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Università degli Studi di Roma -“La Sapienza”
  Facoltà di Scienze della Comunicazione


        Il mercato pubblicitario
      in un contesto postmoderno
    consumatori ed aziende in movimento


               Piergoffredo Inzaina




              Laurea Specialistica in
          “Organizzazione e Marketing
        per la Comunicazione d’impresa”
(LM 59 – Comunicazione pubblica, d’impresa e pubblicità)

      Cattedra di Pianificazione dei media
           nelle strategie d’impresa
                a.a. 2009/2010




Relatore: Prof. Marco Stancati
Correlatore: XXXXXXX

                         -3-
Copertina: a cura dell’Autore
Composizione grafica: a cura dell’Autore


Questo volume è stato stampato
nel mese di Settembre 2010
con tecnologia “print on demand”
presso centro stampa Nuova Cultura
P.le Aldo Moro, 5 – 00185 Roma
www.nuovacultura.it

Per ordini: ordini@nuovacultura.it

                                     -4-
A me stesso.
      Per tutti i sacrifici sostenuti
per coronare questo grande sogno




    -5-
-6-
Indice
Premessa ........................................................................... - 1 -

Capitolo 1 – Dagli old media ai new media: evoluzione ed
attuale struttura del mercato pubblicitario italiano ............. - 5 -
Il mercato post-pubblicitario .......................................................... - 5 -
Il potere del digitale: andare oltre il medium ............................... - 10 -
Dai new media ai more media ...................................................... - 14 -
Particolarità del consumo dei prodotti media .............................. - 16 -
Media, prodotti media ed investimenti pubblicitari in un periodo di
crisi ............................................................................................... - 18 -
L’attuale scenario economico dei media: una visione generale dei
trend chiave del mercato .............................................................. - 21 -
Le previsioni per l’economia internazionale e quella italiana .......... - 23 -
Il trend attuale degli investimenti pubblicitari nel mondo................ - 25 -
Il trend attuale degli investimenti pubblicitari in Italia .................... - 29 -
INTERVISTA a Paolo Duranti, Managing Director Nielsen Media
Research Southern Europe & South Africa ....................................... - 42 -

Capitolo 2 – Postmodernità, ergo post-marketing? ............ - 49 -
La postmodernità ......................................................................... - 49 -
Dalle origini (moderne) del consumo al consumo postmoderno ...... - 53 -
Identikit del nuovo consumatore ...................................................... - 57 -
Il marketing fino a “ieri” ............................................................... - 63 -
La crisi: verso il postmoderno ........................................................... - 65 -
Nuovi paradigmi del marketing postmoderno .............................. - 74 -
FOCUS – L’evoluzione postmoderna del branding ............................ - 97 -
FOCUS – Il Guerrilla Marketing nel media mix ............................... - 109 -
INTERVISTA ad Attilio Redivo, CEO Mediacom Italy (GroupM –WPP)
........................................................................................................ - 117 -


                                                      -7-
Capitolo 3 – La mobilità come spina dorsale della
post-pubblicità ............................................................... - 123 -
La globalizzazione della società .................................................. - 123 -
Il nuovo consumatore flaneur .................................................... - 124 -
Il ruolo del OOH nel media mix ................................................... - 127 -
Gli attori dell’OOH in Italia ............................................................. - 127 -
La capacità di incrementare le occasioni di contatto con il consumatore
....................................................................................................... - 129 -
Il rapporto di convivenza, complementarità e innovazione con gli altri
mezzi ............................................................................................... - 134 -
L’importanza della creatività nell’out of home............................... - 138 -
Limiti, criticità e smentite sull’OOH ................................................ - 141 -
FOCUS - Il Digital Signage: verso l’Outdoor 2.0 .............................. - 144 -
Considerazioni conclusive sull’OOH ................................................ - 150 -
I luoghi del consumo postmoderno: nuove occasioni e nuovi circuiti
pubblicitari ................................................................................. - 151 -
Il centro commerciale e i punti vendita .......................................... - 154 -
Le palestre ...................................................................................... - 161 -
Le università.................................................................................... - 162 -
Gli stadi di calcio ............................................................................. - 163 -

Capitolo 4 – Il ruolo di Internet nella pianificazione
pubblicitaria del futuro ................................................... - 167 -
Il boom di Internet negli ultimi anni ........................................... - 167 -
Le opportunità offerte dal canale mobile ................................... - 174 -
Il Mobile advertising ....................................................................... - 180 -
Il Web 2.0: Il dominio del social networking ............................... - 183 -
Il ruolo di Facebook nella pianificazione pubblicitaria ................ - 191 -
L’ultima frontiera: la geolocalizzazione su Facebook ..................... - 198 -

Conclusioni .................................................................... - 205 -

Bibliografia..................................................................... - 209 -

                                                      -8-
-9-
- 10 -
Premessa



   L’attuale scenario del mercato pubblicitario, nonostante
il dilagare di nuove forme mediali che pervadono sempre
più gli ambienti sociali di fruizione dei consumatori, mostra
che gli equilibri tra i vari mezzi riflettono ancor oggi, le
stesse dinamiche che ormai da diverso tempo caratterizzano
la scena. Una televisione sempre più dominante che da sola
assorbe oltre la metà degli investimenti media, rafforzata
dalla crisi economica globale che, tendenzialmente, tende
ad indurre gli investitori a privilegiare questo mezzo. Di
fronte a questo scenario poco rassicurante, solo il nuovo
medium Internet sembra non conoscere crisi, tanto che, esso
risulta essere l’unico mezzo in crescita e in alcuni contesti –
profondamente diversi da quello italiano, come quello in-
glese – arriva addirittura a detronizzare la televisione, im-
ponendosi come medium maggiormente pianificato.
   A questo proposito, c’è chi parla del 2009 come l’anno
zero della pubblicità, per sottolineare che non si ricordano
anni peggiori di questo che è appena trascorso. Di fronte a
questo scenario cupo, i dati in crescita di Internet e più in
generale della penetrazione dei new media, offrono lo spun-
to per cogliere alcuni importanti segnali di cambiamento: la
loro bi-direzionalità, si sposa in pieno con il nuovo para-
digma relazionale che lega i brand con i propri consumatori,
così che sembrano essere, gli unici o forse i più adatti ad in-
gaggiare un contatto forte e duraturo con essi. Il consumato-
re post-moderno cambia pelle e appare più esigente, più at-
tivo e pro-attivo, con esigenze sempre maggiori di mobilità,

                              -1-
più favorevole al dialogo e più maturo. I brand dal canto lo-
ro, sono costretti a mutare il proprio approccio, la propria
identità e la propria missione per renderla sempre più uni-
forme a quella dei propri destinatari; Sono costretti ad esse-
re abili a proporre il proprio progetto di marca e trasmetter-
lo ai propri referenti, attraverso delle manifestazioni coeren-
ti e adeguate, dal punto di vista simbolico e dei codici e-
spressivi, sia linguistici che iconici, accompagnandoli in
tutte le loro dimensioni sociali; Dovranno essere in grado di
“attualizzare”, cioè di cogliere ed interpretare le dinamiche
del contesto in cui operano ed essere, dunque, fine tuned,
ovvero “ben sintonizzati” con i propri pubblici.
    In tutto ciò, svolgono un ruolo chiave i partner di cui le
aziende si servono per raggiungere i propri destinatari: così,
agenzie creative, agenzie media, concessionarie ed istituti di
ricerca, devono anch’essi adeguarsi al cambiamento che il
contesto prospetta, sono costretti a mutare i propri assetti
organizzativi in funzione di una sempre più pregnante col-
laborazione che li lega ai propri clienti, a mutare il proprio
approccio al mercato, ad essere più flessibili, ad ingegnarsi
per trovare nuovi canali di comunicazione, anche non con-
venzionali, nuovi servizi tailor made, costruiti in maniera
sartoriale addosso alle aziende.
    L’obiettivo di questo lavoro, è quello di compiere
un’analisi dell’attuale scenario del mercato pubblicitario ita-
liano, facendo un focus su i nuovi media e cercando di
comprendere la natura delle relazioni instaurate tra gli attori
di esso e l’evoluzione organizzativa in risposta ai cambia-
menti, in termini di fruizione dei mezzi e di esposizione ai
nuovi strumenti di marketing, che rappresentano le caratte-
ristiche del cosiddetto “nuovo consumatore”. Nel contesto
attuale, sembra che ci sia un corsa a “far tutto”, dimostra-
zione presente anche nelle agenzie media che tendono a
                              -2-
proporre servizi estranei alla propria attività core, come ad
esempio, alcuni progetti di creatività legati ai mezzi (ad es.
l’ambient advertising). La finalità sarà, dunque, quella di
comprendere, anche attraverso alcune interviste rivolte a
importanti professionisti del mercato pubblicitario, se la
strada intrapresa dai brand e dai propri partner strategici, è
coerente e soprattutto è in grado di raggiungere un consu-
matore sempre più sfuggente e “liquido”, come lo defini-
rebbe Zygmunt Bauman.




                              -3-
-4-
Capitolo 1 – Dagli old media ai new me-
dia: evoluzione ed attuale struttura del
mercato pubblicitario italiano



Il mercato post-pubblicitario
    Parlare di post-pubblicitario, presuppone necessariamen-
te che vi sia stata una fase “pubblicitaria” che descrivesse
un certo fenomeno e nella quale ciò che era stato definito
tale, avesse sviluppato appieno tutti i suoi aspetti e avesse
raggiunto una fase di maturità. Accade però che ad un certo
punto, l’etichetta “pubblicitario” fosse divenuta così “stret-
ta” per descrivere tale fenomeno, da dover necessariamente
far ricorso all’aggiunta del suffisso post. In realtà, potrem-
mo anche spingerci oltre ed ipotizzare anche una possibile
fase pre pubblicitaria, una sorta di fase preparatoria a quella
che conosciamo oggi, o meglio, che abbiamo conosciuto fi-
no ad oggi.
    Possiamo descrivere brevemente e per sommi capi, la
storia del mercato pubblicitario, partendo dalle sue origini,
da quando ancora non era possibile definire come tale
l’insieme delle produzioni artistiche ed editoriali, gli utilizzi
che venivano fatti dei vari mezzi disponibili, le finalità della
produzione del prodotto comunicativo e le relazioni che si
instauravano tra i diversi attori che erano coinvolti in questo
processo.
    L’evoluzione della pubblicità, nel corso della storia è an-
data sempre di pari passo con l’evoluzione di ciò che la
“trasportava”, ovvero dei media, pertanto possiamo affer-
                               -5-
mare che vi sia un fil rouge che lega, legittimandola, ogni
forma di pubblicità alla storia dei media
    Come affermato poc’anzi, parlare di fase pre-
pubblicitaria significa considerare una fase preparatoria du-
rata – senza il timore di utilizzare una terminologia iperbo-
lica – migliaia di anni, a partire dalla prima comparsa di
forme di scrittura e successivamente di stampa. Dunque, po-
tremo partire dalle prime forme di proto-pubblicità
dell’antica Pompei, realizzate prima che fosse distrutta
dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., una sorta di manifesti
pubblicitari ante litteram. Potremo poi proseguire con la re-
alizzazione su carta o pergamena di immagini sacre che
nell’Ottavo secolo, in Cina e Giappone, venivano riprodotte
dai monaci buddisti attraverso la tecnica della xilografia,
mediante dei blocchi di legno intagliati1, passando per gli
ideogrammi che qualche secolo più tardi, sarebbero stati in-
tagliati su blocchi di argilla mobili, anticipando di qualche
tempo l’invenzione ufficiale della stampa a caratteri mobili,
ad opera di Johannes Gutenberg nel 1440.
    È solo nella seconda metà del Tredicesimo secolo che, in
Inghilterra, compaiono le prime forme di pubblicità vera e
propria, intesa come annunci commerciali con lo scopo di
favorire o modificare un comportamento dei lettori:
l’editore Caxton pubblicizza le prossime uscite sull’ultima
pagina dei suoi libri. Qualche secolo più tardi, in Francia,
comparirà un primo annuncio stampa a pagamento dove un
medico pubblicizzerà il suo studio sulle pagine della Gazet-
te. Questa fase pubblicitaria può essere definita Verbalismo,
dominata dalla presenza di testi più o meno lunghi che invi-
tano all’acquisto di alcuni prodotti e si protrae fino a metà

   1
     Cfr. A.Briggs, P.Burke, Storia sociale dei media. Da Gutenberg a
Internet, Il Mulino, Bologna, 2002 (2000).
                                 -6-
dell’Ottocento, quando lascerà il passo ad un’altra tendenza:
l’iconismo.
    Quest’ultimo, fu favorito nel 1796 con l’invenzione della
litografia ad opera di Aloys Senefelder: si disegnava con del
materiale grasso su una matrice di pietra che poi, successi-
vamente, veniva impressa su fogli di carta, favorendo la ri-
producibilità di testi e di immagini in modo economico e
veloce; successivamente anche un’altra invenzione, la foto-
grafia, diede un grosso contributo a tale tendenza. Walter
Benjamin sosteneva che attraverso la rivoluzione industriale
mutava il carattere dell’opera d’arte: l’introduzione di mac-
chinari provocava il passaggio dal valore culturale
dell’immagine al suo valore “espositivo”2. È questo passag-
gio che, dunque, mostra l’incombenza di quello che è stato
definito iconismo, ovvero il trionfo del visual rispetto al te-
sto.
    Insomma, più il medium è tecnologico, maggiore è la sua
riproducibilità. È proprio questa che favorisce un maggiore
ricorso al manifesto come veicolo pubblicitario, una sorta di
“opera d’arte” riproducibile su larga scala: sono celebri i
manifesti di Leonetto Cappiello (Bitter Campari), Marcello
Dudovich (Vermouth Martini e Fiat Balilla), Gino Boccasi-
le (Talco Paglieri). Il Diciannovesimo secolo, si apre con
un’altra importante invenzione ad opera dell’americano Ru-
bel, la stampa offset: le pagine vengono impresse su cilindri
di metallo, che vengono compressi sulla carta da macchine
automatiche, le cosiddette “rotative”.
    È il contesto statunitense ad essere il laboratorio di nuo-
ve forme espressive: inizia ad assumere sempre più impor-
tanza il body copy, sotto forma di argomentazioni ed infor-

   2
      Cfr. W.Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibi-
lità tecnica, Torino, 1966 (1936).
                                  -7-
mazioni (corrente scientifica) e sotto forma di testi artisti-
camente elaborati (corrente estetica). In realtà, queste due
tendenze non si manifestano in maniera esclusiva, bensì si
trovano produzioni pubblicitarie in cui una componente è
preponderante rispetto all’altra ma non la esclude. Sarà a
partire dagli anni Cinquanta che testi ed immagini avvie-
ranno una maggiore collaborazione, anni in cui ci sarà il tri-
onfo delle immagini: esse inizieranno a parlare da sole ( o
quasi), con un contributo minimale dei testi, attraverso brevi
didascalie con lo scopo di far completare la comprensione
dell’annuncio agli stessi consumatori, attivando processi di
inferenza.
   Lo sviluppo maggiore sarà garantito da una diffusione di
audiovisivi sempre più considerevole, dovuta al fatto che
sono gli anni della nascita del medium televisivo, o più pre-
cisamente dell’introduzione di esso nelle principali demo-
crazie occidentali. Vediamo anche in quest’occasione che
l’evoluzione dei media accompagna ed indirizza quella del-
le forme di pubblicità: con il suo potere sinestetico, la tele-
visione, veicola un messaggio che acquisisce una forza
sempre più coinvolgente. Negli anni Cinquanta, gli investi-
menti pubblicitari sulla televisione erano analoghi a quelli
della pubblicità esterna, quest’ultima all’apice del suo svi-
luppo attraverso i manifesti d’autore; ben presto però, essa
entrerà in crisi, sopraffatta dall’avanzare del medium televi-
sivo che negli anni Ottanta/Novanta, conoscerà il suo mas-
simo splendore con l’introduzione in Europa delle prime te-
levisioni commerciali e del conseguente boom degli inve-
stimenti pubblicitari su tali emittenti3.

   3
      Negli Stati Uniti, la televisione commerciale aveva avuto il suo
sviluppo fin ab originis, mentre nel contesto europeo ha sempre incon-
trato un ostruzionismo diffuso, a partire dalle vicende inglesi delle
commissioni governative sul sistema radiotelevisivo, fino a quelle ita-
                                  -8-
È solo a questo punto che, dopo questo breve excursus
storico, possiamo concludere la risposta alla domanda che si
pone il titolo di questo paragrafo: Come si arriva alla defi-
nizione di post-pubblicitario? Introducendo la fase imme-
diatamente successiva a quella che abbiamo visto fin ora,
cioè quella post-pubblicitaria, caratterizzata da una rivolu-
zione che vede come protagonisti, in particolare due mezzi:
il primo è Internet, figlio della rivoluzione digitale; Il se-
condo è costituito dall’affissione, qui intesa come il proge-
nitore di una pluralità di mezzi di natura eterogenea che
possono, oggi, essere ricondotti sotto l’unica etichetta di
Outdoor e vanno a configurarsi come una ri-scoperta della
pubblicità esterna.
   Se nel 1964 Marshall Mcluhan sosteneva con forza:
«The medium is the message»4, oggi tale assunto viene
smentito dall’avvento del digitale, dalla multimedialità, da
Internet, dove la regola della preminenza del medium ri-
spetto al messaggio, viene sovvertita dalla presenza di una
miriade di contenuti, ovvero da messaggi. Se questo è vero
per i media digitali, non è altrettanto vero per il veicolo
pubblicitario per eccellenza, l’affissione, unica forma di
pubblicità a non essere inserita in un contesto redazionale o
in un palinstesto, se non nella stessa città che funge da “pa-
linsesto urbano”.

liane legate alle sentenze della Corte Costituzionale che hanno caratte-
rizzato gli anni Settanta/Ottanta, riguardo il mantenimento della riserva
statale sulle trasmissioni radiotelevisive. Con la nascita della televisione
commerciale italiana, in particolare del gruppo Fininvest con Canale 5,
Italia 1 e Rete 4, nasce negli stessi anni, Publitalia80, che nel corso de-
gli anni a venire, diventerà la prima concessionaria di pubblicità italia-
na.
   4
     Cfr. M. Mcluhan, Gli strumenti del comunicare. Mass media e so-
cietà moderna, Net, Milano, 2002 (1964).
                                     -9-
Il potere del digitale: andare oltre il medium
    Per affrontare il tema dell’avvento dei nuovi media digi-
tali, ci sembra utile prendere spunto dal già citato Marshall
Mcluhan, in quanto egli aveva fornito una spiegazione so-
cio-antropologica del motivo per il quale i media elettrici
avessero un tale successo sulle persone5. Egli riteneva che
alla base del suo asserto “Il medium è il messaggio”, vi fos-
se la tendenza degli essere umani ad avere un immediato fa-
scino di ogni estensione di sé, riprodotta in un materiale di-
verso da quello stesso di cui sono fatti. L’abilità dello stu-
dioso canadese, è stata quella di descrivere con il ricorso al
mito di Narciso, la capacità dell’uomo di far ricorso a dei
servomeccanismi. L’effetto della narcòsis – da cui il nome
“Narciso”, ovvero l’intorpidimento derivante dall’attrazione
di noi stessi – spingerebbe l’uomo ad “amputare” delle fun-
zioni del proprio corpo e trasferirle a dei servomeccanismi
di cui egli diventerebbe schiavo: oggi è frequente sentire nei
dibattiti che si è schiavi della televisione oppure di Internet,
per quest’ultima più precisamente nell’uso che se ne fa. È
chiaro, dunque, che il successo dei media elettronici tradi-
zionali del Novecento è stato possibile proprio grazie a que-
sta capacità di intorpidire l’uomo.
    Collegandoci a quanto appena detto, Giandomenico Ce-
lata, in un recente saggio, ha sostenuto che la televisione in-
ducesse un narcisistico torpore, un intorpidimento delle
menti e uno stordimento nel consumatore di media.6 Lo
stesso prosegue la sua analisi arrivando ad ipotizzare addi-



   5
   Cfr. M. Mcluhan, Op. Cit.
   6
   Cfr. G. Celata, Economia dei media e dell’Ict, materiale didattico,
Roma, 2009, p.13.
                                 - 10 -
rittura la rottura del paradigma di Mcluhan, fondato
sull’asserto the medium is the message. Secondo Celata:7

       (…) La causa [di questa rottura] sta nell’insorgere della tec-
   nologia digitale. Una tecnologia che, mentre omologa straordina-
   riamente e quasi magicamente, l’inchiostro di tutti i media, am-
   plifica la portanza delle piattaforme di distribuzione, moltiplica i
   mezzi con cui si esprimono i contenuti. In questa situazione, il
   medium diventa ininfluente rispetto al messaggio. Il digitale
   rompe il monopolio naturale delle tecnologie analogiche rispetto
   ai contenuti (…) Lo frantuma in una miriade di coriandoli digita-
   li che si esaltano in Internet, il nuovo medium (…) Il digitale
   [dunque] uccide la preminenza del medium rispetto ai contenuti.
   Uccide il suo riempire di sé il messaggio.

