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Marketing Dictionary Dizionario semiserio di Marketing
Pier Luca Santoro Esperto di marketing, comunicazione & sales intelligence. Dal 1987 in poi é stato responsabile del marketing e dell’organizzazione commerciale di grandi imprese [Star, Giuliani, Bonomelli].  Dal 1998 opera come consulente per progetti di posizionamento strategico, organizzazione, comunicazione & formazione per aziende pubbliche e private, associazioni di categoria e amministrazioni pubbliche. Autore di pubblicazioni sul marketing, l’analisi di mercato, attualità manageriali & redattore di un giornale on line professionale www.marketingblog.it
A Alternativo o Complementare
ALTERNATIVO O COMPLEMENTARE   Si sprecano oggi giorno le definizioni sulle nuove metodologie di marketing & comunicazione di massa  buzz ,  guerrilla ,  street ,  stealth , sono solo alcuni dei nomi di questo approccio che vengono, talvolta,  classificati come  marketing alternativo .   Un aiuto alla comprensione di questi fenomeni ci viene fornito dalla  ricerca pubblicata  da LexisNexis ad inizio di questo mese.   Il tema della ricerca riguardava il livello di fiducia che il pubblico ripone nei media, valutandone le, eventuali, differenze relativamente ai mezzi non tradizionali.   Come si evince dalla sintesi del grafico sottoriportata la metà del campione continua a riporre la propria fiducia nel più tradizionale e diffuso dei mass media, la televisione.
Sempre secondo i risultati della ricerca il 35% degli intervistati [margine di errore statistico della ricerca 5%] in futuro pur continuando a riporre la propria fiducia nei media tradizionali baserà la propria opinione e riporrà la propria fiducia anche nei mezzi non tradizionali [citizen journalists,  alternative or internet-only publications, blogs and podcasts]. Allo stesso tempo  AdAge  riporta una case history relativa ad una  marca di birra  statunitense che, a mio avviso, fornisce ulteriori spunti di riflessione e confronto sul tema.   La  Milwaukee's Best ha diffuso con successo un  video virale  dal titolo “ beer cannon ” che avrebbe avuto un ampio riscontro con oltre tre milioni di visioni del video prodotto e ben  197 blog  che hanno commentato l’azione di comunicazione ma tutto ciò non ha prodotto alcun risultato di vendita sortendo, clamorosamente, l’effetto contrario di riduzione della quota di mercato della marca in oggetto durante le settimane della campagna.   Produrre un  dizionario del marketing alternativo  è certamente una apprezzabile iniziativa che favorirà la comprensione della terminologia ai neofiti ma ci starei molto attento con i facilismi e con le  definizioni .  Alternativo, al momento, mi appare una definizione assolutamente inopportuna; complementare [essendo di complemento a mezzi e metodi più tradizionali..........e più validati?], come ho già  avuto modo di dire , mi sembra una definizione maggiormente condivisibile.
B Business della coda lunga
"In un'era senza i limiti degli scaffali reali e di altri colli di bottiglia della distribuzione, i beni e i servizi destinati a pochi clienti potenziali possono diventare economicamente interessanti.  “ Quando ai consumatori si offre una scelta infinita appare il vero volto della domanda. Si può constatare che c'è una concentrazione di prodotti star minore di quello che pensiamo. Le persone arrivano fino a piccole nicchie di offerta perchè rispondono meglio alle loro esigenze ".   Queste notissime parole sono di  Chris Anderson , direttore di " Wired ", che le ha pubblicate nel suo  blog , dopo un articolo scritto sulla rivista nell'ottobre 2004, integrato poi fino a diventare il libro " The long tail.  Why the future of business is selling less of more",  Hyperion, New York, 2006. BUSINESS DELLA CODA LUNGA
L'espressione colloquiale di Anderson si riferisce alla parte terminale della curva statistica di distribuzione [nella curva di Pareto, di Levy, di Zipf, ecc.] e differenzia la possibilità, data da Internet, di rendere economicamente conveniente per un'azienda l'offrire piccoli volumi di prodotti o servizi perchè "la scelta senza fine crea la domanda illimitata".   Con Internet la redditività aumenta per la drastica riduzione dei costi di immagazzinamento, distribuzione, trade marketing, pubblicità e comunicazione esterna.   Il business della coda lunga è una teoria organizzativa, che riconosce alle nuove tecnologie il maggiore peso tra le variabili organizzative e gestionali. Inverte l'approccio tradizionale, basato su un piccolo assortimento con vendite di massa di ogni prodotto. Consente la personalizzazione dei rapporti tra azienda e cliente, perchè l'offerta è ampissima e le vendite per ognuno delle migliaia di prodotti esposti si possono limitare a poche decine di pezzi e arrivare fino all'unità.   Le aziende a cui Anderson ha guardato inizialmente sono quelle come  Amazon ,   iTunes  e  Netfix , che vendono libri, musica e filmati.   Ma il modello di business della coda lunga si va estendendo ai servizi innovativi e convenzionali, dal software ai prodotti assicurativi e finanziari e sta dando vita a un nuovo settore dell'economia di mercato, coerente con la globalizzazione e con le specifiche esigenze individuali di  distinzione.   Questo modello è reso possibile da organizzazioni flessibili e da persone ad elevata competenza relazionale, in grado di operare nella prospettiva del "relationship selling". 
C Caffè Virale
CAFFE VIRALE   Starbucks Coffe  ha intrapreso un innovativa campagna di marketing virale in coincidenza della ripresa per il terzo anno di quella che definisce come  Holiday Red Cup.    “ Ambasciatori” della marca negli Stati Uniti ed in Canada regalano ditribuendoli per la strada biglietti gratuti di diverse tipologie, quali biglietti del cinema, per pattinare, per il parcheggio....etc. I fortunati ricevono, inoltre, un biglietto che oltre a recare impressa una frase di felicitazioni per la vincita ha stampato un numero.   L’idea è quella di costruire una catena, virale appunto, di diffusione. Basta infatti collegarsi al sito  ItsRedAgain  ed indicare dove e quando si è ricevuto l’omaggio per poterlo poi donare ad un’altra persona..   La campagna Holiday Red Cup prevede, in aggiunta, altre iniziative più convenzionali.   ItsRedAgain potrebbe diventare un modello di iniziativa per tutte le aziende/i marchi che ricercano un sistema per una forte relazione ed un ottimo livello di  coinvolgimento  dei consumatori.     Non è, infine, da sottovalutare l’impatto in termini di branding del concetto sottostante l’iniziativa nel suo complesso.   Red cup da un lato presuppone l’idea di bere una bevanda speciale ed esclusiva durante il periodo natalizio, dall’altro potrebbe diventare per Starbucks l’equivalente di quello che è stato  babbo natale  per la Coca Cola.
D Disincentivato
[DIS]INCENTIVATO   Avendo fornito il mio contributo alla  ricerca  relativa ai sistemi di incentivazione dei venditori – a proposito di  scambio  e  condivisione  della conoscenza – OD&M Consulting mi ha cortesemente omaggiato l’executive summary della stessa.   A quasi un anno di distanza dalla  precedente edizione  sullo stesso tema dedicata, però, alle reti vendita indirette mi sono tuffato nella lettura del rapporto in cerca di buone notizie e cambiamenti positivi.   A quanto pare, invece,  nulla di nuovo  sotto il sole.   L’obiettivo dell’indagine è indagare e mettere a confronto le pratiche aziendali relative:   - all’organizzazione delle reti di vendita indirette, - alla gestione di tali strutture, - alle retribuzione dei venditori non dipendenti.   Alla  survey  hanno partecipato 137 aziende; secondo quanto dichiarato, si tratta di un campione rappresentativo sia per il numero stesso dei partecipanti che per la loro profilazione in termini di settori e dimensioni aziendali e perciò anche la speranza che la ricerca non fosse valicabile sembrerebbe sfumare. 
Obiettivi assegnati alle reti di vendita Ad esclusione del margine di contribuzione, la cui relativa rilevanza parrebbe, però, stridere rispetto alla marginalità rilevata in riferimento al rispetto dei prezzi di listino, i criteri sono esclusivamente quantitativi nella grande maggioranza dei casi relegando ad obiettivi di second’ ordine fattori quali la soddisfazione e la fidelizzazione della clientela.
Il 43% delle aziende assegna, inoltre, obiettivi che si articolano su un’ arco temporale almeno semestrale e che o si riferiscono a cicli di vendita complessi e lunghi [elemento che scorrendo l’elenco delle aziende rispondenti non sembra corrispondere] o evidenzia gravi lacune anche in quest’ambito.   Ad adbundantiam  gli incentivi sono corrisposti nel 30% dei casi, comunque, su base discrezionale non meglio specificata.   Insomma, il gestore [azienda e direttore commerciale/vendite] non gestisce e quando lo fa applica spesso fattori di soggettività che non possono che risultare ulteriormente, qual’ ora necessario, disincentivanti sia rispetto alle  best practices di vendita  che alle  aspettative  dei venditori.
E Edutaitment
Edutaitment   Apprendimento sperimentale I giochi di simulazione sono sistemi di apprendimento sperimentale impiegati nella formazione aziendale.  Servono a sviluppare capacità operative e a migliorare i comportamenti di relazione: acquisizione di tecniche, conoscenza di principi di riferimento, coinvolgimento nelle logiche di azione, affinamento di competenze diagnostiche, di comunicazione, di soluzione di problemi, di relazioni interne ed esterne, di elaborazione di tattiche, ecc.  Possono essere supportati con le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione e svolti online e off line.   Affianco a questi punti di forza, anche nella versione più sofisticata del "gioco d'affari" (business game), hanno come punti deboli il costo di realizzazione elevato, un tetto o un numero minimo di partecipanti, la verosimiglianza dei comportamenti richiesti, la seriosità della formazione d'aula, la poca trasparenza dei meccanismi di successo e insuccesso, predefiniti.
