1. … il colore del quadrato A
è lo stesso del quadrato B …
a cura di
Andrea d’Auria
2. PREMESSA
Fame, guerre, crisi, povertà, non riuscire ad arrivare a fine mese,
dover lavorare otto ore al giorno, miseria, malattie, mancanze,
sprechi, non riuscire a pagare il mutuo, dolore, stress, suicidio.
È possibile che esista qualcosa che accomuni ognuna di queste
problematiche? Può veramente esistere un filo conduttore che lega
ed unisce ognuno di questi aspetti, un fattore fondante che, se
eliminato, possa indebolire consistentemente, se non addirittura
risolvere, le piaghe che affliggono il mondo in cui viviamo?
Nel corso della tesina cercherò di rispondere a queste domande
facendo luce sull’origine ed il funzionamento del sangue che dà vita
ad ogni istituzione umana: il denaro.
Più precisamente mi concentrerò sul modo in cui esso viene creato e
su come questo abbia, molto probabilmente, influenzato gran parte
della storia.
3. LA MONETA
Che cos’è il denaro? Cosa sono i soldi? Spesso sono le domande più semplici
che non hanno risposta, sono le cose più ovvie a non essere verificate.
La moneta è un’unità di misura come lo è il chilometro, il grammo e il litro. È la
rappresentazione di una quantità, non la quantità in sé. Dicendo questo voglio
sottolineare che la moneta rappresenta un valore, ma non è il valore.
Il denaro è carta paragonabile a quella che usiamo nei nostri bagni.
Ma allora per quale ragione scambiamo una banconota da 10€ con merce per il
valore effettivo di 10€, benché, di fatto, stiamo scambiando carta con merce di
valore? Più precisamente potremmo formulare la domanda in questo modo: che
cosa dà valore ai soldi? Noi. In quanto cittadini facenti parte di una società, noi
diamo valore a dei pezzi di carta per facilitare gli scambi di merci che, prima
dell’avvento della moneta, avvenivano esclusivamente secondo il sistema del
baratto. Creiamo dunque una convenzione. Per questa ragione le persone, nel
tentativo di facilitare tali scambi, hanno deciso di mettersi semplicemente
d’accordo e di dare valore a dei pezzi di carta.
Sono i cittadini che danno valore al denaro.
Viene dunque spontaneo chiedersi quanto valga effettivamente una banconota.
Una banconota di qualsiasi importo, considerato il costo di carta, inchiostro,
filigrana, lavorazione, ecc., ha un prezzo di 0.30€ [1]. Questo rappresenta il
valore intrinseco, cioè quello che un bene ha per sua natura in conseguenza al
tempo necessario per produrlo ed alla quantità disponibile di materiale utilizzato
per crearlo (tanto più una cosa è rara o tanto più tempo è necessario per
produrla, tanto maggiore sarà il suo valore intrinseco).
Il valore intrinseco di una banconota (0.30€) differisce dal valore nominale (o di
facciata) che è rappresentato dal numero stampato su di essa.
Il denaro in circolazione nello Stato viene procurato dal governo mediante le
banche centrali nazionali che, a loro volta, se lo procurano mediante la banca
centrale europea che è l’unica autorizzata a stampare l’euro. Vedremo questo
processo nel dettaglio più avanti.
L A B ANC A D’IT ALI A
L’istituzione nota anche col nome di Bankitalia
viene ufficialmente definita un “Istituto di diritto
pubblico” [2].
Tale affermazione è falsa, o per lo meno ambigua.
Ciò che significa, di fatto, è che si tratta di un
istituto le cui quote di partecipazione sono aperte
al pubblico.
Come possiamo notare dalla lista dei partecipanti
4. al capitale [3], il 94% di essi sono società per azioni private, prime tra tutte Intesa
Sanpaolo S.p.A. e UniCredit S.p.A., mentre il restante 6% è posseduto da INPS
ed INAIL, le sole due istituzioni, su un totale di 64, a carattere statale.
Ci accorgiamo, dunque, che la nostra banca nazionale (come del resto le banche
nazionali di tutti i paesi del mondo, eccettuati un paio di Stati) è un S.p.A.
Bankitalia S.p.A. è una società privata.
Per sciogliere ogni dubbio il Presidente del Consiglio in carica nel 2006, Romano
Prodi, in data 12 dicembre, ha approvato insieme al Presidente della Repubblica
Napolitano la modifica dello statuto Bankitalia come mostrato qui di seguito.
La parte in rosso che recita: “In ogni caso dovrà essere assicurata la
permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca da parte
di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia
posseduta da enti pubblici”, è stata cancellata. La banca è a tutti gli effetti
un’azienda privata. Ciò significa che Bankitalia può decidere arbitrariamente la
politica monetaria del paese senza rendere conto allo Stato, e questo viene
confermato dall’art. 4 del TUB [4] che esplicita che la Banca d’Italia “trasmette al
parlamento” una relazione sull’operato. L’atto di trasmettere implica un puro e
semplice passaggio di dati nel quale non è contemplato alcun dialogo o giudizio.
In altre parole, il governo italiano ha approvato una legge palesemente
incostituzionale svendendo la nostra sovranità monetaria ad un S.p.A.
La situazione, per quanto sconcertante, è analoga in tutta Europa: ogni banca
nazionale di ogni paese europeo è una società per azioni posseduta per la
maggior parte da enti privati.
Allo stesso modo la Banca Centrale Europea è a sua volta posseduta dalle
banche nazionali, quindi, di fatto, anch’essa privata [5].
Le cose non sono differenti oltreoceano: la Federal Reserve, la banca centrale
degli Stati Uniti, è del tutto svincolata ed indipendente dallo Stato.
5. SIGNOR AGGIO
Abbiamo visto cosa sono i soldi, abbiamo fatto luce sulla natura dei partecipanti
al capitale della Banca d’Italia e di quella europea, ed ora possiamo esaminare il
nocciolo della questione: come avviene la creazione di moneta.
Il ragionamento ridotto all’osso consiste in questo: la banca stampa soldi e li
presta allo Stato. Più precisamente, la banca stampa una banconota, per
esempio, del valore di 100€ sostenendo una spesa di 30 cent (costo della carta,
inchiostro, ecc.). Questa banconota viene prestata allo Stato che dovrà restituirla
insieme ad un interesse.