   È stato di questo avviso anche Danny Hillis, il quale in
un articolo di qualche anno fa, apparso sull’ Harvard Busi-
ness Review8, affermava che prima dell’avvento della tecno-
logia digitale, il contenuto e i servizi erano legati ai mecca-
nismi che li distribuivano. Era possibile parlare di un me-
dium come la televisione o la stampa o la telefonia, senza
distinguere tra il modo di distribuire e ciò che stava venen-
do distribuito. Hillis prosegue sostenendo che con la tecno-
logia digitale, ora possiamo convertire tutti questi differenti
generi di informazioni in semplici bit, e i canali digitali,
come ad esempio le fibre ottiche, possono distribuire questi
bit indiscriminatamente, dimenticandosi se si trattino di
show televisivi, articoli di giornale, traffico telefonico o
piuttosto messaggi pubblicitari.
   Enrico Menduni, offre un quadro particolarmente esau-
stivo del passaggio dai media tradizionali a quelli digitali,
sostenendo che in realtà, quest’ultimi, siano media preesi-

   7
     G. Celata, Op. Cit., pp. 13-14.
   8
     Cfr. D. Hillis, The Bandwidth Bomb, “Harvard Business Review”,
Settembre/Ottobre, 2000, pp. 179-180.
                                   - 11 -
stenti che sono diventati digitali, attraverso una trasforma-
zione dei loro linguaggi, delle loro forme espressive. Il ri-
sultato di queste innovazioni avrebbe provocato notevoli
cambiamenti all’interno della società, nell’accesso
all’informazione e in particolar modo – su cui il nostro inte-
resse è maggiore – nella pubblicità.9 L’autore prosegue af-
fermando che prima dell’invenzione della radio e della tele-
visione, i media erano prodotti materiali, fabbricati in serie
e trasportati nei luoghi in cui il consumatore poteva acqui-
starli e fruirne. Venuta meno questa condizione di “materia-
lità”, un insieme di contenuti potevano essere ricevuti diret-
tamente nelle case dei consumatori, attraverso la modalità
di trasmissione broadcast. E’ stata questa la forza dei media
elettronici del Novecento: la capacità di entrare in ogni ca-
sa.
    Il ruolo centrale dei mass-media, sarebbe poi stato messo
in discussione dalla rivoluzione digitale di cui abbiamo par-
lato nelle pagine precedenti. L’alleanza tra il computer, fi-
glio della rivoluzione e le telecomunicazioni, quella che è
stata definita “convergenza”, ha permesso la rapidissima
crescita della rete Internet. A questo proposito, ci fu chi nel
1970, come Alan Stone, parlava di “nozze celesti” tra com-
puter e le telecomunicazioni10.
    Menduni, conclude le sue considerazioni sul passaggio
dai media analogici a quelli digitali, sostenendo che:

      Con la digitalizzazione quindi non avviene la sostituzione dei
   «vecchi media» (…) con i «nuovi media» (…) quello che sta ac-




   9
       Cfr. E.Menduni, I media digitali. Tecnologie, linguaggi, usi socia-
li, Editori Laterza, Roma-Bari, 2007.
     10
        Cfr. A.Briggs, P.Burke, Op. Cit, p. 325.
                                   - 12 -
cadendo è una complessiva ricollocazione di tutto il sistema me-
   diale, con intrecci reciproci sempre più facili ed intensi(…).11

    Quello che afferma Menduni, riflette esattamente quanto
diceva Mcluhan: «Il contenuto di un medium è sempre un
altro medium»12, concetto che sarà il punto di partenza per
le considerazioni di altri studiosi come J.D. Bolter e R. Gru-
sin quando parlano di remediation, sostenendo che
all’interno dei media digitali siano ricompresi tutti gli altri
media13. È di questo parere anche Alberto Marinelli, infatti,
in un suo recente saggio, ha considerato il concetto di re-
mediation come caratteristica strutturale dei media digita-
li14.
    Infine, per concludere, gli intrecci reciproci e le forme di
“re-mediazione” di cui si è parlato, hanno prodotto nuovi
formati di diffusione come quelli che oggi conosciamo at-
traverso l’integrazione tra Internet e la televisione (IPTV) o
con la radio (web-radio), o nuovi formati pubblicitari, come
il frutto dell’integrazione tra televisione e affissione (es. Tv
out of home, il digital signage) o quella tra stampa e
internet/telefonia (es. Augmented reality, il bluetooh push).
    Ecco perché l’analisi che segue, guarderà ai nuovi media
e all’evoluzione di quelli tradizionali, in una prospettiva in-
tegrata sia dal punto di vista tecnologico che degli usi socia-
li degli stessi come mezzi pubblicitari.




   11
      E.Menduni, Op. Cit., p. 12.
   12
      M.Mcluhan, Op. Cit., p. 16.
   13
      Cfr. J.D. Bolter, R. Grusin, Remediation, Guerini e Associati, Mi-
lano, 2003.
   14
      A. Marinelli, Connessioni. Nuovi media, nuove relazioni sociali,
Guerini Associati, Milano, 2004, p. 117.
                                  - 13 -
Dai new media ai more media
    Abbiamo parlato fin ora della trasformazione che il digi-
tale ha permesso ai media tradizionali, dando ad essi nuove
opportunità per rimanere ugualmente sulla scena. Ciò che è
forse più interessante da osservare, riguarda il fatto che at-
traverso il digitale sono nate nuove categorie di prodotti
media, a cui la letteratura e il linguaggio comune hanno af-
fiancato suffissi per indicare ad indicarne il loro carattere
innovativo di essi. Infatti oggi si parla di new media, ma ciò
che è forse più innovativo sono le nuove opportunità di con-
sumo che essi offrono ai consumatori.
    Per comprendere meglio di che cosa intendiamo parlare,
proporremo una serie di considerazioni che Giandomenico
Celata, in un recente saggio, ha fornito riguardo
l’argomento.15
    La rivoluzione digitale ha reso possibile l’innovazione in
una innumerevole serie di prodotti media:
     • Dalla versione online dei giornali a stampa alle pub-
         blicazioni che nascono esclusivamente online;
     • Dalla versione digitale dei film o dei programmi te-
         levisivi che seguono il passaggio al digitale delle
         emittenti, ai prodotti realizzati per andare su Internet
         o sui devices mobili;
     • Dalla musica registrata e fruibile in digitale ai giochi
         elettronici e ai social network, fino ai grandi motori
         di ricerca.
    Celata, propone un’evoluzione del termine new media e
preferendo parlare di more media, facendo riferimento al
fatto che essi si affiancano e spesso sostituiscono, i media
tradizionali analogici. La particolarità dei more media è che

   15
        G. Celata, Op. Cit., pp.79-81, 93-94
                                    - 14 -
essi hanno una forte funzione socializzante. In alcuni casi si
è di fronte alla versione digitale di media analogici, in altri
invece ci si trova davanti a forme di informazione e di in-
trattenimento e, cosa più importante secondo Celata, di
fronte a piattaforme realizzative e distributive differenti che
provocano un cambiamento in tutto l’universo dei media,
toccando il lato delle imprese e quello dei consumatori. In
primo luogo, ciò contribuisce ad innescare un cambiamento
organizzativo all’interno delle imprese di comunicazione,
mentre in secondo luogo si è in presenza di diverse modalità
di consumo e di fruizione dei prodotti media.
    Sulla base di ciò, una volta mutato lo scenario mediale, il
consumatore di media si vede proposto un universo digitale
con queste caratteristiche:
         • Un’offerta mediale sempre più vasta e differen-
            ziata;
         • Un’opportunità maggiore di accesso ai contenuti
            media;
         • La possibilità di decidere sui luoghi e sui tempi
            di fruizione;
         • La possibilità di personalizzare il suo consumo
            mediale;
         • La possibilità di creare community attraverso il
            peer to peer e il social networking.
    Queste caratteristiche portano a nuove modalità di con-
sumo, in cui il consumatore è più attivo e partecipe e dove il
consumo si esprime attraverso un numero maggiore di piat-
taforme distributive. Ecco che il consumo diventa cross-
piattaforma, dando vita ad una nova tipologia di consuma-
tore, il media mesher, cioè un soggetto che tende a modifi-
care il proprio stile di consumo mediale sulla base dei nuovi
prodotti proposti dalle nuove piattaforme distributive. Il
media mesher suddivide il proprio tempo destinato alla frui-
                               - 15 -
zione mediale dando luogo a forme di fruizione impensabili
fino ad oggi, come ad esempio il simulcasting, la sovrappo-
sizione di consumi come l’ascoltare la radio o l’i-pod men-
tre si legge il giornale o mentre si naviga su internet.

Particolarità del consumo dei prodotti media
    Che tipo di prodotto è il “prodotto media”? Esso presenta
delle specificità che lo distinguono da tutte le altre tipolo-
gie. Innanzitutto, è un prodotto caratterizzato da un elevato
rischio, sia dal lato del consumatore sia da quello del pro-
duttore. Dal punto di vista del primo, i prodotti media rien-
trano nella categoria dei cosiddetti experience goods, ovve-
ro di quei beni il cui valore/utilità effettivo può essere valu-
tato solo dopo averli consumati: pensiamo all’acquisto di un
quotidiano, alla visione di un talk show, alla visione di un
film. Dal punto di vista del produttore, il rischio è legato al
fatto che tutti i costi sostenuti sono precedenti all’uscita sul
mercato: costi di produzione, di distribuzione e di marke-
ting. Questa prima caratteristica non è di marginale impor-
tanza, poiché essa si riflette inevitabilmente nell’ambito del-
la pubblicità. L’elevato rischio legato, da un lato al consu-
matore e dall’altro al produttore, condiziona le aspettative
di ricavo dalla vendita degli spazi pubblicitari legati a tale
prodotto. Sappiamo che il modello di business della tv
commerciale e in parte quello della carta stampata, è fonda-
to esclusivamente sui ricavi da pubblicità, il cui valore è de-
rivante dalla qualità dei palinsesti e dei contenuti editoriali
(prodotti media, appunto). Una serie televisiva di successo
sarà un prodotto media di successo e dunque rappresenterà
un rischio minore – in termini di soddisfazione – per i con-
sumatori e così, anche per i produttori per ciò che concerne
l’appetibilità dei loro prodotti per i potenziali inserzionisti
pubblicitari.
                              - 16 -
Una seconda caratteristica dei prodotti media è che essi
riguardano tre mercati differenti: quello dei consumatori,
quando essi non sono gratuiti e perciò il consumatore è co-
stretto ad un esborso monetario per la fruizione; quello della
pubblicità, dove spesso il modello di business delle imprese
media, come detto poc’anzi, è fondato quasi esclusivamente
sui ricavi pubblicitari, i quali vanno poi a coprire i costi so-
stenuti dagli editori per acquisire i diritti dei prodotti media;
infine quello dello Stato, dove esso, per la straordinaria im-
portanza che i media ricoprono nelle società moderne, svol-
ge un ruolo di regolatore: Si pensi alle concessioni per le
frequenze radiotelevisive o piuttosto alla regolamentazione
antitrust sulle posizioni dominanti e infine ai tetti di affol-
lamento per la raccolta pubblicitaria.
   La terza ed ultima caratteristica sostanziale, è che i me-
dia consumano tempo libero: oggi è in atto una vera e
propria guerra per aggiudicarsi il tempo libero dei consuma-
tori. Tralasciando le attività nelle quali è possibile fruire di
più mezzi contemporaneamente, il simulcasting di cui si è
parlato in precedenza, risulta oggettivamente possibile leg-
gere un giornale e allo stesso tempo navigare su internet o
andare al cinema. Inoltre, la minaccia arriva anche
dall’esterno, ovvero da tutte quelle attività legate al tempo
libero: shopping, teatro, attività sportiva. Tutto questo com-
porta, ovviamente, meno occasioni di essere esposti a mes-
saggi pubblicitari e dunque di conseguenza meno valore
percepito dagli inserzionisti pubblicitari. Più avanti, nel cor-
so del presente lavoro, vedremo come la tendenza attuale è
quella di raggiungere il consumatore anche nei momenti di
tempo libero in cui esso non è volutamente esposto a mes-
saggi pubblicitari; Parleremo di questo nell’analizzare il
tema della mobilità del consumatore, in particolare
dell’evoluzione della pubblicità esterna, la cosiddetta Ou-
                               - 17 -
tdoor 2.0 e dei nuovi circuiti pubblicitari legati ad essa (pa-
lestre, centri commerciali, aeroporti, ospedali, università,
etc) ed infine delle nuove forme legate al mobile.
    Prima di chiudere questo paragrafo dedicato alla natura
dei prodotti media, si vuole porre l’attenzione su
un’ulteriore caratteristica, facendo ancora una volta ricorso
al contributo di Celata16.
    I prodotti media sono dei beni relazionali, ovvero beni
che favoriscono il contatto tra le persone. Essi, sono delle
merci che contribuiscono a strutturare ed alimentare le rela-
zioni tra le persone: non c’è programma televisivo, talk
show, reality, articolo di giornale o videogioco che non sia
oggetto di discussione e confronto tra le persone nella fase
di pre-fruizione e poi di post-fruizione, mostrando appunto,
la straordinaria natura relazionale. Oggi, tutto questo vale
ancor di più se si pensa ai trend di crescita dei social media
(Facebook, My Space, Twitter, LinkedIn etc) dove la “rela-
zione” è l’ingrediente principale ed essenziale.

Media, prodotti media ed investimenti pubblici-
tari in un periodo di crisi
   L’attuale scenario internazionale, caratterizzato da una
crisi economica profonda su scala globale – le cui origini
vengono fatte risalire dalla crisi del sistema finanziario a-
mericano della fine estate del 2008 – mostra come i mercati
siano oggi interconnessi non solo in senso geografico, ma
anche dal punto di vista della loro natura. I cambiamenti
nell’economia influenzano il consumo, la produzione e la
vendita di beni e servizi da parte delle imprese di comuni-
cazione. Il mondo produttivo e finanziario globale, è entrato

   16
        G. Celata, Op. Cit., p. 65

                                     - 18 -
già da tempo in un ciclo economico negativo che ha causato
pesanti conseguenze in numerosi altri settori. Celata, affer-
ma che i media sono molto sensibili alle oscillazioni
dell’economia poiché la vendita di prodotti e servizi di co-
municazione è influenzata dalle condizioni economiche ge-
nerali e soprattutto perché – visti i modelli di business pre-
valenti delle imprese media – la vendita di spazi pubblicitari
risente anch’essa di tali cambiamenti economici17. Durante
le crisi economiche, si mette in moto un circolo vizioso che
vede i consumatori ridurre i propri consumi e rimandare gli
acquisti facendo sì che le aziende siano costrette a contrarre
la propria produzione e a tagliare i propri investimenti pub-
blicitari.
   Dunque, l’andamento degli investimenti pubblicitari ten-
de a seguire quello economico: in periodi di crescita eco-
nomica gli investimenti pubblicitari crescono in maniera ve-
loce rispetto all’economia in generale, mentre durante una
crisi economica, tali investimenti sono i primi a decrescere,
assumendo la caratteristica di termometro della crisi18. C’è
chi invece, ritiene che l’equazione “crisi economica = de-
cremento degli investimenti pubblicitari” non sia una legge
assoluta, poiché le imprese che detengono stabili brand, an-
che in periodi di crisi, sono comunque costrette a continuare
ad investire per mantenere la propria quota di mercato.
Quest’ultima considerazione sembra venir confutata da Ro-
bert Picard, economista americano, uno dei primi ad aver
sistematizzato l’analisi economica dell’industria dei media.
Infatti, Picard afferma che

       La vendita di spazi pubblicitari è fortemente influenzata dal
   ciclo economico e da altri fattori che interferiscono con le attivi-

   17
        G. Celata, Op. Cit., p. 133-134
   18
        G. Celata, Op. Cit., p. 251
                                     - 19 -
tà degli inserzionisti. I produttori e i rivenditori di automobili,
   auto di lusso ed accessori risentono molto delle flessioni negati-
   ve dell’economia, poiché in quelle fasi i consumatori tendono a
   ridurre l’acquisto di questi beni. Queste aziende reagiscono ridu-
   cendo il loro budget per la pubblicità e acquistano meno spazi su
   riviste, quotidiani, radio e televisione. Inoltre, la pubblicità delle
   agenzie immobiliari, dei tour operator e gli annunci di lavoro si
   riducono drasticamente19.

   Picard, prosegue la sua analisi sul rapporto ciclo econo-
mico/pubblicità, sostenendo che quando il PIL (Prodotto In-
terno Lordo) decresce fino ad assumere valori negativi,
l’andamento della curva delle spese pubblicitarie subisce
un’impennata negativa. Dunque, la variazione di
quest’ultime diventa massima quando si verifica una conte-
nuta riduzione del PIL, mentre tende a diminuire in misura
minore man mano che il PIL decresce. Sul medesimo argo-
mento Celata ritiene che, un valido indicatore dell’intensità
della pubblicità – in un determinato paese – sia proprio il
rapporto percentuale degli investimenti pubblicitari sul Pro-
dotto Interno Lordo, ovvero quanta parte della ricchezza
prodotta in una nazione viene spesa in pubblicità20.
   Sappiamo, infine, che tale riduzione degli investimenti
riguarda non tutti i media e non tutte le tipologie di investi-
tori. Nello scenario italiano del 2009, infatti, di fronte al
grosso decremento dei media tradizionali, c’è stata
l’eccezione di Internet che ha avuto un balzo significativo
in avanti (+5%) e poi delle tv satellitari e delle cards
(+1%)21. Nel complesso, la ragione per cui la riduzione
maggiore ha riguardato la carta stampata e l’outdoor piutto-

   19
      R. Picard (ed. it. a cura di G. Celata), Economia e Finanza dei
media, Guerini Studio, Milano, 2005 (2002), p. 106.
   20
      G. Celata, Op. Cit., p. 252.
   21
      Dati Nielsen Media Research 2010.
                                    - 20 -
sto che la televisione è spiegato dal fatto che la natura dei
maggiori inserzionisti italiani, grandi imprese con target
molto ampi, spinge loro a non ridurre la spesa per la televi-
sione, da sempre considerato medium indispensabile per
l’awareness e dunque must buy nelle pianificazioni.

L’attuale scenario economico dei media: una vi-
sione generale dei trend chiave del mercato
    A seguire si proporranno una serie di considerazioni ri-
guardo lo scenario media internazionale, i trend dei media
in Italia in termini di indicatori economici, investimenti e
penetrazione dei media. Si proseguirà con l’evoluzione del-
la Tv, lo sviluppo di Internet, l’evoluzione della Radio in
termini di ascolti e piattaforme; La Stampa cartacea, i free
press e l’online; Infine si affronteranno gli sviluppi del Ci-
nema e dell’Out of Home. Su quest’ultimo verrà fatto un in-
teressante focus nei prossimi capitoli.
    Il mercato pubblicitario internazionale, risente pesante-
mente della forte crisi economica iniziata nel corso del 2008
a livello mondiale. Il 2009 si è chiuso con il bilancio peg-
giore e una possibile ripresa è prevista solo dal 2010. Nel
caso specifico dell’Europa, da un confronto tra i Top 5,
Francia e Spagna risultano insieme all’Italia i paesi più in
difficoltà per quanto riguarda il mercato pubblicitario. In I-
talia, il mercato si trova a fare i conti con la peggiore delle
crisi economiche senza avere ancora raggiunto la maturità
dei principali mercati europei e come in passato, nei mo-
menti di crisi la Tv si riconferma il mezzo dominante, ri-
conquistando punti di share nel media mix. Il suo ruolo è al
centro di un cambiamento storico: dal duopolio classico tra
Rai e Mediaset, si aprono nuovi scenari molto interessanti:
ovvero il passaggio dal segnale analogico a quello digitale
che si compirà entro i prossimi 3 anni, durante il quale si ri-
                               - 21 -
disegneranno gli equilibri tra gli attuali players e nuovi edi-
tori che potranno entrare nel mercato grazie alla digitalizza-
zione: con il DTT22 continuerà la frammentazione iniziata
anni fa con il Satellitare. Come affermato in conclusione del
precedente paragrafo, Internet è l’unico mezzo in contro-
tendenza: pur se con una crescita ridimensionata rispetto al
recente passato e alle attese, riesce a mantenere il segno po-
sitivo avviandosi a diventare il terzo mezzo per raccolta
pubblicitaria dopo televisione e stampa.
    La Radio, grazie all’evoluzione degli ultimi anni e alle
caratteristiche strutturali di mezzo tattico (vedi per esempio
le fasce di drive time), recupera già ai primi segnali di mi-
glioramento di fine anno con una contrazione inferiore alla
media del mercato. La Stampa, di contro, mostra un futuro
molto incerto: affronta la crisi congiunturale nel bel mezzo
di una pesante crisi strutturale - in atto già da tempo e in tut-
to il mondo - che peggiora molto la situazione, con previ-
sioni di cali molto superiori alla media mercato. Per ciò che
riguarda l’Out Of Home, si verifica che le affissioni più
classiche subiranno maggiormente i tagli degli investitori,
mentre le previsioni mostrano un trend più positivo per i
formati digitali e innovativi, per esempio per i circuiti del
Transit23. Infine per il Cinema, ad una buona presenza nelle
sale registrata negli ultimi anni, non corrisponde una ripresa
della raccolta negli investimenti pubblicitari.




   22
       Digital Terrestrian Television
   23
        Rilevato da Nielsen Media Research a partire dal 2009
sull’affissione dinamica di IGPDecaux: bus, metro, aeroporti, stazioni.
Per il 2009 il valore è stato pari a circa 99 mln di €. Dati Nielsen Media
Research 2010.
                                   - 22 -
Le previsioni per l’economia internazionale e quella ita-
liana24
    L’economia internazionale sta gradualmente uscendo
dalla recessione, grazie al sostegno delle azioni di stimolo
fiscale e monetario adottate in tutte le regioni del mondo,
anche se oggi, con la crisi della Grecia e la messa in discus-
sione dell’Euro, ogni segnale di ripresa sembra essere ri-
mandato. Dunque, la ripresa si preannuncia lenta e debole e
non ancora in grado di riportare l’economia sui livelli pre-
cedenti alla crisi: il ritorno alla piena funzionalità dei mer-
cati finanziari e creditizi avviene lentamente, condizionando
la ripresa della produzione. Sul mercato del lavoro gravano
gli effetti ritardati della crisi e di conseguenza la situazione
si riflette sulle famiglie, ponendo un freno ai consumi: in
America, il rientro degli eccessi di credito alle famiglie fa
venire meno il motore stesso dell’economia con cui si ali-
mentava l’intero sistema, mantenendo alta e costante la do-
manda. Pertanto, le politiche di emergenza continueranno
ad essere adottate fino a che non si sarà raggiunta una fase
di maggiore solidità ciclica. Nello scenario 2010, infatti, la
ripresa della crescita dell’economia internazionale sarà im-
putabile alla regione asiatica. I ritmi di ripresa saranno co-
munque più lenti rispetto ai livelli precedenti. Il Pil ameri-
cano, in contrazione del 2,6% nel 2009, aumenterà secondo
le previsioni Isae dell’1,8% nel 2010, mentre per quanto ri-
guarda l’area euro, alla flessione del 3,9% nel 2009 farà se-
guito un recupero contenuto nel 2010 (+0,7%). In sintonia
con le dinamiche dell’economia mondiale, anche in Italia si
concretizza la lenta uscita dalla recessione. L’andamento

   24
      Highlights dall’Introduzione al Rapporto ISAE (Istituto di Studi e
Analisi Economica) “Le previsioni per l’economia italiana”, 23 luglio
2009.
                                  - 23 -
positivo della produzione industriale, avvenuto durante
l’estate del 2009, preannuncia un recupero dell’economia a
livello generale. La ripresa viene trainata dalla domanda e-
stera e dal lento recupero di quella interna. Quest’ultima,
però, è frenata a causa della contrazione del mercato del la-
voro e dalle maggiori difficoltà di accesso al credito.