Mass Communication Game   A questi limiti pone rimedio il "Mass Communication Game", un gioco di simulazione costruito a partire da dati e fatti specifici di un'azienda, che fa esplorare diverse alternative di comportamenti individuali, di gruppo, intergruppi, generali, attuali e potenziali, in diversi ambienti micro e macro di mercato e di organizzazione. Serve a diffondere la conoscenza e a favorire l'integrazione attiva sugli obiettivi aziendali.   E' focalizzato sulla riproduzione e lo sviluppo del know how. Può essere utilizzato "in presenza" e "a distanza" con un numero dal minimo (12-15) al massimo di partecipanti (400-500), nel posto di lavoro, in aula, in convention e in meeting, con team funzionali e interfunzionali, con clienti e fornitori, con un tempo di 3-4 ore, consecutive o divise.   E' basato su una logica di edutaitment (education + enterteinment) per imparare facendo, in modo divertente.   Ha costi contenuti e il "prodotto" su misura è di proprietà dell'azienda committente, che può eventualmente riutilizzarlo perché da esperienze e risultati diversi a seconda dei diversi partecipanti.   Il "Mass Communication Game" è realizzato da Pier Luca Santoro che l'ha ideato e ha curato il suo sviluppo per aziende del settore alimentare, chimico, farmaceutico, cartario, dell'estetica professionale, della grande distribuzione, per un network del settore dei servizi, per una compagnia di assicurazione e per una multinazionale del beverage   I criteri di attivazione del "Mass Communication Game" sono: - la personalizzazione dei contenuti, dei modi e dei tempi di apprendimento in relazione alle competenze e alle motivazioni di ogni partecipante, - la flessibilità dell'apparato di sostegno, che combina diverse attività di gruppo per soddisfare i bisogni di conoscenza pratica, - l'integrazione attiva di ogni partecipante sugli obiettivi organizzativi da raggiungere, - la rapidità e l'efficacia di sviluppo e miglioramento continuo delle competenze aziendali.
F Fly on Target
FLY ON TARGET   Nell’epoca del  one to one marketing   la ricerca di gruppi di individui con  caratteristiche  e  stili di vita  il più omogenei possibili è divenuto sia il must che, al tempo stesso, il compito di maggior difficoltà dei marketers.   Essendo tabagista incallito di lungo corso apprezzo sia personalmente che professionalmente la scelta effettuata da una compagnia aerea che ha scelto senza compromessi l’utenza alla quale rivolgersi .   Smintair   si autodefinisce  the world's first smoker's airline   concentrandosi quindi su quella [ancora ampia nonostante le crociate antifumo] fascia della popolazione che coltiva l’irrefrenabile desiderio di inalare monossido di carbonio, nicotina senza vincoli di sorta. L’operazione mi sembra assolutamente condivisibile, come predetto, sia personalmente per il naturale istinto a resistere a qualsivoglia restrizione della propria libertà di scelta che in chiave personale stante sia l’ampiezza del target di riferimento che l’esclusività [che io sappia] della selling  proposition .
G Genericamente Parlando
Genericamente parlando   Quando il nome di prodotto è  generico  vengono a mancare gli elementi più basici di definizione della relazione tra il prodotto/azienda ed l consumatore finale. Tale aspetto si magnifica se il prodotto in questione, come nel nostro caso è dedicato alla cura della salute.   Infatti, chi tra noi assumerebbe un  prodotto generico ? Quando pensiamo alla salute vogliamo qualcosa di efficace e di specifico per le nostre esigenze di prevenzione e/o di cura, non un medicinale generico!   Generico è il prodotto, generica è la cura e generica è, altrettanto, la relazione che [non] si instaura tra i consumatori di farmaci prescrivibili ssn ed i prodotti medicinali unbranded.   Già dall’esame delle categorie maggiormente acquistate negli hard discount si rileva che i prodotti a maggior coinvolgimento emotivo [ai liquori agli alimenti per neonati] abbiano fette di mercato estremamente contenute in virtù della mancata brandizzazione degli stessi.  Chi immaginasse che questo possa avvenire in ambito sanitario sarebbe, alternativamente, un visionario o un millantatore.   La maggior penetrazione dei farmaci con un principio attivo del quale è scaduto il brevetto passa inevitabilmente,anche, attraverso l’identificazione di un nome che li qualifichi positivamente; se posso dire la mia, punterei su un concept di “royalties free medication”.  
H Happy Honda Days
HAPPY HONDA DAYS   Apprendo  che Honda ripropone per il terzo anno consecutivo gli “Happy Honda Days”; secondo quanto riportato il marchio automobilistico quest’anno punterebbe di più sulla comunicazione on line e sul marketing virale.   A questo scopo avrebbe creato [on line dal 23 nov. Scorso] un  microsito  dal quale con 5 passaggi e relative “personalizzazioni” si può comporre ed inviare una cartolina d’auguri virtuale.   Pare che il target di riferimento sia identificato con precisione come, altrettanto, riportato:  The ad campaign's target audience is 25-to 54-year-old in-market consumers . Di virale c’è soltanto la malattia che deve aver colpito cliente ed  agenzia  nel concepimento della campagna.   Il  target  è identificato con la stessa precisione secondo la quale ciascuno di noi andrebbe a caccia di farfalle con un bazooka.   La cartolina ha un livello di personalizzazione scadentissimo, come altrettanto ne diviene il risultato finale; personalmente non la manderei nemmeno al mio più acerrimo nemico.   Tutto realizzato, insomma, secondo gli  ultimi   dettami .    Peccato non abbiano realizzato la campagna prima, altrimenti sarebbero certamente stati inseriti nella  storia di copertina  di BusinessWeek di questa settimana; indovinate in quale delle due categorie l’avrei inserita io.
I Imparare ad Innovare
IMPARARE AD INNOVARE   Nelle aziende le persone con licenza di innovare sono poche. Le imprese sono spinte a routinizzare le proprie attività prima e a riprodurle poi per tentare di ridurre i margini d'incertezza nell'azione organizzativa.   In questo modo mirano a rendere affidabile il comportamento dei componenti di un gruppo di lavoro e semplificano la valutazione delle performance osservate.   Chi può decidere e valutare i risultati e le azioni degli operatori, ciclicamente scarica su questi la responsabilità di sviluppare l'azione organizzativa in modo corrispondente alle dinamiche di mercato.    Sono allora affidati ai team, che, come dice Peter Senge, per la maggior parte operano a un livello di intelligenza inferiore a quello più basso dei loro singoli membri, di realizzare l'innovazione e di valorizzare in sinergia le capacità di cogliere  nuove opportunità e di acquisire vantaggio competitivo.
Curtis R. Carlson e William W. Wilmot sono due esperti di metodi per l'innovazione dei prodotti, seguaci più dell'approccio di  Deming alla qualità totale che di quello di Senge, pur se il titolo del loro libro, " Innovation.  The five disciplines for creating what customers want ", Crown Business, New York, 2006, ricorda quello del bestseller "The fifth discipline", pubblicato 16 anni fa dal docente della Sloan School of Management .   Se per Senge l'innovazione era indispensabile per dare un futuro all'azienda, Carlson e Wilmot aprono il loro libro con la citazione dell'economista Paul Romer: "L'innovazione è ora la prima forza trainante della crescita, prosperità e qualità della vita" e precisano che "l'innovazione è il processo di creazione e trasmissione di nuovo valore per il consumatore sul mercato".   Fra aneddoti, esempi e casi, tratti da esperienze condotte dalla SRI, la società di consulenza dei due autori, viene illustrato un metodo per imparare ad innovare e sono mostrati gli strumenti messi a punto per operare. In appendice il migliore: l'analisi dei fattori del valore.  
Le cinque discipline enunciate nel sottotitolo sono chiarite così in sequenza: -  identificare le esigenze del cliente, -  creare soluzioni per soddisfarle -  costruire gruppi per l'innovazione, -  potenziare i campioni dell'innovazione perchè reggano il peso della progettazione e -  infine, allineare tutta l'impresa sulla creazione di valore per il cliente.   Carlson e Wilmot si mostrano convinti che basti introdurre con la formazione la loro metodologia nelle aziende perchè il processo di innovazione si avvii e si possa radicare con i successi che la perseveranza può dare.   Non li sfiora il dubbio che occorrano interventi di motivazione, di cambiamento culturale e di riconfigurazione organizzativa. Paradossalmente, puntano sulla routinizzazione dei comportamenti innovativi e perciò fanno leva sulla costruzione di team e sulle condotte dei leader per concludere nell'ideologico: la fondazione della competitività nazionale in un mondo di abbondanza per mezzo dell'azienda pervasa dal CVC - la creazione di valore continuo.
K Kenwood on Fire
KENWOOD ON FIRE   Abbiamo già avuto modo di  parlare  delle iniziative di marketing e comunicazione che  Kenwood  sta implementando ultimamente. Sarà per l’attenzione e la cortesia dedicata nel fornire un rapido  feedback  o per l’apprezzamento delle attività in essere ma credo che possa essere interessante tornare a parlare di loro.   Dal 18 Settembre all’8 Ottobre è on air una interessante operazione di  street marketing  che attraversa l’Italia da Milano a Palermo; un’auto bruciata ma equipaggiata con un impianto stereo funzionante [vd. dettaglio immagine] viene/verrà posta nei centri delle città.   Oltre all’evidente vantaggio di attirare l’attenzione e di favorire la diffusione del messaggio mi sento di “lodare” l’iniziativa per la congruità del messaggio che certamente, oltre ai due elementi precitati, veicola la qualità del prodotto elemento di coerenza comunicazionale, a mio avviso [obviuously] , non trascurabile.
L La nuova era dell'instore marketing
LA NUOVA ERA DELL' IN-STORE MARKETING   Secondo quanto riportato ed affermato dall’ in-store marketing institute  l’audience per  l’in-store marketing  oggi può essere misurata.   La novità, se validata a livello internazionale, non può che essere ben accolta; vediamone, dunque, i fattori essenziali qualificanti [per i dettagli vi rimando alla  fonte ].   Il modello di misura predice l'interesse  del consumatore per la categoria o la zona del negozio, per giorno della settimana, creando una comprensione senza precedenti delle dinamiche nel negozio.   Il modello potrebbe risultare essere un evento di spartiacque per il mondo di vendita, perché permette che il negozio sia confrontato  [per esempio] accanto alla televisione, alla radio e ad altre forme dei mass-media. Potrebbe fare per l’in-store ciò che la misura dei GRP [Gross Rating Point. È il rapporto fra il totale dei contatti lordi e il numero degli individui che compongono il target da raggiunge] ha fatto per la televisione.