In altre parole la banca stampa la banconota e la dà allo Stato chiedendo indietro
il valore totale della banconota, quindi la banconota stessa, più un interesse.
Potremmo riassumerlo così: il guadagno della banca in questa manovra consiste
nella differenza tra il valore nominale della banconota più gli interessi, e il valore
intrinseco della stessa. Quindi: [100€ (valore nominale) + 2.5% di interessi] –
0.30€ (valore intrinseco) = 102.20€ (guadagno della banca).
Emerge chiaramente il carattere fraudolento del sistema in ogni suo passaggio.
In primo luogo l’atto di prestare implica la proprietà. Prestando moneta ci si
autoproclama arbitrariamente proprietari della stessa, infatti su ogni banconota in
euro viene riportata la firma del governatore della banca. È facile accorgersi che,
poiché è il popolo a dare valore al denaro, e quindi a poter essere considerato il
vero “portatore del valore nominale”, questo principio non può essere giusto. E
qui ci si imbatte nel secondo punto truffaldino di questo sistema: nel momento in
cui la banca “cede” la banconota allo Stato, il prezzo considerato per lo scambio
è il valore nominale (quello scritto sulla banconota) e non il valore intrinseco.
Questo vuol dire che lo Stato paga la banconota al prezzo intero di 100€
stampato su di essa, e non al prezzo di 30 cent più una somma per il servizio.
Infine si ha il perno principale, la colonna portante della truffa: l’applicazione di un
interesse sull’intero valore nominale. Se lo Stato riceve 100€ dalla banca, ma
questa ne rivuole indietro 100 più il 2.5%, quindi 102.5, dove vengono presi i
soldi per pagare questi altri 2.5€? Dalla banca stessa. Poiché i 2.5€ in più non
esistono, lo stato è costretto a chiedere nuovamente dei soldi alla banca (che
seguiranno lo stesso sistema di produzione) entrando in un circolo vizioso infinito
di debiti che non potranno mai essere saldati completamente.
Tutto questo prende il nome di signoraggio o, più precisamente, di signoraggio
primario. La questione, in Italia, viene affrontata dal professore universitario di
giurisprudenza Giacinto Auriti che la tratta in diversi dei suoi testi, tra cui, per
esempio, Il Paese dell’Utopia.
6. LE PROVE
Non è facile individuarle, ma oggi, grazie alla biblioteca più grande del mondo,
internet, siamo in grado di scovare quasi sempre, sebbene con qualche difficoltà,
tutto quello che cerchiamo. Nel nostro caso le prove sono fornite dalle fonti
ufficiali delle banche stesse e del diritto europeo.
TITOLI DI STATO
I titoli di Stato sono il mezzo di scambio con cui lo Stato riceve il denaro [6]. Più
precisamente stiamo parlando di BOT (buono ordinario del tesoro) ovvero titoli di
debito pubblico. Il funzionamento di un titolo di debito pubblico è molto semplice:
lo Stato dà un BOT, che di fatto è un’obbligazione, in cambio di un finanziamento
del debito pubblico. In parole più semplici lo Stato chiede dei soldi e rilascia un
documento secondo il quale quei soldi presi in prestito verranno restituiti dopo tot
tempo con l’aggiunta di una maggiorazione, quindi se io do 5€ allo Stato in
cambio di un BOT e il tempo stabilito è 10 anni, dopo 10 anni mi verranno
restituiti i miei 5€ più un ulteriore euro.
Questo è un modo molto carino per descrivere uno scambio di cartacce: lo Stato
stampa i BOT mentre la BCE stampa gli euro, dopodiché lo Stato dà i propri titoli
alla banca e la banca dà i soldi allo Stato. Per questo, semplificando il discorso,
possiamo dire che la banca presta soldi allo Stato, perché alla scadenza dei BOT
lo Stato dovrà restituire tutti i soldi ricevuti più il 2.5% di interessi [7] sull’intero
valore nominale.
VALORE NOMINALE
7. Come spiegato in precedenza, il valore nominale corrisponde alla cifra stampata
sulla banconota. Per poter comprendere al meglio la prova e le deduzioni logiche
che dimostrano che la banca presta la banconota al valore nominale e non a
quello intrinseco, bisogna introdurre un semplice concetto di economia: l’attivo e
il passivo. Queste sono due voci presenti nel bilancio di qualsiasi azienda. Tutto
ciò che viene segnato sotto la voce “attivo” corrisponde alle entrate e ai crediti,
ovvero a tutto quello che entra in una società (per esempio per la vendita di un
bene) oppure tutto quello che deve entrare perché creditrice nei confronti di terzi.
Al contrario, sotto la voce “passivo” vengono segnate le uscite e i debiti, ovvero
tutto ciò che è stato speso (per esempio per la produzione di un bene) e tutto ciò
che la società deve ad altri.
Secondo il diritto dell’Unione Europea il criterio di valutazione utilizzato per i
crediti relativi all’emissione di banconote della BCE segnate sotto la voce “attivo”
del bilancio è il valore nominale [8]. E in effetti, se diamo uno sguardo al bilancio
della BCE del 2009, sotto a quella voce, in attivo, sono registrati oltre 64 miliardi
e mezzo [9]. Ma allora, se nel bilancio figura questo guadagno spropositato, per
quale ragione nessuno se n’è accorto? Semplice: quel guadagno non figura
nell’utile della banca, cioè nel ricavato finale, perché viene azzerato in passivo
dalla voce “banconote in circolazione” alla stessa cifra [10]. Ma per quale ragione
la voce “banconote in circolazione” figura nel passivo del bilancio alla stessa
identica cifra che troviamo in attivo?
In passivo vengono registrati i debiti di una società oppure le uscite, come
possono essere i costi di produzione di un bene. Poiché le banconote in
circolazione non costituiscono, di fatto, un debito per la banca, il campo si
restringe. Abbiamo quindi ragione di pensare che quella cifra venga fatta passare
per i costi di produzione delle banconote.
Il costo di una banconota è di 30 centesimi, e stampare delle banconote non può
arrivare a costare 64 miliardi.