                             - 24 -
Il trend attuale degli investimenti pubblicitari nel mondo
         Grafico 1 – Gli investimenti pubblicitari del 2009 nel mondo




   Grafico 2 – Le stime degli investimenti pubblicitari del 2010 nel mondo




                                    - 25 -
Attraverso il grafico 1 e 2, possiamo vedere come lo
scenario internazionale degli investimenti pubblicitari, di-
mostri di essere particolarmente in crisi: il 2009 mostra dei
valori negativi in quasi tutti i continenti industrializzati, ad
eccezione di quelli dei paesi emergenti come l’America La-
tina (+7%) e il Medio Oriente e Africa (+0,2%). Le stime
del 2010, mostrano una timida crescita (+0,8%) a livello
globale, dove i paesi emergenti guidano la ripresa interna-
zionale (America Latina, Paesi emergenti europei e Sud-Est
Asiatico), mentre Nord America ed Europa occidentale ri-
sentono ancora delle influenze negative del 2009.
    Una particolarità interessante del contesto internazionale
è mostrata dall’andamento di Internet. Nel 2004 le potenzia-
lità attuali di Internet erano già conosciute: Chris Anderson,
direttore di Wired, importante rivista tecnologica americana
e ormai diffusa in tutto il mondo (dal 2009 anche in Italia),
scrive un articolo dal titolo “The long tail”, “la Coda Lun-
ga”.25 In questo articolo Anderson, servendosi del concetto
di “Coda Lunga”, una distribuzione di tipo paretiano, ovve-
ro caratterizzata da una piccola zona “ad alta densità” e da
una zona più ampia sempre più piatta “a bassa densità”,
spiegava l’avanzata e le potenzialità di Internet. La zona “ad
alta densità” è quella popolata da prodotti media caratteriz-
zati da un'alta domanda di mercato (i big del mercato), men-
tre quella “a bassa densità” è quella popolata da prodotti
media con minori volumi di vendita. Insomma, quello che
sostiene Anderson è che grazie ad Internet, l’insieme dei
prodotti media che popolano la zona a bassa densità, sono
in grado formare – cumulativamente – una quota di mercato
tale da superare la zona ad alta densità.

   25
        C. Anderson, The Long Tail, Wired, 12-10, October 2004.
                                   - 26 -
L’ultilizzo di Internet è in crescita e soprattutto
nell’ambito degli investimenti pubblicitari; è sempre più
pianificata dagli inserzionisti, superando in alcuni contesti –
come quello inglese – anche il medium sovrano, la telev televi-
sione.
  Grafico 3 – Gli investimenti pubblicitari di Internet nel mondo per 2009
  e le stime per il 2010.




   Come vediamo dal grafico 3, gli investimenti pubblicit
                                                  pubblicita-
ri sul mezzo Internet sono cresciuti ovunque durante il
2009, mentre per il 2010 la crescita prevista è a livello g
                                                          ge-
nerale di un +10%, con i risultati più significativi
nell’Europa emergente e negli USA. Questo andamento
sorprendente di Internet, è strettamente collegato alla se
                                                        sem-
pre maggiore penetrazione del medium nella popolazione.
Ad oggi, secondo le stime dell’ Internet World Stats del
mese di Settembre 2009, ci si avvia verso i due miliardi di
                         ,
utenti presenti sul web, fortemente concentrati in Asia (738
mln), in Europa (418 mln) e nel Nord America (253 mln).
La scarsa presenza da parte di paesi come l’Africa e il MMe-
                                    - 27 -
dio Oriente, mostrano come il problema del digital divide
sia ancora molto rilevante. Manuel Castells, infatti, afferma
che “la centralità di Internet in numerose aree dell’attività
sociale, economica e politica è equivalente alla marginalità
per coloro che non hanno accesso ad Internet. (…)”26. Que-
                                       ternet.
sto è proprio il problema di molti paesi in via di sviluppo,
carenti sotto il profilo delle infrastrutture delle telec
                                                       teleco-
municazioni.
             Grafico 4 – La popolazione mondiale del web nel 2009.




    Per ritornare alle dimensione degli investimenti pubblic
                                                     pubblici-
tari nel 2009, possiamo evidenziare che le perdite più sign
                                        he              signi-
ficative rispetto all’anno precedente sono avvenute negli
USA (-12,6 mld dollari), in Giappone (-2,82 mld dollari) e
                                           2,82
in Italia (-2,48 mld). Gli unici paesi che hanno increment
            2,48                                 incrementato
il mercato sono stati la Cina (+2,96 mld dollari) e il Brasile
(+1,28 mld dollari)27. Per quanto riguarda i vari mezzi, la
   26
        M. Castells, Galassia Internet, Feltrinelli, Milano, 2006 (2001), p.
                                           trinelli,
231.
   27
        Dati GroupM 2009 su un totale di mercato di 445 mld dollari.
                                      - 28 -
riduzione più significativa è avvenuta ai quotidiani (  (-11,3
mld dollari), la Televisione (-10,1 mld dollari), per arrivare
                                10,1
al dato positivo di Internet (+3,7 mld dollari).

Il trend attuale degli investimenti pubblicitari in Italia
    Per quanto riguarda la situazione specifica dello scenario
italiano, in sintonia con le dinamiche dell’economia mo
           n                                              mon-
diale, si concretizza la lenta uscita dalla recessione.
L’andamento positivo della produzione industriale durante
l’estate 2009 ha preannunciato un recupero dell’economia
nella seconda parte dell’anno. La ripresa viene trainata dalla
domanda estera e dal lento recupero di quella interna.
Quest’ultima, però, è frenata a causa della contrazione del
mercato del lavoro (ad Aprile 2010, la disoccupazione è a
                                                   zione ar-
rivata all’ 8,8%) e dalle maggiori difficoltà di accesso al
credito. Il trend dei consumi dopo aver segnato il punto più
basso nel 2009, ha visto una certa ripresa nel 2010 pur maman-
tenendo dei valori negativi. Per i due anni successivi si pr
                                                           pre-
vedono dei segni positivi, in particolar modo dal 2012 (G
       o                                                 (Gra-
fico 5).
     Grafico 5 – Il trend dei consumi % anno su % anno (2000-2012)
                                                             2012)




      Fonte: NBI - Nielsen Business Indicators su base Istat/Prometeia agg. Luglio 2009

                                            - 29 -
Dal punto di vista della spesa pubblicitaria, vediamo la
Televisione che recupera qualche punto, consolidando il
ruolo primario nel media mix pubblicitario come già in pa pas-
sato è accaduto durante i periodi di crisi del mercato, questa
volta però dovendo fare i conti con Internet in costante cr
                 do                                       cre-
scita.
           Grafico 6 – La torta degli investimenti pubblicitari italiani
           nel primo semestre del 2010




     Fonte: Nielsen Media. Commerciale Nazionale, 2010,without Tv Sat, Out of home Tv ,
     Transit and Cards


   Inoltre il sistema televisivo è attualmente al centro di un
cambiamento epocale, che arriva dopo più di vent’anni di
duopolio del sistema, con il passaggio dal segnale analogico
al digitale entro il 2012. I mezzi digitali, in controtendenza,
crescono: oltre a Internet, alle nuove piattaforme televisive
                       rnet,
e alle forme innovative di OOH, nei prossimi anni è atteso
anche lo sviluppo del mobile.
   Se confrontiamo i dati con l’anno precedente – che ha
segnato un -12,1% sul 2008 – possiamo vedere che il primo
quarto del 2010 segna un positivo +4% rispetto allo stesso
periodo del 2009. Ciò è certamente un dato significativo che
                                           - 30 -
contribuisce a far crescere il clima di fiducia delle aziende,
tuttavia – come avremo modo di apprendere dall’intervista a
Paolo Duranti, a conclusione di questo capitolo – esso non
deve trarre in inganno e far credere che i ritmi di recupero
dalla crisi viaggino su queste cifre. Il 2009 ha avuto un ppe-
sante calo nel primo quarto dell’anno, ma ha manifestato
segni importanti di recupero nella seconda metà dell’anno;
ciò significa che il +4% registrato nei primi mesi del 2010
verrà senz’altro ridimensionato a circa un +2,5% (Nielsen,
2010), in forza proprio del recupero che il 2009 aveva avuto
in quei mesi.
   Grafico 7 – L’andamento degli investimenti pubblicitari 1990 2009
                                                           1990-




                  Fonte: Nielsen Media. Commerciale Nazionale:.without Direct Mail



    Per quanto riguarda la struttura del mercato pubblicitario
italiano, possiamo sostenere che si caratterizza per essere
fortemente concentrato e può essere rappresentato grafic
                                                 tato grafica-
mente attraverso una distribuzione paretiana: circa 250 i im-
prese detengono una share of market del 66%; circa 1000
imprese detengono il 22%; le restanti – circa 19000 e che
costituiscono la maggioranza – hanno una quota del 13%13%.

                                      - 31 -
Grafico 8 – La concentrazione del mercato pubblicitario italiano
     per investimenti delle aziende




                                                             Fonte: Nielsen Media., 2010
                                                                         en



   Le categorie merceologiche a cui appartengono le azie
                                                      azien-
de che stanno investendo maggiormente sono quelle legate
al Person care, Automotive, Institutions, Enterteinment
                                          Enterteinment.

  Grafico 9 – Numero delle imprese investitrici in pubblicità 1990 2009
                                                              1990-




   Fonte: Nielsen Media+FCP , Universe: Number of enterprises, total market -without Dm
                                                                             without



                                           - 32 -
Le quote maggiori di investimento vengono destinate da
                                                 destinate,
un numero piuttosto ristretto di imprese, in modo prefere
                                                     preferen-
ziale sulla televisione, dove ciò è dovuto alle forti barriere
all’entrata che il medium pone ai piccoli investitori, a causa
degli elevati costi degli spazi e delle quote di affollamento
spesso sature.
      Grafico 10 – Spesa media di investimenti e numero di aziende
      per singolo mezzo nel 2009




     Fonte: Nielsen Media, Commerciale Nazionale, 2010, senza Tv Sat, Out of home Tv ,
     Transit e Cards


    In estrema sintesi, questa è la situazione italiana dei
principali mezzi:
Televisione: I mesi del 2009 hanno sempre segnalato un
segno positivo del totale ascolto tv rispetto all’omologo p pe-
riodo 2008, mentre calano le quote di ascolto delle sette e-
                        alano
mittenti generaliste a favore di satellitari e delle reti terr
                                                          terre-
stri. Tra le reti del comparto terrestre, rientrano quelle dig
                                                           digi-
tali terrestri che possono contare su un aumento mensile di

                                           - 33 -
telespettatori grazie all’incremento dell’universo possessori
decoder digitale terrestre. Nel 2009 molte regioni hanno i-
niziato lo switch over e il successivo switch off per
l’abbandono della tecnologia analogica e fa sì che questo
procedimento           stia      influenzando         l’ascolto
    28
vo. L’offerta DTT si sta arricchendo grazie alla nascita di
nuovi canali (Premium Cinema, Premium Extra 1 e 2, Rai
Storia, Sky Cielo, etc), mentre i livelli di penetrazione della
IPTV sono invece ancora contenuti (rispetto ad altre espe-
rienze europee). L’intervallo Gennaio-Marzo 2010 sullo
stesso periodo del 2009, segna un +6%.
Stampa: È il mezzo che soffre maggiormente la crisi. Dal
21 settembre 2009 è ripartita Audipress (l’indagine era stata
sospesa all’edizione 2008.1) e da maggio 2010 sarà dispo-
nibile con una nuova modalità di rilevazione: incremento
del campione, 3 cicli all’anno e lettura online. I dati di dif-
fusione, unico indicatore di andamento delle testate, resti-
tuiscono una realtà molto critica. Quotidiani, settimanali e
mensili registrano cali di vendite con pochissime eccezioni.
Questa crisi strutturale della carta stampata, sommata alla
congiuntura negativa degli ultimi 2 anni, sta penalizzando il
mezzo in modo molto più grave rispetto agli altri mezzi. La
situazione dei quotidiani si avvantaggia di un sistema mul-
tipiattaforma sempre più consolidato e riconosciuto dagli
investitori e si trasforma in on line news(paper) e free (pa-
per). Infatti se è vero che calano le vendite dei quotidiani
cartacei, è anche vero che continua a crescere la lettura delle
notizie attraverso i siti degli stessi quotidiani: un caso di
grande successo è senz’altro “Repubblica.it” che, seppur
prevede una sezione a pagamento, offre la maggior parte
   28
       Dal mese di maggio 2010 la Lombardia, la più popolosa regione
italiana, inizia il suo processo di passaggio al DTT attraverso lo switch
off di Rete4 e Rai2 sull’analogico e il conseguente passaggio al dtt.
                                   - 34 -
delle notizie in maniera free. Di contro, per quanto riguarda
i periodici, risultano ancora poco diffuse le versioni
web/digital, la cui lentezza è forse dovuta alla natura pro-
pria di tale mezzo, destinato ad una fruizione in situazioni
di maggior relax e nel tempo libero.
    Nonostante la crisi del mezzo, si può tuttavia evidenziare
come in realtà la gente continua ad aver fame
d’informazione confezionata professionalmente e il pubbli-
co consuma notizie in modi nuovi, soprattutto online. Que-
sto pone non pochi problemi per gli editori che, guidati da
Rupert Murdock a livello internazionale, si stanno battendo
per rendere a pagamento le notizie online, sostenendo che il
modello di business basato solo sulle entrate pubblicitarie
non sia più sostenibile. Dopo il New York Times e il Wa-
shington Post, che hanno da tempo reso a pagamento
l’accesso alle proprie notizie online, anche l’editoria giorna-
listica inglese sembra intenzionata a limitare la gratuita dif-
fusione delle notizie. Nello scenario italiano non sembra si
arriverà a breve a percorrere questa direzione, ma si sottoli-
nea come l’interesse degli editori italiani verso il mondo
delle news online sia molto forte: ne è dimostrazione la ver-
sione ad hoc de “La Repubblica” per il lancio dell’IPad di
Apple, previsto per la fine di maggio 2010. L’intervallo
Gennaio-Marzo 2010 sullo stesso periodo del 2009, segna
un +11,3% per i Quotidiani, mentre un -10,3% per i Perio-
dici.
Internet: Dal punto di vista degli investimenti, Internet è
uno dei pochi mezzi che in periodo di recessione mantiene
un segno positivo; la sua crescita è ridimensionata rispetto
alla previsioni passate, ma continua ad essere positiva anche
per il 2009. La tipologia del keyword advertising, che è en-
trata a far parte della rilevazione di Nielsen, sostiene la cre-
scita degli investimenti sul mezzo, a discapito del display
                              - 35 -
advertising che invece risulta essere in flessione. Per quanto
riguarda gli utenti, il trend si conferma in crescita, sia per
numero di utenti sia per tempo dedicato al mezzo, anche se
la presenza nelle famiglie italiane della connessione in ban-
da larga è ancora inferiore alla media UE. Di particolare in-
teresse risulta essere la crescita dell’utilizzo di tutti i siti so-
cial, dove Facebook emerge come un vero fenomeno di
massa mostrando come le attività social non siano solo pe-
culiari dei target più giovani ma piuttosto stiano “conta-
giando” anche i meno giovani.
    Se consideriamo i luoghi di connessione, casa e lavoro
risultano essere i due luoghi di accesso privilegiati, infatti
sono entrambi in crescita e spesso sovrapposti: Un quarto
degli utenti accede con regolarità sia da casa sia dall’ufficio.
Gli altri luoghi di accesso sono stazionari, la scuola così
come i luoghi occasionali (luoghi pubblici, casa di amici,
etc), mentre cresce l’accesso in mobilità, soprattutto grazie
alla diffusione della chiavetta Usb e dei nuovi telefoni dota-
ti di tecnologia HSPDA29.




   29
      High Speed Downlink Packet Access, un protocollo introdotto
nello standard UMTS per migliorarne le prestazioni, aumentando la ca-
pacità delle reti, ed ampliando la larghezza di banda che, in download,
può raggiungere la velocità massima teorica di 14,4 Mb/s (da Wikipe-
dia).
                                  - 36 -
Grafico 11 – I luoghi di connessione di Internet in Italia.




            Grafico 12 – Modalità di connessione ad Internet




Infine, crescono gli utenti Internet ma soprattutto cresce il
tempo che ogni utente trascorre online: a DicemDicembre 2009
siamo a 46 ore e mezzo trascorse online in un mese suddi-
                                                  mese,
vise tra navigazione e utilizzo di applicazioni (oltre 1 ora e
30 minuti al giorno, tutti i giorni), questo dovuto soprattutto
                                    ,
alla fruizione di video online e la diffusione delle modalità
social che stanno alimentando la crescita del consumo di
internet, tanto che su Facebook gli utenti trascorrono il 41%


                                    - 37 -
del tempo dedicato a Internet30. Risulta chiaro, dunque, che
passare più tempo online si traduce in meno tempo per le
altre attività, minore esposizione ai mezzi classici in parti-
colare, ma anche banalmente per altre attività, anche fisio-
logiche, come il dormire. L’intervallo Gennaio-Marzo 2010
sullo stesso periodo del 2009, segna un +3%.
Radio: Cresce l’ascolto della radio e si distribuisce su piat-
taforme diverse, infatti oltre la radio nell’accezione più
classica, troviamo la radio online, la radio mobile e la radio
in TV. Per quanto riguarda il target di riferimento, esso è
sempre concentrato sui 25-44 anni, ma anche gli under 25
anni mostrano interesse privilegiando l’ascolto sulle fonti
alternative che rappresentano il futuro: web, tv, telefono e
mp3. Dal punto di vista della fruizione, cresce l’ascolto fuo-
ri casa grazie alla portabilità dei nuovi devices come il fe-
nomeno Ipod e risulta sempre più forte il fenomeno del po-
dcasting che, insieme ad altre possibilità di personalizza-
zione dell’offerta, va incontro alla richiesta di maggior
segmentazione . Una particolarità di questo mezzo è che
non finisce di stupire la forza dei brand delle emittenti, così
forti che possono essere esportati con successo su altre piat-
taforme, persino in televisione (ad esempio RTL 102.5 o
Deejay TV lanciata nel mese di novembre 2009).
    Un’ altra caratteristica molto interessante che gioca a fa-
vore della radio è la sua complementarità con la televisione,
infatti, la curva d’ascolto della Radio ha un andamento
complementare a quello della televisione. I momenti di
peak time della Radio, risultano essere durante la mattina e
nel pomeriggio, in corrispondenza delle flessioni della tele-
visione. Nella mattina la radio mantiene il suo ruolo di prin-


   30
        Dati GroupM 2010 su base Nielsen Online, 2009.
                                  - 38 -
cipale riferimento per l’informazione, mostrando una pene-
                                        ,
trazione superiore alla quella della televisione.

                      Grafico 13 – La curva d’ascolto della radio e della televisione

  30000

                                              Radio
  25000
                                              Televisione

  20000



  15000



  10000



   5000



     0
          H06 00-14

                      H06 45-59

                                  H07 30-44

                                               H08 15-29

                                                           H09 00-14

                                                                       H09 45-59

                                                                                   H10 30-44

                                                                                               H11 15-29

                                                                                                           H12 00-14

                                                                                                                       H12 45-59

                                                                                                                                   H13 30-44

                                                                                                                                                H14 15-29

                                                                                                                                                            H15 00-14

                                                                                                                                                                        H15 45-59

                                                                                                                                                                                    H16 30-44

                                                                                                                                                                                                H17 15-29

                                                                                                                                                                                                            H18 00-14

                                                                                                                                                                                                                        H18 45-59

                                                                                                                                                                                                                                    H19 30-44

                                                                                                                                                                                                                                                H20 15-29

                                                                                                                                                                                                                                                            H21 00-14

                                                                                                                                                                                                                                                                        H21 45-59

                                                                                                                                                                                                                                                                                    H22 30-44

                                                                                                                                                                                                                                                                                                H23 15-29
   L’intervallo Gennaio-Marzo 2010 sullo stesso periodo
                           Marzo
del 2009, segna un +12,6%.
Cinema: La congiuntura economica negativa non agevola
la crescita delle presenze nelle sale che già subiscono la
                      senze
concorrenza della visione casalinga dei film (tv satellitare
                                                  tv satellitare,
home video, iptv e internet). Di conseguenza, il calo di pr
                                                  l          pre-
senze nelle sale va di pari passo con i riscontri neg
                                                  negativi sulla
raccolta pubblicitaria. Tuttavia, il cinema sembra mostrare
dei timidi segnali di ripresa, questo grazie al panorama delle
sale cinematografiche che si è ormai rinnovato completcompleta-
mente quasi su tutto il territorio: le monosale sono quasi
scomparse e riconvertite in impianti multiplex, cityplex e
                                                    ,
multisale. Sono sempre più numerosi anche i circuiti di
                   empre
schermi digitali che offrono maggior flessibilità di pianif
                                                        pianifi-
cazione, dove il mezzo continua a puntare all’offerta di op
                l                                           ope-

                                                                                                                                               - 39 -
razioni innovative (il cosiddetto below the screen) da af-
fiancare alla comunicazione tradizionale.
Infine è sempre più utilizzato il product placement, ovvero
l’inserimento negli audiovisivi di forme pubblicitarie
all’interno della diegesi, fenomeno facilitato dalla sua rego-
lamentazione avvenuta nel 2004 attraverso il decreto Urbani
(Legge n° 235, 06 ottobre 2004). L’intervallo Gennaio-
Marzo 2010 sullo stesso periodo del 2009, segna un
+32,4%.
Out of Home: Pur essendo tra i mezzi più penalizzati dalla
riduzione degli investimenti, l’OOH resta comunque un
mezzo in continua evoluzione, tra i più capaci di innovarsi.
È importante il contributo generato principalmente da tutte
quelle forme non convenzionali che Nielsen, ancora oggi,
non rileva: eventi, guerrilla marketing, ambient advertising,
etc. Un punto a favore viene giocato dal know how che la
consolidata presenza dei tre maggiori operatori internazio-
nali (JCDecaux, CBS Outdoor e Clear Channel) mette in
campo e che può favorire e consolidare lo sviluppo qualita-
tivo e quantitativo dei prossimi anni. Il vero punto di forza
di questo mezzo e che promette importanti sorprese per il
futuro, è la crescente mobilità delle persone, infatti, tutti i
giorni il 64% della popolazione31 utilizza del tempo fuori
casa per effettuare viaggi e spostamenti a piedi, in auto o
con i mezzi, per raggiungere il posto di lavoro/scuola, ne-
gozi, supermercati, casa di amici e altri motivi. A questo sin
aggiunge anche il fatto che l’attenzione alla pubblicità è
diminuita per tutti i mezzi negli ultimi due anni, ad eccezio-
ne dell’OOH che ha guadagnato quasi due punti percentuali
ed è secondo solo alla televisione. Tra i veicoli dell’OOH
sono infatti i poster e le postcard quelli con le più alte pe-

   31
        Dati GroupM su rielaborazione EMM 4W Ottobre 2009.
                                 - 40 -
netrazioni. Inoltre emerge che l’attenzione all’arredo urbano
                                ’attenzione
e ai mezzi pubblici è molto più elevata nei grandi centri
       ezzi
(sopra i 100.000 abitanti).
     Tabella 1 – L’attenzione alla pubblicità per tipologia di mezzo.




