Questa è la presentazione della mia tesi di laurea specialistica.
Testo integrale disponibile su http://www.lulu.com/content/paperback_book/enoturismo_nella_doc_prosecco_indagine_esplorativa/6428396
Enoturismo Nella Doc Prosecco. Indagine esplorativa.
1. Buongiorno
Io sono Federico Lovat e ho studiato il mercato del enoturismo nella zona del
prosecco di conegliano.
Perché preoccuparsi del turismo enogastronomico e in particolare
dell’enoturismo?
Ve lo spiego brevemente.
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2. Primo perché stiamo perdendo competitività nel turismo.
Questo indice del world economic forum è correlato al 75% con gli incassi
provenienti da turisti stranieri.
(è quindi molto affidabile)
Siamo in ventottesima posizione solo grazie al patrimonio artistico che
abbiamo ereditato
Perché se fosse per la qualità del servizio, del marketing e per la
sostenibilità... Saremmo davvero in fondo alla classifica.
non si può più quindi vivere di rendita
dobbiamo esplorare nuove strade se non vogliamo che l’industria turistica
italiana faccia la stessa fine di quella informatica (del post-olivetti.)
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3. Tra tutte le possibili forme di turismo pare che l’enogastronomica sia la più
redditizia.
in italia credo che siamo tutti d’accordo sul fatto che l’enogastronomia possa
competere a livello mondiale.
Sarebbe davvero stupido ignorare questa opportunità così promettente
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4. nel caso specifico dell’enoturismo c’è anche un interesse accademico
finora la maggior parte degli studi proviene dalle cosidette regioni del nuovo
mondo: Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Canada, Sud Africa.
in Europa, dove la viticultura è nata, si sa poco o niente.
questo non lo dico io ma il massimo esperto mondiale sul tema ovvero il prof.
jack carlsen
Anche a livello italiano, Magda Antonioli concorda su questo fatto.
È necessario fare ordine.
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5. Per questi motivi ho deciso di studiare il fenomeno nella Doc prosecco che è
la zona dalla quale provengo.
Geograficamente siamo nella parte Nord della provincia di treviso che qui è
chiamata Altamarca.
meno di un’ora da Venezia, ottimi collegamenti ferroviari e autostradali, due
aeroporti internazionali nelle immediate vicinanze.
Qui, troviamo la strada del vino più antica d’italia, fondata negli anni 60 e un
vino, il prosecco che sta riscuotendo successi in tutto il mondo ormai da
qualche anno.
Oltre ad altre produzioni di pregio come per esempio il radicchio di treviso.
Inoltre siamo vicini a città di interesse artistico come possagno, asolo, oderzo.
Quindi direi che le potenzialità ci sono tutte.
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6. Finita la premessa entriamo nel vivo:
Più o meno tutti possiamo immaginare cosa significhi fare enoturismo.
Visitare cantine, assaggiare vini, passeggiare sui colli o anche partecipare al
vinitaly.
Di definizioni ne sono state date tante, più o meno comprensive.
Per me, un enoturista è tale se NON si trova nella sua provincia di residenza e
se è interessato al vino, possibilmente vino di qualità.
La prima domanda a cui voglio rispondere in questa tesi è quanto è già
sviluppato il fenomeno?
Se andiamo a leggere certe pubblicazioni sembra che si tratti di una cosa
consolidata.
In provincia di treviso esistono ben tre strade del vino
Oltre a innumerevoli associazioni, consorzi, confraternite... che dichiarano di
promuovere l’enogastronomia e il turismo nel territorio.
Sembrerebbe una situazione molto vivace
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7. E anche la tesi di dottorato di Galletto ci dice che sulla strada dei vini del
piave troviamo solo un 25% di visitatori locali mentre addirittura quasi la
metà proviene dall’estero.
Sottolineo che questa indagine è stata fatta in primavera-estate mentre la
mia indagine si è svolta in novembre
Inoltre Galletto ha intervistato esclusivamente i visitatori di eventi
enogastronomici
Mentre io sono andato nelle cantine e ho intervistato chiunque si trovasse lì
Indipendentemente dal fatto che ci fosse o no un evento speciale.
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8. Dico questo perché quando sono andato a parlare con gli imprenditori ho
trovato un diffuso pessimismo sull’affluenza di pubblico.
