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PON Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020 - Roma, Forum PA 25 maggio 2016
Dipartimento della protezione civile
PROGRAMMA
PER IL SUPPORTO
AL RAFFORZAMENTO
DELLA GOVERNANCE
RIDUZIONE
DEL RISCHIO
AI FINI DI
PROTEZIONE CIVILE
2
DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE
Roma, 25 maggio 2016
Accordo di Partenariato Italia 2014-2020
Obiettivo Tematico 5
“PROMUOVERE L’ADATTAMENTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO, LA
PREVENZIONE E LA GESTIONE DEI RISCHI”
Azione Strutturata con il Dipartimento della protezione civile a supporto
dell’Agenzia per la coesione territoriale
3
IL SERVIZIO NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVILE
Roma, 25 maggio 2016
• COMPONENTI (art. 6 L.225/92):
• Amministrazioni centrali dello Stato
• Regioni, Province Autonome
• Province, Comuni, Comunità montane
• STRUTTURE OPERATIVE (art. 11 L. 225/92):
• Corpo nazionale dei Vigili del fuoco
• Forze armate
• Forze di polizia
• Corpo forestale dello Stato
• Servizi tecnici nazionali
• Gruppi nazionali di ricerca scientifica
• Croce Rossa Italiana
• Strutture del Servizio sanitario nazionale
• Organizzazioni di volontariato
• Corpo nazionale di soccorso alpino e speleologico
Concorrono alle attività di protezione civile i cittadini, gli enti pubblici, gli ordini e i collegi
professionali e ogni altra istituzione pubblica e privata presente sul territorio.
4
DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE
Roma, 25 maggio 2016
• previsione e prevenzione dei rischi naturali e antropici
• gestione Sistema di allertamento nazionale (Centri Funzionali )
• programmi e progetti per la riduzione e la mitigazione dei rischi
• indirizzo e coordinamento delle attività di pianificazione di emergenza
• promozione e organizzazione di esercitazioni di protezione civile
• gestione Centro di coordinamento Sistema (monitoraggio emergenza)
• sostegno al volontariato di protezione civile
• supporto alle attività di formazione
• diffusione della conoscenza della protezione civile
• informazione alla popolazione
• coordinamento prime attività di risposta a calamità naturali
• rapporti costanti con tutte le Componenti e Strutture operative
nazionali per garantire le attività previste dalla legge n. 225 del 1992
5
RIDUZIONE DEL RISCHIO
AI FINI DI PROTEZIONE CIVILE
Roma, 25 maggio 2016
• Ambito di Policy del Programma:
• Nuove soluzioni e diversi approcci a debolezze consolidate che, a
causa dell’autonomia di governance, da una parte, e carenze
strutturali, dall’altra, creano una spaccatura nel Paese anche nel
settore della riduzione del rischio e della protezione civile;
• La protezione civile, con le azioni di tutela delle persone e delle
cose, può essere considerata un tema strettamente correlato
alla sviluppo economico e sociale
• Una maggiore attenzione al territorio, attraverso anche lo
sviluppo di investimenti green, può, viceversa, favorire la
prevenzione dei disastri
• Organiche e coerenti strategie di riduzione del rischio nei
Programmi Operativi per un efficace utilizzo delle risorse
economiche
6
RIDUZIONE DEL RISCHIO
AI FINI DI PROTEZIONE CIVILE
Roma, 25 maggio 2016
• Obiettivi operativi di riduzione del rischio ai fini di protezione
civile:
• minimo livello standard di sicurezza del territorio (progetti
standard);
• proporzionalità degli interventi in funzione delle scelte perseguite
nelle politiche di sviluppo del contesto territoriale;
• la misurabilità degli effetti;
• proficua allocazione delle risorse finanziarie evitando distorsioni;
• la modularità degli interventi e regole standardizzate;
• valutazione dei criteri di riduzione del rischio ai fini di
protezione civile nelle politiche di sviluppo;
• orientamento dei vantaggi correlati degli interventi.
7
RIDUZIONE DEL RISCHIO
AI FINI DI PROTEZIONE CIVILE
Roma, 25 maggio 2016
• Partenariato:
• Il Dipartimento della protezione civile riveste il ruolo istituzionale di
coordinamento delle politiche di settore che il legislatore ha
disegnato in un’ ottica federalista con la riforma del Titolo V della
Costituzione del 2001;
• Governance multilivello:
• Commissione tecnica di supporto e monitoraggio per la
Microzonazione Sismica (MS) e la Condizione Limite per
l’Emergenza (CLE);
• la Piattaforma Nazionale per la Riduzione del Rischio da
Disastri.
