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CULTURE
E PRATICHE

DELL’IMMAGINE

@paolocosta
14-15 nov. 2013

Università degli Studi di Cagliari
Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia
Master di primo livello in Management dei prodotti e servizi della comunicazione
1
Comunicazione visiva ed editoria digitale
In sintesi: tre polarità

Attraverseremo lo spazio che separa sguardo e immagine, simbolo
e simulacro, immagine e scrittura.

2
In sintesi: due valenze

Le immagini non sono solo oggetti da studiare, ma anche
strumenti per conoscere il mondo.

3
In sintesi: un auspicio

Leggere la cultura attraverso le pratiche – anche triviali – e la
manipolazione di prodotti e servizi.

4
Prima polarità

SGUARDO/IMMAGINE

5
«Un uomo si mette in marcia per raggiungere,
passo a passo, la saggezza. Non è ancora arrivato.»
Italo Calvino, Palomar, 1983

Albrecht Dürer
Der Zeichner des liegenden Weibes
1538
6
«Descrivi il cielo stellato»
7
Lo sguardo crea immagini del mondo
 L’immagine nasce dall’incontro fra mondo e sguardo
 La visione è sempre mediata da dispositivi tecnici (cfr. la
seconda parte della lezione)

 Ogni sguardo sul mondo è condizionato dalle immagini di
quel mondo preesistenti e prodotte da altri
 I media hanno dunque una duplice valenza: sono filtri fra il
nostro sguardo e il mondo, ma anche canali attraverso cui ci
pervengono le immagini prodotte da altri
 A volte lo sguardo stesso si fa immagine e spettacolo
8
«Matrix is the world that has been pulled over your
eyes to blind you from the truth.»
9
Andy e Larry Wachowski, The Matrix, 1999
Problemi di percezione(*)
 Il mondo è un universo silenzioso, informe e grigio, che
contiene molecole, atomi e campi elettromagnetici, cose che
non hanno – in sé – colore, odore, sapore e temperatura.
 Forme e colori – così come odori, suoni, caldo e freddo – non
sono proprietà del mondo, ma costruzioni della mente.
 L’immagine è il prodotto dei nostri meccanismi cognitivi, è
un allestimento del nostro cervello.
(*)

Enrico Bellone, Qualcosa, là fuori. Come il cervello crea la realtà, Torino, Codice Edizioni, 2011
10
Lo spettacolo dello sguardo
11
Lo sguardo dell’artista
12
Faccia a faccia
L’artista montenegrina esibisce il
proprio sguardo, ingaggiando lo
spettatore in un dialogo muto.
Un tavolo e due sedie. Su una sedia la performer,
sull’altra lo spettatore, che può guardare la
Abramović negli occhi per tutto il tempo che
desidera, fino alle lacrime. È una prova fisica ed
emotiva che coinvolge entrambi e che può rivelarsi
incredibilmente difficile da sopportare.

Marina Abramović
The Artist is Present
2010
The Museum of Modern Art, New York

La performance è andata in scena nel 2010 al MoMa
di New York, tutti i giorni per tre mesi, sette ore al
giorno, per un totale di 700 ore. Ne sono scaturiti
una serie di ritratti, realizzati dal fotografo Marco
Anelli, e un film.

13
«Nous appartenons à des dispositifs, et agissons en eux.»
Gilles Deleuze, Foucault, Historien du présent, 1988

14
Il dispositivo: Foucault e Agamben
 Michel Foucault(*) definisce dispositivo («dispositif»)
qualunque istituzione in grado di catturare, orientare,
modellare e controllare i gesti, le opinioni e i discorsi degli
esseri umani: sono dispositivi la scuola, il carcere, l’ospedale,
la fabbrica, ecc.
 Giorgio Agamben(**) allarga l’ambito a una serie di oggetti e
pratiche che non sono in connessione diretta con il potere: la
penna, la scrittura, la filosofia, l’agricoltura, le sigarette, il
computer, il telefono cellulare e il linguaggio stesso.
(*)

Michel Foucault, Surveiller et punir, Paris, Gallimard, 1975
(**) Giorgio Agamben, Che cos'è un dispositivo?, Roma, Nottetempo, 2006
15
Che cos’è dunque un dispositivo?
 Device | (tecn.) meccanismo, congegno o elemento che, da
solo o inserito in un meccanismo più complesso, in un
apparecchio o in un impianto, serve per compiere una
determinata funzione
 Apparatus | (filos.) rete di elementi discorsivi che indirizzano
e regolano il comportamento del soggetto, attraverso i quali
il soggetto stesso si costituisce e ha la possibilità di
esprimersi

16
This is not a device
17
Neanche questo è un «device»
18
Apparati visivi e cultura visuale
 La mediazione dei dispositivi influenza la produzione e la
circolazione delle immagini
 Chiamiamo regime scopico(*) il rapporto che si instaura fra
a) sguardo, b) dispositivi ottici e mediali, c) immagini
prodotte e fatte circolare attraverso tali dispositivi
 La cultura visuale definisce l’insieme dei fattori che
condizionano e guidano l’interazione fra visualità, apparati e
istituzioni.
(*)

Christian Metz, Le signifiant imaginaire, Paris, UGE, 1977
(**) Nicholas Mirzoeff, An Introduction to Visual Culture, London, Routledge, 2009 (2)
19
Teoria visuale e forma simbolica
 Una teoria della visione è anche una forma simbolica(*)
 In questo senso non è né realistica, né empiristica: è
semmai un’attività formale ideativa e costruttiva, come la
scienza secondo la concezione di Cassirer(**)
 Oggi i filmati triviali pubblicati su YouTube sono forse
portatori di una nuova forma simbolica (***)

(*)