    Insomma, l’OOH è un mezzo dalle potenzialità molto e-
levate, forse ancora da scoprire ma soprattutto da sperimen-
tare in concreto. Nei prossimi capitoli del presente lavoro, si
entrerà maggiormente nel mondo dell’Out of Home erede
                                         Out     Home,
della lunga e antica tradizione della pubblicità ester
                                                  esterna, sot-
tolineandone proprio l’importanza nello scenario attuale di
                   rio
ipermobilità del consumatore postmoderno. L’intervallo
Gennaio-Marzo 2010 sullo stesso periodo del 2009, segna
          Marzo
un +20,7% relativo all’affissione classica.

                                    - 41 -
Grafico 14 – L’andamento dei vari mezzi Gennaio/Marzo 2010 vs
    stesso periodo 2009




     Fonte: Nielsen Media, Commerciale Nazionale, 2010, senza Tv Sat, Out of home Tv ,
     Transit e Cards



INTERVISTA a Paolo Duranti, Managing Director Nielsen
Media Research Southern Europe & South Africa
    Concludiamo questo primo capitolo con un’intervista ad
un professionista a capo della sede italiana di uno degli ist
                                                            isti-
tuti di ricerca più importanti al mondo. I dati raccolti dura
                                                         duran-
te l’intervista, offrono una chiara ed interessante sintesi de
                                                            del-
lo stato di salute del mercato pubblicitario italiano ed inte
                                  ubblicitario            inter-
nazionale,       corredati    da    diverse     considerazioni
sull’evoluzione dei media.
    Paolo Duranti, entra in Nielsen nel 1984 nel reparto
                       ntra
Client Service per poi passare a GFK Italia nel 1993 per una
breve esperienza. Successivamente, inizia le operazioni di
                                          izia
IHA Italia in qualità di Vice Direttore Generale . Ritorna in

                                          - 42 -
Nielsen nella divisione Media Research dal 2000 come Ma-
naging Director assumendo anche l’incarico di Responsabi-
le Southern Europe e South Africa32.

   1. Dott. Duranti, è appena trascorso il primo semestre
del 2010. Come si sta comportando il mercato interna-
zionale degli investimenti pubblicitari? Alla luce del bo-
om economico dei nuovi paesi emergenti - pensiamo al
c.d. BRIC (Brazil, Russia, India, China) - gli equilibri ri-
mangono gli stessi, oppure la torta mondiale degli inve-
stimenti si ridistribuisce?

    Negli ultimi anni abbiamo potuto osservare come l'an-
damento della spesa in pubblicità tenda a riflettere, seppur
con alcune differenze, l'andamento dell'economia di un pae-
se. Tale andamento è inoltre in generale più amplificato:
ovvero in una economia in recessione gli investimenti in
comunicazione subiscono una forte contrazione, mentre in
una economia in ripresa spesso gli investimenti crescono in
modo particolarmente vivace.
    Questo probabilmente riflette maggiormente il clima di
fiducia delle imprese piuttosto che i loro fatturati.
Come nell'economia l'asse si sta rapidamente spostando
verso est, altrettanto avviene negli investimenti in comuni-
cazione: la crescita media globale del 4% è infatti la combi-
nazione di andamenti piatti o ancora in lieve contrazione in
US e in Europa con crescite vicine al 10% nei paesi delle
economie emergenti e galoppanti.
    In ogni caso l'indicazione positiva è che seppur con fati-
ca anche i paesi segnati dalla profonda crisi del 2009 stanno
rialzando la testa e riprendono coraggiosamente ad investire

   32
        Estratto da http://it.nielsen.com/company/PaoloDuranti.shtml
                                    - 43 -
in un contesto in cui ancora la ripresa non è a tutti gli effetti
consolidata.

   2. Soffermandoci sul contesto italiano, dati alla mano
sul primo semestre dell'anno, quali sono le prospettive
per i restanti mesi? Il presidente di UPA, Lorenzo Sassoli
De Bianchi, ha parlato del 2009 come anno zero della
pubblicità... condivide questa affermazione? Si vede un
po' di luce al di fuori del tunnel della crisi?

    Ci sono due elementi di cui dobbiamo tenere conto nel
formulare una previsione per il 2010: il contesto economico
e il relativo andamento dei settori della nostra economia da
un lato e un po’ di algebra dall'altro.
    Partendo da quest'ultima dobbiamo ricordare che l'annus
horribilis del 2009 già nell'autunno aveva dato alcuni se-
gnali di un netto rallentamento della flessione favorendo il
fatto che negli ultimi mesi del 2009 alcuni mezzi ( in parti-
colare TV e Radio) riuscissero ridurre notevolmente il loro
decremento: questo fa si che analizzando l'andamento del
2010 verso il 2009 abbiamo un primo semestre "favorito"
da un 2009 estremamente negativo e da qui i segnali positi-
vi di questa prima parte dell'anno.
    Il contrario avverrà nella seconda parte dell'anno in cui
dovremmo "fare i conti" con un andamento meno negativo
della fine 2009 e questo porterà necessariamente ad una ri-
duzione del tasso di crescita di circa il 4-5% misurato in
questo primo semestre.
    Venendo invece ai settori (i motori del mercato) dob-
biamo senz'altro segnalare una ripresa vivace e convinta di
tutto il mondo del Largo Consumo responsabile di quasi 1/3
dei totali investimenti, una tenuta dell'altrettanto importante
settore delle TLC e un netto recupero di alcuni settori parti-
                               - 44 -
colarmente depressi negli ultimi anni (Abbigliamento e Ar-
redamento in primis).
   Permane "l'incognita" dell'auto che, pur con l'andamento
delle vendite particolarmente negativo, non può esimersi dal
comunicare l'introduzione sul mercato di nuovi modelli.
In sintesi siamo senz'altro vicini alle previsioni comunicate
da UPA e le nostre stime parlano di una chiusura intorno al
2.5%.

   3. Parliamo di media mix: Alcuni sostengono che lo
scorso anno, nel mercato UK, il medium Internet abbia
detronizzato la TV, regina storica e indiscussa. Aldilà del-
la particolarità del contesto inglese - dove la penetrazio-
ne di Internet è al di sopra di altri paesi - ritiene che il
mezzo, nelle sue diverse forme di investimento (Display,
Search, Dem), rivoluzionerà le scelte future degli inser-
zionisti? Tutto ciò senza dimenticare il boom dei social
media.

    Lo scenario dei Media è davvero in grande fermento e
questo offre l'opportunità per chi investe di scegliere in un
bouquet estremamente più ricco di mezzi. Il grande tema è
quanto i mezzi più recenti (Internet e il mondo digitale in
genere) sottraggano risorse ai mezzi classici o piuttosto si
aggiungano ad essi aumentando lo spending complessivo.
    La domanda non ha ancora una risposta completa e defi-
nita in quanto la costruzione di un nuovo modello di media
mix è ancora in corso e molte aziende che investono si
muovono con grande cautela, cercando di ottimizzare al
meglio la spesa sui mezzi classici e di destinare risorse suf-
ficienti ai nuovi media per poterne comprendere a fondo le
potenzialità e il loro funzionamento.

                             - 45 -
Con questa premessa è indubbio che la share di investi-
menti sull' online è destinata a crescere, come peraltro sta
già crescendo, allo stesso tempo i mezzi classici sono in
grado di tenere le loro posizioni anche attraverso un impor-
tante lavoro di restyling e di aggiornamento della loro pro-
posta editoriale e commerciale.
    Internet, che oggi si ritaglia una quota di circa il 7% (di
cui circa metà display e metà search), crescerà soprattutto
sul display e sulle nuove forme di advertising legata ai so-
cial network e il suo tasso di crescita del 10% sarà ben su-
periore a quello previsto per la media del mercato. TV radio
e stampa che insieme detengono oltre l'80% del mercato a-
vranno il compito di rinnovarsi per poter tenere la loro posi-
zione e soprattutto integrarsi con i mezzi digitali per poter
meglio rispondere alle più sofisticate esigenze degli adver-
tiser.

   4. Cosa pensa dell'Out of Home? La pubblicità esterna,
pur rimanendo la cenerentola dei mezzi, sembra quella
che sta facendo più attenzione all'innovazione. Oggi tro-
viamo nuovi veicoli OOH che, grazie alla tecnologia, of-
frono un'interazione maggiore con il consumatore e lo
accompagnano nelle sue crescenti esigenze di mobilità:
Qr-Code stampati sui poster o come "domination" su pa-
lazzi, leggibili dagli smartphone; Bluetooth push installati
negli impianti di arredo urbano, in grado di segnalare
tempestivamente offerte o informazioni. Infine, pensia-
mo anche al Digital Signage, sempre più presente nel cir-
cuito Transit.

   La domanda contiene già buona parte della risposta: le
diverse forme di OOH sono caratterizzate da un altissimo
livello di innovazione non solo tecnologica ma anche in

                              - 46 -
termini di proposta di comunicazione per il consumatore.
Due sono quindi gli assi su cui il mezzo può costruire la
propria crescita che peraltro si sta rapidamente manifestan-
do in tutti i paesi del globo.
   I luoghi in cui le persone transitano o sostano sono dav-
vero tanti e pertanto le opportunità per questo mezzo sono
davvero straordinarie, senza contare la componente di alta
tecnologia che rende l'OOH particolarmente accattivante e
addirittura trendy.
   Come ricercatore potrei aggiungere una nota tecnica: le
diverse forme con cui l'OOH si può manifestare aprono un
dibattito interessante sulla sua classificazione (esterna, arre-
do urbano, TV digitale, etc...). Tale aspetto non è soltanto
un quesito di natura accademica o da addetti ai lavori ma
rappresenta un importante valutazione sulla natura stessa
del mezzo e delle sue conseguenti implicazioni in termini di
scelta del target e di linguaggio creativo.

   5. Per concludere, parliamo del Mobile: Cresce il nu-
mero degli smartphone, telefoni cellulari in grado di
svolgere moltissime funzioni e di connettersi con facilità
ad Internet. Data la forte richiesta di connettività, di sta-
re "always on" e in mobilità, dove tra l'altro c'è chi parla
addirittura di una prossima saturazione delle frequenze
destinate alla banda larga mobile, ritiene che il boom di
questo fenomeno inciderà sugli investimenti pubblicitari
del medium Internet e su quelli complementari come
l'OOH?

   Consapevole di correre il rischio di essere tacciato come
"conservatore", ritengo che il Mobile sia un chiaro esempio
di una grande opportunità non ancora sfruttata.
La penetrazione totale, l'utilizzo elevatissimo, le funzionali-
                              - 47 -
tà praticamente illimitate rappresentano di per sé un insieme
di prerequisiti necessari a farne un media a tutti gli effetti.
    Se oggi consideriamo le cifre destinate agli investimenti
su tale mezzo (anche negli US) potremmo un po’ semplici-
sticamente dire che il mezzo si ritaglia una quota davvero
marginale. Ma non sarà così per molto.
    Tra lo stato ad oggi e il suo sicuro sviluppo c'è ancora
parecchia sperimentazione da fare sull'individuare le moda-
lità, i meccanismi e i linguaggi per poter sfruttare a pieno
tutte le immense potenzialità di tale strumento. Ciò che è
più difficile stimare è quanto tempo ci vorrà: ma ultima-
mente siamo molto abituati a osservare fenomeni che cre-
scono esponenzialmente e apparentemente senza preavviso.




                              - 48 -
Capitolo 2 –Postmodernità, ergo post-
marketing?



La postmodernità
    Aggiungere il suffisso post davanti ad ogni sostantivo,
sembra oggi essere una pratica al quanto diffusa, non solo
tra chi si occupa di studiare le dinamiche evolutive della so-
cietà, ma anche da parte di una fitta schiera di giornalisti,
opinionisti e da tutto lo show business in generale. Abbiamo
scelto per questo lavoro, proprio un titolo che si colloca
lungo questa tendenza, utilizzando per esso il significato
comune del suffisso post, ovvero quello di “dopo” e nel
primo capitolo abbiamo espresso alcune considerazioni sof-
fermandoci sul neologismo post-pubblicitario riferito al
mercato, giusta sintesi del titolo di questo lavoro. Tuttavia,
gli studiosi sembrano essere concordi sul fatto che parlare
di postmodernità, non si riduce a considerare un’epoca suc-
cessiva a quella della modernità, bensì ad una sua radicaliz-
zazione.
    Dunque, postmoderno, pur essendo un termine molto ut-
lizzato e di comune utilizzo, non viene considerato dai più
un “buon termine”. Fabris1, ritiene che esso sia tale poiché
non indica una specifica fase storica come lo sono state la
modernità, l’illuminismo, il romanticismo che indicavano il
superamento della rispettiva fase precedente. L’autore ritie-
ne che esso non sia in grado di definire in modo chiaro
l’inizio di un nuovo corso. Pur ritenendo che non esiste una
   1
       Cfr. G. Fabris, op. cit.
                                  - 49 -
teoria generale della postmodernità – e semmai “tanti bran-
delli nemmeno tanto organizzati di una visione del mondo”
– egli identifica comunque delle caratteristiche che descri-
vono il fenomeno. Essa è “presa di distanza dai grandi miti
della modernità: ordine razionale; efficienza tecnologica; il
primato della produzione; l’equivalenza tra prezzo e quali-
tà”2. Ciò che alimenta la postmodernità – secondo il socio-
logo – è la profonda rivoluzione tecnologica in atto, il dif-
fondersi della tecnologia digitale, l’avvento della società
dell’informazione e dei nuovi media. Anche i nuovi modi di
produzione che hanno consentito la delocalizzazione pro-
duttiva e la globalizzazione dei mercati, sono una caratteri-
stica di questa nuova era. La rivoluzione digitale, da ritener-
si non meno importante della Rivoluzione Industriale del
Diciottesimo e Diciannovesimo secolo, sarebbero – secondo
Fabris – l’evento che ha sancito la fine dell’Era della Mo-
dernità.
    La scienza postmoderna, secondo Brown – citato da Fa-
bris – “si fonda sul rifiuto della visione del mondo meccani-
cistica, deterministica, statica e particolaristica della scienza
moderna a favore di un nuovo paradigma basato sui principi
dell’incertezza, del caos, dell’evoluzione e dell’olismo”3.
Dunque, questa nuova fase della società sarebbe caratteriz-
zata da complessità e turbolenza. Questi fattori erano pre-
senti anche nella modernità, ma erano considerati come
“fattori di disturbo”, mentre oggi – prosegue Fabris – di-
vengono       fattori    costitutivi,    condizioni      normali
dell’esistenza. Ciò che dovrebbe fare l’uomo di oggi, non
consiste tanto nel risolvere o ridurre tale complessità, bensì
imparare a gestirla.
   2
     G. Fabris, op. cit., p. 31.
   3
     S. Brown, Post Modern Marketing, Routledge, New York, 1995 in
G. Fabris, op. cit, p. 24.
                               - 50 -
Attraverso una terminologia differente, c’è chi cerca di
distaccarsi dal tanto “antipatico” suffisso post, preferendo
descrivere il medesimo fenomeno attraverso il ricorso al
termine ipermodernità. Vanni Codeluppi, ritiene ormai su-
perato il termine “postmoderno”, lanciato alla fine degli an-
ni Settanta dal filosofo francese Jean-Francois Lyotard, so-
stenendo che esso è un concetto molto diffuso nei paesi an-
glosassoni “per indicare una crescente frammentazione e di-
sgregazione della cultura sociale e la sempre maggiore im-
portanza assunta dalle componenti simboliche ed estetiche
della vita quotidiana degli individui”.4
    Codeluppi, preferisce quindi parlare di ipermodernità,
sostenendo che “ciò che stiamo attraversando, più che un
passaggio ad una situazione post, a una realtà totalmente di-
versa da quella da quella che caratterizzava la modernità, si
tratta di una fase in cui la stessa modernità viene portata
all’eccesso ed è soggetta ad un processo di accelerazione di
tutti i principali fenomeni che l’hanno sempre contrassegna-
ta [ovvero]: un’evoluzione storica lineare e relativamente
statica, cede il posto ad un’evoluzione discontinua e sempre
più veloce e rapida nel suo movimento; […] la situazione di
crescente benessere della maggior parte della popolazione
allenta la dipendenza da esigenze legate alla necessità di
sopravvivenza e favorisce lo sviluppo degli aspetti espressi-
vi, simbolici e comunicativi; […] la tradizionale egemonia
della cultura maschile, razionale e rigorosa, viene affiancata
da una cultura androgina, che tende ad avvicinare i due ses-
si, ma anche i due differenti emisferi del cervello, fondendo




   4
     V. Codeluppi, Manuale di sociologia dei consumi, Carocci, 2005,
p. 36.
                                - 51 -
così razionalità ed intuizione, rigore e fantasia, concretezza
e spiritualità”5.
    Il sociologo inglese Anthony Giddens, sembra mostrare
posizioni più nette nel rifiutare il termine “postmodernità”,
sostenendo che in realtà non siamo usciti dalla modernità,
ma ne stiamo vivendo proprio una radicalizzazione;6 Tra
l’altro non è il solo a leggere in questo modo l’evoluzione
della società, infatti anche Alain Touraine si spinge a defini-
re l’epoca attuale come una modernità limitata, ovvero “in-
compiuta”.
    Il sociologo inglese, ritiene dunque che sia inutile inven-
tare nuovi termini (come quello postmoderno) ma è piutto-
sto opportuno guardare alla natura della modernità stessa,
poiché essa è stata poco compresa dalla scienze sociali.
Giddens, discostandosi dalle tesi prevalenti, adotta un ap-
proccio che egli stesso considera “discontinuista”, soste-
nendo piuttosto che la modernità – e più in generale la sto-
ria del genere umano – sia caratterizzata da alcune disconti-
nuità. Questo approccio smonta le tesi dell’evoluzionismo
sociale, ovvero quelle che considerano la storia come una
“sommatoria” evoluzionistica, e sostiene invece che essa
non abbia avuto un moto lineare, bensì discontinuo. In-
somma, l’attuale fase storica che stiamo vivendo, iniziata
con la rivoluzione digitale – che dai più viene definita “po-
stmoderna” – altro non sarebbe che una radicalizzazione
prodotta da una delle discontinuità dell’epoca moderna.




   5
    C. Codeluppi, op. cit., pp. 36-37.
   6
    Cfr. A. Giddens, Le conseguenze della modernità, Il Mulino, 1994
(1990).
                                - 52 -
Dalle origini (moderne) del consumo al consumo postmo-
derno
    Tra gli studiosi dei consumi, non esiste attualmente una
visione comune, tant’è che le varie teorie formulate riguar-
do alle origini dei consumi, sembrano esser figlie delle ap-
partenenze disciplinari degli studiosi che le hanno prodotte.
Tuttavia, questo apparente problema, può rivelarsi il punto
di forza proprio perché l’eterogeneità delle vedute arricchi-
sce notevolmente ciò che sappiamo oggi sul consumo, così
come lo conosciamo nelle società occidentali. Il panorama
delle teorie sulle origini del consumo vede toccare diversi
ambiti. Vanni Codeluppi, propone un’interessante sintesi
dei vari approcci: dal commercio (Mukerji, 1983); dalla po-
litica (McCracken, 1988); dall’economia (McKendrick,
Brewer, Plumb, 1982); dal lusso (Sombart, 1988); dallo
spettacolo delle merci (Codeluppi, 2000); dalla cultura ro-
mantica (Campbell, 1983,1992); dall’etica (Lears, 1983)7.
Si ritengono maggiormente importanti per il nostro oggetto
di studio quelli che ricercano le origini nel commercio,
nell’economia e nello spettacolo delle merci, perchè legati
tra di loro e perché seguono un continuum.
    Mukerji, ritiene che la cultura del consumo delle società
occidentali è stata preceduta dalla cosiddetta “rivoluzione
commerciale” avvenuta nel Quindicesimo e Sedicesimo se-
colo. Tale rivoluzione ha reso disponibile per la prima volta
sui diversi mercati dell’Europa, una vasta gamma di prodot-
ti nuovi e sconosciuti, provenienti dalle colonie negli altri
continenti. Immediatamente legato a questo approccio c’è
quello che ritrova le origini nell’economia. Anche se
McKendrick, Brewer, Plumb, spostano in avanti le origini
di circa duecento anni rispetto a Mukerji, facendo coincide-

   7
       Cfr. V.Codeluppi, op. cit., 2005.
                                     - 53 -
re la nascita del consumo con la Rivoluzione Industriale e la
produzione di massa, è evidente che la rivoluzione indu-
striale è stata possibile anche grazie alle materie prime e in-
novazioni prodotte dalla Rivoluzione Commerciale. Questa
fase è quella che vede la nascita di alcune discipline come il
marketing o la pubblicità, nella loro rispettiva fase di proto
marketing e proto pubblicità, necessarie per portare a cono-
scenza dei soggetti (futuri consumatori) i nuovi beni della
produzione di massa. Legata a questa concezione della na-
scita del consumo e complementare ad entrambi gli approc-
ci citati, si colloca la teoria di Codeluppi, il quale sostiene
che la cultura del consumo è riconducibile alla “vetrinizza-
zione delle merci”. La cultura occidentale del consumo eb-
be inizio quando i negozi iniziarono a dotarsi di vetrine che
rendessero visibili i prodotti e che catturassero gli sguardi
dei soggetti che popolavano le strade. Questa nuova conce-
zione, figlia anche della cultura dell’esposizione vigente
nella seconda metà dell’Ottocento, fa si che nascano luoghi
deputati al consumo come i grandi magazzini, cattedrali del
consumo come verranno più avanti definite (Ritzer, 2000),
all’interno dei quali trovassero posto tutto ciò che la produ-
zione di massa era in grado di produrre.
    Se riflettiamo un attimo, ci accorgiamo che quest’ultimo
approccio descrive un processo che si è evoluto fino ad oggi
e che trova nel centro commerciale il tempio sacro del con-
sumo, aggregatore di marche e contenitore dei suoi discorsi
che sostituiscono i suggerimenti dei negozianti di fiducia
sotto casa di un tempo. Oggi non più luogo di consumo, ma
anche luogo di interazione sociale e soprattutto di esposi-
zione ai messaggi pubblicitari. Troveremo più avanti dei ri-
scontri pratici a quanto sosteniamo qui e descriveremo in
particolare i nuovi circuiti del consumo e le nuove forme di