8
RIDUZIONE DEL RISCHIO
AI FINI DI PROTEZIONE CIVILE
Roma, 25 maggio 2016
• Standard minimi
• Nell’ambito della strategia nazionale finalizzata alla mitigazione dei
rischi per fini di protezione civile, il Dipartimento della protezione
civile ha prodotto un documento di “Standard minimi per la
programmazione degli interventi in materia di riduzione del
rischio ai fini di protezione civile (e di resilienza socio-
territoriale)” concertato con la Struttura di Missione contro il
dissesto idrogeologico per gli ambiti di competenza
• Tali Standard minimi, presentati alle Regioni e alle Province
autonome il 17 dicembre 2015, costituiscono il riferimento nazionale
in materia di riduzione del rischio
• IL Programma presentato dal DPC è coerente con gli obiettivi e la
struttura degli Standard minimi.
9
RIDUZIONE DEL RISCHIO
AI FINI DI PROTEZIONE CIVILE
Roma, 25 maggio 2016
• Attività
A. Definizione di progetti standard e linee guida per la
programmazione degli interventi in materia di riduzione del rischio
ai fini di protezione civile e diffusione presso gli organismi
regionali; Sviluppo di modelli valutativi.
B. Predisposizione, supporto e monitoraggio dei “progetti
standard” finalizzati alla riduzione dei rischi (rif. interno: articolo 11
della legge 77/2009, DPCM 28 maggio 2015, misure di
preparazione previste nel Piano di gestione del rischio di alluvioni
di cui al D.Lgs 49/2010); affiancamento delle Regioni in merito alla
corretta applicazione delle linee guida per la riduzione del rischio
sismico, vulcanico, idrogeologico e idraulico.
C. Organizzazione di workshop e seminari a scopo informativo.
10
Standard minimi
Roma, 25 maggio 2016
FASI GENERALI FASI SPECIFICHE
11
Standard minimi
Roma, 25 maggio 2016
6 FASI GENERALI
1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei
contesti territoriali
2. Analisi per tipo di rischio e definizione
di scenari di rischio
3. Analisi (aggiornamento) e implementazione
Piani di emergenza
4. Valutazione operatività del sistema di
risposta in caso di emergenza
5. Programmazione degli interventi:
mitigazione delle condizioni di rischio e
miglioramento operatività
6. Valutazione complessiva dell’efficacia
degli interventi
• Definizione dei contesti
territoriali
• Cooperazione rafforzata
• Conoscenza del
territorio
12
Standard minimi
Roma, 25 maggio 2016
6 FASI GENERALI
1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei
contesti territoriali
2. Analisi per tipo di rischio e definizione
di scenari di rischio
3. Analisi (aggiornamento) e implementazione
Piani di emergenza
4. Valutazione operatività del sistema di
risposta in caso di emergenza
5. Programmazione degli interventi:
mitigazione delle condizioni di rischio e
miglioramento operatività
6. Valutazione complessiva dell’efficacia
degli interventi
• Rischio idrogeologico e
idraulico
• Rischio sismico
2 FASI SPECIFICHE
13
Standard minimi
Roma, 25 maggio 2016
6 FASI GENERALI
1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei
contesti territoriali
2. Analisi per tipo di rischio e definizione
di scenari di rischio
3. Analisi (aggiornamento) e implementazione
Piani di emergenza
4. Valutazione operatività del sistema di
risposta in caso di emergenza
5. Programmazione degli interventi:
mitigazione delle condizioni di rischio e
miglioramento operatività
6. Valutazione complessiva dell’efficacia
degli interventi
• Aggiornamento
• (Predisposizione)
14
Standard minimi
Roma, 25 maggio 2016
6 FASI GENERALI
1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei
contesti territoriali
2. Analisi per tipo di rischio e definizione
di scenari di rischio
3. Analisi (aggiornamento) e implementazione
Piani di emergenza
4. Valutazione operatività del sistema di
risposta in caso di emergenza
5. Programmazione degli interventi:
mitigazione delle condizioni di rischio e
miglioramento operatività
6. Valutazione complessiva dell’efficacia
degli interventi
• Rischio idrogeologico e
idraulico
• Rischio sismico
2 FASI SPECIFICHE
15
Standard minimi
Roma, 25 maggio 2016
6 FASI GENERALI
1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei
contesti territoriali
2. Analisi per tipo di rischio e definizione
di scenari di rischio
3. Analisi (aggiornamento) e implementazione
Piani di emergenza
4. Valutazione operatività del sistema di
risposta in caso di emergenza
5. Programmazione degli interventi:
mitigazione delle condizioni di rischio e