Quello che ha fatto la Banca Centrale Europea si chiama falso in bilancio.
8. RISERV A FRAZION ARI A
Diversamente dal signoraggio primario, che è caratteristico delle banche centrali,
poiché sono le sole a poter stampare moneta in quella maniera, esiste un altro
modo di creazione del denaro che invece è proprio di ogni singola banca. Questo
viene definito “metodo di creazione della moneta basato sulla riserva frazionaria”
e, sostanzialmente, è ciò che accade ogniqualvolta viene effettuato un mutuo o
un prestito.
Questo sistema viene esaustivamente spiegato nei documenti ufficiali della
Federal Reserve [11]. Ciò che avviene è molto semplice.
Spiegato in termini matematici corrisponde ad un’equazione:
R = 1/10C dove per C = capitale, e per R = riserva disponibile.
In altre parole, la banca ha stabilito che all’interno delle proprie casse deve
rimanere disponibile il 10% del capitale totale, il resto può essere utilizzato per
investimenti, prestiti, mutui, ecc.. Quello che sarebbe logico presupporre è che se
la banca ha 100€ di capitale, deve mantenere il 10% di riserva (quindi 10€)
mentre il resto può utilizzarlo per prestiti o mutui. È più che ragionevole dedurre
che quei 10€ vengano sottratti al capitale per essere lasciati come riserva mentre
la banca può utilizzare in diverso modo gli altri 90€, ovvero: il capitale della
banca è 100€, quindi la banca ne presta 90 e ne tiene come riserva 10.
Questo è logico, si, ma non è ciò che avviene.
La banca, in realtà, presta fino a dieci volte il valore del suo capitale
considerando il capitale stesso come riserva.
Questo significa che se una banca ha 100€ di capitale, lei ne presta fino a 900
semplicemente stampando carta. I suoi 100€ di capitale diventano quel 10% di
“riserva frazionaria”. Sono i 100€ totali a costituire la riserva, quindi la banca può
stampare il restante 90% e darlo in prestito. Vuol dire che se il capitale è 100€, la
banca lo moltiplica per 10 e considera un capitale di 1000€, dopodiché tiene nelle
sue casse una riserva del 10%, quindi i 100€ iniziali, e ne presta 900.
Come possiamo notare la formula matematica funziona tranquillamente:
C = capitale, R = riserva frazionaria.
R = 1/10C R = 1/10(1000) R = 100
Secondo la formula, la riserva della banca deve corrispondere a 100€.
100€ sono in possesso della banca e quindi, poiché la formula funziona, la banca
può considerare il proprio capitale di 1000€ invece che di 100 e può prestare
900€ che non ha.
Ma allora, cosa dà valore a questi soldi se, di fatto, vengono creati dal nulla?
I soldi che sono già in circolazione. Oppure, ancora più a fondo, noi stessi come
società. Poiché siamo noi a dare valore ai soldi, se la massa monetaria aumenta
a dismisura come, in effetti, sta accadendo, i soldi diventano di più e più facili da
ottenere. In questo modo perdono “credibilità”. Più precisamente e
concretamente, perdono potere d’acquisto. Questo fenomeno si chiama
inflazione, ed è esattamente ciò che provoca questo sistema di creazione del
denaro.
9. Più esaustivamente potremmo dire che la truffa sta nell’arricchimento di poche
persone che, molto banalmente, stampano carta senza alcuna copertura aurea
[12]. Si tratta di una truffa perché, secondo un qualsiasi contratto di mutuo, viene
ipotecato, in garanzia del prestito, un bene di egual valore dello stesso. Questo
vuol dire che se il cliente non riesce a saldare il proprio debito e quindi non riesce
a pagare il mutuo, la banca si riserva il diritto di pignorare un “bene di egual
valore” come, per esempio, la casa. Ma la casa non è di “egual valore” dei soldi
ricevuti per il prestito, poiché la banca li ha stampati senza alcuna copertura. La
casa, al contrario, ha un valore intrinseco che non perderà mai.
La banca, invece, ha stampato dei numeri sulla carta e ha deciso di prestarla
come se fosse il valore in sé, e non la rappresentazione del valore, come
sarebbe giusto. Loro hanno stabilito arbitrariamente il valore della carta. E noi?
Noi ci crediamo.
Il metodo di creazione della moneta basato sulla riserva frazionaria viene
riconosciuto anche col nome di signoraggio secondario.
IL FALSO MITO
DELLA RIPARTIZIONE DELL’UTILE
L’art. 39 dello statuto di Bankitalia stabilisce che il totale dei dividendi per gli
azionisti non deve superare un massimo del 10% del capitale, mentre il 20%
dev’essere tenuto a riserva e il restante 70% viene devoluto allo Stato [13].
Prendiamo in esempio la solita banconota da 100€, e supponiamo che l’interesse
ammonti al 10%. Come spiegato in precedenza avviene lo scambio dei titoli e
delle banconote, al termine del quale lo Stato avrà in circolazione 100€ e la
banca sarà creditrice nei confronti di questo per 110€. Supponiamo, ora, che lo
Stato restituisca tutti i 100€ alla banca, la quale registrerebbe un utile per quella
cifra e quindi, di conseguenza, devolverebbe 70 di quei 100€ allo Stato. Ora lo
Stato può pagare l’interesse del 10% dando, appunto, altri 10€ alla banca che
alla fine della storia intasca 40€.
Dove sta l’inghippo?
Partendo dal presupposto che questo sistema sarebbe comunque truffaldino,
perché la banca guadagnerebbe ben 40€ per aver stampato il numero 100 su un
foglio di carta, non è comunque un esempio realistico, per il semplice motivo che
esso prevede che lo Stato restituisca tutti i soldi in circolazione. Questo significa
che dovrebbe ritirare tutti i soldi di ogni cittadino, dal primo all’ultimo centesimo,
per restituirlo alla banca, il che, ovviamente, è impossibile. Ma la questione è
molto più tecnica di quello che appare. Poiché Bankitalia, come dimostrato in
precedenza, falsa il bilancio facendo figurare anche in passivo le banconote in
circolazione, lo spropositato guadagno derivante dall’emissione di moneta non
figura nell’utile della banca, quindi il 70% devoluto allo stato verrà calcolato su
una cifra irrisoria che non rispecchia minimamente il guadagno reale.
