avviare)
                            i                                                                            internazionale
                         Contesti                          Relazioni
                                                                                                Tipologia
                      pluriculturali                     opportunistiche
                                                                                                di Contesti
                         Contesti              Relazioni             Chiusura alla
                        monolitici              forzate             collaborazione

                                             Individualismo          Collettivismo


                                           Spirito di appartenenza al gruppo

Quali sono le caratteristiche della “cultura” tedesca e come esse influiscono sullo sviluppo di forme
collaborative all’interno del sistema-paese?
Le imprese tedesche presentano caratteri simili al modello giapponese, differenziandosi
parzialmente da queste per l’orientamento, sia della domanda che dell’offerta, alla qualità
tecnica del prodotto, che influenza il rapporto impresa-mercato. Questo orientamento è
favorito dalla sofisticazione della domanda interna e dal forte sviluppo innovativo
supportato da diverse strutture nazionali e regionali.

Descrivere due casi d’impresa che aiutano a comprendere l’orientamento alla qualità tecnica dei prodotti
delle imprese tedesche.




Dispensa integrativa (Rightsizing)


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In che misura la variabile di contesto condiziona le scelte di rightsizing effettuate sulle core activities o
sui core business?
La globalizzazione dei mercati (ubiquità del vantaggio competitivo) e la trasversalità delle
nuove tecnologie hanno portato ad una marginalizzazione del ruolo del contesto nella
formulazione delle strategie. Tuttavia si è visto sia che le imprese che operano in cluster
di paesi relativamente omogenei hanno maggiore opportunità di realizzare profitti stabili,
sia che le multinazionali, che operano in paesi psicologicamente vicini al mercato
domestico, riducano i costi di coordinamento, sia che standardizzino attività e politiche
funzionali (ad es. di marketing), come visto con Teece. In quest’ottica l’esistenza di un
mercato integrato, culturalmente omogeneo, può accelerare la crescita cumulata delle
competenze distintive delle imprese che vi operano, rafforzando indirettamente il suo
vantaggio competitivo: in tale ottica tali mercati possono definirsi come “core market”.

Descrivere le variabili tradizionali ed innovative che identificano i vantaggi di localizzazione.
I vantaggi tradizionali sono legati alla presenza di dotazioni fattoriali (come il basso
costo delle materie prime e della manodopera), di economie di area (distretti) ed al
diamante di Porter, che individua delle aree delle nazioni più competitive delle altre. In
nessun caso si pensa ad un vantaggio legato all’accrescimento delle competenze
distintive.
Le variabili innovative sono da ricercare nell’acquisizione di risorse immateriali
(neolocalismo e radicamento di Varaldo) e nella possibilità di approfittare di un’efficace
immagine di area, in sintesi le potenzialità offerte dai core market.

Descrivere le dimensioni che identificano i processi di rightsizing sul core market.
La contendibilità dei core market si connota prevalentemente per quegli elementi macro
e micro economici che descrivono la convenienza ad investire in una specifica area: se
bassa identifica una chiara opportunità economica per le imprese che appartengono a
quell’area, viceversa se è alta indica un potenziale pericolo (bassa protezione strutturale).
Invece l’approccio al core market, nel caso innovativo, descrive un atteggiamento
fortemente competitivo per l’impresa ed un atteggiamento proattivo verso la variabile
territoriale, viceversa la visione sarà tradizionale.

                                                     Approccio al Core Market
                                                                                             Portafoglio di
                                                   Innovativo         Tradizionale           relazioni indotte dalle
                                                                                             scelte di
                                             Rightsizing sul           Rightsizing           esternalizzazione
                             Bassa            Core Market              Speculativo
                                                  (A)                     (B)
Contendibilità
dei Core Market                               Rightsizing                Scelte
                              Alta      esplorativo-conoscitivo         operative
Il quadrante A,                                   (C)                     (D)
dove si verifica la
coincidenza di ragioni strutturali ed aziendali, individua la situazione ottimale, al suo
opposto il quadrante C, dove la variabile territoriale non è considerata variabile critica.


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Quali caratteristiche connotano un core market? In che misura è possibile asserire che l’U.E. costituisca
un potenziale core market?
Le caratteristiche sono:
• di natura macro-economica (cioè fattori esogeni all’impresa): come la normativa (in
    riferimento alle misure protezionistiche, sia con incentivi che con forme di
    contingentamento), l’omogeneizzazione dei comportamenti settoriali (anche con la
    creazione di gruppi integrati di imprese che concorrano a gestire mercati semi-
    oligopolistici) e la variabile culturale (una forte omogeneità culturale può divenire un
    ostacolo per concorrenti stranieri);
• di natura aziendale: come la possibilità di apprendimento e quella derivante
    dall’immagine dell’impresa e dell’area (senza dimenticarsi della cultura aziendale).
L’U.E. ha le caratteristiche macro-economiche tipiche di un core market (protezioni
normative ed omogeinizzazione dei comportamenti delle imprese), ma dal punto di vista
dell’omogeneità culturale trova scarso riscontro nella realtà, caratterizzata invece dalla
presenza di aree regionali, non necessariamente nazionali.

Quali caratteristiche connotano i processi di rightsizing conoscitivo-esplorativo? Per quali ragioni esso
viene tipicamente perseguito dalle imprese?
Ci troviamo in una condizione di alta contendibilità del core market, cioè bassa
protezione strutturale, e allo stesso tempo di approccio al core market innovativo, ossia
un atteggiamento pro-attivo dell’impresa atto a raggiungere una posizione competitiva
difendibile. Tale posizione si raggiungeva, in un’ottica tradizionale, tramite forti
investimenti in strutture e macchinari, in un’ottica più moderna tramite investimenti
costanti in sapere tecnologico-scientifico e tramite l’ottimizzazione delle relazioni.
È la condizione tipicamente perseguita dalle imprese, in quanto queste prima entrano nei
paesi dove la contendibilità è più alta ed è più facile entrarvi (per acquisire conoscenze),
per poi poter entrare in quelli a contendibilità più bassa.




Capitolo III

Descrivere l’approccio evoluzionistico all’internazionalizzazione di Rugman.
L’approccio evoluzionistico di Rugman, focalizzato sulla crescita progressiva del
controllo delle risorse, si articola in due percorsi alternativi:
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1. sviluppo parabolico (cresce nelle fasi iniziali e si riduce in quelle finali): inizia con
   un’esportazione, poi gli investimenti diretti all’estero e termina con la concessione di
   licenze, l’ultima fase corrisponde alla maturità della domanda nel mercato estero, in
   tal modo c’è un minor dispendio di risorse;
2. sviluppo esponenziale (o continuamente crescente): parte con una concessione di
   licenze, seguita dall’esportazione, dalla creazione di una filiale di vendita all’estero,
   dalla delocalizzazione produttiva di alcune fasi, dalla costituzione di una joint venture
   ed infine dall’IDE, con la concessione di licenza come prima fase è importante che
   vengano valutati i costi opportunità della stessa.

Descrivere i concetti alla base dell’approccio evoluzionistico all’internazionalizzazione di Reid e le
diverse fasi che caratterizzano tale approccio.
Tale approccio è basato sul processo di apprendimento organizzativo che si sviluppa in
funzione di un learning to learn (cioè dagli errori commessi), queste le fasi:
1. consapevolezza e intenzione: nascita del problema e delle aspettative ad esso
    collegate;
2. sperimentazione e valutazione dei risultati: richiedono una capacità di progettazione
    delle azioni e di analisi delle performance;
3. accettazione o rifiuto: discende dai risultati e dalla cultura d’impresa.

Descrivere le diverse fasi del modello evoluzionistico di Chang e Singh-Chang, interpretativo dei processi
di internazionalizzazione.
Gli Autori applicano i principi della capability-based theory:
1. si sperimenta il lancio dell’iniziativa, progettata e valutata a priori, in mercati familiari;
2. si stima la relazione tra i fattori-chiave di successo e le capacità manageriali;
3. si sceglie se continuare o recedere;
4. la sperimentazione continua in mercati meno familiari.

Quali distorsioni sono presenti negli approcci evoluzionistici all’intenazionalizzazione? Quali nuove vie
sono presenti nei moderni approcci e per il raggiungimento di quali obiettivi?
L’approccio evoluzionista non è esente da critiche, in quanto: le scelte di
internazionalizzazione rifiutano un percorso definito a priori, le alleanze permettono alle
imprese by-passare le fasi introduttive, spesso le imprese utilizzano contemporaneamente
diverse modalità di presenza nei diversi mercati.
Nuove vie: relazioni di tipo collaborativo e di tipo concorrenziale.
(seconda parte da ampliare)

Quali tipologie di relazioni tra partners occorre definire per la realizzazione di un processo decisionale
di sviluppo?
Relazioni: di controllo, cooperative, di mercato, di concorrenza.
(da ampliare)

Descrivere le diverse modalità di attuazione delle strategie di internazionalizzazione. Quali sono i
pericoli di un’esportazione indiretta? (prof)


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Le modalità di attuazione delle strategie di internazionalizzazione possono essere distinte
a seconda dell’origine competitiva o collaborativa e dell’orientamento al mercato (trade)
o ad attività a monte della filiera produttiva (non-trade). Le modalità competitive di tipo
trade sono: esportazioni ed integrazioni a valle; quelle di tipo non-trade sono:
integrazioni a monte e I.D.E.
Le modalità collaborative di tipo trade sono: countertrade e alleanze strategiche
(marketing, vendita e assistenza); quelle non-trade sono: licenze, brevetti e alleanze
strategiche (di R&S, tecnologiche e produttive).
I pericoli di un’esportazione indiretta sono: la scarsa conoscenza del mercato di sbocco,
l’opportunismo di buyers e trading companies, la possibilità che queste creino un price
based competition tra le imprese.

Descrivere le caratteristiche essenziali e gli eventuali pericoli presenti in un’esportazione indiretta. Quali
fattori appaiono determinanti in una scelta tra esportazione diretta ed indiretta?
L’esportazione indiretta è di solito usata dalle imprese di piccole dimensioni, dato che
permette di impiegare le risorse in iniziative che portino un vantaggio marginale più
elevato, in quanto non si deve costruire una propria rete di vendita; viene quindi delegata
a degli intermediari (buyer, imprese di imp/exp, trading company e consorzi
all’esportazione) l’iniziativa di vendere. Questi ultimi sono coloro che si assumono i costi
ed i rischi dell’operazione, hanno contatto con la clientela (l’impresa non conosce il
mercato di sbocco) e possono generare delle price competition tra le aziende fornitrici.
Infine c’è una diversità di visione: l’intermediario agisce in un ottica di breve periodo, al
contrario dell’impresa.
La scelta sul tipo di esportazione dipende da numerosi fattori, tra cui: fattori interni ed
esterni al mercato-obiettivo, gli obiettivi strategici prefissati, le risorse e le conoscenze
disponibili, il posizionamento strategico del prodotto e le opportunità o le minacce
presenti nell’ambiente esterno.

Quali obiettivi si intendono raggiungere in una internazionalizzazione per integrazione secondo
l’approccio ai costi transazionali? Perché tali obiettivi non risultano sempre ottimizzabili attraverso i
meccanismi di mercato?
Gli obiettivi sono di controllare l’accesso alle materie prime e di minimizzare i costi e/o
di controllare più da vicino i mercati di sbocco. Questi obiettivi non erano però sempre
ottimizzabili a causa: degli elevati rischi legati ai contratti di fornitura, del cambiamento
del gusto dei consumatori, del non efficace trasferimento delle conoscenze al fine di una
maggiore efficacia imprenditoriale.

Quali teorie interpretano il fenomeno della crescita delle multinazionali? Quali sono le determinanti del
fenomeno nell’ottica delle moderne imprese?

Come si presentano le attività di sviluppo estero nei contesti ove è presente una scarsa diffusione dei
servizi di supporto ai processi d’internazionalizzazione? Cosa accade nei contesti caratterizzati da un
monopolio delle conoscenze?



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Descrivere le caratteristiche essenziali del brevetto quale forma di collaborazione tra imprese “non
trade”.
Svolge la duplice funzione di proteggere l’inventore dalle imitazioni non autorizzate e di
incentivare la ricerca innovativa, promovendo il progresso tecnologico.
(da completare)

Quali sono le ragioni che, in generale, spingono le imprese dei paesi industrializzati ad utilizzare forme
di “countertrade”? Quali motivi di convenienza possono presentarsi per i PVS?
Per le imprese le ragioni sono da ricercarsi: nelle ragioni di mercato e di natura logistica
(in entrata ed in uscita), nei problemi finanziari e valutari del cliente estero, nella volontà
di superare le barriere all’entrata e nella ricerca di materie prime a buon mercato contro
prodotti finiti.
Per il PVS nel superamento di accordi internazionali sul prezzo e di controlli sugli
scambi.

Descrivere compiutamente la forma di countertrade definita “compensazione”.
Può essere considerata la variante più attuale al baratto con l’introduzione di un valore,
espresso in moneta, delle merci che si scambiano, può prevedere anche una parziale
copertura con valuta trasferibile (partial compensation). A garanzia dell’operazione è
spesso necessaria la presenza di una Trustee Bank con il compito di tenere i conti di
clearing (in soft currency) tra le parti. Se i prodotti in contropartita non sono familiari
all’esportatore primario (come spesso accade), entra in gioco un intermediario (trading
company) che ha il compito di commercializzare questi prodotti difficili, dietro
compenso.

Descrivere compiutamente la forma di countertrade definita “contro-acquisto” e le motivazioni alla base
del suo sviluppo.
Anche in questo caso l’esportatore primario accetta di ricevere in pagamento merci dal
cliente estero (inserite in apposite liste); stavolta però vengono redatti due contratti: nel
primo (esportazione primaria) vengono riportate le caratteristiche della fornitura, nel
secondo (controprestazione) sono riportati solo il controvalore e la tipologia di merce,
ne consegue un ulteriore vantaggio per i PVS dato che il prezzo dei prodotti in contro-
acquisto può essere determinato a posteriori. Questa forma di countertrade può essere
motivata da una programmazione errata della produzione o dall’obsolescenza di alcuni
prodotti.

Descrivere la situazione che, generalmente, origina uno switch. Descrivere il caso di switch posto in essere
tra Equador e Romania.

Descrivere la forma di countertrade definita “buy-back”.
Questa tipologia di scambi in compensazione è legata alla fornitura di impianti finiti, di
macchinari e di attrezzatura di elevato valore: l’esportatore primario riceve in
contropartita, in pagamento parziale o totale, i beni ottenuti ad es. dall’impianto.



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Un countertrade di questo tipo coinvolge diversi enti a livello internazionale, comporta
ingenti valori di contratto e tempi d’esecuzione abbastanza lunghi, frequenti quindi le
costituzioni di joint venture, ed è spesso utilizzato nel settore petrolifero e affini.

Descrivere il caso di offset effettuato dalla Ericsson in Uruguay. In USA sono diffuse queste forme di
countertrade (spiegarne i motivi)?

Quali vantaggi discendono da un’alleanza strategica internazionale rispetto alle altre modalità di
attuazione delle strategie di sviluppo? Quali fattori portano a preferire l’alleanza alle altre modalità?
I vantaggi sono: accesso a conoscenze non possedute (dato che le imprese sono
stimolate a sviluppare processi di apprendimento), riduzione del livello di rischio, che
un’impresa dovrebbe sopportare nel caso volesse fare da sola, e del livello di incertezza,
dovuti ad es. all’ingresso in mercati non familiari, mantenimento infine delle identità
individuali.
I fattori determinanti nello scegliere le alleanze sono: le specificità strutturali e
concorrenziali dei mercati, le caratteristiche dei prodotti, le dimensioni delle imprese, le
capacità organizzative delle imprese e le consapevolezze dei managers.

Descrivere le caratteristiche essenziali delle diverse forme di alleanze strategiche in funzione del livello di
complessità e della modalità trade e non-trade.

Come possono essere classificate le alleanze in funzione della loro origine e della loro natura (secondo
Valdani)?

Descrivere le caratteristiche dei sistemi e delle reti (secondo Valdani).
I sistemi si realizzano quando la pluralità dei rapporti tendono a consolidarsi attorno ad
un nucleo, la capo-fila ha la leadership strategica sulle imprese satelliti.
La rete è un sistema di relazioni tra imprese, nato spontaneamente e non preordinato né
controllato da un’unità centrale.