miglioramento operatività
6. Valutazione complessiva dell’efficacia
degli interventi
• Individuazione aree e
contesti territoriali
• Edifici del sistema di
gestione
dell’emergenza
• Aree a minore
sostenibilità del rischio
• Interventi non
strutturali
16
Standard minimi
Roma, 25 maggio 2016
6 FASI GENERALI
1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei
contesti territoriali
2. Analisi per tipo di rischio e definizione
di scenari di rischio
3. Analisi (aggiornamento) e implementazione
Piani di emergenza
4. Valutazione operatività del sistema di
risposta in caso di emergenza
5. Programmazione degli interventi:
mitigazione delle condizioni di rischio e
miglioramento operatività
6. Valutazione complessiva dell’efficacia
degli interventi
• Indicatore comunale
• Livello conoscitivo
• Livello valutativo
• Livello attuativo
Rischio sismico
17
Standard minimi
Roma, 25 maggio 2016
6 FASI GENERALI
1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei
contesti territoriali
2. Analisi per tipo di rischio e definizione
di scenari di rischio
3. Analisi (aggiornamento) e implementazione
Piani di emergenza
4. Valutazione operatività del sistema di
risposta in caso di emergenza
5. Programmazione degli interventi:
mitigazione delle condizioni di rischio e
miglioramento operatività
6. Valutazione complessiva dell’efficacia
degli interventi
2 FASI SPECIFICHE
• Microzonazione sismica
(livello 2 o 3)
• ICMS2008
• Standard (versione 4.0)
Rischio sismico
2 FASI SPECIFICHE
18
Standard minimi
Roma, 25 maggio 2016
6 FASI GENERALI
1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei
contesti territoriali
2. Analisi per tipo di rischio e definizione
di scenari di rischio
3. Analisi (aggiornamento) e implementazione
Piani di emergenza
4. Valutazione operatività del sistema di
risposta in caso di emergenza
5. Programmazione degli interventi:
mitigazione delle condizioni di rischio e
miglioramento operatività
6. Valutazione complessiva dell’efficacia
degli interventi
• Analisi della Condizione
Limite per l’Emergenza
(CLE)
• Valutazione dell’operatività
del sistema di gestione
dell’emergenza
(Valutazione della CLE)
Rischio sismico
19
Standard minimi
Roma, 25 maggio 2016
Valutazione dello stato di attuazione
CLE
MS
Pericolosità di base
Valutare
Programmare Attuare
C
D
E
B
A
Classe
Rischio sismico
20
Standard minimi
Roma, 25 maggio 2016
Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi
Studi MS
Analisi Condizione Limite
Programma/
interventi
Assegnazione Classe
(A)
Assegnazione Classe
(D.n)
Assegnazione Classe
(C)
Assegnazione Classe
(B)
Pericolosità di base
Assegnazione Classe
(E)
Livello
conoscitivo
Livello
valutativo
Livello
attuativo Classe
Valutazione
OCDPC 293/2015
(articolo 11
legge 77/2009)
Rischio sismico
21
Standard minimi
Roma, 25 maggio 2016
Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi
lo stato attuale
MS CLEPericolosità di base
Rischio sismico
22
Standard minimi
Roma, 25 maggio 2016
Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi
lo stato attuale
Rischio idrogeologico e id.
23
Standard minimi
Roma, 25 maggio 2016
6 FASI GENERALI
1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei
contesti territoriali
2. Analisi per tipo di rischio e definizione
di scenari di rischio
3. Analisi (aggiornamento) e implementazione
Piani di emergenza
4. Valutazione operatività del sistema di
risposta in caso di emergenza
5. Programmazione degli interventi:
mitigazione delle condizioni di rischio e
miglioramento operatività
6. Valutazione complessiva dell’efficacia
degli interventi
2 FASI SPECIFICHE
• Valutazione rischio
idrogeologico e
idraulico (PAI – Piani di
Assetto Idrogeologico)
• Valutazione del rischio
idraulico (PGRA – Piano
Gestione Rischio
Alluvioni – ex dlgs
49/2010)
• Analisi integrative per
l’elaborazione di:
• Scenari di evento
• Scenari di rischio
24Roma, 25 maggio 2016
Fase 2 - Valutazione rischio
idrogeologico e idraulico (PAI)
I Piani per l'Assetto Idrogeologico
(PAI) sono stati redatti ai sensi della
legge 267/98 («Legge Sarno») e
contengono la mappatura delle aree a
rischio idrogeologico per frana e alluvione.
Le classi di rischio individuate nei PAI
sono quattro :
R1 - rischio basso; R2 - rischio medio;
R3 – rischio elevato; R4 – rischio molto
elevato
Aree ad alta criticità (AAC) = aree R3
+ aree R4
Comuni interessati da AAC : 6.633
(81,9% del totale)
(da MATTM,2008)
Rischio idrogeologico e id.