10. LA LEGGENDA DEL PIL
PIL: Prodotto Interno Lordo
Per PIL si intende il valore complessivo
di beni destinati al consumo finale e di
servizi prodotti all’interno di un Paese
in un intervallo di tempo (solitamente
un anno).
È facile sentir dire che “la creazione di
moneta non è libera e svincolata ma
segue l’andamento del PIL”, e questo è
in parte vero. Dico che lo è solo in
parte perché non esiste nessuna legge
o nessun regolamento che stabilisca
che all’aumentare del PIL si debba
aumentare la moneta in circolazione.
Ne si deduce che questa è una
semplice regola dettata dal buonsenso.
Quello che toglie un po’ di “buon” al “senso” è il fatto che anche nei casi in cui
venga rapportata al PIL, la produzione di moneta segue sempre lo stesso
percorso. Inoltre, nella formula in cui avviene oggi, la produzione di moneta non è
tanto un’”immissione di denaro nello Stato” quanto un “finanziamento del debito
pubblico”. Questo significa che quanto più grande sarà il debito, tanti più soldi
potranno essere chiesti alla banca. Questo fino a quando la banca deciderà che
lo Stato è diventato insolvente, allora smetterà di finanziare il debito pubblico e
comincerà a reclamare i soldi prestati.
COLLOC AME NTO
DEI TITOLI DI STATO
Non è inusuale la diceria secondo cui le banche non intascano il guadagno dei
titoli di Stato perché possono solo distribuirli ad aste autorizzate. Ciò che si
dimentica di dire è che coloro che possono partecipare a queste aste sono
esclusivamente le banche e le imprese d’investimento [14]. Questo significa che
se Bankitalia mette all’asta i titoli di Stato, e questi vengono comprati, per
esempio, da Unicredit, che è azionista di Bankitalia, il guadagno rientra nel loro
circolo. O meglio, non ne esce mai.
11. UN PO’ DI STORIA
“All the world’s a stage, and all the men and women merely players”.
In una semplice frase, Shakespeare riassume il principio fondamentale di quasi
tutta la storia umana, oserei dire.
Tutto il mondo è un palco, e tutti gli uomini e le donne sono soltanto attori.
Tutta la storia è disseminata da una quantità immonda di bugie, così tante bugie
che, sfortunatamente, non riusciremo mai a rivelare completamente.
Nel corso di questa tesina, non potendo, mio malgrado, ricostruire la storia nella
sua completezza, mi limiterò a tracciare alcuni punti fondamentali per spiegare in
che modo le banche da sempre, e le multinazionali in seguito, abbiano di fatto
manovrato la politica degli stati comportandosi come gli unici soli veri padroni
assoluti ed autoproclamati.
Possiamo far risalire le
origini di questo modello di
schiavitù al 1694, anno in
cui William Paterson,
banchiere londinese, fa
approvare, previo
consenso del parlamento
inglese, il progetto della
“bank of England” [15].
Al suo debutto la banca
centrale indebita
immediatamente lo Stato
prestando 1.2 milioni di
sterline.
La Banca d’Inghilterra è la prima banca centrale che stampa ed emette le
cosiddette “notes of bank”, ovvero banconote, al posto della moneta-oro utilizzata
fino ad allora.
Più o meno contemporaneamente, precisamente nel 1743,
a Francoforte, un orafo di nome Amschel Moses Bauer,
proprietario della “ditta dello Scudo Rosso”, dà il via alla
propria attività di prestiti e finanziamenti. Suo figlio, Mayer
Amschel, ereditò dal padre la società e in onor d’essa fece
cambiare il proprio nome in “Rothschild” (scudo rosso).
Mayer ebbe cinque figli a cui insegnò tutto ciò che sapeva
sull’attività economica e finanziaria, dopodiché decise di
mandarli nelle capitali più importanti di allora per aprire filiali ed espandere
l’impero che stava creando: Londra, Parigi, Vienna, Napoli e lasciò il primogenito
a Francoforte.
Nathan, figlio di Mayer, inviato a Londra, si sposò con la figlia di uno dei più ricchi
mercanti londinesi. Questo favorì non poco la sua attività. Si specializzò in
12. operazioni finanziare speculative su titoli britannici ed esteri, cambi valute, metalli
preziosi, ecc..
Nathan finanziò ed indebitò il Duca di Wellington consentendogli di formare un
potente esercito in grado di fronteggiare Napoleone. E così andò: il duca
sconfisse l’esercito francese ripetutamente.
Quando Napoleone fuggì dall’isola su cui era stato esiliato e tornò in Francia,
dove riuscì a formare un nuovo esercito, il Duca di Wellington, sempre sostenuto
dai finanziamenti di Nathan, fronteggiò i francesi a Waterloo insieme ad altre
forze europee.
Si suppone che un agente fidato dei Rothschild, posizionato sul lato nord del
campo di battaglia, vicino alla Manica, fu il primo a conoscere l’esito dello scontro
e lo comunicò con 24 ore d’anticipo sul corriere personale di Wellington, a
Nathan, il quale si precipitò alla Borsa dove tutti, sapendo dei suoi agganci
informativi, aspettavano che facesse qualcosa per capire l’esito della guerra.
L’Inghilterra aveva vinto, ma lui cominciò a vendere titoli britannici. Tutti,
giustamente, dedussero che l’Inghilterra dovesse aver perso, e che quindi
l’economia dello Stato sarebbe crollata perché costretta a dover pagare tutti i
debiti di guerra. Il valore dei titoli britannici calò a picco
ed ognuno cominciò a svendere quelli che possedeva.
Nel frattempo i Rothschild, tramite i propri agenti,
cominciarono ad acquistare segretamente questi titoli.
In poche ore Nathan acquisì il dominio del mercato
azionario Inglese e della Banca d’Inghilterra.
Questo fatto viene narrato ne “Il romanzo dei
Rothschild”, libro che la famiglia in questione ha
fortemente osteggiato mediante un processo legale
che aveva come scopo la prevenzione della
pubblicazione del testo. I Rothschild persero la causa
e il libro venne pubblicato [16].