Nell’in-store la comunicazione e la promozione sono stati per molto tempo un elemento del mix di marketing al consumatore finale, ma il relativo valore potenziale come veicolo della costruzione della marca non è mai stata valutato obbiettivamente.    Stabilendo una metrica comune che possa essere capita sia dai marketers che dai retailers questo modello può aprire nuovi orizzonti nella comunicazione sul punto vendita.   Il modello è stato chiamato PRISM [Pioneering Research for an In-Store Metric] ed è stato creato in associazione tra alcune delle più importanti catene di distribuzione degli States e le maggiori aziende con prodotti  FMCG .    En hora buena!
M Marketing Tools
MARKETING TOOLS   La scorsa settimana ho provato ad alimentare il confronto relativamente alla  misurazione  degli investimenti di marketing e, più in generale, rispetto alla assoluta necessità di definire gli  indicatori di valore  in tale area.    Sempre in quest’ambito mi appare di assoluto interesse il tool di simulazione messo a punto da  Synovate .  Brand Value Creator, secondo quanto dichiara  Jannie Hoffman , prende in considerazione tutti i fattori che influenzano il comportamento d’acquisto, al di là della comunicazione pubblicitaria, offrendo una conoscenza della solidità della relazione con la marca, una miglior comprensione delle barriere che si frappongono tra la marca ed i consumatori [disponibilità di prodotto, canali di distribuzione...etc.] e simulando con distinti modelli predittivi i possibili scenari ed il relativo impatto. La maggior parte degli investimenti di ricerca si concentra nel misurare [spesso senza adeguato rigore metodologico] la notorietà di marca e l’intenzione d’acquisto dei consumatori;  Brand Value Creator  simula l’impatto delle scelte sulla base di 23 parametri distinti fornendo un modello previsionale decisamente più interessante e completo.   Synovate afferma di aver validato lo strumento con 400.000 casi in venti distinte categorie di prodotto senza però che tra queste ne compaia alcuna del comparto dei  FMCG ; elemento che potrebbe rappresentare un limite oggettivo all’utilizzo del simulatore ed al quale pare si stia ponendo rimedio con un programma pilota in cui è coinvolta una [non meglio specificata] marca di soft drinks.  Il simulatore si basa fondamentalmente sui modelli matematici della  teoria delle reti .
N Net Promoter Score
NET PROMOTER SCORE   Buoni e cattivi profitti, il cliente come promotore dell’impresa  è il titolo dell’ ultimo libro di Fred Reichheld ritenuto universalmente uno dei maggiori esperti mondiali di customer loyalty.   La principale trattazione del libro, tradotto e pubblicato in Italia nel luglio di questo anno, si comprende ancor meglio dal titolo originale  The ultimate question. Driving good profits and  true growth.   Fin dal primo paragrafo del libro Reichheld chiarisce quali siano i cattivi profitti argomentando come troppe imprese non sappiano distinguere i profitti sostenibili da quelli nocivi terminando spesso per realizzare solo i secondi che si ritorcono nel tempo contro l’azienda stessa allontanando i clienti e influendo negativamente sul morale di dipendenti.   Reichheld esprime a chiare lettere la sua opinione rispetto a ciò che distingue un profitto buona da quello cattivo individuando il confine tra i due nella fedeltà del cliente.
In maniera estremamente pragmatica, riconducendole a parametri di profittabilità duratura e sostenibile, vengono analizzate e definite le aree della customer satisfaction e della customer loyalty in termini di ricerca ed analisi  e ,quindi, di sviluppo e finalizzazione.   In questo ambito l’autore introduce il  Net Promoter Score , strumento di misurazione per determinare la percentuale di clienti soddisfatti che diventeranno “promotori” della crescita aziendale e di valutare l’impatto dei comportamenti leali [e sleali] sui profitti.   Non mancano, ovviamente, esemplificazione concrete e case histories.   Di estremo interesse mi è apparso nel corso della lettura del libro il capitolo 9 dedicato a come sviluppare una community di promotori attraverso l’ascolto con esemplificazioni di attività sia on che off line.  Personalmente, anche se non sono citati specificatamente, ho pensato [anche] al ruolo dei “corporate blog” in tal senso; ma di questo parleremo un altro giorno.   Il saggio di facile lettura, ampiamente comprensibile anche ai non addetti ai lavori, [ri]propone strumenti e chiavi di lettura innovativi nel mare magnum, della customer satisfaction. Secondo me, 20 euro ben investiti.
O Open Day
Open Day   Abbiamo già avuto modo di descrivere in sintesi l’organizzazione e la giornata tipo di un  porte aperte  di una concessionaria d’auto, ma “eccezionalità” dell’evento ed il mio personale coinvolgimento nella kermesse mi fanno immaginare che valga assolutamente la pena di ritornare sull’argomento.    Porte aperte o, nella versione inglese, open day che dir si voglia è un nome vecchio e stantio richiama alla memoria di tutti quelli della mia generazione i primissimi “ Porte Aperte alla Renault ”di almeno venti anni fa [per l’esattezza 21].   Porte aperte significa o può quantomeno significare che il resto del tempo siamo chiusi, ovvero non disponibili cosa che nel terzo millennio è una bestemmia, un insulto al cliente.  Semplificare la vita al cliente è un imperativo del “nuovo marketing”, facilitare l’acquisto è assolutamente l’imperativo, conquistarne la fiducia l’obiettivo ultimo; pensare di farlo vestendo da evento una situazione che dovrebbe oggi giorno costituire la normalità è, perlomeno, inadeguato. Inoltre, l’ evento si configura come un vero e proprio  mezzo di comunicazione .   Al di là degli obiettivi specifici di lancio o rilancio di  un prodotto  gli obiettivi di un evento sono sintetizzabili in:   - Aumento della visibilità sui media locali [stampa, radio e televisioni] con ritorni redazionali. - Inizio di un dialogo con i più importanti pubblici di riferimento. - Intensificazione del rapporto interno con i propri dipendenti e collaboratori - Creazione di un rapporto di maggior visibilità e familiarità con la comunità ed il centro dove ha luogo l’impresa [la concessionaria].
E’ universalmente risaputo che  un media affollato  è meno efficace e che quando questo avviene il cliente non modifica il suo  comportamento  e, perciò, a parità di condizione non premia l’impresa che ha promosso l’iniziativa.    A quanto pare i concessionari se ne sono già accorti da tempo ed infatti la Federaicpa già a luglio di quest’anno ha diffuso sul proprio sito internet un  breve studio al riguardo  con un interessante sintesi sulle redemption ottenute dalle azioni di direct mailing effettuate per invitare la clientela [attuale e prospect] a questo genere di eventi che evidenzia come non siano più da considerasi tali e che l’ adesione a questo tipo di iniziative ha subito un crollo esponenziale negli ultimi dieci anni.   Insomma ho proprio l’impressione che le case automobilistiche debbano ricredersi e ravvedersi sul perpetuare questo tipo di iniziative prima che davvero si trasformino per loro e per le loro reti periferiche [quelli che noi comunemente chiamiamo concessionari d’auto] nel remake di  non aprite quella porta .
P Passaparola
Passaparola   Non parliamo del gioco a premi ma di  word of mouth marketing  prendendo spunto dalla sintesi della recente ricerca Ipsos-Asi sul tema pubblicata su “ Italia Oggi ” [richiede registrazione] del 28 settembre scorso.   La ricerca è stata effettuata nei cinque più importanti paesi d’Europa Italia compresa e può perciò fornire spunti di riflessione operativi direttamente applicabili anche nel nostro paese.   Le Fonti più consultate in Italia:     [Fonte: Elaborazione  Italia Oggi  su dati  Ipsos-Asi ] 45% 31% Riviste Specializzate 45% 42% Prova Gratuita 72% 69% Pubblicità 86% 72% Amici/Familiari       Acquisti importanti Acquisti quotidiani  
Come emerge dalla tavola dei dati soprariportata ci si consulta prima di fare un’ acquisto soprattutto, ovviamente, se importante.   La prima fonte di consultazione è costituita da amici e familiari che battono la pubblicità tradizionale, confermando così l’importanza nella gestione [o nel favorire ] il  word of mouth  da parte delle aziende.   Il passaparola viene utilizzato per l’abbigliamento nel 32% dei casi, il cibo [16%], libri & riviste [16%], toiletry e beverage [12%]; sale decisamente l’influenza per gli acquisti importanti come evidenziato nella tabella sottostante:     [Fonte:  Ipsos-Asi ]  13% Servizi Finanziari 13% Banche 16% Mobili 17% Computer  27% Viaggi 28% Automobili 29% Telefoni 35% Elettrodomestici
Alcune brevi considerazioni di fondo a commento dei dati mi sembrano “doverose”.   La pubblicità tradizionale funziona ed è quasi la prima fonte di influenza/consultazione negli acquisti quotidiani; mi sembra assolutamente opportuno segnalarlo poiché spesso avverto un atteggiamento fideista ed esclusivo da parte degli specialisti del  wom .   Sia per gli acquisti quotidiani che per quelli importanti il passaparola assume un ruolo fondamentale laddove i beni o servizi abbiamo in termini di categorie merceologiche, alternativamente, un elevato costo economico [elettrodomestici], un elevato contenuto di rappresentazione del sé in ambito sociale [automobili, telefoni, abbigliamento] o la necessità di “expertise” specifico [viaggi & computer].   Sperimentare è lecito, misurare i risultati è doveroso, tenere conto di questi due piccoli paletti soprariportati è, probabilmente, opportuno.
Q Questionario
Questionario Pronta a rappresentare i fatti e a rendere attraenti le opinioni la cronaca giornalistica, quella dei redattori specialisti in primo luogo, compensa volentieri le narrazioni con le statistiche e le classificazioni. Una percentuale rischiara, una testimonianza conferma. Se le due cose stanno insieme, la notizia c'è. Il redattore diventa un esperto.   Di questa regola della comunicazione di massa molti approfittano per fabbricare informazione.   Un metodo ritenuto infallibile per far parlare di sè o di un prodotto è quello del sondaggio. Naturalmente, un sondaggio fatto davvero, ponendo domande con un'intervista o un questionario a un certo numero di persone.   Se le questioni o il campione sono quelli "giusti" si hanno risultati che, presentati in tabelle a doppia entrata, istogrammi e altre schematizzazioni disponibili in power point, suscitano richiami e confronti giornalistici.   Non sono notizie "ingannevoli", sanzionabili dalle delibere delle Authority, nè ricadono nei divieti delle leggi elettorali. Sono libere raccolte di opinioni, che il fabbricante d'informazione deve sapere gestire attraverso i rapporti stampa.