Standard minimi
25Roma, 25 maggio 2016
L’ ISPRA ha effettuato la mosaicatura delle aree
a pericolosità idraulica perimetrate dalle
Autorità di bacino, Regioni e Province Autonome
nel PGRA (Dlgs 49/2010, recepimento della
Direttiva Alluvioni 2007/60/CE).
La mosaicatura è stata effettuata per i tre
scenari di pericolosità idraulica:
• elevata P3, con tempo di ritorno fra 20 e 50
anni (alluvioni frequenti),
• media P2, con tempo di ritorno fra 100 e 200
anni (alluvioni poco frequenti)
• bassa P1 (scarsa probabilità di alluvioni o
scenari di eventi estremi).
P3 - 12.218 km2 (4 % sup. totale)
P2 - 24.411 km2 (8% sup. totale)
P1 - 32.150 km2 (11% sup. totale)
Fase 2 - Valutazione rischio
idrogeologico e idraulico (PGRA)
Rischio idrogeologico e id.
Standard minimi
26Roma, 25 maggio 2016
Fase 2 - Analisi integrative Rischio idrogeologico e id.
Standard minimi
27Roma, 25 maggio 2016
Fase 2 - Analisi integrative Rischio idrogeologico e id.
Standard minimi
Roma, 25 maggio 2016
6 FASI GENERALI
1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei
contesti territoriali
2. Analisi per tipo di rischio e definizione
di scenari di rischio
3. Analisi (aggiornamento) e implementazione
Piani di emergenza
4. Valutazione operatività del sistema di
risposta in caso di emergenza
5. Programmazione degli interventi:
mitigazione delle condizioni di rischio e
miglioramento operatività
6. Valutazione complessiva dell’efficacia
degli interventi
2 FASI SPECIFICHE
• Rischio sismico
• Individuazione delle aree a
minore sostenibilità del
rischio
• Analisi ed aggiornamento
dei Piani di emergenza
• Scenari di evento e di
rischio
• Allertamento
• Presidi Territoriali
• Sistemi di
monitoraggio locali
Rischio idrogeologico e id.
Standard minimi
29Roma, 25 maggio 2016
Fase 4 - Valutazione operatività
Aree a minore sostenibilità del rischio
Aree urbanizzate nelle quali si possono manifestare fenomeni localizzati,
intensi e di difficile prevedibilità, quali piene repentine, colate rapide di
detrito e di fango, allagamenti urbani, frane di crollo, etc.
La breve durata di tali fenomeni e il loro elevato cinematismo rendono
problematico il dispiegarsi in modo efficace delle azioni di protezione
civile, finalizzate primariamente alla tutela della popolazione.
Colata di fango a Sarno (SA) nel 1998Piena repentina a Genova nel 2010
Rischio idrogeologico e id.
Standard minimi
30Roma, 25 maggio 2016
Fase 4 - Valutazione operatività
Sistema di allertamento
Rischio idrogeologico e id.
Standard minimi
31Roma, 25 maggio 2016
Valutazione dello stato di attuazione
PdE
SE - SR
Pericolosità PAI e PGRA
Valutare
Programmare Attuare
C
D
E
B
A
Classe
Rischio idrogeologico e id.
Standard minimi
32Roma, 25 maggio 2016
Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi
Scenari di evento e di
rischio
Aggiornamento PdE
Programma/
interventi
Assegnazione Classe
(A)
Assegnazione Classe
(D.n)
Assegnazione Classe
(C)
Assegnazione Classe
(B)
Pericolosità PAI e PGRA
Assegnazione Classe
(E)
Livello
conoscitivo
Livello
valutativo
Livello
attuativo Classe
Valutazione
Rischio idrogeologico e id.
Standard minimi
33Roma, 25 maggio 2016
MITIGAZIONE
DEL RISCHIO
MISURE NON STRUTTURALI
MISURE STRUTTURALI
ATTIVE
SISTEMA DI
ALLERTAMENTO
PASSIVE
NORME DI USO E
TRASFORMAZIONI DEL
TERRITORIO
COPERTURA
ASSICURATIVA
INTERVENTI
STRUTTRALI
PIANI DI EMERGENZA
MANUTENZIONE
ORDINARIA/STRAORDINARIA
FORMAZIONE
OPERATORI
INFORMAZIONE
POPOLAZIONE
Misure di mitigazione del rischio
idrogeologico e idraulico
Protezione
civile
Rischio idrogeologico e id.