Più o meno analogamente, tutti e cinque i fratelli
Rothschild operarono la stessa politica finanziaria di prestiti basati sulla riserva
frazionaria, indebitando interi Stati ed acquisendo la proprietà di istituzioni
pubbliche. Finanziarono le reti ferroviarie in Francia, Italia ed Austria.
Al giorno d’oggi il loro monopolio non è diminuito, nonostante ben poche persone
abbiano anche solo sentito nominare il nome “Rothschild”. Sono proprietari e
finanziatori, per esempio, della Transport for London (linee metropolitane), Shell,
Volkswagen, ING, Intesa Sanpaolo, Eni, Unibanco, British Energy, Finmeccanica
[17], TFI (televisione francese), Endemol [18], Vodafone, Tiscali, Deutsche
Telekom [19], Alitalia [20], Erg, UBI Banca, Ferretti, AXA, Banca Popolare
Italiana, Barilla [21], e molti altri.
13. NEL FRATTEMPO OLTREOCE ANO…
In America la situazione era
diversa. Nel 1690 la colonia
inglese della Baia del
Massachusetts aveva stampato,
per la prima volta, la propria
moneta non gravata da debito,
poiché non emessa da una banca
centrale privata. Seguirono, nel
1703, il South Carolina e poi tutte
le altre colonie. L’economia
americana pareva impennarsi, e
questo non piacque all’Inghilterra
che, nel 1742, emanò il British
Resumption Act con il quale stabiliva che ogni tipo di tassa o debito dovesse
essere pagato in oro [22]. L’immediata conseguenza fu una grave depressione
nelle colonie che poté essere riparata solo con la disobbedienza al
provvedimento. Quando le colonie disattesero i provvedimenti del parlamento
inglese, questo approvò il Currency Act (1764) [23] con il quale, oltre a ribadire
l’obbligo del pagamento di debiti e tasse in oro, vietava esplicitamente ai
funzionari delle colonie di emettere la propria valuta, generando disoccupazione
e malcontento. Si suppone che sia questa la causa principale dello scoppio della
rivoluzione americana, e non la ridotta tassa sul tè, che sarebbe stata, invece,
accettata di buon grado se l’Inghilterra non avesse tolto alle colonie la possibilità
di stampare la propria valuta.
Verso la fine della rivoluzione l’America aveva un disperato bisogno di fondi. Fu
concesso a Robert Morris di aprire una banca centrale privata, la Bank of North
America, fatta ad immagine e somiglianza della Banca d’Inghilterra, e ad essa
venne affidato il monopolio dell’emissione di moneta.
Sfruttando i fondi concessi all’America dalla Francia come capitale della banca,
egli applicò senza controllo la creazione di moneta basata sulla riserva
frazionaria prestando denaro che non aveva, creandolo dal nulla.
L’inflazione decollò e, accortisi del pericolo, non rinnovarono il documento di
concessione della banca che perse il monopolio.
Coinvolti nella Bank of North America vi furono Thomas Willing (presidente),
Robert Morris (fondatore) ed Alexander Hamilton.
Il nuovo Congresso fondò una nuova banca centrale, di proprietà privata. Il
presidente era Thomas Willing, i fondatori Hamilton e Morris.
Nel 1790 Alexander Hamilton diventa ministro del Tesoro, e nel 1791 fa
approvare al Congresso una legge che conferì alla prima banca centrale
americana, la BUS – Bank of United States, uno statuto ventennale. La banca fu
autorizzata a stampare denaro sulla base della riserva frazionaria, e il capitale
iniziale doveva essere immesso per il 20% dallo Stato e per l’80% da privati.
14. Tuttavia, sfruttando un artifizio bancario, i “privati” non versarono mai la propria
quota. Lo Stato versò 2 milioni di dollari, e sulla base di questi due milioni
vennero prestati, creandoli dal nulla, i restanti 8 milioni ai detti “privati” che li
reinvestirono nella banca.
I risultati non furono buoni.
James Madison, quarto Presidente degli Stati Uniti, con l’aiuto del vicepresidente
George Clinton, non rinnovò lo statuto e fece chiudere la banca centrale
ricominciando la stampa statale della moneta. Due anni dopo l’Inghilterra
cominciò una guerra che non poté sostenere perché già coinvolta sul fronte
francese, e che abbandonò nel 1814.
Fino all’inizio del XX secolo continuarono ad alternarsi diversi sistemi bancari
quasi sempre al centro di operazioni criminose.
Agli inizi del ‘900 i potenti erano i Rockefeller, Morgan, e i Rothschild. Essi
cercarono di fare pressioni sul governo per l’introduzione di una banca centrale
privata, ma i precedenti insuccessi avevano contribuito ad erigere un’ostinata
avversione verso questo tipo di istituzione da parte del congresso e del popolo.
J.P. Morgan, che allora era considerato parecchio influente in ambito di finanza,
mise in circolazione la voce di una possibile insolvenza da parte di una delle più
importanti banche di New York. Questo provocò una disastrosa corsa agli
sportelli, ed era proprio ciò che Morgan aveva programmato: un incidente
finanziario per minare l’opinione pubblica e convincerla della validità della
proposta di una banca privata ed indipendente dallo Stato.
Il Congresso condusse un’indagine guidata dal senatore Nelson Aldrich, divenuto
un membro dei Rockefeller tramite matrimonio e spesso, pare, coinvolto in
questioni di cartelli bancari. Superfluo dire che Aldrich consigliò l’istituzione di
una banca centrale, andando perfettamente incontro a ciò che attendevano i
banchieri internazionali da tempo.
Nel 1910 ci fu un incontro a porte chiuse
in una delle tenute di J.P. Morgan, nel
quale venne redatto il Federal Reserve
Act, legge che istituiva una banca
centrale. Aldrich propose la legge in
parlamento.
Woodrow Wilson divenne presidente nel
1913, grazie anche, e probabilmente
soprattutto, all’appoggio datogli dai
banchieri. Si suppone che questo
accadde perché promise di firmare il
FRA.
Due giorni prima di natale, quando quasi
tutto il congresso era a casa con la
famiglia, venne approvato il FRA, e
Wilson, come d’accordo, lo firmò.