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                                                                     Clearing                               relazioni
                        Pubblica         Protezionismo
                                                                    Agreement

                                                                   Ingresso nei                     Origine
                                       Barriere all’entrata
                                                                 mercati difficili
                         Privata         Contrasto alla
                                                                Ricerca di migliori
                                          concorrenza
                                                                 posizionamenti
                                          Competitiva              Collaborativa

                                                          Natura


Quali profili imprenditoriali sono, in generale, stati riscontrati in Turchia?
Sono essenzialmente di tue tipi: dominanti ed emergenti.

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I primi si distinguono poi a seconda che siano a capo di PMI commerciali (zone interne
all’Anatolia), in questo caso sono forti i credi religiosi e le relazioni (anche con
finanziamenti) dagli ambienti islamici, o di grandi aziende familiari, caratterizzate da un
forte spirito di autoritarismo e di chiusura, da uno stile paternalistico e infine da uno
stretto controllo del capitale anche per quelle società quotate.
Tra gli emergenti, invece, troviamo i manager sia di grandi aggregati finanziari ed
industriali che delle PMI inserite in un circuito di sub-fornitura internazionale: questi
ultimi, in particolar modo, sono aperti alla collaborazione, ma allo stesso tempo
assumono spesso comportamenti opportunistici.

Come si configura una joint venture con partners turchi (ricordare il caso Marzotto) e quali pericoli
possono intravedersi?
Le caratteristiche tipiche di queste joint venture sono tutte riscontrabili nel caso
Marzotto: il partner turco è quasi sempre una banca; la produzione viene affidata a
façonisti locali; il controllo della qualità è esercitato dalla casa madre tramite dei propri
tecnici; gli impianti vengono quasi sempre forniti dal partner estero, che provvedono
spesso anche all’addestramento del personale; le collezioni vengono esposte ad Istanbul
dove ci sono enormi show room.
I pericoli che ci possono essere derivano dalla forte probabilità che, anche nei rapporti
con imprese emergenti, nascano comportamenti opportunistici (finalizzati
all’apprendimento), che sappiamo minare la stabilità delle relazioni.

Spiegare i concetti alla base dell’affermazione: “il made in Italy non passa per l’Italia”.
La Convenzione di Ginevra ha sancito che se più del 50% del valore di un bene è
prodotto ad es. nel paese A, allora quel bene potrà essere etichettato con “made in A”.
La moderna ottica imprenditoriale sembra essere quella di delocalizzare le competenze
distintive appropriabili (ad es. la tecnologia) e, di converso, di mantenere nel paese-
origine le fasi a monte del processo produttivo, cioè quelle a maggior valore aggiunto (ad
es. design e progettazione).
A causa di questo decentramento produttivo attuato dalle imprese italiane e della
Convenzione di Ginevra pare più opportuno parlare di Italian style che di made in Italy.

Descrivere i concetti alla base del pensiero che le reti di imprese inducano un superamento del paradigma
dimensionale nei processi di sviluppo internazionale.
Le reti rappresentano un superamento del paradigma dimensionale delle imprese, vale a
dire che anche le piccole imprese possono internazionalizzarsi, pur rimanendo di piccole
dimensioni, attraverso la rete: il livello di internazionalizzazione è misurato non più
dall’entità degli IDE, ma dal numero di relazioni instaurate. Es. significativo è quello
della Toys, azienda che ha sempre operato in campo internazionale mantenendo limitate
le sue dimensioni grazie alla propria rete di relazioni con imprese localizzate in diversi
paesi.
Si ha così il superamento del modello chandleriano, che vedeva la crescita internazionale
andare di pari passo con la crescita dimensionale; si ha, inoltre, il superamento dell’idea
stessa che la piccola impresa non possa reggere la competizione internazionale o che,
siccome è piccola, si debba necessariamente trovare nella fase di start-up o che si occupi
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di business in mercati ristretti. Oggi la piccola impresa può reggere la competizione
internazionale attraverso la rete.




Capitolo IV


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Per quali caratteristiche alcuni Paesi sono considerati “difficili”, quanto al loro ingresso da parte degli
operatori stranieri, e quali sono questi Paesi? Quali opportunità di business, in generale, sono in essi
presenti?
I motivi che rendono difficili i Paesi dell’Est Europeo (PECO) ed Asiatico, dell’America
Latina (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay, Cile) ed i Paesi Terzi Mediterranei sono:
l’inconvertibilità della valuta locale e la scarsità delle riserve valutarie, i limiti di rimpatrio
dei capitali e dei profitti, la presenza di economie amministrate, l’elevato indebitamento
con l’estero, il pericolo di nazionalizzazione ed il basso livello di qualificazione della
manodopera locale.
Non mancano però le opportunità per le imprese dei paesi industrializzati in quanto
questi paesi: costituiscono un potenziale notevole mercato (domanda non micronizzata
ed ad alta intensità, ricchezza di materie prime e incapacità degli operatori locali),
presentano dotazioni fattoriali (come il basso costo della manodopera), incentivano o
impongono spesso la costituzione di joint venture con partner locali e godono di
agevolazioni finanziarie per chi vi opera poste in essere dall’UE o dal FMI.

Quali sono i fattori di rischio che connotano le aree PECO ed a quali “retaggi” della passata economia
possono in parte imputarsi? Esiste una differenziazione tra i diversi PECO, quanto a rischio di
ingresso?
Elevati rischi politici (fragili contesti istituzionali), divari interregionali (etnici, culturali e
di sviluppo economico), non conoscenza dell’economia di mercato e retaggi del passato
(attitudine al dovuto e non al guadagnato, mancanza di autonomia decisionale per le
imprese che producono secondo gli obiettivi del piano) sono fattori che rendono i paesi
del PECO difficili.
Gli ostacoli che devono essere superati sono: instabilità del livello dei prezzi e inflazione
(portano ad una scarsa propensione agli IDE), scarsità di valuta estera (quindi
inconvertibilità di quella locale), approvvigionamenti difficili e ritardi nelle consegne,
carenze infrastrutturali e tecnologiche, scarsa qualità dei semilavorati.
Lo sviluppo dei diversi paesi si è dimostrato sensibilmente diverso, ad es. in Ungheria e
in Polonia il processo è stato più veloce rispetto alla Russia o all’Albania: nonostante ciò
l’intera area è da considerarsi a rischio.

Quali vincoli ed ostacoli devono essere superati per l’ingresso nei PECO? Quali incentivi all’ingresso
sono stati promossi dai Governi dei PECO?

Quali eventi hanno determinato il passaggio all’economia di mercato della Russia? Quali sono le
distorsioni ancora presenti in quest’area?
La transizione ad un’economia di mercato è stato un passaggio obbligato da eventi
esogeni: la popolazione urbana è aumentata ad un tasso maggiore di quella agricola, il
prezzo del petrolio è sceso e ci sono state annate (1991) con un raccolto molto scarso
che hanno accentuato il disordine sociale.
Le distorsioni sono innanzitutto nel livello dei prezzi che ha portato ad una crescita
dell’inflazione. Va notato poi che mentre sono stati liberalizzati i prezzi al consumo, non
è stato fatto altrettanto per i prezzi alla produzione (materie prime, capitali e lavoro), ciò
ha comportato il ricorso al mercato nero (economia sommersa), che si è a sua volta
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riflettuto sui prezzi. Infine da ricordare la presenza di una normativa monetaria e
finanziaria molto incerta, gli elevati poteri del Presidente e delle Lobbies locali e i
continui conflitti etnici.

Descrivere il caso dei produttori russi del latte ed il caso Svjazinvest, quali es. di “incertezza” sono
presenti nella normativa russa?

Quali sono gli ostacoli presenti nel processo di privatizzazione in Russia? Come è avvenuta la prima
fase del processo di privatizzazione?
Nella prima fase del processo di privatizzazione, il Governo ha distribuito voucher
(diritto ad acquistare le azioni di un impresa) gratuiti e liberalmente scambiabili ai
cittadini del valore di 10mila rubli, in questo modo aveva cercato di privilegiare
l’azionariato dei dipendenti per non disperdere le conoscenze. I cittadini hanno però
ceduto, ad un valore inferiore di quello nominale, i voucher agli esponenti delle lobby
russe. La seconda fase, nella quale l’acquisto di azioni doveva avvenire con valuta, è
iniziata nel 1995 e i tempi di chiusura sono molto lunghi, ostacolati da una psicologia
egualitaria, dalla scarsa propensione al rischio imprenditoriale e dalle carenza conoscitive
in campo manageriale.

Per le trasformazioni delle imprese statali russe in JSC, quali alternative sono state previste e quali
sono stati i motivi che non hanno decretato il successo delle iniziative?

Quali sono i più importanti strumenti finanziari di supporto alle strategie di ingresso in Russia?

Descrivere le principali direttive presenti nella normativa russa sulle joint venture che possono essere
realizzate con operatori stranieri.
Per costituire una joint venture un investitore occidentale può detenere una quota
maggioritaria o totalitaria, deve farsi rilasciare uno speciale permesso dalle autorità russe,
inoltre non gli è permesso acquistare prodotti in rubli ed esportarli in dollari ed è
obbligato a convertire i proventi dei flussi di esportazione in valuta nazionale, al tasso
ufficiale di cambio (tenuto artificiosamente basso). Inoltre non esiste un catasto locale
(come non esistono chiare leggi sulla proprietà privata) ed è forte la disomogeneità
culturale tra i potenziali partners, in Russia è ad es. sconosciuta la customer satisfaction.

Descrivere almeno 4 casi di ingresso in Russia.

Secondo la Weber, quali macro-aree si possono individuare in Cina? Per quali motivi il modello di
sviluppo cinese si differenzia da quelli delle restanti aree “ad alto tasso di sviluppo” dell’Asia orientale?
Le macro-aree sono 3: la Cina rossa, la Cina rosa e la Cina bianca.
In Cina è stata assente l’influenza unificante dello scintoismo, cosicché c’è un’ibrida
presenza di credi e comportamenti innovativi e tradizionali.
(da ampliare)

Quali ipotesi (e quali critiche) sono state formulate per lo sviluppo futuro dell’area cinese? Quali modelli
economici di sviluppo sono stati ipotizzati?
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L’ipotesi della Banca Mondiale afferma che nel 2020 la Cina sarà il primo paese al
mondo per prodotto interno lordo, Krugman ha poste delle critiche a tale ipotesi
affermando che lo sviluppo cinese non si è basato su un effettivo aumento dell’efficienza
e ciò non gli permetterebbe di sostenere anche nel futuro questi tassi di crescita.
L’ibrido modello cinese non permette di comprendere facilmente il modello di sviluppo
seguito: quello economico neo-classico (ruolo centrale del mercato), quello politico-
economico (è il governo che promuove e guida il mercato), quello che ipotizza che i
governi possano intervenire solo in presenza di “fallimenti di mercato”.

Descrivere la “politica della porta aperta” (Open Door Policy) attuata in Cina dal 1985. Quali
ostacoli si presentano nell’ingresso nell’area da parte degli operatori stranieri?

Quali normative incentivano la creazione di joint venture tra partner cinesi e stranieri?

Descrivere il caso di offset attuato dalla Loro Piana in Cina ed il caso di WFO enterprise attuato
dalla 3M. Quali comportamenti dei partner (potenziali) cinesi ostacolano (o rallentano) l’effettuazione
di joint venture?
La Loro Piana (impresa italiana di tessuti in cashmere) è riuscita a penetrare nel mercato
cinese attraverso un accordo di compensazione. Infatti sapendo che la Cina ha quasi il
monopolio della produzione di cashmere ha siglato un offset diretto con un partner
cinese: la Loro Piana ha da prima concesso macchinari e know-how, mentre l’azienda
cinese ha offerto in cambio la materia prima, e successivamente ha allargato a monte e a
valle le sue attività firmando accordi con privati cinesi per la creazione di joint-venture di
tipo equity.
La 3M (produttrice di componenti elettronici) è stata la prima impresa a costituire una
WFO enterprise al di fuori di una zona speciale. I profitti della 3M sono in valuta cinese
e sono utilizzati per acquistare beni cinesi da esportare in cambio di valuta forte, in più
cercò di aumentare i beni da esportare creando una joint venture a Hong Kong con il più
grande importatore statunitense di seta: tutto questo per superare il contingentamento.
Le difficoltà per la costituzione di joint venture in Cina sono da ricercare nei
comportamenti essenzialmente opportunistici e particolarmente snervanti, in quanto
tendono a prolungare eccessivamente i tempi delle contrattazioni con frequenti rimesse
in discussione, a ciò va aggiunto uno scarso spirito collaborativo che comporta un
continuo monitoraggio della qualità dell’output.

Descrivere le caratteristiche più importanti dell’ingresso dell’IMAP in Cina.
L’IMAP ha internalizzato le fasi a monte (progettazione e design) e a valle (marketing e
distribuzione) del processo produttivo ed ha esternalizzato a terzi internazionali (paesi a
basso costo della manodopera) le fasi produttive, attraverso rapporti di subfornitura (le
materie prime vengono acquistate dall’unità subfornitrice stessa per rendere più flessibile
la struttura organizzativa). L’idea è sempre stata quella di entrare per primi nei mercati
difficili, sia per lontananza che per modelli culturali, in modo da acquistare tutti i
vantaggi del firstcomer ed innalzare ostacoli all’ingresso di concorrenti imitativi: da ciò è
derivata la scelta del Brasile e della Cina, escludendo i paesi del bacino del Mediterraneo
perché molto vicini.
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Il difficile controllo dei produttori cinesi, privi di incentivi motivazionali ha spinto
l’IMAP ad attuare un rigido controllo di qualità della produzione durante l’intero
processo di lavorazione attuato in loco attraverso propri ispettori, dato che il lavoratore
cinese lavora bene solo se sotto stretto controllo. L’impresa attraverso il ricorso a unità
subfornitrici è riuscita così a coniugare l’efficienza, rappresentata dal contenimento dei
costi e dei prezzi, all’efficacia, rappresentata dall’ampliamento degli articoli. L’IMAP ha
per molti anni venduto i prodotti importati soltanto attraverso grossisti; successivamente
la distribuzione è stata modificata con l’introduzione del retailing, cioè attraverso propri
punti di distribuzione; inoltre dal 1994 è stata sviluppata la formula del franchising.
Il processo di sviluppo internazionale attuato ha seguito le linee-guida di una strategia di
riconversione: abbandono dei mercati familiari e concentrazione in nuovi contesti, al fine
di un recupero di produttività, migliorando in parallelo l’efficacia distributiva.

Quali Paesi fanno parte del Mercosur e quali differenze sostanziali possono riscontrarsi tra essi.
I paesi del Mercosur sono: Argentina, Brasile, Cile, Paraguay, Uruguay. Le differenze
sostanziali tra essi riguardano: lo sviluppo del PIL, l’industrializzazione e la crescita delle
conoscenze. I livelli del PIL sono più contenuti in Paraguay e Uruguay rispetto
all’Argentina ed al Brasile. L’Uruguay e l’Argentina presentano poi una situazione
particolare per ciò che riguarda la manodopera: gli operai possiedono elevati livelli di
istruzione non orientati all’apprendimento tecnologico innovativo, mentre le cariche più
elevate sono tenute da manager stranieri. Il Cile è l’unico paese che riceve una favorevole
valutazione per gli investimenti stranieri, dato che è ritenuto il paese a più basso rischio.
Ancora, la forte inflazione di tutta l’area è stata affrontata in maniera diversa: il Brasile ha
ancorato il real al dollaro, mentre il Cile ha cercato di frenare gli investimenti speculativi.
Il Paraguay e l’Uruguay sono i Paesi più arretrati dell’area. Infine bisogna ricordare che i
vari Paesi hanno utilizzato i DES con diverse modalità e con diversi fini (ad es. Cile ed
Argentina per le privatizzazioni).

Descrivere le opportunità-paese presenti in Brasile e in Paraguay.
Il Brasile è innanzitutto la punta d’ingresso nell’area e poi il Governo ha predisposto una
serie di incentivi fiscali come l’esenzione dalle imposte sul reddito per oltre 10 anni, la
restituzione percentuale dell’IVA e l’esenzione dalle imposte sull’importazione. Da non
dimenticare tra l’altro come l’elevato livello di scolarità e preparazione specialistica abbia
permesso alla Città di Rio di diventare una capitale del software. Altri settori a forte
attrattiva sono quello farmaceutico, dove c’è carenza di prodotti chimici di base, e quello
vinicolo, per l’elevata domanda di vino (la Germania fa da padrone).
Per quanto riguarda il Paraguay, punti di forza sono: le notevoli risorse forestali, l’energia
a basso costo, il cotone ed i vantaggi fiscali sull’importazione di beni strumentali.