Standard minimi
34
Monitoraggio degli interventi
Roma, 25 maggio 2016
• Coordinamento interistituzionale
• Commissione tecnica (sezioni per tipologia di rischio)
• Supporto
• DPC , Agenzia, Struttura di missione
PON Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020 - Roma, Forum PA 25 maggio 2016
Dipartimento della protezione civile
PROGRAMMA
PER IL SUPPORTO
AL RAFFORZAMENTO
DELLA GOVERNANCE
RIDUZIONE
DEL RISCHIO
AI FINI DI
PROTEZIONE CIVILE

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Governance prevenzione e gestione rischi FORUM PA 25 maggio 2016

  • 1. PON Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020 - Roma, Forum PA 25 maggio 2016 Dipartimento della protezione civile PROGRAMMA PER IL SUPPORTO AL RAFFORZAMENTO DELLA GOVERNANCE RIDUZIONE DEL RISCHIO AI FINI DI PROTEZIONE CIVILE
  • 2. 2 DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE Roma, 25 maggio 2016 Accordo di Partenariato Italia 2014-2020 Obiettivo Tematico 5 “PROMUOVERE L’ADATTAMENTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO, LA PREVENZIONE E LA GESTIONE DEI RISCHI” Azione Strutturata con il Dipartimento della protezione civile a supporto dell’Agenzia per la coesione territoriale
  • 3. 3 IL SERVIZIO NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVILE Roma, 25 maggio 2016 • COMPONENTI (art. 6 L.225/92): • Amministrazioni centrali dello Stato • Regioni, Province Autonome • Province, Comuni, Comunità montane • STRUTTURE OPERATIVE (art. 11 L. 225/92): • Corpo nazionale dei Vigili del fuoco • Forze armate • Forze di polizia • Corpo forestale dello Stato • Servizi tecnici nazionali • Gruppi nazionali di ricerca scientifica • Croce Rossa Italiana • Strutture del Servizio sanitario nazionale • Organizzazioni di volontariato • Corpo nazionale di soccorso alpino e speleologico Concorrono alle attività di protezione civile i cittadini, gli enti pubblici, gli ordini e i collegi professionali e ogni altra istituzione pubblica e privata presente sul territorio.
  • 4. 4 DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE Roma, 25 maggio 2016 • previsione e prevenzione dei rischi naturali e antropici • gestione Sistema di allertamento nazionale (Centri Funzionali ) • programmi e progetti per la riduzione e la mitigazione dei rischi • indirizzo e coordinamento delle attività di pianificazione di emergenza • promozione e organizzazione di esercitazioni di protezione civile • gestione Centro di coordinamento Sistema (monitoraggio emergenza) • sostegno al volontariato di protezione civile • supporto alle attività di formazione • diffusione della conoscenza della protezione civile • informazione alla popolazione • coordinamento prime attività di risposta a calamità naturali • rapporti costanti con tutte le Componenti e Strutture operative nazionali per garantire le attività previste dalla legge n. 225 del 1992
  • 5. 5 RIDUZIONE DEL RISCHIO AI FINI DI PROTEZIONE CIVILE Roma, 25 maggio 2016 • Ambito di Policy del Programma: • Nuove soluzioni e diversi approcci a debolezze consolidate che, a causa dell’autonomia di governance, da una parte, e carenze strutturali, dall’altra, creano una spaccatura nel Paese anche nel settore della riduzione del rischio e della protezione civile; • La protezione civile, con le azioni di tutela delle persone e delle cose, può essere considerata un tema strettamente correlato alla sviluppo economico e sociale • Una maggiore attenzione al territorio, attraverso anche lo sviluppo di investimenti green, può, viceversa, favorire la prevenzione dei disastri • Organiche e coerenti strategie di riduzione del rischio nei Programmi Operativi per un efficace utilizzo delle risorse economiche
  • 6. 6 RIDUZIONE DEL RISCHIO AI FINI DI PROTEZIONE CIVILE Roma, 25 maggio 2016 • Obiettivi operativi di riduzione del rischio ai fini di protezione civile: • minimo livello standard di sicurezza del territorio (progetti standard); • proporzionalità degli interventi in funzione delle scelte perseguite nelle politiche di sviluppo del contesto territoriale; • la misurabilità degli effetti; • proficua allocazione delle risorse finanziarie evitando distorsioni; • la modularità degli interventi e regole standardizzate; • valutazione dei criteri di riduzione del rischio ai fini di protezione civile nelle politiche di sviluppo; • orientamento dei vantaggi correlati degli interventi.