Forse non volevano avere tra i piedi il ricercatore
O forse la situazione non è così rosea come a volte si vuol far credere.
Il Professor Monterumisi è probabilmente il massimo esperto italiano in
materia e insegna nella sede riminese dell’università di Bologna
Dove si studiano tutti i tipi di turismo.
questa frase interpreta bene il sentimento di sfiducia che mi è sembrato di
cogliere tra molti imprenditori.
Questo enoturismo esiste davvero o è un po’ come il telelavoro di cui tutti
parlano ma che nessuno pratica?
vale la pena investire per trasformare la propria cantina in una destinazione
enoturistica?
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9. Per scoprirlo sono andato a vedere chi sono gli attuali frequentatori delle
cantine e cosa apprezzano di più
L’indagine si è svolta in otto cantine in due weekend di novembre.
Ho scelto aziende di diverso tipo e dimensione.
E in diversi contesti paesaggistici, dall’industriale più degradato, con le
ciminiere di fronte al più collinare e bucolico possibile
Sette cantine appartenevano alla strada del prosecco che è il prodotto di
punta della zona e una alla strada del piave che è di recente istituzione ma
molto promettente.
In due casi c’era un evento di richiamo:
Una serata jazz e la giornata di san martino in cantina promossa dal
movimento turismo del vino.
Vediamo brevemente in cosa consisteva il questionario
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10. Oltre alle classiche variabili sociodemografiche, quindi età, genere, titolo di
studio, provincia di residenza...
Ho rilevato il tipo e la motivazione degli acquisti, quindi bottiglie o vino sfuso.
Per uso personale o da regalare.
poi ho fatto alcune domande sul consumo di media: tv, stampa, internet
E nella pagina di sinistra, una batteria di 25 elementi su scala da 1 a 5 che
rispondevano alla domanda: cosa è per lei più importante nella visita a una
cantina?
Gli item coprivano aspetti relativi al servizio, all’accoglienza, al prodotto, e
anche al contesto circostante la cantina quindi vicinanza a centri storici,
bellezza del paesaggio, eccetera.
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11. Bene, vediamo alcuni risultati.
Per rispondere alla mia domanda di partenza: quanti sono gli enoturisti?
Direi che il grafico parla da solo.
La stragrande maggioranza degli intervistati era locale.
Nessuno straniero.
Quindi, almeno per questo campione, non si può parlare di un flusso turistico
consistente.
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12. Eppure i dati ufficiali della provincia parlano di quasi 30.000 turisti italiani e
12.000 stranieri.
Nel periodo in cui è stata fatta l’indagine
Evidentemente, la maggior parte di questi 40.000 turisti non è interessata al
vino.
Adesso andiamo avanti con un po’ di descrittive prima di vedere i cluster
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13. Una particolarità della zona è che molte aziende organizzano degli eventi di
richiamo come serate jazz, mostre di pittura e giornate generiche di cantina
aperta anche in autonomia rispetto al mtv nazionale.
Bene, Durante questi eventi il vino sfuso non è in vendita quindi questo
grafico si riferisce solo alle giornate normali.
Vediamo che un 30% degli intervistati ha acquistato esclusivamente vino
sfuso
E un altro 14% ha acquistato sia sfuso che imbottigliato.
Considerando che la vicinanza al natale ha sicuramente favorito gli acquisti di
imbottigliato,
Direi che il vino sfuso gode ancora di un’importante fetta di appassionati.
più di un terzo del pubblico è attratto da un prodotto di qualità e prezzo
inferiore.
E ciò chiaramente fa a pugni con un’immagine di regione enoturistica di
qualità
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14. altro dato interessante sulle fasce di età.
Innanzi tutto vediamo che l’età media è abbastanza avanzata con la
generazione degli ex-baby boomer che arriva quasi al 45%
Mentre le generazioni estreme si fermano entrambe al 10%
Con una importante differenza però
Vediamo che i più giovani sono i più assidui frequentatori di eventi
Il test T indica una differenza media di 7 anni di età tra chi frequenta o non
frequenta un evento.
L’importanza di questo dato è chiara se pensiamo agli imponenti investimenti
messi in campo dalle multinazionali della birra e dei superalcolici
Che non trovano corrispondenza nel mondo del vino.