                              - 54 -
pubblicità out of home. Ma come si arriva a parlare di con-
sumo postmoderno?
   Innanzitutto, possiamo sottolineare che dalle origini del
consumo e fino all’epoca moderna, il significato del “con-
sumare” rispecchiava la sua etimologia latina di consumere,
ovvero di “spendere, esaurire”. Dunque, il suo significato
era esclusivamente di tipo fisico, inteso come logorio, di-
struzione di un bene. Pierluigi Cervelli, in un recente saggio
riporta la definizione della Treccani per indicare che il con-
sumo è “l’operazione o il processo mediante cui beni eco-
nomici vengono utilizzati, per appagare un bisogno, per
produrre nuovi beni e sim.”. Il semiologo, prosegue soste-
nendo che oggi l’atto di consumo è una produzione di sen-
so, proprio perché gli individui non consumano soltanto og-
getti, ma piuttosto segni8.
   Possiamo fare riferimento ad alcune proposte teoriche
avanzate a partire dagli anni Settanta in poi e che oggi costi-
tuiscono la base per la comprensione del consumo e in par-
ticolare del consumatore. Si deve alla Scuola di Birmin-
gham il principale contributo che assegna al consumatore
un ruolo attivo e creativo, e il tentativo di risemantizzare in
senso positivo il concetto di cultura di massa. Il consumato-
re viene dunque considerato come attivo costruttore del sen-
so dei prodotti che consuma e rielabora ai propri fini, ciò
che gli viene proposto dai media e dalle imprese.
   Un altro approccio interessante è quello di Bauman, il
quale ci permette di riprendere le considerazioni riguardo
alla modernità e postmodernità, espresse nel precedente pa-
ragrafo e di innestarle nel solco dei consumi. Secondo
Bauman, la modernità ha attraversato due fasi: una prima

   8
    Cfr. I. Pezzini, P. Cervelli (a cura di), Scene del consumo: dallo
shopping al museo, Meltemi Editore, Roma, 2006, pp. 22-24.
                                 - 55 -
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Il mercato pubblicitario in un contesto postmoderno