Quali determinanti spinsero a siglare il “Trattato per una Relazione Associativa Particolare” tra Italia
ed Argentina e quali sono i suoi contenuti? Quali sono state le possibili cause del suo insuccesso?

Descrivere i proto-distretti presenti nell’America Latina.
Esistono cluster di imprese che possono assimilarsi per molti versi alle forme distrettuali:
in Argentina, imprese di diverse dimensioni impegnate in varie attività manifatturiere con
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al centro un distretto industriale metalmeccanico; in Brasile, imprese di medie e piccole
dimensioni e verticalmente integrate del settore del mobilificio, in un’ottica di forte
specializzazione del lavoro; in Messico imprese di piccola e media dimensione del settore
calzaturiero legate fra loro da uno spirito di appartenenza al gruppo e da relazioni di
cooperazione tecnologica e commerciale. L’esistenza di questi cluster di imprese può
rappresentare un’opportunità per la piccola impresa italiana.

Descrivere i DES adottati in Cile e le convenienze che da tali operazioni discendono per gli investitori,
per i debitori e per i PVS.
L’operatore straniero titolare di un credito in valuta forte nei confronti di un’impresa
debitrice localizzata in un paese a valuta debole può richiedere attraverso un mediatore
l’autorizzazione alla Banca Centrale del PVS di trasformare il suo credito in un
investimento azionario (in valuta locale) in una determinata impresa locale.
L’autorizzazione viene di solito concessa se il progetto offre un contributo allo sviluppo
del paese. Ottenuta l’autorizzazione si possono verificare due situazioni: A) il debitore
emette un prestito obbligazionario in valuta locale in sostituzione del debito in valuta
forte al tasso di cambio stabilito dalla Banca Centrale, i titoli vengono poi venduti sulla
Borsa ad un prezzo di emissione stabilito sempre dalla Banca Centrale; B) se i debiti
sono già scaduti o in scadenza prossima, il debitore effettua un deposito pari al valore
nominale del debito presso la Banca Centrale, la stessa banca poi emette per l’importo
del debito propri titoli sempre in valuta locale per rinegoziarli in Borsa, ciò che si ricava
spetta all’investitore straniero per l’acquisto di azioni di imprese locali.
I DES permettono agli investitori l’ingresso in mercati difficili quando esistono barriere
all’entrata, ai debitori di far fede ai propri impegni nei confronti dei creditori esteri in
valuta locale e non nell’originaria valuta forte, infine per i PVS di contribuire allo
sviluppo del paese e non fare uscire valuta forte.

Facendo riferimento alle omogeneità e differenze con il caso cileno descrivere i DES adottati in Brasile
ed in Argentina. Per quali caratteristiche i DES argentini presentano spunti di somiglianza con i PF?
I DES adottati in Brasile, in sostituzione dell’autorizzazione di volta in volta richiesta per
la conversione, richiedono che l’investitore estero partecipi direttamente alle aste
periodiche svolte presso le Borse Valori dei PVS: le autorità dei PVS fissano l’ammontare
massimo dei debiti da convertire e gli investitori si aggiudicano la conversione in sede
d’asta presentando le proprie offerte tramite intermediari, la conversione se l’aggiudica
l’operatore che offre un più elevato scarto di emissione superiore al minimo stabilito
dalla Banca Centrale.
In Argentina invece i DES presentano un procedimento diverso basato sulla
presentazione di un progetto d’investimento da parte dell’operatore straniero: il progetto
viene presentato in busta chiusa alle aste locali dei PVS e l’asta se l’aggiudica l’investitore
che, in base ad una scala di importanza ed a parità di prezzo, offre una più elevata
aliquota dell’importo da finanziare con valuta forte, inoltre per partecipare alle aste non
occorre il preventivo possesso del titolo rappresentativo del credito originario. Per queste
caratteristiche procedurali e per i fini perseguiti i DES argentini sono simili ai PF,
meccanismi attualmente molto usati per l’ingresso nei paesi difficili.


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Quali ostacoli sono peculiari all’ingresso nei PTM? Quali opportunità sono in essi presenti?
Il modello di sviluppo adottato dalla maggior parte dei PTM è basato su
un’industrializzazione sostenuta da una politica protezionistica delle imprese locali, dal
nazionalismo, dal fascino del modello socialista e dalla volontà dell’indipendenza anche
economica. Questa politica autocentrata ha ostacolato gli scambi orizzontali creando una
struttura degli scambi verticali abbastanza rigida e frenata dalla inconvertibilità delle
valute locali e dalla difficoltà di possedere una capacità di auto ed etero finanziamento. A
tutto ciò si aggiunge una notevole complessità delle procedure burocratiche, la carenza di
strutture finanziarie nazionali e una “non conoscenza” degli strumenti offerti dall’UE.
Tuttavia l’area dei PTM risulta attrattiva quale potenziale mercato di risorse materiali ed
umane non adeguatamente sfruttate, quale bacino di domanda di beni e servizi e di
conoscenze scientifiche e tecnologiche. In particolare quest’area si presenta come
un’importante riserva di dotazioni fattoriali (manodopera a basso costo e risorse naturali)
e come un mercato potenziale di prodotti europei.

In ottica socio-economica, come si presentano i PTM? Perché l’Italia non può rimanere passiva nei
confronti dello sviluppo di queste aree?
Il bacino del Mediterraneo presenta una pluralità di ibridi culturali molto accentuata: la
sponda nord è caratterizzata da omogeneità culturali e comportamentali; il sud è
disgregato in varie regioni per asimmetrie culturali e per credi religiosi e sociali che
spesso portano a comportamenti conflittuali. Sono, infatti, presenti aree monolitiche
caratterizzate da una forte omogeneità al loro interno e da una scarsa propensione ad
accettare culture diverse; anche quando le aree non sono monolitiche presentano
un’assenza di capacità di assimilazione. Nei contesti pluriculturali l’assenza di una
effettiva interazione tra credi e valori ha portato a conflitti interculturali e le minoranze
subiscono il potere dei gruppi dominanti. Sulla sponda Nord del Mediterraneo
emergono contesti multiculturali nei quali le diverse culture interagiscono strettamente,
ponendo l’enfasi sul pluralismo delle idee e dei comportamenti. Si comprende quindi
come la responsabilità di promuovere l’interazione ed il dialogo tra gli operatori del
Mediterraneo deve ricadere sulle organizzazioni imprenditoriali e sociali che
maggiormente hanno assorbito le istanze proprie dei contesti multiculturali.
L’Italia, per la sua posizione e per la sua storia e tradizione e per la sua caratteristica di
essere un paese aperto al dialogo e alla cooperazione, deve in modo naturale assumere
un ruolo centrale e strategico negli scambi relazionali tra i paesi dell’area: rimanerne ai
margini significherebbe limitare la crescita della nostra economia.

Quale comportamento e quale etica devono muovere gli imprenditori dei PTM e dei Paesi europei se si
vogliono portare al successo le eventuali joint venture tra questi partner?
L’eliminazione dell’intento opportunistico richiede la nascita di una nuova etica
imprenditoriale, di nuovi comportamenti interpersonali che seguano codici e credi non
delle teorie manageriali, ma del social contract (reciprocità dei benefici). L’etica della
controparte più forte deve considerare il partner più debole come un’estensione della
propria organizzazione, da guidare e da coordinare; l’etica del partner più debole, invece,
deve allontanarsi da modelli speculativi per orientarsi verso la condivisione delle linee
guida definite dall’altro partner. Occorre che l’imprenditore acquisisca un modo di
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pensare di tipo sia sistemico, in cui l’intero prevalga sulle sue parti, sia strategico, volto
all’accettazione di sacrifici immediati contro vantaggi differiti e condizionati. Quindi
l’ottica di breve periodo e l’individualismo non sono un terreno fertile per lo sviluppo di
mentalità imprenditoriali volte a recepire, volontariamente, le diversità culturali.

Quali opportunità-paese emergono nell’ingresso nell’area marocchina da parte degli operatori europei?
Il forte incremento demografico e l’esodo rurale verso le città evidenziano la necessità di
alloggi abitativi e di infrastrutture stradali e idriche, con la conseguente necessità di quei
servizi di consulenza e di ingegneria che il Marocco deve importare dall’estero. Inoltre va
considerato il basso livello delle tecnologie usate (obsolete e di scarsa qualità).
Possono tuttavia riscontrarsi alcuni settori in cui l’operato delle imprese risulta alquanto
soddisfacente: come quello del cemento, del software e delle tecnologie informatiche.
Sono noti anche i buoni standard qualitativi della attività marocchina nelle confezioni a
façon: forte l’opportunità di delocalizzazione produttiva per i prodotti della moda delle
grandi griffe francesi, spagnole, inglesi ed anche italiane; per il comparto delle calzature
(ad es. Adidas e Puma); per il settore della pelletteria (ad es. Pierre Cardin e Louis
Vitton).




Capitolo V


                                                                                                     28/40
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Quali determinanti condizionano le scelte di esternalizzazione secondo Williamson e Pfeffer-Salanick?
In quale misura il concetto di opportunismo è differente nelle due teorie considerate?
Con Williamson l’ottica passa dal sistema dei prezzi (teoria classica della concorrenza) al
sistema delle imprese, queste ultime effettuano le loro scelte in base non solo alle
variabili esogene, ma anche in funzione delle risorse interne possedute o acquisibili (il
prezzo è qui comparato ai costi di transazione interna).
Per Pfeffer-Slanick l’attenzione deve focalizzarsi sull’opportunismo dei manager, l’idea-
chiave è che il potere consente ai manager di influenzare le decisioni e quindi scegliere le
politiche che meglio possono favorire gli stessi gruppi di potere (in termini di
promozioni, ricompense e quote più elevate di budget).
L’idea di opportunismo è presente anche in Williamson, ma nell’ottica che vede i
manager cercare opportunisticamente quelle soluzioni che possano far acquisire
maggiori quote di mercato.

Per quali ragioni la scelta di esternalizzazione può modificare profondamente l’assetto della catena del
valore di un’impresa?
Ogni scelta di esternalizzazione può influenzare il valore economico di un’impresa nel
lungo periodo, questo perché:
1. la catena del valore e l’intero sistema possono essere diversi a seconda che si
    includano o i costi delle attività acquisite dall’esterno (esternalizzazione) o i costi
    relativi alle risorse sviluppate al proprio interno (internalizzazione);
2. il contributo della catena del valore sulle performance aziendali varia, in un’ottica
    statica, in funzione delle scelte strategiche effettuate nel passato e vincola, in un’ottica
    dinamica, le scelte future.

Quali parametri di riferimento descrivono le scelte di outsourcing a livello corporate?
Questi i parametri più importanti che andrebbero presi in considerazione nelle scelte di
outsourcing: impatto finanziario e importanza della consociata nella Corporate,
posizione competitiva della consociata nell’ambiente in cui opera, costi di compromesso
e di coordinamento in caso di internalizzazione, opportunità locali da cogliere, aumento
(diminuzione) delle conoscenze, vantaggi comparati.

In quali casi le esperienze di down-sizing si sono rivelate delle forme di sumb-sizing? Descrivere le
evidenze studiate.

Quali determinanti identificano il portafoglio di relazioni indotte dalle scelte di esternalizzazione?
Descrivere compiutamente il modello che ne deriva.
La rilevanza strategica misura la criticità dell’attività in esame: più è alta più l’attività può
incidere sulla capacità dell’impresa di acquisire vantaggi competitivi.
La seconda dimensione individua i costi netti (in percentuale dei costi complessivi)
direttamente imputabili all’attività che si vorrebbe esternalizzare.




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                                            Relazioni                                                   relazioni indotte dalle
                                                               Quasi-gerarchia
                             Alta          gerarchiche                                                  scelte di
                                                                     (D)                                esternalizzazione
                                               (B)
                                                                                              Rilevanza
                                                                  Relazioni                   Strategica
                                         Quasi-mercato
                            Bassa                                contrattuali
                                              (C)
                                                                     (A)
                                          Bassa incidenza      Alta incidenza
                                                         Costi netti finanziari

Quali relazioni legano la forma di spin off guidato alle tipologie di relazioni definite di quasi-
gerarchia?
Nella relazione definita quasi-gerarchia (alta incidenza dei costi finanziari e alta rilevanza
strategica) la scelta di esternalizzare dipende esclusivamente da considerazioni di ordine
finanziario. Evidente allora che gli scambi relazionali tra gli attori saranno stabili e che
l’impresa madre realizzerà, con questa forma di spin off, il duplice obiettivo di liberarsi
di una rigidità finanziaria, senza però perdere il controllo strategico di risorse critiche.

Quali tipologie di spin off possono caratterizzare la nascita di una nuova realtà imprenditoriale? Quali
variabili concorrono a distinguere le diverse tipologie?
Il livello di contiguità tecnologica misura il grado di affinità delle conoscenze
tecnologiche e di mercato tra impresa madre e impresa gemmata.
                                                                                             Portafoglio di
                                       Spin off Commerciali         Spin off Guidati         relazioni indotte dalle
                        Stabili                                                              scelte di
                                                (B)                       (D)
Scambi                                                                                       esternalizzazione
relazionali           Instabili          Spin off Autonomi        Spin off Competitivi
                      o assenti                  (C)                       (A)
                                              Bassa                      Alta
                                                  Contiguità tecnologica/commerciale

Cosa si intende per spin off competitivo e quali evidenze risultano dalla letteratura nella realtà
americana?

Descrivere compiutamente il caso degli spin off guidati di FAG.

Quali elementi caratterizzano gli spin off supportati dallo Stato? Descrivere le evidenze dei casi
europei.




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Capitolo VI

Quali determinanti hanno portato ad un allontanamento dei manager centrali dal controllo gerarchico
autoritario sui manager periferici? In particolare, per quali motivi è possibile rilevare un elevato potere
locale dei manager periferici?

Per quali motivi per Thompson l’impresa è contemporaneamente un sistema chiuso e aperto? Riportare
la definizione di sistema debolmente connesso, secondo l’interpretazione dialettica dei sistemi.
Thompson ha superato l’apparente contraddittorietà di tale definizione, precisando che il
sistema chiuso e razionale in cerca di certezza è il nucleo tecnologico (impianti, lavoro),
mentre il livello istituzionale (ad es. la proprietà) è il sistema aperto in attesa dell’incerto,
questi sistemi sono ricomposti dal livello manageriale, che fa da mediatore.
Nel sistema richiesto, la connessione fra gli elementi è data dal fatto che questi sono
legati tra loro conservando un certo grado di determinatezza, la connessione è poi
debole se gli stessi elementi sono soggetti a cambiamenti spontanei e conservano una
certa dose di indipendenza e di indeterminatezza: c’è sia distinguibilità che reattività.

Che cosa si intende per distinguibilità e per reattività in una chiave di lettura aziendale? In funzione di
queste variabili, descrivere le diverse configurazioni sistemiche, facendo riferimento anche ai casi concreti.
Per distinguibilità delle componenti sistemiche si può intendere l’esistenza, nelle singole
unità del sistema, di un elevato livello di autonomia decisionale (quindi indipendenza);
per reattività il livello di interdipendenza delle relazioni che legano le componenti, si
presuppone una visione delle singole unità finalizzata ad un obiettivo strategico comune.
                                                                                              Configurazioni
                                  Sistemi             Distinguibilità     Reattività
                                                                                              sistemiche
                          Strettamente Connesso          Assenza          Presenza
                          Debolmente Connesso            Presenza         Presenza
                                 Sconnesso               Presenza          Assenza
                               Non Connesso              Assenza           Assenza

Quali vantaggi sono presenti nella debole connessione nelle reti intra ed inter-organizzative? Come
vengono descritte da Drucker le “strutture per sistemi”?
Le relazioni deboli tra le unità di reti intra ed inter-organizzative, lasciando maggiore
autonomia ai manager periferici, stimolano la loro creatività e capacità di pensiero
(quindi un comportamento proattivo), sviluppano inoltre un orientamento al risultato
per il raggiungimento del quale viene stimolata anche la responsabilità dei manager locali.
Le relazioni deboli si configurano quindi come un canale per la diffusione tra i membri
(o i gruppi di membri) della rete di innovazioni e di idee. È tuttavia indispensabile che tra
i membri del gruppo esista una forte coesione, cioè esistano dei legami forti che li
portino ad interagire con una logica di team per il perseguimento di un fine comune.
Per Drucker le reti di alleanza strategica si configurano come strutture per sistemi che,
per conservare la stabilità, necessitano di comunicazioni costanti (feedback continui), di
rapporti diretti, elastici e basati sulla fiducia reciproca, in modo da colmare le differenze

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nei valori, nei credi e nei comportamenti. Le alleanze che invece non sono caratterizzate
da uno sviluppo all’interno della rete di tali rapporti si configurano come sistemi
strettamente sconnessi (non presentano distinguibilità) che portano al commensalismo al
parassitismo o all’impossibilità di raggiungere i fini stessi dell’alleanza.