Se non vogliamo che il vino vada in pensione insieme ai suoi consumatori
storici
L’evento in cantina è una possibile strada da percorrere.
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15. Contrariamente a quanto evidenziato da Galletto, però,
L’evento sembra interessare più i locali che i turisti.
Infatti da quello che ho visto, viene vissuto come un momento di festa per la
comunità locale più che come attrazione turistica.
Che però non significa che non possa essere interessante per chi viene da
fuori
Semplicemente credo che manchi una adeguata informazione
Questo succede
Primo perché non ha senso che una singola azienda promuova un piccolo
evento come attrazione turistica
Ma soprattutto perché le associazioni che dovrebbero avere una visione
d’insieme non riescono a raccogliere tutti i contributi delle singole aziende
O comunque non riescono a comunicarli all’esterno.
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16. Bene, abbiamo visto che al momento non possiamo parlare di un flusso
consistente di enoturisti nelle cantine analizzate però non ho detto niente
riguardo al futuro.
Le 25 domande su cosa apprezzerebbe di più nella visita in cantina ci danno
un indizio sulle possibilità di sviluppo del mercato.
Il primo passo in questo senso è stato la riduzione fattoriale, utile per
eliminare sovrapposizioni tra le variabili e per capire quali sono i temi di
fondo che interessano al pubblico. (E anche per semplificarci la vita nella
lettura dei risultati)
Beh, dalla riduzione sono usciti questi 5 temi fondamentali.
Il raggruppamento delle 25 domande in queste componenti serve per capire
quali variabili sono percepite come di importanza simile dai consumatori e in
un certo senso permettono una prima segmentazione del pubblico perché
sappiamo che chi apprezza, per esempio, la degustazione guidata
probabilmente apprezzerà anche il tour della cantina mentre non è detto che
si aspetti trovare vini particolarmente rari.
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17. Basandoci su quelle 5 macro-variabili vediamo come si comportano i nostri
soggetti.
Il risultato è che il 36% del campione presenta i tratti tipici dell’enoturista descritto
in letteratura.
Pur essendo trevigiano nel 73% dei casi, questo visitatore è interessato al vino, al
territorio, alla cantina, ai suoi prodotti caratteristici e unici. Vuole vivere
un’esperienza autentica e vuole essere informato il più possibile.
A volte si dice che non si investe nell’offerta perché non c’è abbastanza domanda.
Sicuramente adesso abbiamo pochi enoturisti nella DOC Prosecco però la domanda
c’è eccome.
Il fatto che provenga da visitatori locali non deve scoraggiare. Si comincia facendosi
conoscere nella comunità locale. intanto si fa esperienza e pian piano si passa da
essere imprenditori quasi esclusivamente primari a veri e propri fornitori di un
servizio; come suggerisce Carlsen in un suo famoso paper del 2006.
Poi quando c’è un minimo di esperienza e di organizzazione ci pensa il markting ad
attirare i turisti veri.
Non dimentichiamo che Venezia è a meno di un’ora di strada.
A venezia arrivano più di 7 milioni di turisti l’anno. Se riusciamo a interessarne
anche meno dell’1% si parla comunque di migliaia di persone che poi torneranno
nel loro paese, berranno il vino che hanno comprato e parleranno con altre
persone...
Chiaramente ci vuole un minimo di collaborazione e soprattutto di motivazione da
parte degli imprenditori.
La comunicazione d’impresa può anche fare miracoli. Però bisogna volerli.
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18. la DOC Prosecco è un caso forse unico in letteratura perché è una regione
storicamente votata alla produzione e all’autoconsumo che ora si trova a far
convivere due anime: quella tradizionale della “damigiana nel portabagagli” e
quella nascente della degustazione guidata.
Se queste due anime devono convivere bisogna almeno essere coscienti che
non si possono trattare nello stesso modo due segmenti di clientela così
diversi.
Non si può essere tutto per tutti
Quindi il mio suggerimento è di trovare un piccolo numero di imprenditori
fortemente motivati a entrare nel business.
Così si evita di imporre cambiamenti organizzativi a chi non ne vuole sapere e
però si lascia agli altri la posibilità di proporre un’offerta enoturistica ben
strutturata.
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