  • 7. 7 RIDUZIONE DEL RISCHIO AI FINI DI PROTEZIONE CIVILE Roma, 25 maggio 2016 • Partenariato: • Il Dipartimento della protezione civile riveste il ruolo istituzionale di coordinamento delle politiche di settore che il legislatore ha disegnato in un’ ottica federalista con la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001; • Governance multilivello: • Commissione tecnica di supporto e monitoraggio per la Microzonazione Sismica (MS) e la Condizione Limite per l’Emergenza (CLE); • la Piattaforma Nazionale per la Riduzione del Rischio da Disastri.
  • 8. 8 RIDUZIONE DEL RISCHIO AI FINI DI PROTEZIONE CIVILE Roma, 25 maggio 2016 • Standard minimi • Nell’ambito della strategia nazionale finalizzata alla mitigazione dei rischi per fini di protezione civile, il Dipartimento della protezione civile ha prodotto un documento di “Standard minimi per la programmazione degli interventi in materia di riduzione del rischio ai fini di protezione civile (e di resilienza socio- territoriale)” concertato con la Struttura di Missione contro il dissesto idrogeologico per gli ambiti di competenza • Tali Standard minimi, presentati alle Regioni e alle Province autonome il 17 dicembre 2015, costituiscono il riferimento nazionale in materia di riduzione del rischio • IL Programma presentato dal DPC è coerente con gli obiettivi e la struttura degli Standard minimi.
  • 9. 9 RIDUZIONE DEL RISCHIO AI FINI DI PROTEZIONE CIVILE Roma, 25 maggio 2016 • Attività A. Definizione di progetti standard e linee guida per la programmazione degli interventi in materia di riduzione del rischio ai fini di protezione civile e diffusione presso gli organismi regionali; Sviluppo di modelli valutativi. B. Predisposizione, supporto e monitoraggio dei “progetti standard” finalizzati alla riduzione dei rischi (rif. interno: articolo 11 della legge 77/2009, DPCM 28 maggio 2015, misure di preparazione previste nel Piano di gestione del rischio di alluvioni di cui al D.Lgs 49/2010); affiancamento delle Regioni in merito alla corretta applicazione delle linee guida per la riduzione del rischio sismico, vulcanico, idrogeologico e idraulico. C. Organizzazione di workshop e seminari a scopo informativo.
  • 10. 10 Standard minimi Roma, 25 maggio 2016 FASI GENERALI FASI SPECIFICHE
  • 11. 11 Standard minimi Roma, 25 maggio 2016 6 FASI GENERALI 1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei contesti territoriali 2. Analisi per tipo di rischio e definizione di scenari di rischio 3. Analisi (aggiornamento) e implementazione Piani di emergenza 4. Valutazione operatività del sistema di risposta in caso di emergenza 5. Programmazione degli interventi: mitigazione delle condizioni di rischio e miglioramento operatività 6. Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi • Definizione dei contesti territoriali • Cooperazione rafforzata • Conoscenza del territorio
  • 12. 12 Standard minimi Roma, 25 maggio 2016 6 FASI GENERALI 1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei contesti territoriali 2. Analisi per tipo di rischio e definizione di scenari di rischio 3. Analisi (aggiornamento) e implementazione Piani di emergenza 4. Valutazione operatività del sistema di risposta in caso di emergenza 5. Programmazione degli interventi: mitigazione delle condizioni di rischio e miglioramento operatività 6. Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi • Rischio idrogeologico e idraulico • Rischio sismico 2 FASI SPECIFICHE
  • 13. 13 Standard minimi Roma, 25 maggio 2016 6 FASI GENERALI 1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei contesti territoriali 2. Analisi per tipo di rischio e definizione di scenari di rischio 3. Analisi (aggiornamento) e implementazione Piani di emergenza 4. Valutazione operatività del sistema di risposta in caso di emergenza 5. Programmazione degli interventi: mitigazione delle condizioni di rischio e miglioramento operatività 6. Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi • Aggiornamento • (Predisposizione)
  • 14. 14 Standard minimi Roma, 25 maggio 2016 6 FASI GENERALI 1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei contesti territoriali 2. Analisi per tipo di rischio e definizione di scenari di rischio 3. Analisi (aggiornamento) e implementazione Piani di emergenza 4. Valutazione operatività del sistema di risposta in caso di emergenza 5. Programmazione degli interventi: mitigazione delle condizioni di rischio e miglioramento operatività 6. Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi • Rischio idrogeologico e idraulico • Rischio sismico 2 FASI SPECIFICHE