Venne convinta l’opinione pubblica
dicendo che la Federal Reserve avrebbe
15. funto da stabilizzatore economico. Potenzialmente avrebbe potuto essere vero,
ma quello che avvenne in realtà fu la creazione di uno strumento per manipolare
le crisi e il panico.
Tra il 1914 e il 1919 l’offerta di moneta venne aumentata del 100% mettendo a
disposizione una grossa quantità di denaro per banche minori che concessero
numerosi prestiti e finanziamenti. Poi, nel 1920, la FED ritirò gran parte della
moneta circolante, provocando il crollo di oltre 5400 banche che si trovarono
costrette a far rientrare i prestiti e a fronteggiare la corsa agli sportelli. La Federal
Reserve centralizzò il suo potere, ma non fu tutto. Tra il ’21 e il ’29 venne
immesso nuovamente un grosso quantitativo di denaro che provoco gli stessi
effetti del decennio precedente. Inoltre venne introdotto un nuovo tipo di prestito,
il Margin Loan: prestito a margine. La truffa era basata sul fatto che si poteva
acquistare un titolo pagando solo il 10% del suo valore, ma questo poteva essere
richiamato in un qualsiasi momento e il saldo doveva essere effettuato entro 24
ore.
È facile intuire cosa successe: la FED ritirò grosse quantità di denaro e tutti
furono costretti a vendere i titoli, a pagare i debiti, i prestiti, ci fu una nuova
disastrosa corsa agli sportelli e 16 mila banche crollarono.
Oggi si ricorda questo avvenimento col nome di “Grande Depressione”.
Questa situazione consentì ai banchieri, che nel frattempo erano usciti
silenziosamente dal mercato per
non restare coinvolti nell’ondata di
panico, di acquistare a prezzi
stracciati banche rivali e, addirittura,
in alcuni casi, intere società.
Con la scusa di porre fine alla
depressione, nel 1933, la Federal
Reserve rastrellò tutto l’oro in
circolazione [24]. Chi non
consegnava l’oro era soggetto ad
una pena detentiva di 10 anni. Gli
americani vennero derubati dei loro
averi.
Questa manovra aveva lo scopo di
eliminare il cosiddetto “Gold
Standard”, ovvero il corrispettivo
aureo, quindi in riserve d’oro, del
denaro in circolazione. Alla fine del
1933 ciò avvenne. Sulle banconote
venne cambiata la dicitura
“convertibile in oro” in “moneta a
corso legale”.
16. Nel corso della Prima Guerra
Mondiale Wilson dichiarò la
neutralità, tuttavia, come
sappiamo, non fu una decisione
permanente.
“Lusitania” è il nome della
imbarcazione che attraversò
l’atlantico, nonostante
l’ambasciata germanica avesse
fatto pubblicare un articolo sul
New York Times, nel quale
dichiarava esplicitamente che la nave sarebbe stata affondata in quanto,
secondo il tragitto, avrebbe dovuto attraversare acque in zona di guerra [25].
Lusitania salpò comunque e venne affondata dai sottomarini tedeschi, come
preannunciato. Pochi giorni dopo l’America cominciò una guerra che fruttò 200
milioni di dollari a J.D. Rockefeller, senza contare il guadagno di tutta la moneta
emessa a debito per le impellenti necessità belliche di quel momento (vennero
prestati allo stato circa 30 miliardi di dollari). A sostegno dell’ipotesi secondo cui
gli Stati Uniti entrarono in guerra per difendere gli investimenti e gli enormi prestiti
fatti in Gran Bretagna e Francia [26], ci sono i tempi politici: l’esercito statunitense
cominciò la battaglia in Europa solo nel 1917, l’ultimo anno della guerra, proprio
quando l’Impero tedesco marciava sul territorio francese e l’Impero Austro-
Ungarico sfondava le linee italiane, dunque proprio nel momento in cui le forze
dell’alleanza sembravano avere una concreta possibilità di vincere la guerra.
È un’ottica tanto triste quanto crudelmente vera: la guerra è un immenso
business.
Nella Seconda Guerra Mondiale l’entrata degli Stati Uniti venne decretata
dall’attacco giapponese a Pearl Harbor. Pochi mesi prima di tale attacco gli Stati
Uniti bloccarono le importazioni di petrolio americano in Giappone [27], fecero
prestiti alla Cina nazionalista ed aiutarono economicamente e militarmente la
Gran Bretagna, entrambe acerrime nemiche dello Stato nipponico [28]. Inoltre
l’America procedette alla confisca di tutti i beni giapponesi su territorio
statunitense [29]. Tutto questo fa presupporre l’intenzione dell’allora presidente
Roosevelt di provocare un attacco che potesse cambiare drasticamente
l’opinione pubblica riguardo l’entrata in guerra, che prima di Pearl Harbor era
fortemente negativa. Si ha, dunque, ragione di credere che molto probabilmente
l’attacco fu provocato e voluto. Ci sono addirittura
ipotesi (non confermate) secondo cui il presidente
americano ignorò volutamente l’attacco, nonostante
ne fosse stato informato dai servizi segreti.
Nel frattempo la Germania nazista era sostenuta
quasi completamente dalla multinazionale I. G.
Farben, la cui partner principale era la Standard Oil di
proprietà dei Rockefeller che trassero un enorme
guadagno finanziando l’industria bellica nazista [30].
17. J. F. KENNEDY E IL VIETN AM
Anno 1963. Dopo aver dichiarato pubblicamente, in uno dei suoi discorsi, di
opporsi fortemente alle società segrete che cercano di conquistare il potere [31],
il 4 giugno John Fitzgerald Kennedy firma l’ordine esecutivo 11110 liberando
l’America dallo schiavismo bancario [32]. Con una firma il presidente statunitense
aveva autorizzato l’emissione di oltre 4 miliardi di dollari sulla base delle riserve
argentee da parte del ministero del tesoro. Sulle banconote non compariva più la
dicitura “Federal Reserve Note”, bensì “United States Note”.
Kennedy era l’uomo giusto nel posto giusto, e questa fu la ragione del suo
attentato.