Nel mondo delle aziende di servizi la sondaggistica d' "occasione" è più diffusa .E' usata in particolare quando il management vuol fare conoscere le esigenze e gli orientamenti dei clienti nei confronti di un nuovo prodotto o di un nuovo modo di relazione con il mercato.   Emblematico è stato il caso di una banca, che in alcune agenzie ha adottato uno strumento biometrico per controllare l'impronta digitale dei suoi correntisti e ha contemporaneamente resi noti i risultati di una ricerca, che evidenziava come più del 70% degli Italiani fosse favorevole all'impiego della biometria per la sicurezza.   Tra le associazioni di categoria i sondaggi a risposta garantita sono quasi la norma. Servono a manutenere la leadership e la followership.
Gli esempi più noti riguardano la certificazione o l'accreditamento di qualche servizio o di qualche iniziativa dei soci o dell'associazione.    Uno di questi certificatori ha esibito di recente su un giornale i risultati di un sondaggio con percentuali elevate sull'importanza del riconoscimento di qualità concesso a un programma di formazione.   Il successo di comunicazione c'è perchè è la realizzazione del sondaggio che fa notizia. La metodologia di realizzazione non ne fa parte. E' una tecnicalità disturbante.   Dichiarare e provare d'avere fatto un'indagine basta.    Un sondaggio è una dimostrazione d'interesse per la gente, adombra la possibile ricerca del consenso. Dà i numeri che servono a tenere buono il lettore, soddisfa il suo bisogno di confrontarsi con l' "opinione pubblica", di collocarsi nella media delle opinioni individuali.
R Riconoscere Opinioni
RICONOSCERE OPINIONI, EMOZIONI E SENTIMENTI CON L'NLP   Il  department of homeland security  degli USA ha affidato alle quattro università americane di  Pittsburgh ,  Rutgers , dell'  Illinois  e della  Southern California  l'incarico di realizzare progetti per sviluppare metodi di  linguistica computazionale , che consentano di estrarre dai testi scritti "le affermazioni basate su fatti, le proposizioni soggettive, le opinioni di riferimento", valutando con un modello su base algoritmica i "propositi" di chi ha pensato e scritto su un argomento.   Intenzione del committente è che i quattro progetti servano a scoprire che cosa ha veramente in mente l'autore di un qualunque argomento.   Per il progetto sono già stati stanziati 2 milioni e 400 mila dollari per il prossimo triennio, a favore dell' ISP , l‘ intelligent systems program del  department of Computer Science dell'University of Pittsburgh.   Il ministero americano della sicurezza vuole utilizzare questo programma di indagini per la lotta al terrorismo. Ma l'ISP è già avanti negli studi sulla relazione tra il valore delle parole e la soggettività, come mostra il rapporto di ricerca, scritto da  Janyce Wiebe , professore di Computer Science a Pittsburgh e direttore dell'ISP e da  Rada Mihalcea,  ricercatore della stessa disciplina nell'University of Texas e collaboratore dell'ISP
Il resoconto, intitolato " Word sense and subjectivity ",  Coling - ACL 2006 , è un'analisi della soggettività e dei sentimenti dell'autore di un testo, realizzata, estraendo informazioni e significati da espressioni del linguaggio umano, scritto o parlato, con il supporto di un computer.   La tecnica di elaborazione del linguaggio naturale, NLP, natural language processing,  è usata da anni anche in Italia, nelle numerose applicazioni della linguistica computazionale, che viene fatta dai centri di ricerca dell'  Università di Pisa  e di  Venezia , per citare i più noti.   L'NLP è composto da analisi lessicale, sintattica e semantica. A quest'ultima si appoggia la valutazione delle reazioni e dell'affettività di chi parla e di chi scrive. Giacchè la capacità linguistica e la comunicazione sono le maggiori caratteristiche umane. La committenza del ministero americano della sicurezza richiede che il lavoro di ricerca favorisca quella che si chiama la "disambiguazione" delle proposizioni, delle parole e delle frasi, fase particolarmente difficile per l'ambiguità intrinseca del linguaggio umano, usato, come è noto, con valore diverso nelle differenti situazioni, relazioni e obiettivi conversazionali specifici.    
Identificare la struttura delle proposizioni e il significato delle espressioni è la seconda fase. Le quattro università americane sono in possesso di un sistema di interpretazione, denominato " Senseval ", che sembra superare la stretta lessicalità, con una codifica della soggettività dei significati, attribuendo alle espressioni, sulla base delle singole parole e della loro collocazione, un valore molto vicino a quello dell'intenzione comunicativa dell'autore.   Il saggio scritto dai due esperti dell'ISP ha sollevato molte critiche, in nome della violazione della privacy e della paura del "grande fratello".   Naturalmente il governo USA considera segreti i risultati di queste ricerche, che potrebbero prestarsi a utilizzazioni non solo politically incorrect.  
S Sales Success Profile
SALES SUCCESS PROFILE   Nel caso non vi fidaste dei miei  suggerimenti  e/o avvertiate il bisogno di una verifica al riguardo è disponibile on line quello che viene definito  come l’unico test non di personalità relativo alle vostre  capacità individuali di vendita .   Premesso che così non è [grazie a  slideshare  al mio ritorno ve ne fornirò un’esemplificazione concreta]; avendo realizzato  personalmente  85 punti -  85 to 105 points:  Congratulations! You possess the necessary skills to become a success in the profession of sales – così da rafforzare il mio  ego vi consiglierei comunque di testare le vostre.   Se ottenete dei punteggi mediocri non abbattetevi ed andate a vedervi  alcuni video  realizzati dallo stesso autore e poi riprovateci.
T Trade and Trust
TRADE AND TRUST   eMarketers  prendendo spunto da un recente studio condotto nel corso di questo mese da  The Customer Respect Group  relativamente alle modalità di relazione e comunicazione tra le prime 100 grandi imprese statunitensi e la loro clientela ha pubblicato un  interessante articolo  su questo tema.   I  risultati dello studio , come spesso avviene, presentano luci ed ombre.   Vi è una complessiva tendenza al miglioramento nella relazione e nella  comunicazione  tra le aziende ed i propri clienti ma più del 50% del campione esaminato continua ad inviare comunicazioni non richieste alla clientela su temi distinti da quelli per i quali è stata stabilita una relazione.   Solo il 13% delle imprese risponde entro 24 ore dall’invio alle richieste pervenute per e mail;  l’usabilità dei siti web  resta complessivamente di scarso livello.   Quali siano le principali motivazioni per cui questo avviene sembrerebbe poter esserci chiarito da un altra recente indagine effettuata da  Forrester . Gli ostacoli sembrerebbero collocarsi primariamente nell’area “ soft ”; infatti, come è possibile desumere dal grafico sottoriportato, nelle prime posizioni vengono definiti come fattori ostacolanti un  organizzazione del lavoro coerente ed allineata  agli obiettivi aziendali e la difficoltà di  cambiare i comportamenti del personale
Insomma parrebbe che il percorso da effettuare per il passaggio da  trade a trust mark  sia ancora lungo e che le imprese debbano strutturarsi per dare ascolto e risposte congrue a partire dal  servizio clienti  se vogliono penetrare e presidiare efficacemente i mercati a meno che tutto ciò non faccia parte di una precisa strategia di  demarketing . 
V Vanghetti Complementari
VANGHETTI COMPLEMENTARI   Si sa l’essere umano è sempre alla ricerca di certezze e di conferme, sarà per questo che venerdì scorso durante la lettura di  Nova 24  sono stato colpito [non fisicamente] dal  vanghetto . Nell’articolo in prima pagina   Luca De Biase  riprende il dibattito acceso da un intervento di Giulio Malgara il quale durante il recente  IAB Forum   parrebbe aver affermato che nonostante lo sviluppo [anche in Italia] della  comunicazione pubblicitaria on line  in realtà le grandi marche continueranno a pianificare sui mass media tradizionali poiché l’advertising on line è funzionale, e funzionante, solo per i prodotti di nicchia,  il vanghetto  tra tutti.   L’articolo, infatti, si intitola “ La pubblicità on line e la questione del vanghetto ” il concetto di fondo espresso viene ben sintetizzato, a mio avviso, nella seguente frase:   “ La difficoltà interpretativa deriva da un equivoco: la pubblicità on line non è necessariamente un’alternativa a quella tradizionale.................E’ più probabile vedere un’evoluzione nella direzione dell’integrazione delle strategie pubblicitarie on line e off line ”    Come avevo avuto modo  confermare  all’inizio di questo mese
Z Zhhhh
 
W Web 2.0
WEB 2.0   Viral Video Chart  pubblica la classifica aggiornata dei video più diffusi nella rete ed è perciò uno strumento estremamente interessante per chi si occupi di comunicazione e marketing [virale o meno].   Tra i video della top ten del giorno ha attirato la  mia attenzione quello sottoriprodotto relativo alla campagna di comunicazione del giornale on line inglese  The First Post  che, secondo quanto riportato, avrebbe indetto  una gara  per la produzione di un video virale per comunicare la testata stessa.    Al  vincitori  sono andate 5000 sterline mentre il  secondo  ed il  terzo  avrebbero ricevuto premi rispettivamente di 2500 e 500 pounds.   La campagna, visto il posizionamento nella classifica dei video virali, sembra aver funzionato ma personalmente mi appare [seppur complessivamente “gradevole”] di fattura estremamente artigianale quando il messaggio gira gratuitamente on line forse ne vale comunque la pena ma se si investissero 2,5 milioni di dollari per veicolare il messaggio , come dicevo , presterei molta più attenzione ed userei una cautela di gran lunga superiore.   Virale  e  Coinvolgimento  sono due aspetti assolutamente primari nel panorama del marketing e della comunicazione attuali ma, soprattutto quando gli investimenti allocati sono importanti, diviene prioritario  soppesarne i rischi e  gli effetti .