Erwin Panofsky, Die Perspektive als Symbolische Form, Berlin-Leipzig, Warburg, 1927
(**) Ernst Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, Berlin, Bruno Cassirer, 1923-1929
(***) Paolo Granata, Arte, estetica e nuovi media, Bologna, Lupetti, 2009
Where the hell is Matt?
21
Uno sguardo globale sul mondo
22
Un territorio, una mappa
23
Lo spettacolo del potere
24
Lo spettacolo del terrore
25
La guerra come spettacolo(*)
 La prima Guerra del Golfo non ha avuto luogo: è stata
accuratamente sceneggiata («scripted») in quanto evento
mediatico, o guerra virtuale
 9 11 è stato un capolavoro mediatico: «we can perceive the
collapse of the WTC towers as the climatic conclusion of
twentieth-century art’s ‘passion for the Real’– the ‘terrorists’
themselves did not do it primarily to provoke real material
damage, but for the spectacular effect of it»(*)
(*)

Slavoj Žižek, Welcome to the desert of the real, London, Verso, 2002
26
La guerra come spettacolo(*)
 Shock and awe («colpisci e stupisci»): le immagini si
mostrano opache, in grado di sfuggire a ogni radar; il loro
proliferare le rende immuni da critica
 Tuttavia il pubblico è consapevole della possibilità di
manipolare le immagini: il che le rende banali e insignificanti
 Siamo sommersi da immagini che non possiamo controllare,
ma che non possiamo rifiutare di guardare

(*)Nicholas

Mirzoeff, Watching Babylon. The war in Iraq and global visual culture, New York,
Routledge, 2005
27
«Viewers make meaning»(*)
 Esiste anche una chiave di lettura differente, meno
apocalittica e più vicina all’approccio dei cultural studies
 Ogni contenuto mediale è soggetto a un processo di codifica
da parte di chi lo produce (emittente) di successiva
decodifica da parte di chi ne fruisce (destinatario)
 La decodifica implica appropriazione e ricontestualizzazione
 L’appropriazione può essere condotta dalla cultura egemone
o dalle culture antagoniste
(*)Marita

Sturken e Lisa Cartwright, Practices of Looking: An Introduction to Visual Culture,
Oxford, Oxford University Press, 2009 (2)
28
Seconda polarità

SIMBOLO/SIMULACRO

29
Il problema della referenzialità
 Per Platone esistono solo due modi di riprodurre la realtà:
uno autentico e uno infedele
 Baudrillard(*) ne identifica invece quattro: lo specchio,
l’anamorfosi (contraffazione deliberata), la finzione
(riproduzione in assenza del referente) e il simulacro
 Quest’ultimo è una messa in scena priva di alcuna relazione
con la realtà, ma vera in sé
(*)

Jean Baudrillard, Simulacres et simulation, Paris, Galilée, 1981
30
L’ipertrofia delle immagini
 L’avvento della digitalizzazione e della miniaturizzazione
ha cambiato il nostro rapporto con le immagini
 Con le immagini elettroniche intratteniamo un rapporto
bulimico: le ingeriamo senza sosta, mossi da un’ossessione
collettiva(*), una smania di registrazione e documentalità (**)
 Esiste una relazione fra diluvio visuale e perdita della
capacità referenziale delle immagini?
(*)

Geert Lovink, Networks Without a Cause: A Critique of Social Media, Cambridge, Polity, 2012
(**) Maurizio Ferraris, Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce, Roma-Bari, Laterza, 2009
31
Programmati dalle immagini?
32
Alterazioni
Nell’incubo di Cronenberg la
smania negli occhi porta alla
fusione uomo-macchina.
Vittima di un segnale televisivo pirata, che
trasmette pornografia snuff, il protagonista del
film, Max Renn (James Woods) viene catturato in un
incubo sempre più realistico. Dalle allucinazioni alla
deformazione del corpo e alla sua fusione con
elementi meccanici.

David Cronenberg
Videodrome
1983
Canada

33
La registrazione del sogno
34
Neuroimaging
Il desiderio prometeico di
registrare, per via digitale, tutto
ciò che si presenta alla visione.
Il neuroimaging è la rappresentazione delle
intenzioni mentali del soggetto umano nel
momento in cui queste sono elaborate dal cervello
o magari dai sogni. Nel film la protagonista, Clair
Tourneur (Solveig Dommartin), è sopraffatta da
questa tecnica e vive con una telecamera davanti
agli occhi.

Wim Wenders
Bis ans Ende der Welt
1991
Germania

35
Occhio elettronico
Abbiamo imparato a confidare
nell’immagine fotografica. Ci
possiamo fidare di quella digitale?.
«Con la pittura tutto era semplice: essendo unico
l’originale, ogni copia era una copia, cioè un falso.
Con la fotografia e poi col cinema tutto si è fatto
più complesso: l’originale è un negativo e non può
esistere senza la copia, tutt’altro: ogni copia è un
originale. Ora, con l’immagine elettronica, e presto
con quella digitale, non c’è più negativo e
tantomeno positivo. L’idea stessa di originale
decade. Tutto è copia. Ogni distinzione sembra puro
arbitrio» (traduzione dalla versione italiana).

Wim Wenders
Aufzeichnungen Zu Kleidern und Stadten
1989
Germania

36
Un’era post-fotografica?(*)
 Le riflessioni di Wenders rimandano al luogo comune
secondo il quale l’immagine digitale ha un rapporto con la
realtà più debole rispetto a quella analogica
 Secondo questa idea, l’immagine analogica rappresenta il
mondo reale in modo fedele, naturale e puntuale
 Dal carattere tecnico-semiotico del medium, dunque, si fa
derivare in modo deterministico la sua ontologia
(*)

William J. Mitchell, The Reconfigured Eye. Visual Truth in the Post-photographic Era,
Cambridge, MIT Press, 1992 e M. Hansen, Seeing with the Body: The Digital Image in
Postphotology, «Diacritics», 31 (2001), pp. 54-82

37
La cultura del software(*)
 Il software è la nostra nuova interfaccia con il mondo: esso
porta con sé sintassi, metafore, modelli dell’immaginazione
 I nuovi media permettono di manipolare e diffondere oggetti
culturali attraverso processi automatizzati
 Inoltre consentono modularità (struttura frattale), variabilità
(infinite varianti) e transcodifica culturale

(*)