Descrivere le diverse tipologie di interdipendenza ed i correlati meccanismi di coordinamento (per
Thompson) facendo anche riferimento ai casi concreti.
L’interdipendenza per accumulazione si ha quando ogni componente presta un
contributo discreto al tutto, mentre viene supportata dal tutto; il coordinamento più
idoneo è quello per routine, che si concretizza nella stesura di una serie di regole alle
quali i vari componenti dell’organizzazione devono attenersi, ciò comporta come
vantaggio minori costi di coordinamento e come svantaggi minore flessibilità ed effetto
alone negativo; è il caso della Coop, dove produttori indipendenti utilizzano un marchio
comune di garanzia della qualità.
L’interdipendenza sequenziale si realizza quando le unità sono legate da relazioni di
input-output e si instaura tra esse, oltre ad una interdipendenza per accumulazione,
un’interdipendenza diretta, capace di precisare la sequenza delle attività; tale tipologia va
gestita con un coordinamento per programma, basato su schemi più flessibili, in quanto
si fissano le direttive, ma si lascia la possibilità al manager periferico di adottare soluzioni
più appropriate alle situazioni contingenti; il vantaggio consiste in una maggiore
flessibilità alla dinamicità ambientale e lo svantaggio è che se si “blocca” un nodo critico
si ferma tutta la filiera; come es. si può vedere la filiera dell’Illy Caffè, dove i paesi esteri
forniscono materie prime e il loro output rappresenta l’input dell’impresa che produce e
il suo output rappresenta l’input per i distributori.
Infine l’interdipendenza reciproca si evidenzia quando vi è una relazione circolare in cui
ogni parte crea contingenza nell’altra, si richiede in tal caso un coordinamento per mutuo
aggiustamento, cioè adattamento alle varie situazioni; si ha un’elevata flessibilità che
necessita di un continuo flusso di informazioni, quindi più elevati costi di
coordinamento; questa è, ad es., l’interdipendenza che si instaura tra le unità di R&S e
quelle di marketing all’interno di un’impresa o in un’equipe medica.
Queste 3 forme hanno una complessità crescente (con costi di coordinamento crescenti)
e sono contemporaneamente presenti solo nelle organizzazioni più complesse, mentre
tutte le organizzazioni presentano un’interdipendenza per accumulazione.

Nell’interdipendenza sequenziale, quali variabili di coordinamento occorre definire e per quale motivo?
Come può essere gestita la complessità crescente insita in una interdipendenza reciproca?
Nell’interdipendenza sequenziale sembra opportuno adottare un coordinamento per
programma, ciò comporta però che il management definisca le variabili di
coordinamento che si deve tenere sotto controllo, che sono: gli obiettivi dei manager
locali (ad es. budget di vendita e target di redditività) o i vincoli che gli stessi hanno (ad
es. costi delle materie prime e prezzi-base predeterminati): la presenza di queste variabili
e di un flusso continuo di informazioni dalla periferia al centro è fondamentale quando
le unità periferiche hanno una notevole autonomia (altrimenti si rischia la
disconnessione?). Per governare un sistema complesso di relazioni può essere utile creare
dei nodi supervisori, collocati in punti strategici della filiera e sotto il diretto controllo
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Appunti di Economia e gestione delle imprese internazionali
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Appunti di Economia e gestione delle imprese internazionali