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Marketing Dictionary

  • 1. Marketing Dictionary Dizionario semiserio di Marketing
  • 2. Pier Luca Santoro Esperto di marketing, comunicazione & sales intelligence. Dal 1987 in poi é stato responsabile del marketing e dell’organizzazione commerciale di grandi imprese [Star, Giuliani, Bonomelli]. Dal 1998 opera come consulente per progetti di posizionamento strategico, organizzazione, comunicazione & formazione per aziende pubbliche e private, associazioni di categoria e amministrazioni pubbliche. Autore di pubblicazioni sul marketing, l’analisi di mercato, attualità manageriali & redattore di un giornale on line professionale www.marketingblog.it
  • 3. A Alternativo o Complementare
  • 4. ALTERNATIVO O COMPLEMENTARE Si sprecano oggi giorno le definizioni sulle nuove metodologie di marketing & comunicazione di massa buzz , guerrilla , street , stealth , sono solo alcuni dei nomi di questo approccio che vengono, talvolta,  classificati come marketing alternativo .   Un aiuto alla comprensione di questi fenomeni ci viene fornito dalla ricerca pubblicata da LexisNexis ad inizio di questo mese.   Il tema della ricerca riguardava il livello di fiducia che il pubblico ripone nei media, valutandone le, eventuali, differenze relativamente ai mezzi non tradizionali.   Come si evince dalla sintesi del grafico sottoriportata la metà del campione continua a riporre la propria fiducia nel più tradizionale e diffuso dei mass media, la televisione.
  • 5. Sempre secondo i risultati della ricerca il 35% degli intervistati [margine di errore statistico della ricerca 5%] in futuro pur continuando a riporre la propria fiducia nei media tradizionali baserà la propria opinione e riporrà la propria fiducia anche nei mezzi non tradizionali [citizen journalists,  alternative or internet-only publications, blogs and podcasts]. Allo stesso tempo AdAge riporta una case history relativa ad una marca di birra statunitense che, a mio avviso, fornisce ulteriori spunti di riflessione e confronto sul tema.   La  Milwaukee's Best ha diffuso con successo un video virale dal titolo “ beer cannon ” che avrebbe avuto un ampio riscontro con oltre tre milioni di visioni del video prodotto e ben 197 blog che hanno commentato l’azione di comunicazione ma tutto ciò non ha prodotto alcun risultato di vendita sortendo, clamorosamente, l’effetto contrario di riduzione della quota di mercato della marca in oggetto durante le settimane della campagna.   Produrre un dizionario del marketing alternativo è certamente una apprezzabile iniziativa che favorirà la comprensione della terminologia ai neofiti ma ci starei molto attento con i facilismi e con le definizioni .  Alternativo, al momento, mi appare una definizione assolutamente inopportuna; complementare [essendo di complemento a mezzi e metodi più tradizionali..........e più validati?], come ho già avuto modo di dire , mi sembra una definizione maggiormente condivisibile.
  • 6. B Business della coda lunga
  • 7. "In un'era senza i limiti degli scaffali reali e di altri colli di bottiglia della distribuzione, i beni e i servizi destinati a pochi clienti potenziali possono diventare economicamente interessanti. “ Quando ai consumatori si offre una scelta infinita appare il vero volto della domanda. Si può constatare che c'è una concentrazione di prodotti star minore di quello che pensiamo. Le persone arrivano fino a piccole nicchie di offerta perchè rispondono meglio alle loro esigenze ".   Queste notissime parole sono di Chris Anderson , direttore di " Wired ", che le ha pubblicate nel suo blog , dopo un articolo scritto sulla rivista nell'ottobre 2004, integrato poi fino a diventare il libro " The long tail. Why the future of business is selling less of more", Hyperion, New York, 2006. BUSINESS DELLA CODA LUNGA
  • 8. L'espressione colloquiale di Anderson si riferisce alla parte terminale della curva statistica di distribuzione [nella curva di Pareto, di Levy, di Zipf, ecc.] e differenzia la possibilità, data da Internet, di rendere economicamente conveniente per un'azienda l'offrire piccoli volumi di prodotti o servizi perchè "la scelta senza fine crea la domanda illimitata".   Con Internet la redditività aumenta per la drastica riduzione dei costi di immagazzinamento, distribuzione, trade marketing, pubblicità e comunicazione esterna.   Il business della coda lunga è una teoria organizzativa, che riconosce alle nuove tecnologie il maggiore peso tra le variabili organizzative e gestionali. Inverte l'approccio tradizionale, basato su un piccolo assortimento con vendite di massa di ogni prodotto. Consente la personalizzazione dei rapporti tra azienda e cliente, perchè l'offerta è ampissima e le vendite per ognuno delle migliaia di prodotti esposti si possono limitare a poche decine di pezzi e arrivare fino all'unità.   Le aziende a cui Anderson ha guardato inizialmente sono quelle come Amazon ,  iTunes e  Netfix , che vendono libri, musica e filmati.   Ma il modello di business della coda lunga si va estendendo ai servizi innovativi e convenzionali, dal software ai prodotti assicurativi e finanziari e sta dando vita a un nuovo settore dell'economia di mercato, coerente con la globalizzazione e con le specifiche esigenze individuali di  distinzione.   Questo modello è reso possibile da organizzazioni flessibili e da persone ad elevata competenza relazionale, in grado di operare nella prospettiva del "relationship selling". 
  • 10. CAFFE VIRALE Starbucks Coffe ha intrapreso un innovativa campagna di marketing virale in coincidenza della ripresa per il terzo anno di quella che definisce come  Holiday Red Cup.   “ Ambasciatori” della marca negli Stati Uniti ed in Canada regalano ditribuendoli per la strada biglietti gratuti di diverse tipologie, quali biglietti del cinema, per pattinare, per il parcheggio....etc. I fortunati ricevono, inoltre, un biglietto che oltre a recare impressa una frase di felicitazioni per la vincita ha stampato un numero.   L’idea è quella di costruire una catena, virale appunto, di diffusione. Basta infatti collegarsi al sito ItsRedAgain ed indicare dove e quando si è ricevuto l’omaggio per poterlo poi donare ad un’altra persona..   La campagna Holiday Red Cup prevede, in aggiunta, altre iniziative più convenzionali.   ItsRedAgain potrebbe diventare un modello di iniziativa per tutte le aziende/i marchi che ricercano un sistema per una forte relazione ed un ottimo livello di coinvolgimento dei consumatori.     Non è, infine, da sottovalutare l’impatto in termini di branding del concetto sottostante l’iniziativa nel suo complesso.   Red cup da un lato presuppone l’idea di bere una bevanda speciale ed esclusiva durante il periodo natalizio, dall’altro potrebbe diventare per Starbucks l’equivalente di quello che è stato babbo natale per la Coca Cola.
  • 12. [DIS]INCENTIVATO Avendo fornito il mio contributo alla ricerca relativa ai sistemi di incentivazione dei venditori – a proposito di scambio e condivisione della conoscenza – OD&M Consulting mi ha cortesemente omaggiato l’executive summary della stessa.   A quasi un anno di distanza dalla precedente edizione sullo stesso tema dedicata, però, alle reti vendita indirette mi sono tuffato nella lettura del rapporto in cerca di buone notizie e cambiamenti positivi.   A quanto pare, invece, nulla di nuovo sotto il sole.   L’obiettivo dell’indagine è indagare e mettere a confronto le pratiche aziendali relative:   - all’organizzazione delle reti di vendita indirette, - alla gestione di tali strutture, - alle retribuzione dei venditori non dipendenti.   Alla survey hanno partecipato 137 aziende; secondo quanto dichiarato, si tratta di un campione rappresentativo sia per il numero stesso dei partecipanti che per la loro profilazione in termini di settori e dimensioni aziendali e perciò anche la speranza che la ricerca non fosse valicabile sembrerebbe sfumare. 
  • 13. Obiettivi assegnati alle reti di vendita Ad esclusione del margine di contribuzione, la cui relativa rilevanza parrebbe, però, stridere rispetto alla marginalità rilevata in riferimento al rispetto dei prezzi di listino, i criteri sono esclusivamente quantitativi nella grande maggioranza dei casi relegando ad obiettivi di second’ ordine fattori quali la soddisfazione e la fidelizzazione della clientela.
  • 14. Il 43% delle aziende assegna, inoltre, obiettivi che si articolano su un’ arco temporale almeno semestrale e che o si riferiscono a cicli di vendita complessi e lunghi [elemento che scorrendo l’elenco delle aziende rispondenti non sembra corrispondere] o evidenzia gravi lacune anche in quest’ambito.   Ad adbundantiam gli incentivi sono corrisposti nel 30% dei casi, comunque, su base discrezionale non meglio specificata.   Insomma, il gestore [azienda e direttore commerciale/vendite] non gestisce e quando lo fa applica spesso fattori di soggettività che non possono che risultare ulteriormente, qual’ ora necessario, disincentivanti sia rispetto alle best practices di vendita che alle aspettative dei venditori.
  • 16. Edutaitment Apprendimento sperimentale I giochi di simulazione sono sistemi di apprendimento sperimentale impiegati nella formazione aziendale. Servono a sviluppare capacità operative e a migliorare i comportamenti di relazione: acquisizione di tecniche, conoscenza di principi di riferimento, coinvolgimento nelle logiche di azione, affinamento di competenze diagnostiche, di comunicazione, di soluzione di problemi, di relazioni interne ed esterne, di elaborazione di tattiche, ecc. Possono essere supportati con le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione e svolti online e off line.   Affianco a questi punti di forza, anche nella versione più sofisticata del "gioco d'affari" (business game), hanno come punti deboli il costo di realizzazione elevato, un tetto o un numero minimo di partecipanti, la verosimiglianza dei comportamenti richiesti, la seriosità della formazione d'aula, la poca trasparenza dei meccanismi di successo e insuccesso, predefiniti.