Lev Manovich, Software Culture, Milano, Olivares, 2010
38
Manipolazione e realismo(*)
 W.J.T. Mitchell contesta le basi deterministiche dell’ontologia
digitale del suo omonimo W.J. Mitchell
 Il fatto che l’immagine digitale sia più facile da rielaborare di
quella analogica non implica la perdita di relazione con il
referente, anche perché esso non è sempre «ciò che si vede»
 L’immagine digitale offre anzi maggiore ricchezza
informativa e si presta a simulazioni più sofisticate, che
permettono di ottenere migliori effetti di realismo
(*)

William J. Thomas Mitchell, Realismo e immagine digitale, in Roberta Coglitore (a cura di),
Cultura visuale. Paradigmi a confronto, Palermo, Duepunti, 2008
39
La sconfessione del reale(*)
 C’è anche chi, prima dell’avvento della digitalizzazione,
ha manifestato scetticismo sulla capacità dell’immagine di
aiutarci a riconoscere il reale
 Per S. Sontag la fotografia – nel suo porsi come realtà,
piuttosto che come interpretazione – manca di forza
gnoseologica: la realtà del mondo non è nella sua immagine

(*)

Susan Sontag, On Photography, New York, Penguin, 1977
40
«Photography implies that we know about the world if we accept it
as the camera records it. But this is the opposite of understanding,
which starts from not accepting the world as it looks. All possibility
of understanding is rooted in the ability to say no. Strictly speaking,
one never understands anything from a photograph.»
Susan Sontag, On Photography, 1977

41
«Ogni immagine ti tormenta, vuole qualcosa.»
Wim Wenders, Alice in den Städten, 1973

42
Aderenza al referente «invisibile»
43
44
Ritoccare il mondo
La foto di Lee Oswald: innocuo
«foto editing» a fini editoriali o
falso intenzionale?
L’immagine, che ritrae il presunto assassino di John
Fitzgerald Kennedy mentre esibisce un’arma molto
simile a quella utilizzata per l’omicidio e due
quotidiani comunisti, è stata a lungo discussa.
La moglie di Oswald dichiarò di averla scattata
nella primavera del 1963. Alcuni mesi dopo apparve,
contemporaneamente, sulla copertina di «Life» e
sulle pagine del «Detroit Free Press», ma con alcune
significative differenze.

Marina Oswald (attribuita)
Lee Harvey Oswald
1963
«Time», 21 febbraio 1964
45
46
Dipingere una foto
L’opera inaugura la stagione
delle immagini ritratte non «dal
vero», ma da una fotografia.
Il pittore scopre un nuovo modo di illuminare il
soggetto, di distinguerlo fra le ombre, di collocarlo
in prospettiva, ed entra così in contatto con una
realtà mai «vista» prima.

Roger de la Fresnaye
Ritratto di Guynemer
1922
Musée National d’Arte Moderne, Paris
47
48
Effetto pixel
L’immagine è composta da
innumerevoli punti e risulta
leggibile solo da lontano.
Avvicinandoci alla tela, di ragguardevoli
dimensioni, scopriamo che ciascuno dei punti vive
di vita propria. È come se i singoli pixel operassero
su due piani: a livello macroscopico, perché
collaborano a comporre l’immagine; a livello
microscopico, perché sono elementi carichi di
significati pittorici indipendenti dall’insieme del
quadro.
Chuck Close
Lucas I
1986-1987
The Metropolitan Museum of Art, New York
49
50
Troppo reale
Il dettaglio iperrealistico finisce
col dirci molto di più di quello
che ci aspettiamo da una foto.
I ritratti fotografici di Chuck Close ci riportano alla
poetica e ai paradigmi della grande stagione
artistica dell’iperrealismo.

Chuck Close
Barak Obama
2012
National Portrait Gallery, Washington

51
Duane Hanson, Man on Mower (1995)
Collezione dell’artista

52
John De Andrea, Joan (1990)
Palm Springs Art Museum, Palm Springs
53
Ralph Goings, Double Ketchup (2006)
54
Collezione dell’artista
Il falso assoluto di Disneyland
55
57
Variare e citare
L’immagine formula spesso un
discorso su un’altra immagine,
più che sulla realtà.
L’opera di Jacquet è un omaggio ironico e
innamorato a uno dei dipinti-chiave dell’arte
moderna, Le déjeuner sur l'herbe di Édouard
Manet, realizzato fra il 1862 e il 1863.
Il quadro è realizzato a partire da una fotografia,
serigrafata su tela e ritoccata con acrilico.

Alain Jacquet
Le Déjeuner sur l’herbe
1964
Centre Pompidou, Musée national
d'art moderne, Paris

58
La fonte classica di Manet

Qui ci va il testo della slide, che può arrivare fino in
fondo e può contenere parti evidenziate in
grassetto grigio (anche al posto del corsivo).

Giorgione
Il concerto campestre
1510 ca.
Musée du Louvre, Paris

59
Un altro «plagio» famoso

Qui ci va il testo della slide, che può arrivare fino in
fondo e può contenere parti evidenziate in
grassetto grigio (anche al posto del corsivo).

Pablo Picasso
Le déjeuner sur l'herbe
1960
Musée National Picasso, Paris
60
Fotografia come remix

Qui ci va il testo della slide, che può arrivare fino in
fondo e può contenere parti evidenziate in
grassetto grigio (anche al posto del corsivo).

Rip Hopkins
Muses d'Orsay
2006
61
62
63
Dal film al quadro
La pittura riflette sulle modalità
espressive di altri media visuali,
in questo caso del cinema.
L’opera riprende piuttosto fedelmente una scena
del film di Alain Resnais Hiroshima Mon Amour
(Francia 1959). Scritta da Marguerite Duras e
candidato all’Oscar nel 1961, la pellicola è
interpretata da Emmanuelle Riva e Eiji Okada.