  • 1. -1-
  • 2. -2-
  • 3. Università degli Studi di Roma -“La Sapienza” Facoltà di Scienze della Comunicazione Il mercato pubblicitario in un contesto postmoderno consumatori ed aziende in movimento Piergoffredo Inzaina Laurea Specialistica in “Organizzazione e Marketing per la Comunicazione d’impresa” (LM 59 – Comunicazione pubblica, d’impresa e pubblicità) Cattedra di Pianificazione dei media nelle strategie d’impresa a.a. 2009/2010 Relatore: Prof. Marco Stancati Correlatore: XXXXXXX -3-
  • 4. Copertina: a cura dell’Autore Composizione grafica: a cura dell’Autore Questo volume è stato stampato nel mese di Settembre 2010 con tecnologia “print on demand” presso centro stampa Nuova Cultura P.le Aldo Moro, 5 – 00185 Roma www.nuovacultura.it Per ordini: ordini@nuovacultura.it -4-
  • 5. A me stesso. Per tutti i sacrifici sostenuti per coronare questo grande sogno -5-
  • 6. -6-
  • 7. Indice Premessa ........................................................................... - 1 - Capitolo 1 – Dagli old media ai new media: evoluzione ed attuale struttura del mercato pubblicitario italiano ............. - 5 - Il mercato post-pubblicitario .......................................................... - 5 - Il potere del digitale: andare oltre il medium ............................... - 10 - Dai new media ai more media ...................................................... - 14 - Particolarità del consumo dei prodotti media .............................. - 16 - Media, prodotti media ed investimenti pubblicitari in un periodo di crisi ............................................................................................... - 18 - L’attuale scenario economico dei media: una visione generale dei trend chiave del mercato .............................................................. - 21 - Le previsioni per l’economia internazionale e quella italiana .......... - 23 - Il trend attuale degli investimenti pubblicitari nel mondo................ - 25 - Il trend attuale degli investimenti pubblicitari in Italia .................... - 29 - INTERVISTA a Paolo Duranti, Managing Director Nielsen Media Research Southern Europe & South Africa ....................................... - 42 - Capitolo 2 – Postmodernità, ergo post-marketing? ............ - 49 - La postmodernità ......................................................................... - 49 - Dalle origini (moderne) del consumo al consumo postmoderno ...... - 53 - Identikit del nuovo consumatore ...................................................... - 57 - Il marketing fino a “ieri” ............................................................... - 63 - La crisi: verso il postmoderno ........................................................... - 65 - Nuovi paradigmi del marketing postmoderno .............................. - 74 - FOCUS – L’evoluzione postmoderna del branding ............................ - 97 - FOCUS – Il Guerrilla Marketing nel media mix ............................... - 109 - INTERVISTA ad Attilio Redivo, CEO Mediacom Italy (GroupM –WPP) ........................................................................................................ - 117 - -7-
  • 8. Capitolo 3 – La mobilità come spina dorsale della post-pubblicità ............................................................... - 123 - La globalizzazione della società .................................................. - 123 - Il nuovo consumatore flaneur .................................................... - 124 - Il ruolo del OOH nel media mix ................................................... - 127 - Gli attori dell’OOH in Italia ............................................................. - 127 - La capacità di incrementare le occasioni di contatto con il consumatore ....................................................................................................... - 129 - Il rapporto di convivenza, complementarità e innovazione con gli altri mezzi ............................................................................................... - 134 - L’importanza della creatività nell’out of home............................... - 138 - Limiti, criticità e smentite sull’OOH ................................................ - 141 - FOCUS - Il Digital Signage: verso l’Outdoor 2.0 .............................. - 144 - Considerazioni conclusive sull’OOH ................................................ - 150 - I luoghi del consumo postmoderno: nuove occasioni e nuovi circuiti pubblicitari ................................................................................. - 151 - Il centro commerciale e i punti vendita .......................................... - 154 - Le palestre ...................................................................................... - 161 - Le università.................................................................................... - 162 - Gli stadi di calcio ............................................................................. - 163 - Capitolo 4 – Il ruolo di Internet nella pianificazione pubblicitaria del futuro ................................................... - 167 - Il boom di Internet negli ultimi anni ........................................... - 167 - Le opportunità offerte dal canale mobile ................................... - 174 - Il Mobile advertising ....................................................................... - 180 - Il Web 2.0: Il dominio del social networking ............................... - 183 - Il ruolo di Facebook nella pianificazione pubblicitaria ................ - 191 - L’ultima frontiera: la geolocalizzazione su Facebook ..................... - 198 - Conclusioni .................................................................... - 205 - Bibliografia..................................................................... - 209 - -8-
  • 9. -9-
  • 11. Premessa L’attuale scenario del mercato pubblicitario, nonostante il dilagare di nuove forme mediali che pervadono sempre più gli ambienti sociali di fruizione dei consumatori, mostra che gli equilibri tra i vari mezzi riflettono ancor oggi, le stesse dinamiche che ormai da diverso tempo caratterizzano la scena. Una televisione sempre più dominante che da sola assorbe oltre la metà degli investimenti media, rafforzata dalla crisi economica globale che, tendenzialmente, tende ad indurre gli investitori a privilegiare questo mezzo. Di fronte a questo scenario poco rassicurante, solo il nuovo medium Internet sembra non conoscere crisi, tanto che, esso risulta essere l’unico mezzo in crescita e in alcuni contesti – profondamente diversi da quello italiano, come quello in- glese – arriva addirittura a detronizzare la televisione, im- ponendosi come medium maggiormente pianificato. A questo proposito, c’è chi parla del 2009 come l’anno zero della pubblicità, per sottolineare che non si ricordano anni peggiori di questo che è appena trascorso. Di fronte a questo scenario cupo, i dati in crescita di Internet e più in generale della penetrazione dei new media, offrono lo spun- to per cogliere alcuni importanti segnali di cambiamento: la loro bi-direzionalità, si sposa in pieno con il nuovo para- digma relazionale che lega i brand con i propri consumatori, così che sembrano essere, gli unici o forse i più adatti ad in- gaggiare un contatto forte e duraturo con essi. Il consumato- re post-moderno cambia pelle e appare più esigente, più at- tivo e pro-attivo, con esigenze sempre maggiori di mobilità, -1-
  • 12. più favorevole al dialogo e più maturo. I brand dal canto lo- ro, sono costretti a mutare il proprio approccio, la propria identità e la propria missione per renderla sempre più uni- forme a quella dei propri destinatari; Sono costretti ad esse- re abili a proporre il proprio progetto di marca e trasmetter- lo ai propri referenti, attraverso delle manifestazioni coeren- ti e adeguate, dal punto di vista simbolico e dei codici e- spressivi, sia linguistici che iconici, accompagnandoli in tutte le loro dimensioni sociali; Dovranno essere in grado di “attualizzare”, cioè di cogliere ed interpretare le dinamiche del contesto in cui operano ed essere, dunque, fine tuned, ovvero “ben sintonizzati” con i propri pubblici. In tutto ciò, svolgono un ruolo chiave i partner di cui le aziende si servono per raggiungere i propri destinatari: così, agenzie creative, agenzie media, concessionarie ed istituti di ricerca, devono anch’essi adeguarsi al cambiamento che il contesto prospetta, sono costretti a mutare i propri assetti organizzativi in funzione di una sempre più pregnante col- laborazione che li lega ai propri clienti, a mutare il proprio approccio al mercato, ad essere più flessibili, ad ingegnarsi per trovare nuovi canali di comunicazione, anche non con- venzionali, nuovi servizi tailor made, costruiti in maniera sartoriale addosso alle aziende. L’obiettivo di questo lavoro, è quello di compiere un’analisi dell’attuale scenario del mercato pubblicitario ita- liano, facendo un focus su i nuovi media e cercando di comprendere la natura delle relazioni instaurate tra gli attori di esso e l’evoluzione organizzativa in risposta ai cambia- menti, in termini di fruizione dei mezzi e di esposizione ai nuovi strumenti di marketing, che rappresentano le caratte- ristiche del cosiddetto “nuovo consumatore”. Nel contesto attuale, sembra che ci sia un corsa a “far tutto”, dimostra- zione presente anche nelle agenzie media che tendono a -2-
  • 13. proporre servizi estranei alla propria attività core, come ad esempio, alcuni progetti di creatività legati ai mezzi (ad es. l’ambient advertising). La finalità sarà, dunque, quella di comprendere, anche attraverso alcune interviste rivolte a importanti professionisti del mercato pubblicitario, se la strada intrapresa dai brand e dai propri partner strategici, è coerente e soprattutto è in grado di raggiungere un consu- matore sempre più sfuggente e “liquido”, come lo defini- rebbe Zygmunt Bauman. -3-
  • 14. -4-
  • 15. Capitolo 1 – Dagli old media ai new me- dia: evoluzione ed attuale struttura del mercato pubblicitario italiano Il mercato post-pubblicitario Parlare di post-pubblicitario, presuppone necessariamen- te che vi sia stata una fase “pubblicitaria” che descrivesse un certo fenomeno e nella quale ciò che era stato definito tale, avesse sviluppato appieno tutti i suoi aspetti e avesse raggiunto una fase di maturità. Accade però che ad un certo punto, l’etichetta “pubblicitario” fosse divenuta così “stret- ta” per descrivere tale fenomeno, da dover necessariamente far ricorso all’aggiunta del suffisso post. In realtà, potrem- mo anche spingerci oltre ed ipotizzare anche una possibile fase pre pubblicitaria, una sorta di fase preparatoria a quella che conosciamo oggi, o meglio, che abbiamo conosciuto fi- no ad oggi. Possiamo descrivere brevemente e per sommi capi, la storia del mercato pubblicitario, partendo dalle sue origini, da quando ancora non era possibile definire come tale l’insieme delle produzioni artistiche ed editoriali, gli utilizzi che venivano fatti dei vari mezzi disponibili, le finalità della produzione del prodotto comunicativo e le relazioni che si instauravano tra i diversi attori che erano coinvolti in questo processo. L’evoluzione della pubblicità, nel corso della storia è an- data sempre di pari passo con l’evoluzione di ciò che la “trasportava”, ovvero dei media, pertanto possiamo affer- -5-
  • 16. mare che vi sia un fil rouge che lega, legittimandola, ogni forma di pubblicità alla storia dei media Come affermato poc’anzi, parlare di fase pre- pubblicitaria significa considerare una fase preparatoria du- rata – senza il timore di utilizzare una terminologia iperbo- lica – migliaia di anni, a partire dalla prima comparsa di forme di scrittura e successivamente di stampa. Dunque, po- tremo partire dalle prime forme di proto-pubblicità dell’antica Pompei, realizzate prima che fosse distrutta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., una sorta di manifesti pubblicitari ante litteram. Potremo poi proseguire con la re- alizzazione su carta o pergamena di immagini sacre che nell’Ottavo secolo, in Cina e Giappone, venivano riprodotte dai monaci buddisti attraverso la tecnica della xilografia, mediante dei blocchi di legno intagliati1, passando per gli ideogrammi che qualche secolo più tardi, sarebbero stati in- tagliati su blocchi di argilla mobili, anticipando di qualche tempo l’invenzione ufficiale della stampa a caratteri mobili, ad opera di Johannes Gutenberg nel 1440. È solo nella seconda metà del Tredicesimo secolo che, in Inghilterra, compaiono le prime forme di pubblicità vera e propria, intesa come annunci commerciali con lo scopo di favorire o modificare un comportamento dei lettori: l’editore Caxton pubblicizza le prossime uscite sull’ultima pagina dei suoi libri. Qualche secolo più tardi, in Francia, comparirà un primo annuncio stampa a pagamento dove un medico pubblicizzerà il suo studio sulle pagine della Gazet- te. Questa fase pubblicitaria può essere definita Verbalismo, dominata dalla presenza di testi più o meno lunghi che invi- tano all’acquisto di alcuni prodotti e si protrae fino a metà 1 Cfr. A.Briggs, P.Burke, Storia sociale dei media. Da Gutenberg a Internet, Il Mulino, Bologna, 2002 (2000). -6-
  • 17. dell’Ottocento, quando lascerà il passo ad un’altra tendenza: l’iconismo. Quest’ultimo, fu favorito nel 1796 con l’invenzione della litografia ad opera di Aloys Senefelder: si disegnava con del materiale grasso su una matrice di pietra che poi, successi- vamente, veniva impressa su fogli di carta, favorendo la ri- producibilità di testi e di immagini in modo economico e veloce; successivamente anche un’altra invenzione, la foto- grafia, diede un grosso contributo a tale tendenza. Walter Benjamin sosteneva che attraverso la rivoluzione industriale mutava il carattere dell’opera d’arte: l’introduzione di mac- chinari provocava il passaggio dal valore culturale dell’immagine al suo valore “espositivo”2. È questo passag- gio che, dunque, mostra l’incombenza di quello che è stato definito iconismo, ovvero il trionfo del visual rispetto al te- sto. Insomma, più il medium è tecnologico, maggiore è la sua riproducibilità. È proprio questa che favorisce un maggiore ricorso al manifesto come veicolo pubblicitario, una sorta di “opera d’arte” riproducibile su larga scala: sono celebri i manifesti di Leonetto Cappiello (Bitter Campari), Marcello Dudovich (Vermouth Martini e Fiat Balilla), Gino Boccasi- le (Talco Paglieri). Il Diciannovesimo secolo, si apre con un’altra importante invenzione ad opera dell’americano Ru- bel, la stampa offset: le pagine vengono impresse su cilindri di metallo, che vengono compressi sulla carta da macchine automatiche, le cosiddette “rotative”. È il contesto statunitense ad essere il laboratorio di nuo- ve forme espressive: inizia ad assumere sempre più impor- tanza il body copy, sotto forma di argomentazioni ed infor- 2 Cfr. W.Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibi- lità tecnica, Torino, 1966 (1936). -7-
  • 18. mazioni (corrente scientifica) e sotto forma di testi artisti- camente elaborati (corrente estetica). In realtà, queste due tendenze non si manifestano in maniera esclusiva, bensì si trovano produzioni pubblicitarie in cui una componente è preponderante rispetto all’altra ma non la esclude. Sarà a partire dagli anni Cinquanta che testi ed immagini avvie- ranno una maggiore collaborazione, anni in cui ci sarà il tri- onfo delle immagini: esse inizieranno a parlare da sole ( o quasi), con un contributo minimale dei testi, attraverso brevi didascalie con lo scopo di far completare la comprensione dell’annuncio agli stessi consumatori, attivando processi di inferenza. Lo sviluppo maggiore sarà garantito da una diffusione di audiovisivi sempre più considerevole, dovuta al fatto che sono gli anni della nascita del medium televisivo, o più pre- cisamente dell’introduzione di esso nelle principali demo- crazie occidentali. Vediamo anche in quest’occasione che l’evoluzione dei media accompagna ed indirizza quella del- le forme di pubblicità: con il suo potere sinestetico, la tele- visione, veicola un messaggio che acquisisce una forza sempre più coinvolgente. Negli anni Cinquanta, gli investi- menti pubblicitari sulla televisione erano analoghi a quelli della pubblicità esterna, quest’ultima all’apice del suo svi- luppo attraverso i manifesti d’autore; ben presto però, essa entrerà in crisi, sopraffatta dall’avanzare del medium televi- sivo che negli anni Ottanta/Novanta, conoscerà il suo mas- simo splendore con l’introduzione in Europa delle prime te- levisioni commerciali e del conseguente boom degli inve- stimenti pubblicitari su tali emittenti3. 3 Negli Stati Uniti, la televisione commerciale aveva avuto il suo sviluppo fin ab originis, mentre nel contesto europeo ha sempre incon- trato un ostruzionismo diffuso, a partire dalle vicende inglesi delle commissioni governative sul sistema radiotelevisivo, fino a quelle ita- -8-
  • 19. È solo a questo punto che, dopo questo breve excursus storico, possiamo concludere la risposta alla domanda che si pone il titolo di questo paragrafo: Come si arriva alla defi- nizione di post-pubblicitario? Introducendo la fase imme- diatamente successiva a quella che abbiamo visto fin ora, cioè quella post-pubblicitaria, caratterizzata da una rivolu- zione che vede come protagonisti, in particolare due mezzi: il primo è Internet, figlio della rivoluzione digitale; Il se- condo è costituito dall’affissione, qui intesa come il proge- nitore di una pluralità di mezzi di natura eterogenea che possono, oggi, essere ricondotti sotto l’unica etichetta di Outdoor e vanno a configurarsi come una ri-scoperta della pubblicità esterna. Se nel 1964 Marshall Mcluhan sosteneva con forza: «The medium is the message»4, oggi tale assunto viene smentito dall’avvento del digitale, dalla multimedialità, da Internet, dove la regola della preminenza del medium ri- spetto al messaggio, viene sovvertita dalla presenza di una miriade di contenuti, ovvero da messaggi. Se questo è vero per i media digitali, non è altrettanto vero per il veicolo pubblicitario per eccellenza, l’affissione, unica forma di pubblicità a non essere inserita in un contesto redazionale o in un palinstesto, se non nella stessa città che funge da “pa- linsesto urbano”. liane legate alle sentenze della Corte Costituzionale che hanno caratte- rizzato gli anni Settanta/Ottanta, riguardo il mantenimento della riserva statale sulle trasmissioni radiotelevisive. Con la nascita della televisione commerciale italiana, in particolare del gruppo Fininvest con Canale 5, Italia 1 e Rete 4, nasce negli stessi anni, Publitalia80, che nel corso de- gli anni a venire, diventerà la prima concessionaria di pubblicità italia- na. 4 Cfr. M. Mcluhan, Gli strumenti del comunicare. Mass media e so- cietà moderna, Net, Milano, 2002 (1964). -9-
  • 20. Il potere del digitale: andare oltre il medium Per affrontare il tema dell’avvento dei nuovi media digi- tali, ci sembra utile prendere spunto dal già citato Marshall Mcluhan, in quanto egli aveva fornito una spiegazione so- cio-antropologica del motivo per il quale i media elettrici avessero un tale successo sulle persone5. Egli riteneva che alla base del suo asserto “Il medium è il messaggio”, vi fos- se la tendenza degli essere umani ad avere un immediato fa- scino di ogni estensione di sé, riprodotta in un materiale di- verso da quello stesso di cui sono fatti. L’abilità dello stu- dioso canadese, è stata quella di descrivere con il ricorso al mito di Narciso, la capacità dell’uomo di far ricorso a dei servomeccanismi. L’effetto della narcòsis – da cui il nome “Narciso”, ovvero l’intorpidimento derivante dall’attrazione di noi stessi – spingerebbe l’uomo ad “amputare” delle fun- zioni del proprio corpo e trasferirle a dei servomeccanismi di cui egli diventerebbe schiavo: oggi è frequente sentire nei dibattiti che si è schiavi della televisione oppure di Internet, per quest’ultima più precisamente nell’uso che se ne fa. È chiaro, dunque, che il successo dei media elettronici tradi- zionali del Novecento è stato possibile proprio grazie a que- sta capacità di intorpidire l’uomo. Collegandoci a quanto appena detto, Giandomenico Ce- lata, in un recente saggio, ha sostenuto che la televisione in- ducesse un narcisistico torpore, un intorpidimento delle menti e uno stordimento nel consumatore di media.6 Lo stesso prosegue la sua analisi arrivando ad ipotizzare addi- 5 Cfr. M. Mcluhan, Op. Cit. 6 Cfr. G. Celata, Economia dei media e dell’Ict, materiale didattico, Roma, 2009, p.13. - 10 -
  • 21. rittura la rottura del paradigma di Mcluhan, fondato sull’asserto the medium is the message. Secondo Celata:7 (…) La causa [di questa rottura] sta nell’insorgere della tec- nologia digitale. Una tecnologia che, mentre omologa straordina- riamente e quasi magicamente, l’inchiostro di tutti i media, am- plifica la portanza delle piattaforme di distribuzione, moltiplica i mezzi con cui si esprimono i contenuti. In questa situazione, il medium diventa ininfluente rispetto al messaggio. Il digitale rompe il monopolio naturale delle tecnologie analogiche rispetto ai contenuti (…) Lo frantuma in una miriade di coriandoli digita- li che si esaltano in Internet, il nuovo medium (…) Il digitale [dunque] uccide la preminenza del medium rispetto ai contenuti. Uccide il suo riempire di sé il messaggio. È stato di questo avviso anche Danny Hillis, il quale in un articolo di qualche anno fa, apparso sull’ Harvard Busi- ness Review8, affermava che prima dell’avvento della tecno- logia digitale, il contenuto e i servizi erano legati ai mecca- nismi che li distribuivano. Era possibile parlare di un me- dium come la televisione o la stampa o la telefonia, senza distinguere tra il modo di distribuire e ciò che stava venen- do distribuito. Hillis prosegue sostenendo che con la tecno- logia digitale, ora possiamo convertire tutti questi differenti generi di informazioni in semplici bit, e i canali digitali, come ad esempio le fibre ottiche, possono distribuire questi bit indiscriminatamente, dimenticandosi se si trattino di show televisivi, articoli di giornale, traffico telefonico o piuttosto messaggi pubblicitari. Enrico Menduni, offre un quadro particolarmente esau- stivo del passaggio dai media tradizionali a quelli digitali, sostenendo che in realtà, quest’ultimi, siano media preesi- 7 G. Celata, Op. Cit., pp. 13-14. 8 Cfr. D. Hillis, The Bandwidth Bomb, “Harvard Business Review”, Settembre/Ottobre, 2000, pp. 179-180. - 11 -
  • 22. stenti che sono diventati digitali, attraverso una trasforma- zione dei loro linguaggi, delle loro forme espressive. Il ri- sultato di queste innovazioni avrebbe provocato notevoli cambiamenti all’interno della società, nell’accesso all’informazione e in particolar modo – su cui il nostro inte- resse è maggiore – nella pubblicità.9 L’autore prosegue af- fermando che prima dell’invenzione della radio e della tele- visione, i media erano prodotti materiali, fabbricati in serie e trasportati nei luoghi in cui il consumatore poteva acqui- starli e fruirne. Venuta meno questa condizione di “materia- lità”, un insieme di contenuti potevano essere ricevuti diret- tamente nelle case dei consumatori, attraverso la modalità di trasmissione broadcast. E’ stata questa la forza dei media elettronici del Novecento: la capacità di entrare in ogni ca- sa. Il ruolo centrale dei mass-media, sarebbe poi stato messo in discussione dalla rivoluzione digitale di cui abbiamo par- lato nelle pagine precedenti. L’alleanza tra il computer, fi- glio della rivoluzione e le telecomunicazioni, quella che è stata definita “convergenza”, ha permesso la rapidissima crescita della rete Internet. A questo proposito, ci fu chi nel 1970, come Alan Stone, parlava di “nozze celesti” tra com- puter e le telecomunicazioni10. Menduni, conclude le sue considerazioni sul passaggio dai media analogici a quelli digitali, sostenendo che: Con la digitalizzazione quindi non avviene la sostituzione dei «vecchi media» (…) con i «nuovi media» (…) quello che sta ac- 9 Cfr. E.Menduni, I media digitali. Tecnologie, linguaggi, usi socia- li, Editori Laterza, Roma-Bari, 2007. 10 Cfr. A.Briggs, P.Burke, Op. Cit, p. 325. - 12 -
  • 23. cadendo è una complessiva ricollocazione di tutto il sistema me- diale, con intrecci reciproci sempre più facili ed intensi(…).11 Quello che afferma Menduni, riflette esattamente quanto diceva Mcluhan: «Il contenuto di un medium è sempre un altro medium»12, concetto che sarà il punto di partenza per le considerazioni di altri studiosi come J.D. Bolter e R. Gru- sin quando parlano di remediation, sostenendo che all’interno dei media digitali siano ricompresi tutti gli altri media13. È di questo parere anche Alberto Marinelli, infatti, in un suo recente saggio, ha considerato il concetto di re- mediation come caratteristica strutturale dei media digita- li14. Infine, per concludere, gli intrecci reciproci e le forme di “re-mediazione” di cui si è parlato, hanno prodotto nuovi formati di diffusione come quelli che oggi conosciamo at- traverso l’integrazione tra Internet e la televisione (IPTV) o con la radio (web-radio), o nuovi formati pubblicitari, come il frutto dell’integrazione tra televisione e affissione (es. Tv out of home, il digital signage) o quella tra stampa e internet/telefonia (es. Augmented reality, il bluetooh push). Ecco perché l’analisi che segue, guarderà ai nuovi media e all’evoluzione di quelli tradizionali, in una prospettiva in- tegrata sia dal punto di vista tecnologico che degli usi socia- li degli stessi come mezzi pubblicitari. 11 E.Menduni, Op. Cit., p. 12. 12 M.Mcluhan, Op. Cit., p. 16. 13 Cfr. J.D. Bolter, R. Grusin, Remediation, Guerini e Associati, Mi- lano, 2003. 14 A. Marinelli, Connessioni. Nuovi media, nuove relazioni sociali, Guerini Associati, Milano, 2004, p. 117. - 13 -
  • 24. Dai new media ai more media Abbiamo parlato fin ora della trasformazione che il digi- tale ha permesso ai media tradizionali, dando ad essi nuove opportunità per rimanere ugualmente sulla scena. Ciò che è forse più interessante da osservare, riguarda il fatto che at- traverso il digitale sono nate nuove categorie di prodotti media, a cui la letteratura e il linguaggio comune hanno af- fiancato suffissi per indicare ad indicarne il loro carattere innovativo di essi. Infatti oggi si parla di new media, ma ciò che è forse più innovativo sono le nuove opportunità di con- sumo che essi offrono ai consumatori. Per comprendere meglio di che cosa intendiamo parlare, proporremo una serie di considerazioni che Giandomenico Celata, in un recente saggio, ha fornito riguardo l’argomento.15 La rivoluzione digitale ha reso possibile l’innovazione in una innumerevole serie di prodotti media: • Dalla versione online dei giornali a stampa alle pub- blicazioni che nascono esclusivamente online; • Dalla versione digitale dei film o dei programmi te- levisivi che seguono il passaggio al digitale delle emittenti, ai prodotti realizzati per andare su Internet o sui devices mobili; • Dalla musica registrata e fruibile in digitale ai giochi elettronici e ai social network, fino ai grandi motori di ricerca. Celata, propone un’evoluzione del termine new media e preferendo parlare di more media, facendo riferimento al fatto che essi si affiancano e spesso sostituiscono, i media tradizionali analogici. La particolarità dei more media è che 15 G. Celata, Op. Cit., pp.79-81, 93-94 - 14 -
  • 25. essi hanno una forte funzione socializzante. In alcuni casi si è di fronte alla versione digitale di media analogici, in altri invece ci si trova davanti a forme di informazione e di in- trattenimento e, cosa più importante secondo Celata, di fronte a piattaforme realizzative e distributive differenti che provocano un cambiamento in tutto l’universo dei media, toccando il lato delle imprese e quello dei consumatori. In primo luogo, ciò contribuisce ad innescare un cambiamento organizzativo all’interno delle imprese di comunicazione, mentre in secondo luogo si è in presenza di diverse modalità di consumo e di fruizione dei prodotti media. Sulla base di ciò, una volta mutato lo scenario mediale, il consumatore di media si vede proposto un universo digitale con queste caratteristiche: • Un’offerta mediale sempre più vasta e differen- ziata; • Un’opportunità maggiore di accesso ai contenuti media; • La possibilità di decidere sui luoghi e sui tempi di fruizione; • La possibilità di personalizzare il suo consumo mediale; • La possibilità di creare community attraverso il peer to peer e il social networking. Queste caratteristiche portano a nuove modalità di con- sumo, in cui il consumatore è più attivo e partecipe e dove il consumo si esprime attraverso un numero maggiore di piat- taforme distributive. Ecco che il consumo diventa cross- piattaforma, dando vita ad una nova tipologia di consuma- tore, il media mesher, cioè un soggetto che tende a modifi- care il proprio stile di consumo mediale sulla base dei nuovi prodotti proposti dalle nuove piattaforme distributive. Il media mesher suddivide il proprio tempo destinato alla frui- - 15 -