Ciò che avvalora questa ipotesi è il fatto che, subito dopo l’assassinio, il
presidente Johnson interruppe l’attività del Tesoro avviata da Kennedy e fece
ritirare tutte le banconote da esso emesse restituendo, di fatto, il monopolio
dell’emissione alla Federal Reserve, nonostante l’ordine esecutivo 11110 non
fosse stato abrogato fino al 1987.
Nel 1964 ha inizio la guerra del Vietnam in seguito a quello che viene ricordato
come “l’incidente del Golfo del Tonchino”. Due cacciatorpediniere americani
vennero distrutti da due torpedinieri vietnamiti e questo causò una dura reazione
da parte del governo statunitense che diede il via ad una guerra particolare, in
quanto non mirava realmente ad uno spostamento di confini o ad una qualche
sorta di conquista. Quella guerra doveva semplicemente esistere perché
generava un immenso guadagno. Per chi? Per J.D. Rockefeller, per esempio,
che sosteneva l’industria bellica statunitense ma anche quella sovietica [33] che
forniva gli armamenti ai vietnamiti. Questa accezione di “guerra che esiste per
durare” viene rafforzata se si dà uno sguardo alle regole d’ingaggio americane.
Per qualche assurda ragione non potevano essere bombardare le postazioni di
contraerea fino all’accertamento che fossero operative, i soldati statunitensi non
potevano attaccare per primi, non potevano distruggere obbiettivi strategici, ecc.
[34]. Inoltre, l’indizio
fondamentale che ci induce
a pensare con una modesta
certezza che si trattò di un
complotto, riguarda il fatto
scatenante del conflitto:
l’incidente del Golfo del
Tonchino. Pare che la
National Security Agency
manipolò l’informazione per
creare un falso. Le due
cacciatorpediniere non
furono silurate, l’incidente
non avvenne mai [35].
18. CONCLUSIONE
“Il male dei mali”. Questo è il modo in cui spesso viene definito il signoraggio, e
alla luce di tutto questo un’affermazione simile non stona di certo. Il signoraggio è
il male di ogni male nella misura in cui ogni male dipende dal denaro.
Supponiamo che uno Stato sia formato da dieci persone. In questo Stato
vengono immesse, dalla banca, cento monete, quindi ogni persona possiede
dieci monete. La banca fissa un interesse del 10%, questo significa che se ha
prestato cento monete, ne vorrà indietro centodieci. Ciò vuol dire che ognuno,
nonostante abbia solo dieci monete, dovrà restituirne undici per far si che il
debito possa essere pagato. La banca ha creato una mancanza e, di
conseguenza, un bisogno, senza aver fatto praticamente nulla. Cosa succede
dunque? Una delle dieci persone nello Stato perderà tutto, mentre gli altri nove
guadagneranno, dalle dieci monete che quella persona ha perso, ciascuno la
propria moneta in più per pagare gli interessi.
Tanto più il debito è grande, maggiore sarà il numero di persone che perderanno
ogni cosa.
Il signoraggio è lo strumento che le banche centrali
usano per creare scarsità.
Nella realtà, questo si traduce concretamente in un
mutuo che non si riesce a pagare, in una busta
paga troppo piccola, ecc. E quando una persona
non riesce ad arrivare a fine mese sarà costretta a
farsi fare un prestito. Questo, ovviamente, comporta
altri interessi, e poi ancora e ancora, interessi su
interessi finché nessuno le concederà più un
prestito, e allora si passa alla fase successiva:
confisca dei beni. È questo il modo in cui l’omino
nell’esempio perde tutto: viene derubato.
Se invece, al contrario, riuscirà a lavorare abbastanza, a reggere la competizione
ed ottenere la sua undicesima monetina, significherà che avrà lavorato sodo,
producendo beni o servizi, e alla fine avrà letteralmente regalato al banchiere le
sue sudatissime undici monete ma, soprattutto, tutta la manodopera messa a
disposizione per guadagnarsele.
Questa si chiama schiavitù.
La stessa cosa succede anche a livelli più ampi.
Lo Stato raccoglie il denaro per le proprie spese attraverso le tasse, e la maggior
parte delle nostre tasse finisce nelle tasche del creditore del debito pubblico.
Questo significa che le persone devono lavorare otto ore al giorno, sei giorni alla
settimana per guadagnare uno stipendio che gli possa consentire di pagare le
tasse e, quindi, di saldare un debito illegale.
Allo stesso modo il signoraggio è legato ai tagli nelle istituzioni pubbliche. Quanto
più alta è la cifra che lo Stato utilizza per ingrassare l’usuraio, tanto più bassa
sarà la quantità di soldi che restano per le spese pubbliche.
19. E la questione non si ferma qui, al contrario, cresce e raggiunge livelli ancora più
ampi.
Prendiamo in esempio il Fondo Monetario Internazionale, che dietro tanti buoni
propositi resta, di fatto, una banca. Quando il FMI concede un prestito,
immettendo valuta estera in uno Stato (dollari), ovviamente richiede il saldo del
prestito maggiorato di un interesse, e qui ci imbattiamo nel solito problema: dove
può, uno Stato, prendere i soldi per pagare l’interesse se tutta la moneta è
emessa allo stesso modo? Questo sistema indebita interi popoli che nel
momento in cui vengono dichiarati insolventi sono costretti a svendere le proprie
risorse, privatizzare le proprie istituzioni statali, l’acqua, il sistema scolastico,
ecc..
Anche questa è schiavitù.
Questa non è una riduzione della realtà all’economia e dell’homo sapiens
all’homo oeconomicus. Lo scopo non è il profitto, ma il potere. L’economia viene
piegata e strumentalizzata per controllare il potere.
Diventa chiara e concreta l’idea
secondo cui il ruolo della politica
nel mondo di oggi non è altro
che una facciata volta a coprire
un retroscena di interessi al di
sopra di ogni valore o ideale
umano.
Viene concessa l’illusione della
scelta spacciando l’usurocrazia
per democrazia, mettendosi, per
altro, facilmente al riparo da
sommosse e malcontenti. Tuttavia è impossibile ostinarsi a definire “democrazia”
una forma di governo in cui il popolo non esercita completamente la propria
sovranità, sancita dalla Costituzione stessa.