Bernard Rancillac
Hiroshima mon amour
2008
Galerie Nicomède, Biarritz

64
65
Dal quadro al video
L’artista americano non imita la
forma, ma ripropone l’emotività
e la spiritualità dell’originale.
Bill Viola rivisita l’arte di Jacopo Pontormo (La
visitazione di Carmignano, 1528-1530, Carmignano
PO). Usa il mezzo elettronico per indagare del
passato, con particolare riguardo alla tradizione
della pittura medioevale e rinascimentale di
carattere religioso.

Bill Viola
The Greeting
1995

66
Terza polarità

IMMAGINE/SCRITTURA

67
Arbitrarietà e materialità
 Il carattere arbitrario è tipico del segno linguistico. Parliamo
di arbitrarietà verticale (relazione fra significante e
significato) e orizzontale (rapporto fra forma e sostanza)
 Viceversa l’immagine ha (o dovrebbe avere) un carattere non
arbitrario nel suo rapporto con il referente
 Tuttavia…

68
Non tutto il linguaggio è arbitrario

69
La scrittura è anche immagine

70
Déplacement
Lo spostamento dei testi da
un luogo all’altro ne evidenzia la
dimensione materiale.
Dal sito dell’autore: «The reintroduction of the text
takes written language out of the context of its
intended viewing environment. The composition of
the layouts remain true to the composition of their
corresponding photographs in order to draw
attention to relative size, location and orientation.
The isolation of the text from its original graphic
design and accompanying logos, photographs and
icons helps to further explore the nature of
communication in the urban landscape as a
combination of visual and literal signifiers.

Matt Siber
Untitled Project
2008
Galerie Nicomède, Biarritz

71
Poesia concreta

Mary Ellen Solt, Geranium, in
Flowers in Concrete (1966) 72
Futurismo

Corrado Govoni, Autoritratto,
«Lacerba», 27 marzo 1915

73
L’immagine è anche testo
ÿØÿáµExif??II*????
?????†????
???Ž??????????????—
???????Ÿ???(???????1?
???§???2????´??????????i‡????È?
??????SAMSUNG?GTI9300?H??????H??????Snapseed
1.5?2013:05:05
10:52:19??š‚??????‚??????"ˆ???
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????0220??????????*??‘ ?????’
????>??’????F??’
????N??’

…

74
Appendice

ESERCITAZIONI

75
Esercitazione #1

Transcodifica/Riscrittura
 Obiettivo: passare dalla rappresentazione iconografica di se
stessi a quella linguistica
 Ambito: Twitter e Instagram

 Tempo a disposizione (elapsed): un’ora e trenta minuti
 Input: un ritratto fotografico di se stessi
 Output (deliverable): quindici trascrizioni linguistiche di 140
caratteri ciascuna (compresi spazi e hashtag #twego),
basate su altrettante regole di riscrittura. È possibile inserire
la fotografia nel tweet, sapendo che impegna 22-24 caratteri
76
Esercitazione #1

Materiali: Regole di riscrittura


Sogno: riscrivi come se fosse un sogno



Olfattivo: riscrivi usando gli odori e l'olfatto



Arcobaleno: riscrivi usando più colori che
puoi



Gustativo: riscrivi usando la lingua e il gusto



Tattile: riscrivi usando le dita e il tatto



Visivo: riscrivi usando gli occhi e la vista



Auditivo: riscrivi usando le orecchie e l'udito



Lipogramma in a: riscrivi senza usare la
lettera "a"



Botanico: riscrivi usando nomi di piante



Gastronomico: riscrivi usando nomi di cibo



Svolgimento: riscrivi come i pensierini di un
bimbo



Lettera ufficiale: riscrivi con uno stile
burocratico



Passato remoto: riscrivi usando il passato
remoto



Esclamazioni: riscrivi usando molte
esclamazioni



Interrogatorio: riscrivi come un
interrogatorio di polizia

Liberamente ispirate agli Exercices de style di
Raymond Queneau (Paris, Gallimard, 1947)
77
Esercitazione #1

Materiali: #twego

78
Esercitazione #1

Materiali: U. Foscolo, Sonetti, 1803
Solcata ho fronte, occhi incavati intenti;
Crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto;
Labbro tumido acceso, e tersi denti,
Capo chino, bel collo, e largo petto;
Giuste membra, vestir semplice eletto;
Ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti,
Sobrio, umano, leal, prodigo, schietto;
Avverso al mondo, avversi a me gli eventi.
Talor di lingua, e spesso di man prode;
Mesto i più giorni e solo, ognor pensoso,
Pronto, iracondo, inquieto, tenace:
Di vizi ricco e di virtù, do lode
Alla ragion, ma corro ove al cor piace:
Morte sol mi darà fama e riposo.
79
Esercitazione #1

Materiali: Proust riscrive Chardin
«Le pupille stanche sono
sollevate, con l’aria di aver
molto veduto, molto deriso,
molto amato.»

Marcel Proust, Chardin e
Rembrandt
Jean-Baptiste Siméon Chardin,
Autoportrait, 1771, Musée du Louvre, Paris
80
Esercitazione #2

Transcodifica/Riscrittura
 Obiettivo: riscrivere un affresco trecentesco
 Ambito: Twitter e Instagram
 Tempo a disposizione (elapsed): 20 minuti in aula, con la
possibilità di proseguire l’esperimento nei prossimi giorni
 Input: Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo,
Siena, Palazzo Pubblico, 1338-1339
 Output (deliverable): un numero a piacere di trascrizioni
linguistiche dell’opera, di 140 caratteri ciascuna (compresi
spazi e hashtag #buongoverno). È possibile inserire
l’immagine nel tweet, sapendo che impegna 22-24 caratteri

81
Esercitazione #2

Materiali: Allegoria del Buon Governo

82
Esercitazione #3

Ricerca iconologica
 Obiettivo: identificare i contenuti simbolici e ideologici
sottesi alla rappresentazione iconografica della Sardegna
 Ambito: tutto il Web (siti e portali, reti sociali)

 Tempo a disposizione (elapsed): un’ora e trenta minuti in
aula. L’esercitazione prosegue online nei prossimi giorni
 Output (deliverable): Presentazione (PPTX o Prezi)
—