  • 26. zione mediale dando luogo a forme di fruizione impensabili fino ad oggi, come ad esempio il simulcasting, la sovrappo- sizione di consumi come l’ascoltare la radio o l’i-pod men- tre si legge il giornale o mentre si naviga su internet. Particolarità del consumo dei prodotti media Che tipo di prodotto è il “prodotto media”? Esso presenta delle specificità che lo distinguono da tutte le altre tipolo- gie. Innanzitutto, è un prodotto caratterizzato da un elevato rischio, sia dal lato del consumatore sia da quello del pro- duttore. Dal punto di vista del primo, i prodotti media rien- trano nella categoria dei cosiddetti experience goods, ovve- ro di quei beni il cui valore/utilità effettivo può essere valu- tato solo dopo averli consumati: pensiamo all’acquisto di un quotidiano, alla visione di un talk show, alla visione di un film. Dal punto di vista del produttore, il rischio è legato al fatto che tutti i costi sostenuti sono precedenti all’uscita sul mercato: costi di produzione, di distribuzione e di marke- ting. Questa prima caratteristica non è di marginale impor- tanza, poiché essa si riflette inevitabilmente nell’ambito del- la pubblicità. L’elevato rischio legato, da un lato al consu- matore e dall’altro al produttore, condiziona le aspettative di ricavo dalla vendita degli spazi pubblicitari legati a tale prodotto. Sappiamo che il modello di business della tv commerciale e in parte quello della carta stampata, è fonda- to esclusivamente sui ricavi da pubblicità, il cui valore è de- rivante dalla qualità dei palinsesti e dei contenuti editoriali (prodotti media, appunto). Una serie televisiva di successo sarà un prodotto media di successo e dunque rappresenterà un rischio minore – in termini di soddisfazione – per i con- sumatori e così, anche per i produttori per ciò che concerne l’appetibilità dei loro prodotti per i potenziali inserzionisti pubblicitari. - 16 -
  • 27. Una seconda caratteristica dei prodotti media è che essi riguardano tre mercati differenti: quello dei consumatori, quando essi non sono gratuiti e perciò il consumatore è co- stretto ad un esborso monetario per la fruizione; quello della pubblicità, dove spesso il modello di business delle imprese media, come detto poc’anzi, è fondato quasi esclusivamente sui ricavi pubblicitari, i quali vanno poi a coprire i costi so- stenuti dagli editori per acquisire i diritti dei prodotti media; infine quello dello Stato, dove esso, per la straordinaria im- portanza che i media ricoprono nelle società moderne, svol- ge un ruolo di regolatore: Si pensi alle concessioni per le frequenze radiotelevisive o piuttosto alla regolamentazione antitrust sulle posizioni dominanti e infine ai tetti di affol- lamento per la raccolta pubblicitaria. La terza ed ultima caratteristica sostanziale, è che i me- dia consumano tempo libero: oggi è in atto una vera e propria guerra per aggiudicarsi il tempo libero dei consuma- tori. Tralasciando le attività nelle quali è possibile fruire di più mezzi contemporaneamente, il simulcasting di cui si è parlato in precedenza, risulta oggettivamente possibile leg- gere un giornale e allo stesso tempo navigare su internet o andare al cinema. Inoltre, la minaccia arriva anche dall’esterno, ovvero da tutte quelle attività legate al tempo libero: shopping, teatro, attività sportiva. Tutto questo com- porta, ovviamente, meno occasioni di essere esposti a mes- saggi pubblicitari e dunque di conseguenza meno valore percepito dagli inserzionisti pubblicitari. Più avanti, nel cor- so del presente lavoro, vedremo come la tendenza attuale è quella di raggiungere il consumatore anche nei momenti di tempo libero in cui esso non è volutamente esposto a mes- saggi pubblicitari; Parleremo di questo nell’analizzare il tema della mobilità del consumatore, in particolare dell’evoluzione della pubblicità esterna, la cosiddetta Ou- - 17 -
  • 28. tdoor 2.0 e dei nuovi circuiti pubblicitari legati ad essa (pa- lestre, centri commerciali, aeroporti, ospedali, università, etc) ed infine delle nuove forme legate al mobile. Prima di chiudere questo paragrafo dedicato alla natura dei prodotti media, si vuole porre l’attenzione su un’ulteriore caratteristica, facendo ancora una volta ricorso al contributo di Celata16. I prodotti media sono dei beni relazionali, ovvero beni che favoriscono il contatto tra le persone. Essi, sono delle merci che contribuiscono a strutturare ed alimentare le rela- zioni tra le persone: non c’è programma televisivo, talk show, reality, articolo di giornale o videogioco che non sia oggetto di discussione e confronto tra le persone nella fase di pre-fruizione e poi di post-fruizione, mostrando appunto, la straordinaria natura relazionale. Oggi, tutto questo vale ancor di più se si pensa ai trend di crescita dei social media (Facebook, My Space, Twitter, LinkedIn etc) dove la “rela- zione” è l’ingrediente principale ed essenziale. Media, prodotti media ed investimenti pubblici- tari in un periodo di crisi L’attuale scenario internazionale, caratterizzato da una crisi economica profonda su scala globale – le cui origini vengono fatte risalire dalla crisi del sistema finanziario a- mericano della fine estate del 2008 – mostra come i mercati siano oggi interconnessi non solo in senso geografico, ma anche dal punto di vista della loro natura. I cambiamenti nell’economia influenzano il consumo, la produzione e la vendita di beni e servizi da parte delle imprese di comuni- cazione. Il mondo produttivo e finanziario globale, è entrato 16 G. Celata, Op. Cit., p. 65 - 18 -
  • 29. già da tempo in un ciclo economico negativo che ha causato pesanti conseguenze in numerosi altri settori. Celata, affer- ma che i media sono molto sensibili alle oscillazioni dell’economia poiché la vendita di prodotti e servizi di co- municazione è influenzata dalle condizioni economiche ge- nerali e soprattutto perché – visti i modelli di business pre- valenti delle imprese media – la vendita di spazi pubblicitari risente anch’essa di tali cambiamenti economici17. Durante le crisi economiche, si mette in moto un circolo vizioso che vede i consumatori ridurre i propri consumi e rimandare gli acquisti facendo sì che le aziende siano costrette a contrarre la propria produzione e a tagliare i propri investimenti pub- blicitari. Dunque, l’andamento degli investimenti pubblicitari ten- de a seguire quello economico: in periodi di crescita eco- nomica gli investimenti pubblicitari crescono in maniera ve- loce rispetto all’economia in generale, mentre durante una crisi economica, tali investimenti sono i primi a decrescere, assumendo la caratteristica di termometro della crisi18. C’è chi invece, ritiene che l’equazione “crisi economica = de- cremento degli investimenti pubblicitari” non sia una legge assoluta, poiché le imprese che detengono stabili brand, an- che in periodi di crisi, sono comunque costrette a continuare ad investire per mantenere la propria quota di mercato. Quest’ultima considerazione sembra venir confutata da Ro- bert Picard, economista americano, uno dei primi ad aver sistematizzato l’analisi economica dell’industria dei media. Infatti, Picard afferma che La vendita di spazi pubblicitari è fortemente influenzata dal ciclo economico e da altri fattori che interferiscono con le attivi- 17 G. Celata, Op. Cit., p. 133-134 18 G. Celata, Op. Cit., p. 251 - 19 -
  • 30. tà degli inserzionisti. I produttori e i rivenditori di automobili, auto di lusso ed accessori risentono molto delle flessioni negati- ve dell’economia, poiché in quelle fasi i consumatori tendono a ridurre l’acquisto di questi beni. Queste aziende reagiscono ridu- cendo il loro budget per la pubblicità e acquistano meno spazi su riviste, quotidiani, radio e televisione. Inoltre, la pubblicità delle agenzie immobiliari, dei tour operator e gli annunci di lavoro si riducono drasticamente19. Picard, prosegue la sua analisi sul rapporto ciclo econo- mico/pubblicità, sostenendo che quando il PIL (Prodotto In- terno Lordo) decresce fino ad assumere valori negativi, l’andamento della curva delle spese pubblicitarie subisce un’impennata negativa. Dunque, la variazione di quest’ultime diventa massima quando si verifica una conte- nuta riduzione del PIL, mentre tende a diminuire in misura minore man mano che il PIL decresce. Sul medesimo argo- mento Celata ritiene che, un valido indicatore dell’intensità della pubblicità – in un determinato paese – sia proprio il rapporto percentuale degli investimenti pubblicitari sul Pro- dotto Interno Lordo, ovvero quanta parte della ricchezza prodotta in una nazione viene spesa in pubblicità20. Sappiamo, infine, che tale riduzione degli investimenti riguarda non tutti i media e non tutte le tipologie di investi- tori. Nello scenario italiano del 2009, infatti, di fronte al grosso decremento dei media tradizionali, c’è stata l’eccezione di Internet che ha avuto un balzo significativo in avanti (+5%) e poi delle tv satellitari e delle cards (+1%)21. Nel complesso, la ragione per cui la riduzione maggiore ha riguardato la carta stampata e l’outdoor piutto- 19 R. Picard (ed. it. a cura di G. Celata), Economia e Finanza dei media, Guerini Studio, Milano, 2005 (2002), p. 106. 20 G. Celata, Op. Cit., p. 252. 21 Dati Nielsen Media Research 2010. - 20 -
  • 31. sto che la televisione è spiegato dal fatto che la natura dei maggiori inserzionisti italiani, grandi imprese con target molto ampi, spinge loro a non ridurre la spesa per la televi- sione, da sempre considerato medium indispensabile per l’awareness e dunque must buy nelle pianificazioni. L’attuale scenario economico dei media: una vi- sione generale dei trend chiave del mercato A seguire si proporranno una serie di considerazioni ri- guardo lo scenario media internazionale, i trend dei media in Italia in termini di indicatori economici, investimenti e penetrazione dei media. Si proseguirà con l’evoluzione del- la Tv, lo sviluppo di Internet, l’evoluzione della Radio in termini di ascolti e piattaforme; La Stampa cartacea, i free press e l’online; Infine si affronteranno gli sviluppi del Ci- nema e dell’Out of Home. Su quest’ultimo verrà fatto un in- teressante focus nei prossimi capitoli. Il mercato pubblicitario internazionale, risente pesante- mente della forte crisi economica iniziata nel corso del 2008 a livello mondiale. Il 2009 si è chiuso con il bilancio peg- giore e una possibile ripresa è prevista solo dal 2010. Nel caso specifico dell’Europa, da un confronto tra i Top 5, Francia e Spagna risultano insieme all’Italia i paesi più in difficoltà per quanto riguarda il mercato pubblicitario. In I- talia, il mercato si trova a fare i conti con la peggiore delle crisi economiche senza avere ancora raggiunto la maturità dei principali mercati europei e come in passato, nei mo- menti di crisi la Tv si riconferma il mezzo dominante, ri- conquistando punti di share nel media mix. Il suo ruolo è al centro di un cambiamento storico: dal duopolio classico tra Rai e Mediaset, si aprono nuovi scenari molto interessanti: ovvero il passaggio dal segnale analogico a quello digitale che si compirà entro i prossimi 3 anni, durante il quale si ri- - 21 -
  • 32. disegneranno gli equilibri tra gli attuali players e nuovi edi- tori che potranno entrare nel mercato grazie alla digitalizza- zione: con il DTT22 continuerà la frammentazione iniziata anni fa con il Satellitare. Come affermato in conclusione del precedente paragrafo, Internet è l’unico mezzo in contro- tendenza: pur se con una crescita ridimensionata rispetto al recente passato e alle attese, riesce a mantenere il segno po- sitivo avviandosi a diventare il terzo mezzo per raccolta pubblicitaria dopo televisione e stampa. La Radio, grazie all’evoluzione degli ultimi anni e alle caratteristiche strutturali di mezzo tattico (vedi per esempio le fasce di drive time), recupera già ai primi segnali di mi- glioramento di fine anno con una contrazione inferiore alla media del mercato. La Stampa, di contro, mostra un futuro molto incerto: affronta la crisi congiunturale nel bel mezzo di una pesante crisi strutturale - in atto già da tempo e in tut- to il mondo - che peggiora molto la situazione, con previ- sioni di cali molto superiori alla media mercato. Per ciò che riguarda l’Out Of Home, si verifica che le affissioni più classiche subiranno maggiormente i tagli degli investitori, mentre le previsioni mostrano un trend più positivo per i formati digitali e innovativi, per esempio per i circuiti del Transit23. Infine per il Cinema, ad una buona presenza nelle sale registrata negli ultimi anni, non corrisponde una ripresa della raccolta negli investimenti pubblicitari. 22 Digital Terrestrian Television 23 Rilevato da Nielsen Media Research a partire dal 2009 sull’affissione dinamica di IGPDecaux: bus, metro, aeroporti, stazioni. Per il 2009 il valore è stato pari a circa 99 mln di €. Dati Nielsen Media Research 2010. - 22 -
  • 33. Le previsioni per l’economia internazionale e quella ita- liana24 L’economia internazionale sta gradualmente uscendo dalla recessione, grazie al sostegno delle azioni di stimolo fiscale e monetario adottate in tutte le regioni del mondo, anche se oggi, con la crisi della Grecia e la messa in discus- sione dell’Euro, ogni segnale di ripresa sembra essere ri- mandato. Dunque, la ripresa si preannuncia lenta e debole e non ancora in grado di riportare l’economia sui livelli pre- cedenti alla crisi: il ritorno alla piena funzionalità dei mer- cati finanziari e creditizi avviene lentamente, condizionando la ripresa della produzione. Sul mercato del lavoro gravano gli effetti ritardati della crisi e di conseguenza la situazione si riflette sulle famiglie, ponendo un freno ai consumi: in America, il rientro degli eccessi di credito alle famiglie fa venire meno il motore stesso dell’economia con cui si ali- mentava l’intero sistema, mantenendo alta e costante la do- manda. Pertanto, le politiche di emergenza continueranno ad essere adottate fino a che non si sarà raggiunta una fase di maggiore solidità ciclica. Nello scenario 2010, infatti, la ripresa della crescita dell’economia internazionale sarà im- putabile alla regione asiatica. I ritmi di ripresa saranno co- munque più lenti rispetto ai livelli precedenti. Il Pil ameri- cano, in contrazione del 2,6% nel 2009, aumenterà secondo le previsioni Isae dell’1,8% nel 2010, mentre per quanto ri- guarda l’area euro, alla flessione del 3,9% nel 2009 farà se- guito un recupero contenuto nel 2010 (+0,7%). In sintonia con le dinamiche dell’economia mondiale, anche in Italia si concretizza la lenta uscita dalla recessione. L’andamento 24 Highlights dall’Introduzione al Rapporto ISAE (Istituto di Studi e Analisi Economica) “Le previsioni per l’economia italiana”, 23 luglio 2009. - 23 -
  • 34. positivo della produzione industriale, avvenuto durante l’estate del 2009, preannuncia un recupero dell’economia a livello generale. La ripresa viene trainata dalla domanda e- stera e dal lento recupero di quella interna. Quest’ultima, però, è frenata a causa della contrazione del mercato del la- voro e dalle maggiori difficoltà di accesso al credito. - 24 -
  • 35. Il trend attuale degli investimenti pubblicitari nel mondo Grafico 1 – Gli investimenti pubblicitari del 2009 nel mondo Grafico 2 – Le stime degli investimenti pubblicitari del 2010 nel mondo - 25 -
  • 36. Attraverso il grafico 1 e 2, possiamo vedere come lo scenario internazionale degli investimenti pubblicitari, di- mostri di essere particolarmente in crisi: il 2009 mostra dei valori negativi in quasi tutti i continenti industrializzati, ad eccezione di quelli dei paesi emergenti come l’America La- tina (+7%) e il Medio Oriente e Africa (+0,2%). Le stime del 2010, mostrano una timida crescita (+0,8%) a livello globale, dove i paesi emergenti guidano la ripresa interna- zionale (America Latina, Paesi emergenti europei e Sud-Est Asiatico), mentre Nord America ed Europa occidentale ri- sentono ancora delle influenze negative del 2009. Una particolarità interessante del contesto internazionale è mostrata dall’andamento di Internet. Nel 2004 le potenzia- lità attuali di Internet erano già conosciute: Chris Anderson, direttore di Wired, importante rivista tecnologica americana e ormai diffusa in tutto il mondo (dal 2009 anche in Italia), scrive un articolo dal titolo “The long tail”, “la Coda Lun- ga”.25 In questo articolo Anderson, servendosi del concetto di “Coda Lunga”, una distribuzione di tipo paretiano, ovve- ro caratterizzata da una piccola zona “ad alta densità” e da una zona più ampia sempre più piatta “a bassa densità”, spiegava l’avanzata e le potenzialità di Internet. La zona “ad alta densità” è quella popolata da prodotti media caratteriz- zati da un'alta domanda di mercato (i big del mercato), men- tre quella “a bassa densità” è quella popolata da prodotti media con minori volumi di vendita. Insomma, quello che sostiene Anderson è che grazie ad Internet, l’insieme dei prodotti media che popolano la zona a bassa densità, sono in grado formare – cumulativamente – una quota di mercato tale da superare la zona ad alta densità. 25 C. Anderson, The Long Tail, Wired, 12-10, October 2004. - 26 -
  • 37. L’ultilizzo di Internet è in crescita e soprattutto nell’ambito degli investimenti pubblicitari; è sempre più pianificata dagli inserzionisti, superando in alcuni contesti – come quello inglese – anche il medium sovrano, la telev televi- sione. Grafico 3 – Gli investimenti pubblicitari di Internet nel mondo per 2009 e le stime per il 2010. Come vediamo dal grafico 3, gli investimenti pubblicit pubblicita- ri sul mezzo Internet sono cresciuti ovunque durante il 2009, mentre per il 2010 la crescita prevista è a livello g ge- nerale di un +10%, con i risultati più significativi nell’Europa emergente e negli USA. Questo andamento sorprendente di Internet, è strettamente collegato alla se sem- pre maggiore penetrazione del medium nella popolazione. Ad oggi, secondo le stime dell’ Internet World Stats del mese di Settembre 2009, ci si avvia verso i due miliardi di , utenti presenti sul web, fortemente concentrati in Asia (738 mln), in Europa (418 mln) e nel Nord America (253 mln). La scarsa presenza da parte di paesi come l’Africa e il MMe- - 27 -
  • 38. dio Oriente, mostrano come il problema del digital divide sia ancora molto rilevante. Manuel Castells, infatti, afferma che “la centralità di Internet in numerose aree dell’attività sociale, economica e politica è equivalente alla marginalità per coloro che non hanno accesso ad Internet. (…)”26. Que- ternet. sto è proprio il problema di molti paesi in via di sviluppo, carenti sotto il profilo delle infrastrutture delle telec teleco- municazioni. Grafico 4 – La popolazione mondiale del web nel 2009. Per ritornare alle dimensione degli investimenti pubblic pubblici- tari nel 2009, possiamo evidenziare che le perdite più sign he signi- ficative rispetto all’anno precedente sono avvenute negli USA (-12,6 mld dollari), in Giappone (-2,82 mld dollari) e 2,82 in Italia (-2,48 mld). Gli unici paesi che hanno increment 2,48 incrementato il mercato sono stati la Cina (+2,96 mld dollari) e il Brasile (+1,28 mld dollari)27. Per quanto riguarda i vari mezzi, la 26 M. Castells, Galassia Internet, Feltrinelli, Milano, 2006 (2001), p. trinelli, 231. 27 Dati GroupM 2009 su un totale di mercato di 445 mld dollari. - 28 -
  • 39. riduzione più significativa è avvenuta ai quotidiani ( (-11,3 mld dollari), la Televisione (-10,1 mld dollari), per arrivare 10,1 al dato positivo di Internet (+3,7 mld dollari). Il trend attuale degli investimenti pubblicitari in Italia Per quanto riguarda la situazione specifica dello scenario italiano, in sintonia con le dinamiche dell’economia mo n mon- diale, si concretizza la lenta uscita dalla recessione. L’andamento positivo della produzione industriale durante l’estate 2009 ha preannunciato un recupero dell’economia nella seconda parte dell’anno. La ripresa viene trainata dalla domanda estera e dal lento recupero di quella interna. Quest’ultima, però, è frenata a causa della contrazione del mercato del lavoro (ad Aprile 2010, la disoccupazione è a zione ar- rivata all’ 8,8%) e dalle maggiori difficoltà di accesso al credito. Il trend dei consumi dopo aver segnato il punto più basso nel 2009, ha visto una certa ripresa nel 2010 pur maman- tenendo dei valori negativi. Per i due anni successivi si pr pre- vedono dei segni positivi, in particolar modo dal 2012 (G o (Gra- fico 5). Grafico 5 – Il trend dei consumi % anno su % anno (2000-2012) 2012) Fonte: NBI - Nielsen Business Indicators su base Istat/Prometeia agg. Luglio 2009 - 29 -
  • 40. Dal punto di vista della spesa pubblicitaria, vediamo la Televisione che recupera qualche punto, consolidando il ruolo primario nel media mix pubblicitario come già in pa pas- sato è accaduto durante i periodi di crisi del mercato, questa volta però dovendo fare i conti con Internet in costante cr do cre- scita. Grafico 6 – La torta degli investimenti pubblicitari italiani nel primo semestre del 2010 Fonte: Nielsen Media. Commerciale Nazionale, 2010,without Tv Sat, Out of home Tv , Transit and Cards Inoltre il sistema televisivo è attualmente al centro di un cambiamento epocale, che arriva dopo più di vent’anni di duopolio del sistema, con il passaggio dal segnale analogico al digitale entro il 2012. I mezzi digitali, in controtendenza, crescono: oltre a Internet, alle nuove piattaforme televisive rnet, e alle forme innovative di OOH, nei prossimi anni è atteso anche lo sviluppo del mobile. Se confrontiamo i dati con l’anno precedente – che ha segnato un -12,1% sul 2008 – possiamo vedere che il primo quarto del 2010 segna un positivo +4% rispetto allo stesso periodo del 2009. Ciò è certamente un dato significativo che - 30 -
  • 41. contribuisce a far crescere il clima di fiducia delle aziende, tuttavia – come avremo modo di apprendere dall’intervista a Paolo Duranti, a conclusione di questo capitolo – esso non deve trarre in inganno e far credere che i ritmi di recupero dalla crisi viaggino su queste cifre. Il 2009 ha avuto un ppe- sante calo nel primo quarto dell’anno, ma ha manifestato segni importanti di recupero nella seconda metà dell’anno; ciò significa che il +4% registrato nei primi mesi del 2010 verrà senz’altro ridimensionato a circa un +2,5% (Nielsen, 2010), in forza proprio del recupero che il 2009 aveva avuto in quei mesi. Grafico 7 – L’andamento degli investimenti pubblicitari 1990 2009 1990- Fonte: Nielsen Media. Commerciale Nazionale:.without Direct Mail Per quanto riguarda la struttura del mercato pubblicitario italiano, possiamo sostenere che si caratterizza per essere fortemente concentrato e può essere rappresentato grafic tato grafica- mente attraverso una distribuzione paretiana: circa 250 i im- prese detengono una share of market del 66%; circa 1000 imprese detengono il 22%; le restanti – circa 19000 e che costituiscono la maggioranza – hanno una quota del 13%13%. - 31 -
  • 42. Grafico 8 – La concentrazione del mercato pubblicitario italiano per investimenti delle aziende Fonte: Nielsen Media., 2010 en Le categorie merceologiche a cui appartengono le azie azien- de che stanno investendo maggiormente sono quelle legate al Person care, Automotive, Institutions, Enterteinment Enterteinment. Grafico 9 – Numero delle imprese investitrici in pubblicità 1990 2009 1990- Fonte: Nielsen Media+FCP , Universe: Number of enterprises, total market -without Dm without - 32 -
  • 43. Le quote maggiori di investimento vengono destinate da destinate, un numero piuttosto ristretto di imprese, in modo prefere preferen- ziale sulla televisione, dove ciò è dovuto alle forti barriere all’entrata che il medium pone ai piccoli investitori, a causa degli elevati costi degli spazi e delle quote di affollamento spesso sature. Grafico 10 – Spesa media di investimenti e numero di aziende per singolo mezzo nel 2009 Fonte: Nielsen Media, Commerciale Nazionale, 2010, senza Tv Sat, Out of home Tv , Transit e Cards In estrema sintesi, questa è la situazione italiana dei principali mezzi: Televisione: I mesi del 2009 hanno sempre segnalato un segno positivo del totale ascolto tv rispetto all’omologo p pe- riodo 2008, mentre calano le quote di ascolto delle sette e- alano mittenti generaliste a favore di satellitari e delle reti terr terre- stri. Tra le reti del comparto terrestre, rientrano quelle dig digi- tali terrestri che possono contare su un aumento mensile di - 33 -
  • 44. telespettatori grazie all’incremento dell’universo possessori decoder digitale terrestre. Nel 2009 molte regioni hanno i- niziato lo switch over e il successivo switch off per l’abbandono della tecnologia analogica e fa sì che questo procedimento stia influenzando l’ascolto 28 vo. L’offerta DTT si sta arricchendo grazie alla nascita di nuovi canali (Premium Cinema, Premium Extra 1 e 2, Rai Storia, Sky Cielo, etc), mentre i livelli di penetrazione della IPTV sono invece ancora contenuti (rispetto ad altre espe- rienze europee). L’intervallo Gennaio-Marzo 2010 sullo stesso periodo del 2009, segna un +6%. Stampa: È il mezzo che soffre maggiormente la crisi. Dal 21 settembre 2009 è ripartita Audipress (l’indagine era stata sospesa all’edizione 2008.1) e da maggio 2010 sarà dispo- nibile con una nuova modalità di rilevazione: incremento del campione, 3 cicli all’anno e lettura online. I dati di dif- fusione, unico indicatore di andamento delle testate, resti- tuiscono una realtà molto critica. Quotidiani, settimanali e mensili registrano cali di vendite con pochissime eccezioni. Questa crisi strutturale della carta stampata, sommata alla congiuntura negativa degli ultimi 2 anni, sta penalizzando il mezzo in modo molto più grave rispetto agli altri mezzi. La situazione dei quotidiani si avvantaggia di un sistema mul- tipiattaforma sempre più consolidato e riconosciuto dagli investitori e si trasforma in on line news(paper) e free (pa- per). Infatti se è vero che calano le vendite dei quotidiani cartacei, è anche vero che continua a crescere la lettura delle notizie attraverso i siti degli stessi quotidiani: un caso di grande successo è senz’altro “Repubblica.it” che, seppur prevede una sezione a pagamento, offre la maggior parte 28 Dal mese di maggio 2010 la Lombardia, la più popolosa regione italiana, inizia il suo processo di passaggio al DTT attraverso lo switch off di Rete4 e Rai2 sull’analogico e il conseguente passaggio al dtt. - 34 -
  • 45. delle notizie in maniera free. Di contro, per quanto riguarda i periodici, risultano ancora poco diffuse le versioni web/digital, la cui lentezza è forse dovuta alla natura pro- pria di tale mezzo, destinato ad una fruizione in situazioni di maggior relax e nel tempo libero. Nonostante la crisi del mezzo, si può tuttavia evidenziare come in realtà la gente continua ad aver fame d’informazione confezionata professionalmente e il pubbli- co consuma notizie in modi nuovi, soprattutto online. Que- sto pone non pochi problemi per gli editori che, guidati da Rupert Murdock a livello internazionale, si stanno battendo per rendere a pagamento le notizie online, sostenendo che il modello di business basato solo sulle entrate pubblicitarie non sia più sostenibile. Dopo il New York Times e il Wa- shington Post, che hanno da tempo reso a pagamento l’accesso alle proprie notizie online, anche l’editoria giorna- listica inglese sembra intenzionata a limitare la gratuita dif- fusione delle notizie. Nello scenario italiano non sembra si arriverà a breve a percorrere questa direzione, ma si sottoli- nea come l’interesse degli editori italiani verso il mondo delle news online sia molto forte: ne è dimostrazione la ver- sione ad hoc de “La Repubblica” per il lancio dell’IPad di Apple, previsto per la fine di maggio 2010. L’intervallo Gennaio-Marzo 2010 sullo stesso periodo del 2009, segna un +11,3% per i Quotidiani, mentre un -10,3% per i Perio- dici. Internet: Dal punto di vista degli investimenti, Internet è uno dei pochi mezzi che in periodo di recessione mantiene un segno positivo; la sua crescita è ridimensionata rispetto alla previsioni passate, ma continua ad essere positiva anche per il 2009. La tipologia del keyword advertising, che è en- trata a far parte della rilevazione di Nielsen, sostiene la cre- scita degli investimenti sul mezzo, a discapito del display - 35 -
  • 46. advertising che invece risulta essere in flessione. Per quanto riguarda gli utenti, il trend si conferma in crescita, sia per numero di utenti sia per tempo dedicato al mezzo, anche se la presenza nelle famiglie italiane della connessione in ban- da larga è ancora inferiore alla media UE. Di particolare in- teresse risulta essere la crescita dell’utilizzo di tutti i siti so- cial, dove Facebook emerge come un vero fenomeno di massa mostrando come le attività social non siano solo pe- culiari dei target più giovani ma piuttosto stiano “conta- giando” anche i meno giovani. Se consideriamo i luoghi di connessione, casa e lavoro risultano essere i due luoghi di accesso privilegiati, infatti sono entrambi in crescita e spesso sovrapposti: Un quarto degli utenti accede con regolarità sia da casa sia dall’ufficio. Gli altri luoghi di accesso sono stazionari, la scuola così come i luoghi occasionali (luoghi pubblici, casa di amici, etc), mentre cresce l’accesso in mobilità, soprattutto grazie alla diffusione della chiavetta Usb e dei nuovi telefoni dota- ti di tecnologia HSPDA29. 29 High Speed Downlink Packet Access, un protocollo introdotto nello standard UMTS per migliorarne le prestazioni, aumentando la ca- pacità delle reti, ed ampliando la larghezza di banda che, in download, può raggiungere la velocità massima teorica di 14,4 Mb/s (da Wikipe- dia). - 36 -