  • 1. Domande e risposte di Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Autori: ProfMan & o’Nonno
  • 2. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org “La cultura è ciò che resta dopo che si è dimenticato tutto” (Herriot) Si ricorda che: • l'uso degli appunti qui presenti è consentito per solo uso personale e di studio; • la consultazione è gratuita ed ogni forma atta a ricavarne lucro è vietata! • gli appunti sono fatti da studenti che non possono assumersi nessuna responsabilità in merito; • il materiale qui presente non è sostitutivo ma complementare ai libri di testo: - devi (e ti consiglio) di consultare e comprare i libri di testo; • il materiale qui presente è distribuito con licenza Creative Commons Ti ricordo che se vuoi contribuire mandando degli appunti o quant'altro possa essere utile ad altri puoi farlo inviando il materiale tramite: http://profland.altervista.org/mail.htm Spero che ciò che hai scaricato ti possa essere utile. Profman Il file è stato scaricato/visualizzato in forma gratuita da Profland: http://profland.altervista.org sezione Profstudio http://profland.altervista.org/profstudio/profstudio.htm oppure da qualche mirror, come: www.profland.cjb.net www.profland.135.it o dalla pagina dedicata su slideshare.net: www.slideshare.net/profman 2/40
  • 3. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Capitolo I Quali tendenze in cscenze sono oggi richieste? (prof) La tendenza alla delocalizzazione produttiva, la crescente necessità di disporre di risorse immateriali, le opportunità nascenti con l’ingresso in campo internazionale dei paesi ad economia pianificata e la ricerca del mantenimento della posizione competitiva in ambienti sempre più complessi hanno suggerito una nuova figura di manager con elevata capacità e professionalità. Ai manager sono oggi richieste: una maggiore conoscenza sia dell’ambiente interno che esterno per ridurre il rischio e l’incertezza; una maggiore capacità di dialogo e di interazione con i portatori di culture diverse; capacità di negoziazione e di ottimizzazione dei rapporti con i vari attori degli ambiti competitivi. I manager devono quindi acquisire competenze tecnologiche, di mercato, organizzative, finanziarie e di general management che rappresentano vantaggi firm specific difficilmente appropriabili da parte dei competitori. Spiegare la sovrapposizione che spesso si riscontra tra i paradigmi teorici delle strategie dell’internazionalizzazione e quelli interpretativi delle modalità di attuazione delle strategie. Su quali argomenti dovrebbero focalizzarsi i due paradigmi? Descrivere l’Internalization Theory della Reading School e le teorie di Coase e di Williamson sull’internazionalizzazione. Secondo i ricercatori della Reading School le imprese multinazionali perseguono decisioni di crescita dimensionale, mediante investimenti diretti all’estero (creazione di mercati interni), quando i mercati esterni (soprattutto dei fattori) sono inesistenti o imperfetti (ad es. per carenze di informazioni o per presenza di opportunismo), le multinazionali conseguono quindi vantaggi firm specific e godono di una protezione nei loro mercati interni. Coase, nella sua teoria istituzionalista, afferma che l’impresa tende a preferire relazioni cooperative al suo interno, piuttosto che relazioni di mercato, fino a quando i costi interni di un’ulteriore transazione non siano uguali a quelli effettuati in una struttra di mercato imperfetta. Per Williamson (teoria dei costi transazionali) la migliore strategia è quella che persegue la ricerca dell’efficienza (economizing) nell’ottica dicotomica gerarchia-mercato: le imprese sviluppano l’attività al proprio interno se i costi di transazione sono minori di quelli necessari per rivolgersi al mercato. Descrivere la teoria dei costi transazionali di Williamson. Quali sono i fattori che innalzano i costi di transazione? (prof) Secondo la teoria dei costi transazionali di Williamson le imprese perseguono la massima efficienza decidendo per ogni attività se svilupparla all’interno o rivolgersi al mercato (ottica dicotomica gerarchia-mercato). Le imprese internalizzano se i costi di transazione sono minori di quelli di implementazione e viceversa. I fattori che innalzano i costi di transazione sono: razionalità limitata, atmosfera, piccoli numeri, asimmetria informativa ed opportunismo. 3/40
  • 4. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Descrivere il paradigma di Bain struttura-performance. Su quali punti gli economisti d’impresa possono non concordare? Bain spiegava i risultati delle imprese appartenenti ad uno stesso settore in base alle caratteristiche strutturali dello stesso, definendo gli elementi-chiave di una struttura le barriere all’entrata, la situazione concorrenziale e l’elasticità della domanda. L’evidenza empirica, però, dimostrò che imprese dello stesso settore non avevano sempre le stesse performance. Bain infatti aveva trascurato l’effetto della leva strategica, che può permettere all’impresa di raggiungere, utilizzando strutture simili a quelle dei concorrenti, risultati e posizionamenti competitivi più vantaggiosi. (manca la seconda parte) Descrivere il modello del CPV (internazionale) del Vernon e le critiche mosse a tale modello. Secondo il modello di Vernon, i cambiamenti nel processo produttivo, atti a standardizzare il processo-prodotto, impongono una scelta ottimale di allocazione delle risorse tra mercati interni e mercati esteri. Tra le critiche, Rapp evidenzia che tale modello non spiega l’appropriazione dei vantaggi firm-specific degli innovatori da parte degli imitatori, che possono acquisire più elevati vantaggi competitivi quando gli innovatori utilizzino le risorse possedute in modo distorto. Descrivere il pensiero della Penrose sull’impresa e sull’espansione (anche internazionale) dell’impresa. L’Autrice vede l’imprese come un insieme di risorse produttive, fisiche ed umane: la diversa combinazione di queste risorse fornisce all’impresa un insieme di servizi da utilizzare nel processo produttivo, questi servizi variano poi in base alle conoscenze che il personale dell’impresa ha. La spinta all’espansione è data proprio dalla non piena utilizzazione di queste risorse. La Penrose accenna solo all’esistenza di tipologie di diversificazione “connesse al mercato”, quando afferma che l’impresa che si immette in nuovi mercati con beni già in produzione ottiene gli stessi risultati a quelli raggiunti con la diversificazione. Dato poi che vengono differenziate le scelte di diversificazione a seconda che siano attuate nelle aree di specializzazione (base produttiva e area di mercato) dell’impresa o in nuove aree, in altri termini in base ai cambiamenti dell’ambiente esterno, si può intuire come sia necessario ampliare lo stock di conoscenze dell’impresa nel caso in cui la conquista di nuovi “gruppi geografici” comporti un allontanamento dalle aree di mercato familiari. Descrivere le ipotesi Rumelt sulla diversificazione internazionale. Tali ipotesi si sono dimostrate, successivamente, robuste? La diversificazione internazionali viene definita come un’entrata in nuovi mercati che implicava necessariamente uno sviluppo delle competenze manageriali delle imprese; si realizza anche quando l’impresa si internazionalizza attraverso processi di integrazione o di collaborazione. Rumelt sosteneva quindi l’esistenza di una relazione positiva tra performance della diversificazione e livello di internazionalizzazione, numerose le critiche: alcuni sostenevano che tale relazione non si dimostrava così significante, altri che addirittura la relazione fosse inversa. Rumelt allora aggiunse che la relazione, di qualunque tipo, porta comunque ad un aumento delle performance d’impresa. 4/40
  • 5. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Sono presenti nel pensiero di Ansoff le strategie dell’internazionalizzazione (implicitamente o esplicitamente)? Con Ansoff le strategie di sviluppo vengono teorizzate, utilizzando due parametri: la missione (l’obiettivo che l’impresa dà ai suoi prodotti in diversi mercati) e la tipologia di prodotti (scelta di ampliamento produttivo verso prodotti nuovi o già esistenti). Prodotti Strategie prodotto/mercato Attuali Nuovi (Ansoff) Penetrazione del Attuali Sviluppo prodotti mercato Missioni Sviluppo del Nuovi Diversificazione mercato Il processo di sviluppo internazionale può essere visto, implicitamente, nello sviluppo del mercato e nella diversificazione, ma solo se i segmenti di mercato sono considerati dal punto di vista geografico e solo se la diversità territoriale si traduce in una clientela diversa. Descrivere i concetti di globalizzazione per Ohmae e per Porter (strategie delle imprese nei settori globali) e le critiche mosse a tali concetti. Per Ohmae… Per Porter… Strategie delle Configurazione imprese nei settori Decentramento Concentrazione globali (Porter) Alto IDE coordinato Globale Coordinamento Exp. con Basso Multidomestica MKT decentrato Quali sono le dimensioni alla base del diamante della competizione delle nazioni di Porter? Quali critiche sono state mosse a tale modello? Porter, ponendo l’ottica sulla globalizzazione di un Paese, individua 4 determinanti: la rivalità delle imprese nel mercato domestico, il livello di sofisticazione della domanda, la presenza di fornitori e di servizi di supporto e la presenza di dotazioni specifiche. Le critiche partono: dalla non considerazione della cultura dominante e del ruolo del Governo, dal fatto che i quattro criteri-guida sono talmente ampi da dare scarse 5/40
  • 6. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org indicazioni ai policy makers e dalla domanda “esiste ancora una stretta connessione impresa-paese d’origine?”. Quali trade-off occorre ricercare nelle scelte relative alla configurazione ed al coordinamento? (e perchè?) Riguardo alla configurazione: tra la possibilità di accentrare le decisioni da prendere (concentrazione geografica) ed una strategia più pronta a decentrare (dispersione geografica), al fine di cogliere le specificità locali; saper scegliere la giusta posizione significa anche scegliere tra economie di scala e accelerazione dell’apprendimento. Per il coordinamento: tra il controllo stretto dell’apprendimento, cosicché i manager centrali possano creare sinergie positive, e la libertà dei manager periferici, in modo da stimolare la creatività e la responsabilità degli stessi Quali vantaggi si conseguono nell’agire globale (alla Porter)? Descrivere compiutamente il paradigma dell’internazionalizzazione basato sullo sviluppo delle competenze distintive. Le competenze distintive sono da intendere come i modi in cui l’impresa riesce a combinare ed utilizzare gruppi di risorse, tali da renderla quasi unica sul mercato: lo sviluppo può essere discontinuo (acquisizione di nuove risorse e conoscenze significativamente diverse) o tendenziale (conoscenze dello stesso tipo). Il patrimonio può essere cumulato a somma positiva (quando competenze nuove e significativamente diverse si aggiungono alle precedenti) o a somma negativa o nulla (quando le nuove sostituiscono le precedenti). Sviluppo delle Competenze Distintive Competenze distintive e Discontinuo Tendenziale strategie d’impresa A somma Diversificazione Espansione positiva Patrimonio A Cumulato somma Riconversione Ricentraggio negativa o nulla Descrivere il “circolo virtuoso” che si instaura tra conoscenze e strategie di sviluppo. In sintonia con la scuola di Uppsala, processi di internazionalizzazione e processo di apprendimento presentano punti di omogeneità e di difformità: quali? Descrivere il parallelismo che può riscontrarsi tra il paradigma delle strategie dell’internazionalizzazione, basato sullo sviluppo delle competenze distintive, ed il paradigma dello sviluppo innovativo (traiettorie tecnologiche). Il circolo virtuoso che si instaura in entrambi i casi. (risposta da ampliare) 6/40
  • 7. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Descrivere il concetto di internazionalizzazione per diversificazione. Quali vantaggi discendono dall’operare in cluster omogenei di Paesi? (riferire anche il pensiero di Teece). Quali pericoli discendono da una internazionalizzazione per diversificazione di tipo conglomerale? Innanzitutto con l’ingresso in nuovi mercati crescono le esigenze conoscitive dei manager, di conseguenza, con l’aumentare della distanza, cresce anche l’incertezza degli stessi e l’esposizione al rischio delle imprese. Tale incertezza, inoltre, può portare nei manager ad un’inerzia ed ad accentuare gli scopi opportunistici (ottica di breve periodo). Nascono poi gli stessi problemi di una diversificazione in business indipendenti, tanto che il minor rischio finanziario, dovuto al frazionamento, è compensato dal maggior rischio derivante dalla non conoscenza. Ancora, se non si assume nuovo capitale umano, si rischia di distogliere eccessivamente le proprie risorse dalle attività consolidate, per spostarle sulle nuove; se si innestano nuovi manager, possono emergere conflitti interorganizzativi con quelli preesistenti. Infine le nuove problematiche nascenti e gli sforzi fatti per risolverle impediscono lo sviluppo di routine, peggiorando il livello di coordinamento. Descrivere il concetto di strategie di ricentraggio. Quali strategie di ricentraggio sono state poste in essere dalle grandi imprese internazionali e perché? Descrivere almeno tre casi tra quelli di break up, di asset swap e di specializzazione incrociata posti in essere dalle grandi imprese internazionali. Descrivere le determinanti della specializzazione cui sembrano tendere le moderne economie. Attualmente, come si specializzano le imprese? In un’ottica macro-economica, la specializzazione, a cui sembrano tendere le moderne economie, sembra basarsi oltre che sulle differenze di costo delle produzioni dei vari paesi, anche su altre determinanti come la globalizzazione dei mercati degli input e degli output, che ha portato le imprese a concentrarsi su quelle competenze più facilmente coordinabili dal management aziendale, e come la maggiore penetrabilità dei mercati (date le minori barriere all’entrata), che ha spinto il management ad assumere comportamenti più difendibili e, di riflesso, le grandi imprese ad acquisire una leadership in specifiche attività. Le imprese si specializzano oltre che per prodotto anche per fasi di lavorazione o per attività della catena del valore, questo comporta una esternalizzazione ad es. anche del marketing, della ricerca, della logistica, ecc. Quali erano le determinanti “tradizionali” delle scelte di internazionalizzazione? Prima degli anni ’70 le determinanti erano: la rivalità oligopolistica delle imprese (soprattutto statunitensi); i minori costi del lavoro all’estero; il continuo apprezzamento del dollaro; la limitatezza delle competenze produttive e tecnologiche, l’internazionalizzazione era usata per sfruttare meglio le competenze possedute. 7/40
  • 8. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Per Chandler solo dopo fasi iniziali di start-up e di sviluppo nei core business e dopo aver acquisito un sostenibile e duraturo vantaggio nei business intrapresi, le imprese si internazionalizzano, in modo da mantenere il proprio tasso di crescita. Quali sono le determinanti delle scelte di internazionalizzazione nell’ottica delle moderne imprese? Assumendo un mercato aperto e che nuove attività permettano all’azienda di colmare “vuoti di offerta”, le determinanti moderne sono: • l’esistenza di risorse e conoscenze non utilizzate (alla Penrose); • la necessità di monitorare comportamenti di mercati, produzioni, settori (apertura di finestre cognitive), per cogliere le opportunità che possono emergere. Le finestre cognitive vengono “aperte” per apprendere i meccanismi di mercato prevalenti (finestre di mercato) o per conoscere ed appropriarsi delle tecnologie innovative (finestre tecnologiche), aprire delle finestre conoscitive permette, quindi, di agire in anticipo sui concorrenti. È vero affermare che il “nuovo modo di competere”dei managers è centrato maggiormente sul sapere e sulla conoscenza, piuttosto che sui profitti e sulla redditività? (Se no, perché?). Quali sfide ambientali devono oggi essere affrontate dai managers? Per acquisire migliori posizioni competitive e per poter effettuare dei cambiamenti, occorre conoscere, acquisire informazioni e saperle interpretare, soprattutto in ambito internazionale. Quanto detto sembrerebbe ipotizzare un nuovo modo di competere del manager centrato sul sapere e sulla conoscenza, piuttosto che sui profitti e sulla redditività: questo però non è vero in quanto la conoscenza e la redditività sono variabili interdipendenti. La prima, infatti, crea le premesse per raggiungere una maggiore efficacia ed efficienza imprenditoriale, la seconda aumenta con l’acquisizione di migliori posizionamenti competitivi. Inoltre non è possibile pensare ad un ambiente esterno stabile ed immutato nel tempo, visto che: le nuove tecnologie hanno diminuito le barriere all’entrata, incrementando così la concorrenza tra le imprese, e hanno modificato, in intensità e volume, la domanda; i nuovi materiali hanno permesso la creazione di molti prodotti concorrenti o sostitutivi; con l’ampliarsi dei mercati di sbocco, la lontananza degli stessi e le difficoltà finanziarie e valutarie di molti paesi crescono gli ostacoli, maggiorati dall’esistenza di asimmetrie culturali tra paesi diversi. Capitolo II 8/40
  • 9. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Quali sono i motivi che inducono ad affermare che lo studio della variabile culturale risulta un valido strumento di supporto alle analisi strategiche sull’internazionalizzazione? Quali sono i motivi che hanno portato allo sviluppo delle ricerche sul tema del cross-cultural management? Descrivere almeno tre concetti, tra quelli proposti nel testo, di cultura delle organizzazioni. Nei contesti e nelle organizzazioni possono convivere più culture: quali sono queste culture per Martin e Siehl? Kroeber: insieme di patterns di comportamento trasmessi attraverso artefatti. Hofstede: programmazione mentale collettiva, importanza dell’educazione. Harris: come un iceberg, dove la punta sono gli artefatti e la parte nascosta le determinanti. Martin e Siehl: valori condivisi dalla maggioranza, convive con la sottocultura e la controcultura. (concetti da ampliare) Descrivere il concetto di cultura per Schein, le espressioni visibili e le motivazioni invisibili sulla base delle quali essa viene analizzata (sempre secondo Schein). La cultura è vista come un insieme di assunti sviluppati per l’adattamento esterno e l’integrazione interna, si individuano i valori, i miti, gli eroi e i riti. (concetto da ampliare) Quali analisi sono svolte nei filoni di studio nei quali si segmenta il tema del cross-cultural management? Quali metafore descrivono le diverse Nazioni per Tosi? Il cross-cultural management descrive i comportamenti degli individui, provenienti da culture diverse, all’interno delle organizzazioni e le diversità culturali esistenti tra organizzazioni di contesti culturalmente diversi, si divide in: cross-cultural research e cross-national research. Tosi individua 4 metafore per descrivere altrettanti macro-aree ambientali: il football per la cultura americana (spirito di squadra e agonismo), l’orchestra sinfonica per quella tedesca (ordine, precisione e necessità di un leader), il giardino giapponese per il Giappone (lavoro di gruppo, armonia e fiducia) ed infine l’opera per l’Italia ed i Paesi latini (passione, istinto, creatività e coinvolgimento emotivo) Descrivere l’approccio delle metafore di Trompenaars sulla cultura dei diversi paesi e delle imprese in essi operanti. Nella “Famiglia” è importante il ruolo del “padre” e, di conseguenza, nelle imprese la leadership è attribuita e non guadagnata. La “Torre Eiffel” si fonda sul ruolo del capo e nelle imprese sono carenti le relazioni personali. Nell’Incubatrice si riconosce che i fini dell’organizzazione devono essere subordinati al soddisfacimento degli individui. Il “missile teleguidato” presenta orientamento al gruppo e spirito di uguaglianza. Uguaglianz Incubatrice Missile teleguidato a (paesi nordici) (USA – UK) Famiglia Torre Eiffel Gerarchia (Giappone, Italia e (Germania, Austria, Spagna) Paesi Bassi e Danimarca) 9/40 Orientamento Orientamento al singolo al gruppo