Temi e contenuti prevalenti

—

Modalità di rappresentazione («linguaggio» e scelte iconiche, focus, elementi
chiave, punto di osservazione, rinvii ad altri contenuti, …)

—

Temi e soggetti assenti
83

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Culture e pratiche dell'immagine

  • 1. CULTURE E PRATICHE DELL’IMMAGINE @paolocosta 14-15 nov. 2013 Università degli Studi di Cagliari Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia Master di primo livello in Management dei prodotti e servizi della comunicazione 1 Comunicazione visiva ed editoria digitale
  • 2. In sintesi: tre polarità Attraverseremo lo spazio che separa sguardo e immagine, simbolo e simulacro, immagine e scrittura. 2
  • 3. In sintesi: due valenze Le immagini non sono solo oggetti da studiare, ma anche strumenti per conoscere il mondo. 3
  • 4. In sintesi: un auspicio Leggere la cultura attraverso le pratiche – anche triviali – e la manipolazione di prodotti e servizi. 4
  • 6. «Un uomo si mette in marcia per raggiungere, passo a passo, la saggezza. Non è ancora arrivato.» Italo Calvino, Palomar, 1983 Albrecht Dürer Der Zeichner des liegenden Weibes 1538 6
  • 7. «Descrivi il cielo stellato» 7
  • 8. Lo sguardo crea immagini del mondo  L’immagine nasce dall’incontro fra mondo e sguardo  La visione è sempre mediata da dispositivi tecnici (cfr. la seconda parte della lezione)  Ogni sguardo sul mondo è condizionato dalle immagini di quel mondo preesistenti e prodotte da altri  I media hanno dunque una duplice valenza: sono filtri fra il nostro sguardo e il mondo, ma anche canali attraverso cui ci pervengono le immagini prodotte da altri  A volte lo sguardo stesso si fa immagine e spettacolo 8
  • 9. «Matrix is the world that has been pulled over your eyes to blind you from the truth.» 9 Andy e Larry Wachowski, The Matrix, 1999
  • 10. Problemi di percezione(*)  Il mondo è un universo silenzioso, informe e grigio, che contiene molecole, atomi e campi elettromagnetici, cose che non hanno – in sé – colore, odore, sapore e temperatura.  Forme e colori – così come odori, suoni, caldo e freddo – non sono proprietà del mondo, ma costruzioni della mente.  L’immagine è il prodotto dei nostri meccanismi cognitivi, è un allestimento del nostro cervello. (*) Enrico Bellone, Qualcosa, là fuori. Come il cervello crea la realtà, Torino, Codice Edizioni, 2011 10
  • 11. Lo spettacolo dello sguardo 11
  • 13. Faccia a faccia L’artista montenegrina esibisce il proprio sguardo, ingaggiando lo spettatore in un dialogo muto. Un tavolo e due sedie. Su una sedia la performer, sull’altra lo spettatore, che può guardare la Abramović negli occhi per tutto il tempo che desidera, fino alle lacrime. È una prova fisica ed emotiva che coinvolge entrambi e che può rivelarsi incredibilmente difficile da sopportare. Marina Abramović The Artist is Present 2010 The Museum of Modern Art, New York La performance è andata in scena nel 2010 al MoMa di New York, tutti i giorni per tre mesi, sette ore al giorno, per un totale di 700 ore. Ne sono scaturiti una serie di ritratti, realizzati dal fotografo Marco Anelli, e un film. 13
  • 14. «Nous appartenons à des dispositifs, et agissons en eux.» Gilles Deleuze, Foucault, Historien du présent, 1988 14
  • 15. Il dispositivo: Foucault e Agamben  Michel Foucault(*) definisce dispositivo («dispositif») qualunque istituzione in grado di catturare, orientare, modellare e controllare i gesti, le opinioni e i discorsi degli esseri umani: sono dispositivi la scuola, il carcere, l’ospedale, la fabbrica, ecc.  Giorgio Agamben(**) allarga l’ambito a una serie di oggetti e pratiche che non sono in connessione diretta con il potere: la penna, la scrittura, la filosofia, l’agricoltura, le sigarette, il computer, il telefono cellulare e il linguaggio stesso. (*) Michel Foucault, Surveiller et punir, Paris, Gallimard, 1975 (**) Giorgio Agamben, Che cos'è un dispositivo?, Roma, Nottetempo, 2006 15
  • 16. Che cos’è dunque un dispositivo?  Device | (tecn.) meccanismo, congegno o elemento che, da solo o inserito in un meccanismo più complesso, in un apparecchio o in un impianto, serve per compiere una determinata funzione  Apparatus | (filos.) rete di elementi discorsivi che indirizzano e regolano il comportamento del soggetto, attraverso i quali il soggetto stesso si costituisce e ha la possibilità di esprimersi 16
  • 17. This is not a device 17
  • 18. Neanche questo è un «device» 18
  • 19. Apparati visivi e cultura visuale  La mediazione dei dispositivi influenza la produzione e la circolazione delle immagini  Chiamiamo regime scopico(*) il rapporto che si instaura fra a) sguardo, b) dispositivi ottici e mediali, c) immagini prodotte e fatte circolare attraverso tali dispositivi  La cultura visuale definisce l’insieme dei fattori che condizionano e guidano l’interazione fra visualità, apparati e istituzioni. (*) Christian Metz, Le signifiant imaginaire, Paris, UGE, 1977 (**) Nicholas Mirzoeff, An Introduction to Visual Culture, London, Routledge, 2009 (2) 19
  • 20. Teoria visuale e forma simbolica  Una teoria della visione è anche una forma simbolica(*)  In questo senso non è né realistica, né empiristica: è semmai un’attività formale ideativa e costruttiva, come la scienza secondo la concezione di Cassirer(**)  Oggi i filmati triviali pubblicati su YouTube sono forse portatori di una nuova forma simbolica (***) (*) Erwin Panofsky, Die Perspektive als Symbolische Form, Berlin-Leipzig, Warburg, 1927 (**) Ernst Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, Berlin, Bruno Cassirer, 1923-1929 (***) Paolo Granata, Arte, estetica e nuovi media, Bologna, Lupetti, 2009