  • 47. Grafico 11 – I luoghi di connessione di Internet in Italia. Grafico 12 – Modalità di connessione ad Internet Infine, crescono gli utenti Internet ma soprattutto cresce il tempo che ogni utente trascorre online: a DicemDicembre 2009 siamo a 46 ore e mezzo trascorse online in un mese suddi- mese, vise tra navigazione e utilizzo di applicazioni (oltre 1 ora e 30 minuti al giorno, tutti i giorni), questo dovuto soprattutto , alla fruizione di video online e la diffusione delle modalità social che stanno alimentando la crescita del consumo di internet, tanto che su Facebook gli utenti trascorrono il 41% - 37 -
  • 48. del tempo dedicato a Internet30. Risulta chiaro, dunque, che passare più tempo online si traduce in meno tempo per le altre attività, minore esposizione ai mezzi classici in parti- colare, ma anche banalmente per altre attività, anche fisio- logiche, come il dormire. L’intervallo Gennaio-Marzo 2010 sullo stesso periodo del 2009, segna un +3%. Radio: Cresce l’ascolto della radio e si distribuisce su piat- taforme diverse, infatti oltre la radio nell’accezione più classica, troviamo la radio online, la radio mobile e la radio in TV. Per quanto riguarda il target di riferimento, esso è sempre concentrato sui 25-44 anni, ma anche gli under 25 anni mostrano interesse privilegiando l’ascolto sulle fonti alternative che rappresentano il futuro: web, tv, telefono e mp3. Dal punto di vista della fruizione, cresce l’ascolto fuo- ri casa grazie alla portabilità dei nuovi devices come il fe- nomeno Ipod e risulta sempre più forte il fenomeno del po- dcasting che, insieme ad altre possibilità di personalizza- zione dell’offerta, va incontro alla richiesta di maggior segmentazione . Una particolarità di questo mezzo è che non finisce di stupire la forza dei brand delle emittenti, così forti che possono essere esportati con successo su altre piat- taforme, persino in televisione (ad esempio RTL 102.5 o Deejay TV lanciata nel mese di novembre 2009). Un’ altra caratteristica molto interessante che gioca a fa- vore della radio è la sua complementarità con la televisione, infatti, la curva d’ascolto della Radio ha un andamento complementare a quello della televisione. I momenti di peak time della Radio, risultano essere durante la mattina e nel pomeriggio, in corrispondenza delle flessioni della tele- visione. Nella mattina la radio mantiene il suo ruolo di prin- 30 Dati GroupM 2010 su base Nielsen Online, 2009. - 38 -
  • 49. cipale riferimento per l’informazione, mostrando una pene- , trazione superiore alla quella della televisione. Grafico 13 – La curva d’ascolto della radio e della televisione 30000 Radio 25000 Televisione 20000 15000 10000 5000 0 H06 00-14 H06 45-59 H07 30-44 H08 15-29 H09 00-14 H09 45-59 H10 30-44 H11 15-29 H12 00-14 H12 45-59 H13 30-44 H14 15-29 H15 00-14 H15 45-59 H16 30-44 H17 15-29 H18 00-14 H18 45-59 H19 30-44 H20 15-29 H21 00-14 H21 45-59 H22 30-44 H23 15-29 L’intervallo Gennaio-Marzo 2010 sullo stesso periodo Marzo del 2009, segna un +12,6%. Cinema: La congiuntura economica negativa non agevola la crescita delle presenze nelle sale che già subiscono la senze concorrenza della visione casalinga dei film (tv satellitare tv satellitare, home video, iptv e internet). Di conseguenza, il calo di pr l pre- senze nelle sale va di pari passo con i riscontri neg negativi sulla raccolta pubblicitaria. Tuttavia, il cinema sembra mostrare dei timidi segnali di ripresa, questo grazie al panorama delle sale cinematografiche che si è ormai rinnovato completcompleta- mente quasi su tutto il territorio: le monosale sono quasi scomparse e riconvertite in impianti multiplex, cityplex e , multisale. Sono sempre più numerosi anche i circuiti di empre schermi digitali che offrono maggior flessibilità di pianif pianifi- cazione, dove il mezzo continua a puntare all’offerta di op l ope- - 39 -
  • 50. razioni innovative (il cosiddetto below the screen) da af- fiancare alla comunicazione tradizionale. Infine è sempre più utilizzato il product placement, ovvero l’inserimento negli audiovisivi di forme pubblicitarie all’interno della diegesi, fenomeno facilitato dalla sua rego- lamentazione avvenuta nel 2004 attraverso il decreto Urbani (Legge n° 235, 06 ottobre 2004). L’intervallo Gennaio- Marzo 2010 sullo stesso periodo del 2009, segna un +32,4%. Out of Home: Pur essendo tra i mezzi più penalizzati dalla riduzione degli investimenti, l’OOH resta comunque un mezzo in continua evoluzione, tra i più capaci di innovarsi. È importante il contributo generato principalmente da tutte quelle forme non convenzionali che Nielsen, ancora oggi, non rileva: eventi, guerrilla marketing, ambient advertising, etc. Un punto a favore viene giocato dal know how che la consolidata presenza dei tre maggiori operatori internazio- nali (JCDecaux, CBS Outdoor e Clear Channel) mette in campo e che può favorire e consolidare lo sviluppo qualita- tivo e quantitativo dei prossimi anni. Il vero punto di forza di questo mezzo e che promette importanti sorprese per il futuro, è la crescente mobilità delle persone, infatti, tutti i giorni il 64% della popolazione31 utilizza del tempo fuori casa per effettuare viaggi e spostamenti a piedi, in auto o con i mezzi, per raggiungere il posto di lavoro/scuola, ne- gozi, supermercati, casa di amici e altri motivi. A questo sin aggiunge anche il fatto che l’attenzione alla pubblicità è diminuita per tutti i mezzi negli ultimi due anni, ad eccezio- ne dell’OOH che ha guadagnato quasi due punti percentuali ed è secondo solo alla televisione. Tra i veicoli dell’OOH sono infatti i poster e le postcard quelli con le più alte pe- 31 Dati GroupM su rielaborazione EMM 4W Ottobre 2009. - 40 -
  • 51. netrazioni. Inoltre emerge che l’attenzione all’arredo urbano ’attenzione e ai mezzi pubblici è molto più elevata nei grandi centri ezzi (sopra i 100.000 abitanti). Tabella 1 – L’attenzione alla pubblicità per tipologia di mezzo. Insomma, l’OOH è un mezzo dalle potenzialità molto e- levate, forse ancora da scoprire ma soprattutto da sperimen- tare in concreto. Nei prossimi capitoli del presente lavoro, si entrerà maggiormente nel mondo dell’Out of Home erede Out Home, della lunga e antica tradizione della pubblicità ester esterna, sot- tolineandone proprio l’importanza nello scenario attuale di rio ipermobilità del consumatore postmoderno. L’intervallo Gennaio-Marzo 2010 sullo stesso periodo del 2009, segna Marzo un +20,7% relativo all’affissione classica. - 41 -
  • 52. Grafico 14 – L’andamento dei vari mezzi Gennaio/Marzo 2010 vs stesso periodo 2009 Fonte: Nielsen Media, Commerciale Nazionale, 2010, senza Tv Sat, Out of home Tv , Transit e Cards INTERVISTA a Paolo Duranti, Managing Director Nielsen Media Research Southern Europe & South Africa Concludiamo questo primo capitolo con un’intervista ad un professionista a capo della sede italiana di uno degli ist isti- tuti di ricerca più importanti al mondo. I dati raccolti dura duran- te l’intervista, offrono una chiara ed interessante sintesi de del- lo stato di salute del mercato pubblicitario italiano ed inte ubblicitario inter- nazionale, corredati da diverse considerazioni sull’evoluzione dei media. Paolo Duranti, entra in Nielsen nel 1984 nel reparto ntra Client Service per poi passare a GFK Italia nel 1993 per una breve esperienza. Successivamente, inizia le operazioni di izia IHA Italia in qualità di Vice Direttore Generale . Ritorna in - 42 -
  • 53. Nielsen nella divisione Media Research dal 2000 come Ma- naging Director assumendo anche l’incarico di Responsabi- le Southern Europe e South Africa32. 1. Dott. Duranti, è appena trascorso il primo semestre del 2010. Come si sta comportando il mercato interna- zionale degli investimenti pubblicitari? Alla luce del bo- om economico dei nuovi paesi emergenti - pensiamo al c.d. BRIC (Brazil, Russia, India, China) - gli equilibri ri- mangono gli stessi, oppure la torta mondiale degli inve- stimenti si ridistribuisce? Negli ultimi anni abbiamo potuto osservare come l'an- damento della spesa in pubblicità tenda a riflettere, seppur con alcune differenze, l'andamento dell'economia di un pae- se. Tale andamento è inoltre in generale più amplificato: ovvero in una economia in recessione gli investimenti in comunicazione subiscono una forte contrazione, mentre in una economia in ripresa spesso gli investimenti crescono in modo particolarmente vivace. Questo probabilmente riflette maggiormente il clima di fiducia delle imprese piuttosto che i loro fatturati. Come nell'economia l'asse si sta rapidamente spostando verso est, altrettanto avviene negli investimenti in comuni- cazione: la crescita media globale del 4% è infatti la combi- nazione di andamenti piatti o ancora in lieve contrazione in US e in Europa con crescite vicine al 10% nei paesi delle economie emergenti e galoppanti. In ogni caso l'indicazione positiva è che seppur con fati- ca anche i paesi segnati dalla profonda crisi del 2009 stanno rialzando la testa e riprendono coraggiosamente ad investire 32 Estratto da http://it.nielsen.com/company/PaoloDuranti.shtml - 43 -
  • 54. in un contesto in cui ancora la ripresa non è a tutti gli effetti consolidata. 2. Soffermandoci sul contesto italiano, dati alla mano sul primo semestre dell'anno, quali sono le prospettive per i restanti mesi? Il presidente di UPA, Lorenzo Sassoli De Bianchi, ha parlato del 2009 come anno zero della pubblicità... condivide questa affermazione? Si vede un po' di luce al di fuori del tunnel della crisi? Ci sono due elementi di cui dobbiamo tenere conto nel formulare una previsione per il 2010: il contesto economico e il relativo andamento dei settori della nostra economia da un lato e un po’ di algebra dall'altro. Partendo da quest'ultima dobbiamo ricordare che l'annus horribilis del 2009 già nell'autunno aveva dato alcuni se- gnali di un netto rallentamento della flessione favorendo il fatto che negli ultimi mesi del 2009 alcuni mezzi ( in parti- colare TV e Radio) riuscissero ridurre notevolmente il loro decremento: questo fa si che analizzando l'andamento del 2010 verso il 2009 abbiamo un primo semestre "favorito" da un 2009 estremamente negativo e da qui i segnali positi- vi di questa prima parte dell'anno. Il contrario avverrà nella seconda parte dell'anno in cui dovremmo "fare i conti" con un andamento meno negativo della fine 2009 e questo porterà necessariamente ad una ri- duzione del tasso di crescita di circa il 4-5% misurato in questo primo semestre. Venendo invece ai settori (i motori del mercato) dob- biamo senz'altro segnalare una ripresa vivace e convinta di tutto il mondo del Largo Consumo responsabile di quasi 1/3 dei totali investimenti, una tenuta dell'altrettanto importante settore delle TLC e un netto recupero di alcuni settori parti- - 44 -
  • 55. colarmente depressi negli ultimi anni (Abbigliamento e Ar- redamento in primis). Permane "l'incognita" dell'auto che, pur con l'andamento delle vendite particolarmente negativo, non può esimersi dal comunicare l'introduzione sul mercato di nuovi modelli. In sintesi siamo senz'altro vicini alle previsioni comunicate da UPA e le nostre stime parlano di una chiusura intorno al 2.5%. 3. Parliamo di media mix: Alcuni sostengono che lo scorso anno, nel mercato UK, il medium Internet abbia detronizzato la TV, regina storica e indiscussa. Aldilà del- la particolarità del contesto inglese - dove la penetrazio- ne di Internet è al di sopra di altri paesi - ritiene che il mezzo, nelle sue diverse forme di investimento (Display, Search, Dem), rivoluzionerà le scelte future degli inser- zionisti? Tutto ciò senza dimenticare il boom dei social media. Lo scenario dei Media è davvero in grande fermento e questo offre l'opportunità per chi investe di scegliere in un bouquet estremamente più ricco di mezzi. Il grande tema è quanto i mezzi più recenti (Internet e il mondo digitale in genere) sottraggano risorse ai mezzi classici o piuttosto si aggiungano ad essi aumentando lo spending complessivo. La domanda non ha ancora una risposta completa e defi- nita in quanto la costruzione di un nuovo modello di media mix è ancora in corso e molte aziende che investono si muovono con grande cautela, cercando di ottimizzare al meglio la spesa sui mezzi classici e di destinare risorse suf- ficienti ai nuovi media per poterne comprendere a fondo le potenzialità e il loro funzionamento. - 45 -
  • 56. Con questa premessa è indubbio che la share di investi- menti sull' online è destinata a crescere, come peraltro sta già crescendo, allo stesso tempo i mezzi classici sono in grado di tenere le loro posizioni anche attraverso un impor- tante lavoro di restyling e di aggiornamento della loro pro- posta editoriale e commerciale. Internet, che oggi si ritaglia una quota di circa il 7% (di cui circa metà display e metà search), crescerà soprattutto sul display e sulle nuove forme di advertising legata ai so- cial network e il suo tasso di crescita del 10% sarà ben su- periore a quello previsto per la media del mercato. TV radio e stampa che insieme detengono oltre l'80% del mercato a- vranno il compito di rinnovarsi per poter tenere la loro posi- zione e soprattutto integrarsi con i mezzi digitali per poter meglio rispondere alle più sofisticate esigenze degli adver- tiser. 4. Cosa pensa dell'Out of Home? La pubblicità esterna, pur rimanendo la cenerentola dei mezzi, sembra quella che sta facendo più attenzione all'innovazione. Oggi tro- viamo nuovi veicoli OOH che, grazie alla tecnologia, of- frono un'interazione maggiore con il consumatore e lo accompagnano nelle sue crescenti esigenze di mobilità: Qr-Code stampati sui poster o come "domination" su pa- lazzi, leggibili dagli smartphone; Bluetooth push installati negli impianti di arredo urbano, in grado di segnalare tempestivamente offerte o informazioni. Infine, pensia- mo anche al Digital Signage, sempre più presente nel cir- cuito Transit. La domanda contiene già buona parte della risposta: le diverse forme di OOH sono caratterizzate da un altissimo livello di innovazione non solo tecnologica ma anche in - 46 -
  • 57. termini di proposta di comunicazione per il consumatore. Due sono quindi gli assi su cui il mezzo può costruire la propria crescita che peraltro si sta rapidamente manifestan- do in tutti i paesi del globo. I luoghi in cui le persone transitano o sostano sono dav- vero tanti e pertanto le opportunità per questo mezzo sono davvero straordinarie, senza contare la componente di alta tecnologia che rende l'OOH particolarmente accattivante e addirittura trendy. Come ricercatore potrei aggiungere una nota tecnica: le diverse forme con cui l'OOH si può manifestare aprono un dibattito interessante sulla sua classificazione (esterna, arre- do urbano, TV digitale, etc...). Tale aspetto non è soltanto un quesito di natura accademica o da addetti ai lavori ma rappresenta un importante valutazione sulla natura stessa del mezzo e delle sue conseguenti implicazioni in termini di scelta del target e di linguaggio creativo. 5. Per concludere, parliamo del Mobile: Cresce il nu- mero degli smartphone, telefoni cellulari in grado di svolgere moltissime funzioni e di connettersi con facilità ad Internet. Data la forte richiesta di connettività, di sta- re "always on" e in mobilità, dove tra l'altro c'è chi parla addirittura di una prossima saturazione delle frequenze destinate alla banda larga mobile, ritiene che il boom di questo fenomeno inciderà sugli investimenti pubblicitari del medium Internet e su quelli complementari come l'OOH? Consapevole di correre il rischio di essere tacciato come "conservatore", ritengo che il Mobile sia un chiaro esempio di una grande opportunità non ancora sfruttata. La penetrazione totale, l'utilizzo elevatissimo, le funzionali- - 47 -
  • 58. tà praticamente illimitate rappresentano di per sé un insieme di prerequisiti necessari a farne un media a tutti gli effetti. Se oggi consideriamo le cifre destinate agli investimenti su tale mezzo (anche negli US) potremmo un po’ semplici- sticamente dire che il mezzo si ritaglia una quota davvero marginale. Ma non sarà così per molto. Tra lo stato ad oggi e il suo sicuro sviluppo c'è ancora parecchia sperimentazione da fare sull'individuare le moda- lità, i meccanismi e i linguaggi per poter sfruttare a pieno tutte le immense potenzialità di tale strumento. Ciò che è più difficile stimare è quanto tempo ci vorrà: ma ultima- mente siamo molto abituati a osservare fenomeni che cre- scono esponenzialmente e apparentemente senza preavviso. - 48 -
  • 59. Capitolo 2 –Postmodernità, ergo post- marketing? La postmodernità Aggiungere il suffisso post davanti ad ogni sostantivo, sembra oggi essere una pratica al quanto diffusa, non solo tra chi si occupa di studiare le dinamiche evolutive della so- cietà, ma anche da parte di una fitta schiera di giornalisti, opinionisti e da tutto lo show business in generale. Abbiamo scelto per questo lavoro, proprio un titolo che si colloca lungo questa tendenza, utilizzando per esso il significato comune del suffisso post, ovvero quello di “dopo” e nel primo capitolo abbiamo espresso alcune considerazioni sof- fermandoci sul neologismo post-pubblicitario riferito al mercato, giusta sintesi del titolo di questo lavoro. Tuttavia, gli studiosi sembrano essere concordi sul fatto che parlare di postmodernità, non si riduce a considerare un’epoca suc- cessiva a quella della modernità, bensì ad una sua radicaliz- zazione. Dunque, postmoderno, pur essendo un termine molto ut- lizzato e di comune utilizzo, non viene considerato dai più un “buon termine”. Fabris1, ritiene che esso sia tale poiché non indica una specifica fase storica come lo sono state la modernità, l’illuminismo, il romanticismo che indicavano il superamento della rispettiva fase precedente. L’autore ritie- ne che esso non sia in grado di definire in modo chiaro l’inizio di un nuovo corso. Pur ritenendo che non esiste una 1 Cfr. G. Fabris, op. cit. - 49 -
  • 60. teoria generale della postmodernità – e semmai “tanti bran- delli nemmeno tanto organizzati di una visione del mondo” – egli identifica comunque delle caratteristiche che descri- vono il fenomeno. Essa è “presa di distanza dai grandi miti della modernità: ordine razionale; efficienza tecnologica; il primato della produzione; l’equivalenza tra prezzo e quali- tà”2. Ciò che alimenta la postmodernità – secondo il socio- logo – è la profonda rivoluzione tecnologica in atto, il dif- fondersi della tecnologia digitale, l’avvento della società dell’informazione e dei nuovi media. Anche i nuovi modi di produzione che hanno consentito la delocalizzazione pro- duttiva e la globalizzazione dei mercati, sono una caratteri- stica di questa nuova era. La rivoluzione digitale, da ritener- si non meno importante della Rivoluzione Industriale del Diciottesimo e Diciannovesimo secolo, sarebbero – secondo Fabris – l’evento che ha sancito la fine dell’Era della Mo- dernità. La scienza postmoderna, secondo Brown – citato da Fa- bris – “si fonda sul rifiuto della visione del mondo meccani- cistica, deterministica, statica e particolaristica della scienza moderna a favore di un nuovo paradigma basato sui principi dell’incertezza, del caos, dell’evoluzione e dell’olismo”3. Dunque, questa nuova fase della società sarebbe caratteriz- zata da complessità e turbolenza. Questi fattori erano pre- senti anche nella modernità, ma erano considerati come “fattori di disturbo”, mentre oggi – prosegue Fabris – di- vengono fattori costitutivi, condizioni normali dell’esistenza. Ciò che dovrebbe fare l’uomo di oggi, non consiste tanto nel risolvere o ridurre tale complessità, bensì imparare a gestirla. 2 G. Fabris, op. cit., p. 31. 3 S. Brown, Post Modern Marketing, Routledge, New York, 1995 in G. Fabris, op. cit, p. 24. - 50 -
  • 61. Attraverso una terminologia differente, c’è chi cerca di distaccarsi dal tanto “antipatico” suffisso post, preferendo descrivere il medesimo fenomeno attraverso il ricorso al termine ipermodernità. Vanni Codeluppi, ritiene ormai su- perato il termine “postmoderno”, lanciato alla fine degli an- ni Settanta dal filosofo francese Jean-Francois Lyotard, so- stenendo che esso è un concetto molto diffuso nei paesi an- glosassoni “per indicare una crescente frammentazione e di- sgregazione della cultura sociale e la sempre maggiore im- portanza assunta dalle componenti simboliche ed estetiche della vita quotidiana degli individui”.4 Codeluppi, preferisce quindi parlare di ipermodernità, sostenendo che “ciò che stiamo attraversando, più che un passaggio ad una situazione post, a una realtà totalmente di- versa da quella da quella che caratterizzava la modernità, si tratta di una fase in cui la stessa modernità viene portata all’eccesso ed è soggetta ad un processo di accelerazione di tutti i principali fenomeni che l’hanno sempre contrassegna- ta [ovvero]: un’evoluzione storica lineare e relativamente statica, cede il posto ad un’evoluzione discontinua e sempre più veloce e rapida nel suo movimento; […] la situazione di crescente benessere della maggior parte della popolazione allenta la dipendenza da esigenze legate alla necessità di sopravvivenza e favorisce lo sviluppo degli aspetti espressi- vi, simbolici e comunicativi; […] la tradizionale egemonia della cultura maschile, razionale e rigorosa, viene affiancata da una cultura androgina, che tende ad avvicinare i due ses- si, ma anche i due differenti emisferi del cervello, fondendo 4 V. Codeluppi, Manuale di sociologia dei consumi, Carocci, 2005, p. 36. - 51 -
  • 62. così razionalità ed intuizione, rigore e fantasia, concretezza e spiritualità”5. Il sociologo inglese Anthony Giddens, sembra mostrare posizioni più nette nel rifiutare il termine “postmodernità”, sostenendo che in realtà non siamo usciti dalla modernità, ma ne stiamo vivendo proprio una radicalizzazione;6 Tra l’altro non è il solo a leggere in questo modo l’evoluzione della società, infatti anche Alain Touraine si spinge a defini- re l’epoca attuale come una modernità limitata, ovvero “in- compiuta”. Il sociologo inglese, ritiene dunque che sia inutile inven- tare nuovi termini (come quello postmoderno) ma è piutto- sto opportuno guardare alla natura della modernità stessa, poiché essa è stata poco compresa dalla scienze sociali. Giddens, discostandosi dalle tesi prevalenti, adotta un ap- proccio che egli stesso considera “discontinuista”, soste- nendo piuttosto che la modernità – e più in generale la sto- ria del genere umano – sia caratterizzata da alcune disconti- nuità. Questo approccio smonta le tesi dell’evoluzionismo sociale, ovvero quelle che considerano la storia come una “sommatoria” evoluzionistica, e sostiene invece che essa non abbia avuto un moto lineare, bensì discontinuo. In- somma, l’attuale fase storica che stiamo vivendo, iniziata con la rivoluzione digitale – che dai più viene definita “po- stmoderna” – altro non sarebbe che una radicalizzazione prodotta da una delle discontinuità dell’epoca moderna. 5 C. Codeluppi, op. cit., pp. 36-37. 6 Cfr. A. Giddens, Le conseguenze della modernità, Il Mulino, 1994 (1990). - 52 -
  • 63. Dalle origini (moderne) del consumo al consumo postmo- derno Tra gli studiosi dei consumi, non esiste attualmente una visione comune, tant’è che le varie teorie formulate riguar- do alle origini dei consumi, sembrano esser figlie delle ap- partenenze disciplinari degli studiosi che le hanno prodotte. Tuttavia, questo apparente problema, può rivelarsi il punto di forza proprio perché l’eterogeneità delle vedute arricchi- sce notevolmente ciò che sappiamo oggi sul consumo, così come lo conosciamo nelle società occidentali. Il panorama delle teorie sulle origini del consumo vede toccare diversi ambiti. Vanni Codeluppi, propone un’interessante sintesi dei vari approcci: dal commercio (Mukerji, 1983); dalla po- litica (McCracken, 1988); dall’economia (McKendrick, Brewer, Plumb, 1982); dal lusso (Sombart, 1988); dallo spettacolo delle merci (Codeluppi, 2000); dalla cultura ro- mantica (Campbell, 1983,1992); dall’etica (Lears, 1983)7. Si ritengono maggiormente importanti per il nostro oggetto di studio quelli che ricercano le origini nel commercio, nell’economia e nello spettacolo delle merci, perchè legati tra di loro e perché seguono un continuum. Mukerji, ritiene che la cultura del consumo delle società occidentali è stata preceduta dalla cosiddetta “rivoluzione commerciale” avvenuta nel Quindicesimo e Sedicesimo se- colo. Tale rivoluzione ha reso disponibile per la prima volta sui diversi mercati dell’Europa, una vasta gamma di prodot- ti nuovi e sconosciuti, provenienti dalle colonie negli altri continenti. Immediatamente legato a questo approccio c’è quello che ritrova le origini nell’economia. Anche se McKendrick, Brewer, Plumb, spostano in avanti le origini di circa duecento anni rispetto a Mukerji, facendo coincide- 7 Cfr. V.Codeluppi, op. cit., 2005. - 53 -
  • 64. re la nascita del consumo con la Rivoluzione Industriale e la produzione di massa, è evidente che la rivoluzione indu- striale è stata possibile anche grazie alle materie prime e in- novazioni prodotte dalla Rivoluzione Commerciale. Questa fase è quella che vede la nascita di alcune discipline come il marketing o la pubblicità, nella loro rispettiva fase di proto marketing e proto pubblicità, necessarie per portare a cono- scenza dei soggetti (futuri consumatori) i nuovi beni della produzione di massa. Legata a questa concezione della na- scita del consumo e complementare ad entrambi gli approc- ci citati, si colloca la teoria di Codeluppi, il quale sostiene che la cultura del consumo è riconducibile alla “vetrinizza- zione delle merci”. La cultura occidentale del consumo eb- be inizio quando i negozi iniziarono a dotarsi di vetrine che rendessero visibili i prodotti e che catturassero gli sguardi dei soggetti che popolavano le strade. Questa nuova conce- zione, figlia anche della cultura dell’esposizione vigente nella seconda metà dell’Ottocento, fa si che nascano luoghi deputati al consumo come i grandi magazzini, cattedrali del consumo come verranno più avanti definite (Ritzer, 2000), all’interno dei quali trovassero posto tutto ciò che la produ- zione di massa era in grado di produrre. Se riflettiamo un attimo, ci accorgiamo che quest’ultimo approccio descrive un processo che si è evoluto fino ad oggi e che trova nel centro commerciale il tempio sacro del con- sumo, aggregatore di marche e contenitore dei suoi discorsi che sostituiscono i suggerimenti dei negozianti di fiducia sotto casa di un tempo. Oggi non più luogo di consumo, ma anche luogo di interazione sociale e soprattutto di esposi- zione ai messaggi pubblicitari. Troveremo più avanti dei ri- scontri pratici a quanto sosteniamo qui e descriveremo in particolare i nuovi circuiti del consumo e le nuove forme di - 54 -
  • 65. pubblicità out of home. Ma come si arriva a parlare di con- sumo postmoderno? Innanzitutto, possiamo sottolineare che dalle origini del consumo e fino all’epoca moderna, il significato del “con- sumare” rispecchiava la sua etimologia latina di consumere, ovvero di “spendere, esaurire”. Dunque, il suo significato era esclusivamente di tipo fisico, inteso come logorio, di- struzione di un bene. Pierluigi Cervelli, in un recente saggio riporta la definizione della Treccani per indicare che il con- sumo è “l’operazione o il processo mediante cui beni eco- nomici vengono utilizzati, per appagare un bisogno, per produrre nuovi beni e sim.”. Il semiologo, prosegue soste- nendo che oggi l’atto di consumo è una produzione di sen- so, proprio perché gli individui non consumano soltanto og- getti, ma piuttosto segni8. Possiamo fare riferimento ad alcune proposte teoriche avanzate a partire dagli anni Settanta in poi e che oggi costi- tuiscono la base per la comprensione del consumo e in par- ticolare del consumatore. Si deve alla Scuola di Birmin- gham il principale contributo che assegna al consumatore un ruolo attivo e creativo, e il tentativo di risemantizzare in senso positivo il concetto di cultura di massa. Il consumato- re viene dunque considerato come attivo costruttore del sen- so dei prodotti che consuma e rielabora ai propri fini, ciò che gli viene proposto dai media e dalle imprese. Un altro approccio interessante è quello di Bauman, il quale ci permette di riprendere le considerazioni riguardo alla modernità e postmodernità, espresse nel precedente pa- ragrafo e di innestarle nel solco dei consumi. Secondo Bauman, la modernità ha attraversato due fasi: una prima 8 Cfr. I. Pezzini, P. Cervelli (a cura di), Scene del consumo: dallo shopping al museo, Meltemi Editore, Roma, 2006, pp. 22-24. - 55 -