  • 10. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Cosa studia il cross-cultural management? Descrivere il modello di Hofstede. (prof) Il cross-cultural management studia il comportamento all’interno dell’impresa di individui che provengono da culture diverse e le possibilità di interazione tra individui che provengono da culture diverse. Il modello di Hofstede prevede 4 dimensioni: la distanza gerarchica, il grado di accettazione dell’incertezza, l’individualismo/collettivismo, la mascolinità/femminilità. Descrivere compiutamente le dimensioni del modello di Hofstede sulla cultura delle organizzazioni. L’Autore evidenzia le differenze culturali in base a 4 dimensioni: • controllo dell’incertezza: il modo in cui una società si sente minacciata da situazioni incerte e cerca di evitarle, se il controllo è debole (USA) c’è accettazione dei rischi e tolleranza, se è forte (Giappone e Italia) si ricercano verità assolute, ovvero prevalgono le regole; • distanza gerarchica: misura il livello di accettazione del potere e la sua ineguale distribuzione nell’organizzazione, è elevata nell’Africa nera, dove la classe media è stabile, e bassa in Germania e negli USA, dove c’è la chiusura della classe dominante; • individualismo/collettivismo: misura il livello di interazione tra gli individui e tra i gruppi, collettivista è il Giappone, individualisti i paesi anglosassoni; • mascolinità/femminilità: individua modelli di comportamento e stili manageriali delle organizzazioni, la cultura maschile (USA, Germania, Giappone ed Italia) preferisce che le decisioni siano prese dal singolo, in quella femminile (Paesi nordici) le decisioni spettano al gruppo e non si deve interferire nella vita privata dei dipendenti. Cosa intende Trompenaars (nel suo approccio cultura-strategia) per universalismo/particolarismo e quali limiti discendono dalle due configurazioni? Descrivere almeno altre tre dimensioni considerate da Trompenaars, sempre nello stesso modello. Quali ricerche ed a quali risultati sono pervenuti alcuni studi posti in essere nel filone del cross-national research? Questo filone analizza la cultura dei paesi occidentali e ha come ipotesi implicita che il funzionamento delle organizzazioni sia correlato alla cultura del contesto. Alcuni studi hanno collegato il Modello di Hofstede con il “diamante” di Porter, i risultati hanno dimostrato che la cultura è una variabile che esplicitamente può agire sul vantaggio competitivo di una nazione, in quanto il controllo dell’incertezza e la tendenza al collettivismo determinano il livello dell’apertura al cambiamento e l’interazione degli operatori di un determinato paese. Infatti l’avversione al rischio costituisce un deterrente allo sviluppo di alcuni settori dell’economia (es. Svizzera), il collettivismo può far superare l’avversione al rischio (es. Giappone). 10/40
  • 11. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Come può avvenire efficacemente un cambiamento culturale nelle organizzazioni (ricordare, al riguardo, anche il pensiero di Lakatos)? Come influiscono le diversità culturali sull’andamento delle collaborazioni? Quale legame (subordinazione o interdipendenza) è emerso negli studi e nelle ricerche tra cultura nazionale e cultura d’impresa? Spiegare i concetti di neo-localismo e di radicamento (cui perviene Varaldo). Negli anni 50-60 vigeva nelle grandi multinazionali americane l’ipotesi di convergenza, o anche l’assunto “one size fits all”. Spiegare questi assunti e le conseguenze sui essi portano. Le multinazionali americane ritenevano che l’attività manageriale potesse basarsi su principi universalmente validi e che le pratiche manageriali statunitensi potessero essere esportate con successo ovunque, contribuendo così a società sempre più omogenee. La realtà ha poi smentito questo assunto, affermando che le diversità culturali richiedono una differenziazione degli stili manageriali e dei meccanismi di governo d’impresa. Dopo la caduta del vecchio assunto, le moderne multinazionali sono diventati ambienti policentrici, in cui si accettano (o dovrebbero accettarsi) le diversità. Quali sono le determinanti dello spirito collettivista e quali caratteristiche della cultura giapponese portano ad enfatizzare lo sviluppo di forme collaborative all’interno del sistema paese? Le determinanti sono da ricercarsi soprattutto nel confucianesimo e nello scintoismo: Confucio dice che per crescere occorre che l'individuo sia permeato da alcune caratteristiche, quali la perseveranza (fissare un obiettivo senza mai abbandonarlo), la parsimonia (non sprecare risorse), il senso del pudore (valutare bene gli scopi perseguiti); infine e possedere una scala di priorità negli obiettivi. Tutte queste caratteristiche sono legate da un orientamento al lungo termine. Per i giapponesi, il buon esito di un rapporto collaborativo dipende dall'impegno, dalla fiducia, dalla buona fede dei partner e dalla reciproca convinzione che la collaborazione rende gli attori più forti, in quanto possessori di conoscenze e competenze complementari. Il modello giapponese costituisce una solida base per lo sviluppo di forme collaborative, in quanto l’impresa è intesa come comunità, è forte lo spirito di gruppo e qualsiasi decisione è frutto di una concertazione collettiva. I rapporti interni sono, quindi, informali, e questa informalità, se estesa anche all’esterno dell’impresa, può garantire il successo di un’alleanza. In Giappone anche le istituzioni svolgono un ruolo decisivo per la creazione di un sistema di alleanze strategiche: il MITI favorisce direttamente accordi di cooperazione sia tra aziende nazionali, sia con quelle estere. Quali sono le determinanti dello spirito individualista e quali caratteristiche della “cultura” anglosassone influiscono sullo sviluppo di forme collaborative all’interno del sistema-paese? Quali sono le possibili conseguenze negative che discendono da un comportamento opportunistico dei managers d’impresa? Descrivere almeno due esperienze in USA, descrittive dell’individualismo e dell’instabilità delle relazioni. 11/40
  • 12. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Descrivere le due esperienze giapponesi che aiutano a comprendere l’ottica proiettata verso il futuro delle imprese giapponesi. Descrivere le due esperienze giapponesi che aiutano a comprendere la stabilità delle relazioni poste in essere con imprese giapponesi. Descrivere la tipologia di ambiente culturale definita monolitica (e la categorizzazione che la contraddistingue – modello di Cox e Blake). Quali caratteristiche definiscono gli ambienti multiculturali? (prof) Si definisce monolitico il contesto caratterizzato da categorizzazione e conflitto. Nel contesto monolitico esiste un’unica cultura dominante e qualsiasi diversità viene rifiutata perché ingenererebbe incertezze tra i membri del gruppo. L’accettazione ed il rifiuto si basano su elementi superficiali, quali la razza, il colore della pelle e la lingua. Nei contesti multiculturali, nei casi in cui prevale l’individualismo, le relazioni sono facili da avviare ma instabili, al contrario dei casi in cui prevale il collettivismo, le relazioni sono stabili ma difficili da avviare. Descrivere le tipologie di contesti ambientali in funzione del livello di accettazione delle diversità e dei confronti tra culture (I chiave di lettura). La classificazione dei contesti è stata fatta in base: al tipo di processo cognitivo adottato dalla cultura dominante in un’area nel processo di accettazione delle diversità; al livello di interazioni poste in essere nell’area tra i portatori di culture diverse. Contesti Tipologie di contesti Pluralismo Multiculturali ambientali delle idee Contesti Pluriculturali Accettazione delle diversità Categorizzazione Contesti Monolitici Conflitto Dialogo Spirito di appartenenza al gruppo Perché si afferma che non esiste un modello unico e rappresentativo d’impresa europea? Quali caratteristiche contraddistinguono le imprese italiane? Per le imprese europee risulta difficile definire un modello unico in quanto esistono ancora politiche industriali nazionali di tipo interventista e difensivo, che contribuiscono all’isolamento dei singoli mercati, e legislazioni non uniformi nei vari paesi. L’evidenza empirica dimostra che in Europa le imprese hanno modelli di riferimento opposti per concezione di mercato, per struttura e modalità di controllo, per sistemi informativi. Nella situazione italiana, il principale ostacolo alle relazioni collaborative (anche a livello domestico) è rappresentato dalla scarsa disponibilità del proprietario-imprenditore a rinunciare al potere decisionale con la delega di autorità e funzioni. Inoltre l’ottica è di 12/40
  • 13. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org breve periodo, c’è conflitto tra gruppi culturali diversi e l’enfasi è posta sull’individualismo. Dopo aver definito il significato di contesto pluriculturali, illustrare le situazioni di apertura al networking internazionale che possono configurarsi tra partners di diversi contesti (II chiave di lettura). I contesti pluriculturali può presentare diversi livelli di adattamento tra politiche e strumenti di attuazione, per cui, anche se si accettano le diversità, possono generarsi conflitti interculturali; viceversa, se ci sono processi di interazione, questi possono essere inefficaci se le minoranze sono costrette a subire i gruppi dominanti. Contesti Relazioni instabili Relazioni stabili Apertura al multicultural networking (facili da avviare) (difficili da avviare) i internazionale Contesti Relazioni Tipologia pluriculturali opportunistiche di Contesti Contesti Relazioni Chiusura alla monolitici forzate collaborazione Individualismo Collettivismo Spirito di appartenenza al gruppo Quali sono le caratteristiche della “cultura” tedesca e come esse influiscono sullo sviluppo di forme collaborative all’interno del sistema-paese? Le imprese tedesche presentano caratteri simili al modello giapponese, differenziandosi parzialmente da queste per l’orientamento, sia della domanda che dell’offerta, alla qualità tecnica del prodotto, che influenza il rapporto impresa-mercato. Questo orientamento è favorito dalla sofisticazione della domanda interna e dal forte sviluppo innovativo supportato da diverse strutture nazionali e regionali. Descrivere due casi d’impresa che aiutano a comprendere l’orientamento alla qualità tecnica dei prodotti delle imprese tedesche. Dispensa integrativa (Rightsizing) 13/40
  • 14. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org In che misura la variabile di contesto condiziona le scelte di rightsizing effettuate sulle core activities o sui core business? La globalizzazione dei mercati (ubiquità del vantaggio competitivo) e la trasversalità delle nuove tecnologie hanno portato ad una marginalizzazione del ruolo del contesto nella formulazione delle strategie. Tuttavia si è visto sia che le imprese che operano in cluster di paesi relativamente omogenei hanno maggiore opportunità di realizzare profitti stabili, sia che le multinazionali, che operano in paesi psicologicamente vicini al mercato domestico, riducano i costi di coordinamento, sia che standardizzino attività e politiche funzionali (ad es. di marketing), come visto con Teece. In quest’ottica l’esistenza di un mercato integrato, culturalmente omogeneo, può accelerare la crescita cumulata delle competenze distintive delle imprese che vi operano, rafforzando indirettamente il suo vantaggio competitivo: in tale ottica tali mercati possono definirsi come “core market”. Descrivere le variabili tradizionali ed innovative che identificano i vantaggi di localizzazione. I vantaggi tradizionali sono legati alla presenza di dotazioni fattoriali (come il basso costo delle materie prime e della manodopera), di economie di area (distretti) ed al diamante di Porter, che individua delle aree delle nazioni più competitive delle altre. In nessun caso si pensa ad un vantaggio legato all’accrescimento delle competenze distintive. Le variabili innovative sono da ricercare nell’acquisizione di risorse immateriali (neolocalismo e radicamento di Varaldo) e nella possibilità di approfittare di un’efficace immagine di area, in sintesi le potenzialità offerte dai core market. Descrivere le dimensioni che identificano i processi di rightsizing sul core market. La contendibilità dei core market si connota prevalentemente per quegli elementi macro e micro economici che descrivono la convenienza ad investire in una specifica area: se bassa identifica una chiara opportunità economica per le imprese che appartengono a quell’area, viceversa se è alta indica un potenziale pericolo (bassa protezione strutturale). Invece l’approccio al core market, nel caso innovativo, descrive un atteggiamento fortemente competitivo per l’impresa ed un atteggiamento proattivo verso la variabile territoriale, viceversa la visione sarà tradizionale. Approccio al Core Market Portafoglio di Innovativo Tradizionale relazioni indotte dalle scelte di Rightsizing sul Rightsizing esternalizzazione Bassa Core Market Speculativo (A) (B) Contendibilità dei Core Market Rightsizing Scelte Alta esplorativo-conoscitivo operative Il quadrante A, (C) (D) dove si verifica la coincidenza di ragioni strutturali ed aziendali, individua la situazione ottimale, al suo opposto il quadrante C, dove la variabile territoriale non è considerata variabile critica. 14/40
  • 15. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Quali caratteristiche connotano un core market? In che misura è possibile asserire che l’U.E. costituisca un potenziale core market? Le caratteristiche sono: • di natura macro-economica (cioè fattori esogeni all’impresa): come la normativa (in riferimento alle misure protezionistiche, sia con incentivi che con forme di contingentamento), l’omogeneizzazione dei comportamenti settoriali (anche con la creazione di gruppi integrati di imprese che concorrano a gestire mercati semi- oligopolistici) e la variabile culturale (una forte omogeneità culturale può divenire un ostacolo per concorrenti stranieri); • di natura aziendale: come la possibilità di apprendimento e quella derivante dall’immagine dell’impresa e dell’area (senza dimenticarsi della cultura aziendale). L’U.E. ha le caratteristiche macro-economiche tipiche di un core market (protezioni normative ed omogeinizzazione dei comportamenti delle imprese), ma dal punto di vista dell’omogeneità culturale trova scarso riscontro nella realtà, caratterizzata invece dalla presenza di aree regionali, non necessariamente nazionali. Quali caratteristiche connotano i processi di rightsizing conoscitivo-esplorativo? Per quali ragioni esso viene tipicamente perseguito dalle imprese? Ci troviamo in una condizione di alta contendibilità del core market, cioè bassa protezione strutturale, e allo stesso tempo di approccio al core market innovativo, ossia un atteggiamento pro-attivo dell’impresa atto a raggiungere una posizione competitiva difendibile. Tale posizione si raggiungeva, in un’ottica tradizionale, tramite forti investimenti in strutture e macchinari, in un’ottica più moderna tramite investimenti costanti in sapere tecnologico-scientifico e tramite l’ottimizzazione delle relazioni. È la condizione tipicamente perseguita dalle imprese, in quanto queste prima entrano nei paesi dove la contendibilità è più alta ed è più facile entrarvi (per acquisire conoscenze), per poi poter entrare in quelli a contendibilità più bassa. Capitolo III Descrivere l’approccio evoluzionistico all’internazionalizzazione di Rugman. L’approccio evoluzionistico di Rugman, focalizzato sulla crescita progressiva del controllo delle risorse, si articola in due percorsi alternativi: 15/40
  • 16. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org 1. sviluppo parabolico (cresce nelle fasi iniziali e si riduce in quelle finali): inizia con un’esportazione, poi gli investimenti diretti all’estero e termina con la concessione di licenze, l’ultima fase corrisponde alla maturità della domanda nel mercato estero, in tal modo c’è un minor dispendio di risorse; 2. sviluppo esponenziale (o continuamente crescente): parte con una concessione di licenze, seguita dall’esportazione, dalla creazione di una filiale di vendita all’estero, dalla delocalizzazione produttiva di alcune fasi, dalla costituzione di una joint venture ed infine dall’IDE, con la concessione di licenza come prima fase è importante che vengano valutati i costi opportunità della stessa. Descrivere i concetti alla base dell’approccio evoluzionistico all’internazionalizzazione di Reid e le diverse fasi che caratterizzano tale approccio. Tale approccio è basato sul processo di apprendimento organizzativo che si sviluppa in funzione di un learning to learn (cioè dagli errori commessi), queste le fasi: 1. consapevolezza e intenzione: nascita del problema e delle aspettative ad esso collegate; 2. sperimentazione e valutazione dei risultati: richiedono una capacità di progettazione delle azioni e di analisi delle performance; 3. accettazione o rifiuto: discende dai risultati e dalla cultura d’impresa. Descrivere le diverse fasi del modello evoluzionistico di Chang e Singh-Chang, interpretativo dei processi di internazionalizzazione. Gli Autori applicano i principi della capability-based theory: 1. si sperimenta il lancio dell’iniziativa, progettata e valutata a priori, in mercati familiari; 2. si stima la relazione tra i fattori-chiave di successo e le capacità manageriali; 3. si sceglie se continuare o recedere; 4. la sperimentazione continua in mercati meno familiari. Quali distorsioni sono presenti negli approcci evoluzionistici all’intenazionalizzazione? Quali nuove vie sono presenti nei moderni approcci e per il raggiungimento di quali obiettivi? L’approccio evoluzionista non è esente da critiche, in quanto: le scelte di internazionalizzazione rifiutano un percorso definito a priori, le alleanze permettono alle imprese by-passare le fasi introduttive, spesso le imprese utilizzano contemporaneamente diverse modalità di presenza nei diversi mercati. Nuove vie: relazioni di tipo collaborativo e di tipo concorrenziale. (seconda parte da ampliare) Quali tipologie di relazioni tra partners occorre definire per la realizzazione di un processo decisionale di sviluppo? Relazioni: di controllo, cooperative, di mercato, di concorrenza. (da ampliare) Descrivere le diverse modalità di attuazione delle strategie di internazionalizzazione. Quali sono i pericoli di un’esportazione indiretta? (prof) 16/40
  • 17. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Le modalità di attuazione delle strategie di internazionalizzazione possono essere distinte a seconda dell’origine competitiva o collaborativa e dell’orientamento al mercato (trade) o ad attività a monte della filiera produttiva (non-trade). Le modalità competitive di tipo trade sono: esportazioni ed integrazioni a valle; quelle di tipo non-trade sono: integrazioni a monte e I.D.E. Le modalità collaborative di tipo trade sono: countertrade e alleanze strategiche (marketing, vendita e assistenza); quelle non-trade sono: licenze, brevetti e alleanze strategiche (di R&S, tecnologiche e produttive). I pericoli di un’esportazione indiretta sono: la scarsa conoscenza del mercato di sbocco, l’opportunismo di buyers e trading companies, la possibilità che queste creino un price based competition tra le imprese. Descrivere le caratteristiche essenziali e gli eventuali pericoli presenti in un’esportazione indiretta. Quali fattori appaiono determinanti in una scelta tra esportazione diretta ed indiretta? L’esportazione indiretta è di solito usata dalle imprese di piccole dimensioni, dato che permette di impiegare le risorse in iniziative che portino un vantaggio marginale più elevato, in quanto non si deve costruire una propria rete di vendita; viene quindi delegata a degli intermediari (buyer, imprese di imp/exp, trading company e consorzi all’esportazione) l’iniziativa di vendere. Questi ultimi sono coloro che si assumono i costi ed i rischi dell’operazione, hanno contatto con la clientela (l’impresa non conosce il mercato di sbocco) e possono generare delle price competition tra le aziende fornitrici. Infine c’è una diversità di visione: l’intermediario agisce in un ottica di breve periodo, al contrario dell’impresa. La scelta sul tipo di esportazione dipende da numerosi fattori, tra cui: fattori interni ed esterni al mercato-obiettivo, gli obiettivi strategici prefissati, le risorse e le conoscenze disponibili, il posizionamento strategico del prodotto e le opportunità o le minacce presenti nell’ambiente esterno. Quali obiettivi si intendono raggiungere in una internazionalizzazione per integrazione secondo l’approccio ai costi transazionali? Perché tali obiettivi non risultano sempre ottimizzabili attraverso i meccanismi di mercato? Gli obiettivi sono di controllare l’accesso alle materie prime e di minimizzare i costi e/o di controllare più da vicino i mercati di sbocco. Questi obiettivi non erano però sempre ottimizzabili a causa: degli elevati rischi legati ai contratti di fornitura, del cambiamento del gusto dei consumatori, del non efficace trasferimento delle conoscenze al fine di una maggiore efficacia imprenditoriale. Quali teorie interpretano il fenomeno della crescita delle multinazionali? Quali sono le determinanti del fenomeno nell’ottica delle moderne imprese? Come si presentano le attività di sviluppo estero nei contesti ove è presente una scarsa diffusione dei servizi di supporto ai processi d’internazionalizzazione? Cosa accade nei contesti caratterizzati da un monopolio delle conoscenze? 17/40