  • 15. 15 Standard minimi Roma, 25 maggio 2016 6 FASI GENERALI 1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei contesti territoriali 2. Analisi per tipo di rischio e definizione di scenari di rischio 3. Analisi (aggiornamento) e implementazione Piani di emergenza 4. Valutazione operatività del sistema di risposta in caso di emergenza 5. Programmazione degli interventi: mitigazione delle condizioni di rischio e miglioramento operatività 6. Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi • Individuazione aree e contesti territoriali • Edifici del sistema di gestione dell’emergenza • Aree a minore sostenibilità del rischio • Interventi non strutturali
  • 16. 16 Standard minimi Roma, 25 maggio 2016 6 FASI GENERALI 1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei contesti territoriali 2. Analisi per tipo di rischio e definizione di scenari di rischio 3. Analisi (aggiornamento) e implementazione Piani di emergenza 4. Valutazione operatività del sistema di risposta in caso di emergenza 5. Programmazione degli interventi: mitigazione delle condizioni di rischio e miglioramento operatività 6. Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi • Indicatore comunale • Livello conoscitivo • Livello valutativo • Livello attuativo
  • 17. Rischio sismico 17 Standard minimi Roma, 25 maggio 2016 6 FASI GENERALI 1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei contesti territoriali 2. Analisi per tipo di rischio e definizione di scenari di rischio 3. Analisi (aggiornamento) e implementazione Piani di emergenza 4. Valutazione operatività del sistema di risposta in caso di emergenza 5. Programmazione degli interventi: mitigazione delle condizioni di rischio e miglioramento operatività 6. Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi 2 FASI SPECIFICHE • Microzonazione sismica (livello 2 o 3) • ICMS2008 • Standard (versione 4.0)
  • 18. Rischio sismico 2 FASI SPECIFICHE 18 Standard minimi Roma, 25 maggio 2016 6 FASI GENERALI 1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei contesti territoriali 2. Analisi per tipo di rischio e definizione di scenari di rischio 3. Analisi (aggiornamento) e implementazione Piani di emergenza 4. Valutazione operatività del sistema di risposta in caso di emergenza 5. Programmazione degli interventi: mitigazione delle condizioni di rischio e miglioramento operatività 6. Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi • Analisi della Condizione Limite per l’Emergenza (CLE) • Valutazione dell’operatività del sistema di gestione dell’emergenza (Valutazione della CLE)
  • 19. Rischio sismico 19 Standard minimi Roma, 25 maggio 2016 Valutazione dello stato di attuazione CLE MS Pericolosità di base Valutare Programmare Attuare C D E B A Classe
  • 20. Rischio sismico 20 Standard minimi Roma, 25 maggio 2016 Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi Studi MS Analisi Condizione Limite Programma/ interventi Assegnazione Classe (A) Assegnazione Classe (D.n) Assegnazione Classe (C) Assegnazione Classe (B) Pericolosità di base Assegnazione Classe (E) Livello conoscitivo Livello valutativo Livello attuativo Classe Valutazione OCDPC 293/2015 (articolo 11 legge 77/2009)
  • 21. Rischio sismico 21 Standard minimi Roma, 25 maggio 2016 Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi lo stato attuale MS CLEPericolosità di base
  • 22. Rischio sismico 22 Standard minimi Roma, 25 maggio 2016 Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi lo stato attuale
  • 23. Rischio idrogeologico e id. 23 Standard minimi Roma, 25 maggio 2016 6 FASI GENERALI 1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei contesti territoriali 2. Analisi per tipo di rischio e definizione di scenari di rischio 3. Analisi (aggiornamento) e implementazione Piani di emergenza 4. Valutazione operatività del sistema di risposta in caso di emergenza 5. Programmazione degli interventi: mitigazione delle condizioni di rischio e miglioramento operatività 6. Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi 2 FASI SPECIFICHE • Valutazione rischio idrogeologico e idraulico (PAI – Piani di Assetto Idrogeologico) • Valutazione del rischio idraulico (PGRA – Piano Gestione Rischio Alluvioni – ex dlgs 49/2010) • Analisi integrative per l’elaborazione di: • Scenari di evento • Scenari di rischio