  • 17. Mass Communication Game   A questi limiti pone rimedio il "Mass Communication Game", un gioco di simulazione costruito a partire da dati e fatti specifici di un'azienda, che fa esplorare diverse alternative di comportamenti individuali, di gruppo, intergruppi, generali, attuali e potenziali, in diversi ambienti micro e macro di mercato e di organizzazione. Serve a diffondere la conoscenza e a favorire l'integrazione attiva sugli obiettivi aziendali.   E' focalizzato sulla riproduzione e lo sviluppo del know how. Può essere utilizzato "in presenza" e "a distanza" con un numero dal minimo (12-15) al massimo di partecipanti (400-500), nel posto di lavoro, in aula, in convention e in meeting, con team funzionali e interfunzionali, con clienti e fornitori, con un tempo di 3-4 ore, consecutive o divise.   E' basato su una logica di edutaitment (education + enterteinment) per imparare facendo, in modo divertente.   Ha costi contenuti e il "prodotto" su misura è di proprietà dell'azienda committente, che può eventualmente riutilizzarlo perché da esperienze e risultati diversi a seconda dei diversi partecipanti.   Il "Mass Communication Game" è realizzato da Pier Luca Santoro che l'ha ideato e ha curato il suo sviluppo per aziende del settore alimentare, chimico, farmaceutico, cartario, dell'estetica professionale, della grande distribuzione, per un network del settore dei servizi, per una compagnia di assicurazione e per una multinazionale del beverage   I criteri di attivazione del "Mass Communication Game" sono: - la personalizzazione dei contenuti, dei modi e dei tempi di apprendimento in relazione alle competenze e alle motivazioni di ogni partecipante, - la flessibilità dell'apparato di sostegno, che combina diverse attività di gruppo per soddisfare i bisogni di conoscenza pratica, - l'integrazione attiva di ogni partecipante sugli obiettivi organizzativi da raggiungere, - la rapidità e l'efficacia di sviluppo e miglioramento continuo delle competenze aziendali.
  • 18. F Fly on Target
  • 19. FLY ON TARGET Nell’epoca del one to one marketing   la ricerca di gruppi di individui con caratteristiche e stili di vita il più omogenei possibili è divenuto sia il must che, al tempo stesso, il compito di maggior difficoltà dei marketers.   Essendo tabagista incallito di lungo corso apprezzo sia personalmente che professionalmente la scelta effettuata da una compagnia aerea che ha scelto senza compromessi l’utenza alla quale rivolgersi .   Smintair  si autodefinisce the world's first smoker's airline  concentrandosi quindi su quella [ancora ampia nonostante le crociate antifumo] fascia della popolazione che coltiva l’irrefrenabile desiderio di inalare monossido di carbonio, nicotina senza vincoli di sorta. L’operazione mi sembra assolutamente condivisibile, come predetto, sia personalmente per il naturale istinto a resistere a qualsivoglia restrizione della propria libertà di scelta che in chiave personale stante sia l’ampiezza del target di riferimento che l’esclusività [che io sappia] della selling proposition .
  • 21. Genericamente parlando Quando il nome di prodotto è generico vengono a mancare gli elementi più basici di definizione della relazione tra il prodotto/azienda ed l consumatore finale. Tale aspetto si magnifica se il prodotto in questione, come nel nostro caso è dedicato alla cura della salute.   Infatti, chi tra noi assumerebbe un prodotto generico ? Quando pensiamo alla salute vogliamo qualcosa di efficace e di specifico per le nostre esigenze di prevenzione e/o di cura, non un medicinale generico!   Generico è il prodotto, generica è la cura e generica è, altrettanto, la relazione che [non] si instaura tra i consumatori di farmaci prescrivibili ssn ed i prodotti medicinali unbranded.   Già dall’esame delle categorie maggiormente acquistate negli hard discount si rileva che i prodotti a maggior coinvolgimento emotivo [ai liquori agli alimenti per neonati] abbiano fette di mercato estremamente contenute in virtù della mancata brandizzazione degli stessi. Chi immaginasse che questo possa avvenire in ambito sanitario sarebbe, alternativamente, un visionario o un millantatore.   La maggior penetrazione dei farmaci con un principio attivo del quale è scaduto il brevetto passa inevitabilmente,anche, attraverso l’identificazione di un nome che li qualifichi positivamente; se posso dire la mia, punterei su un concept di “royalties free medication”.  
  • 23. HAPPY HONDA DAYS Apprendo che Honda ripropone per il terzo anno consecutivo gli “Happy Honda Days”; secondo quanto riportato il marchio automobilistico quest’anno punterebbe di più sulla comunicazione on line e sul marketing virale.   A questo scopo avrebbe creato [on line dal 23 nov. Scorso] un microsito dal quale con 5 passaggi e relative “personalizzazioni” si può comporre ed inviare una cartolina d’auguri virtuale.   Pare che il target di riferimento sia identificato con precisione come, altrettanto, riportato:  The ad campaign's target audience is 25-to 54-year-old in-market consumers . Di virale c’è soltanto la malattia che deve aver colpito cliente ed agenzia nel concepimento della campagna.   Il target è identificato con la stessa precisione secondo la quale ciascuno di noi andrebbe a caccia di farfalle con un bazooka.   La cartolina ha un livello di personalizzazione scadentissimo, come altrettanto ne diviene il risultato finale; personalmente non la manderei nemmeno al mio più acerrimo nemico.   Tutto realizzato, insomma, secondo gli ultimi dettami .   Peccato non abbiano realizzato la campagna prima, altrimenti sarebbero certamente stati inseriti nella storia di copertina di BusinessWeek di questa settimana; indovinate in quale delle due categorie l’avrei inserita io.
  • 24. I Imparare ad Innovare
  • 25. IMPARARE AD INNOVARE Nelle aziende le persone con licenza di innovare sono poche. Le imprese sono spinte a routinizzare le proprie attività prima e a riprodurle poi per tentare di ridurre i margini d'incertezza nell'azione organizzativa.   In questo modo mirano a rendere affidabile il comportamento dei componenti di un gruppo di lavoro e semplificano la valutazione delle performance osservate.   Chi può decidere e valutare i risultati e le azioni degli operatori, ciclicamente scarica su questi la responsabilità di sviluppare l'azione organizzativa in modo corrispondente alle dinamiche di mercato.   Sono allora affidati ai team, che, come dice Peter Senge, per la maggior parte operano a un livello di intelligenza inferiore a quello più basso dei loro singoli membri, di realizzare l'innovazione e di valorizzare in sinergia le capacità di cogliere  nuove opportunità e di acquisire vantaggio competitivo.
  • 26. Curtis R. Carlson e William W. Wilmot sono due esperti di metodi per l'innovazione dei prodotti, seguaci più dell'approccio di  Deming alla qualità totale che di quello di Senge, pur se il titolo del loro libro, " Innovation. The five disciplines for creating what customers want ", Crown Business, New York, 2006, ricorda quello del bestseller "The fifth discipline", pubblicato 16 anni fa dal docente della Sloan School of Management .   Se per Senge l'innovazione era indispensabile per dare un futuro all'azienda, Carlson e Wilmot aprono il loro libro con la citazione dell'economista Paul Romer: "L'innovazione è ora la prima forza trainante della crescita, prosperità e qualità della vita" e precisano che "l'innovazione è il processo di creazione e trasmissione di nuovo valore per il consumatore sul mercato".   Fra aneddoti, esempi e casi, tratti da esperienze condotte dalla SRI, la società di consulenza dei due autori, viene illustrato un metodo per imparare ad innovare e sono mostrati gli strumenti messi a punto per operare. In appendice il migliore: l'analisi dei fattori del valore.  
  • 27. Le cinque discipline enunciate nel sottotitolo sono chiarite così in sequenza: -  identificare le esigenze del cliente, -  creare soluzioni per soddisfarle -  costruire gruppi per l'innovazione, -  potenziare i campioni dell'innovazione perchè reggano il peso della progettazione e -  infine, allineare tutta l'impresa sulla creazione di valore per il cliente.   Carlson e Wilmot si mostrano convinti che basti introdurre con la formazione la loro metodologia nelle aziende perchè il processo di innovazione si avvii e si possa radicare con i successi che la perseveranza può dare.   Non li sfiora il dubbio che occorrano interventi di motivazione, di cambiamento culturale e di riconfigurazione organizzativa. Paradossalmente, puntano sulla routinizzazione dei comportamenti innovativi e perciò fanno leva sulla costruzione di team e sulle condotte dei leader per concludere nell'ideologico: la fondazione della competitività nazionale in un mondo di abbondanza per mezzo dell'azienda pervasa dal CVC - la creazione di valore continuo.
  • 28. K Kenwood on Fire
  • 29. KENWOOD ON FIRE Abbiamo già avuto modo di parlare delle iniziative di marketing e comunicazione che Kenwood sta implementando ultimamente. Sarà per l’attenzione e la cortesia dedicata nel fornire un rapido feedback o per l’apprezzamento delle attività in essere ma credo che possa essere interessante tornare a parlare di loro.   Dal 18 Settembre all’8 Ottobre è on air una interessante operazione di street marketing che attraversa l’Italia da Milano a Palermo; un’auto bruciata ma equipaggiata con un impianto stereo funzionante [vd. dettaglio immagine] viene/verrà posta nei centri delle città.   Oltre all’evidente vantaggio di attirare l’attenzione e di favorire la diffusione del messaggio mi sento di “lodare” l’iniziativa per la congruità del messaggio che certamente, oltre ai due elementi precitati, veicola la qualità del prodotto elemento di coerenza comunicazionale, a mio avviso [obviuously] , non trascurabile.
  • 30. L La nuova era dell'instore marketing
  • 31. LA NUOVA ERA DELL' IN-STORE MARKETING Secondo quanto riportato ed affermato dall’ in-store marketing institute l’audience per l’in-store marketing oggi può essere misurata.   La novità, se validata a livello internazionale, non può che essere ben accolta; vediamone, dunque, i fattori essenziali qualificanti [per i dettagli vi rimando alla fonte ].   Il modello di misura predice l'interesse  del consumatore per la categoria o la zona del negozio, per giorno della settimana, creando una comprensione senza precedenti delle dinamiche nel negozio.   Il modello potrebbe risultare essere un evento di spartiacque per il mondo di vendita, perché permette che il negozio sia confrontato  [per esempio] accanto alla televisione, alla radio e ad altre forme dei mass-media. Potrebbe fare per l’in-store ciò che la misura dei GRP [Gross Rating Point. È il rapporto fra il totale dei contatti lordi e il numero degli individui che compongono il target da raggiunge] ha fatto per la televisione.