  • 21. Where the hell is Matt? 21
  • 22. Uno sguardo globale sul mondo 22
  • 23. Un territorio, una mappa 23
  • 24. Lo spettacolo del potere 24
  • 25. Lo spettacolo del terrore 25
  • 26. La guerra come spettacolo(*)  La prima Guerra del Golfo non ha avuto luogo: è stata accuratamente sceneggiata («scripted») in quanto evento mediatico, o guerra virtuale  9 11 è stato un capolavoro mediatico: «we can perceive the collapse of the WTC towers as the climatic conclusion of twentieth-century art’s ‘passion for the Real’– the ‘terrorists’ themselves did not do it primarily to provoke real material damage, but for the spectacular effect of it»(*) (*) Slavoj Žižek, Welcome to the desert of the real, London, Verso, 2002 26
  • 27. La guerra come spettacolo(*)  Shock and awe («colpisci e stupisci»): le immagini si mostrano opache, in grado di sfuggire a ogni radar; il loro proliferare le rende immuni da critica  Tuttavia il pubblico è consapevole della possibilità di manipolare le immagini: il che le rende banali e insignificanti  Siamo sommersi da immagini che non possiamo controllare, ma che non possiamo rifiutare di guardare (*)Nicholas Mirzoeff, Watching Babylon. The war in Iraq and global visual culture, New York, Routledge, 2005 27
  • 28. «Viewers make meaning»(*)  Esiste anche una chiave di lettura differente, meno apocalittica e più vicina all’approccio dei cultural studies  Ogni contenuto mediale è soggetto a un processo di codifica da parte di chi lo produce (emittente) di successiva decodifica da parte di chi ne fruisce (destinatario)  La decodifica implica appropriazione e ricontestualizzazione  L’appropriazione può essere condotta dalla cultura egemone o dalle culture antagoniste (*)Marita Sturken e Lisa Cartwright, Practices of Looking: An Introduction to Visual Culture, Oxford, Oxford University Press, 2009 (2) 28
  • 30. Il problema della referenzialità  Per Platone esistono solo due modi di riprodurre la realtà: uno autentico e uno infedele  Baudrillard(*) ne identifica invece quattro: lo specchio, l’anamorfosi (contraffazione deliberata), la finzione (riproduzione in assenza del referente) e il simulacro  Quest’ultimo è una messa in scena priva di alcuna relazione con la realtà, ma vera in sé (*) Jean Baudrillard, Simulacres et simulation, Paris, Galilée, 1981 30
  • 31. L’ipertrofia delle immagini  L’avvento della digitalizzazione e della miniaturizzazione ha cambiato il nostro rapporto con le immagini  Con le immagini elettroniche intratteniamo un rapporto bulimico: le ingeriamo senza sosta, mossi da un’ossessione collettiva(*), una smania di registrazione e documentalità (**)  Esiste una relazione fra diluvio visuale e perdita della capacità referenziale delle immagini? (*) Geert Lovink, Networks Without a Cause: A Critique of Social Media, Cambridge, Polity, 2012 (**) Maurizio Ferraris, Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce, Roma-Bari, Laterza, 2009 31
  • 33. Alterazioni Nell’incubo di Cronenberg la smania negli occhi porta alla fusione uomo-macchina. Vittima di un segnale televisivo pirata, che trasmette pornografia snuff, il protagonista del film, Max Renn (James Woods) viene catturato in un incubo sempre più realistico. Dalle allucinazioni alla deformazione del corpo e alla sua fusione con elementi meccanici. David Cronenberg Videodrome 1983 Canada 33
  • 35. Neuroimaging Il desiderio prometeico di registrare, per via digitale, tutto ciò che si presenta alla visione. Il neuroimaging è la rappresentazione delle intenzioni mentali del soggetto umano nel momento in cui queste sono elaborate dal cervello o magari dai sogni. Nel film la protagonista, Clair Tourneur (Solveig Dommartin), è sopraffatta da questa tecnica e vive con una telecamera davanti agli occhi. Wim Wenders Bis ans Ende der Welt 1991 Germania 35
  • 36. Occhio elettronico Abbiamo imparato a confidare nell’immagine fotografica. Ci possiamo fidare di quella digitale?. «Con la pittura tutto era semplice: essendo unico l’originale, ogni copia era una copia, cioè un falso. Con la fotografia e poi col cinema tutto si è fatto più complesso: l’originale è un negativo e non può esistere senza la copia, tutt’altro: ogni copia è un originale. Ora, con l’immagine elettronica, e presto con quella digitale, non c’è più negativo e tantomeno positivo. L’idea stessa di originale decade. Tutto è copia. Ogni distinzione sembra puro arbitrio» (traduzione dalla versione italiana). Wim Wenders Aufzeichnungen Zu Kleidern und Stadten 1989 Germania 36
  • 37. Un’era post-fotografica?(*)  Le riflessioni di Wenders rimandano al luogo comune secondo il quale l’immagine digitale ha un rapporto con la realtà più debole rispetto a quella analogica  Secondo questa idea, l’immagine analogica rappresenta il mondo reale in modo fedele, naturale e puntuale  Dal carattere tecnico-semiotico del medium, dunque, si fa derivare in modo deterministico la sua ontologia (*) William J. Mitchell, The Reconfigured Eye. Visual Truth in the Post-photographic Era, Cambridge, MIT Press, 1992 e M. Hansen, Seeing with the Body: The Digital Image in Postphotology, «Diacritics», 31 (2001), pp. 54-82 37
  • 38. La cultura del software(*)  Il software è la nostra nuova interfaccia con il mondo: esso porta con sé sintassi, metafore, modelli dell’immaginazione  I nuovi media permettono di manipolare e diffondere oggetti culturali attraverso processi automatizzati  Inoltre consentono modularità (struttura frattale), variabilità (infinite varianti) e transcodifica culturale (*) Lev Manovich, Software Culture, Milano, Olivares, 2010 38