  • 18. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Descrivere le caratteristiche essenziali del brevetto quale forma di collaborazione tra imprese “non trade”. Svolge la duplice funzione di proteggere l’inventore dalle imitazioni non autorizzate e di incentivare la ricerca innovativa, promovendo il progresso tecnologico. (da completare) Quali sono le ragioni che, in generale, spingono le imprese dei paesi industrializzati ad utilizzare forme di “countertrade”? Quali motivi di convenienza possono presentarsi per i PVS? Per le imprese le ragioni sono da ricercarsi: nelle ragioni di mercato e di natura logistica (in entrata ed in uscita), nei problemi finanziari e valutari del cliente estero, nella volontà di superare le barriere all’entrata e nella ricerca di materie prime a buon mercato contro prodotti finiti. Per il PVS nel superamento di accordi internazionali sul prezzo e di controlli sugli scambi. Descrivere compiutamente la forma di countertrade definita “compensazione”. Può essere considerata la variante più attuale al baratto con l’introduzione di un valore, espresso in moneta, delle merci che si scambiano, può prevedere anche una parziale copertura con valuta trasferibile (partial compensation). A garanzia dell’operazione è spesso necessaria la presenza di una Trustee Bank con il compito di tenere i conti di clearing (in soft currency) tra le parti. Se i prodotti in contropartita non sono familiari all’esportatore primario (come spesso accade), entra in gioco un intermediario (trading company) che ha il compito di commercializzare questi prodotti difficili, dietro compenso. Descrivere compiutamente la forma di countertrade definita “contro-acquisto” e le motivazioni alla base del suo sviluppo. Anche in questo caso l’esportatore primario accetta di ricevere in pagamento merci dal cliente estero (inserite in apposite liste); stavolta però vengono redatti due contratti: nel primo (esportazione primaria) vengono riportate le caratteristiche della fornitura, nel secondo (controprestazione) sono riportati solo il controvalore e la tipologia di merce, ne consegue un ulteriore vantaggio per i PVS dato che il prezzo dei prodotti in contro- acquisto può essere determinato a posteriori. Questa forma di countertrade può essere motivata da una programmazione errata della produzione o dall’obsolescenza di alcuni prodotti. Descrivere la situazione che, generalmente, origina uno switch. Descrivere il caso di switch posto in essere tra Equador e Romania. Descrivere la forma di countertrade definita “buy-back”. Questa tipologia di scambi in compensazione è legata alla fornitura di impianti finiti, di macchinari e di attrezzatura di elevato valore: l’esportatore primario riceve in contropartita, in pagamento parziale o totale, i beni ottenuti ad es. dall’impianto. 18/40
  • 19. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Un countertrade di questo tipo coinvolge diversi enti a livello internazionale, comporta ingenti valori di contratto e tempi d’esecuzione abbastanza lunghi, frequenti quindi le costituzioni di joint venture, ed è spesso utilizzato nel settore petrolifero e affini. Descrivere il caso di offset effettuato dalla Ericsson in Uruguay. In USA sono diffuse queste forme di countertrade (spiegarne i motivi)? Quali vantaggi discendono da un’alleanza strategica internazionale rispetto alle altre modalità di attuazione delle strategie di sviluppo? Quali fattori portano a preferire l’alleanza alle altre modalità? I vantaggi sono: accesso a conoscenze non possedute (dato che le imprese sono stimolate a sviluppare processi di apprendimento), riduzione del livello di rischio, che un’impresa dovrebbe sopportare nel caso volesse fare da sola, e del livello di incertezza, dovuti ad es. all’ingresso in mercati non familiari, mantenimento infine delle identità individuali. I fattori determinanti nello scegliere le alleanze sono: le specificità strutturali e concorrenziali dei mercati, le caratteristiche dei prodotti, le dimensioni delle imprese, le capacità organizzative delle imprese e le consapevolezze dei managers. Descrivere le caratteristiche essenziali delle diverse forme di alleanze strategiche in funzione del livello di complessità e della modalità trade e non-trade. Come possono essere classificate le alleanze in funzione della loro origine e della loro natura (secondo Valdani)? Descrivere le caratteristiche dei sistemi e delle reti (secondo Valdani). I sistemi si realizzano quando la pluralità dei rapporti tendono a consolidarsi attorno ad un nucleo, la capo-fila ha la leadership strategica sulle imprese satelliti. La rete è un sistema di relazioni tra imprese, nato spontaneamente e non preordinato né controllato da un’unità centrale. Struttura delle Clearing relazioni Pubblica Protezionismo Agreement Ingresso nei Origine Barriere all’entrata mercati difficili Privata Contrasto alla Ricerca di migliori concorrenza posizionamenti Competitiva Collaborativa Natura Quali profili imprenditoriali sono, in generale, stati riscontrati in Turchia? Sono essenzialmente di tue tipi: dominanti ed emergenti. 19/40
  • 20. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org I primi si distinguono poi a seconda che siano a capo di PMI commerciali (zone interne all’Anatolia), in questo caso sono forti i credi religiosi e le relazioni (anche con finanziamenti) dagli ambienti islamici, o di grandi aziende familiari, caratterizzate da un forte spirito di autoritarismo e di chiusura, da uno stile paternalistico e infine da uno stretto controllo del capitale anche per quelle società quotate. Tra gli emergenti, invece, troviamo i manager sia di grandi aggregati finanziari ed industriali che delle PMI inserite in un circuito di sub-fornitura internazionale: questi ultimi, in particolar modo, sono aperti alla collaborazione, ma allo stesso tempo assumono spesso comportamenti opportunistici. Come si configura una joint venture con partners turchi (ricordare il caso Marzotto) e quali pericoli possono intravedersi? Le caratteristiche tipiche di queste joint venture sono tutte riscontrabili nel caso Marzotto: il partner turco è quasi sempre una banca; la produzione viene affidata a façonisti locali; il controllo della qualità è esercitato dalla casa madre tramite dei propri tecnici; gli impianti vengono quasi sempre forniti dal partner estero, che provvedono spesso anche all’addestramento del personale; le collezioni vengono esposte ad Istanbul dove ci sono enormi show room. I pericoli che ci possono essere derivano dalla forte probabilità che, anche nei rapporti con imprese emergenti, nascano comportamenti opportunistici (finalizzati all’apprendimento), che sappiamo minare la stabilità delle relazioni. Spiegare i concetti alla base dell’affermazione: “il made in Italy non passa per l’Italia”. La Convenzione di Ginevra ha sancito che se più del 50% del valore di un bene è prodotto ad es. nel paese A, allora quel bene potrà essere etichettato con “made in A”. La moderna ottica imprenditoriale sembra essere quella di delocalizzare le competenze distintive appropriabili (ad es. la tecnologia) e, di converso, di mantenere nel paese- origine le fasi a monte del processo produttivo, cioè quelle a maggior valore aggiunto (ad es. design e progettazione). A causa di questo decentramento produttivo attuato dalle imprese italiane e della Convenzione di Ginevra pare più opportuno parlare di Italian style che di made in Italy. Descrivere i concetti alla base del pensiero che le reti di imprese inducano un superamento del paradigma dimensionale nei processi di sviluppo internazionale. Le reti rappresentano un superamento del paradigma dimensionale delle imprese, vale a dire che anche le piccole imprese possono internazionalizzarsi, pur rimanendo di piccole dimensioni, attraverso la rete: il livello di internazionalizzazione è misurato non più dall’entità degli IDE, ma dal numero di relazioni instaurate. Es. significativo è quello della Toys, azienda che ha sempre operato in campo internazionale mantenendo limitate le sue dimensioni grazie alla propria rete di relazioni con imprese localizzate in diversi paesi. Si ha così il superamento del modello chandleriano, che vedeva la crescita internazionale andare di pari passo con la crescita dimensionale; si ha, inoltre, il superamento dell’idea stessa che la piccola impresa non possa reggere la competizione internazionale o che, siccome è piccola, si debba necessariamente trovare nella fase di start-up o che si occupi 20/40
  • 21. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org di business in mercati ristretti. Oggi la piccola impresa può reggere la competizione internazionale attraverso la rete. Capitolo IV 21/40
  • 22. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Per quali caratteristiche alcuni Paesi sono considerati “difficili”, quanto al loro ingresso da parte degli operatori stranieri, e quali sono questi Paesi? Quali opportunità di business, in generale, sono in essi presenti? I motivi che rendono difficili i Paesi dell’Est Europeo (PECO) ed Asiatico, dell’America Latina (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay, Cile) ed i Paesi Terzi Mediterranei sono: l’inconvertibilità della valuta locale e la scarsità delle riserve valutarie, i limiti di rimpatrio dei capitali e dei profitti, la presenza di economie amministrate, l’elevato indebitamento con l’estero, il pericolo di nazionalizzazione ed il basso livello di qualificazione della manodopera locale. Non mancano però le opportunità per le imprese dei paesi industrializzati in quanto questi paesi: costituiscono un potenziale notevole mercato (domanda non micronizzata ed ad alta intensità, ricchezza di materie prime e incapacità degli operatori locali), presentano dotazioni fattoriali (come il basso costo della manodopera), incentivano o impongono spesso la costituzione di joint venture con partner locali e godono di agevolazioni finanziarie per chi vi opera poste in essere dall’UE o dal FMI. Quali sono i fattori di rischio che connotano le aree PECO ed a quali “retaggi” della passata economia possono in parte imputarsi? Esiste una differenziazione tra i diversi PECO, quanto a rischio di ingresso? Elevati rischi politici (fragili contesti istituzionali), divari interregionali (etnici, culturali e di sviluppo economico), non conoscenza dell’economia di mercato e retaggi del passato (attitudine al dovuto e non al guadagnato, mancanza di autonomia decisionale per le imprese che producono secondo gli obiettivi del piano) sono fattori che rendono i paesi del PECO difficili. Gli ostacoli che devono essere superati sono: instabilità del livello dei prezzi e inflazione (portano ad una scarsa propensione agli IDE), scarsità di valuta estera (quindi inconvertibilità di quella locale), approvvigionamenti difficili e ritardi nelle consegne, carenze infrastrutturali e tecnologiche, scarsa qualità dei semilavorati. Lo sviluppo dei diversi paesi si è dimostrato sensibilmente diverso, ad es. in Ungheria e in Polonia il processo è stato più veloce rispetto alla Russia o all’Albania: nonostante ciò l’intera area è da considerarsi a rischio. Quali vincoli ed ostacoli devono essere superati per l’ingresso nei PECO? Quali incentivi all’ingresso sono stati promossi dai Governi dei PECO? Quali eventi hanno determinato il passaggio all’economia di mercato della Russia? Quali sono le distorsioni ancora presenti in quest’area? La transizione ad un’economia di mercato è stato un passaggio obbligato da eventi esogeni: la popolazione urbana è aumentata ad un tasso maggiore di quella agricola, il prezzo del petrolio è sceso e ci sono state annate (1991) con un raccolto molto scarso che hanno accentuato il disordine sociale. Le distorsioni sono innanzitutto nel livello dei prezzi che ha portato ad una crescita dell’inflazione. Va notato poi che mentre sono stati liberalizzati i prezzi al consumo, non è stato fatto altrettanto per i prezzi alla produzione (materie prime, capitali e lavoro), ciò ha comportato il ricorso al mercato nero (economia sommersa), che si è a sua volta 22/40
  • 23. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org riflettuto sui prezzi. Infine da ricordare la presenza di una normativa monetaria e finanziaria molto incerta, gli elevati poteri del Presidente e delle Lobbies locali e i continui conflitti etnici. Descrivere il caso dei produttori russi del latte ed il caso Svjazinvest, quali es. di “incertezza” sono presenti nella normativa russa? Quali sono gli ostacoli presenti nel processo di privatizzazione in Russia? Come è avvenuta la prima fase del processo di privatizzazione? Nella prima fase del processo di privatizzazione, il Governo ha distribuito voucher (diritto ad acquistare le azioni di un impresa) gratuiti e liberalmente scambiabili ai cittadini del valore di 10mila rubli, in questo modo aveva cercato di privilegiare l’azionariato dei dipendenti per non disperdere le conoscenze. I cittadini hanno però ceduto, ad un valore inferiore di quello nominale, i voucher agli esponenti delle lobby russe. La seconda fase, nella quale l’acquisto di azioni doveva avvenire con valuta, è iniziata nel 1995 e i tempi di chiusura sono molto lunghi, ostacolati da una psicologia egualitaria, dalla scarsa propensione al rischio imprenditoriale e dalle carenza conoscitive in campo manageriale. Per le trasformazioni delle imprese statali russe in JSC, quali alternative sono state previste e quali sono stati i motivi che non hanno decretato il successo delle iniziative? Quali sono i più importanti strumenti finanziari di supporto alle strategie di ingresso in Russia? Descrivere le principali direttive presenti nella normativa russa sulle joint venture che possono essere realizzate con operatori stranieri. Per costituire una joint venture un investitore occidentale può detenere una quota maggioritaria o totalitaria, deve farsi rilasciare uno speciale permesso dalle autorità russe, inoltre non gli è permesso acquistare prodotti in rubli ed esportarli in dollari ed è obbligato a convertire i proventi dei flussi di esportazione in valuta nazionale, al tasso ufficiale di cambio (tenuto artificiosamente basso). Inoltre non esiste un catasto locale (come non esistono chiare leggi sulla proprietà privata) ed è forte la disomogeneità culturale tra i potenziali partners, in Russia è ad es. sconosciuta la customer satisfaction. Descrivere almeno 4 casi di ingresso in Russia. Secondo la Weber, quali macro-aree si possono individuare in Cina? Per quali motivi il modello di sviluppo cinese si differenzia da quelli delle restanti aree “ad alto tasso di sviluppo” dell’Asia orientale? Le macro-aree sono 3: la Cina rossa, la Cina rosa e la Cina bianca. In Cina è stata assente l’influenza unificante dello scintoismo, cosicché c’è un’ibrida presenza di credi e comportamenti innovativi e tradizionali. (da ampliare) Quali ipotesi (e quali critiche) sono state formulate per lo sviluppo futuro dell’area cinese? Quali modelli economici di sviluppo sono stati ipotizzati? 23/40
  • 24. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org L’ipotesi della Banca Mondiale afferma che nel 2020 la Cina sarà il primo paese al mondo per prodotto interno lordo, Krugman ha poste delle critiche a tale ipotesi affermando che lo sviluppo cinese non si è basato su un effettivo aumento dell’efficienza e ciò non gli permetterebbe di sostenere anche nel futuro questi tassi di crescita. L’ibrido modello cinese non permette di comprendere facilmente il modello di sviluppo seguito: quello economico neo-classico (ruolo centrale del mercato), quello politico- economico (è il governo che promuove e guida il mercato), quello che ipotizza che i governi possano intervenire solo in presenza di “fallimenti di mercato”. Descrivere la “politica della porta aperta” (Open Door Policy) attuata in Cina dal 1985. Quali ostacoli si presentano nell’ingresso nell’area da parte degli operatori stranieri? Quali normative incentivano la creazione di joint venture tra partner cinesi e stranieri? Descrivere il caso di offset attuato dalla Loro Piana in Cina ed il caso di WFO enterprise attuato dalla 3M. Quali comportamenti dei partner (potenziali) cinesi ostacolano (o rallentano) l’effettuazione di joint venture? La Loro Piana (impresa italiana di tessuti in cashmere) è riuscita a penetrare nel mercato cinese attraverso un accordo di compensazione. Infatti sapendo che la Cina ha quasi il monopolio della produzione di cashmere ha siglato un offset diretto con un partner cinese: la Loro Piana ha da prima concesso macchinari e know-how, mentre l’azienda cinese ha offerto in cambio la materia prima, e successivamente ha allargato a monte e a valle le sue attività firmando accordi con privati cinesi per la creazione di joint-venture di tipo equity. La 3M (produttrice di componenti elettronici) è stata la prima impresa a costituire una WFO enterprise al di fuori di una zona speciale. I profitti della 3M sono in valuta cinese e sono utilizzati per acquistare beni cinesi da esportare in cambio di valuta forte, in più cercò di aumentare i beni da esportare creando una joint venture a Hong Kong con il più grande importatore statunitense di seta: tutto questo per superare il contingentamento. Le difficoltà per la costituzione di joint venture in Cina sono da ricercare nei comportamenti essenzialmente opportunistici e particolarmente snervanti, in quanto tendono a prolungare eccessivamente i tempi delle contrattazioni con frequenti rimesse in discussione, a ciò va aggiunto uno scarso spirito collaborativo che comporta un continuo monitoraggio della qualità dell’output. Descrivere le caratteristiche più importanti dell’ingresso dell’IMAP in Cina. L’IMAP ha internalizzato le fasi a monte (progettazione e design) e a valle (marketing e distribuzione) del processo produttivo ed ha esternalizzato a terzi internazionali (paesi a basso costo della manodopera) le fasi produttive, attraverso rapporti di subfornitura (le materie prime vengono acquistate dall’unità subfornitrice stessa per rendere più flessibile la struttura organizzativa). L’idea è sempre stata quella di entrare per primi nei mercati difficili, sia per lontananza che per modelli culturali, in modo da acquistare tutti i vantaggi del firstcomer ed innalzare ostacoli all’ingresso di concorrenti imitativi: da ciò è derivata la scelta del Brasile e della Cina, escludendo i paesi del bacino del Mediterraneo perché molto vicini. 24/40
  • 25. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Il difficile controllo dei produttori cinesi, privi di incentivi motivazionali ha spinto l’IMAP ad attuare un rigido controllo di qualità della produzione durante l’intero processo di lavorazione attuato in loco attraverso propri ispettori, dato che il lavoratore cinese lavora bene solo se sotto stretto controllo. L’impresa attraverso il ricorso a unità subfornitrici è riuscita così a coniugare l’efficienza, rappresentata dal contenimento dei costi e dei prezzi, all’efficacia, rappresentata dall’ampliamento degli articoli. L’IMAP ha per molti anni venduto i prodotti importati soltanto attraverso grossisti; successivamente la distribuzione è stata modificata con l’introduzione del retailing, cioè attraverso propri punti di distribuzione; inoltre dal 1994 è stata sviluppata la formula del franchising. Il processo di sviluppo internazionale attuato ha seguito le linee-guida di una strategia di riconversione: abbandono dei mercati familiari e concentrazione in nuovi contesti, al fine di un recupero di produttività, migliorando in parallelo l’efficacia distributiva. Quali Paesi fanno parte del Mercosur e quali differenze sostanziali possono riscontrarsi tra essi. I paesi del Mercosur sono: Argentina, Brasile, Cile, Paraguay, Uruguay. Le differenze sostanziali tra essi riguardano: lo sviluppo del PIL, l’industrializzazione e la crescita delle conoscenze. I livelli del PIL sono più contenuti in Paraguay e Uruguay rispetto all’Argentina ed al Brasile. L’Uruguay e l’Argentina presentano poi una situazione particolare per ciò che riguarda la manodopera: gli operai possiedono elevati livelli di istruzione non orientati all’apprendimento tecnologico innovativo, mentre le cariche più elevate sono tenute da manager stranieri. Il Cile è l’unico paese che riceve una favorevole valutazione per gli investimenti stranieri, dato che è ritenuto il paese a più basso rischio. Ancora, la forte inflazione di tutta l’area è stata affrontata in maniera diversa: il Brasile ha ancorato il real al dollaro, mentre il Cile ha cercato di frenare gli investimenti speculativi. Il Paraguay e l’Uruguay sono i Paesi più arretrati dell’area. Infine bisogna ricordare che i vari Paesi hanno utilizzato i DES con diverse modalità e con diversi fini (ad es. Cile ed Argentina per le privatizzazioni). Descrivere le opportunità-paese presenti in Brasile e in Paraguay. Il Brasile è innanzitutto la punta d’ingresso nell’area e poi il Governo ha predisposto una serie di incentivi fiscali come l’esenzione dalle imposte sul reddito per oltre 10 anni, la restituzione percentuale dell’IVA e l’esenzione dalle imposte sull’importazione. Da non dimenticare tra l’altro come l’elevato livello di scolarità e preparazione specialistica abbia permesso alla Città di Rio di diventare una capitale del software. Altri settori a forte attrattiva sono quello farmaceutico, dove c’è carenza di prodotti chimici di base, e quello vinicolo, per l’elevata domanda di vino (la Germania fa da padrone). Per quanto riguarda il Paraguay, punti di forza sono: le notevoli risorse forestali, l’energia a basso costo, il cotone ed i vantaggi fiscali sull’importazione di beni strumentali. Quali determinanti spinsero a siglare il “Trattato per una Relazione Associativa Particolare” tra Italia ed Argentina e quali sono i suoi contenuti? Quali sono state le possibili cause del suo insuccesso? Descrivere i proto-distretti presenti nell’America Latina. Esistono cluster di imprese che possono assimilarsi per molti versi alle forme distrettuali: in Argentina, imprese di diverse dimensioni impegnate in varie attività manifatturiere con 25/40