  • 24. 24Roma, 25 maggio 2016 Fase 2 - Valutazione rischio idrogeologico e idraulico (PAI) I Piani per l'Assetto Idrogeologico (PAI) sono stati redatti ai sensi della legge 267/98 («Legge Sarno») e contengono la mappatura delle aree a rischio idrogeologico per frana e alluvione. Le classi di rischio individuate nei PAI sono quattro : R1 - rischio basso; R2 - rischio medio; R3 – rischio elevato; R4 – rischio molto elevato Aree ad alta criticità (AAC) = aree R3 + aree R4 Comuni interessati da AAC : 6.633 (81,9% del totale) (da MATTM,2008) Rischio idrogeologico e id. Standard minimi
  • 25. 25Roma, 25 maggio 2016 L’ ISPRA ha effettuato la mosaicatura delle aree a pericolosità idraulica perimetrate dalle Autorità di bacino, Regioni e Province Autonome nel PGRA (Dlgs 49/2010, recepimento della Direttiva Alluvioni 2007/60/CE). La mosaicatura è stata effettuata per i tre scenari di pericolosità idraulica: • elevata P3, con tempo di ritorno fra 20 e 50 anni (alluvioni frequenti), • media P2, con tempo di ritorno fra 100 e 200 anni (alluvioni poco frequenti) • bassa P1 (scarsa probabilità di alluvioni o scenari di eventi estremi). P3 - 12.218 km2 (4 % sup. totale) P2 - 24.411 km2 (8% sup. totale) P1 - 32.150 km2 (11% sup. totale) Fase 2 - Valutazione rischio idrogeologico e idraulico (PGRA) Rischio idrogeologico e id. Standard minimi
  • 26. 26Roma, 25 maggio 2016 Fase 2 - Analisi integrative Rischio idrogeologico e id. Standard minimi
  • 27. 27Roma, 25 maggio 2016 Fase 2 - Analisi integrative Rischio idrogeologico e id. Standard minimi
  • 28. Roma, 25 maggio 2016 6 FASI GENERALI 1. Analisi dei fabbisogni e individuazione dei contesti territoriali 2. Analisi per tipo di rischio e definizione di scenari di rischio 3. Analisi (aggiornamento) e implementazione Piani di emergenza 4. Valutazione operatività del sistema di risposta in caso di emergenza 5. Programmazione degli interventi: mitigazione delle condizioni di rischio e miglioramento operatività 6. Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi 2 FASI SPECIFICHE • Rischio sismico • Individuazione delle aree a minore sostenibilità del rischio • Analisi ed aggiornamento dei Piani di emergenza • Scenari di evento e di rischio • Allertamento • Presidi Territoriali • Sistemi di monitoraggio locali Rischio idrogeologico e id. Standard minimi
  • 29. 29Roma, 25 maggio 2016 Fase 4 - Valutazione operatività Aree a minore sostenibilità del rischio Aree urbanizzate nelle quali si possono manifestare fenomeni localizzati, intensi e di difficile prevedibilità, quali piene repentine, colate rapide di detrito e di fango, allagamenti urbani, frane di crollo, etc. La breve durata di tali fenomeni e il loro elevato cinematismo rendono problematico il dispiegarsi in modo efficace delle azioni di protezione civile, finalizzate primariamente alla tutela della popolazione. Colata di fango a Sarno (SA) nel 1998Piena repentina a Genova nel 2010 Rischio idrogeologico e id. Standard minimi
  • 30. 30Roma, 25 maggio 2016 Fase 4 - Valutazione operatività Sistema di allertamento Rischio idrogeologico e id. Standard minimi
  • 31. 31Roma, 25 maggio 2016 Valutazione dello stato di attuazione PdE SE - SR Pericolosità PAI e PGRA Valutare Programmare Attuare C D E B A Classe Rischio idrogeologico e id. Standard minimi
  • 32. 32Roma, 25 maggio 2016 Valutazione complessiva dell’efficacia degli interventi Scenari di evento e di rischio Aggiornamento PdE Programma/ interventi Assegnazione Classe (A) Assegnazione Classe (D.n) Assegnazione Classe (C) Assegnazione Classe (B) Pericolosità PAI e PGRA Assegnazione Classe (E) Livello conoscitivo Livello valutativo Livello attuativo Classe Valutazione Rischio idrogeologico e id. Standard minimi
  • 33. 33Roma, 25 maggio 2016 MITIGAZIONE DEL RISCHIO MISURE NON STRUTTURALI MISURE STRUTTURALI ATTIVE SISTEMA DI ALLERTAMENTO PASSIVE NORME DI USO E TRASFORMAZIONI DEL TERRITORIO COPERTURA ASSICURATIVA INTERVENTI STRUTTRALI PIANI DI EMERGENZA MANUTENZIONE ORDINARIA/STRAORDINARIA FORMAZIONE OPERATORI INFORMAZIONE POPOLAZIONE Misure di mitigazione del rischio idrogeologico e idraulico Protezione civile Rischio idrogeologico e id. Standard minimi
  • 34. 34 Monitoraggio degli interventi Roma, 25 maggio 2016 • Coordinamento interistituzionale • Commissione tecnica (sezioni per tipologia di rischio) • Supporto • DPC , Agenzia, Struttura di missione
  • 35. PON Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020 - Roma, Forum PA 25 maggio 2016 Dipartimento della protezione civile PROGRAMMA PER IL SUPPORTO AL RAFFORZAMENTO DELLA GOVERNANCE RIDUZIONE DEL RISCHIO AI FINI DI PROTEZIONE CIVILE