“La sovranità appartiene al popolo”, recita l’articolo 1 della nostra Costituzione.
Anche quella monetaria.
Finché i cittadini non riotterranno la proprietà della loro moneta, non potranno
essere proprietari, conseguenzialmente, del proprio lavoro. Ovvero, se i cittadini
sono costretti a lavorare per la quasi totalità della loro vita per poter pagare
qualcosa che gli appartiene intrinsecamente, significa che vengono sfruttati e che
quindi la loro forza lavoro non è più loro. Questo vuol dire che se l’Italia è una
repubblica fondata sul lavoro, il nostro Stato è fondato su una proprietà delle
banche.
Il lavoro deve appartenere alla persona. Non alla banca.
Nella realtà in cui viviamo siamo stati letteralmente derubati del nostro lavoro.
Il cittadino non è più il padrone assoluto della propria vita.
E nemmeno della propria indipendenza.
E nemmeno della propria libertà.
“La dignità gratuita non esiste”, Giacinto Auriti.
20. IPSE DIXIT
“E' un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del nostro sistema
bancario e monetario, perché se accadesse credo che scoppierebbe una
rivoluzione prima di domani mattina” – Henry Ford
"I politici non sono altro che i camerieri dei banchieri” - Ezra Pound
“Il banco trae beneficio dall'interesse su tutta la moneta che crea dal nulla” –
William Patterson (fondatore della Banca d’Inghilterra)
“Permettetemi di emettere e gestire la moneta di una nazione, e mi infischierò di
chi ne fa le leggi” – Amschel Mayer Rothschild
“L'attuale creazione di denaro dal nulla operata dal sistema bancario è identica
alla creazione di moneta da parte di falsari. La sola differenza è che sono diversi
coloro che ne traggono profitto” – Maurice Allais (Nobel per l’economia)
“Assurdo dire che il nostro paese può emettere $30,000,000 in titoli ma non
$30,000,000 in moneta. Entrambe sono promesse di pagamento; ma una
promessa ingrassa l'usuraio, l'altra invece aiuta la collettività” – Thomas Edison
“Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di denominazioni nazionali non
sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi” – Karl
Marx
"Non è tollerabile che una banca centrale, isolata, che non ha nessuna
responsabilità né l'obbligo di spiegare quello che fa, possa continuare a creare
disoccupazione mentre i governi stanno zitti" – Modigliani (Nobel per l’economia)
“L'attività bancaria fu fecondata dall'ingiustizia e nacque nel peccato. I banchieri
posseggono il mondo. Toglieteglielo via, lasciando loro il potere di creare denaro
e con un colpo di penna creeranno abbastanza depositi per ricomprarselo.
Toglieteglielo via in qualsiasi modo e tutti i grandi patrimoni come il mio
scompariranno, ed è necessario che scompaiano, affinché questo diventi un
mondo migliore in cui vivere.
Ma se preferite restare schiavi dei banchieri e pagare voi stessi il costo della
vostra stessa schiavitù, lasciate che continuino a creare denaro” - Josiah Stamp
(direttore della Banca d'Inghilterra tra il 1928 e il 1941)
“Se gli Americani consentiranno mai a banche private di emettere il proprio
denaro, prima con l'inflazione e poi con la deflazione, le banche e le grandi
imprese che ne cresceranno attorno, priveranno la gente delle loro proprietà
finché i loro figli si sveglieranno senza tetto nel continente conquistato dai loro
padri. Il potere di emissione va tolto dalle banche e restituito al popolo, al quale
esso appartiene propriamente” – Thomas Jefferson (Terzo presidente degli Stati
Uniti d’America, uno dei padri fondatori)
21. FONTI
[1]: “Alla sorgente della moneta: la Banca Nazionale Svizzera”, testo fornito dalla BNS, pag. 45
[2]: Banca d’Italia
[3]: Banca d’Italia
[4]: Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, art. 4.
[5]: Banca Centrale Europea
[6]: Banca d’Italia
[7]: Banca d’Italia – Relazione al parlamento del 2008, pag. 23
[8]: Modifiche della Banca Centrale Europea del 14 dicembre 2009 agli allegati I e III della
decisione BCE/2006/17, punto 9.2 sotto la voce “ATTIVO”
[9]: Bilancio BCE del 2009, pag. 3
[10]: Bilancio BCE del 2009, pag. 4
[11]: Modern Money Meccanichs
[12]: In seguito ai Trattati di Bretton Woods non esiste più ufficialmente la copertura in oro
[13]: Statuto Banca d’Italia, art. 39
[14]: Banca d’Italia – Collocamento Titoli di Stato, pag. 4
[15]: Wikipedia
[16]: New York Times – Redazionale, “ROTHSCHILDS SUE TO SUPPRESS BOOK”,
28 novembre 1912
[17]: N M Rothschild & Sons
[18]: N M Rothschild & Sons
[19]: N M Rothschild & Sons
[20]: N M Rothschild & Sons
[21]: N M Rothschild & Sons
[22]: Italiainformazioni – S. Pavini, “Le origini della crisi economica? L'infezione è stata
contratta nel 1690”, 19 marzo 2008
[23]: Indipendence Hall di Philadelphia
[24]: Ordine Esecutivo 6102
[25]: New York Times – Redazionale, “DISASTER BEARS OUT EMBASSY'S WARNING”,
8 maggio 1915
[26]: Il Senso del Tempo di Alberto Mario Banti, volume 3, pagina 240
[27]: ECOage – Portale Ecologista Indipendente
[28]: Wikipedia
[29]: Il Senso del Tempo di Alberto Mario Banti, volume 3, pagina 446
[30]: Testo tratto dal libro “Hitler ha vinto la guerra”, Graziano Walter.
[31]: Discorso di John F. Kennedy tenuto nel 1961
[32]: John F. Kennedy – Libreria e Museo Presidenziale
[33]: New York Times – Robert E. Bedingfield, “Eaton Joins Rockefellers To Spur Trade
With Reds”, 16 gennaio 1967
[34]: Global Security – Reliable Security Information
[35]: La Repubblica – Alix Van Buren, “Usa, resta il segreto sul Tonchino la miccia del
Vietnam ricorda l'Iraq”, 1 Novembre 2005