  • 32. Nell’in-store la comunicazione e la promozione sono stati per molto tempo un elemento del mix di marketing al consumatore finale, ma il relativo valore potenziale come veicolo della costruzione della marca non è mai stata valutato obbiettivamente.   Stabilendo una metrica comune che possa essere capita sia dai marketers che dai retailers questo modello può aprire nuovi orizzonti nella comunicazione sul punto vendita.   Il modello è stato chiamato PRISM [Pioneering Research for an In-Store Metric] ed è stato creato in associazione tra alcune delle più importanti catene di distribuzione degli States e le maggiori aziende con prodotti FMCG .   En hora buena!
  • 34. MARKETING TOOLS La scorsa settimana ho provato ad alimentare il confronto relativamente alla misurazione degli investimenti di marketing e, più in generale, rispetto alla assoluta necessità di definire gli indicatori di valore in tale area.   Sempre in quest’ambito mi appare di assoluto interesse il tool di simulazione messo a punto da Synovate .  Brand Value Creator, secondo quanto dichiara Jannie Hoffman , prende in considerazione tutti i fattori che influenzano il comportamento d’acquisto, al di là della comunicazione pubblicitaria, offrendo una conoscenza della solidità della relazione con la marca, una miglior comprensione delle barriere che si frappongono tra la marca ed i consumatori [disponibilità di prodotto, canali di distribuzione...etc.] e simulando con distinti modelli predittivi i possibili scenari ed il relativo impatto. La maggior parte degli investimenti di ricerca si concentra nel misurare [spesso senza adeguato rigore metodologico] la notorietà di marca e l’intenzione d’acquisto dei consumatori; Brand Value Creator simula l’impatto delle scelte sulla base di 23 parametri distinti fornendo un modello previsionale decisamente più interessante e completo.   Synovate afferma di aver validato lo strumento con 400.000 casi in venti distinte categorie di prodotto senza però che tra queste ne compaia alcuna del comparto dei FMCG ; elemento che potrebbe rappresentare un limite oggettivo all’utilizzo del simulatore ed al quale pare si stia ponendo rimedio con un programma pilota in cui è coinvolta una [non meglio specificata] marca di soft drinks.  Il simulatore si basa fondamentalmente sui modelli matematici della teoria delle reti .
  • 35. N Net Promoter Score
  • 36. NET PROMOTER SCORE Buoni e cattivi profitti, il cliente come promotore dell’impresa è il titolo dell’ ultimo libro di Fred Reichheld ritenuto universalmente uno dei maggiori esperti mondiali di customer loyalty.   La principale trattazione del libro, tradotto e pubblicato in Italia nel luglio di questo anno, si comprende ancor meglio dal titolo originale The ultimate question. Driving good profits and  true growth.   Fin dal primo paragrafo del libro Reichheld chiarisce quali siano i cattivi profitti argomentando come troppe imprese non sappiano distinguere i profitti sostenibili da quelli nocivi terminando spesso per realizzare solo i secondi che si ritorcono nel tempo contro l’azienda stessa allontanando i clienti e influendo negativamente sul morale di dipendenti.   Reichheld esprime a chiare lettere la sua opinione rispetto a ciò che distingue un profitto buona da quello cattivo individuando il confine tra i due nella fedeltà del cliente.
  • 37. In maniera estremamente pragmatica, riconducendole a parametri di profittabilità duratura e sostenibile, vengono analizzate e definite le aree della customer satisfaction e della customer loyalty in termini di ricerca ed analisi  e ,quindi, di sviluppo e finalizzazione.   In questo ambito l’autore introduce il Net Promoter Score , strumento di misurazione per determinare la percentuale di clienti soddisfatti che diventeranno “promotori” della crescita aziendale e di valutare l’impatto dei comportamenti leali [e sleali] sui profitti.   Non mancano, ovviamente, esemplificazione concrete e case histories.   Di estremo interesse mi è apparso nel corso della lettura del libro il capitolo 9 dedicato a come sviluppare una community di promotori attraverso l’ascolto con esemplificazioni di attività sia on che off line. Personalmente, anche se non sono citati specificatamente, ho pensato [anche] al ruolo dei “corporate blog” in tal senso; ma di questo parleremo un altro giorno.   Il saggio di facile lettura, ampiamente comprensibile anche ai non addetti ai lavori, [ri]propone strumenti e chiavi di lettura innovativi nel mare magnum, della customer satisfaction. Secondo me, 20 euro ben investiti.
  • 39. Open Day Abbiamo già avuto modo di descrivere in sintesi l’organizzazione e la giornata tipo di un porte aperte di una concessionaria d’auto, ma “eccezionalità” dell’evento ed il mio personale coinvolgimento nella kermesse mi fanno immaginare che valga assolutamente la pena di ritornare sull’argomento.   Porte aperte o, nella versione inglese, open day che dir si voglia è un nome vecchio e stantio richiama alla memoria di tutti quelli della mia generazione i primissimi “ Porte Aperte alla Renault ”di almeno venti anni fa [per l’esattezza 21].   Porte aperte significa o può quantomeno significare che il resto del tempo siamo chiusi, ovvero non disponibili cosa che nel terzo millennio è una bestemmia, un insulto al cliente.  Semplificare la vita al cliente è un imperativo del “nuovo marketing”, facilitare l’acquisto è assolutamente l’imperativo, conquistarne la fiducia l’obiettivo ultimo; pensare di farlo vestendo da evento una situazione che dovrebbe oggi giorno costituire la normalità è, perlomeno, inadeguato. Inoltre, l’ evento si configura come un vero e proprio mezzo di comunicazione .   Al di là degli obiettivi specifici di lancio o rilancio di un prodotto gli obiettivi di un evento sono sintetizzabili in:   - Aumento della visibilità sui media locali [stampa, radio e televisioni] con ritorni redazionali. - Inizio di un dialogo con i più importanti pubblici di riferimento. - Intensificazione del rapporto interno con i propri dipendenti e collaboratori - Creazione di un rapporto di maggior visibilità e familiarità con la comunità ed il centro dove ha luogo l’impresa [la concessionaria].
  • 40. E’ universalmente risaputo che un media affollato è meno efficace e che quando questo avviene il cliente non modifica il suo comportamento e, perciò, a parità di condizione non premia l’impresa che ha promosso l’iniziativa.   A quanto pare i concessionari se ne sono già accorti da tempo ed infatti la Federaicpa già a luglio di quest’anno ha diffuso sul proprio sito internet un breve studio al riguardo con un interessante sintesi sulle redemption ottenute dalle azioni di direct mailing effettuate per invitare la clientela [attuale e prospect] a questo genere di eventi che evidenzia come non siano più da considerasi tali e che l’ adesione a questo tipo di iniziative ha subito un crollo esponenziale negli ultimi dieci anni.   Insomma ho proprio l’impressione che le case automobilistiche debbano ricredersi e ravvedersi sul perpetuare questo tipo di iniziative prima che davvero si trasformino per loro e per le loro reti periferiche [quelli che noi comunemente chiamiamo concessionari d’auto] nel remake di non aprite quella porta .
  • 42. Passaparola Non parliamo del gioco a premi ma di word of mouth marketing prendendo spunto dalla sintesi della recente ricerca Ipsos-Asi sul tema pubblicata su “ Italia Oggi ” [richiede registrazione] del 28 settembre scorso.   La ricerca è stata effettuata nei cinque più importanti paesi d’Europa Italia compresa e può perciò fornire spunti di riflessione operativi direttamente applicabili anche nel nostro paese.   Le Fonti più consultate in Italia:     [Fonte: Elaborazione Italia Oggi su dati Ipsos-Asi ] 45% 31% Riviste Specializzate 45% 42% Prova Gratuita 72% 69% Pubblicità 86% 72% Amici/Familiari       Acquisti importanti Acquisti quotidiani  
  • 43. Come emerge dalla tavola dei dati soprariportata ci si consulta prima di fare un’ acquisto soprattutto, ovviamente, se importante.   La prima fonte di consultazione è costituita da amici e familiari che battono la pubblicità tradizionale, confermando così l’importanza nella gestione [o nel favorire ] il word of mouth da parte delle aziende.   Il passaparola viene utilizzato per l’abbigliamento nel 32% dei casi, il cibo [16%], libri & riviste [16%], toiletry e beverage [12%]; sale decisamente l’influenza per gli acquisti importanti come evidenziato nella tabella sottostante:     [Fonte: Ipsos-Asi ] 13% Servizi Finanziari 13% Banche 16% Mobili 17% Computer 27% Viaggi 28% Automobili 29% Telefoni 35% Elettrodomestici
  • 44. Alcune brevi considerazioni di fondo a commento dei dati mi sembrano “doverose”.   La pubblicità tradizionale funziona ed è quasi la prima fonte di influenza/consultazione negli acquisti quotidiani; mi sembra assolutamente opportuno segnalarlo poiché spesso avverto un atteggiamento fideista ed esclusivo da parte degli specialisti del wom .   Sia per gli acquisti quotidiani che per quelli importanti il passaparola assume un ruolo fondamentale laddove i beni o servizi abbiamo in termini di categorie merceologiche, alternativamente, un elevato costo economico [elettrodomestici], un elevato contenuto di rappresentazione del sé in ambito sociale [automobili, telefoni, abbigliamento] o la necessità di “expertise” specifico [viaggi & computer].   Sperimentare è lecito, misurare i risultati è doveroso, tenere conto di questi due piccoli paletti soprariportati è, probabilmente, opportuno.
  • 46. Questionario Pronta a rappresentare i fatti e a rendere attraenti le opinioni la cronaca giornalistica, quella dei redattori specialisti in primo luogo, compensa volentieri le narrazioni con le statistiche e le classificazioni. Una percentuale rischiara, una testimonianza conferma. Se le due cose stanno insieme, la notizia c'è. Il redattore diventa un esperto.   Di questa regola della comunicazione di massa molti approfittano per fabbricare informazione.   Un metodo ritenuto infallibile per far parlare di sè o di un prodotto è quello del sondaggio. Naturalmente, un sondaggio fatto davvero, ponendo domande con un'intervista o un questionario a un certo numero di persone.   Se le questioni o il campione sono quelli "giusti" si hanno risultati che, presentati in tabelle a doppia entrata, istogrammi e altre schematizzazioni disponibili in power point, suscitano richiami e confronti giornalistici.   Non sono notizie "ingannevoli", sanzionabili dalle delibere delle Authority, nè ricadono nei divieti delle leggi elettorali. Sono libere raccolte di opinioni, che il fabbricante d'informazione deve sapere gestire attraverso i rapporti stampa.