  • 39. Manipolazione e realismo(*)  W.J.T. Mitchell contesta le basi deterministiche dell’ontologia digitale del suo omonimo W.J. Mitchell  Il fatto che l’immagine digitale sia più facile da rielaborare di quella analogica non implica la perdita di relazione con il referente, anche perché esso non è sempre «ciò che si vede»  L’immagine digitale offre anzi maggiore ricchezza informativa e si presta a simulazioni più sofisticate, che permettono di ottenere migliori effetti di realismo (*) William J. Thomas Mitchell, Realismo e immagine digitale, in Roberta Coglitore (a cura di), Cultura visuale. Paradigmi a confronto, Palermo, Duepunti, 2008 39
  • 40. La sconfessione del reale(*)  C’è anche chi, prima dell’avvento della digitalizzazione, ha manifestato scetticismo sulla capacità dell’immagine di aiutarci a riconoscere il reale  Per S. Sontag la fotografia – nel suo porsi come realtà, piuttosto che come interpretazione – manca di forza gnoseologica: la realtà del mondo non è nella sua immagine (*) Susan Sontag, On Photography, New York, Penguin, 1977 40
  • 41. «Photography implies that we know about the world if we accept it as the camera records it. But this is the opposite of understanding, which starts from not accepting the world as it looks. All possibility of understanding is rooted in the ability to say no. Strictly speaking, one never understands anything from a photograph.» Susan Sontag, On Photography, 1977 41
  • 42. «Ogni immagine ti tormenta, vuole qualcosa.» Wim Wenders, Alice in den Städten, 1973 42
  • 43. Aderenza al referente «invisibile» 43
  • 44. 44
  • 45. Ritoccare il mondo La foto di Lee Oswald: innocuo «foto editing» a fini editoriali o falso intenzionale? L’immagine, che ritrae il presunto assassino di John Fitzgerald Kennedy mentre esibisce un’arma molto simile a quella utilizzata per l’omicidio e due quotidiani comunisti, è stata a lungo discussa. La moglie di Oswald dichiarò di averla scattata nella primavera del 1963. Alcuni mesi dopo apparve, contemporaneamente, sulla copertina di «Life» e sulle pagine del «Detroit Free Press», ma con alcune significative differenze. Marina Oswald (attribuita) Lee Harvey Oswald 1963 «Time», 21 febbraio 1964 45
  • 46. 46
  • 47. Dipingere una foto L’opera inaugura la stagione delle immagini ritratte non «dal vero», ma da una fotografia. Il pittore scopre un nuovo modo di illuminare il soggetto, di distinguerlo fra le ombre, di collocarlo in prospettiva, ed entra così in contatto con una realtà mai «vista» prima. Roger de la Fresnaye Ritratto di Guynemer 1922 Musée National d’Arte Moderne, Paris 47
  • 48. 48
  • 49. Effetto pixel L’immagine è composta da innumerevoli punti e risulta leggibile solo da lontano. Avvicinandoci alla tela, di ragguardevoli dimensioni, scopriamo che ciascuno dei punti vive di vita propria. È come se i singoli pixel operassero su due piani: a livello macroscopico, perché collaborano a comporre l’immagine; a livello microscopico, perché sono elementi carichi di significati pittorici indipendenti dall’insieme del quadro. Chuck Close Lucas I 1986-1987 The Metropolitan Museum of Art, New York 49
  • 50. 50
  • 51. Troppo reale Il dettaglio iperrealistico finisce col dirci molto di più di quello che ci aspettiamo da una foto. I ritratti fotografici di Chuck Close ci riportano alla poetica e ai paradigmi della grande stagione artistica dell’iperrealismo. Chuck Close Barak Obama 2012 National Portrait Gallery, Washington 51
  • 52. Duane Hanson, Man on Mower (1995) Collezione dell’artista 52
  • 53. John De Andrea, Joan (1990) Palm Springs Art Museum, Palm Springs 53
  • 54. Ralph Goings, Double Ketchup (2006) 54 Collezione dell’artista
  • 55. Il falso assoluto di Disneyland 55
  • 56.
  • 57. 57
  • 58. Variare e citare L’immagine formula spesso un discorso su un’altra immagine, più che sulla realtà. L’opera di Jacquet è un omaggio ironico e innamorato a uno dei dipinti-chiave dell’arte moderna, Le déjeuner sur l'herbe di Édouard Manet, realizzato fra il 1862 e il 1863. Il quadro è realizzato a partire da una fotografia, serigrafata su tela e ritoccata con acrilico. Alain Jacquet Le Déjeuner sur l’herbe 1964 Centre Pompidou, Musée national d'art moderne, Paris 58
  • 59. La fonte classica di Manet Qui ci va il testo della slide, che può arrivare fino in fondo e può contenere parti evidenziate in grassetto grigio (anche al posto del corsivo). Giorgione Il concerto campestre 1510 ca. Musée du Louvre, Paris 59
  • 60. Un altro «plagio» famoso Qui ci va il testo della slide, che può arrivare fino in fondo e può contenere parti evidenziate in grassetto grigio (anche al posto del corsivo). Pablo Picasso Le déjeuner sur l'herbe 1960 Musée National Picasso, Paris 60
  • 61. Fotografia come remix Qui ci va il testo della slide, che può arrivare fino in fondo e può contenere parti evidenziate in grassetto grigio (anche al posto del corsivo). Rip Hopkins Muses d'Orsay 2006 61
  • 62. 62
  • 63. 63
  • 64. Dal film al quadro La pittura riflette sulle modalità espressive di altri media visuali, in questo caso del cinema. L’opera riprende piuttosto fedelmente una scena del film di Alain Resnais Hiroshima Mon Amour (Francia 1959). Scritta da Marguerite Duras e candidato all’Oscar nel 1961, la pellicola è interpretata da Emmanuelle Riva e Eiji Okada. Bernard Rancillac Hiroshima mon amour 2008 Galerie Nicomède, Biarritz 64