  • 26. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org al centro un distretto industriale metalmeccanico; in Brasile, imprese di medie e piccole dimensioni e verticalmente integrate del settore del mobilificio, in un’ottica di forte specializzazione del lavoro; in Messico imprese di piccola e media dimensione del settore calzaturiero legate fra loro da uno spirito di appartenenza al gruppo e da relazioni di cooperazione tecnologica e commerciale. L’esistenza di questi cluster di imprese può rappresentare un’opportunità per la piccola impresa italiana. Descrivere i DES adottati in Cile e le convenienze che da tali operazioni discendono per gli investitori, per i debitori e per i PVS. L’operatore straniero titolare di un credito in valuta forte nei confronti di un’impresa debitrice localizzata in un paese a valuta debole può richiedere attraverso un mediatore l’autorizzazione alla Banca Centrale del PVS di trasformare il suo credito in un investimento azionario (in valuta locale) in una determinata impresa locale. L’autorizzazione viene di solito concessa se il progetto offre un contributo allo sviluppo del paese. Ottenuta l’autorizzazione si possono verificare due situazioni: A) il debitore emette un prestito obbligazionario in valuta locale in sostituzione del debito in valuta forte al tasso di cambio stabilito dalla Banca Centrale, i titoli vengono poi venduti sulla Borsa ad un prezzo di emissione stabilito sempre dalla Banca Centrale; B) se i debiti sono già scaduti o in scadenza prossima, il debitore effettua un deposito pari al valore nominale del debito presso la Banca Centrale, la stessa banca poi emette per l’importo del debito propri titoli sempre in valuta locale per rinegoziarli in Borsa, ciò che si ricava spetta all’investitore straniero per l’acquisto di azioni di imprese locali. I DES permettono agli investitori l’ingresso in mercati difficili quando esistono barriere all’entrata, ai debitori di far fede ai propri impegni nei confronti dei creditori esteri in valuta locale e non nell’originaria valuta forte, infine per i PVS di contribuire allo sviluppo del paese e non fare uscire valuta forte. Facendo riferimento alle omogeneità e differenze con il caso cileno descrivere i DES adottati in Brasile ed in Argentina. Per quali caratteristiche i DES argentini presentano spunti di somiglianza con i PF? I DES adottati in Brasile, in sostituzione dell’autorizzazione di volta in volta richiesta per la conversione, richiedono che l’investitore estero partecipi direttamente alle aste periodiche svolte presso le Borse Valori dei PVS: le autorità dei PVS fissano l’ammontare massimo dei debiti da convertire e gli investitori si aggiudicano la conversione in sede d’asta presentando le proprie offerte tramite intermediari, la conversione se l’aggiudica l’operatore che offre un più elevato scarto di emissione superiore al minimo stabilito dalla Banca Centrale. In Argentina invece i DES presentano un procedimento diverso basato sulla presentazione di un progetto d’investimento da parte dell’operatore straniero: il progetto viene presentato in busta chiusa alle aste locali dei PVS e l’asta se l’aggiudica l’investitore che, in base ad una scala di importanza ed a parità di prezzo, offre una più elevata aliquota dell’importo da finanziare con valuta forte, inoltre per partecipare alle aste non occorre il preventivo possesso del titolo rappresentativo del credito originario. Per queste caratteristiche procedurali e per i fini perseguiti i DES argentini sono simili ai PF, meccanismi attualmente molto usati per l’ingresso nei paesi difficili. 26/40
  • 27. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Quali ostacoli sono peculiari all’ingresso nei PTM? Quali opportunità sono in essi presenti? Il modello di sviluppo adottato dalla maggior parte dei PTM è basato su un’industrializzazione sostenuta da una politica protezionistica delle imprese locali, dal nazionalismo, dal fascino del modello socialista e dalla volontà dell’indipendenza anche economica. Questa politica autocentrata ha ostacolato gli scambi orizzontali creando una struttura degli scambi verticali abbastanza rigida e frenata dalla inconvertibilità delle valute locali e dalla difficoltà di possedere una capacità di auto ed etero finanziamento. A tutto ciò si aggiunge una notevole complessità delle procedure burocratiche, la carenza di strutture finanziarie nazionali e una “non conoscenza” degli strumenti offerti dall’UE. Tuttavia l’area dei PTM risulta attrattiva quale potenziale mercato di risorse materiali ed umane non adeguatamente sfruttate, quale bacino di domanda di beni e servizi e di conoscenze scientifiche e tecnologiche. In particolare quest’area si presenta come un’importante riserva di dotazioni fattoriali (manodopera a basso costo e risorse naturali) e come un mercato potenziale di prodotti europei. In ottica socio-economica, come si presentano i PTM? Perché l’Italia non può rimanere passiva nei confronti dello sviluppo di queste aree? Il bacino del Mediterraneo presenta una pluralità di ibridi culturali molto accentuata: la sponda nord è caratterizzata da omogeneità culturali e comportamentali; il sud è disgregato in varie regioni per asimmetrie culturali e per credi religiosi e sociali che spesso portano a comportamenti conflittuali. Sono, infatti, presenti aree monolitiche caratterizzate da una forte omogeneità al loro interno e da una scarsa propensione ad accettare culture diverse; anche quando le aree non sono monolitiche presentano un’assenza di capacità di assimilazione. Nei contesti pluriculturali l’assenza di una effettiva interazione tra credi e valori ha portato a conflitti interculturali e le minoranze subiscono il potere dei gruppi dominanti. Sulla sponda Nord del Mediterraneo emergono contesti multiculturali nei quali le diverse culture interagiscono strettamente, ponendo l’enfasi sul pluralismo delle idee e dei comportamenti. Si comprende quindi come la responsabilità di promuovere l’interazione ed il dialogo tra gli operatori del Mediterraneo deve ricadere sulle organizzazioni imprenditoriali e sociali che maggiormente hanno assorbito le istanze proprie dei contesti multiculturali. L’Italia, per la sua posizione e per la sua storia e tradizione e per la sua caratteristica di essere un paese aperto al dialogo e alla cooperazione, deve in modo naturale assumere un ruolo centrale e strategico negli scambi relazionali tra i paesi dell’area: rimanerne ai margini significherebbe limitare la crescita della nostra economia. Quale comportamento e quale etica devono muovere gli imprenditori dei PTM e dei Paesi europei se si vogliono portare al successo le eventuali joint venture tra questi partner? L’eliminazione dell’intento opportunistico richiede la nascita di una nuova etica imprenditoriale, di nuovi comportamenti interpersonali che seguano codici e credi non delle teorie manageriali, ma del social contract (reciprocità dei benefici). L’etica della controparte più forte deve considerare il partner più debole come un’estensione della propria organizzazione, da guidare e da coordinare; l’etica del partner più debole, invece, deve allontanarsi da modelli speculativi per orientarsi verso la condivisione delle linee guida definite dall’altro partner. Occorre che l’imprenditore acquisisca un modo di 27/40
  • 28. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org pensare di tipo sia sistemico, in cui l’intero prevalga sulle sue parti, sia strategico, volto all’accettazione di sacrifici immediati contro vantaggi differiti e condizionati. Quindi l’ottica di breve periodo e l’individualismo non sono un terreno fertile per lo sviluppo di mentalità imprenditoriali volte a recepire, volontariamente, le diversità culturali. Quali opportunità-paese emergono nell’ingresso nell’area marocchina da parte degli operatori europei? Il forte incremento demografico e l’esodo rurale verso le città evidenziano la necessità di alloggi abitativi e di infrastrutture stradali e idriche, con la conseguente necessità di quei servizi di consulenza e di ingegneria che il Marocco deve importare dall’estero. Inoltre va considerato il basso livello delle tecnologie usate (obsolete e di scarsa qualità). Possono tuttavia riscontrarsi alcuni settori in cui l’operato delle imprese risulta alquanto soddisfacente: come quello del cemento, del software e delle tecnologie informatiche. Sono noti anche i buoni standard qualitativi della attività marocchina nelle confezioni a façon: forte l’opportunità di delocalizzazione produttiva per i prodotti della moda delle grandi griffe francesi, spagnole, inglesi ed anche italiane; per il comparto delle calzature (ad es. Adidas e Puma); per il settore della pelletteria (ad es. Pierre Cardin e Louis Vitton). Capitolo V 28/40
  • 29. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Quali determinanti condizionano le scelte di esternalizzazione secondo Williamson e Pfeffer-Salanick? In quale misura il concetto di opportunismo è differente nelle due teorie considerate? Con Williamson l’ottica passa dal sistema dei prezzi (teoria classica della concorrenza) al sistema delle imprese, queste ultime effettuano le loro scelte in base non solo alle variabili esogene, ma anche in funzione delle risorse interne possedute o acquisibili (il prezzo è qui comparato ai costi di transazione interna). Per Pfeffer-Slanick l’attenzione deve focalizzarsi sull’opportunismo dei manager, l’idea- chiave è che il potere consente ai manager di influenzare le decisioni e quindi scegliere le politiche che meglio possono favorire gli stessi gruppi di potere (in termini di promozioni, ricompense e quote più elevate di budget). L’idea di opportunismo è presente anche in Williamson, ma nell’ottica che vede i manager cercare opportunisticamente quelle soluzioni che possano far acquisire maggiori quote di mercato. Per quali ragioni la scelta di esternalizzazione può modificare profondamente l’assetto della catena del valore di un’impresa? Ogni scelta di esternalizzazione può influenzare il valore economico di un’impresa nel lungo periodo, questo perché: 1. la catena del valore e l’intero sistema possono essere diversi a seconda che si includano o i costi delle attività acquisite dall’esterno (esternalizzazione) o i costi relativi alle risorse sviluppate al proprio interno (internalizzazione); 2. il contributo della catena del valore sulle performance aziendali varia, in un’ottica statica, in funzione delle scelte strategiche effettuate nel passato e vincola, in un’ottica dinamica, le scelte future. Quali parametri di riferimento descrivono le scelte di outsourcing a livello corporate? Questi i parametri più importanti che andrebbero presi in considerazione nelle scelte di outsourcing: impatto finanziario e importanza della consociata nella Corporate, posizione competitiva della consociata nell’ambiente in cui opera, costi di compromesso e di coordinamento in caso di internalizzazione, opportunità locali da cogliere, aumento (diminuzione) delle conoscenze, vantaggi comparati. In quali casi le esperienze di down-sizing si sono rivelate delle forme di sumb-sizing? Descrivere le evidenze studiate. Quali determinanti identificano il portafoglio di relazioni indotte dalle scelte di esternalizzazione? Descrivere compiutamente il modello che ne deriva. La rilevanza strategica misura la criticità dell’attività in esame: più è alta più l’attività può incidere sulla capacità dell’impresa di acquisire vantaggi competitivi. La seconda dimensione individua i costi netti (in percentuale dei costi complessivi) direttamente imputabili all’attività che si vorrebbe esternalizzare. 29/40
  • 30. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Portafoglio di Relazioni relazioni indotte dalle Quasi-gerarchia Alta gerarchiche scelte di (D) esternalizzazione (B) Rilevanza Relazioni Strategica Quasi-mercato Bassa contrattuali (C) (A) Bassa incidenza Alta incidenza Costi netti finanziari Quali relazioni legano la forma di spin off guidato alle tipologie di relazioni definite di quasi- gerarchia? Nella relazione definita quasi-gerarchia (alta incidenza dei costi finanziari e alta rilevanza strategica) la scelta di esternalizzare dipende esclusivamente da considerazioni di ordine finanziario. Evidente allora che gli scambi relazionali tra gli attori saranno stabili e che l’impresa madre realizzerà, con questa forma di spin off, il duplice obiettivo di liberarsi di una rigidità finanziaria, senza però perdere il controllo strategico di risorse critiche. Quali tipologie di spin off possono caratterizzare la nascita di una nuova realtà imprenditoriale? Quali variabili concorrono a distinguere le diverse tipologie? Il livello di contiguità tecnologica misura il grado di affinità delle conoscenze tecnologiche e di mercato tra impresa madre e impresa gemmata. Portafoglio di Spin off Commerciali Spin off Guidati relazioni indotte dalle Stabili scelte di (B) (D) Scambi esternalizzazione relazionali Instabili Spin off Autonomi Spin off Competitivi o assenti (C) (A) Bassa Alta Contiguità tecnologica/commerciale Cosa si intende per spin off competitivo e quali evidenze risultano dalla letteratura nella realtà americana? Descrivere compiutamente il caso degli spin off guidati di FAG. Quali elementi caratterizzano gli spin off supportati dallo Stato? Descrivere le evidenze dei casi europei. 30/40
  • 31. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org Capitolo VI Quali determinanti hanno portato ad un allontanamento dei manager centrali dal controllo gerarchico autoritario sui manager periferici? In particolare, per quali motivi è possibile rilevare un elevato potere locale dei manager periferici? Per quali motivi per Thompson l’impresa è contemporaneamente un sistema chiuso e aperto? Riportare la definizione di sistema debolmente connesso, secondo l’interpretazione dialettica dei sistemi. Thompson ha superato l’apparente contraddittorietà di tale definizione, precisando che il sistema chiuso e razionale in cerca di certezza è il nucleo tecnologico (impianti, lavoro), mentre il livello istituzionale (ad es. la proprietà) è il sistema aperto in attesa dell’incerto, questi sistemi sono ricomposti dal livello manageriale, che fa da mediatore. Nel sistema richiesto, la connessione fra gli elementi è data dal fatto che questi sono legati tra loro conservando un certo grado di determinatezza, la connessione è poi debole se gli stessi elementi sono soggetti a cambiamenti spontanei e conservano una certa dose di indipendenza e di indeterminatezza: c’è sia distinguibilità che reattività. Che cosa si intende per distinguibilità e per reattività in una chiave di lettura aziendale? In funzione di queste variabili, descrivere le diverse configurazioni sistemiche, facendo riferimento anche ai casi concreti. Per distinguibilità delle componenti sistemiche si può intendere l’esistenza, nelle singole unità del sistema, di un elevato livello di autonomia decisionale (quindi indipendenza); per reattività il livello di interdipendenza delle relazioni che legano le componenti, si presuppone una visione delle singole unità finalizzata ad un obiettivo strategico comune. Configurazioni Sistemi Distinguibilità Reattività sistemiche Strettamente Connesso Assenza Presenza Debolmente Connesso Presenza Presenza Sconnesso Presenza Assenza Non Connesso Assenza Assenza Quali vantaggi sono presenti nella debole connessione nelle reti intra ed inter-organizzative? Come vengono descritte da Drucker le “strutture per sistemi”? Le relazioni deboli tra le unità di reti intra ed inter-organizzative, lasciando maggiore autonomia ai manager periferici, stimolano la loro creatività e capacità di pensiero (quindi un comportamento proattivo), sviluppano inoltre un orientamento al risultato per il raggiungimento del quale viene stimolata anche la responsabilità dei manager locali. Le relazioni deboli si configurano quindi come un canale per la diffusione tra i membri (o i gruppi di membri) della rete di innovazioni e di idee. È tuttavia indispensabile che tra i membri del gruppo esista una forte coesione, cioè esistano dei legami forti che li portino ad interagire con una logica di team per il perseguimento di un fine comune. Per Drucker le reti di alleanza strategica si configurano come strutture per sistemi che, per conservare la stabilità, necessitano di comunicazioni costanti (feedback continui), di rapporti diretti, elastici e basati sulla fiducia reciproca, in modo da colmare le differenze 31/40
  • 32. Appunti d’esame Economia e Gestione delle Imprese Internazionali Visto su: www.profland.altervista.org nei valori, nei credi e nei comportamenti. Le alleanze che invece non sono caratterizzate da uno sviluppo all’interno della rete di tali rapporti si configurano come sistemi strettamente sconnessi (non presentano distinguibilità) che portano al commensalismo al parassitismo o all’impossibilità di raggiungere i fini stessi dell’alleanza. Descrivere le diverse tipologie di interdipendenza ed i correlati meccanismi di coordinamento (per Thompson) facendo anche riferimento ai casi concreti. L’interdipendenza per accumulazione si ha quando ogni componente presta un contributo discreto al tutto, mentre viene supportata dal tutto; il coordinamento più idoneo è quello per routine, che si concretizza nella stesura di una serie di regole alle quali i vari componenti dell’organizzazione devono attenersi, ciò comporta come vantaggio minori costi di coordinamento e come svantaggi minore flessibilità ed effetto alone negativo; è il caso della Coop, dove produttori indipendenti utilizzano un marchio comune di garanzia della qualità. L’interdipendenza sequenziale si realizza quando le unità sono legate da relazioni di input-output e si instaura tra esse, oltre ad una interdipendenza per accumulazione, un’interdipendenza diretta, capace di precisare la sequenza delle attività; tale tipologia va gestita con un coordinamento per programma, basato su schemi più flessibili, in quanto si fissano le direttive, ma si lascia la possibilità al manager periferico di adottare soluzioni più appropriate alle situazioni contingenti; il vantaggio consiste in una maggiore flessibilità alla dinamicità ambientale e lo svantaggio è che se si “blocca” un nodo critico si ferma tutta la filiera; come es. si può vedere la filiera dell’Illy Caffè, dove i paesi esteri forniscono materie prime e il loro output rappresenta l’input dell’impresa che produce e il suo output rappresenta l’input per i distributori. Infine l’interdipendenza reciproca si evidenzia quando vi è una relazione circolare in cui ogni parte crea contingenza nell’altra, si richiede in tal caso un coordinamento per mutuo aggiustamento, cioè adattamento alle varie situazioni; si ha un’elevata flessibilità che necessita di un continuo flusso di informazioni, quindi più elevati costi di coordinamento; questa è, ad es., l’interdipendenza che si instaura tra le unità di R&S e quelle di marketing all’interno di un’impresa o in un’equipe medica. Queste 3 forme hanno una complessità crescente (con costi di coordinamento crescenti) e sono contemporaneamente presenti solo nelle organizzazioni più complesse, mentre tutte le organizzazioni presentano un’interdipendenza per accumulazione. Nell’interdipendenza sequenziale, quali variabili di coordinamento occorre definire e per quale motivo? Come può essere gestita la complessità crescente insita in una interdipendenza reciproca? Nell’interdipendenza sequenziale sembra opportuno adottare un coordinamento per programma, ciò comporta però che il management definisca le variabili di coordinamento che si deve tenere sotto controllo, che sono: gli obiettivi dei manager locali (ad es. budget di vendita e target di redditività) o i vincoli che gli stessi hanno (ad es. costi delle materie prime e prezzi-base predeterminati): la presenza di queste variabili e di un flusso continuo di informazioni dalla periferia al centro è fondamentale quando le unità periferiche hanno una notevole autonomia (altrimenti si rischia la disconnessione?). Per governare un sistema complesso di relazioni può essere utile creare dei nodi supervisori, collocati in punti strategici della filiera e sotto il diretto controllo 32/40