  • 47. Nel mondo delle aziende di servizi la sondaggistica d' "occasione" è più diffusa .E' usata in particolare quando il management vuol fare conoscere le esigenze e gli orientamenti dei clienti nei confronti di un nuovo prodotto o di un nuovo modo di relazione con il mercato.   Emblematico è stato il caso di una banca, che in alcune agenzie ha adottato uno strumento biometrico per controllare l'impronta digitale dei suoi correntisti e ha contemporaneamente resi noti i risultati di una ricerca, che evidenziava come più del 70% degli Italiani fosse favorevole all'impiego della biometria per la sicurezza.   Tra le associazioni di categoria i sondaggi a risposta garantita sono quasi la norma. Servono a manutenere la leadership e la followership.
  • 48. Gli esempi più noti riguardano la certificazione o l'accreditamento di qualche servizio o di qualche iniziativa dei soci o dell'associazione.   Uno di questi certificatori ha esibito di recente su un giornale i risultati di un sondaggio con percentuali elevate sull'importanza del riconoscimento di qualità concesso a un programma di formazione.   Il successo di comunicazione c'è perchè è la realizzazione del sondaggio che fa notizia. La metodologia di realizzazione non ne fa parte. E' una tecnicalità disturbante.   Dichiarare e provare d'avere fatto un'indagine basta.   Un sondaggio è una dimostrazione d'interesse per la gente, adombra la possibile ricerca del consenso. Dà i numeri che servono a tenere buono il lettore, soddisfa il suo bisogno di confrontarsi con l' "opinione pubblica", di collocarsi nella media delle opinioni individuali.
  • 50. RICONOSCERE OPINIONI, EMOZIONI E SENTIMENTI CON L'NLP Il department of homeland security degli USA ha affidato alle quattro università americane di Pittsburgh , Rutgers , dell' Illinois e della Southern California l'incarico di realizzare progetti per sviluppare metodi di linguistica computazionale , che consentano di estrarre dai testi scritti "le affermazioni basate su fatti, le proposizioni soggettive, le opinioni di riferimento", valutando con un modello su base algoritmica i "propositi" di chi ha pensato e scritto su un argomento.   Intenzione del committente è che i quattro progetti servano a scoprire che cosa ha veramente in mente l'autore di un qualunque argomento.   Per il progetto sono già stati stanziati 2 milioni e 400 mila dollari per il prossimo triennio, a favore dell' ISP , l‘ intelligent systems program del department of Computer Science dell'University of Pittsburgh.   Il ministero americano della sicurezza vuole utilizzare questo programma di indagini per la lotta al terrorismo. Ma l'ISP è già avanti negli studi sulla relazione tra il valore delle parole e la soggettività, come mostra il rapporto di ricerca, scritto da Janyce Wiebe , professore di Computer Science a Pittsburgh e direttore dell'ISP e da Rada Mihalcea, ricercatore della stessa disciplina nell'University of Texas e collaboratore dell'ISP
  • 51. Il resoconto, intitolato " Word sense and subjectivity ", Coling - ACL 2006 , è un'analisi della soggettività e dei sentimenti dell'autore di un testo, realizzata, estraendo informazioni e significati da espressioni del linguaggio umano, scritto o parlato, con il supporto di un computer.   La tecnica di elaborazione del linguaggio naturale, NLP, natural language processing,  è usata da anni anche in Italia, nelle numerose applicazioni della linguistica computazionale, che viene fatta dai centri di ricerca dell' Università di Pisa e di Venezia , per citare i più noti.   L'NLP è composto da analisi lessicale, sintattica e semantica. A quest'ultima si appoggia la valutazione delle reazioni e dell'affettività di chi parla e di chi scrive. Giacchè la capacità linguistica e la comunicazione sono le maggiori caratteristiche umane. La committenza del ministero americano della sicurezza richiede che il lavoro di ricerca favorisca quella che si chiama la "disambiguazione" delle proposizioni, delle parole e delle frasi, fase particolarmente difficile per l'ambiguità intrinseca del linguaggio umano, usato, come è noto, con valore diverso nelle differenti situazioni, relazioni e obiettivi conversazionali specifici.    
  • 52. Identificare la struttura delle proposizioni e il significato delle espressioni è la seconda fase. Le quattro università americane sono in possesso di un sistema di interpretazione, denominato " Senseval ", che sembra superare la stretta lessicalità, con una codifica della soggettività dei significati, attribuendo alle espressioni, sulla base delle singole parole e della loro collocazione, un valore molto vicino a quello dell'intenzione comunicativa dell'autore.   Il saggio scritto dai due esperti dell'ISP ha sollevato molte critiche, in nome della violazione della privacy e della paura del "grande fratello".   Naturalmente il governo USA considera segreti i risultati di queste ricerche, che potrebbero prestarsi a utilizzazioni non solo politically incorrect.  
  • 53. S Sales Success Profile
  • 54. SALES SUCCESS PROFILE Nel caso non vi fidaste dei miei suggerimenti e/o avvertiate il bisogno di una verifica al riguardo è disponibile on line quello che viene definito come l’unico test non di personalità relativo alle vostre capacità individuali di vendita .   Premesso che così non è [grazie a slideshare al mio ritorno ve ne fornirò un’esemplificazione concreta]; avendo realizzato personalmente 85 punti - 85 to 105 points: Congratulations! You possess the necessary skills to become a success in the profession of sales – così da rafforzare il mio ego vi consiglierei comunque di testare le vostre.   Se ottenete dei punteggi mediocri non abbattetevi ed andate a vedervi alcuni video realizzati dallo stesso autore e poi riprovateci.
  • 55. T Trade and Trust
  • 56. TRADE AND TRUST eMarketers prendendo spunto da un recente studio condotto nel corso di questo mese da The Customer Respect Group relativamente alle modalità di relazione e comunicazione tra le prime 100 grandi imprese statunitensi e la loro clientela ha pubblicato un interessante articolo su questo tema.   I risultati dello studio , come spesso avviene, presentano luci ed ombre.   Vi è una complessiva tendenza al miglioramento nella relazione e nella comunicazione tra le aziende ed i propri clienti ma più del 50% del campione esaminato continua ad inviare comunicazioni non richieste alla clientela su temi distinti da quelli per i quali è stata stabilita una relazione.   Solo il 13% delle imprese risponde entro 24 ore dall’invio alle richieste pervenute per e mail; l’usabilità dei siti web resta complessivamente di scarso livello.   Quali siano le principali motivazioni per cui questo avviene sembrerebbe poter esserci chiarito da un altra recente indagine effettuata da Forrester . Gli ostacoli sembrerebbero collocarsi primariamente nell’area “ soft ”; infatti, come è possibile desumere dal grafico sottoriportato, nelle prime posizioni vengono definiti come fattori ostacolanti un organizzazione del lavoro coerente ed allineata agli obiettivi aziendali e la difficoltà di cambiare i comportamenti del personale
  • 57. Insomma parrebbe che il percorso da effettuare per il passaggio da trade a trust mark sia ancora lungo e che le imprese debbano strutturarsi per dare ascolto e risposte congrue a partire dal servizio clienti se vogliono penetrare e presidiare efficacemente i mercati a meno che tutto ciò non faccia parte di una precisa strategia di demarketing . 
  • 59. VANGHETTI COMPLEMENTARI Si sa l’essere umano è sempre alla ricerca di certezze e di conferme, sarà per questo che venerdì scorso durante la lettura di Nova 24 sono stato colpito [non fisicamente] dal vanghetto . Nell’articolo in prima pagina   Luca De Biase riprende il dibattito acceso da un intervento di Giulio Malgara il quale durante il recente IAB Forum  parrebbe aver affermato che nonostante lo sviluppo [anche in Italia] della comunicazione pubblicitaria on line in realtà le grandi marche continueranno a pianificare sui mass media tradizionali poiché l’advertising on line è funzionale, e funzionante, solo per i prodotti di nicchia, il vanghetto tra tutti.   L’articolo, infatti, si intitola “ La pubblicità on line e la questione del vanghetto ” il concetto di fondo espresso viene ben sintetizzato, a mio avviso, nella seguente frase:   “ La difficoltà interpretativa deriva da un equivoco: la pubblicità on line non è necessariamente un’alternativa a quella tradizionale.................E’ più probabile vedere un’evoluzione nella direzione dell’integrazione delle strategie pubblicitarie on line e off line ”   Come avevo avuto modo confermare all’inizio di questo mese
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  • 63. WEB 2.0 Viral Video Chart pubblica la classifica aggiornata dei video più diffusi nella rete ed è perciò uno strumento estremamente interessante per chi si occupi di comunicazione e marketing [virale o meno].   Tra i video della top ten del giorno ha attirato la  mia attenzione quello sottoriprodotto relativo alla campagna di comunicazione del giornale on line inglese The First Post che, secondo quanto riportato, avrebbe indetto una gara per la produzione di un video virale per comunicare la testata stessa.   Al vincitori sono andate 5000 sterline mentre il secondo ed il terzo avrebbero ricevuto premi rispettivamente di 2500 e 500 pounds.   La campagna, visto il posizionamento nella classifica dei video virali, sembra aver funzionato ma personalmente mi appare [seppur complessivamente “gradevole”] di fattura estremamente artigianale quando il messaggio gira gratuitamente on line forse ne vale comunque la pena ma se si investissero 2,5 milioni di dollari per veicolare il messaggio , come dicevo , presterei molta più attenzione ed userei una cautela di gran lunga superiore.   Virale e Coinvolgimento sono due aspetti assolutamente primari nel panorama del marketing e della comunicazione attuali ma, soprattutto quando gli investimenti allocati sono importanti, diviene prioritario soppesarne i rischi e gli effetti .
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