  • 65. 65
  • 66. Dal quadro al video L’artista americano non imita la forma, ma ripropone l’emotività e la spiritualità dell’originale. Bill Viola rivisita l’arte di Jacopo Pontormo (La visitazione di Carmignano, 1528-1530, Carmignano PO). Usa il mezzo elettronico per indagare del passato, con particolare riguardo alla tradizione della pittura medioevale e rinascimentale di carattere religioso. Bill Viola The Greeting 1995 66
  • 68. Arbitrarietà e materialità  Il carattere arbitrario è tipico del segno linguistico. Parliamo di arbitrarietà verticale (relazione fra significante e significato) e orizzontale (rapporto fra forma e sostanza)  Viceversa l’immagine ha (o dovrebbe avere) un carattere non arbitrario nel suo rapporto con il referente  Tuttavia… 68
  • 69. Non tutto il linguaggio è arbitrario 69
  • 70. La scrittura è anche immagine 70
  • 71. Déplacement Lo spostamento dei testi da un luogo all’altro ne evidenzia la dimensione materiale. Dal sito dell’autore: «The reintroduction of the text takes written language out of the context of its intended viewing environment. The composition of the layouts remain true to the composition of their corresponding photographs in order to draw attention to relative size, location and orientation. The isolation of the text from its original graphic design and accompanying logos, photographs and icons helps to further explore the nature of communication in the urban landscape as a combination of visual and literal signifiers. Matt Siber Untitled Project 2008 Galerie Nicomède, Biarritz 71
  • 72. Poesia concreta Mary Ellen Solt, Geranium, in Flowers in Concrete (1966) 72
  • 74. L’immagine è anche testo ÿØÿáµExif??II*???? ?????†???? ???Ž??????????????— ???????Ÿ???(???????1? ???§???2????´??????????i‡????È? ??????SAMSUNG?GTI9300?H??????H??????Snapseed 1.5?2013:05:05 10:52:19??š‚??????‚??????"ˆ??? ????'ˆ????P????• ????0220??????????*??‘ ?????’ ????>??’????F??’ ????N??’ … 74
  • 76. Esercitazione #1 Transcodifica/Riscrittura  Obiettivo: passare dalla rappresentazione iconografica di se stessi a quella linguistica  Ambito: Twitter e Instagram  Tempo a disposizione (elapsed): un’ora e trenta minuti  Input: un ritratto fotografico di se stessi  Output (deliverable): quindici trascrizioni linguistiche di 140 caratteri ciascuna (compresi spazi e hashtag #twego), basate su altrettante regole di riscrittura. È possibile inserire la fotografia nel tweet, sapendo che impegna 22-24 caratteri 76
  • 77. Esercitazione #1 Materiali: Regole di riscrittura  Sogno: riscrivi come se fosse un sogno  Olfattivo: riscrivi usando gli odori e l'olfatto  Arcobaleno: riscrivi usando più colori che puoi  Gustativo: riscrivi usando la lingua e il gusto  Tattile: riscrivi usando le dita e il tatto  Visivo: riscrivi usando gli occhi e la vista  Auditivo: riscrivi usando le orecchie e l'udito  Lipogramma in a: riscrivi senza usare la lettera "a"  Botanico: riscrivi usando nomi di piante  Gastronomico: riscrivi usando nomi di cibo  Svolgimento: riscrivi come i pensierini di un bimbo  Lettera ufficiale: riscrivi con uno stile burocratico  Passato remoto: riscrivi usando il passato remoto  Esclamazioni: riscrivi usando molte esclamazioni  Interrogatorio: riscrivi come un interrogatorio di polizia Liberamente ispirate agli Exercices de style di Raymond Queneau (Paris, Gallimard, 1947) 77
  • 79. Esercitazione #1 Materiali: U. Foscolo, Sonetti, 1803 Solcata ho fronte, occhi incavati intenti; Crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto; Labbro tumido acceso, e tersi denti, Capo chino, bel collo, e largo petto; Giuste membra, vestir semplice eletto; Ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti, Sobrio, umano, leal, prodigo, schietto; Avverso al mondo, avversi a me gli eventi. Talor di lingua, e spesso di man prode; Mesto i più giorni e solo, ognor pensoso, Pronto, iracondo, inquieto, tenace: Di vizi ricco e di virtù, do lode Alla ragion, ma corro ove al cor piace: Morte sol mi darà fama e riposo. 79
  • 80. Esercitazione #1 Materiali: Proust riscrive Chardin «Le pupille stanche sono sollevate, con l’aria di aver molto veduto, molto deriso, molto amato.» Marcel Proust, Chardin e Rembrandt Jean-Baptiste Siméon Chardin, Autoportrait, 1771, Musée du Louvre, Paris 80
  • 81. Esercitazione #2 Transcodifica/Riscrittura  Obiettivo: riscrivere un affresco trecentesco  Ambito: Twitter e Instagram  Tempo a disposizione (elapsed): 20 minuti in aula, con la possibilità di proseguire l’esperimento nei prossimi giorni  Input: Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo, Siena, Palazzo Pubblico, 1338-1339  Output (deliverable): un numero a piacere di trascrizioni linguistiche dell’opera, di 140 caratteri ciascuna (compresi spazi e hashtag #buongoverno). È possibile inserire l’immagine nel tweet, sapendo che impegna 22-24 caratteri 81
  • 83. Esercitazione #3 Ricerca iconologica  Obiettivo: identificare i contenuti simbolici e ideologici sottesi alla rappresentazione iconografica della Sardegna  Ambito: tutto il Web (siti e portali, reti sociali)  Tempo a disposizione (elapsed): un’ora e trenta minuti in aula. L’esercitazione prosegue online nei prossimi giorni  Output (deliverable): Presentazione (PPTX o Prezi) — Temi e contenuti prevalenti — Modalità di rappresentazione («linguaggio» e scelte iconiche, focus, elementi chiave, punto di osservazione, rinvii ad altri contenuti, …) — Temi e soggetti assenti 83